Vocazioni

Bevenento. La celebrazione in cattedrale della giornata della vita consacrata.

01.jpgDopo l’apertura della Cattedrale di Benevento, anche la giornata della vita consacrata, in programma il 2 febbraio 2013, si svolgerà nella chiesa madre dell’Arcidiocesi del capoluogo sannita, con una solenne celebrazione eucaristica, presieduta dall’arcivescovo di Benevento, monsignor Andrea Mugione, il 2 febbraio 2013, alle ore 17,30, di ritorno dalla visita ad limina in Vaticano, da Papa Benedetto XVI, che ha ricevuto in questa settimana tutti i vescovi della regione ecclesiastica campana, con tre metropolie, tra cui quella di Benevento. Il vicario episcopale per la vita consacrata, Fr. Giuseppe Falzarano, francescano, ha inviato a tutti i religiosi e religiose dell’arcidiocesi una lettera di comunicazione per la fausta annuale ricorrenza della giornata della vita consacrata, la diciassettesima, che quest’anno assume un particolare significato, essendo in svolgimento l’anno della fede. Durante la celebrazione nella cattedrale di Benevento sarà festeggiati tutti i religiosi e le religiose che celebrano quest’anno il loro giubileo di consacrazione dal signore, con 25-50-60 e 70 anni di professione religiosa perpetua. Questo l’articolato programma della celebrazione: ore 16.30: Rosario meditato. ore 17.00: Nel piazzale antistante alla Basilica-Cattedrale, inizio della concelebrazione Eucaristica, con la benedizione delle candele, presieduta dall’Arcivescovo, Mons. Andrea Mugione. Segue, poi la processione attraverso la porta giubilare. Ore 21:00: Presso la “Basilica Maria SS. Delle Grazie” in Benevento, tradizionale Veglia eucaristica-mariana del 2 del mese, presieduta da S. E. Mons Francesco Zerrillo, vescovo emerito di Lucera – Troia e animata dai religiosi e dalle religiose. Scrive Fr. Giuseppe Falzarano, in occasione di questa 17° Giornata della Vita Consacrata: “Siamo chiamati a prepararci con la preghiera e con l’approfondimento, facendo tesoro del messaggio che anche quest’anno la Commissione Episcopale per il Clero e la Vita Consacrata ha voluto donarci, e che io vi invio, dal titolo: “Testimoni” e Annunciatori della fede. In esso i Vescovi tra l’altro dicono “La celebrazione della Presentazione di Gesù al tempio ci orienta a Cristo, vera luce di tutte le genti, principio e fondamento della fede e della vita cristiana. Tale orientamento è sostenuto anche dall’Anno della fede che, come ci dice Benedetto XVI, «è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo» (Motu proprio Porta Fidei, n. 6).». […]Tale celebrazione parla in modo del tutto particolare a coloro che sono chiamati a una speciale consacrazione. […]La Chiesa sente forte, in questo tempo, l’impegno di «una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede» (BENEDETTO XVI, Motu proprio Porta Fidei, n. 7); […]In questo contesto ecclesiale e culturale e in questo tempo peculiare si inserisce la testimonianza dei consacrati. […] Siate testimoni e annunciatori della fede con la qualità della vostra vita spirituale, della vostra vita comunitaria e del vostro servizio al prossimo”.L’arcidiocesi di Benevento ha attualmente circa 50 comunità religiose femminili con oltre 200 suore e 22 comunità maschili, con 75 sacerdoti. Le suore sono impegnati in vari settori della pastorale dell’infanzia e della gioventù; mentre i religiosi sono impegnati prevalentemente nelle parrocchie. L’arcidiocesi di Benevento si caratterizza con un territorio da un punto di vista monastico come francescana, in quanto la maggior parte degli istituti maschili e femminili di vita consacrata appartengono a tre ordini francescani. Minori, Cappuccini e Conventuali. E’ arcidiocesi di San Pio da Pietrelcina, in quanto Pietrelcina è un piccolo paese del Sannio che è nella giurisdizione dell’Arcidiocesi di Benevento. Padre Pio, sodo il suo ingresso nell’ordine dei Cappuccini e l’iter formativo in vista del sacerdozio fu ordinato presbitero proprio nel Duomo, oggi Cattedrale, di Benevento il 10 agosto 1910. Nell’arcidiocesi di Benevento, i religiosi da sempre sono presenti ed hanno operato per il bene spirituale, morale, civile di intere popolazioni, soprattutto dove anticamente e recentemente mancavano i sacerdoti diocesani. D’altra parte, “la vita consacrata –come ricorda il Beato Giovanni Paolo II- profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo Signore, è un dono di Dio Padre alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito”. Questo dono è ricco ed abbondante nell’arcidiocesi di Benevento.

Padre Antonio Rungi cp

Frattamaggiore (Na). La meditazione per il ritiro mensile- Gennaio 2013

ANCELLE DEL SACRO CUORE DI GESU’ DI CATERINA VOLPICELLI

RITIRO MENSILE DELLE ANCELLE –PICCOLE ANCELLE ED AGGREGATE

EDUCARCI ED EDUCARE ALLA FEDE SULLE ORME

 DI CATERINA VOLPICELLI

 

La fede, un cammino

 

1. LA FEDE, UN VIAGGIO DI FIDUCIA E SPERANZA IN DIO

 

Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. (Gen 12,1)

 

Tu, figlio dell’uomo, fatti un bagaglio da esule e di giorno, davanti ai loro occhi, preparati a emigrare; davanti ai loro occhi emigrerai dal luogo dove stai

verso un altro luogo. (Ez 12,3)

 

Spesso, ciò che si cerca non lo si trova alla fine del cammino, ma lungo la strada. Ogni partenza è un’iniziazione alla vita. Perché solo chi parte rimane, solo chi parte non si allontana, solo chi parte non si smarrisce. Questa frase sembra un insieme di paradossi, e accade molto spesso di pensare che sia vero esattamente l’opposto: chi non parte rimane, chi sta fermo non si allontana, chi non si muove non si perde, non si smarrisce. In realtà, questo è

forse vero per le cose, ma non è così per gli esseri viventi, soprattutto non è così per le persone. Pensiamo, per esempio, a un bambino che sta per nascere: egli si trova in uno stato di «equilibrio perfetto» in cui non c’è spazio per lo sviluppo di stati emotivi come il senso di solitudine, il sentimento del bisogno, la paura e l’angoscia. La nascita rappresenta la perdita di questo equilibrio perfetto: è la rottura dell’unità originaria, è l’irruzione di un pericolo che minaccia la vita stessa del nascituro, è l’apertura dello spazio e l’inizio del tempo, intesi come coscienza della “separazione” (dalla madre) e della “mancanza” (di cibo, di calore, di sicurezza). Ma la nascita è anche l’unica possibilità che, pur comportando un pericolo ineliminabile, può dirsi realmente aperta alla vita. Dicevamo dunque, solo chi parte rimane: se il bambino non “partisse”, se cioè potesse evitare di nascere, per ciò stesso non potrebbe vivere, perché esistere è “venire alla luce”! E, solo chi “viene alla luce”, rimane. Dicevamo poi, solo chi parte non si allontana: se il bambino non iniziasse il suo viaggio, se non accettasse di patire la strettezza di quel “primo passaggio”, non potrebbe “venire vicino” e essere preso in braccio. In questo senso, solo chi rischia di attraversare i passaggi decisivi – spesso angusti – della vita, non si allontana da se stesso e da coloro che lo amano. Infine, solo chi parte non si smarrisce: se il bambino si rifiutasse di nascere non saprebbe mai che cosa ha perduto; e, proprio il “voler rimanere” al calore del seno materno, gli farebbe perdere il sentiero della vita. Per questo, solo chi si affida al “richiamo che impone di andare” non si smarrisce.

Così è anche per noi: ogni partenza è anche un parto da cui viene alla luce un uomo nuovo: se non si vuole perdersi nel labirinto dell’esistenza, bisogna partire. Il bambino non ha alternative, per lui la nascita non è una scelta; l’adulto invece può anche agire diversamente, può evitare di assecondare l’impulso ad andare, può chiudere gli orecchi al richiamo antico e sempre nuovo che chiede di mettersi in strada per iniziare il cammino. Ogni partenza è sempre “comandamento” e “grazia”: comandamento, perché si presenta come un imperativo (devi partire); grazia, perché il poter partire è sempre anche una liberazione, una possibilità immensa che ci viene offerta di vedere, di sentire, di incontrare, di vivere.

La partenza è l’istante in cui il viaggiatore sembrerebbe più che mai solitario e padrone dei suoi passi, eppure – spesso solo a distanza di tempo – egli potrà rendersi conto che la sua partenza è dovuta a un richiamo e a una spinta che vengono da molto lontano. Chi parte ha certo in sé una forza, un moto che lo sollecita, ma nel suo stesso intimo vi è anche il peso di una gravità paralizzante, mai completamente vinta: sono sempre mille e le ragioni per non partire, per rinunciare, per abbandonare il proposito di mettersi per strada. Ma vi sono dei “segnali”, dei “richiami”, dei “suggerimenti” con cui la natura stessa ci invita a prendere la via, a dare un senso ai nostri movimenti vani e senza scopo, e alle nostre molteplici agitazioni: il sole sorge e prende una direzione precisa nel suo andare, così la luna, le stelle, i pianeti. Il vento soffia e ci sollecita ad andare in un altro luogo, altrove  il mare si muove con un moto misterioso, simile a quello del nostro cuore: ogni battito sembra uguale agli altri, eppure ogni battito è unico e, se lo si sa ascoltare, ogni battito pulsa con uno scopo, a un tempo, immenso e preciso. Ed è proprio lì, dentro il cuore, che l’uomo, in alcuni momenti particolari della vita, sente risvegliarsi un richiamo urgente e inconfondibile: «Parti! È ora che tu vada!».

Partire è come attraversare una “porta misteriosa” che dà accesso un mondo che, per chi sta fermo, semplicemente non esiste. Partire è lo stile della fede. Il credente è un camminatore: non sa mai esattamente “che cosa” o “chi” incontrerà sul suo cammino, ma sa che l’essenziale accade sempre “sulla via”. L’uomo lo sa, lo riconosce, lo sente e, forse proprio per questo, tutte le volte che qualcuno parte c’è qualcosa in noi che vorrebbe partire insieme con lui; perché, quando c’è qualcuno che parte per davvero, tutti sentono risvegliarsi dentro al cuore quel richiamo originario ad andare, a uscire dalle nostre “schiavitù” (come quella d’Egitto), magari attraversando un territorio arido e pericoloso, in un faticoso deserto, che, però, è la strada che porta alla “terra promessa”. Anche quando sono le rondini a partire sentiamo nelle loro ultime grida un richiamo che ci sospinge e ci commuove, e ci ricorda che anche noi dovremmo trovare il coraggio per partire davvero!

 

2. LA FEDE COME RICHIAMO ORIGINARIO

Il richiamo è quello di mettersi in cammino; certo, camminare è faticoso, ma necessario per ritrovare il senso della propria esistenza.

Il movimento è la vita stessa del cosmo, il suo modo naturale di essere e di perire. Da sempre l’uomo tenta di dare un senso al proprio muoversi: tenta di orientarlo, di etichettare di giustificare il moto con nomi e obiettivi che, in verità, lo spiegano solo in parte. Ci si muove per raggiungere una meta, per concludere un affare, per incontrare un amico o per scontrarsi con un nemico. Molte giustificazioni che forniscono al viaggiatore l’occasione desiderata: potersi finalmente mettere in cammino.

Ma ogni senso e ogni giustificazione appaiono, allo spirito attento, irrimediabilmente parziali, e la ragione ultima del cammino resta sempre di là dal senso dato e dichiarato, dalla motivazione per cui lo si è intrapreso. L’interrogativo quindi ritorna e incalza: “Perché si è in cammino? Perché non se ne può fare a meno?”. La risposta, in verità, risiede in un moto profondo dell’anima e di cui il bisogno fisico di muoversi non è che una sorta di risonanza esteriore: è l’intimo che agita, come è l’intimo che calma, e non è, come a volte sembrerebbe, il moto del cosmo ad avvolgere e trascinare. Quest’ultimo è solo uno specchio che aiuta a comprendere, a leggere, a dare un nome a quanto accade in profondità: il moto, ogni moto, tutto il moto viene dall’anima. La fatica di tutta una vita è quella di disciplinare il proprio moto, di orientarlo, di dargli un senso. La fatica sarà quella di rendere via ciò che sembra precipizio; cammino ciò che è tentato dal vuoto; itinerante colui che spesso si scopre errante. Vano, oltre che insensato, è dunque il tentativo di arrestare l’inarrestabile; ciò non sarebbe che morte, unica vera assenza di movimento, e potrebbe condurre anche alla patologia del falso viaggio e dei suoi surrogati mortiferi: le droghe, in fondo, non sono che «veicoli per gente che ha dimenticato come si cammina». Camminare, nella realtà, è vivere, assecondare l’impulso vitale e accettare di farsene compagno. Non si tratta di fermare il moto inquieto, bensì di dare, attraverso il cammino, «una forma all’irrequietezza umana» (B. Chatwin). L’uomo nasce nomade, oltre che nudo: senza città né accompagnamenti, senza difese. Un marchio, questo, che rimane in qualche modo scolpito nelle sue profondità, per poi riemergere in occasioni particolari quasi volesse ricordargli la propria incancellabile origine: tu sei un nomade e, come te, la natura intera. L’uomo ha bisogno della protezione di una casa, della difesa di una città, ma a volte la casa “protegge troppo”, fino a impedire all’uomo di stare con se stesso, la città difende fino a soffocare. È in occasioni di questo tipo che riaffiora alla mente l’eco di quel moto delle viscere, mai spento, che chiede di essere seguito da un altro movimento, fisico innanzitutto, che ne assecondi il ritmo interiore. L’uomo allora riscopre il cammino, ne sente tutta l’urgenza, come fosse un andare necessario, imposto dalla vita. In modo simile anche l’uomo religioso avverte che la fede impone un cammino: per incontrare Dio è necessario mettersi in moto, iniziare un cammino verso una meta, per lo più, sconosciuta. La comunione con il Dio vivo e vero è una promessa che viene rivolta solo a chi è disposto a partire, e si sviluppa attraverso un itinerario, un viaggio, si impara nella pratica umile e quotidiana del camminare. La fede nasce dall’aver compiuto un cammino di liberazione da qualche forma di schiavitù; e la fede sempre ha bisogno di nutrirsi della memoria di quel viaggio: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi

quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi» (Dt 8,2). Chi sta fermo rischia di incontrare soltanto degli idoli.

La primitiva comunità cristiana non trovò immagine migliore per definirsi che quella di “via”: gli Atti degli apostoli attestano che i primi cristiani venivano indicati come «quelli della via». Essi erano tali, perché seguaci di una particolare “via”, quella che il Signore stesso aveva loro indicato: «Io sono la via» (Gv 14,6). È dunque necessario partire e mettersi “per via”, è necessario scovare la domanda che si cela nell’impulso originario a muoversi, e rispondergli prendendo la decisione di iniziare a camminare. Così scrive Bruce Chatwin nel suo libro Le vie dei canti: «Chissà, mi domandai, se il nostro bisogno di svago, la nostra smania di nuovo, era, in sostanza, un impulso migratorio istintivo, affine a quello degli uccelli in autunno? Tutti i grandi maestri hanno predicato che in origine l’uomo “peregrinava per il deserto arido e infuocato di questo mondo” – sono parole del Grande Inquisitore di Dostoevskij –, e che per riscoprire la sua umanità egli deve liberarsi dei vincoli e mettersi in cammino… Se era così, se la “patria” era il deserto, se i nostri istinti si erano forgiati nel deserto, per sopravvivere ai suoi rigori – allora era più facile capire perché i pascoli più verdi ci vengono a noia, perché le ricchezze ci logorano e perché l’immaginario uomo di Pascal considerava i suoi confortevoli alloggi una prigione». Il momento di partire è questo; esso implica un distacco, forse perfino uno strappo doloroso, in ogni caso il partire richiede energia e determinazione: è la fine di un certo modo di vivere e

l’inizio di un altro, nuovo, stile di vita. La fede è la capacità di affidarsi al richiamo fondamentale che chiede di partire.*

 

3. CONDIZIONI PER CAMMINARE

 

3.1. Grazia e fede e conversione

• La grazia è l’“energia” che alimenta il nostro cammino, è come il “pan di via” degli elfi che permette di camminare a lungo senza stancarsi.

• La grazia è vissuta come desiderio di essere amati e di amare: è questo desiderio che dà forza e che permette di raggiungere la meta.

• Questo desiderio struttura la coscienza nella forma di un «affectus fidei», cioè nella forma di una trama di legami “affettivi” (affectus) che, se contratti nella fede (fides) cioè in un libero darsi a quanto ci appare affidabile e giusto. Non si arriva da soli alla meta, ma solo grazie alla forza di legami “giusti”, cioè “veri”, “sinceri”, “affidabili”.

• In questa giustizia l’uomo riconosce la verità dell’esistenza e inizia a pensare a Dio come fondamento di quei legami che permettono all’uomo di camminare e di arrivare al traguardo.

• La fede cristiana è la forma della coscienza che si struttura secondo la trama di legami affettivi sorti dalla conversione alla bella notizia (evangelo) di quel legame primo e fondamentale con l’Abbà di Gesù, cioè con quello stesso Padre (letteralmente “papà”) che Gesù ama e serve.

• La fede cristiana è innanzitutto affidamento a quel legame con l’Abbà che Gesù ha vissuto e rivelato.

• La fede è seguire Gesù. Tale sequela implica il prendere la propria croce ogni giorno. La croce è lo strumento di morte di Gesù: il comando di Gesù chiede la disponibilità del discepolo ad andare con Gesù fino alla morte, a condividere cioè interamente il suo cammino, che va fino alla croce; perché «chi vuole salvare la propria vita, la perderà…».

La fede è affidamento a un senso che si annuncia, che richiama, che promette, in maniera affettivamente [non soltanto razionalmente] significativa e persuasiva: camminare nella fede è seguire una promessa che si avverte prima di tutto nel cuore.

• La rivelazione cristiana svela il fondamento dell’ordine della creazione (la creazione viene rivelata come campo di forze nascoste – metafisiche – come la giustizia e la verità, le quali la orientano verso un futuro di speranza); la rivelazione inoltre instaura l’ordine della redenzione (il Regno di Dio germoglia e cresce già ora, cioè nel momento in cui si costruiscono trame evangeliche). La fede come riconoscimento del volto nascosto del mondo, soprattutto nel senso del grande bene che freme per attuarsi nelle cose, nelle persone, nelle comunità: camminare nella fede è cedere che quello che ora vediamo è solo una piccola parte di quello che c’è effettivamente da vedere.

 

3.2. Alcuni percorsi per una riflessione sulla fede…

a. “Come faccio a sapere che questa è la strada giusta?”; ossia, decidere di mettersi in cammino costa fatica. Questa domanda esprime l’idea che prima di mettermi in cammino dovrei sapere con certezza qual è la meta. In questo senso la domanda riproduce l’ideale cartesiano e illuminista di coscienza. Quando si pretende di avere idee chiare e distinte si rischia di non partire mai! La fede decide di sé nel momento in cui sente che ne vale la pena, anche se non conosce tutti i dati, e nemmeno la maggioranza degli aspetti dell’itinerario.

b. “Ma sì, partiamo. Caso mai torniamo indietro”; cioè, la scelta di tenere tutte le porte aperte. Questo ragionamento esprime l’idea di partire in ogni caso, ritenendo sempre possibile cambiare strada, come se il nostro cammino non ci segnasse e non fosse determinante nella percezione della meta, della sua bellezza, ma anche di quanto sia compromettente mettersi sulla sua strada. Questo ragionamento riproduce l’ideale postmoderno di coscienza che, ritenendo di non poter avere alcuna certezza (verità), suggerisce di intraprendere un cammino sapendo di poter comunque tornare indietro… “Va’ dove ti porta il cuore” o “Cogli l’attimo fuggente”… tanto, poi, puoi sempre cambiare idea. Ma, in realtà, è proprio possibile tenere aperte tutte le vie? Il cammino, ad un certo punto, non ci impone una scelta? E se non scelgo riesco davvero a camminare? La fede è decidersi, è fedeltà nelle scelte.

c. “Ma qui non si arriva mai! Vale proprio la pena di continuare a camminare?”; ossia, la tentazione di interrompere il cammino. Questa domanda mette alla prova il nostro desiderio. Il desiderio di arrivare alla meta potrebbe ripiegarsi su qualcos’altro. Mi accontento di un altro luogo, minore. Mentre il desiderio ci appassiona, fermarsi al bisogno significa fermarsi a un’emozione, a qualcosa di “ridotto” rispetto allo slancio del desiderio. Fuor di metafora: mentre il desiderio traccia una linea, uno slancio, il bisogno delinea un circolo, un ripiegamento. La fede è passione che non si accontenta di mezze misure.

d. “Ma questa giuda conosce proprio la strada?”; cioè, la tentazione di voler far da soli. Questa domanda nasce facilmente sul terreno di un’ideale democratico coltivato come insieme di soggetti autonomi e autofondati. Ma, in realtà, da soli non facciamo neanche un passo; come ognuno sa bene, ricordando di essere stato bambino, che la fede è fiducia in altri.

e. “E se prendessi un mezzo veloce?”; ossia, la tentazione di scorciatoie immaginarie! Questo è il ragionamento di chi si illude di poter trovare una strada alternativa senza far fatica. In realtà, in questo modo, perde tutto quello che solo il cammino può offrire. Arrivare con la Freccia Rossa o in Ferrari non è la stessa cosa che arrivare a piedi, perché la meta guadagnata risulta diversa, e anche tu non sei lo stesso! La fede è lotta, è un lungo, lento e faticoso cammino.

f. “Che fatica camminare con gli altri, quello va piano, quello va forte”; ossia, l’incapacità di camminare insieme. Questo pensiero oggi è facilmente incoraggiato dal narcisismo che ci fa cercare gli altri come specchi di noi stessi, ma ci rende incapaci di costruire legami di amicizia sinceri, quelli che in realtà cerchiamo. La fede ci dona dei fratelli.

 

4. Il viaggio come conversione e come annuncio

«Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». E la voce: «Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno. Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda» (Atti 9,1-9).  *****************

«C’erano nella comunità di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Selèucia e di qui salparono verso Cipro. Giunti a Salamina cominciarono ad annunziare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con loro anche Giovanni come aiutante. Attraversata tutta l’isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus, al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona di senno, che aveva fatto chiamare a sé Barnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio. Ma Elimas, il mago, ciò infatti significa il suo nome faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede. Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui e disse: «O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore? Ecco la mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole». Di colpo piombò su di lui oscurità e tenebra, e brancolando cercava chi lo guidasse per mano. Quando vide l’accaduto, il proconsole credette, colpito dalla dottrina del Signore. Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di

Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. Essi invece proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiochia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, si sedettero» (Atti 13,1-14).

 

5. DAI “DISCORSI” DI SANT’AGOSTINO

«Cantiamo qui l’alleluia, mentre siamo ancora privi di sicurezza, per poterlo cantare un giorno lassù, ormai sicuri. Perché qui siamo nell’ansia e nell’incertezza. E non vorresti che io sia nell’ansia, quando leggo: Non è forse una tentazione la vita dell’uomo sulla terra? (cfr. Gb 7,1). Pretendi che io non stia in ansia, quando mi viene detto ancora: “Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione”? (Mt 26,41). Non vuoi che io mi senta malsicuro, quando la tentazione è così frequente, che la stessa preghiera ci fa ripetere: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”? (Mt 6,12). Tutti i giorni la stessa preghiera e tutti i giorni siamo debitori! Vuoi che io resti tranquillo quando tutti i giorni devo domandare perdono dei peccati e aiuto nei pericoli? Infatti, dopo aver detto per i peccati passati: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, subito, per i pericoli futuri, devo aggiungere: “E non ci indurre in tentazione” (Mt 6,13). E anche il popolo, come può sentirsi sicuro, quanto grida con me: “Liberaci dal male”? (Mt 6,13). E tuttavia, o fratelli, pur trovandoci ancora in questa penosa situazione, cantiamo l’alleluia a Dio che è buono, che ci libera da ogni male. Anche quaggiù tra i pericoli e le tentazioni, si canti dagli altri e da noi l’alleluia. “Dio infatti è fedele; e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze” (1 Cor 10,13). Perciò anche quaggiù cantiamo l’alleluia. L’uomo è ancora colpevole, ma Dio è fedele. Non dice: “Non permetterà che siate tentati”, bensì: “Non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla” (1Cor 10,13). Sei entrato nella tentazione, ma Dio ti darà anche il modo di uscirne, perché tu non abbia a soccombere alla tentazione stessa: perché, come il vaso del vasaio, tu venga modellato con la predicazione e consolidato con il fuoco della tribolazione. Ma quando vi entri, pensa che ne uscirai, “perché Dio è fedele”. Il Signore ti proteggerà da ogni male… veglierà su di te quando entri e quando esci (cfr. Sal 120,78). Ma quando questo corpo sarà diventato immortale e incorruttibile, allora cesserà anche ogni tentazione, perché “il corpo è morto”. Perché è morto? “A causa del peccato”. Ma lo Spirito è vita”. Perché? “A causa della giustificazione” (Rm 8,10). Abbandoneremo dunque come morto il corpo? No, anzi ascolta: “Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali” (Rm 8,1011). Ora infatti il nostro corpo è nella condizione terrestre, mentre allora sarà in quella celeste. O felice quell’alleluia cantato lassù! O alleluia di sicurezza e di pace! Là nessuno ci sarà nemico, là non perderemo mai nessun amico. Ivi risuoneranno le lodi di Dio. Certo risuonano anche ora qui. Qui però nell’ansia, mentre lassù nella tranquillità. Qui cantiamo da morituri, lassù da immortali. Qui nella speranza, lassù nella realtà. Qui da esuli e pellegrini, lassù nella patria. Cantiamo pure ora, non tanto per goderci il riposo, quanto per sollevarci dalla fatica. Cantiamo da viandanti Canta, ma cammina. Canta per alleviare le asprezze della marcia, ma cantando non indulgere alla pigrizia. Canta e cammina. Che significa camminare? Andare avanti nel bene, progredire nella santità. Vi sono infatti, secondo l’Apostolo, alcuni che progrediscono sì, ma nel male. Se progredisci è segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi avanzare nella retta fede,devi avanzare nella retta fede, devi progredire nella santità. Canta e cammina».

 

6.Il cammino di FEDE di Caterina Volpicelli

“Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto”: l’adesione vitale di chi aderisce a Cristo è essenziale per la fecondità dei frutti.

Il rimanere in Cristo è fondamentale al germoglio della fede che è in noi perché possa sopravvivere e svilupparsi. Chi si stacca da Cristo, è condannato alla perdizione. Dietro il simbolo del tralcio secco e arido, c’è il mistero del rifiuto che l’uomo può opporre alla vita e all’amore che Dio ci offre. Ma i tralci rigogliosi e verdeggianti, che incoronano il corpo di Cristo, cioè la Chiesa, conoscono anche il momento della potatura. È la  purificazione necessaria che Dio compie per avere una Chiesa santa, “senza macchia e senza ruga” (Ef 5,27): il dono della fede non è dato una volta per sempre, ma esige una continua crescita e una continua liberazione da scorie e limitazioni.

         In questa meravigliosa immagine della vite e dei tralci possiamo leggere la vita e il cammino di santità di Caterina Volpicelli.

 

6.1.Una fede che nasce si sviluppa in famiglia e nel territorio.

Nacque in una famiglia cristiana che, benché appartenesse all’alta borghesia napoletana, viveva “i principali misteri di nostra Santa Fede”. Il padre, imprenditore e commerciante, e la madre, Maria Teresa Micheroux, la fecero battezzare il giorno dopo la nascita (31 gennaio 1939) e la educarono nella fede cristiana anche con piccole pratiche cristiane che Caterina ricorderà con riconoscenza da adulta.

         Ma questo tralcio, innestato in Cristo e nella Chiesa, dovette essere continuamente potato prima di iniziare a portare frutti copiosi. La grazia dovette operare molto sulla personalità di una giovane che, dotata di viva intelligenza, sembrava volesse splendere di luce propria, coltivando le doti ricevute da Dio con alterigia, superbia e volontà di affermazione personale che, da un momento all’altro, avrebbero potuto staccarla dalla vite, Cristo.

 

6.2.Una fede calata nella storia e nell’oggi del suo tempo, contestualizzata     

La Napoli ottocentesca, nella quale visse, con i suoi problemi sociali, culturali, religiosi, non aiutava certamente la maturazione spirituale di una giovane che avrebbe potuto affermarsi in una società il cui stile di vita umanamente affascinante, ma senza essere segnata dalla verità del Vangelo. Ma l’incontro con alcuni santi sacerdoti e la stessa devastante epidemia del colera del 1854 scossero fortemente il suo animo sensibile e generoso, fino al punto da far maturare in lei il desiderio di entrare in convento (tra le figlie di S. Vincenzo dei Paoli), se non addirittura in un monastero di vita contemplativa. Ma furono il P. Ludovico da Casoria e il barnabita P. Matera le vere guide spirituali che l’aiutarono a dedicarsi tutta a Cristo e a rispondere alla chiamata del Signore per un servizio a favore dei più umili e necessitati. I genitori e il fratello Vincenzo tentarono di dissuaderla, ma Caterina, dopo diversi tentativi, vide “chiara la Divina Volontà” e vi aderì.

 

6.3.Una fede che ingloba le opere    

Da questo innesto alla volontà Divina nacquero i numerosi frutti spirituali e sociali di cui ancora oggi assaporiamo la dolcezza. La spiritualità dell’apostolato della preghiera e la devozione profonda al Sacro Cuore (nel febbraio del 1863 si offrì al “Cuore agonizzante di Gesù come povera vittima di amore”) furono le modalità che la Provvidenza mise nelle mani di Caterina Volpicelli per una testimonianza di fede e di carità in una Napoli violentata da mali spirituali e sociali. Con l’aiuto delle zelatrici e delle figlie dei Sacri Cuori, divenute Ancelle del Sacro Cuore, si immerse nella realtà del suo tempo cercando di alleviare le famiglie indigenti, le sofferenze dei bambini, di uomini dediti al vizio, all’alcol, alla delinquenza, di donne costrette a prostituirsi. Per questo, accanto alle “buone Marte” volle mettere le “Maddalene” e i “lazzari”.

 

6.4.Una fede autenticamente ecclesiale   

Ma una nota caratteristica della spiritualità della Volpicelli fu il suo amore alla Chiesa, manifestato attraverso la piena comunione con il Vescovo del tempo: prima con il Cardinale Sisto Riario Sforza, che ne approvò le Regole, poi col benedettino  Cardinale Guglielmo Sanfelice, che benedisse la prima pietra del Tempio dedicato al Sacro Cuore, e, infine, con il Sommo Pontefice Leone XIII, che più volte incoraggiò la Volpicelli a portare a termine la sua opera innovativa. Pur tra tante amarezze e delusioni, il Signore non le fece mancare la gioia spirituale dell’amicizia con i beati Ludovico da Casoria e Bartolo Longo che rese l’ultimo omaggio alla salma della Madre che il Signore accolse tra le sue braccia il 28 dicembre 1894.

 

7. Conclusione

“Per essere autentiche educatrici della fede, desiderose di trasmettere alle nuove generazioni i valori della cultura cristiana, è indispensabile, come amava ripetere Santa Caterina Volpicelli, liberare Dio dalle prigioni in cui lo hanno confinato gli uomini. Solo infatti nel Cuore di Cristo l’umanità può trovare la sua ‘stabile dimora”. Santa Caterina mostra alle sue figlie spirituali e a tutti noi, il cammino esigente di una conversione che cambi in radice il cuore, e si traduca in azioni coerenti con il Vangelo” (Papa Benedetto XVI)

Monte San Biagio. Festa Patronale in onore del Santo Vescovo e Martire

IDSC04627.JPGDSC04646.JPGnizia oggi pomeriggio, 24 gennaio 2013, con la discesa del busto argenteo del Santo dalla Cappella laterale a lui dedicata per l’intronizzazione della stessa immagine sull’altare principale, la preparazione alla festa di San Biagio, vescovo e martire, protettore dell’omonimo Comune in provincia di Latina, tra Fondi e Terracina, che quest’anno ricorda i suoi 150 anni di storia. Anche quest’anno sarà padre Antonio Rungi, missionario passionista, molto apprezzato per la sua predicazione, a tenere il novenario in onore di San Biagio a Monte San Biagio. Il noto religioso incentrerà tutta la sua predicazione sulla fede, valorizzando appieno quanto i martiri ed in particolare san Biagio offrono come riflessione su questo tema nell’anno della fede.

Ogni sera il sacerdote sarà a disposizione dei fedeli per le confessioni dalle 17,30 alle 18,30. A quest’ora inizia la solenne celebrazione eucaristica serale, con l’omelia e la riflessione del predicatore.

Il novenario vero e proprio inizia quindi domani, 25 gennaio 2013, in coincidenza con la conversione di San Paolo Apostolo e la chiusura dell’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani. Sempre domani sera, padre Rungi, dopo la celebrazione eucaristica incontrerà il gruppo di Azione Cattolica Adulti per un confronto sulle tematiche della fede e della stessa associazione cattolica, molto operativa ed incisiva sul territorio.

Il novenario si concluderà sabato 2 febbraio 2013, mentre la festa in onore del santo è in programma per domenica 3 febbraio 2013.

Come tutti gli anni ci sono varie manifestazioni colletarali o integrate nel programma religioso, come la benedizione dell’olio e del pane di San Biagio che qui è molto curata sia come preparazione e sia come significato del rito stesso della benedizione.

Alla vigilia come nella festa del santo tutti si accostano per ricevere l’unzione della gola per la specifica protezione che questo santo ha circa i mali dellla gola. Di tale protezione tutti ne abbiamo bisogno. Così pure la distribuzione del pane di San Biagio preparato con particolari tecniche e con specifiche finalità caritative.

Nel corso del novenario, padre Rungi, farà visita agli infermi ed ammalati della città, portando il conforto dei sacramenti della confessione, della comunione e dell’unzione degli infermi.

C’è molta attesa per la festa di quest’anno in quanto l’anno della fede chiede a tutti i cristiani di vivacizzare e rivitalizzare la fede sul modello dei martiri e confessori della chiesa.

Don Emanuele Avallone, parroco della comunità da pochi anni, ha dato un impulso nuovo alla festa in onore del patrono. Con la presenza dei giovani, la festa si connota ogni anno come festa delle vecchie e nuove generazioni dei devoti di San Biagio, che rimane il santo di riferimento morale e spirituale del cammino cristiano dei monticellani.

Tutta la devozione in onore del Santo Patrono è sintetizzata in tanti interventi sulla Chiesa parrocchiale per redendere più agevole il luogo di culto e le opere parrocchiali, che si sorgono all’estremità del Comune, nel centro storico della stessa cittadina. La chiesa ha  una sua precisa fisionomia e importanza dal punto di vista storico, artistico e religioso. Cuore della devozione in onore di San Biagio, la Chiesa e la parrochia sono centri propulsori per la vita sociale, umana e religiosa di tutti gli abitanti, che si chiamano “monticellani”.

Libri, documenti, tradizioni, usanze entrano in tutta la storia della devozione in onore di San Biagio qui in questo Comune che ha scelto di dedicare il suo territorio proprio ad uno dei santi più amati e venerati in Occidente come in Oriente.

In questo novenario e nella festa 2013 in onore del Santo Patrono, tutta la comunità cristiana si stringerà intorno al suo Protettore per chiedere le necessarie grazie, soprattutto quel dono della fede che Biagio ha testimoniato fino al martirio.

Tutti i cittadini della zona e dei devoti sono invitati a partecipare alla grande festa in onore del Patrono di Monte San Biagio, alla quale non farà mancare la sua presenza l’arcisvescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, pastore attento e zelante dell’intero territorio diocesano. Lui che è membro della Congregazione delle cause dei santi è un esperto in materia di santità riconosciuta dalla chiesa e da essa proclamata come punto di riferimento a cui rifarsi nel vivere la fede oggi e sempre. Nella sua lettera pastorale di inizio del nuovo anno pastorale, monsignor D’Onorio, ha voluto rimarcare appunto l’essere saldi nella fede in un tempo in cui la fede è molto labile e poco vissuta e testimoniata.

Mondragone. Iniziate le celebrazioni giubilari per le Suore di Gesù Redentore

150120132146.jpg150120132152.jpg150120132139.jpgCon la solenne concelebrazione eucaristica di martedì 15 gennaio 2013, alle ore 19.00, nella Chiesa delle Suore della Stella Maris di Mondragone, sono iniziate le manifestazioni religiose, culturali, sociali e civili per i 150 anni della nascita dell’Istituto delle Suore di Gesù Redentore, fondato dalla Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu, il 15 gennaio del 1863. Risale infatti a tale data l’approvazione pontificia, ricevuta dalla Le Dieu direttamente dal Papa, Pio IX, durante l’udienza avuta in Vaticano il 15 gennaio del 1863. Per ricordare questo fausto avvenimento storico, le Suore di Gesù Redentore che sono presenti a Mondragone da circa 70 anni alla Stella Maris, hanno allestito un programma di iniziative religiose, culturali e civili per dare giusto risalto all’avvenimento, che riguarda tutte le Suore di tale istituzione ecclesiale.

 

A Mondragone l’inizio ufficiale di tali manifestazioni giubilari è stato il giorno 15 gennaio con un intero pomeriggio, dedicato alla figura di Victorine Le Dieu. Alle ore 17.00 i circa 50 fedeli sono stati accolti dalle suore per un momento di preghiera nella loro cappella.

 

Alle ore 17,15 il gruppo si è trasferito nella sala conferenze per vedere alcuni filmati sulla vita della Serva di Dio e sulle attività delle Suore della Stella Maris. I video sono stati realizzati dalle stesse suore. Gli spettatori hanno apprezzato la produzione di questi strumenti di comunicazione multimediali, anche perché frutto del lavoro delle stesse religiose.

 

Alle ore 18,15 il gruppo delle persone si è trasferito nella chiesa delle Suore per partecipare all’ora di adorazione eucaristica programmata per il pomeriggio. E’ stato padre Antonio Rungi, passionista, assistente spirituale delle Suore della Stella Maris, da un trentennio, ad esporre solennemente Gesù Eucaristia e a rendersi disponibile per le confessioni sacramentali.

 

Alle ore 19.00, l’adorazione eucaristica si è conclusa con la benedizione con il santissimo sacramento dell’altare, impartita da padre Aimè Talimbini, passionista della parrocchia di San Giuseppe, cappellano da un anno delle Suore della Stella Maris.

 

Alle ore 19.05 è iniziata la messa solenne presieduta da padre Antonio Rungi e concelebrata da padre Aimè. La celebrazione si è svolta in un clima di grande emozione, raccoglimento e gioia, animata dai canti e dalla musica. Padre Antonio Rungi nella sua puntuale omelia ha messo in risalto la figura della Serva di Dio, Victorine Le Dieu, sottolineando soprattutto la sua fede, ma anche facendo memoria dell’inizio dell’opera fondata dalla Le Dieu e che ha nell’Eucaristia il centro della spiritualità e nella carità verso gli ultimi la concreta attuazione di questo speciale carisma riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa, 150 anni fa.

 

Molto espressiva la processione offertoriale curata dalle Suore della Stella Maris e commentata dalla superiora, suor Maria Paola Leone. Le suore, infatti, hanno portato all’altare il pane e il vino, la lampada, la bisaccia con la quale la loro fondatrice viaggiava e nella quale era la bolla pontificia dell’approvazione della loro congregazione, e un quadro della fondatrice, nel quale si evidenziava lo stato di necessità e di povertà della Serva di Dio. Lei che proveniva da una famiglia ricca si fece povera per servire la causa dei poveri e dei diseredati.

 

Poi la preghiera dei fedeli incentrata sulla fausta ricorrenza dei 150 anni di vita delle suore di Gesù Redentore.

 

Infine la partecipazione alla santa comunione di quasi tutti i fedeli presenti in chiesa, tra cui diversi amici ed estimatori delle Suore, i membri del cenacolo di preghiera, il personale della Stella Maris, fedeli e cittadini del territorio.

 

La messa si concludeva con la preghiera per la glorificazione della Serva di Dio e la benedizione solenne impartita da padre Antonio Rungi a tutti i presenti. Lo stesso celebrante informava i presenti delle varie iniziative che le Suore della Stella Maris porteranno avanti nel corso dell’anno giubilare che si concluderà il 15 gennaio 2014, tra cui un recital sulla vita della loro fondatrice, un convegno di studi, celebrazioni parrocchiali, cittadine e diocesane, manifestazioni culturali e incontri di preghiera.

 

Il primo impegno del genere è stato fissato con il gruppo dei giovani, guidato da Don Paolo Marotta, vicario episcopale per la vita consacrata della diocesi di Sessa Aurunca e parroco di San Donato e Ventaroli di Carinola, che con la preghiera della gioia, aggrega giovani di varie parti del territorio, sostenendo gli stessi nel loro cammino di formazione umana, cristiana e spirituale. L’incontro dei giovani si terrà alla Stella Maris, questa sera, 16 gennaio 2013, alle ore 21.00 nella sala predisposta al piano terra per il numeroso gruppo di giovani, che ogni settimana, il mercoledì sera, partecipa normalmente e con grande interesse e beneficio spirituale alla preghiera della gioia.

 

Con loro anche diversi adulti e fedeli delle varie comunità parrocchiali della Diocesi di Sessa Aurunca e di altre Diocesi. Tale incontro si svolge di regola presso le Suore dell’Immacolata di Genova a Carinola. Solo eccezionalmente, questo incontro di preghiera si svolgerà questa sera alla Stella Maris di Mondragone e si prevede una massiccia partecipazione dei giovani a questo appuntamento con lo spirito, che tanta gioia porta nel loro giovane cuore. Quei giovani di cui la Serva di Dio si prese cura in Francia e a Roma, prima e dopo l’approvazione pontificia della sua opera.

 

Mondragone (Ce). Festa giubilare alla Stella Maris

SUORE-MONDRAGONE-15GENNAIO13.jpgFESTA15GENNAIO2013-STELLAMARIS.jpgSarà padre Antonio Rungi, passionista, per 30 anni cappellano delle Suore della Stella Maris, a presiedere, martedì 15 gennaio 2013, alle ore 19.00 la solenne liturgia eucaristica di ringraziamento per i 150 anni di storia e di vita della Congregazione delle Suore di Gesù Redentore, fondata dalla Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu. La solenne celebrazione si svolge nella chiesa delle suore della Stella Maris di Mondragone, durante la quale padre Rungi, nella qualità di assistente spirituale della Stella Maris, tratteggerà la vita e le opere della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu e della sua famiglia religiosa in questi 150 anni di storia, di cui 70 anni anni, vissuti anche nella città di Mondragone, con la presenza della comunità della Stella Maris e fino al 1990 del convitto femminile di Via Amedeo, al Rione San Nicola di Mondragone, ora centro di accoglienza gestito dalla Diocesi di Sessa Aurunca. Sono sei le suore della comunità religiosa della Stella Maris, guidate dalla responsabile Suor Maria Paola Leone, impegnate in questi giorni a celebrare in modo adeguato la fausta ricoorenza giubilare dei 150 anni di storia del loro istituto. Istituto approvato con bolla pontificia da Pio IX il giorno 15 gennaio 1863, quando Victorine Le Dieu si presentò dal Papa per chiedere espressamente l’autorizzazione di avviare la sua famiglia religiosa con finalità di adorazione, riparazione e riconciliazione e con impegno nella carità operosa e fattiva a favore dei poveri e dei diseredati della Francia post-rivoluzionaria. Il Papa concesse l’autorizzazione e Madre Victorine potè dare avvio alla sua opera. A distanza di 150 anni dal quello storico incontro, tutte le comunità religiose delle Suore di Gesù Redentore festeggiano la nascita del loro istituto. Il 150 compleanno è una tappa importantissima nella storia antica e recente di questa Congregazione, oggi presenti in varie parti d’Italia, d’Europa  e degli altri continenti. La congregazione non è grande da un punto di vista numerica, ma è molto operativa in vari campi e settori della vita sociale, ecclesiale e parrocchiale. Le Suore di Gesù Redentore, una volta del Patrocinio San Giuseppe, sono impegnate nelle carceri, nella scuola, nell’assistenza ai malati, nell’accoglienza dei  piccoli, nelle parrocchie, nella scuola e in altri ambiti della nuova evangelizzazione. A Mondragone la Stella Maris da convitto per minori in disagio sociale, la struttura negli ultimi anni ha cambiato destinazione d’uso, divenendo una casa di ospitallità, un centro di accoglienza e di spiritualità, un luogo di incontro culturale, spirituale e pastorale aperto a tutti. Martedì sarà qu la festa del 150 compleanno delle Suore di Gesù Redentore, con il pomeriggio completamente dedicato a celebrare degnamente questo storico avvenimento con vari momenti di riflessione, preghiera e soprattutto con la celebrazione della santa messa di ringraziamento, presieduta da padre Antonio Rungi, passionista e concelebrata dai sacerdoti del territorio, alcuni di loro anche alunni della Stella Maris. La festa è aperta a tutti e tutti coloro che conoscono la struttura e le suore e vogliono elevare al Signore il ringraziamento per questa ricorrenza giubilare, questi lo possono fare partecipando ai vari momenti in programma, come da varie comunicazioni e pubblicazioni. Alla festa la comunità religiosa e cristiana si è preparata con un triduo di preghiera e di rifessione, animato da don Paolo Marotta, da don Roberto Gutturiello e da padre Bernard Majele, passionista. 

Suore di Gesù Redentore. 150 anni di storia della Congregazione.

DSC04586.JPGDSC04595.JPGDSC04605.JPGQuesta sera è iniziato regolarmente il triduo di preparazione alla festa dei 150 anni di vita della Congregazione delle Suore di Gesù Redentore, nella cappella delle Suore della Stella Maris in Mondragone. A presiedere la liturgia prevista per questo primo giorno è stato don Paolo Marotta, vicario episcopale per la vita consacrata della Diocesi di Sessa Aurunca. Diversi i fedeli presenti in chiesa che hanno partecipato all’ora di adorazione, hanno celebrato i vespri ed hanno partecipato alla santa messa, con omelia, tenuta dallo stesso Don Paolo, sul tema “Celebriamo la fede, invocando lo Spirito”. Le Suore della Stella Maris si stanno preparando allo storico avvenimento con questo triduo, ma anche con altre significative iniziative che vanno oltre questi giorni e lo specifico giorno commemorativo del 15 gennaio. Con loro un gruppo di laici che collaborano e soprattutto il loro assistente spirituale, padre Antonio Rungi. Questo il programma per domani.

 

GIORNO 13 GENNAIO 2013, <<CELEBRIAMO LA FEDE ACCOGLIENDO IL SUO DONO>> ORE 19,00 – CAPPELLA DELLE SUORE ADORAZIONE EUCARISTICA-VESPRI E MESSA, PRESIEDE: P.BERNARD MAJELE, PASSIONISTA,PARROCO DI SAN GIUSEPPE ARTIGIANO.

 

GIORNO 14 GENNAIO 2013, <<CELEBRIAMO LA FEDE IN AZIONE DI GRAZIE>>,ORE 19,00 – CAPPELLA DELLE SUORE, ADORAZIONE EUCARISTICA-VESPRI E MESSA, PRESIEDE DON ROBERTO GUTTORIELLO, VICARIO FORANEO DI MONDRAGONE.

 

GIORNO DELLA FESTA 15 GENNAIO 2013  <<CELEBRIAMO LA FEDE NELLA MEMORIA DI UN SI’>> ORE 17.00 ACCOGLIENZA, ORE 17,30: VIDEO SULLA VITA DELLA FONDATRICE, PRODOTTO DALLE STESSE SUORE DI MONDRAGONE. ORE 18.00: ADORAZIONE EUCARISTICA (CAPPELLA DELLE SUORE). ORE 19,00: VESPRI E CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA. PRESIEDE P.ANTONIO RUNGI, PASSIONISTA, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLA COMUNITA’ DELLA STELLA MARIS.

 

Per ottimizzare le celebrazioni giubilari, dalla Casa generalizia delle Suore, che si trova a Fonte Nuova in Roma, è stato distribuito un opuscolo dal titolo “Da quell’incontro…una vita nuova. 150 anni fa”, nel quale la Madre Generale, Suor Marilena Russo, da pochi mesi alla guida della Congregazione, raccomanda a tutte le religiose e ai laici vicino alle figlie spirituali della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu una degna celebrazione di questo storico anniversario: “Viviamo con gratitudine quest’anniversario. Siamo tutte convinte che quel sacco che la Fondatrice portava sempre con sé conteneva certamente il rescritto firmato da Pio IX, la sua più grande ricchezza. Non se n’è mai distaccata. Solo in punto di morte l’ha affidato alla Marchesa Serlupi come una preziosa eredità da custodire…Celebriamo questo anniversario soprattutto nella preghiera, intensificando la nostra vita spirituale nella fedeltà all’eredità ricevuta e rendendo grazie al Signore per questa donna così ardita che ha vinto ogni ostacolo pur di far fiorire il carisma di riparazione e di riconciliazione che il Signore ha voluto affidarle”. 

PAGANI. CONCLUSO IL TRIDUO DI PREPARAZIONE ALLA FESTA DELLE SUORE

Foto1007.jpgCon un solenne celebrazione eucaristica presieduta questa sera, 5 gennaio 2013, da padre Antonio Rungi, dalle ore 17 alle 19.30, si è concluso il triduo di preparazione spirituale che si tiene nella casa madre di Pagani (Sa), in Via San Francesco, dove riposano le spoglie mortali del Beato. Triduo voluto espressamente predicato da padre Rungi dalle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue, che domani 6 gennaio 2013, ricordano il loro Fondatore, Tommaso Maria Fusco, prossimo alla canonizzazione, in  questo anno della fede. Ma le suore ricordano in particolare la loro fondazione, che risale al 140 anni fa. Era, infatti il 6 gennaio del 1873, solennità dell’Epifania, 140 anni fa, quando profondamente colpito dalla disgrazia di un’orfana, vittima della strada, dopo attenta preparazione nella preghiera di discernimento, don Tommaso Maria fondò la Congregazione delle «Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue». L’Opera ebbe inizio nella Chiesa della Madonna del Carmine, in Pagani, alla presenza del Vescovo Raffaele Ammirante il quale, con la consegna dell’abito alle prime tre Suore, benedisse il primo Orfanotrofio per sette orfanelle povere del paese. Sulla nascente famiglia religiosa e sull’Orfanotrofio, dietro sua richiesta, non tardò a scendere anche la benedizione del Papa. Ora le Suore fondate dal Fusco sono presenti in varie parti d’Italia e all’estero, portando avanti l’opera iniziata dal fondatore, con particolare attenzione ai bambini e all’infanzia abbandonata o in difficoltà. La straordinaria figura di questo sacerdote diocesano, viene commemorata in questi giorni, con una specifica preparazione spirituale alla festa dell’Istituto che si ricorda il 6 gennaio. Le comunità religiose delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue di Pagani e delle altre località della regione Campania si sono  ritrovate in queste sere per la celebrazione dei vespri, della santa messa con riflessione e con altri momenti di incontri tra le suore e i fedeli laici, soprattutto giovani, che fanno riferimento ai cenacoli di preghiera istituiti a Pagani e negli altri Comuni del territorio.

Questa sera giornata conclusiva del triduo la celebrazione è stata particolarmente sentita e vissuta, con circa 100 persone presenti in chiesa, tra suore, giovani e fedeli laici appartenenti al cenacolo di preghiera, guidato negli anni scorsi da padre Antonio Rungi. L’intensa celebrazione con la sentita omelia pronunciata da padre Rungi ha attirato l’attenzione di tutti i presenti, in particolare i circa 30 giovani che hanno animato la liturgia con canti religiosi e natalizi di grande sensibilità ed efficacia. A conclusione del rito, il bacio del bambino e la commovente rappresentazione scenica di alcuni quadri del vangelo dell’infanzia di Gesù. Sacra rappresentazione curata dai Giovani dell’Avo di Nocera Inferiore, i volontari ospedalieri che questa sera hanno condiviso con le suore il momento di preghiera in onore del Beato Tommaso Maria Fusco. La sacra rappresentazione è partita con la lettura del prologo del Vangelo di Giovanni e si è sviluppata poi sull’annunciazione, sulla visita a Sant’Elisabetta, su San Giuseppe, sulla nascita di Gesù a Betlemme con l’adorazione dei pastori e dei Magi. Vari quadri molto belli, con personaggi dal vivo, stile presepe vivente, in cui i dialoghi, tratti dal vangelo sono stati la parte dominante della sacra rappresentazione. L’associazione Avo di Nocera inferiore conta oltre 300 aderenti e si alimenta con il propri proventi, senza alcun aiuto esterno, ma solo con l’autotassazione di 15 euro all’anno per tutti gli iscritti, come ha sottolineato il presidente presente alla celebrazione. E’ stata Madre Ofelia a volere ringraziare tutti i convenuti alla celebrazione della sera, particolarmente riuscita e vissuta con spiritualità e coinvolgimento emotivo da parte di tutti. La stessa religiosa ha voluto tracciare, prima della santa messa, presieduta da padre Antonio Rungi, la figura esemplare del Beato Tommaso Fusco e il perché della nascita del loro istituto, le Suore Figlie della Carità del preziosissimo Sangue. Informazioni risultate utili per i giovani e i presenti, alcuni dei quali per la prima volta giunti al luogo di culto dedicato al Beato Tommaso Maria Fusco. La bellissima serata di preghiera e di riflessione sui testi della parola di Dio relativi alla solennità dell’Epifania del Signore del 2013, si è conclusa con la piccola agape fraterna nel refettori delle suore, alla quale hanno partecipato tutti i giovani che hanno animato la liturgia e la sacra rappresentazione della natività di Gesù, ma anche i fedeli presenti in chiesa le suore della comunità di San Francesco di Pagani e delle apre comunità della cittadina e di altre località. Che dire? Una festa dell’Epifania che si ricorderà a lungo e segnerà la storia dell’Istituto delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue e lasciare una traccia indelebile nel prossimo cammino della Congregazione a Pagani, città natale del Beato e luogo di prima evangelizzazione di Tommaso Maria Fusco, uno degli uomini e santi illustri della città nota anche per la presenza di un altro grande santo, che con il Natale ha una storia particolare, quel Sant’Alfonso dei Liguori, che ha scritto pagine stupende e meravigliose sul mistero dell’incarnazione del Signore, fissando la sua spiritualità natalizie in celebri canti come Tu scendi dalle Stelle o “Quann nascette Ninno a Betlemme”. Canti eseguiti questa sera a conclusione di tutto il periodo natalizio, celebrandosi oggi la solennità dell’Epifania che tutte le feste porta via.

Pagani (Sa). Una storia da raccontare, ma anche un avvenire da costruire

Foto0931.jpgBeato_Tommaso_Maria_Fusco.jpgDomani 6 gennaio 2013, le Suore Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue celebrano il loro 140 anniversario dellla fondazione. Era, infatti, il 6 gennaio 1783, solennità dell’Epifania, 140 anni fa, quando profondamente colpito dalla disgrazia di un’orfana, vittima della strada, dopo attenta preparazione nella preghiera di discernimento, don Tommaso Maria fondò la Congregazione delle «Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue». L’Opera ebbe inizio nella Chiesa della Madonna del Carmine, in Pagani, alla presenza del Vescovo Raffaele Ammirante il quale, con la consegna dell’abito alle prime tre Suore, benedisse il primo Orfanotrofio per sette orfanelle povere del paese. Sulla nascente famiglia religiosa e sull’Orfanotrofio, dietro sua richiesta, non tardò a scendere anche la benedizione del Papa. Ora le Suore fondate dal Fusco sono presenti in varie parti d’Italia e all’estero, portando avanti l’opera iniziata dal fondatore, con particolare attenzione ai bambini e all’infanzia abbandonata o in difficoltà. La straordinaria figura di questo sacerdote diocesano, viene commemorata in questi giorni, con una specifica preparazione spirituale alla festa dell’Istituto che si ricorda il 6 gennaio. Le comunità religiose delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue di Pagani e delle altre località della regione Campania si ritrovate nelle sere dal 3 al 5 gennaio per la celebrazione dei vespri, della santa messa con riflessione e con altri momenti di incontri tra le suore e i fedeli laici, soprattutto giovani, che fanno riferimento ai cenacoli di preghiera istituiti a Pagani e negli altri Comuni del territorio. A predicare il triduo è stato padre Antonio Rungi, missionario passionista, teologo morale, che ha trattato delle tre virtù teologali (fede, carità e speranza) nella vita del Beato Tommaso Maria Fusco. Domani solennità dell’Epifania, in tutte le comunità religiose in Italia e all’estero si commemora solennemente questo avvenimento di portata storica per l’Istituto, soprattutto nella città natale del Beato Tommaso Maria Fusco,definito da tutti il “Don Bosco del Sud”, proprio mentre San Giovanni Bosco operava in campo pastorale al Nord.“Ricordare questo importante evento per la nostra Congregazione – afferma l’ex-madre Generale della Congregazione, Madre Ofelia, responsabile della Casa Madre delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue- non è solo una storia da raccontare, ma un presente da vivere e sentire profondamente nel nostro cuore e nel nostro apostolato della carità, come il nostro Fondatore, guardano al futuro con la speranza di un domani migliore per tutta la vita consacrata in Italia e nel mondo. La fede profonda del nostro Fondatore ci spinga a noi religiose, figlie sipirituali di una sacerdote pieno di amore verso Dio e verso i fratelli a vivere concretamente la carità, attingendo la forza ed il coraggio al Preziosissimo Sangue di Gesù, che è nostro maestro e guida nella vita interiore e nelle attività apostoliche. Messe di commenorazione di questo storico evento in tutte le parrocchie e i luoghi dove le religiose sono presenti ed impegnate, particolarmente a Pagani, con quattro comunità religiose in varie parti della città e con finaità diversificate.

La serva di Dio, Concetta Pantusa, madre di famiglia e laica consacrata

1972975920.jpgAirola (Bn). La serva di Dio Maria Concetta Pantusa. Verso la conclusione il processo diocesano.

di Antonio Rungi

Da molti devoti, da studiosi e biografi, da vari spiritualisti è considerata la “Santa Rita del Sud” con qualche variazione sul tema della santità, ma sostanzialmente con gli stessi contenuti di spiritualità e di vita: nubile, poi sposa, poi madre, poi vedova, infine consacrata laica, ma con il desiderio nel cuore di consacrarsi totalmente al Signore nel secondo ordine francescano, chiedendo di entrare nel monastero delle Clarisse di Airola, che allora non accoglieva le persone vedove. Vi entrò l’unica sua figlia, suor Maria Carmela, morta ultranovantenne, tre anni fa, frutto del suo matrimonio con Vito De Marco, poi morto durante la prima guerra mondiale.
Si tratta della Serva di Dio Concetta Pantusa, madre di famiglia, di cui è in corso il processo di beatificazione, conosciuta presso il popolo cristiano del Sannio e della Calabria, come “Suor Concetta, la monaca santa del Volto Santo di Airola”.
La sua spiritualità, come quella di Santa Rita da Cascia, è una spiritualità della Passione di Cristo. Fu, infatti, guidata nel suo itinerario di fede, speranza e carità dai religiosi passionisti che ad Airola, nel vicino convento di Monteoliveto, sulla collina del piccolo centro della Valle Caudina, erano e sono presenti con una comunità stabile dal 1882 e dai Frati Francescani con il convento di San Paquale presenti in città dal 1600.
Punti di riferimento per la sua formazione spirituale furono San Francesco d’Assisi, Santa Chiara, San Pasquale Baylon, Sant’Antonio da Padova sul versante della famiglia religiosa dei Francescani; mentre sul versante di quella passionista sua grande devozione fu l’amore filiale a San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, a San Gabriele dell’Addolorata, a Santa Gemma Galgani e particolarmente a Santa Maria Goretti, che venerava con speciale affetto, in quanto ad Airola, fin dal momento della canonizzazione della martire delle Ferriere, nel 1950, si sviluppò una sentita devozione, che ancora oggi persiste al tempo della distruzione di tutto il sacro negli ambiente cristiani dei decenni passati. Qui Maria Concetta Pantusa visse, per oltre 20 anni, l’ultimo significativo tratto della sua vita.
Nata a Celico il 3 febbraio 1894, Maria Concetta Pantusa da fanciulla soffrì molto per il duro trattamento del padre, il quale la condusse con sé in Brasile dove si recò in cerca di lavoro. In Brasile sposò un giovane italiano di origini pugliesi, un certo Vito De Marco. Dalla loro unione coniugale il 28 ottobre 1915 nacque l’unica figlia Maria Carmela, poi diventata monaca clarissa.
Ritornarono in Italia nel 1916, prendendo domicilio a Polignano a Mare (Bn). Il marito morì durante la prima guerra mondiale, lasciandola vedova con una bambina da accudire in un tempo di estrema miseria e povertà. Dopo molte traversie, l’ 8 maggio 1930, insieme con l’unica figlia e con Suor Speranza Elena Pettinato si trasferì in Airola (Benevento). Mentre la figlia entrava nel monastero delle Clarisse, lei che pure aveva fatto richiesta d entrarvi, non fu accettata per i limiti della regola del secondo ordine francescano. Di conseguenza restò nel secolo e con suor Speranza iniziò una vita di consacrata laica. Qui si dedicò all’educazione dei piccoli, alla carità, al servizio degli poveri, alla preghiera, vivendo un’intensa vita interiore nella sua piccola abitazione di via Monteoliveto in Airola, guidata da saggi direttori spirituali. Incominciarono le prime significative esperienze di visioni ed estasi, che sapeva tenere gelosamente nascoste per sé, per evitare qualsiasi fraintendimento, strumentalizzazione e soprattutto per allontanare lo spettro della superbia e dell’orgoglio, che si possono manifestare quando i segni del cielo sono evidenti in un’anima santa. La lotta contro il Demonio è testimoniata nel suo diario spirituale.
Il Signore, infatti, riversò in lei molti doni: la profezia, il miracolo, la visione, l’estasi, le stimmate e i dolori della Passione.
Nell’umile stanzetta dove viveva, il 17 febbraio 1947, per tre ore, dalle 13 alle 16, da un’immagine del volto di Gesù della S. Sidone di Torino, vide uscire dal sangue; il sangue sgorgava come da una sorgente e rimase in ebollizione per tre ore. Questo fenomeno si ripeté il 28 febbraio e, per la terza volta, il 4 marzo. Da quel giorno i fatti miracolosi si susseguirono con continuità. Maria Concetta Pantusa morì il venerdì di Passione il 27 marzo 1953, all’età di 59 anni.
Sull’eroicità delle virtù teologali e morali e su specifici altri fatti attinenti la santità della Serva di Dio sta operando con grande senso di equilibrio e di giudizio, da cinque anni, il Tribunale ecclesiastico diocesano di Cerreto-Telese-Sant’Agata per la causa dei santi.
Il processo per la causa di beatificazione è stato, infatti, aperto ufficialmente il 10 febbraio 2007, alla presenza del Vescovo diocesano di Cerreto-Telese-Sant’Agata dei Goti, monsignor Michele De Rosa, nella Chiesa della SS.Annunziata di Airola (Bn), alla presenza di oltre mille fedeli arrivati ad Airola, da ogni parte d’Italia, dalla terra nativa della Serva di Dio, la Calabria e dalle Puglie. Tale iniziativa è sostenuta dalla Pia Unione del Volto Santo di Airola, il cui responsabile è il francescano, padre Vittorio Balzarano.
Il processo diocesano sta in via di ultimazione, dopo che la sezione del tribunale ecclesiastico ha ascoltato tutti i testimoni ed esperite tutte le pratiche canoniche previste dall’iter per la beatificazione.

Casoria (Na). Concluso il capitolo generale delle Suore

gruppo1.jpgSi è concluso ieri pomeriggio, 29 dicembre 2012, alle ore 14,30 il Capitolo generale straordinario delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato, indetto dalla Madre Generale, Suor Carla Di Meo, per la verifica triennale e per la revisione delle Costituzioni e dei Regolamenti generali dell’Istituto, fondato dalla Beata Maria Cristina Brando (prossima alla canonizzazione)  7 luglio del 1903, quando ebbe l’approvazione pontificia. In 110 anni di storia, l’Istituto si è sviluppato ed ampliato, raggiungendo paesi lontani, come le Filippine e l’Indonesia, ma anche la Colombia e il Brasile. Prossima apertura in Africa e in Messico. L’Istituto è presente in tre continenti, attualmente e si espande in modo considerevole per la straordinaria incisività del carisma dell’adorazione eucaristica, molto apprezzato nelle chiese locali e dai giovani. E sono soprattutto giovani le religiose che chiedono di entrare nell’Istituto di Madre Cristina Brando, le cui spoglie mortali riposano nella Casa Madre della Congregazione in Casoria e rappresentano un punto di riferimento spirituale per sacerdoti, religiose e laici. E sono soprattutto i laici a curare nel corso della giornata l’adorazione perpetua davanti a Gesù Sacramentato con la presenza in Chiesa, davanti al SS. Sacramento solennemente esposto nella Casa Madre della Congregazione Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato.

Nel corso della tre giorni di capitolo straordinario sono state approvate all’unanimità le nuove costituzioni dell’Istituto, rivedute alla luce dei documenti post-conciliari. Un’apposita commissione, coordinata dal passionista padre Leonello Leidi, officiale della Congregazione vaticana dei religiosi ha predisposto il nuovo testo, che è stato attentamente letto, commentato, valutato e poi approvato dalle 20 capitolari che hanno partecipato al capitolo generale straordinario. Stessa sorte in positivo è toccato ai Regolamenti generali dell’Istituto che sono stati approvati all’unanimità dalle religiose, soddisfatte del lavoro svolto in fase di preparazione al Capitolo generale.

L’importante assise è stata anche una valida occasione per verificare il cammino fatto dalle Suore Vittime Espiatrici in questo primo triennio del sessennio, che va dall’ultimo capitolo generale, il XVIII, celebrato a Casoria nel 2009 e il prossimo che si celebrerà nel 2015.

Le religiose accompagnate nel lavoro dall’esperienza di padre Antonio Rungi, passionista, in questo campo e già superiore provinciale dei Passionisti della Campania e del Basso Lazio, hanno valutato positivamente il lavoro fatto in questo triennio e si augurano di migliorare e potenziale i vari settori della vita consacrata da quello comunitario e spirituale a quello apostolico, formativo, governativo ed economico.

Molte le nuove proposte approvate dal Capitolo generale sia in ordine alla vista spirituale che alla missione, all’apostolato e alla formazione dei membri dell’istituto che vivono la loro esperienza di consacrate da poco o da molti anni. Formazione iniziale e permanente camminano di pari passo.

Il lavoro è stato svolto nella massima serenità e fattività. Le 20 capitolari provenienti da varie parti d’Italia e dall’Indonesia e Filippine hanno lavorato bene ed hanno prodotto un documento finale molto iinteressante per i suoi contenuti. Le capitolari hanno ritenuto opportuno di inviare a tutte le religiose un messaggio di incoraggiamento e sostegno per accettare di buon grado le nuove costituzioni ed i nuovi regolamenti dell’Istituto che rispondono meglio ai cambiamenti in atto nella Chiesa, nella vita consacrata, nella società e nel mondo.

Il nuovo testo delle Costituzioni, approvato all’unanimità in tutte le sue parti, composto da un’Introduzione e dai 10 capitoli, ben articolati e rispettosi delle norme della Chiesa, è di una straordinaria ricchezza spirituale ed evangelica e sarà oggetto di studio e di approfondimento per tutte le religiose, una volta approvato dalla Santa Sede, nel corso dei prossimi anni, come hanno deciso le stesse capitolari.

E’ stato un capitolo molto sereno e che ha vissuto momenti spirituali e di condivisione bellissimi: dalla preghiera, alle varie celebrazioni liturgiche previste nel corso della tre giorni ed organizzate dall’apposita commissione liturgica che si è incentrata sul tema del Capitolo: “Al pozzo di Gacobbe per attingere energie nuove”.

Le decisioni assunte sono state tutte o quasi all’unanimità. Il consenso sui testi, sulle proposte, sulle raccondazioni e sui consigli si è potuto raggiungere mediante il dialogo fraterno, sincero ed aperto in aula e nei gruppi di lavoro o commissioni (quattro in base ai vari settori in cui è organizzata la Congregazione).

E’ stata un’esperienza bellissima e ricca soprattutto per le giovani religiose che partecipavano per la prima volta ad un capitolo generale, che è stato condotto e guidato con sapienza, equlibrio ed esperienza da padre Rungi, come ha sottolienato la Madre Generale nel suo saluto di ringraziamento finale.

I lavori sono proseguiti dopo la chiusura ufficiale del capitolo con l’attività di segreteria per ultimare tutto il lavoro, molto oneroso, che la segreteria del capitolo, aiutata dal moderatore padre Rungi, ha svolto mollto bene e con grande efficacia e tempestività, valorizzato ed utilizzato tutti dli strumenti multimediali in dotazione della segreteria capitolare.

Anche le altre commissioni di supporto al capitolo come quella logistica ha permesso a tutte le religiose coinvolte direttamente o indirettamente nel capitolo generale straordinario di lavorare serenamente e di produrre al massimo, assicurando l’assistenza a tutte le capitolari e agli esperti. In tutto oltre 40 religiose impegnate nel capitolo e che hanno reso possibile un buon lavoro, visto la gratificazione generale e la soddisfazione sincera di tutte le capitolari e di quanti hanno collaborato per la buona riuscita di esso.