Archivi Mensili: gennaio 2015

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Quarta domenica del Tempo Ordinario 

1 febbraio 2015 

Alla scuola dell’unico vero maestro, Gesù Cristo 

Commento di padre Antonio Rungi 

Tutti abbiamo avuto nella nostra vita dei maestri, verso i quali,  nella maggior parte dei casi, siamo riconoscenti. Anche i primi discepoli di Gesù ebbero in lui il loro maestro, un maestro che insegnava con autorità, che non vendeva parole, chiacchiere o presentava teorie ed ipotesi degli altri. Egli parlava nel nome di Dio, Egli parlava in nome suo, essendo il Figlio di Dio ed avendo l’autorità necessaria per poterlo fare, fo faceva con disinvoltura, senza tenere qualcuno. Nessuno prima di Lui e dopo di Lui ha la stessa autorità ed insegna in modo preciso e senza possibilità di lasciare ad altri l’interpretazione delle parole dette. Quello che dice, dice e lo dice in ragione del suo essere stesso verità. In lui si fa chiarezza la vita di ogni persona e si comprendono tutte le situazioni del mondo e si legge la realtà con gli stessi occhi e lo stesso pensiero di chi ha dato origine alle cose stesse. Tutto fu fatto per mezzo di Lui ed in vista di Lui. Centro del magistero della chiesa e della dottrina è Cristo stesso. Da Lui diramano tutte le altre verità che possono e debbono trovare accoglienza nella vita dei credenti. Mettersi alla scuola di Cristo è l’invito che ci viene rivolto oggi nel brano del vangelo di Marco, che èil testo biblico centrale per la liturgia della parola di questa quarta domenica del tempo ordinario. Gesù è uno che insegna con autorità, perché possiede lo Spirito di Dio e avendo questo dono del Signore, può contrastare con la sua potenza divina lo spirito del male, satana, fino ad annientarlo, fino a farlo zittire e non parlare. L’autorità di Cristo è un’autorità spirituale, non politica, né umana, né basata sulla legge, ma su se stesso, Figlio di Dio quale era ed è e che agisce a favore dell’uomo, fino a guarire le malattie del corpo, della mente e dell’anima dei figli di Dio, immersi nel peccato e nella sofferenza. Oltre ad insegnare con autorità, Gesù dice cose nuove. La novità per eccellenza è egli stesso, la buona notizia e la buona novella è che Egli sta in mezzo al suo popolo ed è venuto per salvare la sua gente.

Quale atteggiamento dobbiamo avere di fronte ad un maestro come Gesù. L’atteggiamento giusto è quello dell’ascolto e dell’accoglienza, senza mettere in dubbio neppure una virgola delle parole che escono dalla sua bocca, che è fonte di verità e di santità. Quello stesso atteggiamento che è chiesto al popolo eletto di Israele nel brano della prima lettura di oggi, tratto dal Libro del Deuteronomio, nel quale si legge che Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto”. Il riferimento a Cristo è chiaro in questo brano. Gesù è la parola di Dio per eccellenza, unica e definitiva. E’ il Verbo-Parola fatto carne e che mediante la sua presenza nel mondo, nel corso della sua vita terrena, ha richiamato sulla retta via quanti avevano bisogno di incontrare Dio. E’ Dio stesso a parlare e a dire cosà fare per questo suo popolo: “Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto”.

Ascoltare la parola di Dio, ascoltare Cristo: è questo il nostro fondamentale dovere di cristiani se vogliamo fare un cammino di santità. Tale cammino richiede di mettersi in sintonia, in ascolto della parola che dà vita, ci rigenera continuamente in Cristo, unico salvatore del mondo. In Lui, con Lui e per mezzo di Lui noi possiamo accedere ad una comunione vera e profonda con il Dio dell’amore e della misericordia. Non ascoltare a voce di Cristo, la voce della Chiesa, la voce di tutti i profeti anche dei nostri giorni ed in primo luogo il Santo Padre, Papa Francesco, significa mettersi fuori gioco, in situazione out (no) con Dio che ci vuole con Lui, sempre e per sempre. Tante volte questa voce di Dio è chiara ed evidente, soprattutto se ci accostiamo con umiltà e disponibilità interiore a quanto puntualmente ascoltiamo della parola di Dio proclamata nella liturgia della domenica. Quanti richiami ai nostri doveri di vita! Quei doveri che Paolo Apostolo nel brano della seconda lettura di oggi,  tratto dalla prima lettera a Corinzi, pone alla nostra attenzione, soprattutto pone all’attenzione delle persone sposate e sui quali è bene riflettere, per non incorrere in comportamenti devianti da un punto di vista morale. Raccomanda e consiglia l’Apostolo queste cose da farsi:chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito”.

E’ il cuore dell’Apostolo delle Genti che batte per la sua comunità di Corinto che vuole senza preoccupazioni, senza tensioni ed ansie, ma tutta concentrata su Cristo. Quando non si vive la propria scelta in modo consapevole c’è il rischio del fallimento, della depressione spirituale o come dice Papa Francesco dell’ alzheimer spirituale che blocca la propria esistenza sulle cose insignificanti che non fanno progredire lo spirito, anzi lo paralizzano progressivamente o comunque lo squilibrano, facendolo dimenare tra grandi entusiasmo spirituali e lunghe aridità interiori se non immoralità. Ecco perché egli scrive all’inizio e alla fine del brano di oggi: “Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni…Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni”. Giuste e fondate preoccupazioni dell’Apostolo nei riguardi dei cristiani di allora e di oggi, perché c’è il rischio di deviare sia a livello dottrinale e di fede e sia, di conseguenza, a livello comportamentale e morale. Quante persone, infatti, vivono una fede a modo loro e una morale a modo loro, adattata alle loro personali esigenze, dimentichi come sono dei doveri che ci derivano dall’essere battezzati e di aver scelto uno stato di vita, liberamente, e che dobbiamo rispettare a costo di grandi rinunce e sacrifici.

Sia questa la nostra umile preghiera nel giorno in cui, Domenica, giorno del Signore, ci poniamo con maggiore coscienza dei nostri limiti davanti a Dio, prendendo atto del bene e del male che facciamo: “O Padre, che nel Cristo tuo Figlio ci hai dato l’unico maestro di sapienza e il liberatore dalle potenze del male, rendici forti nella professione della fede, perché in parole e opere proclamiamo la verità  e testimoniamo la beatitudine di coloro che a te si affidano”. Amen.

GIORNO DELLA MEMORIIA (SHOA’) 27 GENNAIO 2015

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P.RUNGI (TEOLOGO). UNA PREGHIERA SPECIALE PER IL SETTANTESIMO ANNIVESARIO DELLA SHOA’

In occasione del settantesimo anniversario della Shoa’, padre Antonio Rungi, passionista, teologo morale, docente di storia e filosofia nelle scuole statali ha composto una preghiera per questo giorno della memoria  del 27 gennaio 2015. Il sacerdote in questa orazione richiama all’attenzione dei credenti che pregano il dramma dei fratelli della religione ebraica e l’impegno di tutti nel costruire la pace e il rispetto di ogni razza, popolo, cultura e religione. Affida questa preghiera non solo ai credenti, ma anche a quanti guardano con simpatia la religione ebraica. Ecco il testo dell’orazione:

PREGHIERA DELLA SHOA’
COMPOSTA DA PADRE ANTONIO RUNGI
27 GENNAIO 2015
SETTANRESIMO ANNIVERSARIO DELLA SHOA’

Signore Gesù Cristo, Messia atteso dai secoli,
unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre,…
ci rivolgiamo a te, in questo giorno della memoria,
durante il quale, con profondo dolore,
ricordiamo le tante vittime dell’olocausto,
consumato ai danni dei nostri fratelli ebrei,
nei lager della Germania di Hitler.

Non permettere più che nel mondo
ci siamo stragi di persone innocenti,
di qualsiasi razza, religione, popolo,
nazione, condizione sociale e personale
o colore degli occhi o della pelle.
Mai più olocausti del genere,
ma solo pace e speranza per il mondo intero.

In questo giorno, in cui sentiamo forte l’appello
a fare memoria di quanti sono stati uccisi
nei lager nazisti e bruciati vivi,
quali veri martiri del ventesimo secolo,
nei forni crematori di Aushwitz,
Ti eleviamo la nostra umile preghiera,
perché Tu possa illuminare le coscienze e i progetti
dei potenti di oggi e di sempre
di quella vera luce che viene dal cielo
e che hai rivelato a Mosé sul Monte Sinai
e Gesù Cristo ha portato a compimento
sul Monte Calvario, ove tuo Figlio
si è sacrificato ed è morto per i peccati dell’umanità.

Noi rinnoviamo la nostra fede
nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe,
e ci impegniamo a vivere in comunione con tutti
i nostri fratelli e sorelle del mondo intero,
specialmente con i nostri cugini e predecessori
nella fede nell’unico Dio,
che a tutti ha lasciato come quinto comandamento
quello di Non uccidere e di amare e difendere la vita.

Perdona quanti hanno massacrato fratelli e sorelle
in umanità, durante la seconda guerra mondiale.
Mostri, come i tanti dittatori del scolo scorso,
non abbiano più spazio e possibilità di affermarsi,
in questa umanità del terzo millennio dell’era cristiana,
ma vengano abbattuti con la forza della ragione e della fede
prima che compiano crimini di ogni genere.

Mai più Signore, esaltati e prepotenti che uccidono
e distruggono la vita della gente,
azzerando la speranza e la gioia dell’umano genere.
Mai più crimini contro l’umanità. Mai più per l’eternità!

Te lo chiediamo per l’intercessione di Maria, Regina della pace
e consolatrice degli afflitti e dei disperati,
Te lo chiediamo, inoltre, per intercessione di San Massimiliano Kolbe,
vittima sacrificale sull’altare dell’olocausto
della Germania hitleriana.
Te lo chiediamo, infine, per intercessione
di Santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein,
la monaca carmelitana, convertita al cristianesimo,
che ha visto gli orrori infiniti della Shoà. Amen.

CASORIA (NA). CANONIZZAZIONE DELLA BEATA MARIA CRISTINA BRANDO

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CASORIA (Na). CANONIZZAZIONE DELLA BEATA MARIA CRISTINA BRANDO

di Antonio Rungi

Nel prossimo concistoro del 14 febbraio 2015, durante il quale riceveranno il berretto cardinalizio i 20 nuovi cardinali (15 elettori e 5 ultraottantenni), creati da Papa Francesco, il Santo Padre annuncerà la data della canonizzazione della Beata Maria Cristina Brando, fondatrice delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato, in Casoria Napoli. La data, quasi sicura, della canonizzazione di Madre Cristina, con altri due santi, non di origine italiana, sarà domenica 17 maggio 2015, in piazza San Pietro in Roma. Nell’anno della vita consacrata, questa attesa notizia della canonizzazione di Madre Cristina Brando è un motivo di profonda gioia per tutta la famiglia religiosa di questa novella santa, che ha incentrato la sua avventura spirituale e carismatica sul mistero della santissima eucaristia e sulla carità vissuta a servizio dei poveri e dei sofferenti della Napoli e della Regione Campania di fine Ottocento.

Il miracolo che ha portato alla canonizzazione di Madre Cristina Brando riguarda un bambino e la sua famiglia, di cui sentiremo parlare in dettaglio nel momento in cui verrà ufficializzata la canonizzazione.

In vista di questo straordinario evento, già da venerdì prossimo, 30 gennaio 2015 si riunirà per la prima volta in Casoria, presso l’Istituto Brando, il Comitato “Pro Canonizzazione” della Beata Maria Cristina Brando, presieduto dalla Madre Generale delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato, Suor Carla Di Meo, e coordinato dal postulatore della Causa di Canonizzazione, don Nunzio D’Elia.

Vari i settori che saranno attivati per dare molto spazio all’avvenimento e non solo sui mezzi di comunicazione sociale, ma soprattutto mediante una capillare organizzazione di questa fase preliminare dell’evento; poi la celebrazione della canonizzazione vera e propria in Piazza San Pietro, quasi sicuramente il 17 maggio 2017, con la partecipazione di alcune migliaia di devoti della santa, che arriveranno a Roma non solo dall’Italia, dove le Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato sono presenti e svolgono il loro apostolato, soprattutto nell’ambito della formazione primaria; ma anche da altri Paesi del Mondo dove operano da vari anni, come Filippine, Indonesia, Brasile, Columbia ed altre nazioni dove la Congregazione si sta aprendo con nuove presenze. Altro momento importante è la peregrinatio delle spoglie mortali della novella santa, Madre Cristina Brando, all’indomani della canonizzazione nei luoghi dove ha vissuto o ha visitato madre Cristina, iniziando dal Duomo di Napoli ed a seguire i vari monasteri dove è stata e poi nelle case religiose da lei fondate o dove oggi sono presenti le Suore. Un esempio per tutti la città di Amorosi, in provincia di Benevento. Ma sono tante le comunità in Campania e nel Lazio ove le Suore Vittime Espiatrici svolgono con passione e competenza la loro missione a sevizio di Cristo e della Chiesa.

Già all’indomani dell’annuncio di Papa Francesco della data di canonizzazione, a Casoria, si terrà una celebrazione di ringraziamento al Signore ed al santo Padre per il dono dell’elevazione agli onori degli altari di Madre Cristina Brando.

Ma il compito più importante che spetta al Comitato composto dalle Suore, dai sacerdoti, dai laici e da esperti e tecnici dei vari ambiti e settori di questo straordinario evento sarà quello di coordinare il tutto e far servire le varie tappe della canonizzazione in modo che tutto si svolga in ordine, nello spirito di servizio e di preghiera come è stata la vita di madre Cristina.

Le Suore che si avvalgono del contributo di tanti laici che si sono formati nelle loro scuole o sono vicini spiritualmente alla Beata Maria Cristina Brando, possono contare sul fattivo aiuto di persone qualificate ed esperte.

In progetto tante iniziative, da una fiaccolata da Casoria al santuario del Santissimo Sacramento in San Pietro a Patierno; la peregrinazione in Auto-cappella con le sacre spoglie di Madre Cristina in varie parti della Campania e dell’Italia, iniziative culturali, caritative e celebrazioni religiose di varia natura e consistenza saranno prese in considerazione e programmate proprio dal Comitato indicato da Madre Carla Di Meo e dal suo consiglio generale.

Già predisposti tutti i luoghi della casa generalizia di Casoria dove visse e morì Madre Cristina, in modo che i visitatori possono già fin d’ora rendersi conto dello stile di vita, fatto di profondi e sentiti sacrifici e penitenze dalla novella santa. Un vero museo di testimonianza di amore e gioia di un’anima santa verso Cristo, l’Eucaristia e la Chiesa.

Per far conoscere in modo più particolareggiato la vita di questa santa saranno coinvolti la stampa, la televisione, la radio e Internet.

Monte San Biagio (Lt). Festa in onore di San Biagio, vescovo e martire, patrono della città.

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Monte San Biagio (Lt). Festa in onore di San Biagio, vescovo e martire, patrono della città.

di Antonio Rungi

Inizia domani, 24 gennaio 2015, il novenario di preparazione alla festa di San Biagio del 3 febbraio, patrono di Monte San Biagio, nella parrocchia di San Giovanni Battista. Ogni giorno, soprattutto alla sera la comunità cristiana della vasta zona tra Fondi e Terracina, con oltre 10.000 abitanti, sarà convocata per partecipare alle varie celebrazioni previste, prima, durante e dopo la festa patronale. Anche quest’anno sarà padre Antonio Rungi, missionario passionista del santuario della Civita, a predicare la novena e il dopo-novena. Tema delle riflessioni che il predicatore svilupperà durante i giorni della preparazione alla festa, sarà “Testimoni e non maestri”, riferendosi alla testimonianza di vita eroica del Vescovo Martire, originario di Sebaste, in Armenia. Diversi gli appuntamenti spirituali, ma anche civili e religiosi in programma dal 24 gennaio all’8 febbraio 2015, i due giorni di apertura e chiusura dei festeggiamenti. Oggi, infatti, prima della santa messa delle ore 18,30 verrà esposto solennemente il busto argenteo di San Biagio, sull’altare maggiore della chiesa cittadina, situata sul colle più alto del centro abitato, e l’8 febbraio, sempre a conclusione della messa domenica vespertina delle ore 18,30 verrà riposto nella cappella laterale, dove viene conservato durante l’anno. Come è tradizione il novenario e la festa in onore del santo fanno registrare un afflusso di fedeli da ogni parte del territorio e per la circostanza rientrano in paese tutti i cittadini di Monte San Biagio che abitano fuori Comune per esigenze di lavoro o di studio. Grande attesa anche per alcune conferenze ed incontri che si terranno durante il novenario. Nel programma infatti è stato inserito per il 30 gennaio 2015, alle ore 20.00 una conferenza sul tema “L’Islam oggi”. San Biagio che viene dall’area oggi islamica, ma che visse prima della nascita della religione islamica, sarà un motivo per riflettere serenamente su un tema di grande attualità, aprendo nuovi spazi di confronto con quanti professano altre religioni e che sono presenti numerosi in tutta l’area tra Fondi e Terracina. Altro momento molto atteso, è la celebrazione della messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, in programma, alle ore 11.00 del 3 febbraio 2015, festa liturgica del Santo. Molto partecipate sono le processioni per tutta la città e che sono previste, con il busto argenteo di San Biagio, il 3 febbraio, dopo la messa solenne officiata dall’arcivescovo e domenica 8 febbraio, a conclusione della messa solenne officiata dal parroco, don Emanuele Avallone.

Nella lunga tradizione della festa patronale ci sono altri due momenti molto significativi della devozione dei monticellani verso il loro santo protettore: la benedizione e l’imposizione dell’olio di San Biagio, essendo il protettore dei mali della gola, a tutti i fedeli che faranno visita al santo durante i giorni di festa e la benedizione e la distribuzione del pane di San Biagio a quanti verranno in chiesa nei giorni di festa. Il rito di benedizione di questi due segni della carità e della salute verrà svolto, a conclusione della messa della solennità della Presentazione di Gesù Cristo al Tempo, il giorno 2 febbraio 2015, alle ore 18.30. Sia il pane che l’olio sono offerti liberamente dai devoti del santo e distribuiti perché siano valorizzati per il duplice scopo di sostenere il cammino della fede, della speranza e della carità, secondo l’insegnamento di San Biagio. Tutto pronto quindi a Monte San Biagio per iniziare quest’avventura spirituale della comunità cittadina in questo fine gennaio ed inizio febbraio 2015, in occasione dell’annuale festa del grande patrono e protettore di questo storico e importante Comune tra Fondi e Terracina.

Casoria. Festa della Beata Maria Cristina Brando, presieduta da monsignor Bartolucci.

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Casoria (Na). Festa della Beata Maria Cristina Brando 

di Antonio Rungi 

E’ stato sua eccellenza monsignor Marcello Bartolucci, segretario della Congregazione delle cause dei santi a chiudere, nella Chiesa delle Sacramentine, questa sera, martedì 20 gennaio 2015, il solenne triduo di preparazione all’annuale festa della Beata Maria Cristina Brando, fondatrice delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato . Madre Cristina Brando, prossima alla canonizzazione (Papa Francesco deve solo decidere la data) rappresenta una delle religiose che meglio ha servito la causa del vangelo, dedicando tutta la sua esistenza ad una vita di adorazione e contemplazione del santissimo sacramento dell’altare. L’eucaristia contemplata diventa vissuta nella carità e nell’accoglienza degli ultimi e sofferenti. Lei, come ha detto Papa Francesco, nella sua visita pastorale nelle Filippine, ha concretizzato la teologia delle lacrime, contemplando Cristo crocifisso nel volto dei fratelli e sorelle sofferenti della Napoli fine ottocento, inizio novecento. “A Gesù dobbiamo tutto il nostro cuore e amare Lui solo. Essere pronti a qualsiasi sacrificio, pur di piacere a Gesù”, scriveva nel suo diario spirituale, sorgente della sua elevata esperienza mistica e di vera carità. Alla celebrazione di questa sera erano presenti: 20 sacerdoti di varie parti della Campania, compreso il sottosegretario della Congregazione delle Cause dei Santi, padre Turek, le suore, figlie spirituali di Madre Cristina Brando, presenti in Italia e all’estero, guidate dalla Superiora Generale, Madre Carla De Meo e suo consiglio. Buona parte della Congregazione è infatti composta da suore filippine ed indonesiane, dove il carisma della Beata Cristina Brando si è diffuso e sempre più sta allargando il suo raggio di azione e presenza, con il postulantato e il noviziato, sempre più ricchi di vocazioni indigene. Erano presenti autorità religiose, civili e militari del territorio e un consistente numero di adoratori ed adoratrici laici aggregati all’Istituto Brando e che si fanno carico dell’adorazione perpetua davanti a Gesù Sacramentato, tanti i bambini e i ragazzi che frequentano le scuole delle suore. La liturgia è stata animata dal coro delle Suore. Due momenti molto belli vissuti durante la celebrazione: la rappresentazione della vita di Madre Cristina fatta da 8 bambine che hanno ripercorso con parole e gesti la vita della Beata, catturando l’attenzione ed il plauso di tutti i presenti. L’altro momento è stato quello dell’offertorio, preceduto dal ballo di sei suore che su un brano musicale hanno guidato i fedeli che portavano i doni all’altare per la celebrazione dell’eucaristia. La santa messa è stata introdotta dal saluto e dai ringraziamenti a tutti i presenti da parte di don Nunzio D’Elia, che ha ricordato anche la straordinaria figura di Madre Gemma Imperatore, madre generale dell’Istituto, per oltre 30 anni, e scomparsa recentemente in seguito ad una prolungata malattia, accettata con grande rassegnazione alla volontà di Dio, come la sua Madre Fondatrice.

A conclusione della celebrazione, monsignor Bartolucci ha benedetto la nuova urna della Beata Maria Cristina Brando, realizzata anche in vista della prossima canonizzazione di questa eccezionale santa napoletana, che contiene le sacre spoglie della prossima santa. Nei giorni precedenti, del 18 e il 19 gennaio, sempre nella Chiese delle Sacramentine di Casoria, si sono tenute altrettante importanti celebrazioni per onorare la Beata.

Domenica 18, alle 17.00, veglia di preghiera, canto del vespro, benedizione eucaristica e benedizione del nuovo altare, alle 18.00 celebrazione eucaristica, presieduta dal rev.do, Don Nunzio D’Elia, postulatore della causa di canonizzazione della Beata.

Lunedì, 19 gennaio, ore 6,30: celebrazione eucaristica, esposizione del santissimo sacramento, adorazione per l’intera giornata, con gli alunni dell’Istituto Brando e le adoratrici; in serata, alle ore 18.00: benedizione dell’armonium e concerto sulle note della Beata, diretto dal maestro Michele Polese, con il canto del Coro composto della Suore Vittime Espiatrici e dagli alunni dell’Istituto Brando.

Così la Congregazione si è preparata all’annuale festa liturgica del 20 gennaio 2015 della Beata Maria Cristina Brando, data della sua nascita al cielo, lasciando questo mondo per l’eternità, il 20 gennaio 1906, non ancora cinquantenne, essendo nata il 1 maggio a Napoli nel 1856. L’attesa del prossimo concistoro, durante il quale il Papa indicherà la data di canonizzazione della Beata Maria Cristina Brando, l’innamorata dell’Eucaristia e suore particolarmente vicino alle sofferenze delle persone, soprattutto di Casoria, eletta come patria geografica e spirituale della sua avventura carismatica, conclusa con la sua prima vocazione, che fu di diventare santa. Ora la Chiesa le riconosce questa santità e la propone come modello di vita per religiosi, sacerdoti, fedeli laici, indicando il centro di tutta la sua avventura in Gesù Cristo Eucaristia.

Tutti i fedeli e devoti presenti si sono accostati a baciare le reliquie della Beata contenute nella nuova urna, fatta davvero in modo molto bella ed espressiva.

Dopo un momento di gioia e di festa con i fuochi artificiali e il bouffet offerto dalle Suore a tutti i presenti in un clima d gioia e fraternità.

 

Biografia della Beata Maria Cristina Brando

 

Adelaide Brando, nacque a Napoli il 1° maggio 1856 da una agiata famiglia, il padre Giovanni, uomo molto stimato, ricopriva un importante ufficio presso il Banco di Napoli.

Quando aveva appena 12 anni, la notte di Natale del 1868, ai piedi di Gesù Bambino, Adelaide si consacrò a Dio con un voto di perpetua verginità; desiderando entrare fra le suore Sacramentine, trovò l’opposizione del padre, che però le permise di raggiungere la sorella Maria Pia clarissa nel monastero delle Fiorentine a Chiaia in Napoli.

Ma una grave malattia la costrinse per ben due volte a lasciare il monastero, aveva appena cominciato a conoscere la bellezza del vivere consacrate insieme, quando dovette ritornare nel mondo. Ristabilitasi in salute, nel 1875 entrò tra le Sacramentine del monastero di S. Giuseppe dei Ruffi e l’anno successivo poté indossarne l’abito prendendo il nome di Maria Cristina dell’Immacolata Concezione.

L’adorazione a Gesù Sacramentato era la sua più desiderata devozione e la Congregazione delle Sacramentine era quella che più le confaceva, ma il Signore dispose diversamente, ancora una volta la salute venne meno e suor Maria Cristina dovette lasciare anche questo convento; nel 1877 si ritirò come pensionante nel Conservatorio delle Teresiane a Torre del Greco, ripresasi, ritornò a Napoli ed insieme alla sorella Maria Pia anch’ella uscita dal convento per gli stessi motivi di salute e con altre compagne, andò ad abitare in un appartamento della salita Ventaglieri e poi a vico Montemiletto.

Ebbe la buona sorte di avere come consiglieri preziosi san Ludovico da Casoria, il venerabile Michelangelo Longo e con la guida dei sacerdoti Raffaele Ferraiolo e Polidoro Schioppa; nel 1884 si trasferì definitivamente nella cittadina di Casoria in provincia di Napoli, qui trovò la sede adatta per poter esprimere il culto perpetuo a Gesù nell’Eucaristia; venne ospitata con il suo gruppo dal canonico Maglione.

Qualche anno dopo, nel 1890, vista l’affluenza di altre giovani adoratrici, acquista la casa degli eredi Costa in via S. Rocco e si trasferisce con la Comunità stabilendo ormai le basi della nuova Congregazione; padre Ludovico da Casoria le aveva predetto: ”In mezzo a questa cittadina erigerai una casa centrale”.

E qui la madre avvertì la necessità di potere erigere un tempio dedicato a Gesù Sacramentato, dove l’adorazione potesse continuare giorno e notte senza interruzione.

La sua grande volontà d’immolarsi non conobbe limiti, essere vittima con la Divina Vittima del Tabernacolo, questo era il suo unico ardente desiderio. Il 19 febbraio 1893, viene posta la prima pietra della chiesa; nella casa di Casoria riservò a sé una piccola stanzetta dalla cui finestrella era possibile vedere l’altare; oltre lo scopo principale dell’adorazione la Comunità si dedicò alla catechesi e all’insegnamento ai fanciulli.

La Santa Sede il 7 luglio 1903, approvò l’Istituto con il nome di Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato. Madre Maria Cristina si ammalò gravemente il 14 gennaio 1906, rendendo la sua bella anima a Dio il 20 gennaio a soli 50 anni.

Come visse così morì, senza segni soprannaturali, ma con un sorriso di dolcezza che manifestava il suo sì alla volontà di Gesù. L’Istituto da lei fondato a Casoria, si allargò ad altre numerose case in Italia ed all’estero, le sue figlie impegnate oggi come allora nell’arduo cammino della virtù, nella scia del suo luminoso esempio, sono diventate varie centinaia.

Per madre Maria Cristina dell’Immacolata Concezione, si aprirono dal 1927 i processi ordinari per la sua beatificazione, nel 1972-73 si ebbe il processo apostolico; il 2 luglio 1994 viene dichiarata venerabile e il 6 novembre 2001 si è tenuto il processo per l’approvazione del richiesto miracolo ottenuto per sua intercessione.

E’ stata beatificata da Papa Giovanni Paolo II a Roma il 27 aprile 2003.

In data 17 settembre 2014 Papa Francesco ha promulgato il Decreto per la Canonizzazione. A giugno 2015, quasi sicuramente la canonizzazione in San Pietro in Vaticano, per opera di Papa Francesco, in un anno bellissimo quello che stiamo vivendo, dedicato alla vita consacrata e alla famiglia.

ITRI (LT). I PASSIONISTI DA 30 ANNI AL SANTUARIO DELLA CIVITA

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Itri (Lt). I Passionisti da 30 anni al Santuario della Civita

di Antonio Rungi

Era il 18 gennaio 1985, venerdì, quando i passionisti della comunità cittadina, attraverso padre Cherubino De Feo, religioso passionista, allora parroco di Santa Maria Maggiore in Itri, fu convocato al Santuario per ricevere le consegne delle chiavi e di tutto quanto era stato inventariato dai padri Guanelliani che avevano lasciato il Santuario per oggettive difficoltà.
In quel 18 gennaio, come quest’anno, erano presenti oltre i padri Ganelliani, i rappresentanti del clero cittadino di Itri ed i delegati vescovili di Gaeta, che a nome dell’arcivescovo mons. Luigi Maria Carli, morto nel 1986, dovevano firmare il passaggio delle consegne del Santuario dai Guanelliani ai Passionisti, tramite padre Cherubino. Così in pieno inverno padre Cherubino che l’aiuto dei confratelli della comunità di Itri-città dovettero assicurare subito il servizio al Santuario. Il primo ad accorrere in suo aiuto, con i permessi dei superiori, fi padre Eufrasio e successivamente padre Angelo. Si andò avanti così per qualche tempo, fino a quando il provinciale dei passionisti del tempo, padre Stanislao Renzi, si assunse la responsabilità di prendere il Santuario e stilare una convenzione con l’arcivescovo, monsignor Vincenzo Farano, confermata dagli altri provinciali che gli successero nel tempo. Fu nominato, nella persona di padre Giuseppe Polselli, il primo rettore e fu costituita la prima comunità passionista, direttamente dipendente dal Provinciale dei Passionisti di Napoli, assegnando a padre Renato Santilli l’ufficio di delegato del Provinciale. Da allora sono passati 30 anni esattamente e i passionisti hanno mantenuto l’impegno assunto, nonostante le oggettive difficoltà di poter portare avanti il Santuario, soprattutto negli ultimi anni, per la carenza di vocazioni e per il calo numerico dei religiosi. A succedere alla guida del santuario a padre Giuseppe fu padre Renato, fino al 2003, quando l’allora superiore provinciale dei passionisti di Napoli, padre Antonio Rungi (oggi di comunità al Santuario) propose all’arcivescovo del tempo, monsignor Pierluigi Mazzoni, il nome di padre Emiddio Petringa, quale rettore del Santuario e delegato del Provinciale. Da 12 anni padre Emiddio è superiore e rettore di questo luogo di preghiera mariana, punto di riferimento spirituale per il Basso Lazio e la Campania dei devoti della Madonna, di proprietà dell’arcidiocesi di Gaeta ed assegnato ai passionisti. Una prima convenzione tra i passionisti della provincia dell’Addolorata e l’Arcidiocesi di Gaeta scadeva il 21 maggio 2007. Con espresso volere dall’attuale arcivescovo, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, la convenzione è stata rinnovata fino a quando le parti non avranno intenzione di cambiare per motivi e clausole chiaramente inclusi nella stessa convenzione o per sopraggiunti altre motivazioni.
In questi 30 anni di presenza dei passionisti al Santuario della Civita, il volto del santuario è cambiato radicalmente anche come accoglienza e miglioramento delle strutture. Dalla stessa chiesa rifatta in tanti parti, ai locali della struttura di Pio IX, al convento, ai locali adibiti per esigenze della comunità religiosa dei passionisti, quali cucina, refettorio, stanze dei religiosi al secondo piano, quello di diretto accesso alla Chiesa e sacrestia. Lo scorso 21 luglio 2014, l’attesa inaugurazione dell’ascensore alla Civita che tanto utile risulta essere soprattutto per i diversamente abili, anziani e persone con problemi di deambulazione per raggiungere direttamente la chiesa. Cresciuto anche l’interesse verso il santuario da parte di nuove realtà ecclesiali, anche se, come in tutto l’occidente, si registra un calo di partecipazione alle funzioni religiose, soprattutto nei mesi invernali. Ad assicurare il servizio al santuario in questi ultimo anni sono quattro passionisti, che curano anche il convento dei passionisti della città di Itri, e sono: padre Antonio Rungi (ex-superiore provinciale dei passionisti di Napoli), padre Cherubino De Feo (ex-parroco di Santa Maria Maggiore in Itri), padre Emiddio Petringa (attuale rettore-superiore), padre Francesco Vaccelli, ben conosciuto perché per tanti anni parroco di Campodimele, da sacerdote diocesano e poi approdato nella Congregazione dei Passionisti.
A ricordare il fausto avvenimento dei trent’anni di presenza passionista al Santuario della Civita sono stati ieri gli stessi religiosi con alcuni collaboratori durante un incontro fraterno di preghiera e condivisione. A raccontare i dettagli di tutto il passaggio dai Ganelliani ai Passionisti è stato lo stesso padre Cherubino De Feo, che a distanza di 30 anni, essendo lui il diretto interessato a questo evento, ricordava con precisione non solo le persone presenti, ma gli atti firmati e il tempo inclemente che imperversava sulla Civita, come ieri 18 gennaio 2015. Padre Cherubino, come parroco di Santa Maria Maggiore e sacerdote passionista della comunità di Itri, dovette iniziare a pensare al tempio mariano. Con lui i padri passionisti della comunità cittadina oltre a pensare al Santuario della Civita, continuarono a guidare la parrocchia di Santa Maria Maggiore, la cui guida pastorale fu assunta da padre Angelo Di Battista e da lui assicurata fino al 2003. In quell’anno, in seguito ai cambiamenti effettuati dall’allora superiore provinciale, padre Antonio Rungi, subentrò padre Giovanni Giorgi, anche in qualità di Superiore della comunità passionista di Itri.
Nell’ottobre del 2012, i passionisti, su decisione dell’assemblea provinciale, hanno lasciato le due parrocchie di Itri per concentrarsi nel servizio al santuario della Civita e al Convento.
Nel prossimo mese di maggio 2015, con il capitolo provinciale unitario di tutti i passionisti d’Italia, di Francia e del Portogallo, si rivedranno le presenze dei passionisti e si deciderà per il futuro della loro presenza al Santuario e a Itri-città, dove la comunità è stata tolta dal giugno 2012; per cui una sola comunità giuridica, quella della Civita opera pastoralmente per il Santuario e per il Convento cittadino, con tante difficoltà logistiche e di spostamenti per assicurare un servizio pastorale all’altezza del compito che i passionisti hanno sempre svolto al meglio e con grande generosità nella Chiesa locale dell’Arcidiocesi di Gaeta.

Mondragone (Ce). L’estremo saluto ad un giovane testimone della carità

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Mondragone. L’estremo saluto ad un giovane eroe della carità

di Antonio Rungi

Raccontare da lontano i funerali del giovane Eduardo D’Alessandro, da tutti chiamato e conosciuto come Aldo, non è la stessa cosa che avervi partecipato, averli vissuti dal vivo. Ma nelle parole e nel cuore di chi vi è stato c’è tutta l’emozione, l’amarezza e la speranza cristiana di chi guarda la vita in altra direzione e distanza, quella dell’eternità. E’ stato un funerale speciale, per un giovane eroe che meritava tutta l’attenzione della città, dei giovani e della chiesa. La presenza del Vescovo di Sessa Aurunca, monsignor Orazio Francesco Piazza, che ha presieduto la messa esequiale e di tutti i parroci della Forania di Mondragone è stato un segno tangibile di come essere vicino alla sofferenza della famiglia di Eduardo che ha perso una persona cara, appena ventunenne, e a tutti gli amici e conoscenti. La chiesa san Giuseppe Artigiano dei Padri Passionisti di Mondragone si è trasformata, per una mattinata il centro della preghiera per un giovane mondragonese che nel servizio generoso di soccorrere gli altri ha perso la vita, guadagnando il premio più grande e duraturo che è il paradiso. “Aldo vive nel cuore di chi lo ama”. Sono queste le parole di monsignor Piazza durante l’omelia. Ed ha aggiunto: “Più grande l’amore, più forte il dolore, e le parole non bastano a lenirlo. Aldo deve farvi riflettere” “Aldo ha offerto la propria vita…., l’amore non è sconfitto. Questa esperienza così amara non può essere cancellata. C’è differenza profonda tra la morte e il morire . La morte ci porta a fare la domanda sulla vita: la vita è un incrocio di responsabilità. Aldo oggi ci conduce sulla strada della speranza”. Ad accompagnare la liturgia le noti dell’organo della Chiesa dei Passionisti, suonato da don Paolo Marotta. Clima di preghiera, di sofferenza, ma anche di gioia per la testimonianza di vita di questo giovane. Tanti gli applausi nel corso della cerimonia per sottolineare la verità assoluta per sempre, che l’amore supera la morte e donare la vita per gli altri è il gesto più grande di ogni persona umana, credente e non. Ed Aldo era un giovane credente che insieme alla sua famiglia frequentava la parrocchia dei passionisti, dove i suoi genitori hanno voluto che si svolgessero le esequie, pur abitando da poco tempo in via Venezia. E’ stato padre Bernard ad andare a benedire la salma nella casa del defunto, in Via Matilde Serao ed accompagnare il feretro per tutto il percorso. La bara è stata porta a spalla, con l’accompagnamento delle note della banda di Mondragone, note struggenti e commoventi, che ti strappano le lacrime ad ogni passo che fai. La città ha risposto alla grande al lutto cittadino e tutti i negozianti hanno abbassato le serrande al passaggio del feretro. Tanti i confetti e fiori sparsi al passaggio della bara bianca, attraversando Viale Margerita e la Domiziana. Tante le autorità civili e militari presenti al rito funebre, con il sindaco della città, Giovanni Schiappa. Tanti i manifesti di partecipazione al lutto della famiglia di Aldo e tanti gli striscioni disseminati lungo la strada e soprattutto davanti alla Chiesa per ricordare il coraggioso gesto di Eduardo. Ma il momento più intenso emotivamente è stata la celebrazione della messa, alla quale tutti i presenti hanno partecipato in silenzio con la morte nel cuore per la perdita di un giovane come Aldo. A conclusione della funzione, la bara bianca di Eduardo D’Alessandro è stata salutata con un applauso, dentro e fuori la chiesa e qui con il volo dei palloncini bianchi librati verso il cielo, nello spazio antistante la chiesa di San Giuseppe Artigiano, con la lettura di alcune lettere stilate dai suoi amici. Il tutto col sottofondo musicale della bellissima canzone di Blues dedicata da un musicista e cantante mondragonese ad Aldo ed un altro giovane morto recentemente a Mondragone. La bara è proseguita per il cimitero di Mondragone, dove verrà tumulata e ne siamo certi, la tomba di Aldo sarà una meta costante di parenti, amici e conoscenti di questo “novello e giovane samaritano” della città di Mondragone.

Papa Francesco non si può uccidere in nome di Dio, ma neppure si può offendere e ridicolizzare le religioni.

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Papa Francesco non si può uccidere in nome di Dio, ma neppure si può offendere e ridicolizzare le religioni. Né irriverenti e né irritanti.

di Antonio Rungi

Mi piace iniziare la mia riflessione con quanto ha detto ai giornalisti Papa Francesco, oggi, 15 gennaio 2015, sull’aereo, nel suo viaggio di trasferimento da Colombo a Manila, ovvero dallo Sri Lanka alle Filippine. Una conferenza stampa che ha riguardato, tra gli altri temi, quello del rispetto delle religioni e della libertà di opinione e pensiero. Tra le risposte date dal Papa ai cronisti che viaggiavano con lui, da Colombo a Manila, ha colpito quella sui fatti di Parigi. Riflettendo sul rapporto tra libertà di espressione e libertà di fede, riproposto dal sanguinoso attacco terroristico alla redazione di Charlie Hebdo, il Papa ha ribadito che accanto al diritto fondamentale alla libertà d’espressione, c’è quello di ogni fede di potersi esprimere senza essere ridicolizzata. “Non si uccide in nome di Dio, dunque, ma nessuna fede si può prendere in giro. C’è un limite rappresentato dalla dignità che ogni fede possiede”. Infatti rispondendo alla domanda di un giornalista francese sulla libertà religiosa e sulla libertà di espressione come diritti umani fondamentali, Papa Francesco ha detto: “Credo che tutti e due siano diritti umani fondamentali, la libertà religiosa e la libertà di espressione. Parliamo chiaro, andiamo a Parigi! Non si può nascondere una verità: ognuno ha il diritto di praticare la propria religione senza offendere, liberamente e così vogliamo fare tutti. Secondo: non si può offendere o fare la guerra, uccidere in nome della propria religione, in nome di Dio. A noi ciò che succede adesso ci stupisce, ma pensiamo alla nostra storia, quante guerre di religione abbiamo avuto! Pensiamo alla notte di San Bartolomeo! (Il riferimento è alla strage degli ugonotti, uccisi dai cattolici). Come si capisce, anche noi siamo stati peccatori su questo, ma non si può uccidere in nome di Dio, questa è una aberrazione. Si deve fare con libertà senza offendere, ma senza imporre e uccidere.
Sulla libertà di espressione: ognuno ha non solo la libertà e il diritto ma anche l’obbligo di dire ciò che pensa per aiutare il bene comune. Se un deputato non dice quella che pensa sia la vera strada da percorrere, non collabora al bene comune. Avere dunque questa libertà, ma senza offendere, perché è vero che non si può reagire violentemente, ma se il dottor Gasbarri, che è un grande amico, dice una parolaccia contro mia mamma, gli spetta un pugno, è normale. Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri. Papa Benedetto in un discorso (la lectio di Ratisbona, nel 2006) aveva parlato di questa mentalità post-positivista, della metafisica post-positivista, che portava a credere che le religioni o le espressioni religiose sono un sorta di sottoculture, tollerate, ma sono poca cosa, non fanno parte della cultura illuminista. E questa è un’eredità dell’illuminismo. Tanta gente che sparla, prende in giro, si prende gioco della religione degli altri. Questi provocano e può accadere quello che accadrebbe al dottor Gasbarri se dicesse qualcosa contro mia mamma. C’è un limite, ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana, io non posso prenderla in giro. Ho preso questo esempio del limite per dire che nella libertà di espressione ci sono limiti, come (nell’esempio) della mia mamma».
Il pensiero del Papa è molto chiaro, a noi spetta il compito di approfondirlo ed essere strumenti di pace e non di guerra in questo mondo, definito della babele globale, facendo riferimento alla biblica torre di Babele che crollo sotto il peso della incomunicabilità e della pluralità di lingue e culture che non si integravano e non interagivano tra loro. E’ quello che sta succedendo oggi.
Dopo gli attentati di Parigi di inizio 2015 è in atto una campagna di autopromozione della libertà di pensiero e di stampa che sono gli stessi media, autoreferenziali, a sostenere, senza confrontarsi con il pensiero reale dei paesi e della gente.
Penso che non sia messa in discussione la libertà di pensiero e di stampa oggi nel mondo, al punto tale che ognuno lo può esprimere liberamente attraverso i suoi blog, siti, internet e social network.
La questione di fondo è quella di rispettare ogni persona, ogni cultura, ogni popolo, ogni religione nell’esprime il proprio pensiero, nel pubblicare le proprie idee, nel fare satira o qualsiasi altra cosa che si intende fare per dire (perché dire fa molte volte più male che fare) che non si condivide quella idea, quel personaggio, quella religione, quel modo di operare, pur nel rispetto delle leggi e delle tradizioni degli altri. Dissentire non significa essere irriverenti ed irritanti. Entro nel merito di questa mia riflessione. La nuova generazione che è nata dopo i tragici eventi del terrorismo di Parigi è la cosiddetta generazione di “Charlie”, riferendosi al giornale satirico francese attaccato dai terroristi islamici al punto tale da fare una strage. Questi uomini armati fino ai denti ed armati da persone più potenti di loro hanno confuso anche loro e chi sono stati i mandanti della strage di fare giustizia con le armi, sbagliando di grosso. Il terrorismo va sempre condannato da qualsiasi parte esso venga. Perciò su un piano morale non possiamo mai, assolutamente mai, approvare cose del genere che mirano ad uccidere e sono finalizzate a creare terrore tra persone libere, che hanno diritto di vivere e non di essere uccise. In questo mondo della babele globale bisogna perciò essere attenti a cosa si scrive e come si scrive. Mi riferisco al giornale satirico Charlie Hebdo che dopo i recenti fatti drammatici è uscito continuando sullo stile della satira e dell’offesa contro tutti. E non parliamo soltanto dell’Islam, parliamo d tutte le religioni, di tutte le massime autorità anche religiose del mondo. Non penso che sia libertà di stampa prendere in giro ed offendere persone e religioni. Se molti sono indifferenti al discorso, magari ci godono pure se si prende in giro la fede cristiana, le tradizioni cattoliche, se si bestemmia in pubblico, nei media, se si attacca impunemente il Papa, i Vescovi, i sacerdoti, i fedeli laici, tutto sembra che vada nella normalità, facendo passare questo come libertà di stampa, pensiero ed altro, per tolleranza. Per carità di Dio, non vogliamo ritornare ai tempi della cosiddetta “Santa Inquisizione” , che tutto era, tranne che santa o del mettere all’indice ogni cosa ed espressione che contrastava la Bibbia, il pensiero e la morale della chiesa cattolica, ma si chiede semplicemente il rispetto della fede altrui, di chi ha altra fede, o non è per nulla credente, è agnostico, ateo o non si è mai posto il problema dell’esistenza di Dio. Rispettare il pensiero, la fede, la religione degli altri è il primo fondamentale passo della libertà. E siccome la Francia ha fatto una rivoluzione ed il Terrore è stato coniato in questo Paese, proprio per conquistare diritti fondamentali quali la libertà, l’uguaglianza e la fraternità, perché oggi questi valori si vogliono garantire solo ad una o più rivista laicista, dissacrante e irritante come Charlie Hebdo. Non tutti ci sentiamo della pseudo generazione, nata da pochi giorni, di “Charlie”, noi vogliamo continuare ad essere la generazione di “Gesù Cristo”, che parla di pace, di rispetto, di amore, di tolleranza, di perdono, di riconciliazione, di fraternità, giustizia, libertà da duemila anni. I terroristi del tempo di Cristo lo mandarono a morire sulla Croce, proprio perché parlava d’amore, di verità, di giustizia e di pace. Egli non ha ucciso, non ha preso le armi per sterminare bambini, donne e uomini, ma ha parlato e portato la pace, ha sanato le ferite ed ha guarito i malati, ha risuscitato i morti. I terroristi di oggi ammazzano e alla fine si fanno ammazzare, ma portando avanti un progetto di morte, contro ogni logica di un mondo che pensa e vuole vivere in pace, nella giustizia, nel rispetto dei diritti fondamentali di ogni persona. Questo mondo lo devono costruire tutte le culture e tutte le religioni.
Noi non ci identifichiamo nella generazione di chi, per una presunta libertà di pensiero, di azione e di stampa, diventa irriverente ed irritante. Noi siamo della generazione della vera libertà di pensiero che esprime le proprie idee ed agisce per il bene e mai per il male e per fare del male. Noi siamo della generazione di chi per amore della verità va incontro anche al martirio, come ci hanno testimoniato e ci testimonia la vita di tanti martiri cristiani. Hanno subito la morte per professare la fede, senza prendere le armi, senza massacrare nessuno, ma lasciandosi trucidare, seviziare per riaffermare la fede in Gesù Cristo. Lezioni di storia e di vita che non dovremmo mai dimenticare, soprattutto oggi in una babele globale qual è la nostra società liquida e senza consistenza di alcun genere.
E allora andiamo alla questione principale del nostro discettare. Cosa significa essere irriverenti ed irritanti? La risposta la troviamo nel numero post-tragedia della Rivista Charlie Hebdo, uscita in diverse lingue, con 5 milioni di copie tutte vendute, per avere una copia-cimelio che tra qualche giorno verrà bruciata come tante riviste che si leggono, fanno notizia e poi si buttano via. Restano nella memoria i tanti morti uccisi in questi giorni a Parigi, tutti indistintamente, ma restano le immagini della morte dei redattori di questo giornale satirico che, per prudenza, opportunità, rispetto verso quelle vittime e in considerazione del clima generale, poteva e doveva essere più prudente nel numero post-tragedia uscito l’altro ieri. Invece oltre che essere irriverenti, perché ce ne è per tutti, in questo modo si diventa irritanti. E si diventa tali quando si pensa che, in nome della satira, si possa fare e dire tutto. In quale cultura si comprende oggi la satira? E’ un genere letterario e comunicativo scomparso a livello globale. Forse in qualche teatro c’è forse qualche comico che usa questo strumento per far passare pensieri ed idee non solo proprie, ma quelle di un gruppo di pensiero o di potere. Penso a tutte le volte che i cattolici vengono attaccati nelle pratiche, nei culti, nelle tradizioni, nelle devozioni, nelle loro verità di fede e nessuno si ribella, ma tutti, i veri cattolici, pregano per la pace e per la fraternità universale e perdonano, come Cristo ha perdonato dalla croce, perché non sanno quello che dicono e fanno. Anche in questo mondo esistono gli integralisti che fanno male con le parole, con gli scritti e con altri mezzi subdoli, ma mai si sognano di imbracciare un’arma ed uccidere. E qui è segno di maturità, di equilibrio. Il pensiero si, la comunicazione pure, ma mai alimentare il terrorismo di nessun tipo, né quello reale, né quello ideologico, né quello psicologico, ma dare spazio alla libertà, al dialogo, a tutte le voci, senza contrastarsi, in quanto la diversità non è mai una perdita, ma un guadagno.
Ecco volendo arrivare alla conclusione di queste mie considerazione sottolinerei questi due aggettivi che ho scelto per argomentare su una questione di grande attualità che è quella della libertà di pensiero e di stampa di cui si è parlato in questi giorni: irriverente e irritante.
Irriverènte (ant. irreverènte) aggettivo [dal latino irrevĕrens –entis o revĕrens -entis, participio presesente di revereri «riverire»]. – Che vien meno alla riverenza dovuta: ragazzacci irriverenti verso le persone anziane. Più spesso riferito agli atti, indicando non solo la mancanza di riverenza, ma talora l’intenzione cosciente di insultare: tenere in chiesa un contegno irriverente; frasi, allusioni, parole, maniere irriverenti. Avverbio: irriverenteménte, in modo irriverente: comportarsi irriverentemente.
Irritante aggettivo [participio presente di irritare 1. a) Che irrita, che stizzisce: tenere un contegno, fare una osservazione, parlare in tono irritante; parole, frasi, maniere irritante; un rumore sordo e irritante. Anche riferito a persona: è irritante con le sue continue insinuazioni, o con quel suo fare sdolcinato e servile. b) letteralmente: Che aizza, che pungola: “Ed irritante il morso Accresce impeto al corso [del cavallo]” (Foscolo). 2. Di qualsiasi agente chimico o meccanico che provoca infiammazione: sostanza, medicamento irritante (anche come sostantivo maschile: evitare gli irritanti); stimoli che hanno azione i. su qualche parte dell’organismo.

Allora, attenendosi soltanto al significato terminologico, vorrei richiamare all’attenzione di chi parla, scrive, disegna, di dire le cose, ma sempre nel rispetto della persona e della fede degli altri. Chi sono io a dover mettere in ridicolo una verità di fede di qualsiasi religione, soprattutto se consolidata nel tempo ed espressione di una cultura? Su questi argomenti ci sono i teologi e gli esperti, ci sono i capi religiosi, i luoghi dove discutere e affrontare i problemi in una visione globale del mondo. Certo il cristianesimo di oggi non è quello stesso, sul un piano comportamentale ed organizzativo, rispetto ai primi secoli, e così è anche per l’Islamismo, l’Ebraismo, il Buddismo. Le religioni si evolvono con il tempo nelle forme espositive, nell’aprirsi al nuovo. Ci vuole tempo e pazienza e non è con la satira, con gli attacchi gratuiti che si fanno progredire le religioni. E se non progrediscono le religioni e le fedi, non progredisce la società, soprattutto in quelle nazioni che si identificano con la religione stessa e lo stato si professa confessionale e non laico. Ecco criterio fondamentale è il rispetto di tutti senza irritare nessun, perché poi, non tutti si tengono le battute, le offese, ma qualcuno reagisce, anche in modo sproporzionato ad attacchi. Alla fine la religione diventa strumentale per essere satirici e per essere terroristi. In fondo, agli uni e agli altri non interessa la vera fede, la vera religione che parla sempre di pace e non di guerra, interessa solo fare opinione, imporre le proprie idee con la forza della penna o con la forza delle armi. Entrambi sono strumenti di morte, soprattutto le seconde, sorte proprie per portare e fare guerra ed uccidere. Ma le prime non sono meno offensive e distruttive, ben sapendo che le parole possono uccidere più delle armi stesse.
Essere irriverenti e soprattutto essere irritanti ed arroganti non porta alla pace mondiale, ma alla babele totale. E nella confusione delle lingue e dei comportamenti alla fine crolla tutto il sistema del mondo globalizzato, in cui viviamo. Bisogna continuare a scrivere e garantire la libertà di pensiero e di stampa, ma nel rispetto di tutti e con l’equilibrio che è dovuto rivolgendosi ad una società multiculturale e interdipendente soprattutto da Internet. Con una semplice espressione, non comunicata in modo corretto, si possono innescare meccanismi distruttivi che passano per la rete e che poi diventano azioni terroristiche nei confronti di questo o quell’altro giornale o rivista. I giornalisti devono essere equilibrati , rispettosi e umili, perché il quarto potere che hanno nelle loro mani, quella della penna, anzi del computer, della rete, deve fare i conti con i nuovi silenziosi e pericolosi poteri che superano i confini reali delle nazioni e che si identificano con gli stati terroristici globali, organizzati su scala mondiale, mediante le nuove forme di comunicazione. Potrei concludere con una costatazione di fatto: mentre a Parigi si fa satira contro le religioni, in altri luoghi si organizzano le stragi.
Non prestiamo il fianco a simili azioni, ma combattiamo il terrorismo con le forze della giustizia, della pace, della lealtà, dell’onestà, del rispetto, della tolleranza, della libertà, della democrazia, dell’umiltà secondo la logica del vangelo della pace e della gioia che è stato annunciato da Cristo e che Papa Francesco sta rilanciando nel mondo con la sua azione pastorale ed apostolica.

Mondragone (CE). Domani, 15 gennaio 2015, i funerali del giovane Eduardo

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MONDRAGONE (CE). I FUNERALI DEL GIOVANE EDUARDO D’ALESSANDRO

 Sarà sua Eccellenza, monsignor Orazio Francesco Piazza, Vescovo di Sessa Aurunca, a presiedere domani mattina, giovedì 15 gennaio 2015 alle ore 10.00 la messa esequiale di Eduardo D’Alessandro nella Chiesa dei Padri Passionisti di Mondragone. Data la limitata capienza della chiesa e siccome si attendono migliaia di persone, si sta organizzando il modo di fare vedere e sentire anche all’esterno l’intera celebrazione, che sicuramente sarà commovente. La famiglia D’Alessandro abitava fino a poco tempo fa in Viale Europa e solo da poco si era trasferita alla Via Matilde Serao, una traversa di Via Venezia. Aldo frequentava la parrocchia San Giuseppe, come pure la famiglia. Da qui la decisione di far celebrare i funerali nella parrocchia che lo ha visto crescere. E  domani a Mondragone è stato proclamato il lutto cittadino. Per ricordare Eduardo, domani, 15 gennaio 2015, a Mondragone il Sindaco, Giovanni Schiappa, ha disposto: la chiusura con l’abbassamento delle serrande per tutti gli esercizi commerciali, le imprese e le attività artigiane, nonché la chiusura degli Uffici comunali, salvo per il Comando di Polizia Locale, e degli altri Uffici pubblici dalle ore 9:30 alle ore 11:30; la sospensione delle attività didattiche per tutte le Scuole Secondarie di Secondo Grado (Superiori) al fine di esprimere la partecipazione al lutto cittadino; ad osservare un minuto di silenzio alle ore 10.30 in tutte le Scuole di altro ordine e grado in segno di raccoglimento.

Nell’ordinanza sindacale le motivazione di questo gesto di attenzione dell’Amministrazione verso questo giovane, verso i familiari e verso l’intera comunità cittadina. Si legge infatti “che il giorno 11/01/2015 è prematuramente scomparso a seguito di un gravissimo incidente stradale Eduardo D’Alessandro, nato a Formia (Lt) il 27/09/1993, giovane concittadino mondragonese; evidenziato che l’intera Comunità cittadina è rimasta profondamente colpita da questo evento luttuoso prodottosi a seguito del riuscito tentativo di prestare soccorso a persone coinvolte in un precedente incidente stradale; tenuto conto che l’Amministrazione comunale intende manifestare in modo tangibile e solenne il proprio cordoglio e quello dell’intera Cittadinanza per la perdita di un giovane figlio della nostra terra, deceduto nel compimento di uno dei più alti doveri civici, ovvero quello di prestare soccorso a persone in difficoltà. Per questi motivi è stato proclamato questa giornata di lutto, molto giusta ed opportuna, dato il grande gesto di solidarietà compiuto dal giovane mondragonese. Il racconto di questa tragedia sui media locali della Provincia di Caserta e regionali della Campania. Eduardo D’Alessandro, per tutti Aldo, è morto, doemica mattina, 11 gennaio 2015, alle prime ore seguendo il suo cuore buono, in un estremo atto di altruismo ed è stato falciato da un’automobilista alla guida di un’Alfa 147 scura mentre soccorreva gli occupanti di un’altra automobile tamponata sulla strada statale Nola-Villa Literno. Eduardo, 21 anni, era così: generoso e spensierato; non ha voltato la faccia dall’altra parte, facendo finta di non vedere, come troppe volte capita sulle strade quando ci sono incidenti e sono si vuole soccorrere la gente. Egli, quando ha visto una Ford Fiesta con a bordo tre ragazzi ridotta in frantumi al centro della strada ha chiesto di fermarsi ed agire. La notte per lui era trascorsa in una discoteca di Pozzuoli. All’alba stava rientrando a Mondragone in compagnia di tre amici. L’incidente all’altezza dello svincolo per Ischitella aveva attratto la sua attenzione. Eduardo aveva fatto cenno al suo amico di fermarsi. Lui era sul sedile passeggeri di una Fiat Panda bianca. Così, si era avvicinato allo sportello della Ford chiedendo cosa fosse successo. I tre ragazzi della Ford, tutti di Sessa Aurunca, erano in pessime condizioni. Poi, è arrivato il tragico momento. Quell’attimo in cui sembra non esserci nulla da preoccuparsi e che si trasforma improvvisamente in uno schianto che la strada maledetta non riesce a contenere. Perché il corpo di Eduardo è finito sul parabrezza dell’Alfa 147, guidata da un trentenne di Napoli, sopraggiunta a gran velocità ed è volato giù in una scarpata con un volo di 20 metri. Il suo corpo è stato trovato sotto al cavalcavia della Nola-Villa Literno. La superstrada che inizia a Mondragone, arriva a Castel Volturno e da Castel Volturno parte per arrivare a Nola, fino all’ingresso dell’Autostrada, passando per il territorio di Villa Literno, nella direzione di Caserta, e attraversando il territorio di Licola, in direzione di Pozzuoli-Napoli. Su questa arteria sono tante le vittime della strada, soprattutto giovani che spesso raggiugono le zone di Napoli o quelle di Caserta per lavoro o per sano divertimento.

L’ultima vittima è stata Eduardo, marmista di professione, da tre anni rientrato a Mondragone dopo un periodo fuori regione.  Alle cinque e trenta il mancato rientro a casa, l’arrivo di vigili del fuoco di Aversa e Mondragone e i carabinieri della compagnia di Casal di Principe.  La scena vista dai militari è quella che rimane impressa per sempre, quando a morire sono i giovani.

Gli amici di Eduardo sono stati trasferiti alla clinica di Castel Volturno e a Napoli. Gli occupanti delle altre vetture sono stati invece portati all’ospedale di Aversa. Per l’automobilista che ha investito Eduardo l’iter giudiziario previsto per questi casi.

In occasione dei funerali del giovane mondragonese, morto nella mattinata di domenica, padre Antonio Rungi, sacerdote passionista, dal 1978 a Mondragone fino al 2011, religioso della parrocchia San Giuseppe, docente nel Liceo Statale, ha scritto sul suo profilo Fb: “Invito tutte le persone a pregare per questo giovane, per i suoi familiari, toccati da così grande dolore. Invito a pregare anche per i feriti, che hanno vissuto un’esperienza terribile, vedendo morire il loro caro amico. Tante le vittime sulle strade, soprattutto giovani e questo ci dispiace profondamente. Per Eduardo un gesto di generosità, altruismo, di soccorso stradale si è trasformato in morte per lui. Profondamente addolorato per questo. Prego per tutti”.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – 18 GENNAIO 2015

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Seconda Domenica del tempo ordinario

18 gennaio 2015

 

Una parola che scalda il cuore e spinge nella giusta direzione

 

Commento di padre Antonio Rungi

 

La parola di Dio della seconda domenica del tempo ordinario è incentrata sul tema della chiamata: quella di Samuele ad essere profeta di Signore, quella degli apostoli ad essere inviati di Gesù Cristo. Ogni chiamata richiede la parola di chi chiama e l’ascolto che diventa risposta positiva o negazione a chi chiama e fa capire con precisione la sua voce, il suo intento e lo scopo di questa speciale convocazione a servizio, in questo caso, di Dio. E’ quindi evidente che solo chi ascolta e discerne può rispondere in modo autentico e con le mozioni del cuore alla chiamata di Dio al suo servizio. Noi battezzati siamo stati chiamati da Dio ad una comunione profonda con Lui mediante la grazia santificante. La risposta alla chiamata richiede che noi viviamo secondo quel si, che nei vari stati di vita, abbiamo detto a Dio, con l’unico e fondamentale scopo della nostra personale salvezza e santificazione. Siamo stati chiamati per noi stessi e per essere a servizio della causa comune che è la diffusione del Regno di Dio tra gli uomini.

Il bellissimo testo della prima lettura di oggi, tratto dal primo libro di Samuele chi fa capire quando è difficile intuire subito la chiamata di Dio a qualsiasi ruolo ed ufficio per metterci a suo servizio. Samuele infatti ha bisogno di essere chiamato per tre volte prima di capire che era il Signore e non Eli a chiamarlo. Una guida anche in questo caso fa da tramite per discerne la nostra vocazione, soprattutto nel servire al causa della parola di Dio e della buona novella, il vangelo di Cristo. Dopo la triplice chiamato il giovane poté rispondere: Signore «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Le conseguenze di questa totale disponibilità ad accogliere la parola di Dio furono per Samuele straordinarie e ricche di ogni bene e promesse. Eglicrebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole”. Quando si entra nel dialogo profondo con Dio, ogni parola che esce dalla sua bocca diventa vita, gioia, speranza, maturazione per ogni persone disposta ad incontrarsi con Dio, mediante la sua parola comunicata all’uomo. E questa parola noi l’abbiamo nella Sacra Scrittura, che dobbiamo leggere, meditare e soprattutto metterla in pratica, perché possiamo crescere in santità di vita, in bontà e in missionarietà. Con Dio centro il nostro cuore e nei nostri pensieri possiamo fare grandi cose per a sua gloria e per la nostra santificazione. Non a caso una parola ben accolta, riscalda il cuore e spinge all’azione, non rimane dentro di noi senza produrre il suo effetto benefico.

Parlando di questa unione speciale con Cristo, san Paolo Apostolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla sua prima lettera ai Corinzi, evidenzia un aspetto importante di questa unione che porta alla vera comunione e ad una morale personale capace di trasformare il nostro essere ed agire in qualcosa di straordinariamente bello, significativo ed attraente: “Chi si unisce al Signore –scrive l’Apostolo delle genti – forma con lui un solo spirito”. Per cui, in questa nuova condizione essenziale ed esistenziale cambia il modo di operare. Da qui la raccomandazione e monito: “State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!”. Stare lontano dalle impurità di ogni genere, soprattutto quelle che abbassano il livello morale della persona e della società. Oggi queste impurità sono oltre che presenti, visibile e decifrabili in comportamenti di singoli, di gruppi e di masse di uomini sempre più immersi nel materialismo, nell’edonismo e nella soddisfazione dei piaceri dei ogni genere. La persona è tempio dello Spirito Santo, per cui deve essere una persona spiritualmente elevata. Non deve scendere a certezze bassezze, perché questo è la rovina della sua dignità di tempio dello Spirito del Signore, che è vita, gioia, purezza, bontà, delicatezza e dolcezza. Non dobbiamo mai dimenticare in tutto quello che facciamo che “il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo”.

Essere per il Signore, significa mettersi a suo servizio, rispondere alla sua chiamata e svolgere una precisa missione , quella stessa che è stata assegnata al gruppo dei primi discepoli a partire da Pietro. Anche in questo caso è una persona ben precisa, Giovanni il Battista, ad indicare in Gesù il maestro e poi a seguirlo per vedere dove abitava e come viveva, per poi acconsentire liberamente di mettersi a servizio della sua missione nel mondo. Tra i primi discepoli primeggia la figura di Simon Pietro, che non fu il primo a seguire Gesù, ma una volta scelto di farlo viene indicato da Gesù stesso come il capo del gruppo. Non a caso è Gesù stesso a cambiare il nome da Simone, figlio di Giovanni, in Cefa, in Pietro. Quando si incontrare davvero il Signore la vita cambia radicalmente a partire da quella identità umana e anagrafica che diventa identità spirituale ed ecclesiale. Ogni chiamata richiede cambiamento, conversione e rinnovamento. Tutti siamo stati chiamati da Dio a seguirlo in qualche via specifica del nostro essere umano e cristiano. Facciamo si che questa risposta data al Signore liberamente possa viversi ogni giorno nella piena consapevolezza del dono ricevuto e che non va assolutamente messo da parte o non valorizzato appieno. Sia questa la nostra umile preghiera nel giorno del Signore, nel quale la gioia del cuore prevale su ogni altro aspetto del nostro vivere ed esistere: “O Dio, che riveli i segni della tua presenza nella Chiesa, nella liturgia e nei fratelli, fa’ che non lasciamo cadere a vuoto nessuna tua parola, per riconoscere il tuo progetto di salvezza e divenire apostoli e profeti del tuo regno”. Amen.