GAETA

NOVENA DELL’IMMACOLATA 2023 – TESTO DI PADRE ANTONIO RUNGI

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NOVENA DELL’IMMACOLATA 2023

DA TENERSI A CONCLUSIONE

DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

A CURA DI PADRE ANTONIO RUNGI

 

29 dicembre 2023

 

Il pensiero dei padri della Chiesa e dei teologi

Fin dai primi secoli del cristianesimo, il sentire dei fedeli aveva intuito che il peccato era incompatibile con Colei che aveva concepito il Figlio di Dio, Gesù di Nazareth. Il primo che in certo qual modo ha parlato di questa purezza originale fu Theotecno di Livias, un vescovo della Palestina, vissuto nel VI secolo. Riferendosi a Maria usa espressioni come “santa e tutta bella”, “pura e senza macchia” e alludendo alla sua nascita afferma: “Nasce come i cherubini, colei che è di un’argilla pura e immacolata”.

 

Pensiero mariano del primo giorno

Maria, Madre del sì, tu hai ascoltato Gesù e conosci il timbro della sua voce e il battito del suo cuore. Stella del mattino, parlaci di Lui e raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede. Maria, che a Nazareth hai abitato con Gesù, imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti, la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta e fa fiorire la Parola in scelte di vera libertà.

 

Impegno mariano del primo giorno: Sii docile e disponibile verso tutti coloro che ti chiedono aiuto.

 

Canto del Tota pulcra

Tota pulchra es, María!

Tota pulchra es, María !

Et mácula originális non est in te.

Et mácula originális non est in te.

Tu glória Jerúsalem,

tu laetítia Israël,

tu honorificéntia pópuli nostri,

tu advocáta peccátorum.

O María, o María!

Virgo prudentíssima,

mater clementíssima,

ora pro nobis,

intercéde pro nobis

ad Dóminum Jesum Christum !

 

  1. Preghiamo: Signore nostro Dio, fonte di gioia per chi cammina nella tua lode, per intercessione della Beata Vergine Maria donaci un cuore semplice e docile, a immagine del tuo Figlio, per divenire discepoli della sapienza e compiere solo e tutto ciò che ti piace. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

30 Novembre 2023

 

Il pensiero dei padri della Chiesa e dei teologi

Il primo che vide nella natività di Maria una nuova creazione fu Andrea da Creta scrisse che: “Oggi l’umanità in tutto il fulgore della sua nobiltà immacolata, riceve la sua antica bellezza. Le vergogne del peccato avevano oscurato lo splendore ed il fascino della natura umana; ma quando nasce la Madre del Bello per eccellenza, questa natura recupera, nella sua persona, i suoi antichi privilegi ed è plasmata secondo un modello perfetto e veramente degno di Dio… Oggi la riforma della nostra natura comincia e il mondo invecchiato, sottomesso a una trasformazione tutta divina, riceve le primizie della seconda creazione”.

 

Pensiero mariano del secondo giorno

Maria, parlaci di Gesù, perché la freschezza della nostra fede brilli nei nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci incontra, come Tu hai fatto visitando Elisabetta che nella sua vecchiaia ha gioito con te per il dono della vita.

 

Impegno mariano del secondo giorno: Fai una visita ad una persona anziana o ammalata, se ti è possibile.

 

(Come il primo giorno)

 

1 Dicembre 2023

 

Il pensiero dei padri della Chiesa e dei teologi

Sofronio di Gerusalemme dichiara Maria «…pura, santa, senza macchia, risplendente, dai sentimenti divini, santificata, libera da tutte le lordure del corpo, del pensiero, dell’anima.»

 

Pensiero mariano del terzo giorno

Maria, Vergine del Magnificat, aiutaci a portare la gioia nel mondo e, come a Cana, spingi, ognuno di noi, a fare sempre e solo quello che Gesù dirà. Maria, porta del cielo, aiutaci a levare in alto lo sguardo. Vogliamo vedere Gesù. Parlare con Lui e annunciare a tutti I Suo amore.

 

Impegno mariano del terzo giorno: Sii strumento di comunicazione di gioia e speranza.

 

(Come il primo giorno)

 

2 Dicembre 2023

 

Il pensiero dei padri della Chiesa e dei teologi

Sant’Agostino parlando della condizione creaturale di Maria, Madre del Figlio dell’Altissimo, affermò: “Escludiamo dunque la santa vergine Maria, nei riguardi della quale per l’onore del Signore non voglio si faccia questione alcuna di peccato. Infatti da che sappiamo noi quanto più di grazia, per vincere il peccato sotto ogni aspetto, sia stato concesso alla Donna che meritò di concepire e partorire colui che certissimamente non ebbe nessun peccato? Quanto a Maria, non la consegniamo affatto in potere al diavolo in conseguenza della sua nascita; tutt’altro, perché sosteniamo che questa conseguenza viene cancellata dalla grazia della rinascita”.

 

Pensiero mariano del quarto giorno

Maria, vergine del nascondimento, mistica aurora, irradiazione della divina presenza.  Donna di silenzio, dimora per la Parola dell’Altissimo. Adombrata dallo Spirito Santo, grembo della Luce del mondo. Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te. Maria, umile donna, sei stata chiamata a diventare la benedetta tra le donne. Serva del Signore diventata madre del Servo del Signore.

 

Impegno mariano del quarto giorno: Sii attento a non parlare troppo e a valorizzare il silenzio della lingua e del facile giudizio.

 

(Come il primo giorno)

 

3 dicembre 2023

 

Il pensiero dei padri della Chiesa e dei teologi

  1. Anselmo di Canterbury scrisse testualmente “Occorre certamente che la redenzione operata da Cristo non sia di vantaggio solamente a coloro che vivevano in quel tempo, ma… non potendo tutti gli uomini che dovevano salvarsi essere presenti quando Cristo compì la redenzione, venne data alla sua morte tanta potenza che i suoi effetti si possano estendere nel tempo e nello spazio anche a coloro che non vi erano presenti. La Vergine poi, dalla qual è stato assunto l’uomo di cui parliamo, fu del numero di coloro che vennero da lui purificati dal peccato prima della sua nascita; ed egli fu assunto dalla Vergine già purificata. Sua madre divenne pura per la futura morte di Cristo”.

 

Pensiero mariano del quinto giorno

Maria, Madre santa del Redentore, donna dell’Eccomi pronto e fiducioso insegna, anche a noi, a saper dir di Sì a Dio. Tu sei speranza per ogni vocazione per quel “Sia fatta la tua volontà” pronunciato senza reticenze al messaggero d’antiche profezie giunto dall’Oltre di quel Dio Altissimo, che su te chinava il suo sguardo d’amore, e a te chiedeva in dono un “Sì” rinnovatore dell’umano destino.

 

Impegno mariano del quinto giorno: Nelle avversità di questa giornata ripeti sempre  “Signore  sia fatta la tua volontà”.

 

(Come il primo giorno)

 

4 Dicembre 2023

 

Il pensiero dei padri della Chiesa e dei teologi

Il primo a porsi intenzionalmente la questione teologica dell’esenzione della Vergine dal peccato originale fu il monaco Eadmero, discepolo di S. Anselmo. Egli affermò: “Certamente Dio poteva e voleva farlo; e se lo ha voluto, lo ha pure fatto”. L’assenza totale del peccato originale che conveniva alla singolare dignità di Maria veniva abbinata con l’onnipotenza di Dio.

 

Pensiero mariano del sesto giorno

Donaci, o Madre Santa, quell’obbedienza che ti ha resa attenta alla voce della divina Parola; quell’obbedienza necessaria perché ogni risposta alla chiamata di Dio sia autentica e generosa.

 

Impegno mariano del sesto giorno: Sii obbedente alla voce dello Spirito che ti suggerisce sempre il bene da farsi e il male da evitare.

 

(Come il primo giorno)

 

5 Dicembre 2023

 

Il pensiero dei padri della Chiesa e dei teologi

Duns Scoto, chiamato il “dottore dell’Immacolata” ebbe il grande merito di sostenere che in Maria si è realizzata una “redenzione preventiva”, cosicché la Vergine non è stata sottratta alla legge universale della redenzione, ma vi ha beneficiato in modo ancor più sublime, in quanto Cristo, unico mediatore, ha esercitato proprio in lei l’atto di mediazione più eccelso, preservandola fin dal suo concepimento dal peccato. Scrive: “Maria ebbe massimo bisogno di Cristo redentore; ella infatti avrebbe contratto il peccato originale a causa della propagazione comune e universale, se non fosse stata prevenuta dalla grazia del Mediatore; e come gli altri ebbero bisogno di Cristo, perché a loro fosse rimesso per i suoi meriti il peccato già contratto, così ella molto di più ebbe bisogno del Mediatore che la preservasse dal peccato, affinché non lo dovesse contrarre e non lo contraesse”.

Pensiero mariano settimo giorno

Maria, tu sei la giovane dal passo veloce, della sollecitudine preveniente, della disponibilità gioiosa. Con te al fianco, o Vergine della visitazione, Elisabetta non ebbe timori, il grembo suo di gioia esultò perché con te la Carità giungeva in casa sua.

 

Impegno mariano del settimo giorno: Sii caritatevole verso tutti, specialmente verso i poveri e i bisognosi.

 

(Come il primo giorno)

 

6 Dicembre 2023

 

Il Magistero dei Papi

Papa Sisto IV inaugurò, di fatto, la serie di interventi pontifici a favore della dottrina dell’Immacolata Concezione che condurranno alla proclamazione del dogma.  Il Papa con la Bolla “Grave nimis” del 1482 dichiarava “false, erronee e aliene dalla verità” le affermazioni di quanti sostenevano che la festa dell’Immacolata si riferisse alla sola santificazione di Maria, e che accusavano di eresia quanti diffondevano questa pia pratica. E così colpiva con scomunica ipso facto quanti osavano sostenere, nella predicazione o negli scritti, tali ragionamenti. Con questi documenti pontifici, la Chiesa Romana non solo approvava, ma formalmente accettava la festa della Immacolata e prendeva la difesa della pia credenza, non permettendo che fosse tacciata come eretica o peccaminosa.

 

Pensiero mariano dell’ottavo giorno

Dona, o Madre Santa, ai giovani d’oggi, il coraggio delle scelte audaci, la volontà di compiere in avanti i passi del discernimento per un futuro a servizio dell’Amore per la Chiesa e per il mondo.

 

Impegno mariano dell’ottavo giorno: Sii di consiglio e di guida ai giovani smarriti e bisognosi del parere di persone sagge, mature ed equilibrate.

 

(Come il primo giorno)

 

7 Dicembre 2023

 

Dal Magistero della Chiesa

Papa Alessandro VII nella Costituzione “Sollecitudo omnium Ecclesiarum”, dell’ 8 dicembre 1661 ricordava che: “il sentimento di devozione già antico, di cui i fedeli danno prova verso la Beata Vergine Maria, credendo che la sua anima dal primo istante della sua creazione e della sua infusione nel corpo, è stata per una grazia e un privilegio speciale di Dio, in virtù dei meriti di Gesù Cristo suo Figlio, redentore del genere umano, pienamente preservata dalla macchia del peccato originale e celebrandone in questo senso, con molta solennità, la festa della Concezione”.

Pensiero mariano del nono giorno

O Maria, madre in contemplazione del mistero della Vita di Dio: Tu sei la donna di fede, fatta madre dei credenti, splendida immagine della Chiesa. Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te.

 

Impegno mariano del nono giorno: Sii coraggioso difensore della vita dal suo concepimento fino al naturale termine. Difendi le donne e proteggile da ogni violenza.

 

(Come il primo giorno)

 

8 Dicembre 2023- Solennità dell’Immacolata

 

Dal Magistero della Chiesa

La proclamazione del dogma si ebbe l’8 dicembre 1854 con la Bolla Ineffabilis Deus di Pio IX, dopo una vasta consultazione dei vescovi, ai quali da Gaeta nel 1849, dove si era rifugiato, scrisse una lettera per avere il loro parere, che fu unanimemente favorevole. In sintesi questa verifica di fede afferma che Maria è stata preservata dal peccato originale e quindi da ogni altro peccato per i meriti di Gesù e in vista della sua missione di Madre del Redentore.  Il peccato, retaggio di ogni nato da donna, si arresta davanti a Maria. Se Gesù Cristo è il tutto santo perché la sua umanità viene interamente santificata dalla sua persona divina, Maria è la tutta santa in virtù della grazia proveniente dal Padre, dalla carità dello Spirito e dai meriti del suo divin Figlio. Se Gesù è il redentore, Maria è la sua prima redenta. La redenzione di Maria non fu per liberazione dal peccato, ma per preservazione. Ella cioè non fu per nulla segnata dal peccato, ma ne fu preservata, per singolare privilegio divino. Secondo la dottrina cattolica, Gesù Cristo ha esercitato in lei l’atto di mediazione più eccelso, preservandola dal peccato originale.

 

Pensiero mariano della Solennità dell’Immacolata

“A Maria, prima redenta da Cristo, che ha avuto il privilegio di non essere sottoposta neppure per un istante al potere del male e del peccato, guardano i cristiani, come al perfetto modello ed all’icona di quella santità, che sono chiamati a raggiungere, con l’aiuto della grazia del Signore, nella loro vita”. Maria Immacolata ricorda a tutti i battezzati la perfezione della santità. La tutta santa è stata e continua a essere nella Chiesa la guida sicura che conduce alle alte vette della perfezione evangelica. (San Giovanni Paolo II)

 

Impegno mariano del giorno di festa: Sii oggi esempio di vita mariana con un atteggiamento di preghiera umile e sentita partecipando alle celebrazioni odierne.

 

(Come il primo giorno)

 

Preghiera all’Immacolata di padre Antonio Rungi

 

Vergine Immacolata, in te aspira a rispecchiarsi ogni umana creatura che cerca con cuore sincero la beatitudine. Vergine Immacolata, che sei stata preservata da ogni macchia di peccato, proteggi noi che lottiamo contro le forze del male perché non prevalgono nel nostro operare quotidiano. Tu che per i meriti di Gesù Cristo hai contemplato sempre il Paradiso, assistici nel duro combattimento della vita, perché possiamo fortificarci con la grazia divina. Aiutaci o Vergine Maria, tutta pura, bella e santa a percorrere le strade delle beatitudini evangeliche, sicuro percorso che conduce al cielo, dove tu ci attendi quale Madre dolcissima di tutti noi, tuoi deboli figli. Amen.

Fermate la guerra. Appello del teologo Rungi a tutte le donne del mondo.

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GAETA. Appello del teologo passionista a tutte le donne del mondo per fermare la guerra.

In un messaggio in occasione della festa di santa Caterina da Siena, padre Antonio Rungi, teologo passionista, delegato arcivescovile per la vita consacrata della Diocesi di Gaeta. scrive a tutte le donne del mondo e chiede a loro di fermare la guerra. Ecco il testo integrale del messaggio di pace rivolto da padre Rungi a tutte le donne del mondo:
“Oggi la chiesa cattolica ricorda nella liturgia santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e dell’Europa. Una donna coraggiosa, capace di portare quella pace in un tempo molto travagliato politicamente e religiosamente, pace che oggi manca nel continente europeo, come in altre parti del mondo. Di fronte a queste donne forti e coraggiose c’è solo da chiedere a loro, che portano nella loro costitiuzione fisica, psicologica, umana e spirituale la vera dimensione della maternità, fermate voi la guerra in Ucraina, nella Russia e in tante altre parti del mondo, visto che gli uomini amano fare la guerra e farsi guerra, perché non sanno cosa significhi portare in grembo un figlio e poi vederlo ucciso sotto i bombardamenti, sotto i missili o affamati perché vigliono resistere per una causa nobile come la libertà. DONNE DI TUTTO IL MONDO BLOCCATE LE GUERRE OVUNQUE CI SONO E RIDATE PACE A QUESTA UMANITÀ. VOI POTETE RIUSCIRCI PIÙ DI TANTE PROMESSE E PROCLAMI MASCHILI. SOLO LE DONNE CHE AMANO LA VITA DIFENDONO FIGLI, MARITI E FIDANZATI E NON LI MANDANO A MORIRE PER UN PEZZO DI TERRA IN PIÙ DA AGGREGARE AL POTERE DEGLI UOMINI METEORE DI QUESTO TEMPO E DI SEMPRE. NOI CONFIDIAMO SULLE DONNE DI TUTTO IL MONDO PERCHÉ SI FERMI LO STERMINIO DI INTERE GENERAZIONI IN UCRAINA, RUSSIA E NEL RESTO DEL MONDO. BASTA CON LE GUERRE. RINASCA OVUNQUE LA PACE COSTRUITA CON PAZIENZA ED AMORE ALLA VITA DA TUTTE LE DONNE UCRAINE, RUSSE O COMUNQUE ESPRESSIONE DEL GENIO FEMMINILE. VOI AVETE IL CUORE BUONO, PERCHÉ IL VOSTRO CUORE BATTE ALL’UNISONO PER NOVE MESI CON IL FIGLIO O I FIGLI CHE PORTATE NEL GREMBO. NESSUNA DONNA AL MONDO POTRÀ ACCETTARE LA MORTE DI UN FIGLIO PER QUALSIASI MOTIVO E SOPRATTUTTO A CAUSA DI UN CONFLITTO COME QUELLO CHE È IN ATTO IN UCRAINA CON MASSACRI DI MILITARI E CIVILI, TRA CUI TANTISSIMI GIOVANI E BAMBINI”.

DOMENICA XXII – 29 AGOSTO 2021- COMMENTO DI PADRE RUNGI

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Domenica XXII del Tempo ordinario (Anno B)

Domenica 29 agosto 2021

La contaminazione del cuore umano

Commento di padre Antonio Rungi

Spesso ci domandiamo se un cibo è contaminato, se l’acqua che beviamo venga da una sorgente naturale o attraversando terreni e aree alla fine si contamina e noi beviamo acqua inquinata.

Ci preoccupiamo, oggi più che mai rispetto al passato, di questo problema. Noi che viviamo nel mondo del benessere e dell’assicurazione di ogni cibo, bevanda e sostegno alimentare e ci dimentichiamo di chi non ha nulla di tutto questo, compresa la mancanza di libertà.

Il vangelo di questa XXII domenica del tempo ordinario, ultima del mese di agosto 2021, tratto dall’evangelista Marco ci offre l’opportunità di riflettere su un tema molto caro ai farisei e scribi del tempo di Gesù, ovvero sulla questione del puro e dell’impuro.

E si parte nella discussione dal lavarsi le mani ed altro prima di iniziare a mangiare. Parliamo oggi delle celebri abluzioni che presso i giudei erano all’ordine del minuto e del secondo, quasi se fosse una mania.

Quello che ci è capitato in questi mesi anche a noi, in seguito alla pandemia.

Fissati nel lavarci le mani e sanificare ogni cosa, abbiamo vissuto e viviamo nel terrore. Giusto da un punto di vista igienico sanitario, ma non può diventare oggetto di discussione da un punto di vista religioso e morale. Lo diventò invece al tempo di Gesù.

Abbiamo, infatti, ascoltato che si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. E l’argomento messo in campo da loro per contestare l’operato del maestro e del gruppo dei discepoli è subito espresso. Gli osservanti delle norme igieniche avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate, subito fanno osservare a Gesù: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Quali erano queste norme igienico sanitarie? Eccole elencate nel testo del vangelo: lavarsi accuratamente le mani, prima di mangiare; fare le abluzioni quando si tornava dal mercato; infatti a maggior ragione non si poteva mangiare senza aver fatto prima le abluzioni; lavare bicchieri, stoviglie,  oggetti di rame e letti.

Norme di quotidiana vita umana e sociale che diventano oggetto di discussione per attaccare Gesù e i discepoli, alcuni dei quali non praticavano queste cose, pure buone da farsi.

A questo argomento di poco conto, Gesù  replica loro che battevano molto sull’osservanza di queste norme, con parole molto dure: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.

Infatti queste norme di igiene familiare e collettiva non sono norme emanate da Dio come i comandamenti.

E Gesù subito fa risaltare questo stridente contrasto: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». In poche parole, Gesù vuole richiamare alla loro attenzione ciò che davvero conta davanti a Dio.

A questo punto fa una cosa molto normale e semplice, per una persona ormai conosciuta ed accredita come maestro di Israele.

Chiama di nuovo la folla e fa questo discorso, anzi istruisce una vera e propria catechesi sul significato del puro e dell’impuro in una visione cristiana della vita: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza”.

Gesù elenca una serie di comportamenti antireligiosi ed antimorale oltre che antisociali. Sono esattamente 12 e non si tratta di un numero a caso, ma questo numero fa riferimento alla storia del popolo di Israele ed esattamente alle 12 tribù che lo costituiva prima di Cristo.

Dopo l’elencazione del cattiverie, c’è anche la spiegazione da parte di Gesù. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo, in quanto sono frutto della libera decisione dell’uomo di farle e di compierle.

Quando il cuore è contaminato dal male, fa tutto e più di questo; ma quando è sanato dall’amore e dalla grazia di Dio, il cuore dell’uomo opera solo il bene ed agisce per il bene.

In definitiva, non dobbiamo confondere il materiale con lo spirituale e il morale e l’etico. Il mangiare senza lavarsi le mani non è peccato, ma è cosa buona farla, soprattutto in questo tempo di pandemia; ma elaborare nella mente e nel cuore progetti di morte e di distruzione della vita, della dignità e della onorabilità altrui questi si che sono peccati e reati che vanno perseguiti, condannati e fatti scontare con punizioni adeguate.

Di norme di ben altra natura parla la prima lettura di oggi e sono espresse attraverso la voce di Mosè che si rifà a quanto ricevuto direttamente da Dio nel suo dialogo con “Colui che è”.

E si tratta dei dieci comandamenti, delle Tavole delle Legge, della Torah. «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo”.

Norme che ben conosciamo e che sono la base di partenza di ogni fede e religione autentica, perché sono le leggi fondamentali che regolano il rapporto tra l’uomo e Dio, l’essere umano con i suoi simili e con il creato. Non aggiungere altre norme umane quindi e di altro genere, come purtroppo poi si è fatto, appesantendo la legislazione degli stati e della stessa Chiesa e facendo diventare peccati ciò che non lo è affatto.

A sanare questo conflitto tra la legge divina e la legge umana, tra la legge naturale e quella civile, è la parola di Dio, quella detta da Cristo, come ci ricorda  san Giacomo apostolo nella sua lettera di questa domenica: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature”. Premesso questo da un punto di vista teologico ed ontologico, l’Apostolo ci invita ad accogliere “con docilità la Parola che è stata piantata in noi e può portarci alla salvezza”. Dobbiamo essere di quelli che mettono in pratica la Parola, e non soltanto auditori, illudendo noi stessi e gli altri, facendoci passare per quelli che non siamo.

Di conseguenza, anche per superare una falsa concezione di fede e di religione, San Giacomo afferma con chiarezza espositiva che “religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo”.

Sta qui la sintesi del messaggio cristiano: essere vicini ed aiutare gli altri, specialmente gli orfani e le vedove e poi mantenersi puri nel cuore, senza lasciarsi contaminare dal male che il cuore e la mente producono in una visione distorta della storia e della vita, come stiamo constatando in questi giorni e in questo difficile momento della storia dell’umanità.

Sia questa la nostra preghiera e di i veri credenti del mondo che rivolgiamo al Signore con tutto il cuore, mentre nel mondo si alzano venti di guerra e di violenza: “Dio onnipotente, unica fonte di ogni dono perfetto, infondi nei nostri cuori l’amore per il tuo nome, accresci la nostra dedizione a te, fa’ maturare ogni germe di bene e custodiscilo con vigile cura”. Amen.

ITRI. FESTA DELLA CIVITA 2021 AL SANTUARIO. ORARI

MESSE CIVITA 2021

Aggiornato il programma e l’orario delle celebrazioni al Santuario della Civita

di Antonio Rungi

Vengono pubblicate ulteriori informazioni sulla festa della Madonna della Civita che si celebra in modo solenne al santuario a lei dedicato, di proprietà dell’Arcidiocesi di Gaeta, affidato ai passionisti di Itri Civita e Città, nei giorni 20 e 21 luglio 2021. Dopo la pandemia si riprende il cammino in presenza di sempre più numerosi fedeli, devoti e pellegrini che arrivano al santuario da ogni parte d’Italia e dall’estero, anche ora che si sono riaperte le frontiere innalzate dalla pandemia.

MESSE CIVITA 2021

ITRI. FESTA DI SAN PAOLO DELLA CROCE 2020

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ITRI (LT). FESTA DI SAN PAOLO DELLA CROCE, NEL TERZO CENTENARIO DI FONDAZIONE DELL’ISTITUTO DEI PASSIONISTI

di Antonio Rungi

Quattro giorni di intensa preghiera per la festa San Paolo della Croce, dal 16 al 19 di ottobre 2020, che si terranno nella chiesa di Santa Maria di Loreto in Itri, tempio mariano che i passionisti hanno avuto in donazione nel 1943 e che conservano gelosamente, per alimentare la fede nel popolo santo di Dio nella comunità cristiana di Itri e dei paesi limitrofi. La festa, quest’anno, nel rispetto delle norme anti Covid 19, più restrittive nel Lazio, rispetto a quelle emanate dal governo, assume un significato particolate sia per la ricorrenza del terzo centenario della Congregazione dei Passionisti, fondata da San Paolo della Croce il 22 novembre 1720 e sia per l’emergenza dovuta alla pandemia che tanta ansia e preoccupazione sta producendo nel cuore e nella vita della gente e dei fedeli. In considerazione di tutti questi elementi, la comunità passionista di Itri-Civita, costituita da 8 religiosi, che curano anche il Santuario Mariano della Civita, si concentrerà essenzialmente sulle celebrazioni religiose. In particolare sarà curata la preghiera del rosario, la celebrazione delle messe con relative omelie, commemorazione transito del fondatore dei passionisti, avvenuto a Roma il 18 ottobre 1775, ai Santi Giovanni e Paolo. Nessuna manifestazione esterna è prevista per questa festa, anche perché non è possibile affatto.

La chiesa dei Passionisti di Itri, conosciuta da tutti come dei “Cappuccini”, intitolata dalla Madonna di Loreto, da loro fondata nel 1574 e per secoli curata e messa a servizio della comunità religiosa e civile di Itri, può ospitare fino ad un massimo di 60 persone in base alle norme per il Covid-19. Normalmente la Chiesa è frequentata da un buon numero di fedeli, sia nelle giornate feriali e soprattutto nelle domeniche e nelle feste. La devozione a San Paolo della Croce è molto sentita in città e nel territorio, in quanto il Santo è stato negli anni 1720-1726 più volte a Gaeta, Fondi, Sperlonga ed altre località. A Gaeta, insieme al fratello Giovanbattista, fissò per lunghi mesi la sua dimora al romitorio della Madonna della Catena e nel 1726 per diversi mesi sostò in preghiera, penitenza e discernimento al Santuario della Madonna della Civita. La presenza di San Paolo della Croce si perpetua da tre secoli in questa area, con la predicazione delle missioni popolari, con varie iniziative religiose, che i passionisti nel tempo hanno portato avanti con la loro attività missionaria e spirituale. Poi nel 1943 nell’attuale convento cittadina si stabilì una comunità religiosa passionista che ha operato nel territorio dell’arcidiocesi di Gaeta in vari settori: parrocchia, direzione spirituale, predicazione itinerante, assistenza spirituale a vari istituti di suore e, negli anni post-bellici nel campo dell’assistenza umanitaria, culturale e sociale, favorendo quella rinascita civile di Itri, dopo il secondo e distruttivo conflitto mondiale. Dal 1985 i passionisti, su proposta dell’arcidiocesi di Gaeta, hanno accettato di guidare spiritualmente anche il santuario della Civita.

Nel 2012, i passionisti hanno lasciato la parrocchia di Santa Maria Maggiore che avevano guidato per oltre 50 anni e la parrocchia San Michele Arcangelo, sempre in Itri, che aveva avuto in affidamento da due anni. Attualmente oltre al santuario della Civita, impegno pastorale prioritario, sono a servizio dell’arcidiocesi di Gaeta, come responsabili della vita consacrata, come parroci e vicari -parroci, nel campo della predicazione itinerante, dei mezzi di comunicazione sociale, come cappellani ed altri ministeri tipici della Congregazione della Passione. In occasione del lockdown per la pandemia da coronavirus, ancora in fase di diffusione, hanno animato la vita spirituale dei fedeli, a distanza, con la celebrazione delle sante messe, la liturgia delle ore, le catechesi, la preghiera del Rosario, con le varie funzioni religiose, soprattutto in occasione della settimana santa, trasmettendo il tutto in diretta streaming dal Convento di Itri e dal Santuario della Civita, quando è stato possibile.

Ora i religiosi, confidando nell’aiuto di Dio, sperano di poter svolgere al meglio il triduo e la festa religiosa del loro fondatore, San Paolo della Croce ed attendere l’arrivo dell’Icona del Giubileo dei Passionisti, in peregrinatio in tutto il mondo e che arriverà ad Itri-convento il 30 novembre 2020, proveniente da Casamicciola e che verrà poi trasferita il 2 dicembre alla comunità di Sora. Intanto nella Chiesa è stato predisposto il tosello che accoglie la statua di San Paolo della Croce, collocata, all’esterno, all’ingresso del Convento e che negli anni scorsi veniva portata in processione per le principali vie del rione dei Cappuccini.

Questo è il programma dettagliato del triduo e della festa liturgica di San Paolo della Croce nel 2020, segnato dalla pandemia.

Il 16-17 ottobre 2020, giornate di preparazione: al mattino: Ore 7,00 Santo Rosario. Ore 7,30 Messa; al pomeriggio: Ore 17,30 Santo Rosario meditato con i pensieri spirituali di San Paolo della Croce. Ore 18.00 Messa con omelia. Domenica, 18 ottobre 2020, giorno della commemorazione della morte di San Paolo della Croce, al mattino: ore 7,30 Santo Rosario; ore 8.00 Messa. Al pomeriggio, ore 17,30 santo Rosario meditato, con i pensieri spirituali di San Paolo della Croce; ore 18.00, santa messa con omelia. A conclusione della santa Messa commemorazione del Transito di San Paolo della Croce al cielo, con la lettura dei Ricordi e delle ultime raccomandazioni lasciate ai suoi figli spirituali il 18 ottobre 1775. Lunedì, 19 ottobre 2020, festa liturgica di San Paolo della Croce, infine, alle ore 7,30 messa solenne concelebrata; ore 17,30 santo Rosario ed ore 18.00, concelebrazione, con la supplica a San Paolo della Croce e la benedizione con la sua reliquia.

P.RUNGI COMMENTO E PREGHIERA PER LA PASQUA 2020

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Domenica di Risurrezione

Domenica 12 Aprile 2010 

IL MATTINO DI UNA NUOVA PASQUA 

Commento di padre Antonio Rungi

Tutta la liturgia della parola di Dio di questa domenica di Pasqua è improntata al tema della risurrezione e della rinascita di chi ha fede nel Figlio di Dio, morto e risorto. E’ un inno di lode al Signore è la vera alleluja che ogni cristiano canta da profondo del proprio cuore, nella speranza di vedere finiti i segnali di morte nel nostro tempo e nella nostra storia.

Partendo dal vangelo di Giovanni, questo brano ci descrive la risurrezione di Cristo e ci rammenta che Maria si alzò presto per andare al sepolcro di Gesù, per fare quell’atto di devozione, di culto e di attenzione verso di lui, come fanno tutti coloro che hanno a cuore quanti sono morti e non li dimenticano appena sepolti.

 

A Maria e agli apostoli era possibile allora raggiungere liberamente il sepolcro. Oggi per quanti lasciano questo mondo, in tempo di epidemia da coronavirus, oltre a non aver sepoltura, vengono cremati e le ceneri distribuire ai parenti, nel migliore dei casi.

 

In questo periodo di grande sofferenza, la Pasqua per noi cristiani è davvero una boccata di ossigeno e di speranza, per non disperare, per non rattristarci più di quanto già lo siamo.

 

Bisogna alzarsi e rialzarsi come Maria che di buon Mattino va da Gesù Cristo. Appena giunta al sepolcro prende atto che la pietra era stata tolta dal sepolcro. E primo gesto che compie, non va a denunciare la scomparsa di un morto, il trafugamento del corpo di Gesù, ma corre dai discepoli del Signore e quindi anche da Maria, la Madre di Gesù, che era stata accolta nella casa di Giovanni, e riferisce in particolare a Pietro e a Giovanni quello che aveva visto: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

 

Che si fa normalmente in questi casi, istintivamente? Si va a vedere, si corre insieme e si ritorna su posto, andando alla ricerca, cercando di capire cosa è successo. Esattamente quello che fanno i due discepoli e Maria.

Il racconto del Vangelo è dettagliato, anche perché p stato vissuto in prima persona da chi l’ha scritto il resoconto di quanto accaduto e cioè Giovanni l’Evangelista, il discepolo che Gesù amava, come egli di definisce non citando mai se stesso in prima persona, ma parlando in terza persona. Infatti, Pietro subito uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Anche loro hanno fretta e corrono insieme, verso il luogo dove Gesù era stato sepolto.

 

Nella corsa, il giovane in genere vince sempre e Giovanni mette in evidenza questo fatto, non per precisare la sua velocità, ma la sua primazia rispetto all’amore di Cristo. Giunto Giovanni per primo al sepolcro si affacciò all’ingresso e si chinò per terra. Avendo costatato che i teli erano era posati là, non entrò ed attese che arrivasse Pietro.

 

D’altra parte era consapevole il giovane discepolo che Gesù aveva affidato a Pietro la missione di pascere il suo gregge.

 

Giovanni rispetta il ruolo di Pietro e attende che entri lui per primo nel sepolcro, essendo di gran lunga molto più anziano di lui e quindi più esperto e preparato al compito che lo attendeva, quello di registrare l’assenza del corpo di Gesù e interrogarsi sul da farsi.

 

Una volta entrato nel sepolcro Pietro osservò che i teli era posati vicino al luogo della sepoltura, mentre il sudario – che era stato sul suo capo di Gesù era stato arrotolato e messo in un luogo a parte. Cosa insolita. Troppi elementi che deponevano non verso un trafugamento della salma, ma verso quella idea che aveva accompagnato il gruppo dei discepoli, stando vicino al Maestro, che spesso aveva parlato loro di risurrezione dopo tre giorni di sepolcro. A quel punto entrò anche Giovanni, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

 

L’atto di fede nella risurrezione del Signore è espresso in quel preciso momento, visto che fino allora non avevano compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Quel verbo “doveva”, vale la pena sottolinearlo, in quanto Gesù, Figlio di Dio, non poteva restare nella morte oltre quel tempo previsto, fin dall’eternità, in vista della risurrezione, che come la morte di Gesù era nel piano salvifico di Dio.

Il grande mistero della nostra fede, la Pasqua di Cristo è tutto sintetizzato in questo: doveva risorgere, non poteva stare per sempre nel sepolcro, Lui che era il Figlio di Dio, la via, la verità e la vita è il vincitore della morte e l’alba della risurrezione per tutti.

 

Alla luce di questo mistero, comprendiamo esattamente la nostra vita e come va letta nella prospettiva della Pasqua di Gesù che è poi la nostra Pasqua.

 

San Paolo Apostolo proprio nel considerare il valore teologico e morale della Pasqua per ogni cristiano ci ammonisce: “Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con àzzimi di sincerità e di verità.

 

E come i primi apostoli che faticarono non poco a capire che Gesù era risorto e quindi se ne fanno gli annunciatori, anche noi dobbiamo sentire il dovere di annunciare agli altri la risurrezione, la rinascita, la risurrezione, nostra, dell’Italia e del mondo intero in questo difficile momento che stiamo vivendo.

Augurio più bello non può esserci, se è lo stesso apostolo a dirci esattamente cosa significhi per noi la Pasqua, soprattutto in questo tempo di pandemia, che non pochi problemi sta ponendo anche alle nostre fragili certezze.

 

Affidiamo al Signore tutte le nostre intenzioni di preghiera per la Pasqua 2020, espressa nella mia orazione, ricordando a me a tutti che la Pasqua è una festa della vita, della gioia e della rinascita.

Risuoni nel nostro cuore e nella nostra vita l’inno pasquale dell’ lleluja e il canto di Maria che ha incontrato Gesù appena risorto dai morti. E ci racconta che hai visto La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti. Cristo, nostra speranza, è risorto e ci ha preceduto nella Pasqua eterna.

La nostra fede nella risurrezione è certa, perché Cristo è davvero risorto. Egli è Re vittorioso che ha pietà di noi”.

Pertanto, eleviamo al Risorto questa preghiera che è di speranza e di luce per tutta l’umanità:

Preghiera per la Pasqua 2020

 

Risorgi Gesù nell’oggi di questa nostra umanità, afflitta da questo terribile virus mortale, che ha limitato la nostra vita, ma non ha condizionato la nostra fede e la nostra speranza in Te.

 

Ridonaci la gioia di fare Pasqua, nello stesso modo con il quale l’hai celebrata Tu, con tutti discepoli nell’ultima cena, intorno alla mensa del pane e del vino dell’amore che si fa diaconia, con il dono totale della vita.

 

Nella nostra sofferenza di questi terribili giorni, senza il contatto con l’eucaristia, la penitenza e la vicinanza dei fratelli, abbiamo compreso l’importanza dell’essere con Te sempre, mediante i segni sacramentali da Te istituiti nell’ultima cena per darci la certezza che Tu ci sei vicino in ogni momento della nostra vita.

 

Gesù Risorto dai morti, apri i sepolcri dei nostri cuori, dove abitano la morte, la tristezza e l’assenza di ogni legittima attesa.

 

Sbalza via dalle nostre povere vite tutto ciò che ci chiude in una visione dell’esistenza nella sola prospettiva terrena.

 

Non saremo cuori ed anime risorti se non facciamo tesoro di questa grande lezione della storia, dei limiti delle nostre conoscenze tecniche e scientifiche e della nostra pochezza e limitatezza con le quali dobbiamo sapere convivere oltre il tempo del coronavirus.

Padre Antonio Rungi

 

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – 2 FEBBRAIO 2020 – RIFLESSIONE DI P.RUNGI E PREGHIERA

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PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

 Domenica 2 febbraio 2020

Crescere e fortificarsi, colmarsi di sapienza e grazia davanti a Dio 

Commento di padre Antonio Rungi

Questa prima domenica di febbraio 2020, quarta del tempo ordinario coincide con la solennità della Presentazione del Signore. Oggi, poi, si celebra anche la XXIV giornata per la vita consacrata. Due motivi, quindi, per riflettere, pregare, trasmettere la parola di Dio e sollecitare una risposta vocazionale a servizio della Chiesa negli istituiti maschili e femminili e nell’Ordo Virginum. A descriverci questo momento importantissimo della vita del Bambino Gesù è san Luca nel Vangelo di questa domenica che costituisce la base della nostra riflessione e il testo biblico di riferimento per capire questa festa, che si aggancia al Natale.

La celebrazione eucaristica è, infatti, preceduta dalla benedizione delle candele e dalla processione. Il sacerdote ricorda all’inizio del rito che da Natale “sono passati quaranta giorni. Anche oggi la Chiesa è in festa, celebrando il giorno in cui Maria e Giuseppe presentarono Gesù al tempio. Con quel rito – ci viene ricordato – che il Signore si assoggettava alle prescrizioni della legge antica, ma in realtà veniva incontro al suo popolo, che l’attendeva nella fede. Si fa poi riferimento ai personaggi coinvolti in questo rito. Infatti, “guidati dallo Spirito Santo, vennero nel tempio i santi vegliardi Simeone e Anna; illuminati dallo stesso Spirito riconobbero il Signore e pieni di gioia gli resero testimonianza”. Rivivendo la stessa esperienza dei santi Simeone e Anna, “anche noi qui riuniti dallo Spirito Santo andiamo incontro al Cristo nella casa di Dio, dove lo troveremo e lo riconosceremo nello spezzare il pane, nell’attesa che egli venga e si manifesti nella sua gloria”. Dopo questa monizione segue la benedizione delle candele, per cui questo giorno passa, da sempre, come la “Candelora”, con tanti significati e detti popolari che essa porta in se.

Ma ritornando al testo del Vangelo è bene evidenziare, anche all’indomani della domenica della Parola di Dio, che abbiamo celebrato tutti la scorsa settimana, concentrarsi su quanto Luca scrive: “Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore”. Maria e Giuseppe sono due genitori attenti ed osservanti della legge mosaica e portano Gesù al Tempio di Gerusalemme per consacrarlo al Signore. Dio che si consacra a se stesso. Bella questa immagine di Gesù Bambino che viene portata da Maria e Giuseppe per essere consacrato: il consacrato e il consacrante coincidono perfettamente nella seconda persona della Santissima Trinità, Gesù Figlio di Dio, l’Unto del Padre ed inviato nel mondo per la salvezza del genere umano.

Cosa succede in quel solenne ingresso nel Tempio? Una cosa mai verificatasi prima: “A Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio”. Ecco il grande dono che ricevere questo uomo giusto e pio, Simeone, di prendere tra le braccia Gesù. Un desiderio che aspettava da una vita e che in quel momento si realizza pienamente.Il Messa, il Salvatore e lì, sta tra le sue braccia, un tenero bambino, in braccio ad un anziano sacerdote che officiava nel tempio. Quello che esce dal cuore e dalle labbra di questo santo vegliardo, Luca ce lo riporta integralmente, nella celebre preghiera del “Nunc dimittis”, che Simeone alzando gli occhi e il Bambino al cielo pronuncia con l’impeto del cuore, colmo di gioia e pronto al passaggio all’eternità: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

La scena della presentazione del Signore non si esaurisce qui, va a spaziare oltre i confini di quel momento e si proietta già nel futuro di quel Bambino che il profeta Simeone indica come Salvatore. Simeone benedisse i genitori di Gesù e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». La spada di cui parla Simeone è la croce di Cristo, la sofferenza di quel Bambino che una madre dovrà accettare con lo stesso “si” detto a Dio nel momento dell’incarnazione di Gesù, nel suo grembo verginale per opera dello Spirito Santo. La croce si apre davanti agli occhi di Maria, attraverso quelle parole che vanno direttamente al cuore di una mamma. Gioia e dolore camminano sempre insieme nella vita di ogni credente a partire da Gesù, per interessare la sua mamma ed arrivare fino a noi poveri esseri mortali.

Il terzo atto di questo meraviglioso scorcio di paradiso in terra, è la narrazione che Luca fa della presenza della profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Una donna avanti negli anni, aveva 84 anni, ed aveva vissuto con il marito appena sette anni dopo il suo matrimonio, ma era poi rimasta vedova. Rimasta vedova e probabilmente senza figli, viveva praticamente nel Tempio, da cui non si allontanava mai, “servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Donna di preghiera e di servizio liturgico viene anche lei premiata, in quanto ha la possibilità di partecipare al rito della presentazione di Gesù Bambino. “Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”.

Il saluto finale avviene con un altro atto di amore verso Gesù e verso quanti lo attendevano nel loro cuore. Maria e Giuseppe, insieme al Bambino, “quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret”. Da quel momento in poi sappiamo solo dal testo del Vangelo di Luca che “il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”.

Crescere e fortificarsi, colmarsi di sapienza e grazia è il messaggio finale che arriva a tutti i cristiani da questa celebrazione annuale e che riguarda in modo speciale i consacrati, i religiosi, le religiose e tutti i consacrati al mondo che, a vario titolo e con modalità diverse si sono votati totalmente a Dio, mediante la scelta dei consigli evangelici di povertà, castità ed obbedienza.

E proprio per i consacrati si addice quanto viene riportato oggi nei testi biblici di questa festa, a partire dalla prima lettura, tratta dal libro del profeta Malachìa, nel quale leggiamo parole di attesa e speranza, senza uguali, riferite alla venuta del Messia: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti”.

I religiosi sono gli inviati speciali nella chiesa e nel mondo per portare la parola del Vangelo in ogni angolo della terra. Una parola che è prima di tutto umanizzazione e affermazione della dignità della persona umana.

Non c’è vero annuncio e testimonianza evangelica se non quando cresce la promozione e la dignità di ogni persona umana, da bambino, appena concepito nel grembo di ogni mamma, fino all’ultimo istante dalla sua esistenza naturale.

La venuta di Cristo sulla terra è proprio quel fuoco del fonditore e la lisciva dei lavandai che serviranno per fondere e purificare tutta l’umanità a partire dai figli di Levi, cioè da coloro che si ritengono più giusti, saggi e santi davanti a Dio agli altri, come il fariseo al Tempio.

La vera conversione si deve attuare proprio in coloro che pensano di essere santi e giusti, come potrebbe ritenersi, in modo errato, ogni consacrato, solo perché ha emesso i voti o porta un abito religioso, quando lo si indossa.

Tutti siamo invitati a confrontarsi con la vita, la missione e l’opera di nostro Signore Gesù Cristo, il quale ci ricorda la Lettera agli Ebrei, che per esclusivi motivi di umiltà e di redenzione “doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Gesù Crocifisso, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova”.

A Lui, modello di vita di ogni consacrazione, si devono ispirare i cristiani e in particolare i religiosi.

Ecco perché è giusto che in questo giorno speciale tutti i consacrati possano elevare a Dio questa preghiera dal titolo: “Gesù ti dono tutto me stesso”. 

Gesù, che ci hai chiamati a seguirti sulla via stretta dei consigli evangelici, in questa annuale giornata della vita consacrata, rinnoviamo il dono di noi stessi a Te che ci hai chiamati e ci hai sostenuti, portandoci dove volevi e vuoi Tu. 

Ti siamo grati e riconoscenti per dono della vocazione e per il tuo sguardo d’amore e di benevolenza che hai posato sulle nostre persone, fin dal grembo delle nostre madri, quando per Te già chiara era la nostra strada. 

A distanza di tanti anni che abbiamo vissuto e viviamo alla tua sequela, non sappiamo dirti altro che grazie, per tutti i benefici che ci hai elargito, senza nostro merito, ma con tanti difetti e debolezze personali. 

Continua, Gesù, a sostenerci nel cammino della nostra vocazione alla vita consacrata e non permettere che nessun avvenimento del mondo, della chiesa e del nostro tempo, turbi la nostra esistenza. 

In questo giorno di ringraziamento per quanti hanno scelto di seguirti sulla vita di piena consacrazione a Te, rinnoviamo il nostro proposito, i nostri impegni e i nostri voti di povertà, castità ed obbedienza, considerandoli come vie maestre per amare Te, prima e sopra tutte le cose di questa terra e in Te, Gesù, amare ogni fratello e sorella, a partire da chi ci hai posto acconto come compagni di viaggio per raggiungere la perfetta carità e la santità. 

Maria, Madre nostra e Modello di totale consacrazione a Dio, prendici per mano e accostaci al tuo cuore di Mamma.

Facci ascoltare il battito del cuore di Gesù, tuo Figlio amatissimo, pieno di amore e di dolore, come l’ascoltò il discepolo prediletto nell’ultima cena. Amen.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DI DOMENICA 22 SETTEMBRE 2019

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XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

DOMENICA 22 SETTEMBRE 2019

Poveri, ma con dignità, ricchi svuotati di eternità

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa XXV domenica del tempo ordinario ci presenta, nel Vangelo di Luca, la parabola dell’amministratore disonesto, dalla quale Gesù fa scaturire una serie di messaggi, raccomandazioni e inviti a non agire in un certo modo, quello appunto della disonestà, dell’affarismo, della visione esclusivamente economica e materiale dell’esistenza umana. L’inizio del racconto detto da Gesù a suoi apostoli, parla di un uomo ricco che aveva un amministratore. I poveri non hanno amministratori; per cui solo i ricchi di sempre possono permettersi chi amministra i loro beni. Non sempre questo avviene con onestà e rettitudine, come ci ricorda il vangelo di Luca. Leggiamo infatti che questo amministratore fu accusato dinanzi al suo padrone di sperperare i suoi averi. Per cui lo convocò e gli disse con schiettezza e senza mezzi termini che da quel momento in poi non poteva più amministrare i suoi beni. Era stato disonesto, aveva fatto i suoi interessi e non quelli del padrone, del ricco e quindi doveva per forza di cosa lasciare subito, senza tentennamenti.

A questo punto scatta la ritorsione verso il ricco e cosa fa l’amministratore disonesto, utilizzando le risorse del suo datore di lavoro? Fece questo ragionamento tra se, che poi concretizzò subito: Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. Si sa che non ha mai fatto niente e campa sulle spalle degli altri, continuerà a fare sempre la stessa cosa per tutta la vita. E allora chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.

A quel punto si era assicurato il suo futuro economico, continuando ad agire in modo scaltro e disonesto, come fanno tanti nel mondo di oggi, rispetto alle persone rette ed oneste, che non approfittano, non rubano, di fanno sconti per un loro personale guadagno a danno di chi dà loro da lavorare. Ma non è questa la strada dell’onestà e della moralità.

Tuttavia, il testo del Vangelo, pur condannando l’atto immorale, mette in bocca al padre una immeritata lode dell’amministratore disonesto, motivandone il perché. Egli aveva agito con scaltrezza, come non fanno tante persone.

E da questo comportamento da biasimare, arriva il monito finale, quello che non ti aspetti come conclusione di un discorso improntato più alla lode dell’immoralità che all’esaltazione della moralità. Si chiama litote quella figura retorica, mediante la quale si sostiene una cosa per affermare l’esatto opposto. Infatti, conclude il testo del vangelo con questa constatazione di fatto: “I figli di questo mondo, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”.

Di fronte a tale comportamento, Gesù cosa dice?: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne”. Gesù usa immagini e terminologie umane per indirizzare lo sguardo e il pensiero di tutto verso le cose eterne e che non tramontano mai.

E di conseguenza, conferma quello che è il comportamento di ogni persone coerente  e fedele in tutti i campi, affermando che “Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti”. E quindi il rimprovero conclusivo che deve far scattare un diverso modo di agire e soprattutto il superamento del compromesso ad ogni livello.

Infatti, dice Gesù: Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

Perciò, bisogna convenire sul fatto che “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. In termini molto chiari ed espliciti: Non possiamo servire Dio e la ricchezza».

Queste due realtà sono in contrapposizione e non possono andare d’accordo mai. Per chi guarda all’eternità la scelta è obbligata: può e deve solo e semplicemente scegliere Dio, il bene assoluto, il bene senza fine.

Sul tema dello sfruttamento dei poveri è incentrata la prima lettura, tratta dal libro del profeta Amos, nella quale troviamo parole durissime nei confronti di quanti rubano, sfruttano, umiliano i poveri e pensano a fare soldi e ricchezza a danni degli altri, agendo contro la carità, la giustizia e il diritto: «Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l’efa e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano”». Di fronte a questo assurdo comportamento di totale ingiustizia e sfruttamento dei deboli il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: «Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere». Dovrebbe questo far pensare a chi agisce disonestamente in tutti i campi, specialmente in quello economico, lavorativo e professionale

Ed un appello alla carità, alla giustizia e alla rettitudine ci viene dal brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo, nella quale raccomanda alcune fondamentali cosa da fare: “prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”.

Questo esplicito e profondo desiderio di pregare deve realizzarsi in ogni luogo alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese. Come è evidente l’apostolo raccomanda di fare preghiera in una condizione di pace, di rapporti tranquilli e soprattutto nella semplicità e nell’innocenza della propria vita. Quante persone hanno le mani pulite in senso morale e di giustizia e rettitudine al punto tale che possono anche lodevolmente pregare ed alzare quelle loro mani al cielo per chiedere o per ringraziare?

Forse molti, forse pochi, forse nessuno, in quanto nessuno è esente da peccato, ma una cosa è certa e cioè che siamo invitati a rispettare i poveri, a non offenderti nella loro dignità, perché essi sono i preferiti da Dio, perché, senza volerlo, hanno scelto la parte migliore, quella che non sarà tolta mai a loro, hanno scelto Dio e non mammona.

Come riflessione conclusiva vi invito ad elevare a Dio questa mia preghiera del povero e per i poveri, scritta  in questi giorni:

 

Signore, non ho niente,

eppure ho tutto, perché ho Te.

 

Non ho cibo a sufficienza,

ma mi basta quello

che guadagno onestamente

o che ricevo generosamente.

 

Non ho casa, ove riposare,

ma mi contento del cielo

sotto il quale riposo ogni tanto,

memore della tua esperienza di un Dio

che non ha neppure una pietra

ove poggiare il suo capo stanco.

 

Non ho denaro

che mi possa aiutare

a vivere con dignità

ma accolgo, con sofferenza,

la carità che mi si fà.

 

Quanto è difficile Signore

vivere da povero

oggi come allora,

ma nessuno di noi

ha scelto di esserlo

venendo su questa Terra.

 

Tu sai la sofferenza

di quanti non hanno nulla,

nel nostro tempo

affamato di guadagni

e di posizioni sempre più agiate

di pochi privilegiati.

 

Non Ti chiedo di rimuovere

solo la nostra povertà,

ma la povertà di tanti popoli

oppressi a causa dell’ingiustizia

e della cattiva gestione

delle risorse della Terra.

 

Fa, o Dio della Provvidenza,

che nessuna persona

sia più povera su questa Terra.

 

Che nessun ammalato

sia abbandonato a se stesso

senza alcuna assistenza e sicurezza.

 

Che nessun anziano

venga lasciato nella solitudine

senza il conforto di qualcuno.

 

Che nessun giovane

abbia a soffrire a causa

del cattivo esempio degli adulti.

 

Che in tutte le famiglie

e su tutte le mense del mondo

arrivi quotidianamente

quel pane di ogni genere

che ti chiediamo ogni giorno

per noi e per tutti

con la stessa preghiera

che ci hai insegnato Tu. Amen

P.RUNGI. RELAZIONE AL CONVEGNO “PIO IX SUL SANTUARIO DELLA CIVITA”

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ITRI – DOMENICA 7 LUGLIO 2019

CHIESA SANTA MARIA MAGGIORE 

CONVEGNO “PIO IX SUL SANTUARIO DELLA CIVITA”

RELAZIONE DI PADRE ANTONIO RUNGI 

Era il 10 febbraio 1849, verso le 9.00 del mattino, esattamente 170 anni fa, in questa chiesa, quando arrivò da Gaeta Papa Pio IX, accolto dal suono delle campane e dalla banda musicale, accompagnato dal vescovo del tempo, monsignor Luigi Maria Parisio, napoletano, ed accolto da Re Ferdinando II, dalle autorità, dal clero e da numeroso e festante popolo di Itri.

A ricevere la prima benedizione fu lo stesso Ferdinando II, che attese il Papa all’ingresso della Chiesa dell’Annunziata con il secchiello dell’acqua santa in mano.

Poi i vari atti di ossequio, secondo l’usanza del tempo, l’ingresso in Chiesa per la preghiera e la benedizione eucaristica, impartita a tutti i fedeli. Dopo di che il trasferimento al Santuario della Civita.

Noi oggi, qui, siamo per riflettere insieme sul significato, il valore storico, pastorale, teologico di questa vista e si è scelto come titolo di questo convegno “Papa Pio IX sul santuario della Civita”. Giusta affermazione, ma dire santuario della Civita era ed è come dire Itri e arcidiocesi di Gaeta, per la Madonna della Civita è la protettrice di Itri, ma anche di tutta la nostra Chiesa locale.

Non senza un motivo, inizio questo mio intervento con il riportare le parole testuali di Giovanni Paolo II, in visita all’arcidiocesi di Gaeta, 30 anni fa, il Domenica 25 giugno 1989, nella storica ricorrenza dei 140 anni della venuta di Papa Pio IX, oggi Beato, al Santuario della Civita. Non c’è due senza tre e cioè dopo Papa Pio IX e Papa Giovanni Paolo II attendiamo l’arrivo di Papa Francesco prima che si concluda questo anno ricordevole dei 170 anni di Pio IX alla Civita e di 30 anni di Giovanni Paolo II a Gaeta, alla Civita e a Formia.

1.Giovanni Paolo II disse al suo arrivo a Gaeta, nella prima mattinaa:  “Qui trovò rifugio, 140 anni fa, il mio venerato predecessore Pio IX, esule da Roma per le note vicende risorgimentali. In questa città egli emanò l’enciclica Ubi Primum che segnò il passo decisivo verso la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, avvenuta poi a Roma qualche anno dopo, l’8 dicembre 1854.

A ragione, dunque, il vostro Arcivescovo, monsignor Vincenzo Maria Farano nel rivolgermi l’invito a venire tra voi, chiama Gaeta la “città dell’Immacolata”.

2.Dopo un’ora circa al Santuario della Civita, Papa Giovanni Paolo II, con grande semplice di animo disse: “Sono venuto su questo Sacro Monte per venerare la Vergine santissima nel suo santuario della Civita, così famoso e così ricco di significato per voi, che negli occhi di Maria e nel suo volto materno cercate conforto alle sofferenze fisiche e morali. Seguendo le orme del mio predecessore Pio IX, a centoquarant’anni dalla sua visita, ho desiderato salire quassù anch’io, iniziando questa giornata, dedicata pienamente all’arcidiocesi di Gaeta, proprio da voi, membra sofferenti del Corpo Mistico della Chiesa. Eccomi, dunque, ai piedi di Maria, salute degli infermi e aiuto di tutti i cristiani. Carissimi fratelli e sorelle, ci troviamo qui, presso questo caro santuario, anima della vostra devozione a Maria. Ebbene, nel portare la vostra croce quotidiana, sappiate guardare alla Vergine santa, ed ispirarvi al suo atteggiamento di totale adesione all’opera di grazia del Signore.

3.Successivamente, alle ore 12,00 a Formia allo Stadio del Coni, prima dell’Angelus disse: “Sono lieto di recitare questa preghiera mariana nella cara arcidiocesi di Gaeta, che vanta una profonda fede e devozione verso Maria santissima.

Gaeta, infatti, è chiamata “città dell’Immacolata”. È stata la culla, potremmo dire, del dogma dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria, perché qui il mio venerato predecessore, Pio IX, andò confermandosi nella definitiva decisione della proclamazione di quel dogma.

Da Gaeta il 2 febbraio 1849 emanò l’Enciclica Ubi Primum, con la quale chiedeva a tutti gli Arcivescovi e Vescovi della Chiesa di esprimere il proprio parere in merito. So con quanto amore vengono custoditi i ricordi di questo evento…Mi sono recato stamane al santuario della Madonna della Civita, in Itri, ove la santa immagine della Vergine è meta di tanti pellegrinaggi, e ivi ho incontrato gli ammalati. Da secoli folle di fedeli trovano conforto e sempre nuove ispirazioni di vita cristiana davanti alla Vergine, raffigurata nell’atto di offrire Cristo Gesù al mondo.

Tre forti affermazioni del Sommo Pontefice, di valore storico e spirituale, a conferma di quanto già era ormai assodato da tempo che il Santuario della Civita è il tempio mariano più antico al mondo, dedicato all’Immacolata.

 La prima consacrazione del Santuario, infatti, risale al lunedì di Pentecoste nel giugno 1491. Fu monsignor Francesco Patrizi (1461-1494), uomo di molta pietà e scienza, vescovo di Gaeta, a consacrare il luogo di culto, dedicato già da tempo alla Santa ed Immacolata Vergine Maria, dove i fedeli venivano a pregare la Santa Madre di Dio.

Il vescovo appoggiò il desiderio del popolo e dei fedeli di Itri che volevano una chiesa più grande e più bella. A lavoro concluso, con grande solennità, la consacrò in quel memorabile lunedì di Pentecoste del 1491, dedicandola ufficialmente alla “Santa e Immacolata Vergine Maria”.

Monsignor Patrizi, nella bolla vescovile, datata il 20 giugno, sottolinea con entusiasmo l’importanza della Chiesa della Civita, quale luogo di grande pietà e devozione da molti anni.

Tralasciamo la leggenda circa l’arrivo della Madonna al Monte Civita, ci fermiamo sul dato storico, quello che a noi interessa, maggiormente in questa sede.

Partiamo dal quadro, perché da lì nasce tutto il culto e la devozione.

Il quadro di fattura certamente orientale, bizantina, raggiunse probabilmente Gaeta portato da alcuni monaci basiliani che, fuggiti dall’oriente, andavano verso qualche convento del Lazio, nel periodo prima del mille, durante il tempo della lotta iconoclasta.

Il quadro fu lasciato ai monaci del monastero di San Giovanni in Figline, sorto al tempo di san Benedetto, alle falde del Monte Civita, che lo esposero su Monte Civita. Il monastero faceva parte dei possedimenti avuti in donazione dai duchi di Gaeta.

Tutto questo a conferma di quanto era profondo il legame tra Gaeta e Itri circa la devozione alla Madonna della Civita, la quale unisce e non divide i suoi figli, perché Maria porta a Gesù, che è centro di unione e di comunione.

Esiste un documento del 1036 non molto citato e che pure riguarda il sacello della Civita da sistemare ed assegnato ai monachi di Figline.

Un documento storico importante al riguardo, risalente al 1147, ricorda la consistente donazione fatta da un giudice notaio di Itri e da sua moglie, per restaurare la chiesetta della Madonna della Civita, già ivi esistente. Lo stesso documento riporta il nome dell’abate di san Giovanni in Figline, che si chiamava Riccardo e la notizia che la chiesetta era affidata in custodia ad un certo Fra Bartolomeo.

Dopo aver illustrato brevemente la storia del santuario, con Pio IX, saliamo con lui, idealmente al Santuario della Civita e ricostruiamo storicamente e spiritualmente quell’ascesa al Colle della Civita, per ascoltare la voce di Maria.

Partiamo da Gaeta, dal quel 2 febbraio 1849, quando Pio IX, fuggito da Roma per i noti moti rivoluzionari del 1848, in questa città firmò l’Enciclica Ubi primum nella quale egli stesso affermava:

“Abbiamo perciò pensato, Venerabili Fratelli, di scrivervi la presente Lettera per spronare la vostra esimia pietà e il vostro zelo pastorale, e per inculcarvi con ogni premura di volere, secondo il vostro prudente giudizio, indire e tenere pubbliche preghiere nelle vostre diocesi, onde il clementissimo Padre di ogni lume si degni di illuminarci con la luce del suo divino Spirito, perché in una cosa di tanta importanza possiamo prendere quella deliberazione che più risponda alla maggior gloria del suo Nome, alla lode della beatissima Vergine ed all’utilità della Chiesa militante. Desideriamo inoltre ardentemente che, con la maggiore sollecitudine possibile, vogliate farci conoscere quale sia la devozione che anima il vostro clero e il vostro popolo cristiano verso la Concezione della Vergine Immacolata, e con quale intensità mostri di volere che la questione sia definita dalla Sede Apostolica; ma soprattutto, Venerabili Fratelli, amiamo sapere quale sia in questa materia il vostro pensiero ed il vostro desiderio.

E poiché abbiamo già permesso al clero romano che, invece di quelle contenute nel comune Breviario, possa recitare le speciali ore canoniche in onore della Concezione della beatissima Vergine, recentemente composte e pubblicate, con la presente Lettera concediamo anche a voi, Venerabili Fratelli, se ciò sarà di vostro gradimento, che tutto il clero delle vostre diocesi possa recitare lecitamente e validamente le stesse ore canoniche della Concezione della santissima Vergine in uso presso il clero romano, senza che dobbiate perciò domandare il permesso a Noi o alla sacra Congregazione dei Riti. 

Non dubitiamo affatto, Venerabili Fratelli, che per la vostra particolare pietà verso la santissima Vergine Maria sarete lieti di corrispondere con ogni premura ed ogni zelo a questi Nostri desideri, e che vi affretterete ad inviarci le opportune risposte, che vi abbiamo chiesto.

In considerazione di tanti elementi di carattere storico e spirituale, si può dire che il Papa aveva espresso il desiderio di conoscere questo luogo mariano dedicato all’Immacolata.

Per cui, la visita al Santuario della Civita non fu improvvisata, ma organizzata nei dettagli.

Dopo la sosta ad Itri, di cui ho parlato prima, il Papa, con lo stesso Ferdinando II, il seguito delle autorità e dei dignitari, fatto salire su un cavallo bianco, condotto da un itrano che aveva in mano le briglia, si diresse alla volta del santuario, insieme a numerosi fedeli, cantando le litanie della Madonna.

Il Papa si commuoveva al canto di essere per lo stile musicale itrano, che alcuni anziani hanno conservato.

Arrivò verso mezzogiorno al Santuario. Qui c’erano ad accoglierlo il Cardinale Ferretti, altri vescovi di Sessa Aurunca, di Terracina -Priverno.

La foto ricordo immortala questo momento.

Il percorso fatto da Pio IX è lo stesso di quello di oggi che viene fatto per salire a piedi al santuario e cioè da Raino fino alla cima del monte Civita.

La strada regionale Civita-Farnese già esisteva, ciò che mancava era il tratto finale che dal bivio della Civita-Farnese porta al Santuario, che fu realizzato nel 1858. Arrivato al santuario il Papa si raccolse in preghiera davanti all’immagine, poi celebrò la messa, dopo di ciò fece una breve colazione, un breve riposo pomeridiano e si incamminò sulla via del ritorno ad Itri, nel primo pomeriggio.

Giunto in città sostò presso il monastero delle Benedettine. Un episodio simpatico quando il Papa fu accolto dalle Benedettine ad Itri, all’imbrunire a San Martino, alle falde della collina. Le monache aprirono la clausura ed accolsero il Papa con le candele in mano, come le vergini sagge ed eseguirono il canto del Magnificat.

Ci fu dopo anche un momento di relax nel monastero. Si racconta che ad un certo punto, Re Ferdinando disse una frase: “Mi raccomando facciamo le persone educate” indicando la tavola dei dolci preparati dalle monache.

Le monache di Itri avevano la particolarità di saper preparare i dolci, che erano conosciuti ed apprezzati in tutta la zona. Erano conosciuti come i dolci delle monache di San Martino di Itri. E come tutte le cose anche la visita di Papa Pio IX si concluse in dolcezza…“dulcis in fundo”. 

Dopo la visita di Papa Pio IX al Santuario della Civita si rafforzò in lui l’idea della proclamazione del dogma dell’immacolata, che era in fieri da diversi secoli.

Il primo ad affrontare apertamente la questione fu Sant’Agostino, nel V secolo, il quale, contro i pelagiani, sosteneva che la Madonna è stata preservata da peccato originale per una grazia speciale, concessa a lei quale Madre di Dio. In poche parole è un singolare privilegio in vista dei meriti di Cristo e della Redenzione.

Successivamente fu il Concilio di Basilea (1438-39), che pose fine a continue dispute tra favorevoli e contrari al dogma fu  strenuamente difeso da Giovanni de Contreras, detto il Segovia.

Nel 1483 Sisto IV proibiva sotto pena di scomunica ai sostenitori dell’una sentenza di tacciar di eresia i sostenitori dell’altra.

Il concilio di Trento (17 giugno 1546) confermò le disposizioni di Sisto IV, dichiarando inoltre “non essere nelle intenzioni del concilio di comprendere nel decreto relativo al peccato originale la beata e immacolata Vergine Maria, madre di Dio”.

Altri secoli d’attesa, ma intanto il culto e la devozione alla Madonna Immacolata cresceva in tutta la Chiesa cattolica, né è prova il fatto che nel 1491 già il nostro santuario è dedicato ufficialmente a questo titolo mariano.

La proclamazione del dogma 

Come arrivò a tale decisione dottrinale? Lo spiega lo stesso pontefice nella Bolla “Ineffabilis Deus”, dell’8 dicembre 1854 in cui è proclamato ufficialmente il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria.

Essendo quindi fermamente convinti nel Signore che fossero maturati i tempi per definire l’Immacolata Concezione della santissima Vergine Maria Madre di Dio, che la Sacra Scrittura, la veneranda Tradizione, il costante sentimento della Chiesa, il singolare consenso dei Vescovi e dei fedeli, gli atti memorabili e le Costituzioni dei Nostri Predecessori mirabilmente illustrano e spiegano; dopo aver soppesato con cura ogni cosa e aver innalzato a Dio incessanti e fervide preghiere; ritenemmo che non si potesse più in alcun modo indugiare a ratificare e a definire, con il Nostro supremo giudizio, l’Immacolata Concezione della Vergine, e così soddisfare le sacrosante richieste del mondo cattolico, appagare la Nostra devozione verso la santissima Vergine e, nello stesso tempo, glorificare sempre più in Lei il suo Figlio Unigenito, il Signore Nostro Gesù Cristo, perché ogni tributo di onore reso alla Madre ridonda sul Figlio. 

Perciò, dopo aver presentato senza interruzione, nell’umiltà e nel digiuno, le Nostre personali preghiere e quelle pubbliche della Chiesa, a Dio Padre per mezzo del suo Figlio, perché si degnasse di dirigere e di confermare la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato l’assistenza dell’intera Corte celeste e dopo aver invocato con gemiti lo Spirito Paraclito; per sua divina ispirazione, ad onore della santa, ed indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, ad esaltazione della Fede cattolica e ad incremento della Religione cristiana, con l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli.

Quindi è verità di fede per la dottrina cattolica il privilegio, tutto proprio della Vergine Maria, “di essere stata, fin dal primo istante del suo concepimento, in vista dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, preservata immune da ogni macchia del peccato originale”.

Era l’8 dicembre 1854 quando Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata concezione con la bolla Ineffabilis Deus, tradotta in 400 lingue e dialetti.

Quattro anni dopo, nel 1858, l’11 febbraio, la Madonna apparendo a Lourdes a Santa Elisabetta Soubirous, nella grotta di Massabielle, si presentò con questo nome: Io sono l’Immacolata Concezione.

Da allora il culto si diffuse immediatamente in tutto il mondo, fu realizzato il primo obelisco in piazza del Gesù Nuovo a Napoli, dedicato alla Madonna Immacolata e successivamente quello di Piazza di Spagna a Roma. Congreghe, associazioni, istituzioni religiose, pubbliche e private, scuole, cappelle, chiese, parrocchie incominciarono ad intitolarsi all’Immacolata.

Il Concilio Vaticano II

E veniamo ai giorni nostri. Il Concilio Vaticano II ha confermato e meglio esplicitato il dogma dell’Immacolata concezione di Maria, in una delle costituzioni fondamentali della dottrina conciliare, che è la Lumen Gentiumn. 56:  “Nessuna meraviglia quindi se presso i santi Padri invalse l’uso di chiamare la madre di Dio la tutta santa e immune da ogni macchia di peccato, quasi plasmata dallo Spirito Santo e resa nuova creatura. Adornata fin dal primo istante della sua concezione dagli splendori di una santità del tutto singolare, la Vergine di Nazaret è salutata dall’angelo dell’annunciazione, che parla per ordine di Dio, quale « piena di grazia » (cfr. Lc 1,28) e al celeste messaggero essa risponde « Ecco l’ancella del Signore: si faccia in me secondo la tua parola» (Lc 1,38).

Il n.59, che conclude il capitolo VIII, intitolato “Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa”, riporta la formulazione del dogma così come proclamato da Pio IX: “La Vergine immacolata, preservata immune da ogni macchia di colpa originale finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo e dal Signore esaltata quale regina dell’universo per essere così più pienamente conforme al figlio suo, Signore dei signori (cfr. Ap 19,16) e vincitore del peccato e della morte” (LG 59). 

Penso che un ruolo importante nella definizione e conclusione dell’iter per la proclamazione del dogma dell’Immacolata, ha avuto anche la permanenza di Pio IX a Gaeta in quegli anni difficili per la storia dello Stato Pontificio, ma soprattutto la sua visita al Santuario della Civita.

La Civita era, allora, il primo santuario dedicato alla Madonna Immacolata e fu anche il primo  e l’unico santuario in cui un Papa, oggi Beato, Pio IX, arrivò pellegrino ai piedi della Madre di Dio per chiedere lumi e sostegno spirituale nel proposito che aveva espresso, 8 giorni prima, con l’Enciclica Ubi primum.

Per cui, se giustamente Gaeta è la città dell’Immacolata, a maggior ragione possiamo affermare che l’intera arcidiocesi di Gaeta è consacrata all’Immacolata, in quanto il santuario della sua protettrice, quello della Civita, nel Comune di Itri, è il santuario di Maria, la Madre di Dio, che “fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento”.

Mi piace concludere con quanto disse Paolo VI, oggi santo, a conclusione della terza sessione del Concilio Vaticano II, definendo il Cap.VIII Lumen Gentium,“un inno di lode a Maria”. E’ la prima volta – e il dirlo Ci riempie l’animo di profonda commozione – che un Concilio Ecumenico presenta una sintesi così vasta della dottrina cattolica circa il posto che Maria Santissima occupa nel mistero di Cristo e della Chiesa”.

Non a caso il Concilio Vaticano II fu chiuso l’8 dicembre 1965, solennità dell’Immacolata Concezione, un dogma che porta nel suo iter storico il nome di Gaeta, il nome di Itri e soprattutto il nome del Santuario della Civita.

Padre Antonio Rungi, passionista

Vicario episcopale per la vita consacrata dell’Arcidiocesi di Gaeta

GAETA. A TRENT’ANNI DELLA VISITA DI PAPA GIOVANNI PAOLO II ALL’ARCIDIOCESI DI GEAETA

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COMUNICATO STAMPA

GAETA. A TRENT’ANNI DALLA VISITA PASTORALE DI SAN GIOVANNI PAOLO II ALL’ARCIDIOCESI DI GAETA. VARIE INIZIATIVE PER RICORDARE LO STORICO AVVENIMENTO.

Ricorre, domani, 25 giugno 2019, il trentesimo anniversario della storica visita di Giovanni Paolo II, Papa e ora Santo, all’arcidiocesi di Gaeta. Era, infatti, domenica quel 25 giugno di 30 anni fa quando Papa Voityla arrivò a Gaeta, nella prima mattinata, per il saluto alla popolazione in piazza XIX Maggio, il successivo trasferimento in elicottero, al santuario della Civita per incontrare gli ammalati e poi il trasferimento alla stadio del Coni di Formia, per incontrare i giovani e per la preghiera dell’Angelus. Qui concludeva la prima parte della giornata. Nel pomeriggio, poi l’incontro a Gaeta in cattedrale con i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e i diaconi permanenti e a seguire l’incontro con i marittimi, al porto commerciale di Gaeta ed infine la solenne celebrazione della santa messa allo stadio di Gaeta, con la conclusione della visita ed i ringraziamenti.
La visita, richiesta dall’allora arcivescovo, monsignor Vincenzo Farano, fu organizzata dall’arcidiocesi di Gaeta in occasione dei 140 anni della presenza di Pio IX a Gaeta, esule da Roma, alla quale fece riferimento lo stesso Papa Giovanni Paolo II, durante la visita pastorale, affermando che fu “in questa città che Pio IX emanò l’enciclica Ubi Primum che segnò il passo decisivo verso la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, avvenuta poi a Roma qualche anno dopo, l’8 dicembre 1854”.

Per ricordare questo fausto avvenimento del trentesimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Gaeta, sono state avviate, varie iniziative tra Gaeta, Itri e Formia, dove il Papa sostò in quella domenica del 25 giugno di 30 anni fa. In mattinata, domani, a Itri, alle ore 7,30 nella Chiesa dei Passionisti sarà celebrata una messa di ringraziamento, presieduta da padre Antonio Rungi, delegato arcivescovile dell’arcidiocesi di Gaeta per la vita consacrata, da padre Giuseppe Comparelli, superiore provinciale del tempo e da padre Cherubino De Feo, membro della comunità passionista del Santuario della Civita, così ppure nel corso della giornata e dei giorni successivi sono previste altre celebrazioni in varie parti. Di particolare importanza assume il convegno sul tema “Pio IX sul Santuario della Civita”, organizzato dall’Associazione di Volontariato Maria SS. Della Civita, e che si svolgerà domenica 7 luglio 2019, alle ore 18,30 nella Chiesa Santa Maria Maggiore in Itri, durante il quale sarà ricordata anche la visita pastorale di Giovanni Paolo II a Gaeta, a distanza di 30 anni.
Il convegno sarà aperto da padre Antonio Rungi, passionista,  con una sua relazione e sarà concluso dall’arcivescovo di Gaeta, monsignor Luigi Vari. Interverranno Enzo Romeo, vaticanista del Tg2, Maria Rosaria Omaggio, attrice; Gianni Letta, direttore emerito de Il Tempo. Modererà i lavori, Orazio La Rocca, giornalista originario di Itri.

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