LA III DOMENICA DI QUARESIMA – LA PRIMA DELLA STORIA DOPO IL CONCILIO SENZA FEDELI.

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Terza domenica di Quaresima – Anno A

Domenica 15 marzo 2020

Gesù e la samaritana al pozzo di Giacobbe

Commento di padre Antonio Rungi

Questa terza domenica di Quaresima passerà nella storia della fede cattolica dell’Italia come la prima domenica, dopo la seconda guerra mondiale, durante la quale le messe si celebrano a porte chiuse.

Ci viene in aiuto per comprendere meglio questo momento e questa nostra storia, proprio il vangelo di questa terza domenica di quaresima che porta alla nostra attenzione la significativa figura della samaritana al pozzo di Giacobbe, dove si reca per attingere l’acqua e dove, per una strana coincidenza del destino, incontra Gesù, con il quale intessa un dialogo tra i più belli della storia del cristianesimo e della storia dell’evoluzione le pensiero positivo verso una creatura, come una donna, uguale agli uomini in dignità ed onore.

L’evangelista Giovanni in questo testo così particolareggiato del dialogo tra Gesù e la Samaritana dà il meglio di se stesso di quella visione evangelica che spazia dal profondi del cuore e del pensiero di ogni persona per giungere ad una visione di fede a livello globale e coinvolgente di tutti gli animi umani e le persone della terra.

Basta leggere con attenzione tutto il brano e prestare ascolto a quanto dice il Signore alla donna che aveva avuto cinque mariti e in quel momento conviveva con una persona che non era suo marito, per capire la lezione della vita, che non riguarda la sola figura femminile, ma tutti i cristiani e gli uomini sensibili ad un discorso di rinnovamento, rigenerazione e conversione.

Partiamo dalla cronaca di questo fatto accaduto e di cui parla Giovanni nel suo Vangelo. E’ il primo atto di questa scena della vita di Cristo.

Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe”.

La descrizione del luogo è fatta con un precisione e dovizia di particolari. Siamo a Sicar nella Samaria presso il pozzo di Giacobbe, al quale le donne attingeva acqua per le necessità personali e familiari.

In questo posto Gesù vi giunge affaticato per il viaggio, oltre che assetato. Visto il pozzo come ogni essere umano si ferma e si riposa.

Tra le altre cose è detto anche l’orario preciso di questo arrivo e cioè era verso mezzogiorno.

Gesù voleva prendere l’acqua, ma non aveva oggetti per farlo. Normalmente era un secchio.

In quel momento di relax giunge una donna samaritana ad attingere acqua.  Una volta che la donna ha attinto l’acqua Gesù chiede a lei con carità «Dammi da bere».

Inizia così una relazione verbale, una vera e propria comunicazione interpersonale. Nel frattempo i discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Alla richiesta di Gesù, la donna risponde alquanto critica: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?».

A parte il fatto che era proibito parlare con le donne, qui viene precisato anche le motivazioni culturali e geografiche che erano alla base di quei conflitti o pregiudizi che esistevano. I Giudei allora non avevano rapporti con i Samaritani, possiamo dire che c’era un muro di divisione, un po’ come tanti altri muri alzati non solo in termini materiali, ma culturali e sociali tra un popolo ed un altro. A questa osservazione Gesù risponde con un discorso molto profondo da un punto di vista religioso e spirituale: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».

Sulla espressione detta dal Signore, la donna ci scherza pure, e quasi quasi lo deride pure: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

La lezione di Gesù su temi più alti che hanno attinenza con la salvezza, la grazia e quanto di buono egli è venuto a portare anche a quella donna è sintetizzata in queste bellissime parole: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

Di fronte ad un discorso di sicurezza per il futuro, anzi di alleggerimento della fatica corporale di andare ogni giorno ad attingere acqua, la donna dice a Gesù: «Signore dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».

Gesù non replica alla richiesta, ma entra nella vita di quella donna che conosce da sempre come Figlio di Dio. Gesù le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». M la donna è sincera e dice «Io non ho marito». E Gesù apprezza questa sua sincerità «Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

A questo punto la donna comprendere esattamente con chi ha a fare e gli replica: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».

E qui entra in gioco il Maestro Gesù che forma le coscienze, istruisce nella verità ed indirizza verso la comprensione di ciò che davvero conta davanti a Dio, nella nuova visione di fede che Cristo porta per tutti coloro che vogliono vivere secondo il cuore di Dio: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

A questo punto la donna interviene nel dialogo con Gesù e dimostra di avere anche lei un’adeguata conoscenza della sacra scrittura: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa».

A questo punto Gesù si svela completamente a questa donna e dice della sua identità, chi davvero Egli è «Sono io, che parlo con te quel Messia che tutti aspettano».

Il secondo atto di questa bellissima scena di vita cristiana ed ecclesiale è descritto da Giovanni facendo notare, che mentre Gesù sta parlando giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna”.

Però furono discreti e riservati, non si intromisero nel dialogo con Gesù. Lo pensaroro e per scriverlo, evidentemente, fu lo stesso Giovanni a pensarlo e condivuderlo con gli altri. Infatti nessuno dei discepoli ebbe il coraggio di chiedere a Gesù: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?».

Terzo atto di questa scena di umanità è la partenza della donna, l’arrivo in città a raccontare quanto le era accaduto. Arrivata in città si fa messaggera ed apostola del Cristo e disse loro: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?».

Quarto atto è la gente che corre verso Gesù. Infatti uscirono dalla città e andavano da lui. Nel frattempo gli apostoli che erano andati a comprare il necessario per alimentarsi dissero a Gesù «Rabbì, mangia». Ma Gesù rispose parlando di altro cibo, non quello materiale: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». Non capirono nulla in quel momento cosa Gesù volesse dire. Tanto è vero che fanno anche una battuta tra di loro «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?».

Gesù coglie l’occasione del mangiare per fare un discorso sul valore del cibo spirituale che consiste nel fare la volontà di colui che mi ha mandato e di compiere la sua opera. E nel suo ragionamento porta l’esempio della natura.

Ultima scena di questo quadretto di vita cittadina si svolge quando i Samaritani giunsero da lui e lo pregarono di rimanere da loro. E Gesù rimase là due giorni. Iniziarono le conversione al punto tale che molti samaritani credettero In Gesù per quel che diceva e non solo per quello che aveva riferito la donna, Infatti rivolgendosi alla donna, che non era uno stinco di santa, le fanno osservare che «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Dalla ignoranza di Cristo alla sua conoscenza e all’adesione completa alla sua persona, senza altre mediazioni. Sta qui la sintesi di tutto il vangelo della Samaritana che abbiamo ascoltato e commentato e che possiamo esprimere nella preghiera con queste parole della colletta: “Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno,

la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia.

Questa preghiera assume un valore più grande in considerazione del momento che stiamo attraversando con la nuova pandemia da coronavirus. Siamo nelle stesse condizioni del popolo di Israele di cui ci parla il testo del libro dell’Esodo, nella prima lettura di oggi “In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Quante critiche in questi giorni verso tutti per quello che sta succedendo in Italia. La lamentela generale, che rivolgiamo anche a Dio, senza renderci conto che siamo fragili creature che basta un virus infettivo a destabilizzare e rende inutili per quel che siamo. Ma non bisogna scoraggiarsi e come Mosè che chiede aiuto al cielo, anche noi facciamo qualcosa per salvare il popolo italiano. Stare con le mani in mano e solo lamentarsi non serve a nulla e certamente non risolvere questi ad altri problemi. Bisogna scuotere la roccia, la freddezza del nostro cuore e della nostra vita per far scaturire da noi l’amore che porta a salvare se stessi e gli altri. Ora più che mai sappiamo che non possiamo salvarci da soli, ma insieme agli altri.

La consapevolezza di tutto questo cin viene dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani, seconda lettura della parola di Dio di questa terza domenica di Quaresima. Ci ricorda, infatti, l’apostolo l’essenzialità delle tre virtù teologali, fede, speranza e carità, che ci aiutano a camminare nel tempo con lo sguardo rivolto al cielo e che trova la motivazione più profonda nel mistero della redenzione, operata da Cristo, offrendo la sua vita sulla croce per noi: Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”.

A Cristo salvatore e redentore vogliamo fare costantemente riferimento in questi giorni di tristezza, ma di speranza e di luce che vediamo aprirsi davanti a noi con la risurrezione e con la nostra risurrezione anche da questo ora buia della nostra storia di oggi.

LA III DOMENICA DI QUARESIMA – LA PRIMA DELLA STORIA DOPO IL CONCILIO SENZA FEDELI.ultima modifica: 2020-03-12T02:02:33+01:00da pace2005
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