Diocesi

Solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo. Commento di padre Antonio Rungi

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ASCENSIONE DEL SIGNORE –DOMENICA 1 GIUGNO 2014 

Perché fissare il cielo? 

di padre Antonio Rungi 

Nella domenica dell’Ascensione al cielo di nostro Signore Gesù Cristo, siamo inviati dallo stesso Signore a fare due cose: a fissare il cielo dove Cristo si è assiso alla destra del Padre e dove ci attende tutti, per condividere con noi la gioia del suo regno di luce e gioia eterna; a fissare la terra e a guardarla nella sua realtà di oggi e di sempre, con le sue fragilità, i suoi dubbi, le sue incertezze, i suoi peccati e soprattutto nel suo bisogno di salvezza e redenzione. Il messaggio è molto chiaro e non ammette confusione di interpretazione da parte di nessuno. Infatti, nella preghiera iniziale della santa messa di questa solennità così preghiamo congiuntamente a tutti i credenti, noi che aspettiamo la  redenzione e la salvezza:Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”. Mentre nel vangelo ci vieni indicato con esattezza ciò che siamo chiamati a fare in questo mondo per far conoscere il nome di Cristo e la salvezza a tutte le genti. Gesù, infatti, si rivolge agli apostoli e li invia quali messaggeri di speranza in ogni angolo della terra, perché battezzino e insegnino le verità che sono via al cielo: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Ed aggiunge una garanzia assoluta per tutti i discepoli e per l’intera chiesa. Essi non saranno mai soli, ma opereranno nel mondo alla presenza costante di Dio e di Cristo che renderà efficace la loro azione missionaria ed evangelizzatrice: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». La prima fondamentale azione da compiere, nel nome di Cristo, è quella di andare. La Chiesa non si può fermare, non può essere immobile, deve andare avanti in tutto e deve precedere sulla via del bene, della verità, dell’amore, della giustizia, della felicità, nel mondo in cui si trova ad operare nel nome di Cristo, salvatore del mondo. Deve andare non a titolo personale, ma in nome di Cristo e portando Cristo agli altri, il suo vangelo e la sua parola di verità. Da qui poi scaturisce il dovere, per quanti ne esprimono il desiderio, di ricevere il battesimo, la consacrazione della propria persona a Cristo mediante il sigillo sacramentale del sacramento della fede e della rinascita spirituale. Battezzare, quindi, per essere di Cristo e membro della Chiesa. E’ Gesù stesso che chiede ai suoi apostoli questo impegno precipuo, che deve essere rivolto a tutte le genti e non solo ad una parte dell’umanità. Tutti sono potenzialmente cristiani, perché Cristo, Figlio di Dio e Redentore dell’uomo è venuto sulla terra per salvare tutti e non solo pochi o molti.

Nella prima lettura di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli, leggiamo infatti tutto quello che Gesù ha fatto ed insegnò, prima e dopo la sua risurrezione dai morti “fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Ed aggiunge con precisione: “riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».

Riflettendo sul mistero dell’ascensione al cielo di nostro Signore, l’Apostolo Paolo, nel brano della sua lettera agli Efesini che oggi ascoltiamo ci dà una lezione di alta teologia dogmatica e di una vera e propria catechesi e lectio divina su quanto celebriamo nel giorno dell’ascensione: “Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.

Il punto di partenza e di arrivo della creazione e della redenzione è Gesù. Egli è centro e la vita della chiesa e dell’umanità in cerca, attraverso di Lui, della vera gioia e della felicità. Gesù, alfa e omega di tutto, “illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi”.

L’Ascensione porti luce nella nostra vita, faccia chiarezza sul destino ultimo di ogni persona e dell’intera creazione. Il cielo, l’eternità, la risurrezione sono le parole centrali di tutto il messaggio di questa giornata di festa, nella quale siamo chiamati a fissare il cielo, per contemplare la bellezza e la grandezza di Dio, ma siamo anche chiamati a vivere con i piedi per terra, concretizzando il messaggio di amore e pace, che Cristo è venuto a portare all’uomo con la sua morte, risurrezione, ascensione al cielo e con l’invio dello Spirito santo su ogni persona docile e disponibile ad accoglierlo. E’ bello cantare la gioia del nostro cuore, in questo giorno di festa con il Salmo 46, che ci far riflettere, indirettamente, sull’ascensione al cielo del Signore: “Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia, perché terribile è il Signore, l’Altissimo, grande re su tutta la terra. Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantate inni. Perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sulle genti, Dio siede sul suo trono santo”.

La consapevolezza della grandezza del nostro Dio ci porta ogni giorno ad aver fiducia in Lui ed abbandonarci a Lui, che è la nostra vittoria e la nostra speranza in questo mondo e nell’eternità.

COMMENTO DI PADRE ANTONIO RUNGI ALLA PAROLA DI DIO – SESTA DOMENICA DI PASQUA

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SESTA DOMENICA DI PASQUA – 25 MAGGIO 2014

Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito.

A cura di padre Antonio Rungi

La sesta domenica di Pasqua ci prepara spiritualmente a due altri grandi eventi della vita trinitaria: l’Ascensione al cielo di Gesù Cristo e l’invio dello Spirito Santo, nel giorno della Pentecoste. E’ la Trinità che congiuntamente opera in ogni situazione come è facile comprendere dal brano del vangelo di oggi, tratto dall’evangelista Giovanni, che riporta uno dei discorsi più consolanti di Gesù stesso: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi”. Ed aggiunge cose di grande rilievo spirituale che sono aperti alla speranza e alla positività: “Non vi lascerò orfani: verrò da voi”. Cristo non ci abbandona, anche se sale al Padre, da dove è disceso per portare a compimento l’opera della salvezza del genere umano. Un Dio che si fa compagno della nostra vita e diventa l’Emmanuele e un Dio che è Spirito e continua ad agire senza soluzione di rapporto con questa umanità e con l’intera creazione, fino all’avvento glorioso del Risorto, alla fine dei tempi, quando Dio sarà tutto in tutti. Questa pienezza di amore, come presenza della Trinità in noi la possiamo fin d’ora sperimentare, nella misura in cui viviamo nella carità, nell’amore, in una fedeltà assoluta alla volontà di Dio ed al suo disegno di salvezza e redenzione per tutti. Gesù ci ricorda, infatti, “se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui”. Ed evidenzia in questo discorso intenso: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti… Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama”. Tutto parte dall’amore trinitario, tutto si sviluppa in una logica di amore trinitario e tutto si conclude in questo Dio amore, che è Padre, è Figlio e Spirito Santo”. Mossi dall’amore sono i primi apostoli di Cristo e del Vangelo e mossi dall’amore sono gli apostoli del vangelo di oggi, come ci ricorda Papa Francesco nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Nel brano della prima lettura, tratto dagli Atti degli Apostoli vediamo impegnati nell’opera missionaria tre apostoli: Filippo, Pietro e Giovanni. Chi per un verso e chi per un altro tutti operano in sintonia con il progetto pastorale di evangelizzazione posto in essere dagli apostoli stessi e scaturito dai vari incontri più o meno ufficiali che il gruppo teneva sistematicamente. Anche perché le esigenze crescevano ed era necessario coordinare il tutto, per evitare confusioni di ruoli o sovrapposizioni di interventi e di azioni. Così “Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città”. Così, Pietro e Giovanni, che di fronte alla moltitudine dei cristiani della Samaria “scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo”. Possiamo ben capire che si tratta dell’amministrazione del Sacramento della Cresima, dal momento che avevano ricevuto il Battesimo. Quello Spirito di verità, di carità, di armonia, gioia e pace i cui frutti sono evidenziati nella seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera di San Pietro. Infatti scrive il capo del collegio apostolico: “Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito”. I frutti dello Spirito allora sono davvero doni speciali per ciascuno e per tutti. Volendo elencarli, facendo tesoro di quanto abbiamo ascoltato della parola di Dio, essi sono: la speranza, la dolcezza, il rispetto di tutti, la retta coscienza, la misericordia, il perdono, il bene, la giustizia, la vita interiore, la docilità alla volontà del Signore, la gioia. Quella gioia e gaudio che solo una persona accorta e sensibile alla parola di Dio e alla buona notizia del Regno di Dio può e deve sperimentare profondamente ogni giorno della sua esistenza. Tali doni, infatti, fanno di ogni discepolo di Cristo una persona davvero spirituale, ricca spiritualmente, svuotata delle cose insignificanti e che non contano, ma piena di tutto ciò che rende il cuore e la vita di una persona degna di essere definita cristiana, come preghiamo, oggi, nella colletta di inizio messa, che è un vero progetto di vita spirituale ed apostolica insieme: “O Dio, che ci hai redenti nel Cristo tuo Figlio messo a morte per i nostri peccati e risuscitato alla vita immortale, confermaci con il tuo Spirito di verità, perché nella gioia che viene da te, siamo pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi”. Amen.

Itri (Lt). Al Santuario della Civita ci si prepara per il 25 anniversario della venuta di San Giovanni Paolo II in questo luogo di preghiera.

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Itri (Lt). Al Santuario della Civita si ricorda il 25° anniversario della visita di San Giovanni Paolo II a questo luogo mariano di fede e di devozione popolare 

di Antonio Rungi 

Il 25 giugno 1989, Sua Santità Giovanni Paolo II volle farsi pellegrino di pace, venerando la Vergine SS.ma della Civita, in occasione della Visita Pastorale all’Arcidiocesi di Gaeta e in coincidenza dei 150 anni del pellegrinaggio alla Civita di Pio IX il 10 febbraio 1849, quando era esule a Gaeta.

In occasione del 25° anniversario di questo storico avvenimento, al Santuario della Madonna una serie di manifestazioni religiose e culturali si sono programmate per dare giusto risalto a tale evento, soprattutto dopo la canonizzazione di Giovanni Paolo II.  Un convegno culturale è stato programmato pe tale data ad Itri, da chi 25 anni fa visse in prima persona tale gioioso avvenimento, nell’arcidiocesi e tra i Passionisti.

E c’è chi auspica, quanto prima, la venuta al Santuario della Civita anche di Papa Francesco. Qui sono in fase d ultimazione i lavori per accogliere i pellegrini e fare del santuario un centro di spiritualità e di animazione pastorale. In fase di completamento è l’ascensore che abbatterà le barriere architettoniche per diversamente abili e per anziani o malati.

La devozione alla Madonna della Civita parte da molto lontano e supera il millennio. Infatti, la devozione nasce per un evento miracoloso, riferito al rinvenimento del  ritratto bizantino, in cui è raffigurata la Madonna con Bambino, forse scampato all’iconoclastia, come accadde per altri esemplari. Il quadro fu rinvenuto su un leccio sul monte Fusco e da allora divenuto luogo e meta dei pellegrinaggi, soprattutto di sabato e domenica e specialmente nei tempi liturgici e mariani più sentiti dalla devozione popolare come il mese di maggio.

Fun  nel 1147 che, per la prima volta, si fa menzione di una chiesa della Madonna della Civita in alcune donazioni lasciate dal notaio Gualgano e da sua moglie Sighelgarda. Costante fu la popolarità del santuario, tanto che il vescovo di Gaeta mons. Patrizi definì la chiesa devotissima e di antica venerazione e ne procurò il restauro. Mons. Pergamo il 20 luglio 1777 incoronò per la prima volta la Madonna della Civita. La chiesa fu oggetto di notevoli interventi nel corso del XIX secolo. Nel 1877 mons. Contieri  incoronò per la seconda volta la Madonna.

Il 10 febbraio 1849 Pio IX e Ferdinando II visitarono il Santuario. Un museo raccoglie i ricordi di quella giornata. 

Sulla facciata della chiesa sono inseriti frammenti di antichi reperti romani e medioevali.

Nel santuario sono custoditi i numerosi ex voto  raccolti in molti anni di pia devozione; su è costituito di recente un museo della tradizione religiosa popolare. Il santuario, di diritto diocesano, dopo la reggenza dei padri Guanelliani, è stato affidato, nel 1985, ai padri Passionisti, che tuttora ne sono i custodi e gli animatori spirituali. Una comunità di cinque sacerdoti, attualmente pensa ad assicurare il servizio spirituale alla Civita, con la celebrazione delle messe, le confessioni, le benedizioni e altri momenti religiosi e spirituali tipici di un santuario, come quello della Civita che varca i confini della diocesi e costituisce un punto di riferimento per popolazioni del Sud Pontino, Alto casertano, Campania, Lazio e altre Regioni italiane. La devozione alla Madonna della Civita è stata diffusa in varie parti di Mondo, soprattutto in America, dove una attiva comunità di itrani promuove annualmente la festa della Madonna della Civita, in coincidenza con quella patronale della Città di Itri e dell’Arcidiocesi di Gaeta, il giorno 21 luglio.

Attualmente il Santuario è meta di quasi mezzo milione di pellegrini l’anno, di cui non meno del 10% sale ancora a piedi con grande devozione.

ITRI (LT). PROSEGUONO I LAVORI PER L’ASCENSORE AL SANTUARIO DELLA CIVITA

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Itri (Lt). Lavori al Santuario della Madonna della Civita per l’abbattimento delle barriere architettoniche

di Antonio Rungi 

Proseguono speditamente i lavori al Santuario della Madonna della Civita, in Itri (Lt), per la costruzione di un ascensore per i fedeli, in modo da favorire l’accesso al santuario da parte dei diversamente abili ed anziane e persone inabili. I lavori sono iniziati venerdì 21 marzo, alle ore 17:00, con la posa e benedizione della prima pietra, alla presenza dell’arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio e di autorità civili del territorio. L’opera che costerà 150.000 euro è stata finanziata dall’Arcidiocesi e della Provincia di Latina, ed è finalizzata all’abbattimento delle barriere architettoniche che ostacolano l’accesso al tempio mariano, situato nel Comune di Itri (Lt) a quota 700 metri sul livello del mare ed uno dei santuari dedicato alla Vergine Santa, tra i più antichi e più frequentati d’Italia. Ad oggi, l’accesso al santuario della Madonna della Civita, da sempre considerato l’emblema della devozione dei tanti fedeli pontini e non solo, è consentito solo per mezzo di una impervia scalinata che rende difficile ai fedeli affetti da diverse disabilità, soprattutto motorie, il raggiungimento del luogo di culto, in autonomia e sicurezza, impedendo cosi la possibilità di godere appieno dell’esperienza spirituale e religiosa cui i pellegrini aspirano con la visita ai luoghi sacri. Nel raccogliere l’esigenza di abbattere ogni ostacolo architettonico e consentire l’accesso ai tanti fedeli che ogni anno si recano in visita al venerato santuario, la Provincia di Latina, attraverso un’attenta pianificazione ed il sostegno ai tanti progetti connessi allo sviluppo della personalità umana, ha inteso rivolgere il proprio interesse verso tutte quelle azioni ed interventi utili ad un innalzamento della qualità della vita dei propri cittadini sia come singolo che come collettività, destinando il proprio contributo finanziario all’esecuzione di un elevatore verticale che dal piede dell’ascensore conduce sul sagrato del Santuario. La mancanza di elevatori costituisce senza alcun dubbio un vero e proprio ostacolo per i tanti  pellegrini che, diversamente abili, si vedono limitata la loro personalità ed impossibilitati ad accedere al venerato santuario. L’intervento oltre a mostrare sensibilità verso chi è meno fortunato, assicura a tutti i fedeli un maggior grado di sicurezza e di fruibilità anche per i più piccini. Dal prossimo mese di Giugno, tutti i fedeli potranno accedere in assoluta autonomia  e visitare lo splendido Santuario, apprezzarne il valore architettonico oltre che sacro, godere della sua spiritualità senza più incappare in barriere architettoniche insensibili alle disabilità ed ostacoli alla libera crescita umana e spirituale, diritto di ogni individuo. Difficoltà che registrano quotidianamente e soprattutto nelle domeniche e grandi feste, i padri passionisti a cui è affidato la cura spirituale e l’organizzazione del santuario dal 1985. Cinque i padri attualmente impegnati, soprattutto di domenica per assicurare l’assistenza spirituale ai pellegrini, con le confessioni, la celebrazione delle messe, con le benedizioni, con la direzione spirituale, con varie iniziative culturali ed editoriali, tra cui il Bollettino del Santuario e Radio Civita, che copre il territorio del Sud Pontino, del Frusinate e dell’Alto Casertano. I lavori dovranno essere ultimati entro luglio e l’ascensore deve entrare in funzione in occasione della festa della Madonna della Civita, che ricorre il 21 luglio. Nel frattempo di resta in attesa dei contribuiti per la conclusione di altri lavori, quelli più ad uso pastorale, con sale conferenze, sala accoglienza pellegrini e struttura logistica del santuario, iniziati sette anni fa e mai conclusi, per mancanza di fondi e varie crisi in seno al consiglio regionale del Lazio. Lavori richiesti a suo tempo dall’Ente Parco Aurunci e solo in parte sponsorizzati, al punto tale che restano incompiute diverse infrastrutture e strutture essenziali per il santuario. C’è chi, soprattutto i fedeli e gli stessi religiosi passionisti e l’arcidiocesi di Gaeta, sollecitano la conclusione dei lavori, al fine di rendere fruibile l’intero complesso del santuario, oggi utilizzato solo in parte. Campeggia infatti il simbolo di questi lavori interminabili, che è l’enorme gru collocata nel piazzale antistante il santuario. E c’è chi invoca l’intervento di Papa Francesco e la sua venuta al Santuario per sollecitare la conclusione dei lavori, che non finiscono mai, come gli esami. Al momento manca una sala accoglienza pellegrini, tutti i servizi igienici in grado di coprire il grande afflusso dei fedeli, specie di domenica, locali per ristorazione, per acquisto di articoli religiosi, spazi all’aperto o al coperto per consumare pasti. In poche parole, un’emergenza che dura da anni e che, al momento vede solo un fatto positivo e molto utile al santuario, che è la realizzazione del sollevatore, in grado di portare davanti alla chiesa 8 persone alla volta. Un primo segnale di speranza che fa ben sperare per il futuro del santuario, dove, una volta conclusi i lavori, possono riprendere appieno le varie attività spirituali, culturali e pastorali.

Preghiera alla Madonna, composta da padre Antonio Rungi

2014-01-06 11.10.00
Ai tuoi piedi, Vergine santa,
per chiedere grazie e benedizioni

Vergine Maria,
qui ai tuoi piedi al Santuario della Civita,
mi rivolgo a Te, Madre di Dio e Madre nostra,
affinché possa presentare al tuo divino Figlio,
Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo,
le mie umili suppliche e quelle di tanti fratelli
e sorelle che sono in pena per tanti problemi …
e difficoltà personali e del mondo odierno.

Tu che tutto puoi presso il tuo amato Gesù,
ottienici di vivere in pace con tutti gli uomini della terra,
a partire da quelli che sono nella nostra casa
e fanno parte della nostra vita.
Dove c’è pace, o Maria, c’è lo stesso Gesù,
che conforta e dona gioia a quanti lo cercano
con cuore sincero.

Vergine Santa, la prima pellegrina della speranza,
apri il nostro cuore ad avere sempre più fiducia
in Gesù, nostra, vita, nostra speranza, nostra Pasqua,
nostra risurrezione e consolazione.

Guarda con amore e proteggi i bambini, le donne,
le persone disperate e senza alcun conforto
umano, materiale e spirituale.
Non permettere, Madre della gioia, che nel cuore
di tante persone alberghi continuamente il dolore,
mentre dai loro volti sgorgano continuamente le lacrime della sofferenza.

Ridona fiducia a quanti sono sfiduciati
e guardano il futuro con gli occhi della delusione,
dell’amarezza e dell’asprezza.
Tu, Madre della speranza, puoi fare molto
per ciascuno di noi.
Gesù stesso ci ha affidati alla tua custodia e protezione materna,
mentre versava per noi, sulla croce, il suo sangue prezioso,
che ci purifica da ogni colpa
e rende puro e limpido il cuore
di chi cerca sinceramente il Signore.

Madre della santa montagna, che ci inviti
a salire il monte della santità,
aiutaci in questo cammino non facile.
E come i discepoli di Emmaus,
accompagnati da Gesù,
sulla via che porta al villaggio eucaristico,
facci riconoscere, nello spezzare il pane,
alla mensa del corpo e sangue di Gesù,
come fratelli e sorelle in Cristo,
e condividere il pane e il sangue
con le membra piagate del corpo del Risorto,
che è la Chiesa e l’intera umanità.

Madre del silenzio e della preghiera
aiutaci ad amare il silenzio interiore
e la preghiera profonda e sincera del cuore. Amen

(Preghiera, composta da padre Antonio Rungi, passionista)
Santuario della Civita, 4 maggio 2014

Il Commento di padre Antonio Rungi per la Festa della Santa Famiglia

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FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI NAZARETH- 29 DICEMBRE 2013

NAZARETH: DOVE NASCE E CRESCE L’AMORE 

Commento di padre Antonio Rungi

La famiglia di Nazareth, composta da Gesù, Giuseppe e Maria, può giustamente ritenersi il luogo ideale, unico ed irripetibile in cui nasce, cresce e si potenzia l’amore, perché in questo nucleo familiare l’amore è la base stessa dei rapporti interpersonali tra i tre soggetti eccezionali. Gesù, il Figlio di Dio; Maria, la Vergine Immacolata e purissima, Madre di Cristo Salvatore; Giuseppe il padre giuridico e putativo del Figlio di Dio, l’Emmanuele, il Bambino Gesù che vive e cresce in questo luogo di santità familiare, che non ha confronti nella storia dell’umanità. La famiglia di Nazareth è il modello per ogni famiglia di questa terra, dove non sempre la famiglia naturale o acquista o di altro genere presenta il volto dell’amore e della reciproca accoglienza. Oggi, a pochi giorni dal Santo Natale 2013, viene riproposta all’attenzione dei fedeli che si dichiarano cattolici e vivono da cattolici il valore indiscutibile della famiglia, fondata sul matrimonio, che Gesù stesso ha elevato a sacramento. E come tale è un atto d’amore tra uomo e donna, entro il quale nasce altro amore che è quella della procreazione. Il matrimonio che è uno ed indissolubile stabilizza anche su un piano giuridico un dato di fatto, quello di amarsi nel rispetto delle leggi che il Creatore ha immesso nella coppia umana, composta di maschio e femmina, perché la loro relazione d’amore fosse aperta alla vita. Non c’è famiglia senza figli e dove ci sono i figli c’è per necessità l’amore, che parte dai coniugi e si estende in modo diverso al frutto del grembo delle madri che accolgono il dono della vita, mediante un atto d’amore con il proprio sposo.

Per Maria è Giuseppe, sposi castissimi, il dono della maternità e della paternità adottiva è venuto direttamente da Dio, mediante l’azione dello Spirito Santo che ha reso fecondo il grembo di Maria, la Madre di Dio e di Cristo.

Nasce da un progetto di Dio ben preciso la famiglia di Nazareth ed è lo stesso Dio, fattosi carne nel grembo di Maria ad animare d’amore e di gioia la santa famiglia nella quale entra a far parte, anche giuridicamente, mediante la libera adesione al progetto di Dio da parte di San Giuseppe. Tre cuori in una capanna, quella di Betlemme, che poi diventa la casa di Nazareth, dove i tre straordinari personaggi vivono in assoluta armonia e normalità, tranne qualche scossone che anche i genitori di Gesù dovranno avvertire quando il Bambino, fin dai primi vagiti dovrà assaporare la sofferenza, con la nascita in una povera grotta di Betlemme, con la persecuzione di Erode, con la fuga in Egitto e poi con lo smarrimento di Gesù nel Tempio, per arrivare, in età adulta, all’attività evangelizzatrice di Gesù in tutta la Palestina, fino al momento culminante della sua vita con la sua morte in Croce, alla presenza della sua Madre Addolorata, la Vergine Santa. Una famiglia dove la gioia era di casa, ma dove non sono mancate le prove, accettate con disponibilità alla volontà di Dio, che così ha voluto anche per il suo Figlio, inviato nel mondo per la salvezza dello stesso mondo. Perciò è giusto pregare, oggi, all’inizio della celebrazione eucaristica con queste significative parole: “O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, età e grazia, rendendo lode al tuo santo nome”.

Come per la famiglia di Nazareth, così per tutte le famiglie ci sono regole scritte e non scritte da rispettare e vivere, come ci ricorda la prima lettura tratta dal libro sapienziale del Siracide: Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espìa i peccati e li eviterà

e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita. Chi onora sua madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi glorifica il padre vivrà a lungo, chi obbedisce al Signore darà consolazione alla madre. Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia,

non contristarlo durante la sua vita. Sii indulgente, anche se perde il senno, e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore. L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa”.

Il modello di questo grande amore verso i propri genitori è stato Gesù, che ha amato di un amore immenso Maria e Giuseppe. Da entrambi ha appreso le cose necessarie per crescere come uomo, pur avendo la coscienza della sua missione, che non contrastava affatto con l’azione educatrice di Gesù Bambino, poi ragazzino, poi giovane ed infine nella sua piena autonomia di uomo adulto.

Se la famiglia è il luogo per eccellenza dell’amore vero, è anche il luogo della tenerezza autentica. Nelle nostre famiglie, quando circola la dolcezza e la tenerezza tutti i componenti crescono e si relazionano in modo costruttivo e formativo per ognuno, anche con ruoli e funzioni diverse. I genitori educano i figli e i figli rieducano i genitori, in quello scambio di dare e ricevere che tutti sperimentano nelle vere famiglie, dove c’è Dio e quindi c’è la pace e la serenità. Il testo della seconda lettura di oggi tratto dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési ci aiuta a capire tutto questo: “ Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.

Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino”. Sta tutto in questo sintetico messaggio di amore, di bontà e di santità il cammino che la famiglia, soprattutto di oggi, deve fare alla luce degli insegnamenti di Cristo e della sua famiglia, composta dalla madre, Maria e dal padre putativo, Giuseppe, ma anche da altri partenti, più o meno vicini o lontani.

La fuga in Egitto della Santa Famiglia ricordata oggi nel testo del vangelo di Matteo che ascolteremo è in linea perfetta con il tema di questa domenica, dedicata alla famiglia di Nazareth, ma anche a tutte le famiglie del mondo. La sofferenza e le prove, specie di questi giorni, per tutte le famiglie sono davanti a noi. Famiglie di emigranti che lasciano la loro patria in cerca di lavoro e fortuna e che invece trovano la morte o l’umiliazione. Famiglia perseguitata per varie cause in tante parti del mondo, soprattutto per motivi politici, razziali, culturali o di religione che progressivamente stanno distruggendo il cuore stesso dell’umanità che è la famiglia naturale. La sofferenza di Giuseppe e Maria profughi in Egitto è la sofferenza di tanti padri di famiglia che vanno in cerca di lavoro per far vivere dignitosamente la propria moglie e i propri figli. La sofferenza di Gesù Bambino è il simbolo della sofferenza di tanti bambini del mondo che sono uccisi, violentati, offesi nella loro innocenza e dignità e di cui nessuno si fa carico. Ecco il racconto evangelico della fuga in Egitto della Santa Famiglia e del suo ritorno, dopo la pacificazione dell’ambiente in cui operava il Re Erode: “I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».  Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzareth, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Fuga e ritorno, per poi stabilirsi a Nazareth definitivamente e dove davvero la santa famiglia visse giorni felici, prima della grande tempesta della condanna a morte di Gesù Maestro. Nazareth, può ben dirsi il luogo per antonomasia, dove nasce e cresce l’amore, perché in questa famiglia nasce e cresce Gesù, il Figlio di Dio, venuto nel mondo per portare l’amore e la riconciliazione.

Itri (Lt). La città dalla parte dei poveri e bisognosi

2013-11-07 07.53.58.jpgItri (Lt). Quando la carità si fa servizio ed aiuto concreto. Circa 400 persone assistite dalla Caritas cittadina

 

di Antonio Rungi

 

Due punti i punti logistici di riferimento sul territorio di Itri per la Caritas cittadina: il Centro di Ascolto che funzione presso i locali della Croce Rossa e il Centro di distribuzione alimentare che funziona presso il Convento dei Padri Passionisti di Itri, in Via San Paolo della Croce.

Così la Caritas interparrocchiale di Itri opera sul territorio comunale, assistendo, da vari punti di vista, e da diversi anni, oltre 100 famiglia, pari a circa 400 persone, con una media di 4 componenti per ogni nucleo familiare.

Nell’impegno diretto di questo servizio di carità e solidarietà verso i poveri della città (la maggior parte sono rumeni, ucraini, albanesi, ma anche cittadini di Itri) sono tre operatori Caritas di Itri, strettamente collegati con le due parrocchie della città e con la Caritas Diocesana di Gaeta.

Si tratta di Tommaso Marciano, di Paolo Manzi e Rosanna Fantasia. Puntuale il servizio che svolgo ogni settimana nei due punti di riferimento della Caritas cittadina: ogni venerdì dalle ore 17,00 alle 18,30 con il Centro di ascolto per valutare le situazioni personali e familiari che vengono rappresentate dalle persone che si rivolgono alla Caritas e con la distribuzione quindicinale della biancheria ed indumenti che sono donati dalla gente del posto, in buone condizioni igieniche, e che vengono ritirate soprattutto dagli extracomunitari. Sul territorio di Itri, data la vicinanza con Formia, Gaeta e Fondi, sono numerosi i cittadini extracomunitari. Ogni lunedì, invece, la distribuzione dei viveri, si effettua dalle ore 16.00 alle 18.00 presso il Convento dei Passionisti, che da anni ha messo a disposizione per tale scopo alcuni locali, gratuitamente, compreso i consumi di energia elettrica e di acqua,  e che insistono sulla piazza antistante il convento.

Ogni lunedì la Caritas distribuisce i viveri, secondo un calendario di convocazione, di almeno  25 famiglie o di bisognosi del territorio. Nell’arco di ogni mese sono, infatti, oltre 100 le famiglie alle quali vengono distribuiti i viveri più necessari, in base a quello che il Banco Alimentare di Caserta assegna, di volta in volta, alla Caritas di Itri.

Come è ben noto, per ottenere questi aiuti è necessario anche dare un contributo economico da parte delle parrocchie, delle associazioni e delle istituzioni religiose che si servono del Banco Alimentare.

La crisi economica sta condizionando non solo la distribuzione dei viveri, che sono inferiori rispetto al passato, ma anche la gara di solidarietà per aiutare il Banco Alimentare con i contributi volontari e con la raccolta periodica presso i centri commerciali e/o supermercati.

In poche parole, anche nel fare la carità e nell’aiutare quanti sono in necessità si sta attraversando un periodo di crisi.

Il sistema di distribuzione dell’abbigliamento e dei viveri, per quanto riguarda la Caritas cittadina di Itri, segue il criterio dell’ascolto delle necessità delle singole persone che si presentano al Centro Caritas, senza richiesta di documentazione o di attestazione dello stato di povertà o di bisogno.

In base al colloquio e in stretta collaborazione con i Servizi sociali del Comune di Itri si assicura quel poco, a livello di sostentamento, che è in dotazione alla Caritas, che viene distribuito secondo le necessità di ciascuno.

Nella logica del Vangelo della carità e della struttura funzionale della prima comunità dei cristiani di Gerusalemme, guidata da San Pietro e dagli altri apostoli, si cerca, ove e quando è possibile, di venire incontro ai bisogni di ciascuno, cercando di non far mancare il cibo ed il vestiario a quanti ne hanno bisogno ed evidenziano le loro necessità alla Caritas cittadina di Itri.

Si fa, infatti, sempre più forte e consistente la domanda di aiuto che è rivolta alla Caritas anche dai cittadini poveri di Itri, che con la crisi economica in atto non riescono a risollevarsi economicamente, né a trovare lavoro ed occupazione. Molti per dignità non chiedono neppure questo aiuto.

Per quel poco che la Caritas cittadina riesce a fare è sempre un aiuto importante alle tante persone che nella loro dignità, con umiltà, si rivolgono alla Caritas per aver quel pacco di alimenti, una volta al mese, con la pasta o altro, che allevia solo in parte le loro sofferenze ed i reali bisogni per contrastare la lotta per la sopravvivenza, che per molti è davvero impari e difficile da vincere.

Itri (Lt). Le suore Alcantarine in ritiro spirituale nella giornata di oggi.

rungi5-13.jpgSarà padre Antonio Rungi, passionista del Santuario della Civita, a guidare oggi 6 novembre il ritiro spirituale delle Suore Francescane Terziarie Alcantarine di Itri, che gestiscono una casa di riposo per gli anziani nel centro storico di Itri. Tema di questo importante incontro delle 10 religiose con il teologo Rungi è la testimonianza evangelica della vita consacrata nella chiesa e nel mondo contemporaneo alla luce degli insegnamenti di Papa Francesco, molto attento alle religiose. La giornata di ritiro inizia nel mattino, alle ore 10.00 con la prima conferenza e il dialogo fraterno sul tema trattato, prosegue poi con l’adorazione eucaristica, e nel pomeriggio con l’approfondimento personale e la verifica comunitaria del lavoro spirituale svolto nel corso della giornata. Dopo la trattazione della tematica della donna nella Bibbia, i ritiri spirituali mensili che si svolgeranno presso la struttura della casa di riposo San Martino delle Suore Alcantarine di Itri verteranno sulla testimonianza delle vita religiosa e di suora in particolare nel contesto del mondo d’oggi. Le suore Alcantarine di Itri sono impegnate nel servizio della carità verso gli anziani. Nella loro struttura, infatti, vengono accuditi e curati diverse persone della terza età. Parimenti le suore sono impegnate nella pastorale parrocchiale e collaborano costantemente con le parrocchie di Itri, guidate dallo scorso ottobre 2012 dal parroco don Guerino Piccione, con la collaborazione dal primo ottobre scorso del vicario parrocchiale, il novello sacerdote don Gennaro Petruccelli. L’assistenza spirituale alle Suore è assicurata dai sacerdoti diocesani e dai passionisti presenti in Itri.

PREGHIERA DI P.RUNGI PER I FEDELI DEFUNTI 2013

Defunti2013.jpgIn occasione della Commemorazione dei fedeli defunti del 2 novembre 2013, padre Antonio Rungi, sacerdote passionista e teologo morale, ha composto una speciale preghiera per tutti i defunti, incentrando la sua orazione soprattutto sulle vittime delle violenze di ogni genere, sul disprezzo della vita e contro la cultura della morte che spesso sembra dominare nella società contemporanea. Una preghiera che affida a tutti i sacerdoti e a tutti i fedeli, specialmente a quanti tra oggi, Festa di Tutti i Santi, e domani, Commemorazione dei fedeli defunti si recheranno al cimitero per pregare sulla tomba dei propri cari o partecipare alle celebrazioni religiose commemorative per questo giorno. Ecco il testo dell’orazione che il sacerdote ha divulgato in formato cartaceo e telematico:
 

Preghiera per i Defunti di padre Antonio Rungi, passionista 

 

Signore della vita,  

Tu ci doni tanti giorni in questo mondo 

per preparaci all’incontro con Te nell’eternità. 

 

Tu hai vinto la morte,  

ma noi, nonostante la fatica della vita, 

abbiamo paura di morire, 

ma tu donaci la grazia di saper soffrire 

patire e morire in pace con Dio. 

 

Come Te che di fronte all’imminente morte in Croce 

Ti sei rivolto al Padre chiedendo  

se era possibile che passasse quel calice amaro della Passione,  

fa che quanti hanno fede in Te  

possano ottenere la grazia di soffrire di meno 

guardando alla tua croce e alla tua morte in Croce. 

 

Signore della vita, noi sappiamo che la morte 

non è l’ultima parola per ogni persona che viene in questo mondo, 

ma è il passaggio alla gloria del cielo, all’eternità, 

in attesa del giudizio universale e della risurrezione finale 

dei nostri corpi mortali. 

 

In questi giorni di maggiore preghiera 

per i nostri cari e per tutti i defunti 

concedi a quanti sono in attesa  

di incontrarti per sempre in Paradiso,  

di ottenere questa grazia  

per la nostra umile ed incessante preghiera  

che eleviamo a Te per i nostri cari, 

per quanti sono dimenticati  

e soprattutto per le anime sante  

più abbandonate del Purgatorio. 

 

Ti preghiamo per i bambini mai nati, 

perché l’egoismo e la pura dei grandi 

ha stroncato la loro vita sul nascere.

 

Ti preghiamo per i bambini appena nati  

e che non avanzarono nel tempo dell’età 

perché nell’indifferenza dei grandi della terra 

morirono per la miseria,  fame e  povertà di ogni genere. 

 

Ti preghiamo per le vittime di tutte le guerre  

e delle nostre guerre odierne,  

quelle combattute nel nome di una presunta libertà dell’uomo 

e quelle combattute volutamente  per offendere  

e distruggere la vita della gente:  

dei bambini, giovani, anziani, donne,  

uomini di ogni razza cultura e religione  

che sono massacrati, in tanti modi, 

su questa martoriata e sofferente terra,  

che non riesce ad alzare il suo sguardo al cielo,  

per contemplare Te, Dio di amore e di misericordia.

  

Signore, fa che questi giorni  

dedicati alla Commemorazione annuale dei fedeli defunti,  

non passino invano, ma lascino il segno 

di una conversione alla cultura della vita  

e della pace in tutti gli angoli del mondo. 

 

I nostri cari, non hanno bisogno solo di fiori, 

luci, candele e mausolei  

per continuare la loro comunione spirituale con noi, 

hanno bisogno delle nostre preghiere e delle nostre opere buone, 

portando a compimento  

questo progetto d’amore e di riconciliazione 

nelle nostre famiglie, nei nostri ambienti, nelle nostre chiese, 

nel lavoro quotidiano, nella cultura, nella politica e nell’umana società. 

 

I tanti nostri cari, concittadini, connazionali,  

immigrati, fratelli e sorelle in umanità 

morti per tantissime giuste cause  

e per rendere il nostro mondo migliore, 

dal cielo possano guidare  

noi uomini di questo terzo millennio 

a guardare la vita nella prospettiva dell’eternità, 

agendo sempre bene su questa terra,  

nell’attesa della felicità nella vita eterna. Amen

 

 Padre Antonio Rungi, passionista

 

(Commemorazione dei Fedeli Defunti – 2 Novembre 2013)