Archivi Mensili: luglio 2014

Mondragone (Ce). Cenacolo di preghiera per la pace nel mondo

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Mondragone (Ce). Con le suore e tra i turisti e villeggianti si prega per la pace in Medioriente. 

di Antonio Rungi 

Un cenacolo di preghiera speciale a conclusione del mese di luglio, si svolgerà domani sera, 31 luglio nella chiesa delle Suore di Gesù Redentore, Istituto Stella Maris di Mondragone, per pregare per la pace in Medioriente in altre parti del mondo, in sintonia con Papa Francesco, che proprio sabato scorso ha sorvolato in elicottero questa zona, prima di atterra a Caserta. La singolarità di questa iniziativa estiva promossa dalle Suore della Stella Maris che a pregare con loro e con il gruppo di animazione saranno gli ospiti della struttura ed i villeggianti che si trovano in questi giorni luogo la costiera domiziana. La veglia di preghiera inizierà alle ore 21-00 e si concluderà alle ore 24.00, seguendo uno schema di preghiera e di adorazione personale e comunitaria davanti a Gesù Sacramentato che sarà esposto solennemente nella chiesa delle Suore, che si trova a 10 metri dal mare. Il tema di questo incontro di preghiera è la riconciliazione e i testi su cui rifletteranno i fedeli, guidati dalle suore e dall’assistente spirituale dell’Istituto Stella Maris di Mondragone, saranno il Vangelo di Giovanni  (15,12-17) e il testo della lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (8,28-39). Il testo evangelico è incentrato sull’amore e sul perdono, sull’accoglienza reciproca nel nome di Cristo e di Dio Padre. Chiedere amore con la preghiera, chiedere pace per il Medioriente in particolare e per tutti i focolai di guerra attualmente in essere, sarà il motivo di ritrovarsi insieme intorno all’eucaristia per quanti sono anche in ferie e godono di un periodo di serenità e pace, lontani da queste crisi belliche che interessano la terra di Gesù e di Maria. Ecco il brano del Vangelo oggetto di riflessione di Lectio divina durante il cenacolo di preghiera di domani sera. 12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri. Il testo sarà preceduto dal brano della lettera ai Romani, in cui l’Apostolo Paolo non si scoraggia di fronte a nessuna prova della vita ed invita a fare altrettanto i cristiani di Roma, perché nulla potrà separare coloro che amano Dio dall’amore suo e dall’amore reciproco, fino al perdono e alla riconciliazione, nonostante la spada, la tribolazione e la sofferenza di ogni genere. Ecco il brano della lettura: “

28Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. 29Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; 30quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati.

31Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? 32Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? 33Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. 34Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? 35Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. 37Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. 38Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, 39né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”.

La potenza della preghiera è ben conosciuta dalla comunità cristiana. Chiede e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto. Con questo spirito di richiesta di pace, i fedeli, i villeggianti, i turisti si ritroveranno a pregare per la pace in ogni angolo della terra e soprattutto nella terra di Gesù. E lo faranno a Mondragone con le Suore e dalle Suore di Gesù Redentore che hanno come carisma di fondazione: adorazione, riparazione e riconciliazione, secondo gli insegnamenti della loro fondatrice, Madre Victorine Le Dieu, di cui quest’anno ricorre il 150° anniversario dell’adorazione eucaristica perpetua, iniziata nella sua casa paterna ad Avranches in Francia.

Papa Francesco a Caserta. Il mio racconto vissuto in diretta

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Vi racconto della mia presenza a Caserta durante la visita pastorale di Papa Francesco il giorno 26 luglio 2014. Avevo chiesto di partecipare come giornalista ed ho ottenuto l’accredito. Il motivo era semplice, per essere più libero di muovermi negli spazi e tra la gente. E così è stato. Sono arrivato in sala stampa alle ore 10,30, accompagnato da mio fratello che mi ha fatto il piacere di riportarsi l’auto. Ho rivisto i miei colleghi giornalisti, diversi dei quali conosco personalmente o attraverso varie forme di comunicazione. Dai giornalisti della Rai (Zavattaro), a quelli della Sala stampa Vaticana (Angelo Scelzo), al carissimo amico dell’Agi, Salvatore Izzo, anche lui sannita d’origine, ai colleghi del Mattino, di Repubblica, dell’Ansa, delle varie emittenti radio-televisive. All’inizio la sala stampa era quasi vuota, poi si è riempita piano piano, fino ad arrivare al massimo nel pomeriggio in prossimità dell’arrivo del Papa verso le 15,45. A proposito, la sala stampa era stata collocata presso i locali nell’emiciclo esterno della Reggia, a lato sinistro guardando verso i campetti. Una bella ed accogliente struttura che ci ha ospitati. Una prima mia perlustrazione in piazza, dove verso le 11.00 c’erano pochissimi fedeli, anche perché il tempo era piovoso ed incerto. Qualche foto e subito sono rientrato in sala stampa. Qui alcune Tv e la Radio Vaticana mi hanno chiesto di lasciare un’intervista che ho fatto regolarmente, con il piacere di dare il mio contributo alla visita del Papa a Caserta. Su altri temi mi ha intervistato il noto giornalista dell’Agi, Salvatore Izzo ed anche con lui ho interagito per la sua testata. Molto del mio tempo in sala stampa l’ho trascorso nello scrivere alcune mie riflessioni sui miei blog, su Fb ed altri social network e pubblicando varie immagini. Poi un breve momento di relax verso le 13.00 per mangiare un panino acquistato al bar della struttura e consumato lì. Il tempo brutto non permetteva di uscire spesso fuori, ma un secondo tentativo lo facevo verso le 15,45 quando l’elicottero del Papa è arrivato ed è atterrato. Da quel momento sono rimasto in piazza e tra la gente per vedere e seguire l’emozione di quell’incontro, organizzato in pochi giorni e che vasta eco aveva suscitato e continuava a suscitare. Il resto del tempo, fino a quando il Papa non ha preso la Papa mobile, mentre lui stava conversando con i sacerdoti, nella Reggia, l’ho trascorso con i seminaristi, i sacerdoti e con varie persone di servizio d’ordine che stavano ad attendere il Papa che scendesse dall’incontro, dallo scalone principale. Invece si è saputo poi che sarebbe sceso con l’ascensore che sta a lato sinistro dell’ingresso principale della Reggia. In attesa del Papa ho incontrato vari vescovi, tra cui monsignor Antonio De Luca, vescovo di Teggiano Policastro, con il quale ho guidato la Cism (Conferenza dei Superiori Maggiori) della Campania negli anni 2003-2007 quando entrambi eravamo superiori provinciali, io dei Passionisti e lui dei Redentoristi, rispettivamente come Vice-presidente e Presidente. Arriviamo al momento fatale ed atteso della discesa del Papa con l’ascensore. Io ed altre persone stavamo ad aspettarlo all’ingresso. Lui si è fermato per salutare i diversamente abili, una decina, con i loro accompagnatori che stavano sistemati vicini all’ascensore. Poi si è girato per salutarci tutti noi presenti, con la mano, benedirci, e salire subito sulla papamobile, che è stata fotografata da noi tutti mentre si attendeva il papa. Salito sulla papamobile e scortato dalla Gendarmeria Vaticana, l’auto si è indirizzata verso la piazza, dove ormai erano ad attendere Papa Francesco, di sicuro, oltre 100.000 persone. Io l’ho seguito a ruota, mentre il Papa faceva il giro di saluto. Nel frattempo mi sono sistemato nello spazio riservato ai giornalisti ed ai cineoperatori. Un posto per nulla adatto a seguire una visita del genere, in quanto occupavamo la visuale della gente che voleva vedere il Papa, una volta salito sul palco per la celebrazione della santa messa. Io potevo pure concelebrare con i 20 vescovi e i 300 sacerdoti, ma ho preferito fare il mio lavoro di giornalista. D’altra parte già avevo celebrato al mattino ed avevo fatto pregare le suore Opus Mariae Reginae di Formia per il Papa. Cosicché per evitare questioni, essendo io vestito da passionista con il pass da giornalista, mi sono posizionato a terra in modo da vedere il Papa mentre passava tra le gente che premeva e strillava, minacciando di far saltare le transenne, davanti ad agenti tranquilli e per nulla turbati, essendo abituati a gestire situazioni del genere. Tuttavia, certe scene non si possono vedere soprattutto quando si va in luogo a pregare. Per qualcuno il Papa mi sembra che sia una star internazionale che una volta vista se ne vanno via. E diversi che erano venuti solo per vedere il Papa sono andati via appena è passato con la papamobile dove stavamo. Pochi centimetri, come pochi erano i centimetri quando ci ha salutato e benedetto davanti all’ingresso principale della Reggia. Passato di lì, il Papa ha continuato a fare il suo giro per la Piazza Carlo III di Caserta, tra i giardinetti, occupati in ogni punto, dai fedeli che stavano ad attendere da ore e qualcuno dal primo mattino per prendere le postazioni più appetibili. Un nuovo incrocio di sguardi e di visuale c’è stato tra noi, quando egli è arrivato per il viale laterale ed ha concluso la sua passeggiata tra la folla. Poi la preparazione per la messa. Ho atteso che arrivasse sul palco ed iniziasse la celebrazione per spostarmi al lato, negli spazi liberi, dove erano sistemate le Tv e il Centro Televisivo vaticano, dove c’erano i fratelli disabili, a lato destro dell’altare guardando la facciata della Reggia, nei pressi della statua di Sant’Anna. Da lì ho seguito buona parte della messa. Poi sono rientrato in sala stampa ed ho seguito il resto per la televisione, commentando di volta il volta con i colleghi giornalisti ciò che diceva il Papa. Il testo dell’omelia, variata in pochi passaggi, era sotto embargo sui nostri tavoli, fino a quando il papa l’ha pronunciata e noi la seguivamo passo passo, anche con le sue aggiunte, molto apprezzate da tutti noi operatori delle comunicazioni. Poi il disdicevole incidente di percorso per gli operatori di Tv2000 che in diretta sulla loro emittente hanno detto parole offensive andate in onda, mentre il Papa pronunciava il discorso. Poi a seguire sempre dalla sala stampa tutto il resto della celebrazione, fino al saluto del Vescovo di Caserta, Giovanni D’Alise il cui testo avevamo già tra le mani. Infine le parole conclusive del Papa sulla sua prossima venuta a Napoli, in quest’anno, avendo saputo che i napoletani erano gelosi che lui stesse lì e non A Napoli, avendo preferito per la prima visita in Campania Caserta e non Napoli. Il resto è cronaca del dopo visita che ho fissato in brevi messaggi di informazione sui miei siti. La conclusione della mia presenza a Caserta? Quattro chilometri a piedi per raggiungere l’auto, dove l’aveva lasciata mio fratello quando era venuto a prendermi, anzi quando era venuto alle 15.00 per vedere il Papa anche lui. Quasi mezz’ora di cammino tra un traffico infermale ed un caldo soffocante, da far mancare il respiro anche alle 21.00 di sera. In poche parole invece di rientrare ad Itri, al Santuario della Civita, impossibile ad arrivarci a quell’ora sono andato ad Airola, il mio paese di origine, nel Beneventano, tra Caserta ed il capoluogo del Sannio. Erano le 21,45 dove ad attendermi c’era mia sorella, e dopo una rinfrescata generale, il taglio dei capelli e la cena (non avevo mangiato praticamente nulla ed ogni tanto si sentiva la debolezza di stomaco) sono andato a dormire verso mezzanotte. Domenica, 27 luglio 2013 alzata di buon mattino, alle ore 5,15 e partenza per Itri, alle ore 6.00, per arrivare nella mia attuale città di permanenza, in tempo per celebrare la messa delle ore 8.00 al nostro Convento cittadino, dove sono arrivato molto prima alle 7,15. Una vera fortuna, in quanto non ho incontrato traffico ed il 130 Km dal mio paese a Itri praticamente li ho percorsi, anzi bruciati, a 100 Km all’ora. Cosa dire di questa esperienza? Un po’ diversa da quella di 22 anni fa, quando davanti alla Reggia a celebrare c’era San Giovanni Paolo II, ma le stesse intense emozioni e soprattutto la stessa piena consapevolezza che dove c’è Pietro, intendo il Papa c’è la Chiesa. E non solo la chiesa del luogo, come in questo caso, quella di Caserta o della Campania, ma la chiesa universale. Grazie Papa Francesco. Dopo un anno in Piazza San Pietro ti ho rivisto in Piazza Carlo III a Caserta. Da Roma a Caserta con la stessa gioia e con la stessa speranza nel cuore da sacerdote, religioso e operatore della comunicazione.

P. Antonio Rungi, passionista, giornalista.

Il commento alla parola di Dio di domenica 3 agosto 2014

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DOMENICA XVIII DEL TEMPO ORDINARIO

3 AGOSTO 2014

MOLTIPLICARE I GESTI DI PACE, AMORE E  CARITA’

di padre Antonio Rungi

Un cristiano si identifica per quello che in base alla carità e all’amore verso tutti. Nel Vangelo di questa domenica XVIII del tempo ordinario ci viene ripresentata la moltiplicazione dei pani e dei pesci da parte di Gesù per sfamare la fame della numerosissima folla che lo seguiva dovunque lui andasse. Cinque pani e due pesci, pari e sette elementi che Gesù ha disposizione da parte degli apostoli perché egli moltiplicasse quei sette elementi in tantissimi pani e pesci, in grado di sfamare la fame fisica della moltitudine che lo seguiva. Stando ai numeri che riposta Matteo con una certa precisione e non senza un preciso intento di eccezionalità, ci fa pensare effettivamente alla grande di questo uomo, Gesù Cristo, Figlio di Dio che va accolto e seguito. Anche il numero delle ceste che avanzarono, tutte piene, ed erano 12 ci indica chiaramente la soddisfazione della fame di Dio delle 12 tribù di Israele, dei dodici apostoli che seguivano Gesù nella sua itineranza di predicatore instancabile. Un Gesù attento ai bisogni di tutti, da quelli fisici a quelli spirituali. Egli guarisce, Egli sfama, Egli sostiene il cammino dell’uomo nelle difficoltà quotidiane. Egli non abbandona mai nessuno, anche nella prova più difficile di fare l’impossibile. E qui in questo miracolo Gesù conferma la sua potenza divina e mette in essere un procedimento di chiamata-risposta all’amore, mediante il cibo materiale, che fa pensare al cibo spirituale che è l’eucaristia. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, entrambi simboli eucaristici, ci indicano il percosro di fede che il cristiano è chiamato a compiere, mettendo al centro della sua vita proprio l’eucaristia, il pane del cammino. Senza questo pane, la fatica della vita di fede, ma anche quella umana è difficile da sopportare e superare in una visione lieta e fascinosa dell’esistenza. Ciò che rende davvero felice l’uomo su questa terra è la vera comunione con Cristo e con i fratelli, la cui sorgente sacramentale è proprio il pane eucaristico che riceviamo quotidianamente e soprattutto nel giorno dedicato al Signore che la domenica. Questo pane ci fa superare ogni limite della condizione umana. San Paolo Apostol nella sua lettera ai Romani, nel brano di oggi, ci ricorda esattamente cosa succede all’uomo, toccato dall’amore di Dio. E’ una persona felice, solida, stabile, coerente, forte e capace di superare le sofferenze e le prove della vita che sono sempre più dure per tutti. Egli scrive, infatti: “Fratelli, chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore”. Nulla, assolutamente nulla ci potrà separare dall’amore di Dio che è forte dentro di noi e se viviamo per questo amore. Chi meglio di lui può scrive queste cose. Una vita problematica e travagliata la sua prima e dopo la conversione e soprattutto durante il grande impegno apostolico profuso a larghe maniche per portare l’annuncio del vangelo ad ogni uomo, non credente, del suo tempo. Le genti e il paganesimo ebbero da Paolo di Tarso una forte spinta alla vera conversione, a fare sul serio quando è in gioco la salvezza eterna del singolo e dell’intero popolo di Dio. Gesù chiede l’impegno personale affinché questo si realizza, si concretizzi. Di fronte alla fame e la sete, Gesù dice date voi stessi da mangiare con quel poco che avete. Il gesto di disponibilità e  di generosità fa scattare il resto, ovvero la Provvidenza che è nelle mani di Colui che tutto può e vuole. Non comprendere mai abbastanza quanto sia importante mettere le nostre mani in ogni progetto di amore e solidarietà. Dio senza le nostre mani e il nostro poco non interviene, come è facile capire dal vangelo di oggi. Non possiamo chiedere tutto a tutto, qualcosa di nostro dobbiamo anche metterlo a disposizione sua, perché l’amore circoli nel mondo e la carità non sia solo una proclamazione di intenti, ma sia impegno e coerenza di vita. Seguire Gesù è seguirlo sulla strada del servizio, della carità e dell’amore, che poi arriva fino al dono supremo della croce. Alternative non ce ne sono per i discepoli che vogliono sinceramente fare un cammino di santità. C’è uno stile di vita che dobbiamo tenere e mantenere sempre come ci ricorda il profeta Isaia nella  prima lettura di questa domenica, riportando le parole del Signore, così come giunte al suo orecchio e soprattutto alla sua intelligenza e al suo cuore: «O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone
e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un’alleanza eterna, i favori assicurati a Davide».

Andare dal Signore, ascoltare la sua parola, scegliere ciò che è davvero utile e bene per se stessi e per gli altri nella logica del distacco dalle cose del mondo e della terra, la pane che non sazia mai, dall’acqua che non disseta mai. Ciò che soddisfa davvero i bisogni dell’uomo non sono i cibi della terra, ma i cibi che aprono gli spazi infiniti del cielo. Stabilire un patto d’amore e d’onore con Cristo è quanto siamo chiamati a fare sempre e per tutta la vita. Sia questa la nostra preghiera sincera e sentita di oggi e di sempre: “O Dio, che nella compassione del tuo Figlio
verso i poveri e i sofferenti manifesti la tua bontà paterna, fa’ che il pane moltiplicato dalla tua provvidenza sia spezzato nella carità, e la comunione ai tuoi santi misteri ci apra al dialogo e al servizio verso tutti gli uomini”. Proprio domenica scorsa, Ppa Francesco, all’Angelus ha detto parole che invitano alla conversione del cuore e della vita: “Quante persone, quanti santi e sante, leggendo con cuore aperto il Vangelo, sono stati talmente colpiti da Gesù, da convertirsi a Lui. Pensiamo a san Francesco di Assisi: lui era già un cristiano, ma un cristiano “all’acqua di rose”. Quando lesse il Vangelo, in un momento decisivo della sua giovinezza, incontrò Gesù e scoprì il Regno di Dio, e allora tutti i suoi sogni di gloria terrena svanirono. Il Vangelo ti fa conoscere Gesù vero, ti fa conoscere Gesù vivo; ti parla al cuore e ti cambia la vita. E allora sì, lasci tutto. Puoi cambiare effettivamente tipo di vita, oppure continuare a fare quello che facevi prima ma tu sei un altro, sei rinato: hai trovato ciò che dà senso, ciò che dà sapore, che dà luce a tutto, anche alle fatiche, anche alle sofferenze e anche alla morte” E parlando della tragedia di tutte le guerre anche quelle che si stanno combattendo in questi tempi ha detto parole forti che si inquadrano perfettamente nel tema della parola di Dio di questa domenica di inizio agosto 2014, mese delle vacanze e delle ferie per quanti se le possono permettere, dimenticando i tanti drammi dei nostri giorni: “Penso –ha detto Papa Francesco – soprattutto ai bambini, ai quali si toglie la speranza di una vita degna, di un futuro: bambini morti, bambini feriti, bambini mutilati, bambini orfani, bambini che hanno come giocattoli residui bellici, bambini che non sanno sorridere”.  Tra le tante persone sfamate da Gesù con la moltiplicazione dei pani e dei pesci del vangelo di oggi, ci ricorda l’evangelista Matteo che c’erano “donne e bambini”.  Gesù ha dato loro un cibo vero e un sostentamento necessario, non a dato loro armi per uccidere, ma pane e pesci per sfamarsi. La vera guerra che dobbiamo combattere è contro la violenza, le guerre, la fame, la miseria, la mancanza di speranza che uccide nel cuore e nel fisico milioni di persone ogni anno nell’indifferenza generale, nella cattiveria di quanti dovrebbero operare per la pace, mentre operano solo ed esclusivamente per fare del male e fare dei danni.

Signore liberaci da chi progetta il pane dell’odio o lo mette sulla tavola dei violenti e dei senza Dio, perché dove ci sei veramente Tu, c’è pace, giustizia, amore e carità. Amen.

Caserta è in attesa del Papa

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Caserta è in attesa di Papa Francesco. Al momento sono pochi i fedeli che hanno raggiunto i giardinetti della Reggia, dove si svolgerà il rito della celebrazione eucaristica. Il tempo incerto della mattinata, alquanto piovosa, sta condizionando l’arrivo che è previsto massiccio da tutta la Regione. Tutto comunque è pronto e il sistema di sicurezza per accogliere il Papa nella massima tranquillità funziona alla perfezione. I colleghi giornalisti stanno lavorando e predisponendo ogni cosa per le dirette, per gli aggiornamenti on-line sulla visita del Papa qui a Caserta, simbolo di una città e di un territorio che ha voglia di risorgere. Papa Francesco sia parlando ai sacerdoti e sia ai fedeli vorrà portare il suo sostegno e il suo conforto ad una terra segnata da tante emergenze. Il Papa sicuramente conosce questa terra, anche attraverso l’autorevole voce del Vescovo della città, Giovanni D’Alise, da poco tempo alla guida della diocesi capoluogo di Provincia di Terra di Lavoro, ma anche attraverso la voce autorevole del suo amico, pastore pentecostale, Giovanni Traettino che incontrerà lunedì. Due vecchi amici che parleranno di tanti problemi, compreso quello del progresso ecumenico a livello di Chiesa universale. Certamente le parole che maggiormente si vorranno sentire dal Papa sono parole di speranza per tutti e specialmente per quanti non hanno lavoro e specialmente per i giovani.

Papa Francesco a Caserta. Un motivo di gioia e di impegno

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Caserta. La visita di Papa Francesco un motivo di preghiera e di riflessione per i Passionisti del casertano e della Campania

di Antonio Rungi

La visita di Papa Francesco a Caserta del 26 luglio 2014, in coincidenza con la festa dei Santi Gioacchino ed Anna, e il giorno 28 per incontrare, in forma strettamente privato, un suo carissimo amico, è  un motivo di preghiera e di profonda riflessione per i Passionisti del Casertano e dell’intera Campania, dove i passionisti sono presenti, con vari conventi dagli inizi del XIX secolo.

Risale, infatti, al 1855, prima dell’Unità d’Italia, la presenza passionista nella Reggia di Caserta, per assistere le truppe e fare formazione spirituale in questo luogo simbolo di cultura, storia e potere di quel tempo. In questa comunità religiosa resiedette  il Venerabile padre Fortunato Maria di S.Paolo (al secolo Paolo De Gruttis) che era nato a Roccavivi (Aq) il 3 marzo 1826, nella Diocesi di Sora. Dopo una breve permanenza nel Seminario diocesano di Sora, all’età di 17 anni, nel 1843, entrava tra i Passionisti che, nel 1842, avevano aperto una casa religiosa a Sora. A Paliano (Fr),  farà il noviziato e qui emetterà la prima professione religiosa, preparandosi al sacerdozio a Ceccano e Falvaterra. Il 23 dicembre 1848 venne ordinato sacerdote in Veroli, in maniera quasi clandestina essendo in atto i noti moti rivoluzionari. Per esigenze di ministeri fu inviato in varie case religiose della Provincia dell’Addolorata (Basso Lazio e Campania). Dal 1869 fino alla morte dimorò ininterrottamente nel Ritiro di S. Sosio in Falvaterra. Morto in concetto di santità, il primo significativo gradino del processo di beatificazione è stato scritto l’11 luglio 1992, (22 anni fa) quando fu dichiarato “Venerabile” da San Giovanni Paolo II e proposto come maestro di vita spirituale per religiosi, sacerdoti e laici..

Nel 1857 padre Fortunato va a Caserta, dove da due anni era stata aperta una nuova sede dei passionisti, all’ombra del Palazzo reale, per desiderio del re Ferdinando II. Qui padre Fortunato fu inviato specialmente come confessore. Quando nel 1866 la sede di Caserta viene chiusa dal nuovo governo italiano postunitario, padre Fortunato viene accompagnato dalla polizia, insieme ai confratelli, fino al Convento di Falvaterra. Questa esperienza maturò nel Venerabile l’urgenza delle risorse interiori per poter affrontare gli urti della vita, ma anche la tensione apostolica. Quando non possiamo annunziare e testimoniare, pensava, dobbiamo parlare con il contagio della carica intima che deve qualificare un maestro di fede. Di questa storica e importante presenza dei passionisti a Caserta, che mai ha dimenticato i figli spirituali di San Paolo della Croce, rimane a perenne memoria “Via Passionisti”, adiacente la Reggia di Caserta, dove ancora oggi si può notare la chiesa che i passionisti utilizzavano per fare apostolato dentro e fuori il Palazzo Reale.

La visita di Papa Francesco è, quindi, un motivo in più per i missionari del Crocifisso, come ha voluto che fossero chiamati i passionisti dallo stesso loro fondatore, perché potenziano in questa terra casertana la nuova evangelizzazione, secondo quanto è precisato nella Lettera Apostolica, Evangelii gaudium di Papa Francesco. I passionisti, oggi, hanno una loro presenza a Calvi Risorta e Mondragone nel Casertano, ad Airola, nel Beneventano, a Forino, nell’Avellinese, a Napoli e a Casamicciola nel Napoletano. Come dire che a partire dall’Ottocento, prima nel Regno di Napoli, e poi nell’Italia Unita, i Passionisti hanno sempre curato la loro presenza nella Regione, forti di quel mandato missionario di Paolo della Croce di essere vicino agli ultimi e ai sofferenti, che, allora come oggi, la Campania presenta in numero sempre più elevato, soprattutto nel campo della povertà assoluta. Nella terra dei fuochi o dei veleni, anche i Passionisti, soprattutto oggi, con il fenomeno dell’immigrazione sempre più crescente nel casertano e nel napoletano, hanno qualcosa di dire e da proporre in sintonia con il progetto di rivoluzionare pastoralmente la chiesa, come Papa Francesco continuamente suggerisce con il suo alto magistero di Pastore universale della Chiesa, molto attento ai drammi ed ai problemi delle popolazioni locali e delle chiese locali.

La presenza di Papa Francesco a Caserta per due giorni diversi, 26 e 28 luglio, e per due scopi diversi, è un motivo di grande gioia per tutti e soprattutto di grande speranza per questa terra segnata da tanti problemi, ma profondamente legata alla fede cattolica, con una chiesa viva ed operosa, che guarda soprattutto alle sofferenze degli ultimi e dei sofferenti del vasto comprensorio di Caserta città e Provincia. Insieme e uniti, tutte le forze ecclesiali e sociali possono dare un volto nuovo alla città e al territorio casertano e campano, ripartendo proprio da questa importante, anche se brevissima visita pastorale, di appena 4 ore, di Papa Francesco, il Papa del nuovo corso della Chiesa del XXI secolo.

A Scauri le Lodi Mattutine si recitano in spiaggia a prima mattina

cartolina estate 2014

Scauri (Lt). Le Lodi Mattutine si pregano in spiaggia di buon mattino

di Antonio Rungi

In estate non va in vacanza la vita spirituale e la vita liturgia del cristiano. Per aiutare il cammino di preghiera della comunità parrocchia di Sant’Albina in Scauri (Lt), diocesi di Gaeta, congiuntamente ai villeggianti presenti nella rinomata e frequentata meta turistica del Sud Pontino,  il parroco, don Simone De Vito ha attivato per i mesi estivi la preghiera delle Lodi in spiaggia. E’ la preghiera che apre, praticamente, la giornata di ogni cristiano e che sempre più si diffonde tra i fedeli laici, essendo una volta solo preghiera dei preti e dei religiosi e religiose. Oggi in tutte le comunità parrocchiali, prima della messa del mattino o inserite in essi si pregano le Lodi mattutine, una delle parti più significative e sentite della liturgia quotidiana delle ore. L’incontro di preghiera estiva e balneare si svolge grazie alla disponibilità dei gestori del Lido Aurora e trova nel litorale scaurese un luogo affascinante e suggestivo che permette l’incontro personale e comunitario con Dio, anche nei mesi dedicati più al riposo e alla vacanza.  Il quotidiano appuntamento delle 8.15 del mattino sta riscuotendo un buon successo di partecipazione, dato l’orario comodo, soprattutto per i piccoli, gli adulti e gli anziani che possono così  usufruire della brezza marina di prima mattina, salutare al corpo e allo spirito. In tal modo, l’iniziativa di carattere prettamente spirituale e pastorale è anche una valida occasione per curare la mente, il cuore ed il corpo con la preghiera delle Lodi a Dio creatore ed ordinatore dell’universo. La preghiera è fatta con sentimento e il gruppo consistente di partecipanti non si limita solo a pregare e a recitare i salmi, ma anche a cantarli con maestria sulla spiaggia del Sud Pontino.

 

Il Commento alla liturgia della parola di Dio di domenica 27 luglio 2014

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DOMENICA XVII DEL TEMPO ORDINARIO

27 LUGLIO 2014

Il Regno di Dio è una novità infinita

di padre Antonio Rungi

Il Vangelo di questa XVII domenica del tempo ordinario ci presenta altre tre brevi parabole, dette da Gesù, per far capire il senso ed il valore del Regno di Dio, che Egli stesso instaura con la sua venuta nel mondo e che Egli stesso fa conoscere e diffonde mediante la predicazione della buona novella. Tanti esempi che Gesù apporta per il suo uditorio stabile o occasionale, per far comprendere la necessità di incrociare questo Regno nella sua persona, attraverso un atto di fede e di accettazione della sua missione. Gesù non chiede altro che la disponibilità del cuore dell’uomo di lasciarsi prendere dall’amore e dalla passione per il Regno di Dio, un regno tutto particolare per natura, costituzione e finalità. Il regno è un tesoro nascosto che se lo si scopre si fa in modo di acquisirlo subito a qualsiasi prezzo. E sul valore del regno è l’altro esempio delle pietre preziose che il mercante compra, una volta trovatele per caso o per ricerca personale. Come pure, il terzo esempio della rete gettata nel mare che raccoglie ogni genere di pesci, per poi fare la selezione per scegliere quelli buoni dai cattivi. Quelli adatti e maturi al Regno, quelli che non ancora hanno raggiunto la maturità ed il sapore adatto per entrare a far parte della tavola imbandita del Regno di Dio. E su questo terzo esempio che Gesù si sofferma in modo particolare e fa le sue giuste considerazioni e riflessioni, per spingere i suoi ascoltatori e soprattutto i suoi discepoli che erano esperti di mare e di cernita di pesci, a guardare avanti, altrove, oltre il tempo e a fissare lo sguardo nell’eternità. Dice, infatti, Gesù che  “così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”. Ritorna qui, il Maestro divino, sul tema della separazione tra i buoni e i cattivi, alla fine dei tempi. Ritorna a parlare, detto in termini più immediati ed accessibili a tutti, del Paradiso e dell’Inferno, cioè delle massime eterne che sono la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso. Proprio, perché preso dalla necessità di essere un Maestro ed istruire saggiamente i suoi ascoltatori e discepoli Gesù, alla fine chiede ai presenti: “Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». In poche parole trasforma la sua esistenza in novità di vita, pur non dimenticando il bene ed il valore del suo passato, perché in ogni storia personale, anche problematica e drammatica, c’è sempre un filo di bontà che va saggiamente valorizzato. Armonizzare passato e futuro, attraverso un’operazione di presa di coscienza del presente che non sempre è ben chiara nella mente del credente. A volte si ha nostalgia del passato e si pensa solo al futuro, ma non si sa valorizzare ciò che il Signore ci dona nell’oggi. Egli è l’eterno oggi, che rende vivo e interessante ogni passo dell’uomo in cammino verso l’eternità. Chiediamo al Signore, come il Re Salomone, di cui ci racconta la prima lettura di oggi, tratta dal primo libro dei Re, la docilità del cuore e la saggezza nell’amministrare le cose di Dio e le cose degli uomini. Virtù come l’equilibrio, la giustizia, la docilità ad ascoltare, la disponibilità a risolvere i problemi  sono patrimonio di tutti, ma non tutti vi accedono in modo sincero. Salomone dal Signore viene accontentato nelle richieste, perché non aveva chiesto nulla per sé, né potenza di alcun genere o bene di qualsiasi consistenza. E’ quello che dovremmo chiedere nelle nostre umili preghiere di tutti i giorni, quando ci rivolgiamo a Colui che tutto sa e tutto può e che ci dona le cose necessarie al nostro vero bene, ma noi non le sappiamo comprendere o valorizzare appieno. San Paolo Apostolo nel breve brano della Lettera ai Romani di oggi, seconda lettura della liturgia della parola di questa domenica, ha chiara questa consapevolezza e la propone come via di interpretazione per differenziare il cammino del bene, rispetto a quello del male. Egli scrive: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno”. E’ evidente che il cammino di conformazione a Cristo, chiede ad ogni credente una presa di coscienza della propria identità di cristiano, con i vari aspetti che caratterizzano la vita presente e soprattutto quella futura. Il tema della predestinazione è qui sottolineato in ragione di un cammino che siamo chiamati, in quanto tutti abbiamo accesso alla salvezza, mediante  Gesù Cristo. Sta a noi prendere il largo e seguire le orme di Colui che per noi è morto ed è risorto.

Sia questa la nostra preghiera sincera e convinta di questo giorno di festa, che viviamo all’indomani della ricorrenza dei santi Gioacchino ed Anna, i genitori della Madonna e i nonni materni di Gesù Redentore. “O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni”. Amen.

Itri (Lt). Inaugurato il primo ascensore al Santuario della Civita

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Alla presenza dell’arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, in coincidenza della festa della Madonna della Civita, protettrice dell’Arcidiocesi di Gaeta oggi, 21 luglio, alle ore 10.30, è stato inaugurato il primo ascensore del Santuario della Civita. Al rito di benedizione e del taglio del nastro erano presenti i padri passionisti del Santuario della Civita, alla cui custodia è stato affidato il Santuario nel 1985, in particolare, padre Antonio Rungi, ex-provinciale dei passionisti, religioso del santuario, padre Emiddio Petringa, rettore del santuario, padre Cherubino De Feo, P.Francesco Vaccelli, padre Giovanni Giorgi, P.Giuseppe Polselli, P.Enrico Cerullo, il Vicario generale dell’Arcidiocesi di Gaeta, monsignor Giuseppe Sparagna, altri sacerdoti, seminaristi, ed alcune centinaia di fedeli.

Erano presenti le autorità civili, in particolare il presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, che ha promosso e realizzato l’indispensabile opera per abbattere le barriere architettoniche per raggiungere la chiesa del Santuario. Ben 53 pesanti scalini separano il punto di arrivo al Santuario dalla Chiesa.

Da questa mattina diversamente abili, anziani, ammalati, persone in carrozzella possono prendere l’ascensore ed arrivare davanti all’immagine della Madonna della Civita, custodita nella Chiesa. Dopo la benedizione dell’ascensore, il Vescovo ha celebrato la santa messa in onore della Madonna della Civita nello stesso luogo, dove da oltre mille anni si venera questo quadro. Il Vescovo ha messo in evidenza l’importanza di seguire Maria che ci indica la strada per incontrare Cristo. Commentando il Vangelo delle Nozze di Cana, ha ribadito la necessità di fare “ciò che il Signore ci dice di fare attraverso il Vangelo, che è verità ed è gioia”.

Nelle varie preghiere che il Vescovo ha innalzato alla Madonna della Civita a nome di tutta l’assemblea convenuta in chiesa, un pensiero speciale è stato rivolto alla Terra di Gesù e di Maria, “affinché cessino quanto prima conflitti e guerre tra Israeliani e Palestinesi. La terra di Gesù e di Maria necessita di pace e noi siamo qui per pregare anche per la pace in questo luogo della terra e in ogni parte del mondo”.

Fin dopo la benedizione, l’ascensore è stato utilizzato dagli anziani e dalle persone inabili che sono arrivati alla Civita, nel giorno della festa patronale, ben sapendo che da oggi in poi anche loro possono accedere liberamente in chiesa, salendo dal parcheggio fino al santuario in ascensore e con comodità. La infrastruttura che è costata 150.000 euro, può portare 12 persone, per 900 Kg di peso ed è ben incastonata nell’insieme di tutto il santuario, mimetizzata con le opere già in essere, molte delle quali quasi millenarie.

Santuario della Civita. Lunedì 21 luglio inaugurazione del primo ascensore.

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Itri. Santuario della Civita. Tutto pronto per il nuovo ascensore del Santuario

di Antonio Rungi

Tutto pronto per l’inaugurazione del primo ascensore al Santuario della Civita, che sarà a disposizione dei pellegrini, soprattutto per le persone diversamente abili o inabili, per gli anziani e le persone in difficoltà per salire alla Chiesa. Lunedì 21 luglio 2014, festa della Madonna della Civita, patrona di Itri e dell’Arcidiocesi di Gaeta, alla presenza dell’arcivescovo, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, che presiederà, come tutti gli anni, il solenne pontificale al Santuario, nella mattinata, verrà inaugurato il primo ascensore del Santuario mariano. La coincidenza della festa della Madonna della Civita e l’afflusso massiccio dei pellegrini, renderà più significativa quest’opera realizzata per abbattere le barriere architettoniche al Santuario della Civita che non permetteva l’accesso ai fedeli, in difficoltà, alla Chiesa ove è esposto solennemente la miracolosa immagine della Madonna, che si rifà alla scuola di San Luca, l’Evangelista che ha meglio tratteggiato la figura di Maria, la Madre di Gesù Cristo e Madre della Chiesa. Una cabina consistente che può ospitare 8 persone per un massimo di 900 Kg. Una sola sosta, quella che va dalla zona-bar, all’ingresso principale del santuario e che può trasportare centinaia di fedeli in pochi minuti. Sistemata anche l’area esterna del santuario, ove durante l’estate, con il maggiore afflusso dei fedeli si può celebrare la messa all’aperto, con una media di presenza di 1.000 fedeli ogni celebrazione. Intanto, a partire da oggi sabato 19 luglio, un’intensa attività spirituale, pastorale e di accoglienza è in atto al Santuario della Civita, con il servizio costante di cinque passionisti, quattro di comunità (Emiddio, Cherubino, Francesco e Antonio Rungi) ed altro in aiuto in questi giorni. Fino al 22 luglio si prevede un afflusso di pellegrini da ogni parte della Diocesi e di altre regione ecclesiastiche. Il tutto favorito dal bel tempo che sta dominando in questi giorni e con il nuovo servizio di ascensore che sarà assicurato nella mattinata del 21 luglio, dopo l’inaugurazione. E per chi è interessato al programma delle celebrazioni religiosi e degli appuntamenti civili in occasione della festa della Civita nella città di Itri può consultare il programma. Variazioni ci sono stati nel corso dei giorni, in quanto canta Umberto Tozzi e non più Mango. I fuochi artificiali, dopo la tragedia di Tagliacozzo, dovrebbe essere un’altra ditta a fare i fuochi. Molte negatività registrate in questi giorni precedenti la festa, non hanno minimamente intaccata l’aspetto più bello e vero della devozione mariana, che è quella di venerare la Madonna nel suo sito naturale che è il Santuario e di festeggiarla solennemente in città, come è giusto che sia, essendo la patrona di Itri e la Compatrona dell’Arcidiocesi di Gaeta.

IL COMMENTO PER LA XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

20 LUGLIO 2014 

Non vogliamo essere zizzania, ma grano che fa sorride la terra 

di padre Antonio Rungi 

La XVI del tempo ordinario dell’anno liturgico ci propone come meditazione un’altra parabola di Gesù, in continuazione di quella di domenica scorsa, su seminatore che uscì a seminare e la risposta della terra fu diversa, in base dove la semente era stata gettata. In questa parabola entra in gioco un’erba cattiva, che qui è indicata come zizzania che cresce e si sviluppa insieme al buon grano. Certo non è il buon seminatore che semina l’erba distruttiva, ma il nemico acerrimo di questo speciale seminatore che è Dio e che trova nell’anti-Dio, in satana, il suo oppositore, perché quel campo della gioia e della pace non sia armonioso e non sia sereno. L’erba cattiva seminata a tutte le ore della storia e della vita dell’umanità ha permesso, purtroppo che il lavoro del buon seminatore incontrasse ostacoli e non raggiungesse il vertice della produzione dell’amore, della carità, della gioia e della vita. Facendo tesoro di questa lezione di vita che ci viene dal Signore, mediante un dialogo sincero ed aperto con i suoi discepoli, noi vogliamo essere il buon grano ed estirpare dalla nostra mente, dal nostro cuore e soprattutto dalla vita. Estirpare dalle nostre relazioni umane ed ecclesiali ogni piccolo germe di erba cattiva, che può danneggiare tutto il raccolto.

Il giudizio di Dio che incombe su ogni uomo e su tutta l’umanità, quando il grano sarà separato dalla zizzania e questo avrà accesso ad essere accolto nei granai di Dio, che tradotti in termini spirituali e teologici, è il santo Paradiso, ci deve far riflettere seriamente su come abbiamo strutturato la nostra vita nel corso di questa esistenza terrena che stiamo vivendo. Non possiamo dimenticare che abbiamo un grande appuntamento con la nostra storia terrena ed eterna e questo è il giudizio personale e quello finale di Dio. Bisogna, certamente, confidare nella misericordia infinita di Dio, ma è doveroso anche lavorare perché questa misericordia possa realizzarsi nel tempo che il Signore ci ha donato mediante una sincera conversione della nostra vita all’amore, alla pace, alla riconciliazione, al bene per sempre.

Il regno di Dio a cui fa riferimento il vangelo di oggi, con tre parabole dello stesso tono e con lo stesso intento che il Signore vuole far risaltare, non può essere bloccato nella su diffusione, nella sua radicazione e nel suo potenziamento nella storia dell’uomo per qualsiasi ostacolo che viene dal di fuori o dal di dentro dello stesso campo, che la chiesa e la comunità dei credenti. Deve andare avanti nel cammino della storia, interpretando i segni dei tempi e mettendo argine al male che è presente fuori e dentro la chiesa. Il granellino di senape, diventerà un albero robusto e resisterà a tutte le intemperie e tempeste della storia, come, d’altra parte, stiamo vivendo in questo nostro tempo, con tante difficoltà all’interno e al di fuori della chiesa e soprattutto nel mondo. Anche la parabola del lievito che fa crescere la pasta è indicativa per comprendere il ruolo che ogni battezzato ha all’interno della comunità dei credenti. Ognuno di noi si deve fare artefice di crescita spirituale e morale e mai essere strumento per bloccare qualsiasi avanzamento giusto e santo nella chiesa e nella società. Essere lievito, nell’ottica di Cristo, significa farsi promotore di crescita vera di tutto il popolo santo di Dio. Chi ostacola questa crescita è colui che è motivo di scandalo nella chiesa. Ed oggi sono tanti i motivi per ripensare anche certi ruoli, uffici e ministeri che siano lievito per la chiesa e crescita vera di essa e non motivi per dare scandalo e per buttare ulteriore fango sul popolo santo di Dio, che è anche composta da persone oneste e rette, che vivono santamente e fedelmente la loro fede e la loro scelta di vita. Sugli scandali che offendono la bellezza e la grandezza di Dio, della chiesa e la santità di essa non c’è tolleranza alcuna. Nel giudizio finale peseranno molto per separare il positivo dal negativo, partendo dai vertici fino ad arrivare alla base del popolo santo di Dio. La Chiesa ha bisogno di santi e non di scandali e la società ha bisogno di pace e non di guerre o conflitti di ogni genere.

Per potere raggiungere questi ideali di vita cristiana è urgente per tutti entrare nella dinamica spirituale che porta a dare importanza alle cose di Dio e non a quelle della terra e del mondo. L’apostolo Paolo ci ricorda, infatti, nel brano della seconda lettura di oggi tratta dalla sua lettera ai Romani che “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, non sappiamo infatti come in modo conveniente..Egli scruta i pensieri e i desideri del nostro cuore e se ci lasciamo condurre da lui porta a compimento il bene che aspiriamo a raggiungere.

Nella piena consapevolezza che nonostante i nostri limiti umani e le nostre debolezze, Dio non ci fa mancare il suo sostegno e il suo aiuta e ci concede la sua infinita misericordia, vogliamo con profonda gratitudine a Dio rivolgerci a Lui con le parole della libro della Sapienza, che oggi ci accompagna nel cammino dell’ascolto del Dio che ci parla, con queste espressioni di fiducia e speranza il Lui: Signore con il tuo modo di operare nei confronti dell’umanità hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e ce hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento. Chiediamo perdono oggi nella celebrazione dell’eucaristia, che è agape fraterna intorno alla mensa del corpo e sangue di Cristo dei nostri peccati, dei nostri scandali, della nostra miseria umana ed impegniamoci ad essere coerenti con la nostra fede battesimale. Quella fede battesimale, mediante la quale ci siamo impegnati a rinunciare a Satana e a tutte le sue opere e a credere nella Chiesa, una santa, cattolica ed apostolica, nella quale viviamo e speriamo di morire in piena comunione, diventando noi stessi strumenti di diffusione del Regno di Dio in mezzo agli uomini, come oggi preghiamo umilmente nella colletta: “Ci sostenga sempre, o Padre, la forza e la pazienza del tuo amore; fruttifichi in noi la tua parola, seme e lievito della Chiesa, perché si ravvivi la speranza di veder crescere l’umanità nuova, che il Signore al suo ritorno farà risplendere come il sole nel tuo regno”. Amen.