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Il Commento di padre Antonio Rungi per la Festa della Santa Famiglia

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FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI NAZARETH- 29 DICEMBRE 2013

NAZARETH: DOVE NASCE E CRESCE L’AMORE 

Commento di padre Antonio Rungi

La famiglia di Nazareth, composta da Gesù, Giuseppe e Maria, può giustamente ritenersi il luogo ideale, unico ed irripetibile in cui nasce, cresce e si potenzia l’amore, perché in questo nucleo familiare l’amore è la base stessa dei rapporti interpersonali tra i tre soggetti eccezionali. Gesù, il Figlio di Dio; Maria, la Vergine Immacolata e purissima, Madre di Cristo Salvatore; Giuseppe il padre giuridico e putativo del Figlio di Dio, l’Emmanuele, il Bambino Gesù che vive e cresce in questo luogo di santità familiare, che non ha confronti nella storia dell’umanità. La famiglia di Nazareth è il modello per ogni famiglia di questa terra, dove non sempre la famiglia naturale o acquista o di altro genere presenta il volto dell’amore e della reciproca accoglienza. Oggi, a pochi giorni dal Santo Natale 2013, viene riproposta all’attenzione dei fedeli che si dichiarano cattolici e vivono da cattolici il valore indiscutibile della famiglia, fondata sul matrimonio, che Gesù stesso ha elevato a sacramento. E come tale è un atto d’amore tra uomo e donna, entro il quale nasce altro amore che è quella della procreazione. Il matrimonio che è uno ed indissolubile stabilizza anche su un piano giuridico un dato di fatto, quello di amarsi nel rispetto delle leggi che il Creatore ha immesso nella coppia umana, composta di maschio e femmina, perché la loro relazione d’amore fosse aperta alla vita. Non c’è famiglia senza figli e dove ci sono i figli c’è per necessità l’amore, che parte dai coniugi e si estende in modo diverso al frutto del grembo delle madri che accolgono il dono della vita, mediante un atto d’amore con il proprio sposo.

Per Maria è Giuseppe, sposi castissimi, il dono della maternità e della paternità adottiva è venuto direttamente da Dio, mediante l’azione dello Spirito Santo che ha reso fecondo il grembo di Maria, la Madre di Dio e di Cristo.

Nasce da un progetto di Dio ben preciso la famiglia di Nazareth ed è lo stesso Dio, fattosi carne nel grembo di Maria ad animare d’amore e di gioia la santa famiglia nella quale entra a far parte, anche giuridicamente, mediante la libera adesione al progetto di Dio da parte di San Giuseppe. Tre cuori in una capanna, quella di Betlemme, che poi diventa la casa di Nazareth, dove i tre straordinari personaggi vivono in assoluta armonia e normalità, tranne qualche scossone che anche i genitori di Gesù dovranno avvertire quando il Bambino, fin dai primi vagiti dovrà assaporare la sofferenza, con la nascita in una povera grotta di Betlemme, con la persecuzione di Erode, con la fuga in Egitto e poi con lo smarrimento di Gesù nel Tempio, per arrivare, in età adulta, all’attività evangelizzatrice di Gesù in tutta la Palestina, fino al momento culminante della sua vita con la sua morte in Croce, alla presenza della sua Madre Addolorata, la Vergine Santa. Una famiglia dove la gioia era di casa, ma dove non sono mancate le prove, accettate con disponibilità alla volontà di Dio, che così ha voluto anche per il suo Figlio, inviato nel mondo per la salvezza dello stesso mondo. Perciò è giusto pregare, oggi, all’inizio della celebrazione eucaristica con queste significative parole: “O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, età e grazia, rendendo lode al tuo santo nome”.

Come per la famiglia di Nazareth, così per tutte le famiglie ci sono regole scritte e non scritte da rispettare e vivere, come ci ricorda la prima lettura tratta dal libro sapienziale del Siracide: Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espìa i peccati e li eviterà

e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita. Chi onora sua madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi glorifica il padre vivrà a lungo, chi obbedisce al Signore darà consolazione alla madre. Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia,

non contristarlo durante la sua vita. Sii indulgente, anche se perde il senno, e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore. L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa”.

Il modello di questo grande amore verso i propri genitori è stato Gesù, che ha amato di un amore immenso Maria e Giuseppe. Da entrambi ha appreso le cose necessarie per crescere come uomo, pur avendo la coscienza della sua missione, che non contrastava affatto con l’azione educatrice di Gesù Bambino, poi ragazzino, poi giovane ed infine nella sua piena autonomia di uomo adulto.

Se la famiglia è il luogo per eccellenza dell’amore vero, è anche il luogo della tenerezza autentica. Nelle nostre famiglie, quando circola la dolcezza e la tenerezza tutti i componenti crescono e si relazionano in modo costruttivo e formativo per ognuno, anche con ruoli e funzioni diverse. I genitori educano i figli e i figli rieducano i genitori, in quello scambio di dare e ricevere che tutti sperimentano nelle vere famiglie, dove c’è Dio e quindi c’è la pace e la serenità. Il testo della seconda lettura di oggi tratto dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési ci aiuta a capire tutto questo: “ Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.

Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino”. Sta tutto in questo sintetico messaggio di amore, di bontà e di santità il cammino che la famiglia, soprattutto di oggi, deve fare alla luce degli insegnamenti di Cristo e della sua famiglia, composta dalla madre, Maria e dal padre putativo, Giuseppe, ma anche da altri partenti, più o meno vicini o lontani.

La fuga in Egitto della Santa Famiglia ricordata oggi nel testo del vangelo di Matteo che ascolteremo è in linea perfetta con il tema di questa domenica, dedicata alla famiglia di Nazareth, ma anche a tutte le famiglie del mondo. La sofferenza e le prove, specie di questi giorni, per tutte le famiglie sono davanti a noi. Famiglie di emigranti che lasciano la loro patria in cerca di lavoro e fortuna e che invece trovano la morte o l’umiliazione. Famiglia perseguitata per varie cause in tante parti del mondo, soprattutto per motivi politici, razziali, culturali o di religione che progressivamente stanno distruggendo il cuore stesso dell’umanità che è la famiglia naturale. La sofferenza di Giuseppe e Maria profughi in Egitto è la sofferenza di tanti padri di famiglia che vanno in cerca di lavoro per far vivere dignitosamente la propria moglie e i propri figli. La sofferenza di Gesù Bambino è il simbolo della sofferenza di tanti bambini del mondo che sono uccisi, violentati, offesi nella loro innocenza e dignità e di cui nessuno si fa carico. Ecco il racconto evangelico della fuga in Egitto della Santa Famiglia e del suo ritorno, dopo la pacificazione dell’ambiente in cui operava il Re Erode: “I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».  Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzareth, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Fuga e ritorno, per poi stabilirsi a Nazareth definitivamente e dove davvero la santa famiglia visse giorni felici, prima della grande tempesta della condanna a morte di Gesù Maestro. Nazareth, può ben dirsi il luogo per antonomasia, dove nasce e cresce l’amore, perché in questa famiglia nasce e cresce Gesù, il Figlio di Dio, venuto nel mondo per portare l’amore e la riconciliazione.

runginov2013-3Quarta domenica di Avvento – Anno A – Domenica 22 dicembre 2013-L’attesa è già metà festa, come ci rammenta San Giuseppe. di padre Antonio Rungi 

La quarta domenica di Avvento è la domenica della preparazione immediata al Santo Natale. Si può ben dire che l’attesa è già meta festa, perché quando si attende qualcuno importante, l’attesa stessa ti riempie di gioia e ti fa preparare nel modo dovuto. E qui ad attendere non è una qualsiasi persona o fatto, ma Dio stesso che si fa nostro fratello, nel grembo verginale di Maria, la madre dolcissima di Cristo Redentore. Tutta la parola di Dio, infatti, di questa ultima domenica di avvento ci prepara alla grande festa della nascita del Messia e dell’atteso salvatore del mondo. Lo attende Maria, ma lo attende anche Giuseppe, il padre putativo, Colui che il Signore aveva scelto per essere il degno sposo della Madre del Signore, l’uomo giusto al posto giusto, con la capacità di intercettare i disegni di Dio e dare la sua convincente risposto al suo progetto divino. Nel racconto di questo unico evento della storia dell’umanità, l’evangelista Matteo sottolinea questa generosità di Giuseppe e questo suo totale abbandono a ciò che il Signore gli chiede di fare, di fronte ad un mistero insondabile della nascita di Gesù per opera dello Spirito Santo. E’ uno dei testi del vangelo più belli, emozionanti e coinvolgenti. Non è di tutti accettare con semplicità e con fede, con coraggio, senza temere il giudizio umano, ma solo accettare la volontà di Dio, come è stato per San Giuseppe, lo sposo castissimo della Beata Vergine Maria, il padre adottivo, putativo o legale di Gesù Cristo. Ecco il brano del vangelo di questa domenica nella sua immediatezza comunicativa: “Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Anche noi, carissimi, siamo chiamati a destarci dal sogno, per vivere nella realtà di tutti i giorni. Una realtà che ci impone delle scelte coraggiose, del si o no e che non ammette mezze misure circa la fede. Anche noi dobbiamo dire e rinnovare il nostro sì a Gesù Cristo, in questo Natale 2013, con la consapevolezza che egli viene nuovamente in mezzo a noi, per ridestarci dal sonno e dai sogni impossibili all’uomo, ma possibilissimi a Dio, se l’uomo di fa guidare dalla luce della fede e non solo e semplicemente della ragione e della scienza. Non dobbiamo aver paura di lasciare fare a Dio, completamente a Lui nella nostra vita, perché, siamone certi, Egli non ci deluderà, ma ci darà tutto quello che è necessario per il nostro bene. Il bene assoluto che Egli ci ha donato è lo stesso suo Figlio Gesù Cristo, venuto tra noi per aprirci le porte della salvezza eterna.Nella colletta specifica di questa quarta domenica, infatti, preghiamo con queste parole di grande speranza e di grande apertura al mistero: “O Dio, Padre buono,  tu hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore, scegliendo il grembo purissimo della Vergine Maria per rivestire di carne mortale il Verbo della vita: concedi anche a noi  di accoglierlo e generarlo nello spirito con l’ascolto della tua parola,  nell’obbedienza della fede”. Accogliere Cristo con l’obbedienza della fede. Quella stessa obbedienza della fede che ha guidato Maria, la Vergine, nel grande mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, atteso dall’umanità e dal popolo credente in cammino verso la felicità, come ci ricorda il profeta Isaia nella prima lettura di questa giornata festiva: “In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele». Il Dio con noi sta con noi, è per noi, è in noi. Per Lui, con Lui ed in Lui noi assaporiamo ogni attimo della nostra vita, come è dolce vivere solo e soltanto per Iddio. Natale è la festa del Dio in noi. E’ la festa della comunione con Cristo e con i fratelli. Preparare questa festa a pochi giorni della celebrazione liturgica di essa, vuol dire aprire il cuore all’attesa vera dentro di noi: “Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada  e dalle nubi scenda a noi il Giusto;  si apra la terra e germogli il Salvatore. Ecco la nostra invocazione di oggi e di sempre per preparare il Natale di questo 2013 e tutti i Natali che il Signore vorrà donarci per il resto della nostra ed altrui vita. Questa gioia del Natale e più in generale del vangelo, come ci ricorda costantemente Papa Francesco, noi abbiamo il diritto e dovere di gridarla al mondo intero, come sottolinea l’Apostolo Paolo nella seconda lettura di questa domenica, tratta dalla Lettera ai Romani: “Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!”.Anche noi, fratelli carissimi, davanti all’imminente celebrazione del Santo Natale, vogliamo farci queste domande, come proposte nel salmo responsoriale: “Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli”. Chi potrà celebrare degnamente questo Natale 2013? La risposta sta nella parola di Dio di questa domenica che deve diventare parola di vita. Potrà celebrare e festeggiare il Natale chi non si è macchiato di crimini o che si sia pentito veramente; chi ha avuto ed ha sentimenti puri e belli; chi non si è costruito o pensa di costruirsi idoli di qualsiasi genere, ma cerca nel profondo del suo essere  il Dio vero, che Gesù Cristo ci ha rivelato nel mistero della sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione. Buon cammino verso il Natale, ormai vicino, insieme a Giuseppe e a Maria.

NOVENA IN ONORE DELLA MADONNA IMMACOLATA

NOVENA IN ONORE DELLA MADONNA IMMACOLATA

NOVEMBRE-DICEMBRE 2013

A CURA DI PADRE ANTONIO RUNGI – PASSIONISTA 

PRESENTAZIONE 

All’indomani della chiusura dell’anno della fede, indetto da Papa Benedetto XVI e portato a termine da Papa Francesco, in preparazione alla Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria Vergine e Madre, dopo aver pregato davanti all’immagine della Madonna della Civita, in Itri, dove, il 10 febbraio 1849 si recò pellegrino, Papa Pio IX, e decise di promulgare, nel 1854, il dogma dell’Immacolata Concezione, ho ritenuto opportuno predisporre questo sussidio spirituale e liturgico per celebrare degnamente la Novena in preparazione alla Madonna dell’Immacolata di quest’anno 2013. Mi ha spinto in questa direzione non solo l’alta magistero di Papa Francesco, ma anche di tutti i suoi predecessori, in particolare, Papa Giovanni Paolo II, che il 25 giugno 1989, in occasione dei 150 anni della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, venne in visita pastorale al Santuario della Civita, da pochi anni affidato alla cura pastorale dei Padri Passionisti. Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI e Papa Francesco, gli ultimi tre grandi Pontefici che la Chiesa ha avuto come guide spirituali ed illuminate, come grandi devoti della Madonna vogliano, con il loro magistero, adeguatamente valorizzato in questo opuscolo della Novena dell’Immacolata, da me curato, aiutarci a prepararci bene, spiritualmente alla Solennità dell’Immacolata Concezione ed anche al Santo Natale. La pubblicazione poi dell’Esortazione di Papa Francesco “Evangelii gaudium (La gioia del Vangelo) mi ha suggerito di partire dal tema della gioia e da Maria, Madre della gioia, per poi concludere il Novenario con Maria, Vergine e Madre Immacolata. Vi affido questo piccolo lavoro, frutto di un cammino interiore e spirituale fatto in questi giorni, soprattutto pregando ai piedi della Vergine Santa, perché anche voi possiate prepararvi alla solennità dell’Immacolata con la preghiera, con la conversione del proprio cuore e soprattutto con l’imitazione di tutte quelle virtù mariane, che vengono indicate in questo itinerario di spiritualità, alla scuola di Cristo e di Maria, nuovo Adamo e nuova Eva per quanti cerca di realizzare il bene in questo nostro tempo, tanto bisognoso di salvezza e redenzione di tutti i generi. 

L’autore:P.Antonio Rungi,passionista 

SCHEMA 

29 NOVEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA GIOIA 

30 NOVEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA SPERANZA 

01 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA MISERICORDIA 

02 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA TENEREZZA 

03 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA FAMIGLIA 

04 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DEL BELL’AMORE 

05 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DEL SALVATORE 

06 DICEMBRE 2013: MARIA MADRE DELLA CHIESA 

07 DICEMBRE 2013: MARIA, VERGINE E MADRE IMMACOLATA

29 NOVEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA GIOIA 

DAL VANGELO SECONDO LUCA- CAP.I 

[8]C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. [9]Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, [10]ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: [11]oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. [12]Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». [13]E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva:  [14]«Gloria a Dio nel più alto dei cieli  e pace in terra agli uomini che egli ama». 

RIFLESSIONE 

Perché Maria è detta Fonte della nostra gioia? Per dare risposta a questa domanda è necessario chiederci anzitutto quale sia la gioia di cui Maria è fonte per noi. La gioia cristiana non è l’allegria esteriore e rumorosa che la nostra cultura spesso identifica con questo termine. È invece la serena letizia che nasce dalla certezza di essere amati da Dio, amati personalmente dal nostro Creatore, da colui che tiene nelle sue mani l’universo intero e che ama ciascuno di noi e tutta la grande famiglia umana con un amore appassionato e fedele. Il suo è un amore più grande delle nostre infedeltà e peccati e che – proprio per questo – riscatterà la nostra vita dalla morte. La gioia evangelica è la gioia della fede e della speranza; ma anche la gioia della carità, cioè della comunione con l’amore stesso di Dio. Una gioia che non viene spenta dalle prove e dalle sofferenze che possiamo incontrare, ma si dimostra più forte di esse, dal momento che ha il suo fondamento nell’amore fedele del Padre che si è donato a noi in Gesù Cristo.

Proprio Gesù, venuto a rivelarci e a comunicarci l’amore del Padre, ci ricorda: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Di questa gioia che è frutto dello Spirito Santo (cf Gal 5,22) Maria ha fatto esperienza più di ogni altra creatura. Più di ogni altro Maria «ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore» abbandonandosi con totale fiducia nelle mani di Dio. Per questo è dichiarata beata dalla cugina Elisabetta. E lei stessa canta la gioia che nasce da questo affidamento a Dio con le parole del Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore». In Maria si realizza dunque la profezia di cui ci ha parlato il profeta Zaccaria: «Gioisci, esulta, Figlia di Sion, perché io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14). E quanto si realizza in lei è destinato a realizzarsi in ogni battezzato e nell’intera Chiesa del Signore. Guardando a Maria e soprattutto vivendo nei suoi confronti una comunione di amore filiale, ciascuno di noi (e tutta la Chiesa) può percorrere insieme con lei quel pellegrinaggio della fede che l’ha portata a vivere la pienezza della gioia evangelica. Nella Redemptoris Mater Giovanni Paolo II ci ricorda: «Nei riguardi di ogni cristiano, di ogni uomo, Maria è colei “che ha creduto” per prima, e proprio con questa sua fede di sposa e di madre vuole agire su tutti coloro che a lei si affidano come figli. Quanto più questi figli perseverano in tale atteggiamento e in esso progrediscono, tanto più Maria li avvicina alle imperscrutabili ricchezze di Cristo». Invocando l’aiuto di Maria e facendo affidamento nella sua materna intercessione potremo davvero unirci sempre più profondamente a Gesù e sperimentare quella pienezza di gioia che ci ha promesso: «Ora siete nel dolore, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16,22). 

TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo.

 PREGHIAMO

Maria, fonte della nostra gioia, gaudio e letizia della nostra vita, donaci di assaporare la vera gioia, accogliendo Gesù Cristo ogni attimo nella nostra vita, per dialogare con Lui nel segreto del nostro cuore. Amen.

CANTO MARIANO  

30 NOVEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA SPERANZA 

DAL VANGELO SECONDO LUCA- CAP.I 

26]Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, [27]a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. [28]Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». [29]A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. [30]L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. [31]Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. [32]Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre [33]e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 

DALLA SPES SALVI DI PAPA BENEDETTO XVI 

Con un inno dell’VIII/IX secolo, quindi da più di mille anni, la Chiesa saluta Maria, la Madre di Dio, come « stella del mare »: Ave maris stella. La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza – lei che con il suo «sì» aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell’Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cfr Gv 1,14)? (SS, 49).

TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo.

 PREGHIAMO

Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra,  insegnaci a credere, sperare ed amare con te.  Indicaci la via verso il suo regno!  Stella del mare, brilla su di noi  e guidaci nel nostro cammino! Amen. 

CANTO MARIANO 

01 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA MISERICORDIA

DAL VANGELO SECONDO LUCA – CAP.I 

[46]Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore

[47]e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

[48]perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

 D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

[49]Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente

 e Santo è il suo nome:

[50]di generazione in generazione la sua misericordia

si stende su quelli che lo temono.

[51]Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

[52]ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

[53]ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato a mani vuote i ricchi.

[54]Ha soccorso Israele, suo servo,

ricordandosi della sua misericordia,

[55]come aveva promesso ai nostri padri,

ad Abramo e alla sua discendenza,

 per sempre».

 RIFLESSIONE

Il titolo Maria, Madre della misericordia, celebra la benignità, la magnanimità, la dignità della beata Vergine esaltata nei cieli. Maria portando a compimento ciò che era stato prefigurato nella regina Ester  «interviene incessantemente per noi presso il Figlio» suo per la salvezza del popolo, che ricorre a lei fiducioso nelle tribolazioni e nei pericoli. La Madre del Signore e la «regina clemente», «esperta della benevolenza (di Dio), accoglie quanti nella tribolazione ricorrono a lei»  e salutata «conforto dei penitenti e speranza dei miseri» Questo titolo, giustamente celebra la santa Vergine, sia perché ci ha generato Gesù Cristo, che e la misericordia visibile dell’invisibile Dio misericordioso, sia perché è madre spirituale dei fedeli, piena di grazia e di misericordia: la beata Vergine è chiamata «madre della misericordia»  il che significa che è infinitamente misericordiosa, madre clementissima e tenerissima, madre dolcissima».

Due volte nel cantico «Magnificat», Maria ha lodato Dio che usa misericordia: «Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono»; «ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia». Per questo i fedeli desiderano vivamente «magnificare con Maria la bontà infinita» di Dio, la donna che ha fatto un ‘esperienza della misericordia di Dio. Ella è «la regina clemente, esperta della benevolenza (di Dio), accoglie quanti nella tribolazione ricorrono a lei. Tali parole ci ricordano ciò che scrive Giovanni Paolo Il riguardo alla beata Vergine nell’Encliclica Dives in misericordia: «Maria (…) in modo particolare ed eccezionale – come nessun altro – ha sperimentato la misericordia; (…) avendo fatto esperienza della misericordia in una maniera straordinaria» (DIM, 9). 

TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo.

 PREGHIAMO 

Dio di bontà infinita,  concedi ai tuoi fedeli,  per intercessione della beata Vergine Maria, madre di misericordia,  di sperimentare sulla terra la tua clemenza, e di contemplare la tua gloria nel cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,  e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 CANTO MARIANO 

02 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA TENEREZZA 

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI- CAP.III 

[16]Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. [17]Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. [18]Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. [19]E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. [20]Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. [21]Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio. 

RIFLESSIONE 

Il titolo di Maria Madre della Tenerezza ci porge questa domanda: “A chi appartieni?” E’ la domanda centrale della nostra vita spirituale. Apparteniamo al mondo, alle sue inquietudini, al suo popolo, alla sua infinita catena di sollecitazioni, o apparteniamo a Dio? Rispondere a questa domanda non è troppo difficile. La contemplazione di Maria, Madre della tenerezza è un invito gentile a lasciare per un momento l’ambito costrittivo, a volte lacerante del mondo, per entrare nella sfera liberante di Dio. Il Cardinale Henry Newman, prima anglicano e poi convertito al cattolicesimo per opera del Beato Domenico della Madre di Dio, passionista, scriveva circa la Madonna, Madre della tenerezza: ”Cerco sempre un contatto visivo con coloro che mi parlano. Questo mi fa sentire accettato, preso sul serio. Ma quando cercai fare lo stesso con l’icona della Vergine della tenerezza, mi accorsi che questo non era possibile e rimasi turbato. Volevo che mi guardasse, che mi riconoscesse suo figlio, amico personale. Ma la Madre di Dio non mi guardava”. I suoi occhi guardano all’interno la vita di Dio e all’esterno la vita del mondo. Sguardo al Creatore e alla creazione. Il significato dello sguardo fisso di Maria è accentuato dalle stelle che brillano sulla fronte e sulle spalle e che indicano la sua verginità, segno di una presenza divina che avvolge tutta la persona. Lei ci guarda con gli stessi occhi con cui guarda Gesù. Ci vede come uomini e donne chiamati dalle tenebre del peccato alla luce della fede, chiamati a diventare figli di Dio. E’ difficile per noi questo sguardo, perché desideriamo essere visti e accettati nella nostra realtà mondana e non in quella spirituale. Desideriamo talmente essere visti, che siamo poco abituati ad essere guardati. “Tu appartieni a Dio” ci dice questo titolo. La tenerezza di Maria è la tenerezza di Dio e del suo Figlio, Gesù Cristo. Tutto l’essere della Madre è per Gesù. La sua mano non insegna, non spiega, non implora; semplicemente offre il Bambino come Salvatore del mondo a tutti coloro che sono disposti a vedere Gesù con gli occhi della fede. La mano di Maria sintetizza tutta l’icona in un solo canto: “L’anima mia magnifica il Signore”. Vuole che troviamo anche noi lo spazio interiore dove collocarci per questa adorazione. La sua mano acquista importanza, ci chiama, vuole che vinciamo le nostre paure, vuole che confidiamo in Dio come ha fatto lei. Man mano che il nostro sguardo spazia dagli occhi alle mani, riconosciamo la sua profonda pazienza. Pazienza è un termine collegato con “Patire”. Lei, donna glorificata, è stata la donna dal cuore trapassato da una spada. Lei sa cosa significa il mite patire. Sa cosa vuol dire essere povero, oppresso, profugo, essere tenuto a distanza, stare ai piedi della croce, serbare pensieri e sentimenti che non possono essere condivisi con nessuno. Queste sofferenze indugiano nella fissità dei suoi occhi e nel gesto delle mani, non come pena che indurisce, ma come segni glorificati della sua pazienza. Maria è solo la Madre del Figlio crocifisso, ma di tutte le persone che al mondo patiscono, conosce le nostre esitazioni, i nostri dubbi, le nostre tristezze. Attende con pazienza che dal nostro cuore scaturisca il “si”. La sua pazienza è salda, confidente, perseverante. La sua mano indica sempre là, il cuore del mistero dell’Incarnazione, ci invita ad andare a Gesù che è la via alla casa di Dio, a cui noi in realtà apparteniamo. 

TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo. 

PREGHIAMO 

O Dio che ci hai dato per Madre, la tua tenerissima Madre, fa che sul suo esempio anche noi diventiamo teneri e accoglienti verso i nostri fratelli, amandoli come Tu ci hai amato fino al sacrificio supremo della Croce. Amen 

CANTO MARIANO 

03 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DELLA FAMIGLIA

DAL VANGELO SECONO LUCA – CAP.II 

[41]I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. [42]Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; [43]ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. [44]Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; [45]non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. [46]Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. [47]E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. [48]Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». [49]Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». [50]Ma essi non compresero le sue parole.  [51]Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. [52]E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. 

DALL’ESORTAZIONE APOSTOLICA DI GIOVANNI PAOLO II ROSARIUM VIRGINIS MARIAE 

Il Rosario è anche, da sempre, preghiera della famiglia e per la famiglia. Un tempo questa preghiera era particolarmente cara alle famiglie cristiane, e certamente ne favoriva la comunione. Occorre non disperdere questa preziosa eredità. Bisogna tornare a pregare in famiglia e a pregare per le famiglie, utilizzando ancora questa forma di preghiera….La famiglia che prega unita, resta unita. Il Santo Rosario, per antica tradizione, si presta particolarmente ad essere preghiera in cui la famiglia si ritrova. I singoli membri di essa, proprio gettando lo sguardo su Gesù, recuperano anche la capacità di guardarsi sempre nuovamente negli occhi, per comunicare, per solidarizzare, per perdonarsi scambievolmente, per ripartire con un patto di amore rinnovato dallo Spirito di Dio…Molti problemi delle famiglie contemporanee, specie nelle società economicamente evolute, dipendono dal fatto che diventa sempre più difficile comunicare. Non si riesce a stare insieme, e magari i rari momenti dello stare insieme sono assorbiti dalle immagini di un televisore. Riprendere a recitare il Rosario in famiglia significa immettere nella vita quotidiana ben altre immagini, quelle del mistero che salva: l’immagine del Redentore, l’immagine della sua Madre Santissima. La famiglia che recita insieme il Rosario riproduce un po’ il clima della casa di Nazareth: si pone Gesù al centro, si condividono con lui gioie e dolori, si mettono nelle sue mani bisogni e progetti, si attingono da lui la speranza e la forza per il cammino. (n.41) 

TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo.

PREGHIAMO 

O Dio, nostro Padre, che nella santa Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, fa’ che, per intercessione della Beata Vergine Maria e di San Giuseppe, nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché, riuniti insieme nella tua casa, possiamo godere la gioia senza fine. Per Cristo, nostro Signore. Amen. 

CANTO MARIANO 

04 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DEL BELL’AMORE 

DAL VANGELO SECONDO LUCA – CAP. VI 

[27]Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, [28]benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. [29]A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. [30]Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. [31]Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. [32]Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. [33]E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. [34]E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. [35]Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi.  [36]Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. [37]Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; [38]date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio». 

RIFLESSIONE 

L’espressione «madre de bell’amore» si trova nel Siracide 24,24 «Io sono la madre del bell’amore e del timore, della conoscenza e della santa speranza».

La Chiesa, celebrando il mistero e la funzione della beata Vergine Maria contempla con gioia la sua bellezza spirituale.

La bellezza e lo splendore della santità e della verità di Dio, «fonte dell’eterna bellezza»  ed anche immagine della bontà e della fedeltà di Cristo, il più bello «tra i figli degli uomini». La beata Vergine per tre motivi è detta «bella», cioè amabile e pura: perché, essendo «piena di grazia» e «arricchita dei doni dello Spirito», «è rivestita della gloria del Figlio e adornata di ogni virtù» ; perché nel modo più puro amò appassionatamente Dio, il suo mirabile Figlio e tutti gli uomini, di un amore cioè verginale, sponsale e materno; perché fu splendidamente partecipe del mistero della concezione e della nascita di Cristo, nonché della sua morte e risurrezione, aderendo con la dolcezza e la forza dell’amore in perfetta sintonia al disegno salvifico di Dio.

Nella Vergine Maria che è «tutta bella» e «senza macchia», si trovano, portate a perfezione, le egregie virtù delle donne dell’Antico Testamento: la bellezza e l’amore della Sposa, del Cantico, la bellezza e la saggezza di Giuditta, lo splendore e la grazia della Regina, sposa del Re messianico. La «via della bellezza» è il cammino della perfezione cristiana; i fedeli che la percorrono «insieme con Maria» sono aiutati «a progredire nella, via del santo amore» e si rivolgono a Dio, «perché ripudiando la turpitudine del peccato (si innamorino) della bellezza incorruttibile». 

TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo. 

PREGHIAMO

Dio d’eterna sapienza e d’infinito amore, che dal talamo purissimo di Maria hai fatto uscire lo Sposo della Chiesa, Gesù Cristo tuo Figlio, il più bello tra i figli degli uomini, per intercessione della sua gloriosa Madre, dona letizia e pace a tutti i popoli e fa’ splendere la tua santità nei nostri cuori. Per Cristo, nostro Signore. Amen. 

CANTO MARIANO 

05 DICEMBRE 2013: MARIA, MADRE DEL SALVATORE 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO – CAP.XII 

[46]Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. [47]Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti». [48]Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». [49]Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; [50]perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre». 

RIFLESSIONE 

La possibilità di essere madre del Salvatore è offerta a tutti i credenti; lo ha dichiarato solennemente il Salvatore in persona quando ha affermato: «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,48). Questo nulla toglie alla grandezza e alla unicità della Vergine Maria; nelle parole di Gesù, infatti, è espresso l’elogio più bello a sua mamma, dal momento che nessuno è stato, come lei, docile al disegno misterioso di Dio e nessuno si è posto al servizio dell’Altissimo con altrettanta prontezza e disponibilità: «Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Nella sorpresa trepidante dell’Annunciazione come nella straziante angoscia ai piedi della croce Maria rimane l’icona inarrivabile della fedeltà. E Madre del Salvatore perché, secondo il commento di sant’Agostino, ha concepito il Figlio eterno prima nel cuore che nel grembo; un cuore umile e disponibile, un cuore abitato dall’unico silenzio che meriti questo nome: il silenzio dell’adorazione. Prima nel cuore, quindi; ma anche nel grembo. Qui l’unicità della Vergine si rivela assoluta: lei sola è madre del Salvatore perché è in lei che il Verbo, scendendo dal trono regale, si è fatto carne (Gv 1,14); solo a lei è rivolto l’elogio, commovente nella sua concretezza, fiorito sulle labbra di un’altra donna che, affascinata dalla persona e dalle parole di Gesù, ha dichiarato beata colei che lo aveva portato in grembo e da cui aveva preso il latte (Lc 11,27). Ogni maternità è un mistero che coinvolge Dio, dal momento che è lui che ci ha tessuto nel grembo di nostra madre (Sal 139,13b). Ma in quello di Maria è la Sapienza stessa che si è costruita una casa (Prov 9,1), è l’Eterno che ha rivestito carne mortale. La Vergine è la porta regale attraverso cui la salvezza ha fatto il suo ingresso nel mondo, è l’arca dell’alleanza. Sono molte le immagini, quasi tutte tratte dalla Bibbia, nelle quali si tenta di esprimere il mistero della divina maternità di Maria, ma tale mistero continua a rimanere ineffabile: il cuore di una giovane donna e l’immensità di Dio; gesti di assoluta semplicità quotidiana, compiuti nell’abisso rovente della divina Trinità. Una mamma riversa la sua tenerezza sul suo bambino, lo coccola, lo consola, lo nutre, lo protegge; cose antiche come la storia dell’uomo. Ma quel bambino è Dio, i gesti di quella mamma sono offerti all’Altissimo: Maria insegna parole umane a colui che è la Parola, conta i giorni, i mesi e gli anni di colui che è l’Eterno, suggerisce come ci si comporta sulla scena di questo mondo a colui che è venuto ad insegnarci come si comportano i figli di Dio. Poco alla volta, con discrezione, Maria si mette in disparte. Lo fa ogni mamma che deve lasciare spazi sempre più ampi alla libera realizzazione del suo bambino, divenuto adolescente e uomo. Ma il mettersi in disparte di Maria è entrare in un rapporto ancora più profondo e vitale con suo Figlio: diminuiscono i suggerimenti della Madre e cresce il suo ascolto; non gli chiede più di seguirlo, gli va dietro. La Mamma diventa discepola; la prima, la più attenta, la più docile: «Maria conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19); custodiva con amore le parole e i gesti di Gesù, il suo maestro e salvatore, nel suo cuore eternamente giovane, perché apparteneva, fin dal primo battito, a Dio. Maria è madre del Salvatore e di tutti coloro che gli appartengono: madre nostra, quindi; e della Chiesa. Le chiediamo che ci aiuti ad essere discepoli attenti e docili del suo Signore, perché possiamo entrare, anche noi, sempre più profondamente nel mistero della divina maternità. «Salve, o amata dal Signore; salve, tu che siedi presso l’Altissimo. Il bambino nato da te salverà tutte le tribù di Israele, tutte le nazioni della terra. Salve, Madre di Dio, Madre del Salvatore» (Cirillo d’Alessandria).

TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo.

 PREGHIAMO 

O Dio, nostro Padre e Salvatore, in Maria “Stella della nuova evangelizzazione”, spronaci e accompagnaci Tu sui passi di una pastorale instancabilmente missionaria con un unico e decisivo programma: annunciare Cristo, Redentore dell’uomo. Amen. 

CANTO MARIANO 

06 DICEMBRE 2013: MARIA MADRE DELLA CHIESA 

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI- CAP. XIX 

[25]Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. [26]Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». [27]Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. 

RIFLESSIONE 

Maria è strettamente associata, per il suo legame con Gesù, a ciò che crediamo. Nel concepimento verginale di Maria abbiamo un segno chiaro della filiazione divina di Cristo. L’origine eterna di Cristo è nel Padre, Egli è il Figlio in senso totale e unico; e per questo nasce nel tempo senza intervento di uomo. Essendo Figlio, Gesù può portare al mondo un nuovo inizio e una nuova luce, la pienezza dell’amore fedele di Dio che si consegna agli uomini. D’altra parte, la vera maternità di Maria ha assicurato per il Figlio di Dio una vera storia umana, una vera carne nella quale morirà sulla croce e risorgerà dai morti. Maria lo accompagnerà fino alla croce (cfr Gv 19,25), da dove la sua maternità si estenderà ad ogni discepolo del suo Figlio (cfr Gv 19,26-27). Sarà presente anche nel cenacolo, dopo la Risurrezione e l’Ascensione di Gesù, per implorare con gli Apostoli il dono dello Spirito Santo (cfr At 1,14). Il movimento di amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito ha percorso la nostra storia; Cristo ci attira a Sé per poterci salvare (cfr Gv 12,32). Al centro della fede si trova la confessione di Gesù, Figlio di Dio, nato da donna, che ci introduce, per il dono dello Spirito Santo, nella figliolanza adottiva (cfr Gal 4,4-6) (Dall’Enciclica Lumen fidei di Papa Francesco).

 TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo. 

PREGHIAMO

A Maria, madre della Chiesa e madre della nostra fede, ci rivolgiamo in preghiera. Aiuta, o Madre, la nostra fede! Apri il nostro ascolto alla Parola, perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata. Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi, uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa. Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore, perché possiamo toccarlo con la fede. Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui, a credere nel suo amore, soprattutto nei  momenti di tribolazione e di croce, quando la nostra fede è chiamata a maturare. Semina nella nostra fede la gioia del Risorto. Ricordaci che chi crede non è mai solo. Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù, affinché Egli sia luce sul nostro cammino. E che questa luce della fede cresca sempre in noi, finché arrivi quel giorno senza tramonto, che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore! Amen

CANTO MARIANO 

07 DICEMBRE 2013: MARIA, VERGINE E MADRE IMMACOLATA 

DALLA LETTERA DI SAN PAOLO APOSTOLO AGLI EFESINI 

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,  che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo  per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi  mediante Gesù Cristo,  secondo il disegno d’amore della sua volontà,  a lode dello splendore della sua grazia,  di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.  In lui siamo stati fatti anche eredi,  predestinati – secondo il progetto di colui  che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo 

RIFLESSIONE 

Fu Sant’Anselmo che per primo mise in luce la vera grandezza del mistero che si attua nella concezione di Maria: la sua preservazione dal peccato. Già nel 1439 il concilio di Basilea considerò questo mistero come una verità di fede, e Pio IX ne proclamò il dogma nel 1854. Dio ha voluto Maria per la salvezza dell’umanità, perché ha voluto che il Salvatore fosse «figlio dell’uomo»; per questo viene applicata a Maria, con pienezza di significato, la parola di Dio contro il tentatore: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa» (Gn 3,15). E Maria viene riconosciuta come la «nuova Eva, madre di tutti i viventi». Così Maria appare accanto a Cristo, il nuovo Adamo, e perciò ci si presenta come colei che aiuta a riscoprire e a rispettare il posto della donna nella salvezza dell’umanità. Richiama ed esalta il posto e il compito della vergine, della sposa, della madre, della vedova, nella società, nella Chiesa e nel mondo; rivendica la dignità della donna contro ciò che la attenta.

Alla luce del dogma dell’Immacolata Concezione si comprende meglio la nostra identità di cristiani, prescelti e predestinati alla gloria futura. La scelta che Dio ha fatto di ogni essere umano che viene all’esistenza per essere inserito nel Cristo e per avere in lui il suo posto nel mondo, nella Chiesa, viene richiamato dalla pagina di Paolo. Siamo tutti voluti e amati da Dio, ciascuno ha il suo inconfondibile posto nell’umanità, ciascuno vi deve operare in maniera santa, senza macchia, nella carità. Maria sta certo al vertice di questa corrispondenza. Maria Santissima, sottratta al peccato «originale», è anche la garanzia che nel mondo il bene è più forte e più contagioso del male. Con lei, la prima redenta, ha inizio una storia di grazia «contagiosa». 

TRE AVE MARIA 

TOTA PULCHRA ES MARIA 

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.

Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

 

Tutta bella sei, Maria,

e il peccato originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele,

tu onore del nostro popolo, tu avvocata dei peccatori.

O Maria! O Maria!

Vergine prudentissima,

Madre clementissima,

prega per noi, intercedi per noi

presso il Signore Gesù Cristo. 

PREGHIAMO

O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito. Per il nostro… 

PREGHIERA CONCLUSIVA TRATTA DALLE VARIE PREGHIERE ALL’IMMACOLATA DI PAPA GIOVANNI PAOLO II. 

Vergine Immacolata!

La tua intatta bellezza spirituale

è per noi sorgente viva di fiducia e di speranza.

Aiutaci a costruire un mondo

dove la vita dell’uomo sia sempre amata e difesa,

ogni forma di violenza bandita,

la pace da tutti tenacemente ricercata.

Con premura materna, Vergine Maria,

guida sempre i nostri passi sulle vie del bene.

A Te si volge il nostro sguardo con più forte trepidazione,

a Te ricorriamo con più insistente fiducia

in questi tempi segnati da non poche incertezze e timori

per le sorti presenti e future dell’umanità.

A Te, primizia dell’umanità redenta da Cristo,

finalmente liberata dalla schiavitù del male e del peccato,

eleviamo insieme una supplica accorata e fidente:

ascolta il grido di dolore delle vittime

delle guerre e di tante forme di violenza,

che insanguinano la Terra.

Dirada le tenebre della tristezza e della solitudine,

dell’odio e della vendetta.

Apri la mente e il cuore di tutti alla fiducia e al perdono!

Madre di misericordia e di speranza,

ottieni per gli uomini e le donne del terzo millennio

il dono prezioso della pace:

pace nei cuori e nelle famiglie, nelle comunità e fra i popoli;

pace soprattutto per quelle nazioni

dove si continua ogni giorno a combattere e a morire.

Fa’ che ogni essere umano, di tutte le razze e culture,

incontri ed accolga Gesù,

venuto sulla terra  e morto sulla croce per noi.

In Te, “umile ed alta più che creatura”,

la grazia divina ha riportato piena vittoria sul male.

Preservata da ogni macchia di colpa,

Tu sei per noi, pellegrini sulle strade del mondo,

luminoso modello di coerenza evangelica

e pegno validissimo di sicura speranza.

Prega, o Madre, per tutti noi.

Prega per l’umanità che soffre miseria e ingiustizia,

violenza e odio, terrore e guerre.

Prega per noi, Madre della speranza!

“Donaci giorni di pace, veglia sul nostro cammino.

Fa’ che vediamo il tuo Figlio,

pieni di gioia nel cielo”.

Tu sei la Tutta Bella,

che l’Altissimo ha vestita della sua potenza.

Tu sei la Tutta Santa, che Iddio s’è preparata

come sua intatta dimora di gloria.

Ave, Tempio arcano di Dio,

ave piena di grazia,

 intercedi per noi ora e sempre. Amen.

 

ATTO DI AFFIDAMENTO ALLA MADONNA DI PAPA FRANCESCO 

Beata Maria Vergine di Fatima,

con rinnovata gratitudine per la tua presenza materna

uniamo la nostra voce a quella di tutte le generazioni  

che ti dicono beata.

Celebriamo in te le grandi opere di Dio,

che mai si stanca di chinarsi con misericordia sull’umanità,

afflitta dal male e ferita dal peccato,

per guarirla e per salvarla.

Accogli con benevolenza di Madre

l’atto di affidamento che oggi facciamo con fiducia,

dinanzi a questa tua immagine a noi tanto cara.

Siamo certi che ognuno di noi è prezioso ai tuoi occhi

e che nulla ti è estraneo di tutto ciò che abita nei nostri cuori.

Ci lasciamo raggiungere dal tuo dolcissimo sguardo

e riceviamo la consolante carezza del tuo sorriso.

Custodisci la nostra vita fra le tue braccia:

benedici e rafforza ogni desiderio di bene;

ravviva e alimenta la fede;

sostieni e illumina la speranza;

suscita e anima la carità;

guida tutti noi nel cammino della santità.

Insegnaci il tuo stesso amore di predilezione

per i piccoli e i poveri,

per gli esclusi e i sofferenti,

per i peccatori e gli smarriti di cuore:

raduna tutti sotto la tua protezione

e tutti consegna al tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù. Amen. 

SALVE REGINA 

PREGHIERA CONCLUSIVA 

O Dio che ci hai concesso di prepararci nella preghiera alla solennità della Madonna Immacolata, fa che quanto lo Spirito Santo ha suggerito alle nostre menti e ai nostri cuori, durante il novenario, si traduca in stile di vita cristiana, imitando la Vergine Maria, preservata da ogni macchia di peccato originale, ad evitare il peccato e il male nella nostra vita e di non essere di scandalo ai più piccoli di questo nostro afflitto mondo, fatto di miserie e passioni di ogni genere. Amen.

BENEDIZIONE  DEL SACERDOTE 

CANTO MARIANO FINALE

MONDRAGONE (CE). DOMENICA L’USCITA DEGLI DEL SEMINARIO DI STUDI SULL’ANNO DELLA FEDE

A conclusione dell’Anno della fede e dei 150 anni di nascita delle Suore di Gesù Redentore, domenica 24 novembre varranno pubblicati gli Atti del Seminario di Studi sull’Anno della fede e la Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, che in Mondragone hanno una storica presenza nell’Istituto Stella Maris, per lunghi anni convitto, scuola, casa famiglia, colonia estiva ed ora Casa di Ospitalità per persone e gruppi. L’opuscolo, interamente a colori, è stato curato da padre Antonio Rungi, assistente spirituale delle Suore della Stella Maris e moderatore del Seminario di Sudi, al quale il 16 maggio 2013 parteciparono autorevoli personaggi della cultura cristiana contemporanea. L’Arcivescovo di Potenza, sua eccellenza mons. Agostino Superbo, già Vescovo di Sessa Aurunca e già Vice-presidente della Cei, monsignor Antonio Napoletano, vescovo emerito di Sessa Aurunca, il prof. Giuseppe Comparelli, passionista, storico ed esperto di Risorgimento italiano, padre Berardo Buonanno, francescano, e studiosi della realtà ecclesiale locale, il vicario episcopale per la vita consacrata della Diocesi di Sessa Aurunca, don Paolo Marotta e il Vicario foraneo di Mondragone, don Roberto Guttoriello.

Nella presentazione dell’interessante contributo storico e culturale, edito dalle Suore di Gesù Redentore della Stella Maris, il curatore della pubblicazione, padre Antonio Rungi, scrive testulamente:  “In questo opuscolo, concepito per offrire un servizio sia a quanti hanno partecipato al Seminario di Studi su “L’Anno della fede e la Serva di Dio Madre Victorine LE Dieu”, fondatrice della Congregazione “Suore di Gesù Redentore”, sia a quanti non ne hanno avuto la possibilità, abbiamo inteso raccogliere tutto quanto è stato fatto in preparazione e durante lo svolgimento del Seminario di Studi: le conferenze, le testimonianze, i saluti, i ringraziamenti, l’omelia e quanto altro di utile per avere il quadro completo di questo importante avvenimento per le Suore di Gesù Redentore della Stella Maris di Mondragone, per la città di Mondragone e per la Diocesi di Sessa Aurunca. Era la prima volta che le Suore della Stella Maris avevano organizzato un simile impegnativo incontro culturale. E l’occasione è stata il 150 anniversario del riconoscimento dell’Opera da parte di Pio IX il 15 gennaio 1863 e contestualmente la celebrazione dell’Anno della fede, indetto da Papa Benedetto XVI ed aperto ufficialmente il 12 ottobre del 2012 e continuato dal suo successore, Papa Francesco, dopo le dimissioni di Papa Ratzinger, e portato al termine, chiudendo ufficialmente quest’anno di grazia con la solennità di Gesù Cristo Re dell’Universo il 24 novembre 2013. Nel ringraziare quanti hanno reso possibile questo Seminario di Studi, apprezzato da tutti sia nei contenuti che nella modalità dello svolgimento, consegniamo questo lavoro di sintesi nelle mani di coloro che sentono più che mai urgente e necessaria la riscoperta della fede, prendendo a modello i santi e focalizzando la propria riflessione sulla figura esemplare della Serva di Dio Victorine Le Dieu”.

L’opuscolo verrà distribuito a quanti, domenica prossima, 24 novembre, solennità del Cristo Re dell’Universo e chiusura dell’Anno della fede, parteciperanno alla messa festiva, che sarà presieduta dal vicario foraneo di Mondragone, don Roberto Guttoriello, che è stato uno dei relatori sulla vita sociale e religiosa a Mondragone durante la giornata di Seminario svolta alla Stella Maris il 16 maggio 2013. Coloro che sono interessati a ricevere copia dell’interessante lavoro, possono fare richiesta diretta alle Suore della Stella Maris.

 

A BARBACENA IN BRASILE L’ESTREMO SALUTO A PADRE FERNANDINHO

vitale3.jpgBrasile (Barbacena). Morto il decano dei  missionari passionisti in Brasile: P.Ferdinando Vitale

 

di Antonio Rungi

 

Il giorno 3 novembre 2013, in Brasile, a Barbacena è morto, all’età di 99 anni, Padre Ferdinando della Sacra Famiglia (Giuseppe Vitale), nato a Caivano (Na) il 23.11.1914, e professato tra i passionisti,  a Paliano (Fr) il 11.11.1933, ordinato sacerdote a Paliano (Fr) il 03.06.1939.

L’esemplarità di questo sacerdote di origini napoletane sta nel suo zelo missionario, vissuto con lo stesso spirito degli inizi per 60 anni continuativamente. Persona semplice, umile, gioiosa ha vissuta la sua esperienza di missionario passionista in una terra, quella brasiliana, dalle grandi problematiche umane e sociali, portando il suo contributo di idee di impegno di vita cristiana, ovunque è stato. Era dalla parte dei poveri, ha vissuto con i poveri  e tutto faceva per i poveri. I progetti sociali per i bambini sono stati il suo impegno prioritario nello Stato di Minas Gerais e di Espirito Santo in Brasile. Tante le città e i luoghi che hanno visto la sua opera missionaria in 60 anni ininterrotti, seguendo l’iter umano e formativo di intere generazioni di bambini, genitori brasiliani sprovvisti del necessario. Uomo di preghiera, ma soprattutto di carità fattiva e generosa, che impegnava il suo tempo per trovare soluzioni immediate per la sopravvivenza di tanti bambini. Suo impegno quotidiano, negli anni in cui ha operato a Barbacena, era quello di girare per le panetterie e ritirare, ogni giorno, il pane non venduto, che gli veniva dato gratuitamente per poi distribuirlo subito ai bambini, quando tornavano a casa dopo la scuola.

I solenni funerali sono stati celebrati oggi a Barbacena, presso il Projetto Devida, di cui una parte dell’intero complesso è stato intitolato alla sua persona e al suo impegno carismatico in questa zona a ovest di Belo Horizonte.

Molte le opere realizzate in varie città del Minas Gerais a Colatina, Barra Sao Francisco, tra chiese, opere sociali, dispensari. I bambini e la famiglia erano al centro del suo cuore e con l’affetto e la tenerezza del sacerdote napoletano portava avanti le varie iniziative confidando molto sulla provvidenza. Nei suoi viaggi di spostamento da una zona all’altra della missione utilizzava una mula, alla quale aveva dato il nome di “Peppinella”. Persona umile, distaccata dai beni della terra, ha vissuto con semplicità e nella massima povertà il vangelo della carità e della solidarietà. Per venire incontro alla formazione umana, culturale e lavorativa della gente dei luoghi ove ha operato da missionario, avviò corsi di formazione di ogni genere, da quello in campo edile a quelli più impegnativi nel settore dei servizi. Nel suo amato Brasile era arrivato con altri missionari passionisti della Provincia religiosa dell’Addolorata, comprendente il Basso Lazio e la Campania, alla fine del 1953, dove è rimasto per 60 anni, fatto eccezione per le poche volte che veniva in Italia, non solo per rivedere confratelli, parenti e conoscenti, ma specialmente per chiedere aiuto e sostegno per i suoi tanti bambini considerati dei figli, bambini presi dalla strada, senza genitori e senza parenti diretti che poi venivano accuditi in tutto nei progetti sociali, che sono stati i luoghi privilegiati dei missionari passionisti nei due Stati brasiliani dello Espirito Santo e del Minas Gerais in 60 anni di presenza. Una presenza che si è allargata ed ampliata con molte vocazioni alla vita sacerdotale e religiose    , dovute alla promozione vocazionale di P. Ferdinando Vitale, un vero maestro di vita spirituale, apostolica e missionaria e un saggio direttore all’intero e all’esterno della Congregazione dei Passionisti, di cui andava orgoglioso.

 

La testimonianza di padre Giovanni Cipriani, un suo confratello missionario in Brasile.

 

“Eu sou do partido do TP… (Tapa Buraccos)”. Quem não escutou essa frase da boca do Pe. Fernandinho? Era sua maneira de intender e viver a vida missionária: humildade e disponibilidade. Sempre pronto para consolar, ajudar, curar as feridas do coração.

Padre Fernando (carinhosamente chamado de Fernandinho) nasceu em Caivano, perto de Nápoles, na Itália, no dia 23 de novembro de 1914, filho de Ferdinando Vitale e Maria Paone Vitale.

Escolheu ser missionário. Emitiu seus primeiros votos na Congregação Passionista, em Paliano, no dia 11 de novembro de 1933 e foi ordenado sacerdote em Nápoles no dia 3 de junho de 1939.

Foi diretor do seminário e professor de matemática na Itália.

Aos 39 anos de idade, deixou a Itália e partiu, de navio para o Brasil. Aos 7 de novembro de 1953, desembarcou no Rio de Janeiro.

Ficou um tempinho em Jardim América, Cariacica – ES. Em fevereiro de 1954, foi para São Silvano, Colatina – ES e depois para Barra São Francisco – ES.

Com seu incansável espírito missionário próprio de São Paulo da Cruz, associado ao modo alegre, jovial e enérgico próprio dos napolitanos, foi o desbravador do norte do estado do Espírito Santo até a divisa de Minas Gerais (Barra de São Francisco, Ecoporanga, Mantenópolis, etc.).

Neste tempo tudo isso era feito no lombo da Peppinella, sua mula de estimação.

Por onde passava realizava com os povos carentes uma contínua promoção da vida humana, além da evangelização. Em Barra de São Francisco promoveu diversos cursos (crochê, tricô, carpintaria, marcenaria e eletricista); foi inspirador da Escola Família Agrícola e fundou o Seminário Passionista (1970). Construiu a Igreja Matriz da cidade, juntamente com os padres Alfredo e Daniel.

Em 1962, volta para São Silvano, Colatina – ES. Aqui também, sua marca é o ânimo missionário, a preocupação com as questões sociais, a profunda vida de oração. Sempre disponível à serviço da Igreja e da Congregação, através de uma vida simples e modesta.

Esse olhar a realidade com os olhos compassivos de Jesus, leva o Pe. Fernandinho a ‘inventar’ algo para acolher as crianças pobres.

Em 1963, recebeu as Irmãs Passionistas em São Silvano para atender as crianças carentes. E em 1984, funda a Creche Santo Antônio, em São Silvano. A partir desta data a Creche acolhe centenas de crianças carentes do bairro.

Em 1983, celebrando os 30 anos de chegada dos Passionistas em Colatina, no dia 29 de outubro, em São Silvano, Pe. Fernandinho celebra os 50 anos de profissão religiosa. Nessa ocasião ele recebe o título de “Cidadão Colatinense”.

Em 1995, Pe. Fernandinho é transferido para o seminário passionista de Ilhas das Flores, Vila Velha – ES, acompanhando as comunidades da paróquia de Paul.

Continua seu trabalho em Jardim América e Belo Horizonte.

Em 1999, ele chega em Barbacena, aonde esta funcionando o Projeto Devida, acolhendo as crianças carentes.

Mantendo o mesmo espírito missionário, profético, continua seu trabalho junto as comunidades pobres e crianças carentes do “Projeto Devida”.

E mesmo de idade avançada, seu espírito nunca perde a criatividade para praticar a caridade evangélica e ajudar os pobres. Todos os dias podíamos ver ele ir nas padarias, recolher o pão do dia anterior, carregá-lo nas costas, levá-lo até a casa e distribuí-lo aos pobres que estavam já esperando.

É a caridade que faz milagres!

Em 23 de novembro de 2003, inaugurando o 3º bloco do Projeto Devida, é descoberta uma placa colocada no centro missionário: “Centro missionário passionista Pe. Fernando Vitale”.

Pois, Pe. Fernandinho foi um ardoroso missionário, e por onde passava, deixava marcas profundas.

Talvez sua maior marca tenha sido a alegria de viver: sempre sorrindo, cantando, brincando…

Sempre foi muito trabalhador e, mesmo com a idade avançada, não tinha restrições para celebrar, visitar doentes, ajudar os pobres.

Pe. Fernandinho faleceu às 21h15 do dia 3 de novembro de 2013. Enquanto os irmãos passionistas do Vicariato Nossa Senhora da Vitória, a cidade de Barbacena, os amigos estavam já preparando a celebração dos 99 anos de vida (dia 23).

Ele deixa tanta saudade e inúmeros exemplos de vida missionária. Pe. Fernandinho não era um teórico da missão e da caridade. Ele era um praticador… e sempre com tanta humildade e pouco falar…

E quando alguém destacava seu espírito missionário, ele respondia, quase alterado: “o que estou fazendo de particular? Estou fazendo semplicemente o que Jesus pede aos seus discípulos, e nada mais…”

Obrigado, querido e saudoso Fernandinho.

Descanse em paz agora, vocês que nunca tinha tempo para descançar

Itri (Lt). Il primo documento ufficiale sul Santuario della Civita

DSC09354.JPGRisale al 1147 il primo documento ufficiale attestante l’esistenza del Santuario della Civita, uno dei luoghi mariani più conosciuti e visitati d’Italia, che si trova nel Comune di Itri (Lt) e nell’arcidiocesi di Gaeta. Un documento più antico, del 1036 circa, indirettamente parla, comunque, di questo importante Santuario mariano nel Basso Lazio. risalente all’anno mille, dicendo di un’immagine della Madonna della Civita collocata sul Monte.

Nel “Codex Diplmaticus Cajetanus”, a pagina 272 è scritto testualmente in lingua latina: “Gualguamus Iudex et Notarius Ytri, una cum uxore Sikelgarda donat Ecclesiae B.M.V. de Civita seu alio nomine de Agie curis commissare Fratris Bartholomaei et Richardo Monasteri S.Iohannis Evangelistae, quod de Felline dicitur, subditae et ab eo iterum aedificatae terram quandam que est posita in Agie, et vineam que est posita in Urbano”, Mense Augusto, indictiione decima, Ytri. (Ex Apogr. Chart. Sec. XVII).

Sempre nella stessa pagina si trova il seguente testo in latino che esplicita ulteriormente la donazione del santuario. “+ In nomine Domine Dei et Salvatoris nostri Iesu Christi ab incarnatione eius anno millesimo quadragesimo septimo, Temporibus Domini nostri Gaufridi de Aquila Dei grazia Comitis, necnon et Adelietze Comitissae Coniugis esius, mense augusto Indictione decima, Ytro, Ego Vualganus Dei omnipotentis misericordia dieti castri iudex et notarius una cum Sikelgarda coniuge mea, et cum haeredis meis. Ab hodierna die, et per omne futurum tempus scribo propria manu hanc meae donationis et offertionis chartulam. Primum Deo omnipotenti Iesu Christo Domino nostro et beatissimae atque sanctissimae eius genitricis et Verginis Mariae, Suaque Ecclesiae quae dicitur de Civita, seu alio nomine de agie quae in cura cuiusdam fratris Bartholomaci nomine manet, quae etiam in potestate et regimine Domini Ricchardi reverendissimi Abbatis monasterii Sancti Iohannis Apostoli et Evangelistae, quod de Felline dicitur evidentissimae, a quo reaedificata est, opportunissime permanet, scilicet de una petiola de terra, quae est posita in agie, et de una disertina de vinea quae est posita in Urbano, quas pro redemptione animae filii mei Cleopae predictae Sanctae Ecclesiae donavi, atque eorum quorum et fuere olim. Quae his finibus concluditur…..

Insuper quinque optimi auri uncias tam dictae Sanctae Ecclesiae quam eius rectoribus componat paena nomine. Et poena soluta, et anathemate percepto, haec nostra donatio, ut superius legitur firma in aeternum permaneat. Scritpa a me Vualgano de dicto castro notarius, in mense indicitione suprascripta decima.(Dal Tabelarium Casinense, Tomo II, Codex Diplomaticus Cajetanus, Pars II. Montis Casini, 1891, Ediziione anastatica 1969).

Cosa voglia testimoniare tutto questo? E’ facile da capire. L’antica e oltre millenaria devozione alla Madonna della Civita in questo territorio. Una devozione che è passata attraverso i pellegrinaggi di grandi santi del passato e dell’oggi in questo luogo di preghiera. Ultimo in ordine di tempo è stato il beato Giovanni Paolo II, prossimo santo, che nel 1989, il 25 giugno, in occasione dei 140 anni della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, da parte di Pio IX che fu pellegrino nel febbraio del 1849. Da allora la devozione alla Madonna della Civita si è diffusa in tutto il Basso Lazio e nelle regioni confinanti, raggiungendo luoghi e paesi stranieri, dove gli itrani hanno portato il culto e la festa della loro Madre Celeste. La Madonna della Civita è protettrice della città di Itri e compatrona dell’arcidiocesi di Gaeta. Al Santuario, recentemente, sono stati effettuati lavori di miglioramento della struttura, che dal 1985 è affidata ai Padri Passionisti e ne curano l’animazione spirituale e pastorale. Prossimi sono a realizzarsi sono altri lavori di servizio e assistenza ai pellegrini che giungono numerosi al Santuario per elevare alla Vergine Santa le preghiere necessarie per il proprio bene spirituale e fisico e per pregare per le necessità di tanti fratelli e sorelle che sono nella sofferenza.

Antonio Rungi

Commemorazione dei Fedeli Defunti – 2 novembre 2013

COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI – 2 NOVEMBRE 2013

 

CRISTO HA VINTO LA MORTE

 

Commento di padre Antonio Rungi

 

Oggi la chiesa ci fa ricordare tutti i fedeli defunti in una grande preghiera che li racchiude tutti nei nostri pensieri e nei nostri ricordi. I defunti, nostri parenti, amici, conoscenti e i defunti di tutti i tempi, che per noi non hanno nome, ma che Dio conosce bene. La nostra preghiera oggi è, infatti, rivolta al Signore perché accolta nel suo Regno di eterna gioia e pace quelli che hanno lasciato questo mondo e sono passati all’eternità. La preghiera per le anime sante del purgatorio e per le anime, specialmente quelle più abbandonate e che di cui non sappiamo neppure il nome e l’esistenza. I morti di tutte le guerre e di tutte le violenze, i morti del passato, come dell’oggi, i morti di ogni cultura, popolo, religione nazione, i morti sulle strade, in mare, negli ospedali, nelle case, nelle piccole e grandi città, i morti naufraghi di Lampedusa, quelli che negli ultimi giorni hanno lasciato profondamente addolorato il nostro cuore. Tutti i morti, senza esclusione di nessuno e la preghiera è perché il Signore doni loro il riposo eterno, senza più fatica e dolore, senza più croci e calvari di ogni genere. Questa grande famiglia che attende di vedere faccia a faccia Dio così come Egli è, nella gloria del Paradiso e che un giorno, quando anche noi chiuderemo gli occhi alla vita terrena speriamo di incontrare, dove Dio attende ogni suo figlio. Ecco perché la nostra preghiera umile e non senza dolore nel cuore, nostalgia per quanti ci hanno lasciato, prematuramente, è questa che rivolgiamo al Dio della vita: “Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore risorto, e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo in Cristo a vita nuova”.

La profonda certezza di fede che esiste l’eternità e tutti siamo indirizzati verso questa meta finale, ci fa pregare con il problematico ed impaziente Giobbe, con queste parole: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro». E con l’Apostolo Paolo, convinti più che mai del mistero della risurrezione di Cristo, preludio della nostra definitiva risurrezione, sappiamo che “Gesù è morto ed è risorto; così anche quelli che sono morti in Gesù Dio li radunerà insieme con lui. E come tutti muoiono in Adamo, così tutti in Cristo riavranno la vita”.

Morte, vita, risurrezione, purgatorio, paradiso: sono le parole chiavi di questa commemorazione annuale dei fedeli, che tanta pietà popolare suscita in chi crede e in chi non crede.

Nella prospettiva del mistero della risurrezione del Signore, anche la paura della morte ed il nostro futuro si colora di speranza e di serenità, si riempie di gioia e di amore per sempre, perché oltre la morte corporale, la nostra sorella come la definiva San Francesco, c’è una vita senza fine, una vita nel Dio della pace e della felicità. E con il Salmo responsoriale di questa liturgia, eleviamo al Signore il nostro canto di speranza: Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario”. Anche il brano del Vangelo della prima messa dei defunti, sottolinea questa prospettiva di eternità e di risurrezione: “Chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Vivere in questa speranza, in questa attesa è l’atteggiamento migliore dell’uomo credente, del cristiano che ha fatto della fede una forza trainante della sua esistenza nel tempo. Come scrive l’Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla Lettera ai Romani: “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”.

Camminiamo in questa fede-speranza per incontrare, al termine dei nostri giorni l’Amore, il Dio carità e in lui incontrare tutte le persone che abbiamo conosciuto, amato e forse anche contrastato nel corso della nostra vita. Intanto per loro sgorga la nostra umile preghiera per tutti i fedeli defunti che è sintetizzata in quella nota a tutti e pregata da tutti: “L’eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace.Amen”.

 

FRATTAMAGGIORE. PRIMO INCONTRO DI FORMAZIONE PER LE SUORE ANCELLE DEL SACRO CUORE

ANCELLE DEL SACRO CUORE DI CATERINA VOLPICELLI

FRATTAMAGGIORE – NAPOLI

PRIMO INCONTRO DI FORMAZIONE – 24 OTTOBRE 2013

GUIDA SPIRITUALE: P.ANTONIO RUNGI – PASSIONISTA

 

<<La chiamata di Dio: dall’evento parola all’esperienza>>

 

1.PREMESSA

 

In questo anno pastorale 2013-2014 avremo come tema unificante dei nostri incontri, secondo quanto deciso dal Consiglio generale della Congregazione delle Suore Ancelle del Sacro Cuore di Caterina Volpicelli e fino al prossimo capitolo generale il seguente tema: “La chiamata di Dio: dall’evento parola all’esperienza”. Comprendiamo subito che è tutta la famiglia di Caterina Volpicelli a mettersi in cammino per preparare e vivere l’evento capitolare tra tre anni, come momento di grazia e di rinnovamento personale. E a rinnovarsi non sono chiamate solo le Ancelle, ma anche le Piccole Ancelle e le Aggregate, che a vario titolo giuridico, canonico, spirituale fanno parte dell’unica famiglia della Santa che amore di intenso trasporto il Cuore di Cristo e ne fece la sua missione in terra napoletana, in un periodo di grandi sconvolgimenti sociali. Ognuno è chiamato a vivere la propria vocazione ed il carisma di appartenenza seguendo quello che sono le regole di vita per la diversità delle chiamate che il Signore ha rivolto a voi facendovi conoscere ed apprezzare, professare e promettere di vivere la devozione al Sacro Cuore di Gesù secondo l’esempio di Santa Caterina Volpicelli. Per comprendere questa speciale chiamata, che la maggior parte di voi, vive e testimonia stando nel mondo e nella famiglia, è necessario partire proprio dal significato della chiamata che il Signore ha rivolto a voi, come a me, e alla quale abbiamo e stiamo dando la nostra umile risposta, non senza difficoltà, problemi ed ostacoli che, con la grazia di Dio e la nostra personale volontà, dobbiamo superare per vivere meglio questo dono e questa grazia ricevuta.

 

2.CHE SIGNIFICA “VOCAZIONE”?

 

Il termine vocazione (dal latino vocatio) significa chiamata e, nell’ambito del lessico religioso, fa riferimento alla chiamata da parte di Dio alla vita religiosa o ad una particolare missione a servizio della Chiesa o del prossimo. Per voi, carissime sorelle della famiglia di Caterina Voplicelli, significa vivere il carisma come “Ancelle”, che vivono insieme in comunità e in fraternità legittimamente costituite; in “Piccole Ancelle” che hanno promesso di vivere i voti e i consigli evangelici stando nel mondo e in famiglia. “Aggregate” che hanno deciso di fare esperienza di vita consacrate al Cuore di Cristo vivendo da donne sposate o nubili. Capire e valorizzare la propria chiamata è il primo passo per essere in sintonia con quanto abbiamo liberamente deciso di fare per la maggior gloria di Dio, per la nostra santificazione personale e per essere strumenti per la santificazione degli altri.

Partendo dalla terminologia possiamo affrontare meglio questo percorso di formazione sulla vocazione, come adesione alla Parola di Dio e come impegno di vita, cioè esperienza da vivere e condividere.

2.1. Nel linguaggio dei latini.

 

Per i latini, la vocatio assumeva significati differenti in rapporto al contesto sociale in cui tale vocabolo veniva usato: essa poteva significare una citazione in giudizio (da qui, il termine ad-vocatio, vale a dire la consultazione legale centrata sulla figura professionale dell’ad-vocatus, il cui termine greco corrispondente è paràcletos, o paraclito), un invito a pranzo (suggestivo il riferimento alla chiamata, rivolta da Dio a tutti gli uomini, a partecipare al banchetto celeste della fine dei tempi), una convocazione  (o  con-vocatio, ossia la chiamata in riunione di un gruppo di persone per trattare un argomento di interesse comune), un’invocazione o appello (in-vocatio) ad agire per il bene comune (come la chiamata alle armi per difendere la patria minacciata da pericoli esterni od interni).

Nella lingua italiana, la vocazione o chiamata è arricchita da sinonimi, che, di volta in volta, chiariscono ulteriormente il significato di questo vocabolo: inclinazione, attitudine, disposizione, tendenza, predisposizione, propensione, passione, capacità, dote. Nessuno di questi sinonimi, però, chiarisce del tutto il significato profondo della vocazione nella sua accezione religiosa e biblica, laddove la chiamata è frutto di una libera iniziativa di Dio e di una libera accettazione da parte dell’uomo, chiamato per l’appunto da Dio a svolgere una missione a favore degli uomini.

 

2.2. Nell’Antico Testamento

 

La radice ebraica qr’ compare circa 760 volte nell’Antico Testamento ed ha il significato di “richiamare l’attenzione di una persona con il suono della voce, per entrare in contatto con lei”. Da ciò si comprende come la chiamata possa essere ambivalente: solitamente è Dio che “chiama” l’uomo per comunicargli la sua volontà suprema e per affidargli un importante incarico, ma può essere anche l’uomo a cercare di “farsi sentire” da Dio, alzando per bene la voce, per esporgli le proprie difficoltà ed angosce ed essere esaudito. A questo proposito, appare evidente il contrasto tra la mentalità dei pagani, che cercavano di farsi ascoltare dalle loro divinità con grida, lamenti e riti chiassosi e sanguinari e la profonda spiritualità del pio israelita, consapevole che Dio non ha bisogno di tanto chiasso per accorgersi delle esigenze spirituali dei suoi fedeli. È molto indicativo l’episodio del profeta Elia, che sfida in un curioso duello i numerosi sacerdoti di Baal invitandoli a farsi ascoltare dal loro falso dio gridando sempre più forte e ferendosi a più non posso con lance e spade, perché forse è distratto o si è addormentato, mentre a lui basta una muta preghiera per essere esaudito da YHWH, l’unico vero Dio adorato dal popolo ebraico (1Re 18,20-40). Nel Nuovo Testamento, invece, appare accentuata l’iniziativa di Dio, cui corrisponde la libera risposta dell’uomo, mediante l’impiego del termine kaléin (“chiamare”), con i suoi derivati klésis e klétos (“chiamata”),  epikaléin (“nominare, chiamare”) e proskaléomai (“chiamare vicino a sé”), che ricorrono per circa 230 volte.

 

2.3. Le varie accezioni del “verbo chiamare”

Nell’Antico Testamento, si possono distinguere le seguenti importanti sfumature semantiche nel verbo qr’.

 

2.3.1.Gridare, ossia comunicare con il suono della voce (cf. Dt 20,10; 1Sam 17,8; 2Re 18,28); può trattarsi di un grido (Gen 41,43; Lv 13,45; Gdc 7,20), di un annuncio (Est 6,9.11), di una dichiarazione festosa (Sal 89,27) o di una proclamazione (Es 32,5; Lv 23,21; 1Re 21,9-12; Is 1,13).

 

2.3.2.Annunciare, termine tecnico della proclamazione profetica (1Re 13,32; Is 40,2.6; Ger 2,2; Gn 1,2); è espressivo il passo di Zc 7,7 in cui Dio stesso rivela di essere il soggetto che parla “per mezzo dei profeti del passato”. A questo significato fanno riferimento i passi biblici nei quali si parla dell’importanza del nome di YHWH nell’annuncio (Es 33,19: “proclamare il nome di YHWH”; cf. anche Dt 32,3; Sal 105,1; Is 12,4).

 

2.3.3.Chiamare a sé, spesso in casi in cui il contatto avviene dopo aver percorso una certa distanza (Gen 12,18; 20,8; Es 9,27). Quando si tratta di un pasto, allora il termine acquista il significato di invitare (1Sam 16,3). Nel contesto giuridico, la parola significa convocare qualcuno davanti al tribunale (1Sam 22,11; Is 44,7; 59,4) e, nel contesto militare, chiamare alle armi (Gdc 8,1; Ger 4).

 

2.3.4.Chiamare, con YHWH come soggetto (2Re 3,10.13; Is 3,3; 41,9; Os 11,1). In tale situazione è utilizzata l’espressione “chiamare per nome”, che dimostra come YHWH, colui che chiama, entri in un intenso rapporto con colui che è stato chiamato (Es 31,2; Is 43,1). Questa chiamata include un servizio che si assume nei confronti di Dio.

 

2.3.5.Dare un nome a qualcuno, usato assieme a šem; si tratta del termine tecnico che indica l’imposizione del nome (Gen 1,5; 2,20; Rt 4,17; Is 66,15; Gen 3,20; 4,25 s). L’espressione “il nome di qualcuno viene invocato sopra qualcosa” ha un significato giuridico: in caso di cambiamento di proprietà, il nome del nuovo proprietario viene indicato ufficialmente, quasi a sigillo dell’atto d’acquisto o di conquista (2Sam 12,28; Is 4,1). Quando tale espressione è riferita al nome di YHWH, essa indica il dominio di Dio, ad esempio su Israele (Dt 28,10; Is 63,19), sul Tempio (1Re 8,43; Ger 7,10 s) e sui popoli (Am 9,12).

 

2.3.6.Invocare, con YHWH come complemento oggetto dell’invocazione (89 volte nell’Antico Testamento, di cui 47 nei salmi; cf. Sal 17,6; 18,47 ecc.), spesso anche nell’espressione “invocare il nome del Signore” (Gen 4,26; 12,8; 1Re 18,24; Is 64,6), il cui significato varia con il contesto: lodare, ringraziare, protestare, gridare, chiedere aiuto, pregare sono le sfumature semantiche più ricorrenti del verbo “invocare”.

 

2.4. NEL NUOVO TESTAMENTO

Nel Nuovo Testamento s’incontrano varianti semantiche simili a quelle dell’Antico Testamento. Il verbo greco kaléin (chiamare) assume, di volta in volta, vari significati secondo il contesto in cui tale verbo è utilizzato dall’autore sacro.

 

2.4.1.Chiamare qualcuno, nel senso di chiamare “a sé”, o invitare (Mt 2,7; Mc 3,31; Lc 14,7-11; 1Cor 10,27). Nei Vangeli è Gesù che chiama “a sé” i suoi discepoli (Mt 10,1; 15,32;18,32; 20,25; Mc 15,44; Lc 7,18)

 

2.4.2.Conferire un nome (Lc 6,15; At 10,1; 15,37). La posizione ed il ruolo, che una persona assume ai fini della storia della salvezza, dipendono dal nome con cui essa viene designata (Lc 1,13 ss; Mt 1,21; Lc 1,32.35; Mt 22,41.46; 5,9; Eb 2,11; 1Gv 3,1).

 

2.4.3.Designare, è il significato che emerge nei passi in cui Gesù è colui che chiama, mentre i discepoli sono i destinatari della chiamata (Mt 10,5 ss; Mc 1,16-20; 6,7-13; Lc 9,1-6; 10,1-17). La chiamata di Gesù è caratterizzata dal suo potere, che coinvolge i destinatari, dal rigorismo che richiede una dedizione incondizionata e dal fatto di rivolgersi a singole persone, che sono assunte al suo servizio. Per quanto riguarda il senso e lo scopo della chiamata, occorre tenere presente che chiamata e missione, sequela ed invio sono costantemente collegati tra loro.

 

2.4.5.Nominare (epikaléin) è il significato sotteso all’assegnazione di un nome proprio (Mt 10,25) o di un soprannome (Mt 10,3; At 4,36; 12,25). In altri passi, compare il significato giuridico di “appellatio” (At 25,11.12.21.25), o dell’invocare Dio come testimone (2Cor 1,23). Infine, il termine è utilizzato spesso per l’invocazione di Dio e del suo nome nella confessione, che avviene nella comunità (At 7,59; Rm 10,12 ss). L’applicazione di quest’invocazione a Gesù (At 22,16; 1Cor 1,2) indica che Egli è il Figlio di Dio, il Messia.

 

2.4.6.Chiamare nel senso della “chiamata sovrana di Dio”, significato ricorrente in Paolo. In quest’autore, “chiamata” e “vocazione” sono concetti fondamentali per descrivere in che cosa consistano l’esistenza e la salvezza del cristiano. Paolo stesso fu chiamato dalla grazia di Dio e, contemporaneamente, gli fu affidato l’incarico di annunciare il vangelo (Gal 1,15 s; Rm 1,1). Non è, però, solo l’apostolo ad essere chiamato, ma tutti coloro che credono in Cristo (Rm 1,6 s; 9,24; 1Cor 1,2.24). La chiamata di Dio è parola creatrice (Rm 4,17) ed è l’unica fonte dell’esistenza della comunità, costituita dai “santi chiamati”; essi formano un unico corpo, chiamato alla pace di Cristo che regna su di loro (Col 3,15; Ef 4,4). Paolo (Rm

8,28-30) sottolinea il fatto che la chiamata degli eletti è il fondamento del decreto divino di salvezza: vivere nella chiamata di Dio, significa essere giusti e partecipare alla gloria di Cristo (1Cor 1,9; 1Ts 2,12; 5,24). La chiamata al regno di Dio (1Ts 2,12) racchiude in sé, per i credenti, una nuova vita nella libertà (Gal 5,13) e nella santificazione (Ef 4,1; 1Ts 4,7; 2Ts 1,11); per tale prova, viene promesso “il premio della vocazione” (Fil 3,14; Ef 1,18; 1Tm 6,12). Il credente può lasciare gli ordinamenti di questo mondo così come sono, poiché la condizione in cui egli si trovava al momento della vocazione non ha più gran valore (1Cor 7,20-22). Similmente, Pietro dichiara che coloro che sono stati chiamati da Dio in Cristo (1Pt 1,15; 5,10) e che sono stati salvati dalle tenebre, devono annunciare le opere di Dio (1Pt 2,9), seguendo Cristo nella sofferenza alla quale sono anch’essi chiamati (1Pt 2,21), per

ereditare infine la benedizione (1Pt 3,9; cf. anche Eb 3,1; 9,15; Ap 17,14; 19,9). Allo spettro semantico del verbo greco kaléin appartengono i termini importanti di eklégomai (“eleggere”) e di ekklesìa (comunità).

 

3.Spunti di riflessione

Il rapporto tra Dio e l’uomo, per quanto concerne la vocazione/chiamata, è asimmetrico, perché c’è un’infinita sproporzione tra l’infinito amore di Dio per la sua creatura e la pur libera iniziativa dell’essere umano, che si rivolge al suo Creatore per invocarlo o per rispondere alla sua chiamata. Solitamente l’uomo si rivolge al suo Signore e Dio per ottenerne l’aiuto, l’attenzione, il sostegno nella prova, la compassione, il perdono e la benevolenza ma Dio dona sempre la sua grazia ai suoi

figli e con sapiente provvidenza li guida alla salvezza, anche se vuole essere al centro del pensiero dell’uomo e vuole essere “pregato e supplicato”.

L’uomo non è mai dispensato dalla supplica, rivolta al suo Creatore e Signore, proprio perché è “creatura”. Quando Dio “chiama” l’uomo, non si comporta mai allo stesso modo, ma la sua chiamata è sempre originale, unica, personale e personalizzata.

– Dio chiamò Abramo facendo sentire la propria voce nell’intimo della coscienza del patriarca, mentre questi era in tutt’altre faccende nella chiassosa città di Ur, un crocevia commerciale molto attivo della bassa Mesopotamia (l’attuale Iraq); la “Voce” era perentoria e non ammetteva repliche né ripensamenti: “Vattene dal tuo paese e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io t’indicherò” (Gen12,1). Abramo restò affascinato dalla Voce che gli rimbombava nel cuore e nella mente ed abbandonò la sicurezza della sua posizione economica e sociale, affrontando i rischi di una promessa di proporzioni così smisurate da sembrare irreale: “Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione… in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gen 12,2-3). Abramo non se lo fece ripetere due volte. 

– Chiamò Mosè, mentre stava pascolando il gregge di suo suocero Ietro. Dio gli “parlò” da un roveto ardente, prospettandogli una grandiosa impresa: liberare niente meno che un popolo intero dalla schiavitù in Egitto, uno dei regni più potenti del tempo e non c’è da meravigliarsi che Mosè si fosse spaventato a morte davanti a quella missione “impossibile”: ma, come aveva già fatto il suo antenato Abramo, egli obbedì, diventando il legislatore d’Israele (Es 3,1-21).

Il piccolo Samuele avvertì di notte una “Voce” che lo invitava a mettersi a disposizione del Signore Dio d’Israele per cambiare radicalmente la situazione religiosa e politica del suo popolo (1Sam 3,1- 21) ed egli divenne uno dei più grandi profeti e uomini del Signore dell’intera storia del popolo eletto.

– Elia ricevette dal Signore l’invito di ritornare sui suoi passi (1Re 19,3-18) mentre era in fuga dal re Acab e dalla perfida regina Gezabele, che lo volevano morto, perché il suo compito era quello di essere il paladino di Dio contro le ingiustizie perpetrate dalla casa regnante del Regno del Nord, Samaria. Il profeta s’aspettava un incontro maestoso e terrificante col Signore (il vento impetuoso, il terremoto, il fuoco), ma la “Voce” del Signore si fece sentire nel mormorio di un vento leggero (1Re 19,12), un impalpabile soffio appena percettibile più dagli orecchi del cuore che da quelli che ornano la testa. Il Signore Dio sa fare un gran rumore anche nel silenzio più assoluto, se l’uomo accetta di ascoltarlo, come insegna la storia di tanti santi del nostro tempo e di quello passato.

-Saulo di Tarso, invece, mentre si recava in quel di Damasco per perseguitare ed imprigionare, torturare e, forse, uccidere gli odiati cristiani, fu travolto da una luce impetuosa e sbalzato di brutto da cavallo, mentre una “Voce” potente rimproverava il focoso fariseo, religiosissimo ed integerrimo osservante della Legge ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9,1-4). La vocazione di altri grandi uomini è stata meno drammatica e clamorosa di quella di Paolo di Tarso.

-S. Antonio abate, fondatore del monachesimo occidentale, fu colpito da una pagina del Vangelo mentre stava casualmente partecipando ad una celebrazione eucaristica. Il celebrante stava proclamando l’invito rivolto da Gesù ai suoi discepoli di vendere tutti i loro averi, darli ai poveri e seguirlo alla conquista di beni superiori. Detto, fatto.

-S. Ambrogio era il rappresentante legale dell’imperatore nell’Italia settentrionale ed era solo un catecumeno quando, intervenuto nella cattedrale del capoluogo per prevenire possibili disordini tra cattolici ed ariani, la voce di un bambino lo proclamò vescovo di Milano, cambiandogli la vita in modo radicale dall’oggi al domani.

– Per attirare a sé s. Agostino, uomo dall’intelligenza inquieta ed attratto più dai vizi che da una vita virtuosa, Dio si servì delle lacrime e delle silenziose preghiere di s. Monica, la madre del futuro vescovo e grande Padre della Chiesa.

-S. Francesco d’Assisi cominciò il suo cammino di conversione nelle buie ed umide prigioni di Perugia, dopo una sfortunata spedizione militare. Il crollo del suo sogno di diventare un cavaliere ammirato e ricco di gloria segnò l’inizio di una vita spesa nel totale dono di sé al Signore della storia e del mondo al punto che, chi lo incontrava, aveva l’inquietante impressione di essersi imbattuto in Cristo stesso.

-S. Ignazio di Loyola, un combattente nato, mentre era convalescente per i postumi di una ferita da guerra, sentì montare dentro di sé il desiderio di mettersi al servizio del grande Re del cielo leggendo un libro di biografie dei santi, capitatogli in mano per puro caso (o per provvidenza divina?), avendo ormai esaurito la scorta dei libri d’avventura di cui era avido lettore.

San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, avvertì questa chiamata ascoltando un giorno una predica del suo parroco e decise di rinunciare ad ogni uso personale dei beni, ispirando la sua vita a Gesù Crocifisso.

– Santa Caterina Volpicelli   sentì questa speciale vocazione a consacrarsi totalmente al Signore e a percorrere più alacremente la via della santità, guidata da sapienti e santi Direttori spirituali.

Si potrebbe continuare all’infinito, su questa falsariga, per raccontare la storia della vocazione alla santità di tanti uomini e donne che, nel corso della storia antica o recente, hanno saputo ascoltare la “voce” talvolta carezzevole, talvolta imperiosa ma sempre amorevole di Dio, che chiama i suoi figli al proprio servizio, allo scopo di far giungere a tutti gli uomini il suo annuncio di salvezza. Dio chiama sempre, non smette mai di parlare al cuore ed alla mente degli uomini, ma non sempre trova menti e cuori disposti ad ascoltarlo ed a donargli il proprio unico ed irrepetibile “sì”.

Maranola. Meditazione di P.Rungi sul carisma di Victorine Le Dieu

ADORARE, RIPARARE E RICONCILIARE

IL CARISMA DI VICTORINE LE DIEU

E DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE

RIFLESSIONE DI PADRE ANTONIO RUNGI

NEL CENTENARIO DELLA PRESENZA

DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE A MARANOLA DI FORMIA

 

VENERDI’ 4 OTTOBRE 2013 – FESTA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

 

 

Inizio questa mia riflessione, citando uno dei numeri più significativi dell’Esortazione apostolica del prossimo Santo, il Beato Giovanni Paolo II, “Vita consecrata” circa la vita e la missione dei religiosi nella chiesa e nel mondo contemporaneo. Una citazione che si addice al momento che stiamo vivendo, celebrando in questi giorni il primo centenario di presenza delle Suore di Gesù Redentore, in questa storica ed affascinante frazione del Comune di Formia, Maranola, che ha dato i natali ad una degna e santa figlia della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu, fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, e che corrisponde al nome, a voi ben noto, che è la Serva di Dio Suor Ambrogina di San Carlo, al secolo Maddalena D’Urso.

Ecco la citazione tratta dall’esortazione apostolica di Papa Giovanni Paolo II:

“Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Fate della vostra vita un’attesa fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all’uomo del nostro tempo. Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo. Questo nostro mondo affidato alle mani dell’uomo, mentre sta entrando nel nuovo millennio, possa essere sempre più umano e giusto, segno e anticipazione del mondo futuro, nel quale Egli, il Signore umile e glorificato, povero ed esaltato, sarà la gioia piena e duratura per noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre e lo Spirito Santo” (VC, 110).

 

Mi preme evidenziare in questo contesto celebrativo, quanto è stato scritto ne depliant di invito al “Rendimento di grazie per il centenario di missione” delle Suore di Gesù Redentore in questa comunità cristiana, parrocchiale, civile ed umana. Una citazione tratta dagli scritti della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu “L’amore di Dio, può rinnovare la terra. Credo con una nuova fede. Spero con una più forte speranza. Voglio con una sincera carità lavorare all’opera così giusta e necessaria della riconciliazione che Dio nella sua misericordia ha riservato al nostro tempo”.

E’ su questo progetto di vita e missione della loro fondatrice che le Suore di Gesù Redentore hanno lavorato in questi 100 anni di presenza a Maranola. E di questo vogliamo rendere rende grazie al Signore noi tutti qui convenuti e chi ci sta spiritualmente vicino per celebrare degnamente questo primo centenario.

A me il compito di delineare i contenuti essenziali del carisma di Victorine Le Dieu e delle Suore di Gesù Redentore, che è incentrato su tre parole chiavi del Vangelo: Adorale, riparare, riconciliare.

Il mio pensiero va in questo momento in segno di gratitudine e di riconoscenza a Papa Francesco, in questo giorno in cui la chiesa festeggia San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, di cui Papa Bergoglio porta il nome. Il mio pensiero va anche al pastore di questa Diocesi, l’arcivescovo, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, al parroco di questa comunità, monsignor Antonio De Meo, alla Madre generale delle Suore di Gesù Redentore, Suor Marilena Russo, a tutte le religiose della Congregazione di Victorine Le Dieu, ed in particolare alle suore di Gesù Redentore di Maranola, quelle presenti, quelli che sono viventi e soprattutto quelle che dal cielo guidano il cammino di questa comunità nel segno dell’adorazione, della riparazione e della riconciliazione, in particolare la figura esemplare della Serva di Dio, Suor Ambrogina, che proprio in questo luogo nasceva e maturava la sua decisione di seguire le orme di Victorine Le Dieu.. Scriveva nel diario spirituale: “Vorrei gridare a tutte le creature della terra: l’Amore s’è fatto Pane. Vorrei gridare a tutto il mondo che amasse l’Amore”; “Voglio guardare sempre in alto cercando una cosa sola: l’Amore”.

 

Nel discorso di Papa Francesco ai partecipanti all’assemblea plenario dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali  (U.I.S.G.), nell’ Aula Paolo VI , di Mercoledì, 8 maggio 2013, il Santo Padre così si è rivolto a tutte le superiore maggiori degli istituti femminili di vita consacrata e attraverso di loro a tutte le religiose del mondo:

“Gesù, nell’Ultima Cena, si rivolge agli Apostoli con queste parole: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16), che ricordano a tutti, non solo a noi sacerdoti, che la vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che vi ha chiamate a seguirlo nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da voi stesse per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà di Dio, spogliandovi dei vostri progetti, per poter dire con san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo “esodo” da se stessi è mettersi in un cammino di adorazione e di servizio.

Un esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore e di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle.

Adorare e servire: due atteggiamenti che non si possono separare, ma che devono andare sempre insieme.

Adorare il Signore e servire gli altri, non tenendo nulla per sé: questo è lo “spogliamento” di chi esercita l’autorità.

Vivete e richiamate sempre la centralità di Cristo, l’identità evangelica della vita consacrata.

Aiutate le vostre comunità a vivere l’”esodo” da sé in un cammino di adorazione e di servizio, anzitutto attraverso i tre cardini della vostra esistenza.

Questi cardini sono i voti: obbedienza, povertà e castità.

Papa Francesco si domanda ad un certo: “Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!”

Io mi chiedo e vi chiedo cosa sarebbe stata o sarebbe Maranola senza le Suore di Gesù Redentore, al cui centro del carisma e della spiritualità c’è l’eucaristia, che si fa dono e servizio per tutti ed in particolare per i bambini di questa amata terra maranolese.

 

I fondamenti del carisma

 

Dall’adorazione-contemplazione eucaristica nasce, cresce l’amore verso Gesù e verso i fratelli. Il vangelo della carità è quello che le interessa maggiormente, attingendo dall’eucaristia la forza per andare avanti, nonostante le innumerevoli difficoltà che si frappongono sistematicamente nella sua vita. Da tutta la sua esperienza di donna di fede, si comprende bene come Victorine Le Dieu, mossa dallo Spirito Santo, si sentì chiamata, in modo del tutto particolatr, a collaborare con Gesù, “unico e vero riparatore”, nella sua missione salvifica.

Visse l’evento della riparazione come ricomposizione nell’unità di tutto ciò che viene continuamente distrutto dal peccato, ed arricchì la Chiesa di un Istituto religioso di diritto pontificio, dedito all’apostolato, che ne continua la missione.

Il suo è il cammino di una donna che, sotto molti aspetti ed in diversi settori, ha precorso i tempi, è il cammino di un ideale che è ancora tutto da scoprire, da approfondire, da vivere in un mondo sconvolto che, come già lo esprimeva al suo tempo, “ha più che mai bisogno di redenzione e di riconciliazione”.

Per Victorine tutto inizia da una profonda vita interiore.

Attraverso i suoi scritti scopriamo come la Parola di Dio è per lei cibo quotidiano.

“È certo che la Parola di Dio nutre e consola. Molte volte ho ringraziato Dio per avermela fatta amare”.

L’Eucaristia è al centro della sua vita: passa lunghe ore in adorazione e approfondendo la vita eucaristica potrà anche lei diventare eucaristia per i fratelli, pane offerto e spezzato per rispondere alla fame dell’umanità: fame di Dio, fame di libertà… ma soprattutto si sentirà fortemente interpellata dalla fame di amore e di dignità da parte di tanti fratelli emarginati, disgregati, per niente calcolati dalla società.

Nasce il lei in desidero profondo di riparare con una vita di penitenza, sacrificio e donazione i mali del mondo. La sua esperienza carismatica la porta ad un profondo ascolto dei segni dei tempi…

La voce interiore si fa sempre più pressante: è la chiamata a riparare, riconciliare, aiutare l’uomo diviso in se stesso, con Dio, con la società a ritrovare l’unità, collaborare all’opera di Cristo Redentore venuto nel mondo per riportare il creato alla sua vocazione d’origine nell’unità della Trinità.

Vuole coinvolgere uno stuolo di persone di ogni condizione che, ponendo Cristo al centro della loro vita, collaborino alla missione di redenzione e di riconciliazione. Aspira a fare in modo che il mondo intero diventi eucaristia!

In un primo tempo si sente spinta a fondare una famiglia religiosa totalmente dedita all’adorazione riparatrice ed al culto liturgico, ma, alla richiesta del Papa di dedicarsi alle opere di misericordia nel mondo, il 15 gennaio del 1863, esattamente 150 anni fa, ella incarna la sua missione nel duplice aspetto di:

• contemplazione attraverso l’adorazione e il culto liturgico;

• dedizione verso tutti coloro che, secondo i tempi e i luoghi, hanno bisogno di essere riconciliati in loro stessi, con Dio, con i fratelli.

In lei si compie un doppio movimento:

• tutto riceve dall’Eucaristia e tutto dà in gesti concreti d’amore;

• poi di nuovo nell’Eucaristia offre, insieme a Cristo, l’umanità intera perché, nella forza dello Spirito, sia restaurata nell’unità della Trinità.

 

 Sempre fedele al progetto di Dio, ella esplicita chiaramente le opere che ritiene prioritarie e l’ideale che dovranno vivere coloro che la seguiranno: infanzia abbandonata, case di preghiera, case di accoglienza…

Questa missione, nella Chiesa, è affidata alla Congregazione delle Suore di Gesù Redentore che sono riunite dallo Spirito per l’originale chiamata di adorazione, di riparazione e di riconciliazione a servizio dei fratelli:

• ponendo come centro propulsore l’Eucaristia, “fonte e apice di tutta la vita cristiana”;

• dedicandosi particolarmente ai fratelli disgregati dal peccato, dall’emarginazione, dalla povertà, per ricomporre la loro umanità in Cristo.

Il carisma di famiglia rende particolarmente attenti ad esprimere nell’adorazione ed intercessione i sentimenti di misericordia di Cristo verso i poveri, coloro che hanno il cuore spezzato, per collaborare con Lui all’edificazione e restaurazione del suo regno fra gli uomini.

 

Questo carisma nella concretezza della vita di tutti i giorni è stato vissuto da tutte le Suore di Gesù Redentore che sono passate in questi 100 anni nella casa religiosa di Maranola, dove dal loro primo insediamento hanno curato i bambini abbandonati o in disagio sociale con il Convitto, secondo il carisma della Fondatrice, la Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, e successivamente hanno e lavorano nell’attività formativa nella scuola dell’infanzia e nella collaborazione sistematica con la parrocchia.

Oggi siamo qui per ringraziare il Signore, la Vergine Santa, venerata con il titolo di Madre della Riconciliazione, riferendosi alla Madonna de La Salette, alla fondatrice Madre Victorine le Dieu, a tutta la sua famiglia religiosa, che oggi soffre per mancanza di vocazioni in Italia e in Europa.

Questo evento storico di particolare importanza per Maranola e per le Suore di Gesù Redentore possa costituire un momento di forte impegno pastorale, missionario, spirituale, umano e cristiano in generale per chiedere al Signore, attraverso l’intercessione della Madonna de La Salette, di San Giuseppe, della Serva di Dio Victorine Le Dieu, sante e ferventi religiose alla Chiesa di Cristo, per rendere visibile e trasmettere quel carisma di adorazione, riparazione e riconciliazione che è stato ed è il cuore della vita delle Suore di Gesù Redentore qui di Maranola e di tutte le comunità religiose di questo amato, stimato, apprezzato e storico istituto di vita consacrata con il suoi 100 anni di presenza qui a Maranola e con i suoi 150 anni di storia e di approvazione, avuta prima dello stesso riconoscimento uffciale, da Papa Pio IX, il 15 gennaio del 1863.

Victorine Le Dieu e Suor Ambrogina, entrame serve di Dio, dal cielo guidino il cammino della loro famiglia religiosa in questo tempo di difficoltà e di vari problemi della chiesa e nel mondo contemporanei.

 

Faccio mie le preghiera del Beato Giovanni Paolo II per la vita consacrata, tratta dall’Esortazione Apostolica “Vita consecrata” (n.112) e di Papa Francesco, posta a conclusione della sua Enciclica “Lumen fidei” (n.60), punto di riferimento spirituale per questo anno della fede che volge al termine.

 

 

Preghiera di Giovanni Paolo II

 

Maria, figura della Chiesa,

Sposa senza ruga e senza macchia,

che imitandoti «conserva verginalmente integra la fede,

salda la speranza, sincera la carità»,

sostieni le persone consacrate

 nel loro tendere all’eterna e unica Beatitudine.

 A Te,

 Vergine della Visitazione,

 le affidiamo,

 perché sappiano correre incontro

 alle necessità umane,

 per portare aiuto, ma soprattutto per portare Gesù.

 Insegna loro a proclamare le meraviglie

 che il Signore compie nel mondo,

 perché i popoli tutti magnifichino il suo nome.

 Sostienile nella loro opera a favore dei poveri,

 degli affamati, dei senza speranza,

 degli ultimi e di tutti coloro

 che cercano il Figlio tuo con cuore sincero.

 A te, Madre,

 che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico

 dei tuoi figli e figlie nella risposta d’amore

 e di dedizione totale a Cristo,

 rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera.

 Tu che hai fatto la volontà del Padre,

 pronta nell’obbedienza, coraggiosa nella povertà,

 accogliente nella verginità feconda,

 ottieni dal tuo divin Figlio

 che quanti hanno ricevuto il dono

 di seguirlo nella vita consacrata

 lo sappiano testimoniare

 con una esistenza trasfigurata,

 camminando gioiosamente,

 con tutti gli altri fratelli e sorelle,

 verso la patria celeste

 e la luce che non conosce tramonto.

 Te lo chiediamo,

 perché in tutti e in tutto sia glorificato,

 benedetto e amato il Sommo Signore

 di tutte le cose

 che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

 

 

 

Preghiera di Papa Francesco

 

A Maria, madre della Chiesa e madre della nostra fede,

ci rivolgiamo in preghiera.

Aiuta, o Madre, la nostra fede!

Apri il nostro ascolto alla Parola,

perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.

Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi,

uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa.

Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore,

perché possiamo toccarlo con la fede.

Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui,

a credere nel suo amore,

soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce,

quando la nostra fede è chiamata a maturare.

Semina nella nostra fede la gioia del Risorto.

Ricordaci che chi crede non è mai solo.

Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù,

affinché Egli sia luce sul nostro cammino.

E che questa luce della fede cresca sempre in noi,

finché arrivi quel giorno senza tramonto,

che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore!

Amen

Gaeta (Lt). Ordinazione sacerdotale di don Gennaro Petruccelli, sabato 5 ottobre

gennaro-diacono.jpggennaro-diacono1.jpgGaeta (Lt). Mons. D’Onorio, arcivescovo di Gaeta, ordina presbitero, Gennaro Petruccelli, diacono del clero diocesano

 

di Antonio Rungi

 

Sabato 5 ottobre 2013 alle ore 19.00 nella Chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo in Gaeta  S. E. Mons. Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta  (Lt) presiederà la solenne concelebrazione eucaristica durante la quale il diacono Gennaro Petruccelli del clero diocesano riceverà l’Ordine Sacro del Presbiterato, per la preghiera e l’imposizione delle mani del suo vescovo, che lo ha ritenuto degno di questo ministero, dove averlo ordinato diacono  il 12 aprile scorso nella stessa chiesa parrocchiale, ove verrà ordinato presbitero.

Don Gennaro Petruccelli, 26 anni, nativo di Gaeta, ha avvertito la vocazione sacerdotale ben presto, svolgendo il servizio di ministrante e di giovane di Azione Cattolica nella sua parrocchia di San Paolo in Gaeta e nella comunità dell’Oratorio San Giovanni Bosco, sotto la guida del parroco don Stefano Castaldi. Dopo la maturità scientifica, il 25 ottobre del 2006 è entrato nel Seminario Maggiore Regionale, Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, ove ha ultimato, nel maggio 2013, gli studi teologici in preparazione al sacerdozio. Negli anni di formazione ha svolto il ministero pastorale  presso le parrocchie “San Pio X a Salto di Fondi, “Santa Maria Maggiore” a Lenola, “Cuore Eucaristico di Penitro. Dall’ottobre 2012 svolge il suo servizio presso le parrocchie di Itri sotto la guida del parroco don Guerino Piccione. E’ iscritto alla Facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana. Dall’inizio di settembre 2013 è stato nominato Assistente del Settore Giovani di Azione Cattolica diocesana. Il Presbiterato è il secondo grado del Sacramento dell’Ordine e inserisce l’eletto nel presbiterio diocesano in stretta obbedienza e unione col Vescovo. Il presbitero a immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per annunciare la buona novella del Regno di Dio, pascere i fedeli e celebrare il culto divino. Segnati da uno speciale carattere che lo configura a Cristo sacerdote, egli agiscono ‘in persona’ di Cristo capo, soprattutto nella celebrazione dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione. Parte essenziale del rito sarà l’Imposizione delle mani dell’Arcivescovo sul capo dell’eletto assieme alla preghiera consacratoria. Come è prassi liturgica imporranno le mani sul novello consacrato tutti i sacerdoti presenti e concelebranti. Questa nuova ordinazione sacerdotale è un dono straordinario di grazia del Signore per la diocesi di Gaeta, in mancanza di sacerdoti. Un’occasione questa per pregare il Signore perché mandi santi sacerdoti alla Chiesa di Gaeta. Sono, infatti,  dodici i seminaristi che studiano nel Seminario di Anagni e si stanno preparando spiritualmente e culturalmente al ministero del presbiterato.