Civita

La preghiera per gli alluvionati dell’Emilia Romagna

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Comunicato stampa

ITRI (LT). DAL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA CIVITA DOMENICA UNA SPECIALE PREGHIERA PER GLI ALLUVIONATI DELL’EMILIA ROMAGNA

Domenica, 21 maggio, in occasione della solennità dell’Ascensione al cielo del Signore, dal Santuario mariano della Civita, in Itri (LT), diocesi di Gaeta, si innalzerà, attraverso la voce dei pellegrini, una forte preghiera di sostegno spirituale alle popolazioni dell’Emilia Romagna colpite dai recenti alluvioni.
A mezzogiorno, come è tradizione, la preghiera sarà elevata al Signore, per intercessione della Beata Vergine Maria, in comunione spirituale con il santuario della Madonna di San Luca in Bologna.
Il testo dell’orazione è stato composto dal teologo passionista, padre Antonio Rungi, delegato arcivescovile per la vita consacrata della Diocesi di Gaeta, responsabile delle comunicazioni sociali del santuario mariano.
Nella preghiera, padre Rungi, richiama all’attenzione di tutti i credenti la necessità di essere vicini spiritualmente e umanamente ai fratelli e sorelle dell’Emila Romagna.
Ecco il testo completo della preghiera che sarà recitata in tutte le chiese che vorranno associarsi a questo corale appello dei cristiani affinché il Signore salvi l’Italia da altre catastrofi naturali.

“O Dio, creatore del cielo e della terra, guarda le popolazioni dell’Emilia Romagna, toccate dai disastrosi alluvioni dei giorni scorsi e che hanno perso i propri cari, le proprie case e le proprie attività e fa che con l’aiuto di tutti possano riprendere vita, speranza e sperimentare una concreta rinascita nell’immediato.

O Madre santissima, venerata con tanti titoli, nella terra emiliana e romagnola, intercedi presso il Signore, perché la prova che stanno affrontando i tuoi amati figli di questa regione italiana, nostri fratelli e connazionali, possano sperimentare la tua concreta vicinanza in questa immane tragedia ambientale.

Noi credenti dell’Italia intera siamo addolorati per quanto è successo in Emilia Romagna, ma siamo fiduciosi che Tu, o Signore, fermerai le abbondanti e eccezionali piogge su questa zona, essendo in tuo potere intervenire sul creato e portare a soluzione i nostri problemi umani ed ambientali.

Fa o Gesù che i nostri fratelli e sorelle dell’Emilia Romagna non versino più lacrime, ma recuperino il sorriso insieme al riapparire del sole e del sereno, dopo il disastroso diluvio, che si è


abbattuto su questo fragile territorio del nostro Paese. Amen (Padre Antonio Rungi, passionista)

LITURGIA DI FINE ANNO 2022 A CURA DI PADRE ANTONIO RUNGI

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CHIESA MADONNA DI LORETO – PADRI PASSIONISTI ITRI

Sabato 31 dicembre 2022 – Ore 17.00

MARIA SS. MADRE DI DIO – SOLENNITA’ – LITURGIA PROPRIA 

ESPOSIZIONE DI GESU’ SACRAMENTATO

Primi Vespri

  1. O Dio, vieni a salvarmi
  2. Signore, vieni presto in mio aiuto.

 

Gloria al Padre e al Figlio

e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre

nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

 

INNO

O Gesù salvatore,

immagine del Padre,

re immortale dei secoli,

 

luce d’eterna luce,

speranza inestinguibile,

ascolta la preghiera.

 

Tu che da Maria vergine

prendi forma mortale,

ricordati di noi!

 

Nel gaudio del Natale

ti salutiamo, Cristo,

redentore del mondo.

 

La terra, il cielo, il mare

acclamano il tuo avvento,

o Figlio dell’Altissimo.

 

Redenti dal tuo sangue,

adoriamo il tuo nome,

cantiamo un canto nuovo.

 

A te sia gloria, o Cristo,

al Padre e al Santo Spirito

nei secoli dei secoli. Amen.

 

1 ant. Meraviglioso scambio!

           Il Creatore ha preso un’anima e un corpo,

           è nato da una vergine;

           fatto uomo senza opera d’uomo,

           ci dona la sua divinità.

 

SALMO 112

 

Lodate, servi del Signore, *

lodate il nome del Signore.

Sia benedetto il nome del Signore, *

ora e sempre.

 

Dal sorgere del sole al suo tramonto *

sia lodato il nome del Signore.

Su tutti i popoli eccelso è il Signore, *

più alta dei cieli è la sua gloria.

 

Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell’alto *

e si china a guardare nei cieli e sulla terra?

 

Solleva l’indigente dalla polvere, *

dall’immondizia rialza il povero,

per farlo sedere tra i principi, *

tra i principi del suo popolo.

 

Fa abitare la sterile nella sua casa *

quale madre gioiosa di figli.

 

1 ant. Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine;

           fatto uomo senza opera d’uomo, ci dona la sua divinità.

 

2 ant. Hai compiuto le Scritture, quando in modo unico sei nato dalla Vergine; come rugiada sul vello sei disceso a salvare l’uomo. Lode a te, nostro Dio!

 

SALMO 147

Glorifica il Signore, Gerusalemme, *

loda, Sion, il tuo Dio.

 

Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, *

in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

 

Egli ha messo pace nei tuoi confini *

e ti sazia con fior di frumento.

 

Manda sulla terra la sua parola, *

il suo messaggio corre veloce.

 

Fa scendere la neve come lana, *

come polvere sparge la brina.

 

Getta come briciole la grandine, *

di fronte al suo gelo chi resiste?

 

Manda una sua parola ed ecco si scioglie, *

fa soffiare il vento e scorrono le acque.

 

Annunzia a Giacobbe la sua parola, *

le sue leggi e i suoi decreti a Israele.

 

Così non ha fatto

con nessun altro popolo, *

non ha manifestato ad altri

i suoi precetti.

 

2 ant. Hai compiuto le Scritture, quando in modo unico sei nato dalla Vergine; come rugiada sul vello sei disceso a salvare l’uomo. Lode a te, nostro Dio!

 

3 ant. Come il roveto che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre di Dio:

           noi ti lodiamo, tu prega per noi.

 

CANTICO    Cfr. Ef 1, 3-10

Benedetto sia Dio,

Padre del Signore nostro Gesù Cristo, *

che ci ha benedetti

con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.

 

In lui ci ha scelti *

prima della creazione del mondo,

per trovarci, al suo cospetto, *

santi e immacolati nell’amore.

 

Ci ha predestinati *

a essere suoi figli adottivi

per opera di Gesù Cristo, *

secondo il beneplacito del suo volere,

 

a lode e gloria

della sua grazia, *

che ci ha dato

nel suo Figlio diletto.

 

In lui abbiamo la redenzione

mediante il suo sangue, *

la remissione dei peccati

secondo la ricchezza della sua grazia.

 

Dio l’ha abbondantemente riversata su di noi

con ogni  sapienza e intelligenza, *

poiché egli ci ha fatto conoscere

il mistero del suo volere,

 

il disegno di ricapitolare in Cristo

tutte le cose, *

quelle del cielo

come quelle della terra.

 

Nella sua benevolenza

lo aveva in lui prestabilito *

per realizzarlo

nella pienezza dei tempi.

 

3 ant. Come il roveto che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre di Dio:

           noi ti lodiamo, tu prega per noi.

 

LETTURA BREVE Gal 4, 4-5

Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.

OMELIA

RESPONSORIO BREVE

  1. Il Verbo di Dio si è fatto carne * alleluia, alleluia.

Il Verbo di Dio si è fatto carne, alleluia, alleluia.

  1. È venuto ad abitare in mezzo a noi.

Alleluia, alleluia.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Il Verbo di Dio si è fatto carne, alleluia, alleluia.

 

Ant. al Magn. Per il grande amore con il quale ci ha amati, Dio mandò il suo Figlio in una carne di peccato: nato da donna, nato sotto la legge, alleluia.

 

CANTICO DELLA BEATA VERGINE                         Lc 1, 46-55

L’anima mia magnifica il Signore *

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

 

perché ha guardato l’umiltà della sua serva. *

D’ora in poi tutte le generazioni

mi chiameranno beata.

 

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente *

e Santo è il suo nome:

 

di generazione in generazione la sua misericordia *

si stende su quelli che lo temono.

 

Ha spiegato la potenza del suo braccio, *

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

 

ha rovesciato i potenti dai troni, *

ha innalzato gli umili;

 

ha ricolmato di beni gli affamati, *

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

 

Ha soccorso Israele, suo servo, *

ricordandosi della sua misericordia,

 

come aveva promesso ai nostri padri, *

ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

 

Gloria al Padre e al Figlio *

e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre *

nei secoli dei secoli. Amen.

 

Ant. al Magn. Per il grande amore con il quale ci ha amati, Dio mandò il suo Figlio in una carne di peccato: nato da donna, nato sotto la legge, alleluia.

 

INTERCESSIONI

Invochiamo il Cristo, nostra pace, che è venuto a

unire in un solo popolo gli uomini di ogni lingua

e nazione: Dona a tutti la tua pace, Signore.

 

Tu, che venendo fra noi hai rivelato l’amore del

Padre,

— fa’ che lo ringraziamo sempre per i suoi benefici.

 

Tu, che hai voluto piena di grazia Maria, tua Madre,

— effondi su tutti gli uomini l’abbondanza dei tuoi

    doni.

 

Hai portato al mondo il lieto annunzio della salvezza,

— moltiplica gli araldi e i discepoli della tua parola.

 

Hai voluto nascere da Maria Vergine, come nostro

fratello,

— insegna a tutti gli uomini la vera fraternità.

 

Sole di giustizia, apparso all’orizzonte dell’umanità,

— risplendi ai nostri fratelli defunti nella beatitudine

    eterna.

 

  1. Chiudiamo la nostra preghiera della sera chiedendo l’avvento del Regno di Dio

Padre nostro.

ORAZIONE

O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita, Cristo tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

 

CANTO DEL TE DEUM

Noi ti lodiamo, Dio,

ti proclamiamo Signore.

 

O eterno Padre,

tutta la terra ti adora.

 

A te cantano gli angeli

e tutte le potenze dei cieli:

 

Santo, Santo, Santo

il Signore Dio dell’universo.

 

I cieli e la terra sono pieni

della tua gloria.

 

Ti acclama

il coro degli apostoli

e la candida schiera dei martiri;

 

le voci dei profeti si uniscono

nella tua lode;

 

la santa Chiesa proclama

la tua gloria,

 

adora il tuo unico Figlio,

e lo Spirito Santo Paraclito.

 

O Cristo, re della gloria,

eterno Figlio del Padre,

 

tu nascesti

dalla Vergine Madre

per la salvezza dell’uomo.

 

Vincitore della morte,

hai aperto

ai credenti

il regno dei cieli.

 

Tu siedi alla destra di Dio,

nella gloria del Padre.

 

Verrai a giudicare il mondo

alla fine dei tempi.

 

Soccorri i tuoi figli, Signore,

che hai redento

col tuo sangue prezioso.

 

Accoglici nella tua gloria

nell’assemblea dei santi.

 

Salva il tuo popolo, Signore,

guida e proteggi i tuoi figli.

 

Ogni giorno

ti benediciamo,

lodiamo il tuo nome

per sempre.

 

Degnati oggi, Signore,

di custodirci senza peccato.

Sia sempre con noi

la tua misericordia: in te abbiamo sperato.

 

Pietà di noi,

Signore,

pietà di noi.

 

Tu sei la nostra speranza,

non saremo confusi in eterno.

 

Preghiera di ringraziamento di fine anno 2022

 

Signore del tempo e della storia, nonostante le tante sofferenze che hanno contrassegnato quest‘anno 2022 che volge al termine, Ti rendiamo grazie ugualmente per tutto quello che in questi mesi e giorni ci hai donato con abbondanza e generosità, anche se a volte toccati dal pianto e dalle lagrime.

Grazie per ogni attimo della nostra vita che abbiamo respirato rendendo lode a Te Dio e amando i nostri fratelli con cuore sincero.

Grazie per i benefici che abbiamo ottenuto con larghezza dalle tue mani, mediante i sacramenti della vita cristiana, della preghiera, della parola di Dio che ci ha sostenuto nel difficile cammino di ogni giorno. Grazie per il papa, Francesco, grazie per il papa emerito, Benedetto XVI, molto ammalato, grazie per i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i laici impegnati, per le persone rette ed oneste a servizio della gente.

Grazie Signore per il cibo quotidiano, per il lavoro, per le cure non sempre possibili e facili per la difesa della nostra salute.

Grazie per i nostri cari, vicini e lontani e grazie per quelli che in questo anno 2022 hai voluto portare con Te in cielo, dove non c’è più morte, lacrime e dolori. Gesù Ti chiediamo per il nuovo anno 2023 che si sta affacciando nella nostra vita e in quella dell’intera umanità, ferma il flagello della guerra in Ucraina in altre parti del mondo, blocca la nuova ondata della pandemia da coronavirus, togli la fame nel mondo e dona ai bambini di tutta la terra una lunga e serena vita nelle loro famiglie, nella loro patria, tra le persone care. Dona un cuore nuovo a noi che professiamo la fede in Te unico Dio e Signore, perché fraternamente e pacificamente possiamo vivere su questa terra in attesa della venuta definitiva del tuo Regno.

Maria, Madre di Dio e Madre nostra interceda per noi e ci ottenga le grazie che dal profondo del nostro cuore rivolgiamo a Te, Signore del tempo e della storia, a conclusione di questo anno 2022 e nell’attesa dell’anno nuovo. Amen. (Padre Antonio Rungi)

 

Benedizione eucaristica

 

Tantum ergo

 

Questo grande sacramento veneriamo supplici; è il supremo compimento degli antichi simboli. Viva fede ci sorregga quando i sensi tacciono.

 

All’eterno sommo Dio, Padre, Figlio e Spirito: gloria, onore, lode piena innalziamo unanimi. Il mistero dell’amore adoriamo umili. Amen.

 

Hai dato loro un pane disceso dal cielo.

Che porta in sé ogni dolcezza

 

  1. Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo corpo e del tuo sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
  2. Amen.

 

Benedizione con Gesù Sacramentato

 

Preci

Dio sia benedetto

Benedetto il Suo Santo Nome

Benedetto Gesù Cristo vero Dio e vero uomo

Benedetto il nome di Gesù

Benedetto il Suo Sacratissimo Cuore

Benedetto il Suo preziosissimo Sangue

Benedetto Gesù nel Santissimo Sacramento dell’altare

Benedetto lo Spirito Santo Paraclito

Benedetta la gran Madre di Dio Maria Santissima

Benedetta la Sua Santa e Immacolata Concezione

Benedetta la Sua gloriosa Assunzione

Benedetto il nome di Maria Vergine e Madre

Benedetto San Giuseppe Suo castissimo sposo

Benedetto Dio nei Suoi angeli e nei Suoi santi

 

Reposizione del SS. Sacramento

 

Canto finale

DOMENICA XXII – 29 AGOSTO 2021- COMMENTO DI PADRE RUNGI

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Domenica XXII del Tempo ordinario (Anno B)

Domenica 29 agosto 2021

La contaminazione del cuore umano

Commento di padre Antonio Rungi

Spesso ci domandiamo se un cibo è contaminato, se l’acqua che beviamo venga da una sorgente naturale o attraversando terreni e aree alla fine si contamina e noi beviamo acqua inquinata.

Ci preoccupiamo, oggi più che mai rispetto al passato, di questo problema. Noi che viviamo nel mondo del benessere e dell’assicurazione di ogni cibo, bevanda e sostegno alimentare e ci dimentichiamo di chi non ha nulla di tutto questo, compresa la mancanza di libertà.

Il vangelo di questa XXII domenica del tempo ordinario, ultima del mese di agosto 2021, tratto dall’evangelista Marco ci offre l’opportunità di riflettere su un tema molto caro ai farisei e scribi del tempo di Gesù, ovvero sulla questione del puro e dell’impuro.

E si parte nella discussione dal lavarsi le mani ed altro prima di iniziare a mangiare. Parliamo oggi delle celebri abluzioni che presso i giudei erano all’ordine del minuto e del secondo, quasi se fosse una mania.

Quello che ci è capitato in questi mesi anche a noi, in seguito alla pandemia.

Fissati nel lavarci le mani e sanificare ogni cosa, abbiamo vissuto e viviamo nel terrore. Giusto da un punto di vista igienico sanitario, ma non può diventare oggetto di discussione da un punto di vista religioso e morale. Lo diventò invece al tempo di Gesù.

Abbiamo, infatti, ascoltato che si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. E l’argomento messo in campo da loro per contestare l’operato del maestro e del gruppo dei discepoli è subito espresso. Gli osservanti delle norme igieniche avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate, subito fanno osservare a Gesù: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Quali erano queste norme igienico sanitarie? Eccole elencate nel testo del vangelo: lavarsi accuratamente le mani, prima di mangiare; fare le abluzioni quando si tornava dal mercato; infatti a maggior ragione non si poteva mangiare senza aver fatto prima le abluzioni; lavare bicchieri, stoviglie,  oggetti di rame e letti.

Norme di quotidiana vita umana e sociale che diventano oggetto di discussione per attaccare Gesù e i discepoli, alcuni dei quali non praticavano queste cose, pure buone da farsi.

A questo argomento di poco conto, Gesù  replica loro che battevano molto sull’osservanza di queste norme, con parole molto dure: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

Infatti queste norme di igiene familiare e collettiva non sono norme emanate da Dio come i comandamenti.

E Gesù subito fa risaltare questo stridente contrasto: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». In poche parole, Gesù vuole richiamare alla loro attenzione ciò che davvero conta davanti a Dio.

A questo punto fa una cosa molto normale e semplice, per una persona ormai conosciuta ed accredita come maestro di Israele.

Chiama di nuovo la folla e fa questo discorso, anzi istruisce una vera e propria catechesi sul significato del puro e dell’impuro in una visione cristiana della vita: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza”.

Gesù elenca una serie di comportamenti antireligiosi ed antimorale oltre che antisociali. Sono esattamente 12 e non si tratta di un numero a caso, ma questo numero fa riferimento alla storia del popolo di Israele ed esattamente alle 12 tribù che lo costituiva prima di Cristo.

Dopo l’elencazione del cattiverie, c’è anche la spiegazione da parte di Gesù. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo, in quanto sono frutto della libera decisione dell’uomo di farle e di compierle.

Quando il cuore è contaminato dal male, fa tutto e più di questo; ma quando è sanato dall’amore e dalla grazia di Dio, il cuore dell’uomo opera solo il bene ed agisce per il bene.

In definitiva, non dobbiamo confondere il materiale con lo spirituale e il morale e l’etico. Il mangiare senza lavarsi le mani non è peccato, ma è cosa buona farla, soprattutto in questo tempo di pandemia; ma elaborare nella mente e nel cuore progetti di morte e di distruzione della vita, della dignità e della onorabilità altrui questi si che sono peccati e reati che vanno perseguiti, condannati e fatti scontare con punizioni adeguate.

Di norme di ben altra natura parla la prima lettura di oggi e sono espresse attraverso la voce di Mosè che si rifà a quanto ricevuto direttamente da Dio nel suo dialogo con “Colui che è”.

E si tratta dei dieci comandamenti, delle Tavole delle Legge, della Torah. «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo”.

Norme che ben conosciamo e che sono la base di partenza di ogni fede e religione autentica, perché sono le leggi fondamentali che regolano il rapporto tra l’uomo e Dio, l’essere umano con i suoi simili e con il creato. Non aggiungere altre norme umane quindi e di altro genere, come purtroppo poi si è fatto, appesantendo la legislazione degli stati e della stessa Chiesa e facendo diventare peccati ciò che non lo è affatto.

A sanare questo conflitto tra la legge divina e la legge umana, tra la legge naturale e quella civile, è la parola di Dio, quella detta da Cristo, come ci ricorda  san Giacomo apostolo nella sua lettera di questa domenica: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature”. Premesso questo da un punto di vista teologico ed ontologico, l’Apostolo ci invita ad accogliere “con docilità la Parola che è stata piantata in noi e può portarci alla salvezza”. Dobbiamo essere di quelli che mettono in pratica la Parola, e non soltanto auditori, illudendo noi stessi e gli altri, facendoci passare per quelli che non siamo.

Di conseguenza, anche per superare una falsa concezione di fede e di religione, San Giacomo afferma con chiarezza espositiva che “religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo”.

Sta qui la sintesi del messaggio cristiano: essere vicini ed aiutare gli altri, specialmente gli orfani e le vedove e poi mantenersi puri nel cuore, senza lasciarsi contaminare dal male che il cuore e la mente producono in una visione distorta della storia e della vita, come stiamo constatando in questi giorni e in questo difficile momento della storia dell’umanità.

Sia questa la nostra preghiera e di i veri credenti del mondo che rivolgiamo al Signore con tutto il cuore, mentre nel mondo si alzano venti di guerra e di violenza: “Dio onnipotente, unica fonte di ogni dono perfetto, infondi nei nostri cuori l’amore per il tuo nome, accresci la nostra dedizione a te, fa’ maturare ogni germe di bene e custodiscilo con vigile cura”. Amen.

IL PROGRAMMA DELLA FESTA DELLA CIVITA NEL SUO SANTUARIO DI ITRI (LT)

MANIFESTO DELLA FESTA

Comunicato stampa

Il santuario della Civita si prepara alla festa annuale della Titolare

“Ad un mese esatto dalla festa del 21 luglio 2021, questa mattina è stato ufficializzato il programma religioso per la celebrazione annuale della Festa della Madonna della Civita, esattamente nel luogo dove oltre 1000 fa, fu rinvenuto il miracoloso quadro e che è il punto di riferimento spirituale per  tantissimi devoti della Beata Vergine Maria, venerata sotto questo particolare titolo”, è quanto comunica padre Antonio Rungi, quale responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali del Santuario, in una Nota diffusa oggi 21 giugno 2021. Il santuario di proprietà dell’arcidiocesi di Gaeta, dal 1985 è affidato alla cura pastorale dei Passionisti di Itri-Civita.

“D’intesa con il Rettore del santuario, si è stilato un programma di massima – precisa padre Rungi – anche in considerazione dell’attuale situazione della pandemia che non è del tutto superata e che richiede attenzione, prudenza e vigilanza non solo nelle chiese e nei santuari, ma anche in altri luoghi, dove facilmente si può abbassare la guardia. Noi stiamo prestando molta attenzione a questo aspetto, sia al Santuario, che nei luoghi adiacenti. Le celebrazioni previste si svolgeranno nel rispetto delle norme anti-covid 19, tuttora vigenti anche se attenuate in tanti aspetti”.

Il programma dettagliato è stato anche pubblicato sui social e diffuso attraverso pubblici manifesti al Santuario e in altri luoghi che fanno riferimento diretto con questo tempio mariano che, come scrive l’arcivescovo di Gaeta, monsignor Luigi Vari “è un luogo dove si può trovare rifugio come del resto è accaduto per molti durante gli eventi della seconda guerra mondiale. Per tutti è un approdo di pace”.

L’immagine di Maria rassicura i devoti che pregano davanti ad essa in due modi: “Ti rassicura –scrive monsignor Vari – con lo sguardo che la tradizione vuole sia proprio quello suo impresso nella memoria e nell’arte dell’evangelista Luca che è un po’ il poeta di Maria. Ti rassicura per il bambino che è già grande e con le braccia aperte sembra imitare la madre nello stesso sguardo e nello stesso gesto che sembra un abbraccio. Ci rassicura continuando a offrirci e a indicarci Gesù”.

Ecco in dettaglio il programma: Dal 12 al 20 luglio 2021, si svolgerà la novena in preparazione alla festa, con la celebrazione delle messe alle ore 11 e ore 17, con omelia e preghiera alla Madonna della Civita. Il giorno 20 Luglio 2021, vigilia della festa sono doversi i momenti di preghiera programmati: Ore 11: messa del giorno; ore 17, messa prefestiva della solennità; ore 19, messa per la veglia di preghiera; ore 20, veglia mariana di preghiera; ore 21, fiaccolata per il Santuario. Il giorno 21 Luglio 2021, Solennità della Madonna della Civita, Compatrona dell’Arcidiocesi di Gaeta, questi i vari impegni religiosi: Ss. Messe del mattino, alle ore 8 – 9 -10 – 11- 12. La concelebrazione delle ore 11, sarà presieduta dall’arcivescovo di Gaeta, monsignor Luigi Vari. La santa messa verrà trasmessa in diretta streaming sulle frequenze di Radio Civita InBlu. Nel pomeriggio, ulteriori celebrazioni di messe alle ore 17 – 18  – 19.

“In poche parole, dopo un anno di grandi difficoltà – afferma padre Rungi – anche il Santuario della Civita riprende piano piano la sua vitalità e il suo importante ruolo nella formazione delle coscienze, nella direzione spirituale, nell’assistenza a quanti ricorrono ai piedi di Maria, chiedendo grazie, lumi e tante volte veri e propri miracoli, non solo nell’ordine della salute fisica, ma sempre più nell’ambito dello spirituale. I passionisti, ben sette sacerdoti, di cui due a tempo pieno a servizio del Santuario, sono sempre a disposizione dei pellegrini e di quanti arrivano al Santuario con il desiderio di cambiare vita”.

MANIFESTO DELLA FESTA

LA III DOMENICA DI QUARESIMA – LA PRIMA DELLA STORIA DOPO IL CONCILIO SENZA FEDELI.

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Terza domenica di Quaresima – Anno A

Domenica 15 marzo 2020

Gesù e la samaritana al pozzo di Giacobbe

Commento di padre Antonio Rungi

Questa terza domenica di Quaresima passerà nella storia della fede cattolica dell’Italia come la prima domenica, dopo la seconda guerra mondiale, durante la quale le messe si celebrano a porte chiuse.

Ci viene in aiuto per comprendere meglio questo momento e questa nostra storia, proprio il vangelo di questa terza domenica di quaresima che porta alla nostra attenzione la significativa figura della samaritana al pozzo di Giacobbe, dove si reca per attingere l’acqua e dove, per una strana coincidenza del destino, incontra Gesù, con il quale intessa un dialogo tra i più belli della storia del cristianesimo e della storia dell’evoluzione le pensiero positivo verso una creatura, come una donna, uguale agli uomini in dignità ed onore.

L’evangelista Giovanni in questo testo così particolareggiato del dialogo tra Gesù e la Samaritana dà il meglio di se stesso di quella visione evangelica che spazia dal profondi del cuore e del pensiero di ogni persona per giungere ad una visione di fede a livello globale e coinvolgente di tutti gli animi umani e le persone della terra.

Basta leggere con attenzione tutto il brano e prestare ascolto a quanto dice il Signore alla donna che aveva avuto cinque mariti e in quel momento conviveva con una persona che non era suo marito, per capire la lezione della vita, che non riguarda la sola figura femminile, ma tutti i cristiani e gli uomini sensibili ad un discorso di rinnovamento, rigenerazione e conversione.

Partiamo dalla cronaca di questo fatto accaduto e di cui parla Giovanni nel suo Vangelo. E’ il primo atto di questa scena della vita di Cristo.

Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe”.

La descrizione del luogo è fatta con un precisione e dovizia di particolari. Siamo a Sicar nella Samaria presso il pozzo di Giacobbe, al quale le donne attingeva acqua per le necessità personali e familiari.

In questo posto Gesù vi giunge affaticato per il viaggio, oltre che assetato. Visto il pozzo come ogni essere umano si ferma e si riposa.

Tra le altre cose è detto anche l’orario preciso di questo arrivo e cioè era verso mezzogiorno.

Gesù voleva prendere l’acqua, ma non aveva oggetti per farlo. Normalmente era un secchio.

In quel momento di relax giunge una donna samaritana ad attingere acqua.  Una volta che la donna ha attinto l’acqua Gesù chiede a lei con carità «Dammi da bere».

Inizia così una relazione verbale, una vera e propria comunicazione interpersonale. Nel frattempo i discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Alla richiesta di Gesù, la donna risponde alquanto critica: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?».

A parte il fatto che era proibito parlare con le donne, qui viene precisato anche le motivazioni culturali e geografiche che erano alla base di quei conflitti o pregiudizi che esistevano. I Giudei allora non avevano rapporti con i Samaritani, possiamo dire che c’era un muro di divisione, un po’ come tanti altri muri alzati non solo in termini materiali, ma culturali e sociali tra un popolo ed un altro. A questa osservazione Gesù risponde con un discorso molto profondo da un punto di vista religioso e spirituale: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».

Sulla espressione detta dal Signore, la donna ci scherza pure, e quasi quasi lo deride pure: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

La lezione di Gesù su temi più alti che hanno attinenza con la salvezza, la grazia e quanto di buono egli è venuto a portare anche a quella donna è sintetizzata in queste bellissime parole: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

Di fronte ad un discorso di sicurezza per il futuro, anzi di alleggerimento della fatica corporale di andare ogni giorno ad attingere acqua, la donna dice a Gesù: «Signore dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».

Gesù non replica alla richiesta, ma entra nella vita di quella donna che conosce da sempre come Figlio di Dio. Gesù le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». M la donna è sincera e dice «Io non ho marito». E Gesù apprezza questa sua sincerità «Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

A questo punto la donna comprendere esattamente con chi ha a fare e gli replica: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».

E qui entra in gioco il Maestro Gesù che forma le coscienze, istruisce nella verità ed indirizza verso la comprensione di ciò che davvero conta davanti a Dio, nella nuova visione di fede che Cristo porta per tutti coloro che vogliono vivere secondo il cuore di Dio: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

A questo punto la donna interviene nel dialogo con Gesù e dimostra di avere anche lei un’adeguata conoscenza della sacra scrittura: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa».

A questo punto Gesù si svela completamente a questa donna e dice della sua identità, chi davvero Egli è «Sono io, che parlo con te quel Messia che tutti aspettano».

Il secondo atto di questa bellissima scena di vita cristiana ed ecclesiale è descritto da Giovanni facendo notare, che mentre Gesù sta parlando giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna”.

Però furono discreti e riservati, non si intromisero nel dialogo con Gesù. Lo pensaroro e per scriverlo, evidentemente, fu lo stesso Giovanni a pensarlo e condivuderlo con gli altri. Infatti nessuno dei discepoli ebbe il coraggio di chiedere a Gesù: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?».

Terzo atto di questa scena di umanità è la partenza della donna, l’arrivo in città a raccontare quanto le era accaduto. Arrivata in città si fa messaggera ed apostola del Cristo e disse loro: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?».

Quarto atto è la gente che corre verso Gesù. Infatti uscirono dalla città e andavano da lui. Nel frattempo gli apostoli che erano andati a comprare il necessario per alimentarsi dissero a Gesù «Rabbì, mangia». Ma Gesù rispose parlando di altro cibo, non quello materiale: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». Non capirono nulla in quel momento cosa Gesù volesse dire. Tanto è vero che fanno anche una battuta tra di loro «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?».

Gesù coglie l’occasione del mangiare per fare un discorso sul valore del cibo spirituale che consiste nel fare la volontà di colui che mi ha mandato e di compiere la sua opera. E nel suo ragionamento porta l’esempio della natura.

Ultima scena di questo quadretto di vita cittadina si svolge quando i Samaritani giunsero da lui e lo pregarono di rimanere da loro. E Gesù rimase là due giorni. Iniziarono le conversione al punto tale che molti samaritani credettero In Gesù per quel che diceva e non solo per quello che aveva riferito la donna, Infatti rivolgendosi alla donna, che non era uno stinco di santa, le fanno osservare che «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Dalla ignoranza di Cristo alla sua conoscenza e all’adesione completa alla sua persona, senza altre mediazioni. Sta qui la sintesi di tutto il vangelo della Samaritana che abbiamo ascoltato e commentato e che possiamo esprimere nella preghiera con queste parole della colletta: “Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno,

la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia.

Questa preghiera assume un valore più grande in considerazione del momento che stiamo attraversando con la nuova pandemia da coronavirus. Siamo nelle stesse condizioni del popolo di Israele di cui ci parla il testo del libro dell’Esodo, nella prima lettura di oggi “In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Quante critiche in questi giorni verso tutti per quello che sta succedendo in Italia. La lamentela generale, che rivolgiamo anche a Dio, senza renderci conto che siamo fragili creature che basta un virus infettivo a destabilizzare e rende inutili per quel che siamo. Ma non bisogna scoraggiarsi e come Mosè che chiede aiuto al cielo, anche noi facciamo qualcosa per salvare il popolo italiano. Stare con le mani in mano e solo lamentarsi non serve a nulla e certamente non risolvere questi ad altri problemi. Bisogna scuotere la roccia, la freddezza del nostro cuore e della nostra vita per far scaturire da noi l’amore che porta a salvare se stessi e gli altri. Ora più che mai sappiamo che non possiamo salvarci da soli, ma insieme agli altri.

La consapevolezza di tutto questo cin viene dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani, seconda lettura della parola di Dio di questa terza domenica di Quaresima. Ci ricorda, infatti, l’apostolo l’essenzialità delle tre virtù teologali, fede, speranza e carità, che ci aiutano a camminare nel tempo con lo sguardo rivolto al cielo e che trova la motivazione più profonda nel mistero della redenzione, operata da Cristo, offrendo la sua vita sulla croce per noi: Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”.

A Cristo salvatore e redentore vogliamo fare costantemente riferimento in questi giorni di tristezza, ma di speranza e di luce che vediamo aprirsi davanti a noi con la risurrezione e con la nostra risurrezione anche da questo ora buia della nostra storia di oggi.

COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO – DOMENICA 16 FEBBRAIO 2020 – P.RUNGI

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VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Domenica 16 febbraio 2020

Cristo compimento della legge antica

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa sesta domenica del tempo ordinario è ricca di riflessioni e stimoli che posso aiutare a cambiare la nostra vita.
Nel testo di Matteo che viene proclamato nella liturgia della parola di Dio, Gesù parla di molte cose ai suoi discepoli, indicando ad essi ciò che devono fare per essere coerenti con la loro condizione di credenti e di suoi seguaci, che conoscono bene i testi biblici, la legge antica e che sono disposti interiormente a completare un cammino di perfezione di amore, rispetto ed attenzione verso gli altri e specialmente verso la donna.
In una cultura come la nostra, questo brano del vangelo capita a proposito per sostenere quel cammino culturale, morale, spirituale, sociale, giuridico che dia massima attenzione e promuova il rispetto della donna in tutti gli ambienti compresi quelli ecclesiali.
Partiamo proprio da quanto dice Gesù in merito a questo tema: “Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”.
Il rispetto della donna parte dal cuore e dalla mente dell’uomo, E’lui che deve cambiare atteggiamento e comportamento nei confronti di un essere umano, di sesso diverso, che merita tutto l’amore e rispetto, in tutte le sue personali situazioni.
Non a caso Gesù aggiunge un altro dispositivo della norma antica “Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”.
Si comprende l’importanza del legame affettivo e definitivo tra un uomo e una donna e in termini molto espliciti del valore del matrimonio.
La clausola, cosiddetta matteana, del permesso del ripudio e quindi del divorzio, secondo quanto aveva stabilito Mosè, non trova accoglienza nella morale e nella prassi cristiana: il matrimonio è monogamico ed è definivo ed unico.
Non ci sono alternative. Lasciare una donna ricorda Gesù la espone all’adulterio, cioè la mette in una condizione di fragilità sociale e morale, che può generare comportamenti da parte di altri uomini indegni di essere classificati come tali.
Gesù quindi rivendica un comportamento di totale rispetto verso la donna sposata o legata sentimentalmente ad un uomo o libera da qualsiasi vincolo affettivo.
Come è facile capire, il problema è alla radice, cioè alla base di certe scelte che si fanno nell’ambito della vita coniugale ed affettiva. Gesù quindi non legittima divorzi o altre forme di convivenza tra uomo e donna o di altro genere, ma ricorda semplicemente la grandezza e la bellezza di una vita relazionale, basata sull’amore tra uomo e donna che sia definitivo e non occasionale o temporale.
Non rientra nella visione di una scelta di vita cristiana la possibilità di lasciare e prendere con facilità una donna o un uomo perché non si va più d’accordo. Le intese coniugali, affettive e familiari saltano, a volte, per sciocchezze, gelosie e banalità di ogni genere.
Oggi ci troviamo davanti a violenze sistematiche nei confronti delle donne, con femminicidi e offese di ogni tipo verso di loro.
Basta con questo scempio della dignità della donna e facciamo spazio, nella nostra cultura, che tanto si rifà alla fede cristiana, all’accoglienza totale di ogni uomo e di ogni donna in un progetto d’amore che parta dal rispetto e dalla protezione del matrimonio e della famiglia.
I diritti civili acquisiti nel tempo, in certi contesti culturali e politici, non hanno nulla a che fare con la dignità e la sacralità del matrimonio e della famiglia, che non è una scelta temporanea, né un contratto civile a termine, ma una scelta definitiva basata sull’amore e sul rispetto reciproco.
Nessuna violenza è legittimata, ma solo un grande amore e rispetto, anche in situazioni delicate caratterizzate da certe debolezze e fragilità. Gesù rivendica quindi un diverso atteggiamento e comportamento nei confronti della donna e della famiglia.
L’etica coniugale necessita di camminare su altre strade, quelle che Cristo ha tracciato, che sono le strade dell’amore e della condivisione, dell’accoglienza e del rispetto.
Nel testo del vangelo di questa domenica vengono poi esaminate ed affrontate altre questioni, come quella dell’omicidio.
Gesù ricorda “Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna”.
Bisogna stare attenti non solo a non alzare le mani per uccidere, ma anche ad usare la lingua e la bocca, che non devono offendere o denigrare gli altri.
Certe espressioni che normalmente usiamo nel nostro linguaggio quotidiano rivolto ad altre persone devono scomparire dalla bocca e soprattutto dal cuore e dalla mente di ogni autentico cristiano.
Gesù, poi, affronta il tema del perdono e della riconciliazione. Ci ricorda infatti come comportarci in caso di conflitti con persone, soprattutto se frequentanti lo stesso ambiente di culto e litugico: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!”.
Gesù chiede quindi un comportamento che riconcili le parti e non alimenti una diatriba per anni ed anni, come spesso capita nei vari tribunali e nella varie situazioni sociali, politiche, economiche, legislative e penali.
Arrivare ad un accordo tra le parti in conflitto è sempre un passo di riconciliazione, anche se spesso gli accordi firmati sono peggiori degli stessi disaccordi. Basta vedere ciò che nella storia dell’umanità è capitato dopo i vari conflitti locali e mondiali.
Dietro a tutto questo ragionamento di Gesù c’è un messaggio chiaro e preciso che è sottolineato dalle sue stesse parole, citate all’inizio di questo brano evangelico: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”.
Un monito esplicito alla conversione, al potenziamento della nostra fede, a vivere la carità e l’amore nella pienezza di un cuore segnato dalla passione e risurrezione di nostro Signore.
Su questo stesso tono si articola la prima lettura, tratta al libro del Siràcide: osservanza della legge di Dio, ma anche libertà di agire per il bene o per il male, per la vita o per la morte. Al Signore nulla è ignoto, ma tutto è noto, ma di tutti, anche di coloro che non credono. “I suoi occhi, infatti, sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare”. Se sbagliamo e pecchiamo è solo ed esclusiva responsabilità personale e soggettiva. Non possiamo attribuire i nostri errori e sbagli sempre agli altri, scaricandoci delle nostre responsabilità e non assumendoci quelle decisioni che portano a fare il bene. E allora, come ci ricorda San Paolo Apostolo nella seconda lettura di questa domenica, tratta dalla sua prima lettera ai Corinzi, si tratta si essere sapienti e di sviluppare una conoscenza dell’io e di Dio, che ci porti a non sbagliare nella vita, ad essere fedeli e coerenti alla nostra scelta di fede, fino all’ultimo momento del nostro vivere sulla terra. Bisogna sviluppare quella umiltà della mente e del cuore che ci porti ad agire con fedeltà e coerenza nel confronti della nostra scelta di fede, effettuata liberamente e consapevolmente.
L’orgoglio e il dominio non promuovono, ma distruggono l’essere umano, lo mettono in una condizione di fragilità esistenziale, che a nulla vale ogni parola ed ogni consiglio, se il cuore è chiuso a Dio e non si apre con umiltà a quanto Egli ci comunica in ogni circostanza, lieta o triste della nostra vita. Lui c’è sempre e sempre ci sarà per tutta l’umanità che vuole camminare verso l’eternità.

P.RUNGI. QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA 2019

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V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)

Domenica 7 aprile 2019

Il perdono che spinge ad operare per non più peccare.

Commento di padre Antonio Rungi
La liturgia di questa quinta domenica di Quaresima si colloca all’interno di un sincero cammino di conversione, rinnovamento e ripresa spirituale e morale. Siamo prossimi alla Pasqua e il Signore ci viene incontro facendoci capire chi realmente siamo e come dobbiamo comportarci con noi stessi e con gli altri. Con noi stessi dobbiamo essere severi e consapevoli delle nostre debolezze e dei nostri peccati, verso gli altri dobbiamo usare misericordia e comprensione, senza legittimare ed appoggiare il male, ma semplicemente capire e perdonare, perché come ci ricorda Gesù nel brano del Vangelo di oggi, nessuno può ritenersi giusto e farsi passare per giusto, quando il realtà siamo tutti peccatori e bisogni del perdono di Dio. La donna colta in flagrante adulterio e che viene portata davanti a Gesù, per vedere cosa pensasse in merito ad una legge precisa che Mosè aveva inserito nelle norme di comportamento morale e sociale è un’occasione per fare lezione di perdono e di autocoscienza dei propri errori, propri nei confronti di chi pensava di essere più giusto e più perfetto della donna che aveva peccato di certo. Quelle espressioni di Gesù sono un macigno sulle coscienze di tutti: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». Dove sono i santi, dove sono coloro che si pensano migliori e più perfetti degli altri. Non ci sono vanno via, perché tutti siamo peccatori e come tali abbiamo bisogno proprio di Gesù che getta nel mare della sua infinità misericordia tutti i nostri peccati. Quel dito puntato a terra sulla sabbia e che scrive, non si sa cosa abbia scritto, ci aiuta ad entrate nella indecifrabile nostro modo di vivere e di agire, che Gesù cerca di far capire a quanti stanno lì per lì a condannare alla lapidazione una donna peccatrice, come gli uomini fossero dei santi. Alla stregua della donna in peccato lo sono anche chi spinge al peccato e si fa correo dello stesso peccato dell’altro. La donna per essere peccatrice ha dovuto incontrare un uomo altrettanto o se non peggio peccatore come lei. E allora perché condannare solo e soltanto la donna alla lapidazione? A limite entrambi. Invece la cultura di allora e di sempre condanna la donna e mai l’uomo, almeno in ambito sessuale, dove quasi sia legittimato l’abuso, la violenza carnale o il desiderio smodato di piaceri che contrastano con la morale e l’etica cristiana.

La donna peccatrice ci richiama al peccato di ognuno di noi, perché nessuno è senza colpa. Gesù cerca di inculcare il concetto di misericordia e di perdono e non quello della condanna del giudizio o peggio quello di ritenersi più perfetti e santi degli altri. E’ tempo di convertici alla misericordia e al perdono e non al giudizio facile di condanna che circola in tutti gli ambienti, a partire da quell’ambiente religioso e cristiano che dovrebbe dare esempio di santità, ma con ci riesce.

La tristezza e il peso dei nostri peccati potrebbe bloccarci nel cammino verso la santità e la purificazione. Dobbiamo riappropriarci della speranza, della gioia di vivere, nonostante le nostre debolezze del passato o del presente. Ecco perciò che il profeta Isaia parlando ai suoi correligiosi e connazionali, in una situazione di esilio, raccomanda di «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Dio ci è sempre vicino e ci aiuta nel cammino di purificazione e di riscatto della persona dignità e libertà insieme a quello dell’intero popolo di Dio, come ci ricorda il brano della prima lettura di oggi tratto dal profeta Isaia. Il grande uomo di Dio vede un futuro roseo e di speranza per Israele esiliato in Babilonia e il ritorno alla patria è rivisto alla luce di quel primo grande esodo dall’Egitto alla Terra Promessa. Tutta la sofferenza bisogna metterla alle spalle, perché chi ci fa rimpiangere il passato, le cipolle dell’Egitto, è il Diavolo, che ci offusca la mente nel vedere le costanti possibilità per ognuno di uscire dalla miseria del peccato e da ogni schiavitù umana.

Non a caso san Paolo nel bellissimo testo della seconda lettura di questa domenica, tratta la celebre lettera ai Filippesi, scrive parole stupende circa la sua nuova condizione di apostolo di Cristo e non più persecutore della religione nuova, incentrata sull’amore, che Gesù aveva iniziato a diffondere e che aveva trovato forte opposizione in Israele: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura”. Ciò che non è Cristo e non porta a Cristo è davvero qualcosa da buttare vita, nella spazzatura, magari facendo un’opera di selezione di ciò che è più urgente e immediato da buttare via analizzando attentamente la nostra vita. Fare la differenziata anche per la nostra anima; via subito i peccati gravi e mortali e poi all’opera per raggiungere la perfezione, ma facile da perseguire in considerazione delle tante miserie umane. Perciò la santità è un lento difficile cammino che si può raggiungere mettendo ogni sforzo per farlo e farlo bene: “Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù”. E come l’Apostolo delle Genti dobbiamo sapere questo: dimenticando ciò che ci sta alle spalle e protesi verso ciò che ci sta di fronte, corriamo insieme e felici verso la mèta, verso quel premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù”. Quale migliore corsa dobbiamo fare per essere felici qui in terra e soprattutto eternamente in cielo e diciamo con fede: “Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi”. Amen.

P.RUNGI – COMMENTO ALLA XXVII DOMENICA DEL T.O.- 7 OTTOBRE 2018

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XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Domenica 7 ottobre 2018

L’essere per la comunione e per un amore puro e innocente

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa XXVII domenica del tempo ordinario ci fa riflettere sulla dignità della coppia umana e del matrimonio, come espressione di autentico amore, tra uomo e donna, secondo quanto stabilito dal Creatore, nell’atto della creazione.

Il libro della Genesi, che leggiamo come prima lettura oggi, ci riporta a questo momento della creazione della donna, successiva a quello dell’uomo, in quanto Dio stesso, che aveva già creato l’uomo si accorse che non era giusto che l’uomo fosse solo; per cui decise, per amore, di dargli un aiuto che gli corrispondesse. E così fece.

Il racconto biblico è molto significativo ed ogni parola e gesto ha una sua valenza di amore e di attenzione per la donna e verso la coppia, che così si costituisce nella pienezza di un amore vicendevole e di complementarietà. “

“Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo”.

A questo punto l’uomo prende consapevolezza e coscienza che si trova di fronte ad un essere uguale a lui, anche se con una struttura biologica e fisica diversa. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta».

Due individualità singole, anche se uguali nella dignità e nel valore creazionale, non fanno coppia, né costituiscono di per sé la base di un amore reciproco. Bisogna quindi lavorare in quella prospettiva. Il superamento della solitudine individuale porta le due soggettività a prendere la decisione di fare coppia, in poche parole di mettersi insieme e fare famiglia.

Tanto è vero che il matrimonio naturale nasce da questo bisogno di superare l’individualità per formare una famiglia e costituire in comunione di vita due persone, due esseri umani con la stessa dignità e lo stesso peso rispetto alla vita e alla società: “Per questo l’uomo – leggiamo nel brano- lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne”.

Questa espressione finale “un’unica carne” significa esattamente un unico progetto di vita per la vita e per l’amore.

Un progetto che si deve costruire e realizzare giorno per giorno, in quanto nulla è dato per scontato tra gli esseri viventi ed umani, al punto tale che le decisioni assunte, vanno vissute nella quotidianità, superando i limiti e le difficoltà, insite nella relazione di coppia, soprattutto ai nostri giorni.

Ecco perché nel Vangelo di oggi, di fronte a delle richieste di alcuni farisei che lo vogliono mettere alla prova Gesù, circa la questione del divorzio, il Maestro replica con quanto è scritto nella legge mosaica, ma, nello stesso tempo, potenzia il discorso sulla dignità del matrimonio affermando i due principi basilari del matrimonio stesso: unità e indissolubilità, ovvero fedeltà e coerenza per tutta la vita.

Quindi è chiaro che non è lecito ripudiare la moglie o il marito, anche se Mosè aveva permesso di sottoscrivere l’atto di ripudio per la durezza del cuore di chi aveva deciso liberamente di vivere da sposato.

Ma il volere di Dio è diverso. Infatti nella Genesi è scritto esattamente che l’uomo una volta che decide di mettere su famiglia deve camminare per questa strada, in quanto l’uomo non ha potere ed autorità di dividere quello che Dio ha unito.

Chiaro riferimento alla sacralità del matrimonio cristiano che è unico ed indissolubile.

Discorso molto dedicato ai nostri giorni, che deve confrontarsi con la pluralità delle culture, delle fedi, del modo di intendere e vivere la scelta coniugale nella società e nella chiesa di ieri, di oggi e di sempre.

Possono cambiare alcune forme esteriori, ma la sostanza del discorso e dell’argomentazione di Gesù rimane inalterata.

Infatti è Gesù stesso che ribadisce ai discepoli il suo pensiero e il suo insegnamento in merito.

Leggiamo nel brano del Vangelo che una volta rientrati a casa, i discepoli interrogarono di nuovo Gesù su questo argomento del matrimonio, del divorzio, dell’infedeltà coniugale. Ed Egli disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

In poche parole, rompere il vincolo o patto coniugale è frantumare la famiglia, che è la base della società e della stessa comunità cristiana. Si ribadisce il totale rifiuto del divorzio nella prospettiva cattolica, anche se, oggi, si va verso un’accoglienza pastorale dei divorziati come cammino spirituale necessariamente da farsi, perché la Chiesa, come scrive Papa Francesco, non deve chiudere le porte in faccia a nessuno.

Per essere accogliente, anche nella pastorale familiare, la Chiesa deve assumere come modello di comportamento quello dei bambini, citati nella parte finale del Vangelo di oggi.

Gesù a chi rifiuta una visione di chiesa dell’innocenza e della semplicità ribadisce che lo stile vero di una chiesa vera è quella rappresentata iconograficamente dai bambini: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro».

E allora quale deve essere lo stile di ogni cristiano? E’ abbracciare la semplicità, l’innocenza, la purezza, è benedire e sanare.

Concetti che troviamo espressi nel secondo brano della parola di Dio di oggi, tratto dalla lettera agli Ebrei.

Gesù Redentore e Salvatore, coronato di gloria e che è vicino ad ogni uomo della terra. Quel Gesù che non si vergogna di chiamarci fratelli, anche se degli esseri umani sono stati a condannarlo ad una morte infamante.

Dalla croce e con la croce, Gesù ha riportato nel solco dell’amore, del perdono e della fratellanza universale tutto il genere umano. Egli è davvero l’unico punto di convergenza e di unificazione di tutte le genti e di tutti i rapporti umani, a partire da quelli familiari.

Sia questa la nostra comune preghiera, oggi, domenica, giorno del Signore: “Dio, che hai creato l’uomo e la donna, perché i due siano una vita sola, principio dell’armonia libera e necessaria che si realizza nell’amore; per opera del tuo Spirito riporta i figli di Adamo alla santità delle prime origini, e dona loro un cuore fedele, perché nessun potere umano osi dividere ciò che tu stesso hai unito”. Amen.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DELLA XIII DOMENICA TO- 1 LUGLIO 2018

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XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Domenica 1 luglio 2018
 
Noi siamo per vivere in eterno con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo
 
Commento di padre Antonio Rungi
 
Oggi la parola di Dio ci porta a riflettere sulla vita e sulla morte, sullo scorrere del tempo e sull’eternità, sulla nostra condizione umana, ma anche sul nostro destino oltre il tempo, che è l’immortalità.
Il testo della prima lettura di oggi, tratto dal Libro della Sapienza, ci racconta chi realmente siamo, come eravamo e perché siamo diventati quello che siamo.
Prima cosa da sapere con assoluta certezza che “Dio non ha creato la morte e non gode della rovina dei viventi”.
Dio ci ha creato per un’eternità e non per un tempo limitato, in quanto Dio ha creato le cose perché vivano, perché esistano e non muoiono.
Il regno dei morti è sulla terra, quello del cielo è eterno. Infatti, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto ad immagine della sua natura.
Cosa sia successo, dopo questo atto creatore destinato solo alla vita, lo capiamo, nella parte finale del brano del Libro della Sapienza che ci accompagna oggi nel riflettere sulla vita e sulla morte: “per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo”.
E non si riferisce alla sola morte corporale, definita da San Francesco “Sorella”, ma a quella spirituale, la seconda morte, quella della vita della grazia e dell’interiorità dell’uomo. Di questa morte ne fanno esperienza coloro che le appartengono, cioè coloro che vivono nella anemia spirituale ed interiore, vivono nel peccato e non lavorano per la loro risurrezione interiore.
E per la salute fisica e spirituale sono tutti i miracoli compiuti da Gesù. Egli vuole portare consolazione e benessere esteriore ed interiore a quanti credono e sperano il Lui.
Nel testo del Vangelo di oggi, tratto da San Marco, è raccontata, infatti, la risurrezione della figlia del capo della Sinagoga, Gairo, “il quale, come vide Gesù, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Gesù, nel frattempo, nel suo itinerare tra la gente per portare salute, conforto ed aiuto, tra cui la guarigione di una donna affetta, da anni da emorragia, “quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo”. Gesù chiede a quel padre che si rivolge a Lui per salvargli la figlia, di avere solo fede. E questo lo dice per indicare quale strada dobbiamo percorrere per arrivare ad ottenere ciò che chiediamo al Signore. Ci vuole una fede sincera, forte e speranzosa nell’aiuto divino, altrimenti non si ottiene nulla. Ed infatti, la figlia di Gairo viene guarita per la fede incrollabile del padre di questa bambina.
Con quali gesti Gesù guarisce? Sono descritti in questo brano del vangelo, che è tra i più belli di quelli che leggiamo, anche perché riguarda una bambina. Infatti, Gesù giunse alla casa del capo della sinagoga e vide gente che piangeva e urlava forte, come capita in ogni situazione di morte, specie quelle inattese e che riguardano bambini e persone innocenti e buone.
Gesù, quindi entra nella casa di Gairo e dice loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme».
Gesù infatti non sta falsificando la realtà, ma sa benissimo che in suo potere riportare in vita i morti.
La gente quindi prende in giro Gesù, lo deridono. E lui non si arrabbia, né li maltratta, ma con grande gentilezza, vista la loro incredulità, li invita ad uscire fuori dalla casa della bambina morta. Non li vuole spettatori passivi di un evento, ma protagonisti nel credere.
Via tutti gli estranei, quelli che spesso, anche in certe morti dei nostri giorni e della nostra società, sono lì solo per salvare la faccia o fare la sceneggiata o per dovere di cronaca. Gesù prende “con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina”. La famiglia della bambina e la famiglia di Gesù, gli Apostoli. Cosa fa allora? “Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni”. Il miracolo è compiuto, la gente che derideva, era scettica e non credeva, fu presa da grande stupore. Alla fine dispose anche il da farsi subito: “raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare”. Segretezza e servizio di sostentamento fisico, dopo la dura prova affrontata la bambina.
Ben diversa è la guarigione dell’emorroissa, come viene definita questa donna. Di cui ci racconta il Vangelo di oggi: Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Da evidenziare in questo contesto il numero dodici, riportato due volte per i 12 anni di malattia della donna guarita e per i 12 anni della bambina riportata in vita. C’è tutto un simbolismo biblico in quel numero 12 che va capito e approfondito alla luce della storia della salvezza e della parola di Dio rivelata.
E come riflessione conclusiva sui testi biblici della prima lettura e del vangelo di Marco, ci viene in aiuto l’Apostolo delle Genti, San Paolo con il brano della sua seconda lettera ai Corinzi inserito nei testi biblici di oggi, il quale ci rammenta che “come siamo ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che cii abbiamo insegnato, così dobbiamo essere larghi anche nel fare il bene. Il modello di comportamento a cui ispirarci è Gesù. Infatti, noi conosciamo perfettamente chi è Cristo: “da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà”.
Concretamente cosa significa questo? Come dobbiamo agire nella vita di tutti i giorni, considerando tante reali situazioni e necessità? Un criterio operativo e morale viene detto con chiarezza in questo testo paolino: “Non si tratta di mettere in difficoltà alcuni per sollevare gli altri, ma che ci sia uguaglianza”. In poche parola la solidarietà, l’aiuto, la collaborazione tra i cristiani deve essere un fatto scontato. Infatti la nostra abbondanza, se c’è, deve supplire all’ indigenza di chi non ha nulla, perché anche la loro abbondanza, quando c’è, supplisca poi alla nostra indigenza, in caso di necessità. Quindi uguale trattamento e uguale preoccupazione tra i credenti in Cristo. Quali devono sapere che «colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno». La nostra felicità non dipende dal possedere e dall’avere sempre di più, ma dall’essere sempre migliori in tutto.
Sia questa la nostra preghiera, in comunione con tutta la Chiesa: “O Padre, che nel mistero del tuo Figlio povero e crocifisso hai voluto arricchirci di ogni bene, fa’ che non temiamo la povertà e la croce, per portare ai nostri fratelli il lieto annunzio della vita nuova”. Amen.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DELLA DECIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Domenica 10 Giugno 2018

Chi non ascolta la voce di Dio, devia nella vita

 

Commento di padre Antonio Rungi

 

La liturgia della parola di questa decima domenica del tempo ordinario ci indirizza a riflettere seriamente su come siamo in ascolto della parola del Signore, qual è la nostra sintonia con essa e soprattutto se siamo docili ad accogliere ciò che ci suggerisce di fare per il nostro e nostro e altrui bene spirituale. Nel testo della prima lettura, tratto dal libro della Genesi, il libro di apertura di tutta la sacra scrittura narra di ciò che accadde nell’Eden, il Paradiso terrestre, dove Dio Creatore aveva collocato l’uomo in una condizione doni particolari e speciali, che l’uomo stesso non seppe conservare e valorizzare nella logica del suo essere creatura e non creatore, accettando anche gli innegabili limiti insiti nella stessa natura umana. Infatti, il testo biblico ci porta all’esperienza della debolezza umana originaria sperimentato da Adamo ed Eva, dopo il primo peccato quello, definito originario, in quanto è il primo atto fondamentale di ribellione a Dio, commesso dall’uomo. L’uomo si scopre nudo, cioè nella condizione di povertà umana e spirituale, in quanto il peccato, causa l’allontanamento da Dio e concentrazione su se stesso, che come tale non è messo al riparo dal resto. Infatti, ad aggredire l’uomo, nella realtà di coppia, di maschio e femmina, costituita all’origine della creazione e voluta da Dio per la complementarietà, aperta alla vita, è il simbolo del peccato e del diavolo, quel serpente ingannatore che aveva convinto Eva a mangiare dell’albero proibito e poi passare il frutto avvelenato della superbia e dell’orgoglio al suo compagno Adamo. La coppia, nella sua corresponsabilità di entrambi i membri, commette quindi il peccato, attribuibile ad entrambi con responsabilità soggettive diverse, come è facile capire dal testo. Dio cerca Adamo per chiedere spiegazione in merito a quanto era successo. E la risposta del nostro progenitore è la seguente: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Un modo per scaricare la responsabilità sulla donna e per non assumersi anche le sue colpe. Dio non si ferma di fronte a questa giustificazione, potremmo dire infantile, come spesso capita quando succede qualcosa e la colpa è sempre degli altri e mai nostro, per cui chiede alla donna, ad Eva: «Che hai fatto?». Eva dà la sua motivazione a Dio, scaricando la responsabilità del male, a chi l’ha tentata: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». La conseguenza di questo primo peccato, descritto in questo modo, facile da capire ed accessibile a chi si vuole aprire ad un dialogo d’amore e di perdono con Dio, sta in queste parole di condanna, ma anche si speranza, definite da tutti gli studiosi, il protovangelo, la prima bella notizia che Dio dà all’uomo dopo il peccato originale: “Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». La certezza della salvezza è stata così annunciata da Dio stesso, in quel paradiso, una volta luogo della gioia e della serenità, divenuto, poi, luogo del tomento e della lotta contro il male. E’ questa la storia di una vita umana che deve dibattersi tra il bene e il male e con la grazia di Dio, con la fede forte e convinta può vincere le insidie del male e far trionfare il bene. Ad incoraggiarci in questo cammino di conversione e di purificazione viene in nostro aiuto l’Apostolo Paolo con il testo della seconda lettura di oggi, tratto dalla sua prima seconda ai Corinzi:  “Animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio”.

Parole bellissime che devono fare i conti con la debolezza umana e con le nostre fragilità culturali, fisiche, interiori e di relazioni con Dio, con noi stessi, con gli altri e con il mondo. L’apostolo, forte della sua esperienza di convertito, ci incoraggia ad andare avanti, in quanto, anche “se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne”.

La fede nell’eternità e nella vita oltre la vita ci fa accettare di buon grado ogni sofferenza e prova su questa terra, che è luogo di passaggio e non la nostra dimora definitiva: “Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli”. E’ la grande speranza cristiana che si alimenta della certezza della parola di Dio che non può ingannare, ma solo aiutare nel cammino verso la santità e la salvezza vera, eterna e definitiva.

D’altra parte, Gesù, nel testo del Vangelo di questa domenica cerca di far capire ai suoi interlocutori l’importanza che ha la docilità alla parola di Dio, nell’accoglierla e metterla in pratica, nell’immergersi continuamente nel lavacro della purificazione dal proprio egoismo che sta la vera ed eterna salvezza. Non senza motivo a chi lo accusa di essere posseduto dal capo dei demoni, ritenendolo un indemoniato, Gesù replica con parole fortissime che devono far riflettere a quanti gli Apostoli che non sanno valutare con sapienza del cuore gli eventi e non sanno discernere con la logica di Dio, ma si affidano alle proprie idee: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa”. Quel che segue sul perdono dei peccati da parte di Dio, è un chiaro invito a distaccarci da tutto ciò che spegne in noi lo Spirito, che azzera la nostra visione di eterno e di speranza della salvezza futuro, Ecco, perché Gesù ammonisce con queste parole: “In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna».

Di fronte a questo monito di Cristo, una considerazione finale va fatta. Gesù dice queste in una casa, dove molta folla e prima arrivasse la sua madre e i suoi parenti, anche loro per ascoltarlo. Quando giunsero sua madre e i suoi fratelli rimasero fuori la casa dove Gesù stava e allora lo mandarono a chiamare per informarlo dell’arrivo di Maria e dei suoi cari. L’evangelista Marco, come ottimo osservatore e cronista del fatto, annota: “Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

Allora chi è colui che può dirsi parente effettivo di Cristo? La risposta sta in queste parole finali del brano del vangelo di oggi. Prima di tutto è la stessa sua Madre, docilissima alla parola di Dio, da definirsi l’umile ancella del Signore e tutti coloro che sull’esempio di Maria ascoltano la voce di Dio, la mettono in pratica e fanno sempre la sua santissima volontà, come preghiamo nella stessa orazione che Gesù ci ha insegnato: “Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, vanga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”. Impegniamoci a fare sempre la santissima volontà di Dio e a rinnegare le nostre umane volontà e desideri che non vanno nella direzione che Gesù ci ha indicato con la sua incarnazione, passione, morte in croce e risurrezione.