Archivi Mensili: marzo 2014

Omelia di padre Antonio Rungi per la quarta domenica di Quaresima

CON IL CIECO NATO IN DIALOGO CON GESU’ ALLA PISCINA DI SILOE

di padre Antonio Rungi

 

La quarta domenica di Quaresima, domenica della gioia e della letizia evangelica, ci presenta uno dei miracoli più belli e significativi compiuti da Gesù e di cui ci parla il Vangelo di Giovanni: la guarigione del cieco nato, che viene operata da Gesù alla piscina di Siloe.

Anche in questo testo vediamo Gesù in dialogo con una persona singola, che chiede aiuto e vuole essere guarito dalla sua cecità. Ha provato tante volte di immergersi in quell’acqua salutare, ma non avendo avuto aiuto da nessuno è rimasto sempre in dietro. Anche in questa domenica al centro del racconto c’è l’acqua che risana, che una persona che deve essere risanata, c’è una reale condizione di difficoltà, in cui questo possa avvenire, c’è soprattutto Gesù che viene incontro al cieco nato, lo guarisce e gli dona la fede, che è il miracolo più grande che avviene nel suo cuore. Il testo del Vangelo, nella sua forma completa, è più dettagliato e articolato nella esposizione dei fatti. Presenta molti aspetti, che necessitano di approfondimento per inquadrare il tutto nel cammino quaresimale che stiamo facendo. Un cammino di luce, conversione, cambiamento radicale della nostra vita, alla scuola di quel divino Maestro che è Gesù. Dopo la guarigione il cieco diventa il testimone della misericordia e della bontà di Dio tra gli uomini. Un testimone scomodo per quanti non credono in Gesù, ma un testimone attendibile per quelli che avevano fiducia nel Signore e confidavano nel suo potere di taumaturgo. Gesù, infatti, opera questa guarigione nel giorno di sabato,  durante il quale, secondo la legge, non si poteva neppure fare il bene, un’azione di aiuto e di sostegno alla sofferenza delle persone in difficoltà. Motivo questo per i nemici di Gesù di trovare un altro capo di imputazione per eliminarlo, data la popolarità che andava assumendo tra il popolo di Dio. Gesù si faceva strada a forza dell’amore e della misericordia, dell’accoglienza e della tenerezza ed attenzione, rispetto a quanti perdevano consenso, perché sepolcri imbiancati, la cuore apparente perfezione era solo un’osservanza esteriore della legge, ma erano privi di amore e di attenzione. Gesù ci insegna a volgere lo sguardo sulla sofferenza dei nostri fratelli, ad intervenire se è nelle nostre possibilità e capacità. A non restare assolutamente con le mani in mano e a guardare che gli altri si attivino per mettere in pratica la solidarietà, fatta di gesti concreti e di vera attenzione verso i fratelli. Certo, il testo del Vangelo ci fa riflettere su tante altre realtà teologiche, spirituali e pastorali, ma resta centrale il fatto che qui, ancora una volta, è Gesù che prende l’iniziativa e soccorre il cieco nato e lo risana per sempre nel fisico e nello spirito, perché riceve, per la prima volta, non solo la vista, ma anche la fede che è la vista sul cielo e sull’eternità. E’ come il belvedere delle nostre città e contrade, dove saliamo per goderci il panorama che si staglia davanti a noi nella sua bellezza ed immensità. E quello che sperimenta, dopo la guarigione, il cieco nato. Leggiamolo questo brano del Vangelo così bello: “In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».

Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

In questa ottica di fede nuova che Gesù dona al cieco guarito, si comprende anche il brano di approfondimento teologico che è la seconda lettura di oggi e che è tratto dalla Lettera agli Efesini. Scrive l’Apostolo Paolo ai cristiani di Efeso: “Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».

Essere nella luce, uscire dalle tenebre vuol dire assumere un comportamento morale adeguato a chi vive di fede e nella fede in Gesù. Da qui il monito esplicito di “non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente”. Non bisogna mai stare dalla parte del male e dei malvagi, di quanti fanno il male e per di piò lo coprono o lo giustificano. Chi vive nella fede sa benissimo dove sta il bene e dove sta il male, perché la fede porta alla luce e genera netta divisione con le tenebre del peccato. Ci ricorda l’Apostolo che “di quanto viene fatto in segreto da coloro che disobbediscono a Dio è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce”.

Nella vita, ci capita spesso di trovarci di fronte ai dei comportamenti di persone che sono gravi errori e nessuno le richiama al proprio dovere morale; mentre altre persone che non fanno assolutamente nulla sono giudicati e valutati severamente. La copertura sugli atti immorali di tante persone, in tutti gli ambienti, viene assicurata da amici, parenti, conoscenti, pensatori che legittimano tutti i comportamenti, anche quelli scandalosi facendo ricorso alla debolezza e fragilità umana. Ma la debolezza può diventare forza e la fragilità virtù. Dipende da noi uscire fuori da falsi convincimenti che non possiamo migliorarci. In realtà possiamo migliorarci e  come. Sta a noi poter rispondere ai continui appelli alla conversione, come ci ricorda il brano della prima lettura di oggi, tratto dal primo libro di Samuele. Il brano ci ricorda che il Signore guarda il cuore, va a fondo della persona, non si ferma in superficie , alle apparenze, perché in fondo in fondo, nel cuore di ogni uomo, fosse anche il più grande peccatore, c’è sempre un fiammella di speranza che alimenta tutto il resto e che sarà anche quel piccolo seme che farà germogliare il tutto.

Sia questa la nostra umile preghiera a conclusione della meditazione che la parola di Dio ci ha suggerito di fare su tre testi molti belli e sentiti: “O Padre, che per mezzo del tuo Figlio

operi mirabilmente la nostra redenzione, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina”.

Avanziamo in questo cammino quaresimale e a man mano che camminiamo nella luce, vedremo sempre più luce in Dio e nella nostra vita, chiarificandoci ciò che deve essere eliminato per arrivare alla Pasqua davvero riconciliati. Impariamo da Papa Francesco a capire l’urgenza di accostarci al sacramento della penitenza, confessando umilmente i nostri peccati ed iniziando una vita nuova, una vita di grazia, di luce e di amicizia con Dio, vivendo costantemente nella grazia e nella sua amicizia.

 

Mondragone. Mons. Piazza al Liceo scientifico per incontrare gli studenti delle scuole superiori.

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Mondragone (CE). Il Vescovo Piazza tra gli studenti liceali

di Antonio Rungi

E’ stato il suo primo incontro, dal settembre scorso, da quando ha iniziato il suo ministero episcopale a Sessa Aurunca, con gli studenti liceali e degli istituti statali delle scuole superiori della città, quello che monsignor Orazio Francesco Piazza, ha avuto questa mattina, dalle 10,30 alle 12,30, nell’Auditorium del Liceo Scientifico Statale “G.Galilei” di Mondragone. Motivo dell’incontro è la preparazione all’Udienza generale con Papa Francesco il 10 maggio prossimo sul tema “La chiesa per la scuola: un’alleanza di valori”. Ad aderire all’iniziativa, al momento sono circa 1000 studenti della Diocesi di Sessa Aurunca. Ad accogliere il Vescovo una rappresentanza degli studenti del Liceo e dell’Istituto Professionale del Commercio, diversi docenti, tar cui gli insegnanti di religione cattolica. L’incontro è entrato subito nel vivo, dopo i canti di ingresso, eseguiti dalla schola cantorum del Liceo, la lettura della parabola dei talenti e una breve riflessione tratta dal magistero di Giovanni Paolo II. “Oggi sono qui in mezzo a voi e mi sono reso conto che voi siete i miei talenti, i talenti del vescovo su cui deve fondare per portare avanti l’opera di risanamento sociale e del territorio. Leggo qui in questa sala tanti significativi slogan e cartelloni da voi predisposti. Mi ha colpito uno in particolare su cui insieme a voi rifletto in questo nostro incontro Noi non siamo solo la terra dei fuochi, ma siamo la terra del sole. Alla quale espressione aggiungo un mio pensiero. Noi siamo la terra del cuore. Vorrei che queste sale dove fate esperienza di cultura ogni giorno si tappezzassero sul di frutti positivi che nascono da un cuore che ama Dio ed ama sinceramente il prossimo”. Dopo la riflessione del Vescovo, i circa 200 giovani presenti in sale hanno dialogato con monsignor Piazza. Due studenti hanno presentato un’indagine svolta nei due istituti sui valori condivisi tra chiesa e scuola, predisposta da padre Antonio Rungi, docente di Filosofia e scienze umane al Liceo e condivisa dalla professoressa Tramonti. E’ risultato evidente che la prima emergenza da affrontare a livello di collaborazione tra chiesa e scuola è proprio la famiglia. Gli studenti hanno avanzato concrete proposte al Vescovo chiedendo in particolare una più costante e pastorale presenza dei parroci e dei pastori nella comunità scolastica e nelle famiglie. Progetti pastorali e didattici da condividere insieme e portarli avanti nel rispetto delle due istituzioni ed agenzie educative. Il Vescovo di è impegnato ad essere lui personalmente più presente nelle scuole della diocesi anche con visite non programmate. A rivolgere il saluto iniziale di benvenuto è stata la Vice-preside del Liceo Galilei, la professoressa Filippa De Gennaro, alla quale ha fatto seguito l’intervento del professore Pietro Ciriello, docente di religione cattolica, alla Ragioneria. Ha moderato l’incontro il professore Salvatore Miraglia, diacono permanente e responsabile dell’Ufficio scuola della Diocesi di Sessa Aurunca. Presente all’incontro anche don Franco Iodice, responsabile dell’ ufficio cultura della diocesi sessana.

L’intero progetto di accoglienza del Vescovo è stato coordinato dal professoressa Rosa Crocco, docente referente degli studenti.

La soddisfazione dell’ottima riuscita della manifestazione si leggeva sul volto di mons.Piazza e suoi collaboratori, tra cui i laici che hanno apprezzato il modo in cui è stato accolto il vescovo e portato avanti questo incontro dai postivi risvolti sulla vita degli studenti.

Omelia di padre Antonio Rungi per la terza domenica di Quaresima

TERZA DOMENIA DI QUARESIMA- 23 MARZO 2014 

CON LA SAMARITANA IN DIALOGO CON GESU’

di padre Antonio Rungi 

La terza domenica di Quaresima ci presenta uno dei brani evangeli più belli e significativi per concretizzare un percorso di vera conversione in questo tempo di preparazione alla Pasqua. E’ il brano del Vangelo di Giovanni su Gesù al pozzo di Giacobbe che dialoga con una donna della Samaria, alla quale chiede da beve. Il racconto è molto dettagliato e nei suoi minimi particolari ci fa capire l’importanza di Cristo nella vita di ognuno di Dio. Anche qui Gesù si rivela, agli occhi della donna, come il profeta, il messia. Un’altra teofania basata più sul dialogo che intercorre tra Gesù e la donna che da una voce esterna, come in altre circostanze, quali il Battesimo al Giordano o nella Trasfigurazione. Gesù che chiede un po’ da bere a questa donna, verso mezzogiorno, quando il sole è cocente e quando, praticamente non c’era nessuno ad attingere l’acqua, si trasforma, dopo il confronto con quella donna, di cui non si cita il nome, il Colui che dà la vera acqua, quella che dura per l’eternità. E’ l’acqua della grazia della conversione, della purificazione, della riconciliazione, della grazia. E’ l’acqua che simbolicamente rimanda a tanti eventi della vita del popolo eletto, da quella del diluvio, a quella Massa e Meriba, a quella del Giordano. L’acqua purificatrice che la chiesa usa nell’amministrare il battesimo ai piccoli e ai grandi. L’acqua che nelle celebrazioni esprime la benedizione di Dio sulle persone, cose ed attività. Dall’acqua che disseta, chiesta da Gesù a questa donna, all’acqua che estingue ogni sete di verità amore e giustizia che è Cristo stesso. Importante è sottolineare in questo brano del Vangelo il fatto che a questo pozzo di ritrovano Gesù e la donna soli. Il motivo è comprensibile: solo in un dialogo profondo, sincero, a tu a tu con il Signore, che la nostra anima sperimenta la gioia della misericordia. Gesù, infatti, dice in poche parole a questa donna tutta la sua vita, senza assolutamente condannarla, né allontanarla da Sé. Anzi quella particolare circostanza diventa un’opportunità per Lui, affinché questa donna, che aveva vissuto e viveva in peccato, potesse cambiare strada. La donna, dopo il colloquio-confessione di Gesù, da ascoltatrice, anche in parte sconcertata per quel singolare incontra, in un orario fuori del comune, tra due persone di varia cultura e nazione, e soprattutto tra un uomo e una donna, questa giovane samaritana diventa la prima testimone di Gesù nel suo ambiente. E’ lei infatti ad indicare in Gesù l’ipotetico messia attesa ed invitare i suoi concittadini ad incontrarsi con lui, a conoscerlo. E’ il cammino della fede e della speranza, che ci spinge ad andare incontro a Cristo e conoscerlo personalmente, dopo qualcuno ce lo ha indicato. Venite a vedere. E’ questo l’invito che anche oggi ci viene comunicato direttamente da quanti fanno esperienza di evangelizzazione, mossi da un spirito di fede. Il vedere, infatti, è il tipico verbo della fede. La donna samaritana ha visto, con gli occhi della fede e della conversione a Gesù, il Messia in lui e contestualmente ci invita ad aprire questi occhi per fare una vera conoscenza di Cristo. Non c’è possibilità di fare vera conoscenza di Cristo se non partendo da noi stessi, dalla nostra realtà personale, dalle nostre fragilità. Gesù evidenzia in questa donna il male, non per creare in lei in senso di colpa o farla sentire indegna della sua persona; al contrario sottolinea un dato di fatto, perché ella possa eliminare il peccato, il motivo di ostacolo che esiste tra Dio e l’uomo, quando c’è un peccato grave. Se non si rimuovono queste barriere, non possiamo attingere al pozzo della grazia di Dio e della nostra purificazione. Chiediamo anche noi come la samaritana, senza alcun fraintendimento o giochi di parole o scherzi, quella vera acqua che viene da Gesù e che ci dà la vera gioia del cuore, perché ci mette pace dentro e fuori di noi. Chiediamo la doppia grazia della fede e della speranza, per poi agire di conseguenza nell’amore e con amore. Come il popolo pellegrino verso la terra promessa, poniamoci dalla parte di coloro che hanno fiducia nel Signore e non dalla parte di chi si lamenta sempre di Dio, pensando che tutto dipenda da lui, dimenticandoci della nostra responsabilità personale. A tal proposito ci serva da insegnamento quanto leggiamo, oggi, nella prima lettura della liturgia della parola, tratto dal libro dell’Esodo, circa la mormorazione contro Dio e contro i rappresentanti di Dio, di allora, come di oggi: “In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?». Anche in questa situazione, Dio non ha fatto mancare il sostegno a Mosé e al popolo il necessario per continuare il suo viaggio di liberazione, mediante l’acqua che sgorgò abbondante dalla roccia dell’Oreb. Dio mantiene le sue promesse, anche se chiede qualche sacrificio e rinuncia da parte del popolo. Ecco ciò che spesso manca nella nostra vita di credenti, molto labili e indecisi nel credere, è questo abbandono totale nel Signore. Contiamo molto sulle nostre forze e possibilità e ci accorgiamo che siamo molto, ma molto deboli e fragili e senza l’aiuto di Dio non possiamo fare nulla. Ne è particolarmente convinto san Paolo Apostolo, il quale, nello scrivere ai cristiani di Roma, afferma con precisione teologica ed etica che “giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. La speranza non delude, ci ricorda, ed è esattamente così. La speranza fondata in Cristo, no nelle cose del mondo, né nei sogni terreni ed umani che spesso coltiviamo al di fuori di ogni regola morale, come era capitata alla samaritana. La vera speranza è quella che parte dalla fede nel Redentore e Salvatore e che, mettendosi alla sua sequela, cambia la vita delle persone esclusivamente in bene e per il bene. Mi sembra riecheggiare in questo bravo, l’impegno profuso dalla chiesa e dagli uomini di buona volontà che lottano conto il male, le guerre, le ingiustizie, la fame, la mafia. Mi sembra riecheggiare la parola di Papa Francesco con il suo monito rivolto in questi giorni ai mafiosi: pentitevi e ritornate sulla retta via, perché se non lo fate vi attende solo i castigo di Dio per l’eternità. E allora, peccatori sì, ma corrotti no. Sia questa la nostra preghiera:  “Dio misericordioso, fonte di ogni bene,  tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna;  guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria  e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe,  ci sollevi la tua misericordia”. Amen.

 

Omelia di padre Antonio Rungi per la seconda domenica di Quaresima

SECONDA DOMENIA DI QUARESIMA

16 MARZO 2014

TRASFIGURATI DALLA TRASFIGURAZIONE DI CRISTO

di padre Antonio Rungi

 

La seconda domenica di Quaresima pone alla nostra attenzione il Vangelo della Trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor.

Possiamo dire che in questo giorno, come ad una lezione di spiritualità, siamo chiamati a fare esperienza di trasfigurazione, mediante la contemplazione del Cristo trasfigurato. Siamo, cioè, chiamati a trasfigurarci in Cristo, mediante un cammino di purificazione e di santificazione.

Vorrei in questa mia riflessione sottolineare un aspetto importante di questo mistero riguardante la vita di Gesù, un momento forte della sua vita terrena, quello di cambiare volto, vesti, aspetto esterno per comunicare ai tre discepoli, chiamati da Gesù stesso a seguirlo sul monte Tabor, la sua divinità.

La trasfigurazione è un’altra delle teofanie di Cristo, finalizzata a confermare la sua natura divina e la sua natura umana.

Non cambia la sua identità di Figlio di Dio, ma, nella trasfigurazione cambia l’aspetto esteriore.

Gesù trasfigurato, è lo stesso Gesù sfigurato nella passione.

La trasfigurazione è forte richiamo al mistero della santissima eucaristia.

Le specie rimangono uguali nella esteriorità, ma la sostanza cambiano.

Il pane diventa corpo del Signore, donato per noi, e il vino, il sangue di Cristo versato per noi sulla croce.

Gesù,  nella trasfigurazione davanti a tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, che vorrebbero restare lì per sempre, avendo sperimentato la gioia del paradiso in terra, ricorda che bisogna scendere da quel monte, per salire un altro monte, quello del Calvario, prima della glorificazione finale del Figlio di Dio, che è la risurrezione e l’ascensione al cielo.

La vita di ogni cristiano è un salire e scendere continuo, come è stata la vita di Cristo.

Gesù, nel Vangelo, lo incontriamo spesso sulla montagna, sulla collina, o in riva al mare, tra la gente. In solitudine o tra la folla, in preghiera o in azione, in momenti di gioia e in momenti di umana tristezza.

La contemplazione, esperienza forte di vita interiore, trova in Gesù trasfigurato sul Monte Tabor un esempio di come vivere noi la nostra trasfigurazione nella nostra quotidianità.

La base è la solitudine, il silenzio, la preghiera. Poi segue la parola di Dio, espressa qui attraverso l’apparizione di Mose ed Elia; poi il necessario approfondimento; poi il dialogo a tu a Tu con il Signore; poi il cambiamento della vita, che è sintetizzato nel cambiamento del volto di Cristo; infine, il cambiamento delle vesti, che indica il cambiamento del modo di agire, del nostro essere insieme agli altri.

Ad un’attenta lettura proprio del testo del Vangelo della Trasfigurazione, l’itinerario di ascesi e discesi lo comprendiamo perfettamente.

Non a caso durante la Quaresima, tempo forte dell’anno liturgico, a partire dal Papa e ad arrivare ai tantissimi fedeli, si avverte la necessità di una preghiera più profonda e silenziosa, di una preghiera del cuore, di una preghiera che trasformi davvero la nostra vita.

Gli esercizi spirituali che si moltiplicano in questi giorni, la necessità di una confessione più circostanziata dei propri peccati, mediante il sacramento della riconciliazione, una lettura più sistematica della parola di Dio e la meditazione continua di essa, la lectio divina ed altre forme di preghiera tradizionale o moderna non sono altro che normali strumenti della grazia ed aiuti concreti per assaporare il paradiso in terra.

La nostra trasfigurazione sull’esempio di Cristo avviene mediante questo salire sempre più in alto per assaporare la gioia di toccare il cielo con le mani, per essere davvero ad un passo dal cielo, per essere nel paradiso, al quale tutti aspiriamo di arrivare mediante una vita autenticamente cristiana, fatta anche di sofferenze e calvari, di patimenti e passioni da vivere, sull’esempio di Cristo, nostro maestro e guida.

Ascoltiamo il brano del vangelo della Trasfigurazione.

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

 

Sul tema della sofferenza è incentrata la seconda lettura di oggi, tratta dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo.

In questo sintetico brano, Paolo scrivendo al suo carissimo amico Timoteo, usa espressione di incoraggiamento nella lotta contro il male per essere autentico evangelizzatore, apostolo ed annunziatore della buona notizia della salvezza operata da Cristo sulla Croce:

“Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo”.

 

Cristo vincitore della morte, Cristo risorto è la base della fede di ogni cristiano. Il cristiano non è tale se non si mette alla sequela di Cristo. Non c’è cristiano senza la croce di Cristo, come ci ha ricordato continuamente, Papa Francesco, in questo primo anno del suo pontificato.

La nostra vita è davvero un uscire da noi stessi, dalle nostre certezze e sicurezze, affidarsi totalmente nella mani di Dio.

La Quaresima è questo itinerario di fede che è ben espresso dalla figura e dal cammino fatto da Abramo, quando il Signore gli chiede di lasciare tutto e seguire unicamente Lui.

Abramo senza esitazione, obbedì. E’ quella obbedienza della fede e della fiducia in Dio che spesso manca nella nostra vita, facendo sì che questa nostra esistenza terrena sia solo preoccupazione per le cose del mondo, mancando in noi la speranza, e non affidandoci alla provvidenza che viene dall’alto.

Leggiamo il brano della prima lettura di oggi, tratto dal libro della Genesi, dove ci viene presentata la chiamata di Abramo alla fede: “In quei giorni, il Signore disse ad Abram: «Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore”.

Ecco la nostra vita è un partire ed un patire continuo. Non si parte una sola volta, se non quando lasciamo questa terra per volare in cielo.

Le nostre partenze e ripartenze sono tante su questa terra. Bisogna capire chi ci chiama o spinge a partire: se Dio, Cristo, la fede o tutto ciò che non è Dio, Cristo o fede.

Quante volte ci mettiamo in marcia senza meta o allo sbando, o ci mettiamo in movimento per cose che non sono espressioni ed esigenza di fede.

Saliamo anche il Tabor, ma solo per assaporare la gioia. Poi non vogliamo scendere da questo luogo di felicità (e lo comprendiamo perfettamente), ben sapendo che ci aspettano, tantissime volte, prove di ogni genere.

Ci aspetta la passione e il dolore, come Gesù ci insegna oggi nel mistero della trasfigurazione. Noi non possiamo essere di meno del maestro, dobbiamo seguire le sue orme nella gioia e nel dolore, dobbiamo soprattutto metterci in sintonia con Lui ed ascoltarlo attentamente, specie se ci chiama a salire il monte del dolore, il monte della sua passione e morte in croce.

Sia questa la nostra preghiera: “O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria”. Amen.

 

Mondragone (Ce). Studenti liceali approntano questionario su Papa Francesco

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Mondragone (Ce). Studenti liceali, avviano indagine sul gradimento tra i giovani di Papa Francesco ad un anno dalla sua elezione.

di Antonio Rungi

In occasione del primo anniversario dell’elezione di Papa Francesco a Sommo Pontefice, gli studenti liceali del Liceo Scientifico Statale di Mondragone, guidati dai docenti di Filosofia, storia, scienze umane, religione e statistica, hanno avviato una ricerca sul campo per saggiare il grado di accoglienza di Papa Francesco, in questo primo anno di pontificato. I giovani hanno predisposto un questionario che sarà distribuito tra gli studenti cattolici e di altre religiosi, in forma anonima, nel quale, attraverso 10 domande, tra aperte e chiuse, intendono conoscere la svolta e la rivoluzione di Papa Francesco nella Chiesa cattolica. Le domande, infatti, vertono i seguenti argomenti e temi: i cambiamenti più importanti apportati nella struttura della chiesa cattolica; il modo di comunicare e rapportarsi del Papa alla gente; gli aspetti positivi tra i vari pontefici; le qualità umane e caratteriali di Papa Francesco; le sue origini e la sua formazione culturale e spirituale; i valori, i temi, le immagini che fissano il magistero di Papa Francesco in questo primo anno di Pontificato. Saranno 200 gli studenti che verranno intervistati nei prossimi giorni per poi relazionare alla fine dell’indagine. Il luogo più adatto e programmato sarà l’incontro che gli studenti liceali di Mondragone avranno con il nuovo vescovo della Diocesi di Sessa Aurunca. monsignor Orazio Francesco Piazza, il giorno 21 marzo prossimo, nell’Auditorium del Liceo Scientifico Statale “G.Galilei” di Mondragone. Un’indagine proposta dagli stessi studenti, molti dei quali di altre confessioni religiose e di altre religione, che in Papa Francesco hanno trovato un profondo motivo di riflessione sia sul versante religioso, che culturale, sociale e umanitario. Gli studenti liceali sono circa 1.000, mentre gli studenti delle scuole superiori operanti nel territorio di Mondragone sono circa 2.000. Un bel test ed un buon campionamento per conoscere le opinioni dei giovani su Papa Francesco, che gode di vasta stima e di apprezzamento soprattutto nel mondo giovanile. Diversi, infatti, sono stati i giovani del territorio che hanno partecipato nella scorsa estate alla Giornata Mondiale della Gioventù a Rio De Janeiro in Brasile e sono tornati da quella esperienza fortificati nella fede e nei valori umani e cristiani. Tantissimi i giovani che in questo primo anno di pontificato di Papa Francesco hanno partecipato alle udienze generali del mercoledì e all’Angelus domenicale. Papa Francesco è nel cuore dei giovani e lo dimostra il fatto che anche a livello didattico i giovani ne fanno oggetto di studio e di approfondimento scientifico.

PRIMO ANNIVERSARIO DELL’ELEZIONE DI PAPA FRANCESCO

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IN OCCASIONE DEL PRIMO ANNIVERSARIO DELL’ELEZIONE DI PAPA FRANCESCO, 13 MARZO 2014, ALLA CATTEDRA DI PIETRO, A SOMMO PONTEFICE, A VESCOVO DI ROMA, A NOME MIO PERSONALE, DEI MIEI AMICI, CONOSCENTI, PARENTI, DI QUANTI MI SEGUONO SU INTERNET, GIUNGANO AL SANTO PADRE, PAPA BERGOGLIO, PAPA FRANCESCO, I MIEI ED I NOSTRI PIU’ SINCERI AUGURI DI UN LUNGO E PROFICUO LAVORO NELLA VIGNA DEL SIGNORE, DI CUI LUI E’ IL PASTORE E LA GUIDA IN QUESTO NOSTRO TEMPO, SEGNATO DA TANTI PROBLEMI, MA ANCHE DA TANTE SPERANZE.

GRAZIE SANTITA’ PER TUTTO QUELLO CHE HAI FATTO PER LA CHIESA E PER L’UMANITA’ IN QUESTO TUO PRIMO ANNO DI SERVIZIO AL VANGELO, DAL LUOGO PRIVILEGIATO, MA ANCHE TERRIBILMENTE PESANTE, DEL VATICANO. SEI STATO UN INQUILINO SEMPLICE, DECISO ED ESSENZIALE, COME E’ STATA LA TUA VITA FINO AD UN ANNO FA.

HAI CONTINUATO NEL TUO STILE DI ESSERE PRETE E DI VIVERE IL VANGELO SOPRATTUTTO DALLA PARTE DEGLI ULTIMI ED EMARGINATI DELLA TERRA, NON DIMENTICANDOTI MAI DI NESSUNO, DAI PIU’ PICCOLI AI PIU’ GRANDI, DAI CARDINALI, AI VESCOVI, AI SACERDOTI, AI RELIGIOSI, AI DIACONI, ALLE SUORE, AI FRATI, AI NOVIZI ED AL MONDO SCONFINATO DEI MOVIMENTI ECCLESIALI E DEI FEDELI LAICI.

TI SEI RICORDATO SOPRATTUTTO DI QUANTI SOFFRONO A CAUSA DELLA MALATTIA, MA ANCHE DELLE INGIUSTIZIE PRESENTI IN QUESTO MONDO DIVISO TRA POPOLI RICCHI E POPOLI POVERI.

TI SEI IMPEGNATO A PURIFICARE LA CHIESA DAL DI DENTRO, FACENDO UNA SCELTA DI CAMPO E CORAGGIOSA DI SERIVIRE E SEGUIRE SOLO IL SIGNORE E MAI E POI MAI IL MONDO.

TI SEI PRODIGATO PER TUTTI COLORO CHE CONFIDANO NELLA CHIESA COME MADRE E MAESTRA DI VITA SPIRITUALE E LUOGO DI MISERCICORDIA ED ACCOGLIENZA PER TUTTI.

CI HAI REGALATO UN ANNO DI GRAZIA STRAORDINARIA, RICHIANDO TUTTI AD AMARE DIO ED I FRATELLI NEL NOME DI CRISTO, SALVATORE DEL MONDO INDICANDO IN MARIA, LA MADRE DI DIO, LA GUIDA SICURA PER INCONTRARE CRISTO NELLA CHIESA E NEI FRATELLI DI TUTTE LE FEDI E DI TUTTI I COLORI E LE RAZZE DEL MONDO.

GRAZIE PAPA FRANCESCO E BUON PRIMO COMPLEANNO DA ROMANO PONTEFICE E VESCOVO DI ROMA

P.ANTONIO RUNGI, PASSIONISTA

Omelie di Padre Antonio Rungi. Domenica 9 marzo 2014.

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO (A)- 9 MARZO 2014 

Dalla tentazione alla vittoria sul male di ogni genere 

di padre Antonio Rungi 

La liturgia di questa prima domenica di Quaresima, ci presenta Gesù, in ritiro quaresimale, tentato dal Demonio alla fine dei lunghi giorni di preghiera e di penitenza. Preghiera e penitenza che potenziano e non indeboliscono le difese immunitarie spirituali contro le forze del male. Da qui l’importanza dell’una e dell’altra nella vita del cristiano.

Sono tre le tentazioni, sintesi di tutte le tentazioni, che il Demonio può scatenare nel cuore dell’uomo e spesso sopraffarlo, come capita nella vita di tante persone, credenti e non, che sono prese dall’avidità materiale, dal potere, dal successo, dall’orgoglio, dalla superbia umana, dalla corruzione che genera la sottomissione dell’uomo alle forze del male e che agiscono nel mondo. Sappiamo benissimo come Satana tenti ognuno dei credenti e come è capace far vedere bene ciò che è male e trasformare il bene in male. Chi si lascia affascinare da questo angelo ingannatore e da promesse di felicità, che non hanno consistenza, rovina se stesso in questa vita e per l’eternità.

Gesù, oggi, con il suo atteggiamento spirituale ed umano ci insegna a come combattere tutto questo: solo la forza della grazia di Dio, solo una conversione ed una purificazione continua ci mettono in condizioni ottimali di difenderci dagli assalti del Demonio, specie quando siamo più fragili spiritualmente e quando le situazioni di sofferenza, di solitudine, di privazione ci possono prostrare, al punto tale da non aver più fiducia nel Signore e nella grazia rigeneratrice di speranza e di amore dentro di noi. Vincere le passioni torbide della nostra vita, superare le tentazioni è un cammino ascetico che dura l’intera esistenza.

Nessuno di noi, carissimi fedeli, può dirsi immune, anche nella maturità spirituale, nell’età avanzata, dalla tentazione. Anzi più si cammina sulla strada della santità, più le tentazioni, di ogni genere, aumentano e a volte ci fanno assaporare le notti oscure dell’aridità spirituale e della stasi interiore.

Noi abbiamo bisogno sistematico di preghiera e di penitenza per camminare nella vita della santità.

Una preghiera che, in Quaresima, si fa silenzio, ma anche servizio alla carità, alla parola di Dio, alla generosità, alla sensibilità umana.

Una penitenza che non si batte solo il petto, né assicura l’astinenza del venerdì o il digiuno di qualche giorno alla settimana.

Una penitenza che passa attraverso la verifica seria e continuativa del nostro modo di vivere, spesso immerso nel peccato ed incosciente del peccato stesso.

Non sappiamo più chiamare per nome i peccati, non sappiamo più chiedere perdono a Colui che questo peccato lo ha debellato con la morte in Croce e che per combatterlo necessita del sacramento della riconciliazione e della confessione.

Non sappiamo prendere sul serio il cammino della nostra vita spirituale che ci deve portare a salvare la nostra anima. A che serve all’uomo guadagnare il mondo intero se poi si perde per l’eternità. Bisogna riconoscere i nostri limiti e i nostri peccati e confessare le nostre debolezze. Peccatori si, come dice papa Francesco, corrotti no, né ora e né mai per un cristiano.

Le tante conversioni che si registrano anche ai nostri giorni ci fanno capire quanto sia importante entrare nella dinamica spirituale della Quaresima. E questa prima domenica con i passi della liturgia della parola di Dio, così incisivi e forti, non dà spazio a nessuna altra ipotesi, se non a quella di scegliere davvero da che parte vogliano stare: dalla parte di Dio o del Demonio. Dalla parte della grazia o dalla parte del peccato?

Spetta a noi fare scelte consapevoli e decise, rompendo con il passato in modo drastico, senza rimpianti, soprattutto se questo passato è stato vissuto nel peccato.

Entrare la cammino quaresimale, come Gesù ha fatto, significa, per noi che ci professiamo cristiani,  seguire il nostro Maestro in questi pratici insegnamenti: lottare il male, non indebolirci, fortificandoci con la grazia che viene da Lui. Sia questa la nostra umile preghiera all’inizio della Quaresima 2014, che abbiamo iniziato mercoledì delle Ceneri, il 5 marzo scorso: “O Dio, nostro Padre,  con la celebrazione di questa Quaresima,  segno sacramentale della nostra conversione,  concedi a noi tuoi fedeli  di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo  e di testimoniarlo   con una degna condotta di vita. Meditiamo attentamente sulle parole della Bibbia che in questo tempo, come un martello pneumatico in azione per eliminare le incrostazioni che si sono formate nella nostra anima, ci richiama a vita nuova, a vita libera da ogni compromesso con male, ricordandoci, come nella prima lettura di questa domenica, che siamo polvere e in polvere ritorneremo. Ricordandoci che siamo di passaggio e che siamo davvero Nulla davanti al Tutto che è Dio, nostro Creatore e Salvatore. Ricordandoci che siamo peccatori, e che il peccato sta dentro di noi, anche se quello che sta fuori di noi può indurci a peccare, condividendo non tanto il cammino della purificazione, ma quello della tentazione, come fecero i nostri progenitori nel paradiso terrestre, quando restarono affascinati dall’idea, molto ardita, di essere uguali a Dio.

Ricordiamo quanto scrive oggi l’Apostolo Paolo, nella Lettera ai Romani, uno degli scritti teologici più profondi, che apre il nostro cuore alla speranza e alla fiducia nella misericordia di Dio: “Come per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti”.

Quale atteggiamento migliore, allora, in questo tempo di Quaresima, da assumere in modo concreto e fattivo? E’ quello del pentimento e del rinnovamento spirituale, di una volontà forte e decisa, sincera e senza alcuna falsità e menzogna con noi stessi, nell’assoluta trasparenza sulla nostra condotta di vita, apparentemente santa, ma segnata anche da vari piccoli e grandi peccati che dobbiamo confessare, ma soprattutto eliminare.

Il Salmo 50, inserito, oggi nella liturgia della parola in questa prima domenica di Quaresima 2014, sarà il nostro inno quotidiano di richiesta di perdono e di misericordia al Signore e che, attraverso Maria, la Madre di Dio e la Madre della divina misericordia, possiamo ottenere dal Redentore, morto e risorto per noi. Noi abbiamo bisogno della grazia di una vera conversione del cuore: “Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;  nella tua grande misericordia  cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro.  Sì, le mie iniquità io le riconosco,  il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.  Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode”.  Amen.

LA VIA CRUCIS CON TESTI DEL MAGISTERO DI PAPA FARNCESCO

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VIA CRUCIS – QUARESIMA  2014

MEDITAZIONI DI PADRE ANTONIO RUNGI PASSIONISTA

CON CITAZIONI DEL MAGISTERO DI PAPA FRANCESCO

 

RITO INIZIALE

V. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

R. Amen.

 

V. La Via della Croce è la via dell’amore e della gioia. Essa è un movimento del cuore dell’uomo incontro a Cristo ed ai fratelli. E’ un cammino di conversione, penitenza e di gioia. Seguendo Cristo, percorriamo, infatti, l’itinerario del dolore che sboccia con la domenica della risurrezione.

 

Breve pausa di silenzio

 

V. Preghiamo.

O Dio, che hai redento l’uomo col sangue prezioso del tuo Figlio unigenito concedi a tutti noi la sapienza della croce per celebrare con fede i misteri della passione del tuo Figlio e gustare la dolcezza del tuo perdono. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

PRIMA STAZIONE

Gesù è condannato a morte

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

L1. Dal Vangelo secondo Marco. 15, 10-14

[Pilato] sapeva che i sommi sacerdoti gli avevano consegnato [Gesù] per invidia. Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. Pilato replicò: “Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?”. Ed essi di nuovo gridarono: “Crocifiggilo!”. Ma Pilato diceva loro:” Che male ha fatto?”. Allora essi gridarono più forte: “Crocifiggilo!”. E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

 

L2. MEDITAZIONE

Nella vita di tutti i giorni c’è un’esperienza di gioia autentica che è data dalla pace con Dio e con i fratelli, che scaturisce dalla retta coscienza. C’è una pace apparente, quella che tende ad essere giustiziera nei confronti dei fratelli. Sono in pace quando vedo soffrire, umilio gli altri e magari li vedo che morire. La gioia di Cristo nel momento della sua condanna a morte è gioia vera, perché parte dall’amore verso l’uomo peccatore. La gioia manifestata dal Sinedrio e dalla gente che gridando crocifiggilo, condannano a morte Gesù Cristo, è una gioia falsa ed inconcludente, in quanto dettata dall’odio, dal quale non può mai nascere la vera gioia. In Cristo condannato a morte c’è la gioia che nasce dall’amore. La condanna a morte di Cristo è per la vita. Mentre in tutti coloro che gridano per la condanna a morte del Signore è per la morte e per tenebre per sempre nel loro cuore senza amore e senza compassione.

 

V.PREGHIAMO

O Dio, Padre nostro, effondi sempre più largamente in noi i benefici della tua redenzione e donaci di condividere la passione di Cristo per aver parte, un giorno, alla sua gioia nel santo paradiso. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

R. Amen.

 

T. Padre nostro…

 

Stabat Mater dolorosa,

iuxta crucem lacrimosa,

dum pendebat Filius.

 

G.SECONDA STAZIONE

Gesù è caricato della Croce

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

L3. Dal Vangelo secondo Marco 15, 16-20

Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo: “Salve, re dei Giudei!”. E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui.  Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

 

L.4. MEDITAZIONE

Gesù viene umiliato, maltrattato nella sua dignità di persona e chi lo fa gode per la sofferenza del divino Maestro. Gliene fanno di tutti i colori, gli passano davanti lo scherniscono, lo umiliano in ogni modo, sorridono di quel sorriso che sprizza odio e che non esprime la vera gioia del cuore. Gesù, l’uomo vero, l’uomo del dolore e della sofferenza sperimenta nel suo cuore che batte per amore la gioia del dono della sua vita per noi. E’ come tante persone che noi conosciamo che di fronte a tante umiliazioni sorridono sempre e trasmettono la vera gioia che nasce e si alimenta di amore.

 

V.PREGHIAMO

O Dio, donaci spirito di carità e di pace perché l’offerta della vita, compiuta da Cristo a salvezza del mondo, si prolunghi nella memoria e nell’amore fraterno dei tuoi figli.

Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.

 

T. Padre nostro…

 

Cuius animam gementem,

contristatam et dolentem

pertransivit gladius.

 

 

G.TERZA STAZIONE

Gesù cade per la prima volta

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

L5. Dal libro del profeta Isaia. 53, 4-8

Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità… Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo.

 

L6. MEDITAZIONE

Nelle cadute di Gesù noi cogliamo la debolezza fisica dell’uomo sotto il peso del dolore, della sofferenza e dell’umiliazione. Non comprendiamo invece il valore di quel rialzarsi da terra, non una, ma per ben tre volte. Nella prima caduta, ma soprattutto in quella prima rialzata di Gesù noi cogliamo il senso della conversione e della gioia di riprendere un cammino. Gesù non resta dopo la prima caduta sotto il peso della croce. Si rialza e con lui si rialza l’intera umanità porta con sé fino al calvario. La gioia del riscatto, del risorgere, del riprendersi è di ricominciare dopo un fallimento, solo chi l’ha sperimentata come Cristo, la può raccontare con la gioia della bocca ma soprattutto del cuore.

 

V.PREGHIAMO

Guarda, Dio onnipotente l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale e fa che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio. Egli vive e regna per i secoli eterni.

R. Amen.

 

T. Padre nostro….

 

O quam tristis et afflicta

fuit illa benedicta

mater Unigeniti!

 

 

QUARTA STAZIONE

Gesù incontra sua Madre

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

L7. Dal Vangelo secondo Luca. 2, 34-35. 51

Simeone parlò a Maria, sua madre: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima” …Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.

 

L8. MEDITAZIONE

La gioia di Maria fu immensa quando l’Arcangelo Gabriele le annunziò la nascita del Messia nel suo grembo verginale, opera dello Spirito Santo. Il suo sì, dopo qualche legittimo dubbio, fu totale, pieno di gratitudine al Signore che aveva riposto su di lei il suo sguardo d’amore. L’umile ancella del Signore diventa il tabernacolo di Cristo, perché nel suo grembo nasce il Dio della vita e della Gioia. Quella gioia Maria, l’ha provata sempre, anche quando ha visto Gesù umiliato e offeso, condannato a morte ed ora caricato del pesante legno della croce in cammino verso il Golgota. In questo loro incontro sulla Via del Calvario comprendiamo la vera gioia che nasce dal dono. Il dono della vita, il dono del soffrire, il dono dell’amare fino alla fine. Maria dacci la gioia, unitamente a Gesù di gioire e far gioire nel dono dell’amore.

 

V.PREGHIAMO

O Signore nel devoto ricordo della Beata Vergine Maria, data a noi come madre dolcissima presso la croce di Gesù tuo Figlio, aiutaci a completare in noi per la Santa Chiesa, ciò che manca alla passione di Cristo tuo Figlio.

Egli vive e regna per i secoli eterni.

R.Amen.

 

T.Padre nostro…

 

Quæ mærebat et dolebat

pia mater, cum videbat

Nati pœnas incliti.

 

 

QUINTA STAZIONE

Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la Croce

 

L9. Dal Vangelo secondo Marco. 15, 21-22

Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.

 

L10. MEDITAZIONE

La gioia del Cireneo, uomo della fatica, del sacrificio, la possiamo cogliere dall’insieme del contesto del racconto della Passione, come racconto dell’amore di Dio per l’uomo. E’ bellissimo, quando si ama, prendere la croce degli altri, mettersela sulle spalle e alleggerire il peso al fratello che in quel momento è particolarmente stanco di portarla da solo. Sappiamo che il Cristo senza la Croce non è discepolo del Signore, come ci ha ricordato Papa Francesco, nel suo inizio di Pontificato:Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani”.  Diventiamo un po’ tutti cirenei di Gesù lungo le strade della nostra città e della nostra storia. Prendere la Croce propria ed altrui e portarla con amore si sperimenta la vera gioia del cuore e del dono.

 

V.PREGHIAMO

Scenda su noi largamente, o Dio, la tua benedizione; nei misteri della passione redentrice, donaci di aprire il cuore alla salvezza conquistata da Cristo, nostro Signore e nostro Dio. Egli vive e regna per i secoli eterni.

R. Amen.

 

T.Padre nostro….

 

Quis est homo qui non fleret,

Matrem Christi si videret

in tanto supplicio?

 

SESTA STAZIONE

La Veronica asciuga il volto di Gesù

 

L11. Dal libro del profeta Isaia. 53, 2-3

Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia.

 

L12. MEDITAZIONE

E’ infintamente bello ed è grande espressione di amore quando possiamo aiutare qualcuno, asciugare il volto del dolore e della sofferenza di chi non ha mani, forza e possibilità di farlo da solo o impossibilitato a farlo comunque. In questo gesto di amore e pietà della Veronica sulla Via del Calvario c’è un forte appello all’uomo di oggi di superare le barriere dell’egoismo, dell’indifferenza, della solitudine che si annida nel cuore di tante persone che non provano amore verso nessuno, ma solo odio e risentimento. Quando è bello e gioioso tendere la mano a qualcuno quando quella mano nessuno la stende per darla veramente. Donna o uomo che sia, bianco o nero, giovane o vecchio, qualsiasi persona che asciuga il sudore e il dolore degli altri è amato da Dio in modo speciale.

 

 

V.PREGHIAMO

O Dio, tra le opere più mirabili è la rigenerazione dell’uomo; rendi vana l’azione del tentatore e spezza le catene mortali del peccato perché sia distrutta l’invidia che ci ha perduto e vinca l’amore che ci ha salvato.

Per Cristo nostro Signore.

 

T. Padre nostro..

 

Quis est homo qui non fleret,

Matrem Christi si videret

in tanto supplicio?

 

SETTIMA STAZIONE

Gesù cade per la seconda volta

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

L13. Dal libro delle Lamentazioni. 3, 1-2. 9. 16

Io sono l’uomo che ha provato la miseria sotto la sferza della sua ira. Egli mi ha guidato, mi ha fatto camminare nelle tenebre e non nella luce… Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra, ha ostruito i miei sentieri… Mi ha spezzato con la sabbia i denti, mi ha steso nella polvere.

 

L14. MEDITAZIONE

Cadere nuovamente sotto il peso dei propri peccati, potrebbe generare in noi la convinzione di non potercela fare. Non è così. Gesù in questa seconda caduta, dovuta alla sua sofferenza, ci dimostra che è possibile rialzarsi anche quando il cammino della salita della  montagna della santità si fa più ripida. Quando più dura è la battaglia, tanto più grande è la gioia di poter riprendere il cammino verso mete più alte di perfezionamento nella carità. Ci esorta Papa Francesco:“Non cediamo mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno; non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento: abbiamo la ferma certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione, per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra (cfr At 1,8)”.  

 

PREGHIAMO

V.O Misericordioso  ed eterno Iddio, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente l’insegnamento della sua passione per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli vive e regna per i secoli eterni.

R. Amen.

 

T. Padre nostro….

 

Pro peccatis suæ gentis

vidit Iesum in tormentis

et flagellis subditum.

 

OTTAVA STAZIONE

Gesù incontra le donne di Gerusalemme

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

L.15. Dal Vangelo secondo Luca. 23, 28-31

Gesù , voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?”.

 

L16. MEDITAZIONE

E’ sempre bello incontrare le persone, è bellissimo incontrare Gesù, anche lungo la via del Calvario. Le pie donne di Gerusalemme, come tante altre persone, seguono Gesù lungo la via della sua morte in croce. Lo incontrano e Gesù parla loro, invitandole a non fare lutto, ma aprire il cuore alla gioia, alla speranza, alla ricostruzione morale della città dell’uomo, che deve diventare la città della pace. Ci ricorda Papa Francesco che “la verità cristiana è attraente e persuasiva perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana, annunciando in maniera convincente che Cristo è l’unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Questo annuncio resta valido oggi come lo fu all’inizio del cristianesimo, quando si operò la prima grande espansione missionaria del Vangelo”. Di questo annuncio di devono fare missionarie le donne cristiane del XXI secolo.

 

V. PREGHIAMO

Signore, non chiudere la porta anche se ho fatto tardi. Non chiudere la porta: sono venuto a bussare. A chi ti cerca nel pianto apri, Signore pietoso. Tu che vivi e regni nei secoli eterni.

R. Amen.

T. Padre nostro….

 

Tui nati vulnerati,

tam dignati pro me pati,

pœnas mecum divide.

 

NONA STAZIONE

Gesù cade per la terza volta

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

L17. Dal libro delle Lamentazioni. 3, 27-32

È bene per l’uomo portare il giogo fin dalla giovinezza. Sieda costui solitario e resti in silenzio, poiché egli glielo ha imposto; cacci nella polvere la bocca, forse c’è ancora speranza; porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni. Poiché il Signore non rigetta mai… Ma, se affligge, avrà anche pietà secondo la sua grande misericordia.

 

L18. MEDITAZIONE

Per la terza volta Gesù cade sotto il pesante legno della croce. Il tre indica la perfezione in tante cose e questo concetto si esplica anche nella terza caduta. Ormai tutto è compiuto anche nella fragilità umana e nella ricostruzione e ripresa del cammino verso il calvario. Ormai il colle del Golgota è vicino per il condannato a morte, ma anche per quanti lo accompagnano alla sua sorte finale: dai soldati, agli amici del Signore, ai suoi nemici e ai tanti curiosi. Per tutti i nemici della croce si sta consumando la soddisfazione di vedere il condannato a morte appeso alla croce e morire miseramente. Gesù cade e si rialza, perché chi ama ed ha fisso uno traguardo d’amore da raggiungere non si può bloccare nella all’inizio, né alla fine del suo percorso. Ci esorta Papa Francesco: “La nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va. “Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa”.

 

V. PREGHIAMO

Dio ricco di misericordia, dona a tutti i credenti la salvezza operata dalla passione redentrice e infrangi per il tuo amore infinito i vincoli dell’antica condanna in cui ricadiamo continuamente a motivo della nostra fragilità. Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.

 

T. Padre nostro….

 

Eia Mater, fons amoris,

me sentire vim doloris

fac, ut tecum lugeam.

 

DECIMA STAZIONE

Gesù è spogliato delle vesti

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

 

L19. Dal Vangelo secondo Marco. 15, 24

I soldati si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere.

 

L20. MEDITAZIONE.

C’è più gioia nel dare che nel ricevere. Gesù prossimo alla morte si spoglia di tutto, anzi viene spogliato di tutto. Tutta la sua vita è stata una vita di povertà vera, di essenzialità, di rinuncia totale. Modello per ogni discepolo a lasciare ogni cosa, a spogliarsi di tutto per vivere solo di Lui. Comprendere la gioia di non possedere nulla e di vivere da povero con i poveri è un lungo cammino di ascesi cristiana che tutto dovremmo percorrere, soprattutto oggi, dove conta il dio denaro, il successo e la carriera. Donare tutto d noi stessi e spogliarci di quando abbiamo è il modo concreto e fattivo per essere discepoli di Cristo. Non dobbiamo attaccarci a nulla. Ci ammonisce il Santo Padre, Papa Francesco: “Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, perché è senza consistenza…Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio”.

 

V.PREGHIAMO

O Dio, che hai redento l’uomo con il sangue prezioso del tuo Figlio unigenito, a quelli che adorano la croce, concedi la liberazione dal peccato e la vita eterna che dalla stessa croce è per noi scaturita. Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.

 

T. Padre nostro…

 

Fac ut ardeat cor meum

in amando Christum Deum,

ut sibi complaceam.

 

 

UNDICESIMA STAZIONE

Gesù è inchiodato sulla Croce

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

L.21. Dal Vangelo secondo Marco. 15, 25-27

Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. E l’iscrizione con il motivo della condanna diceva: “Il re dei Giudei”. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra.

 

L22. MEDITAZIONE

Sapersi sacrificare per gli altri è il dono più grande che possiamo avere da Signore e valorizzarlo fino in fondo questo dono è la gioia più grande per tutti noi discepoli del Signore. Gesù è inchiodato alla croce. La sofferenza di una crocifissione non si può descrivere in termini umani, soprattutto se poi quella condanna è frutto dell’odio e del risentimento umano nei confronti di un Dio che è amore, tenerezza e pace. Nella sofferenza si sperimenta la gioia del sapersi donare e sacrificare per un amore più grande del nostro cuore, come immenso è il cuore di Dio. Grazie Signore che ti hai offerto te stesso all’umanità fino al patibolo ignominioso della croce.Ci ricorda Papa Francesco: “Abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso”.

 

V.PREGHIAMO

O Salvatore, sacerdote tu sei divenuto vittima; Redentore nostro ti sei fatto nostro prezzo: custodisci da tutti i mali coloro che tu hai redento. Tu che vivi e regni per i secoli eterni. 

R. Amen.

 

T. Padre nostro….

 

Sancta Mater, istud agas,

Crucifixi fige plagas,

cordi meo valide.

 

 

DODICESIMA STAZIONE

Gesù muore sulla Croce

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

 

L23. Dal Vangelo secondo Marco. 15, 33-34. 37. 39

Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì , Eloì , lema sabactà ni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?… Ed egli, dando un forte grido, spirò … Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”.

 

L.24. MEDITAZIONE

Nella morte c’è la vita, c’è la gioia. Gesù che muore in croce ridona la vita a chi la vita aveva rifiutato, non aveva valorizzato, non l’aveva vissuta in pienezza. Per tutti si apre ora la prospettiva di una vita oltre la vita. La sua morte è grazia e salvezza per l’umanità. Quella morte è la nostra vita e la nostra salvezza nel tempo e in prospettiva eterna. Gesù, Figlio di Dio, più di questo non poteva fare per noi esseri mortali. La sua morte in croce è l’atto supremo dell’amore di Dio per noi. Nell’amore c’è la gioia e nella donare la vita c’è la gioia più vera della nostra vita.

 

V. PREGHIAMO

O Padre, che ci hai ridato la vita eterna nella Pasqua del tuo Unigenito venuto a farsi condannare per nostro amore, rivolgi a lui i nostri cuori e la nostra vita perché sia mite con noi quando ci verrà a giudicare e ci unisca alla sua gloria di Salvatore risorto. Egli vive e regna per i secoli eterni. 

R. Amen.

 

 

 

T. Padre nostro…

 

Vidit suum dulcem Natum

morientem desolatum,

cum emisit spiritum.

 

TREDICESIMA STAZIONE

Gesù è deposto dalla Croce

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

 

L25.Dal Vangelo secondo Marco. 15, 42-43. 46

Sopraggiunta ormai la sera, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il Regno di Dio, comprato un lenzuolo, calò il corpo di Gesù giù dalla croce.

 

L26. MEDITAZIONE

Gesù è deposto dalla croce ed accoglierlo tra le sue ginocchia è la sua Madre Addolorata. E’ un ritornare di Gesù all’inizio della sua vita, quando dopo la nascita nella grotta di Betlemme è accolto tra le braccia di Maria e di Giuseppe. La stessa gioia della nascita in questo mondo si sperimenta nella nascita al cielo con il passaggio all’eternità. Di vita in vita. Come nel momento della sua nascita, così della sua morte e deposizione dalla croce è presente un Giuseppe. Nella sua nascita è presente Giuseppe, lo sposo di Maria, nella sua morte è presente Giuseppe di Arimatea, uomo giusto, buono e timorato di Dio. Il quadro che si costituisce ai piedi della croce, non è il quadro della desolazione e della disperazione, ma della speranza e dell’attesa. Gesù morto, Maria Addolorata, Giovanni il discepolo prediletto, Giuseppe d’Arimatea e le pie donne costituiscono la piccola famiglia di Gesù che inizia il suo cammino verso la risurrezione. Il sepolcro della vita è pronto ed è anche nuovo. Così ci invita a pregare Papa Francesco davanti all’Addolorata: “Sotto il suo sguardo materno, Vergine Addolorata, ciascuno di noi possa camminare lieto e docile alla voce del suo Figlio divino, rafforzando l’unità, perseverando concordemente nella preghiera e testimoniando la genuina fede nella presenza continua del Signore”.

 

V.PREGHIAMO

Signore, che per la morte del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in cui crediamo, fa’ che per la sua risurrezione possiamo giungere alla meta della nostra speranza. Per Cristo nostro Signore. 

R. Amen.

 

T. Padre nostro…

 

Fac me vere tecum flere,

Crucifixo condolere,

donec ego vixero.

 

 

 

QUATTORDICESIMA STAZIONE

Gesù è deposto nel sepolcro

 

V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo.

R. Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

 

L27. Dal Vangelo secondo Marco. 15, 46-47

Giuseppe d’Arimatea, avvolto il corpo di Gesù in un lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro. Intanto Maria di Magdala e Maria madre di Joses stavano ad osservare dove veniva deposto.

 

 

L28. MEDITAZIONE

Giuseppe d’Arimatea è ben felice di poter donato il suo sepolcro nuovo per la sepoltura di Gesù. Nella tristezza egli si rende utile e servizievole per la particolare situazione di dolore per tutti. Alleggerisce il peso alla Madre di Gesù e del gruppo di trovare il luogo e il posto dove sistemare Gesù dopo la sua morte in croce e deposizione. A pochi passi dalla Croce, cioè dal mistero dell’amore infinito di Dio c’è un sepolcro, luogo fisico e teologico dell’attesa della risurrezione e della luce della Pasqua. Poche ore Gesù resterà lì, considerando che muore alle tre del pomeriggio del venerdì e risorge all’alba della domenica di Pasqua. Di fronte al mistero della morte corporale si apre a noi, nella Pasqua del Signore, l’orizzonte della risurrezione, quando Cristo, nel secondo e definitivo avvento sulla terra,  verrà a giudicare i vivi ed i morti separando i buoni dai cattivi: quelli degni della beatitudine eterna perché fecero il bene sulla terra, promossero nel cuore degli uomini la gioia che viene dal Signore Morto e Risorto.

 

 

V. PREGHIAMO

Scenda, Signore, la tua benedizione su noi che abbiamo commemorato la morte del tuo Figlio nella speranza di risorgere con lui; venga il perdono e la consolazione, si accresca la fede, si rafforzi la certezza nella redenzione eterna. Per Cristo nostro Signore.

R.  Amen.

 

T. Padre nostro….

 

Quando corpus morietur,

fac ut animæ donetur

paradisi gloria. Amen.

 

 

 

RITO DI CONCLUSIONE

 

V. Pater, Ave e Gloria secondo le intenzioni del Papa

e per ottenere le indulgenze plenarie.

 

V. Scenda, Signore, la tua benedizione su noi che hai riscattato con la morte del tuo Figlio; venga il perdono e la consolazione, si accresca la fede, si rafforzi la certezza della redenzione eterna. Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.

 

 

V. Il Signore, sia con voi.

R. E con il tuo spirito.

 

V. Vi benedica Dio onnipotente: Padre, Figlio e Spirito Santo.

R. Amen

 

V. Benediciamo il Signore.

R. Rendiamo Grazie a Dio

 

Canto finale