Archivi Mensili: febbraio 2013

L’anziano eremita. Un bellissimo racconto sul Papa emerito

papabenedettoaddio.jpgPapa Bemedetto XVI. Teologo Rungi gli dedica un bellissimo racconto per la sua vita futura

“L’anziano eremita” è questo il titolo che padre Antonio Rungi, teologo morale, missionario passionista, ha voluto dare ad un bellissimo racconto per descrivere la futura vita di Papa Benedetto XVI, dopo il 28 febbraio, in seguito alle dimissioni date liberamente. E’ un racconto di straordinaria ricchezza e bellezza che sottoponiamo alla riflessione e meditazione di tutti i cattolici, vicini al Papa e Romano Pontefice emerito.

L’anziano eremita
 
 

Da molto tempo aveva deciso di ritarsi tutto soletto su un alto monte a pregare il Signore perché lo liberasse dal peso delle fatiche che quotidianamente doveva sostenere per il bene dei suoi fratelli.  

Un giorno decise di farlo nell’assoluta libertà, lasciando interdetti quelli di casa e quanti avevano sperato in lui per continuare a lavorare negli stessi uffici e negli stessi ruoli.  

L’età avanzata, la salute precaria, l’antico desiderio di farsi frate, la nostalgia di una vita contemplativa spinsero l’anziano signore a lasciare ogni cosa e ritarsi in contemplazione.  

Lasciò la sua vecchia abitazione che aveva occupato per ragioni d’ufficio solo per 8 anni, prendendo possesso di un antico monastero, sistemato per lui, alla meglio, perché oltre che a pregare, potesse continuare a fare le cose a cui si era dedicato da una vita.  

Era felice di aver fatto una scelta così radicale e forte, perché avvertiva nel suo cuore di padre, e per certi versi nonno, che solo immergendosi totalmente nella preghiera si è più vicino ai vicini e ai lontani, più di quanto possa assicurare la vicinanza fisica e materiale.  

Il giorno in cui per la prima volta si sentì davvero libero nel profondo del suo cuore, senza preoccupazioni per salvaguardare la dottrina e poi l’ufficio, gli sprizzavano gli occhi dalla gioia di aver visto il Signore.  

Anche lui, come i tre apostoli con Gesù, era salito sul monte Tabor e da lì contemplava meglio il volto di Dio mediante la preghiera dalla sera alla mattina.  

Non sentiva nostalgia di nulla e di nessuno, perché la sua vera nostagia era quella di Dio e una volta compensata tale nostalgia il suo volto e il suo viso ringiovanirono.  

Anche la salute migliorò per l’anziano eremita, non dovendo sottoporsi a stress continui per gestire l’ufficio al meglio e dare sicurezza e garanzia su molti versi.  

Passavano così le giornate nel suo eremo spirituale, su uno dei colli più rinomati e conosciuti della zona, dove spesso la gente accorreva per trovare ristoro e refrigerio alle loro anime perse e senza mete.  

L’anziano eremita non poteva vedere nessuno e né incontrare nessuno, non perché non lo potesse fare, ma perché così aveva liberamente scelto di fare, in quanto stando lontano dal mondo, stava più a contatto con nostro Signore e con lo stesso mondo.  

A Gesù, buon Pastore, si rivolgeva per pregare per quanti si affidavano a lui nella preghiera. E lui tutti poneva sull’altare, quando celebrare l’eucaristia quotidiana, assistito dal suo segretario personale e da alcune amabilisse suore, che nulla facevano mancare al saggio eremita di quel monastero singolare.  

L’eremita si nutriva di poche cose, faceva penitenza, faceva silenzio, studiava, suonava, passeggiava e nei suoi lunghi passeggi mattutini e serali contava i passi che lo distanziavano dall’eternità. Vestiva di un semplice abito bianco in ricordo della sua veste battesimale. 

Tutto immerso nella meditazione dei divini misteri, cosciente della valenza e dell’attualità dei novissimi, quali la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso, non considereva ipotesi plausibile una fine lontana della sua vita, ma preparato orami ad incontrare Dio, ogni giorno allargava sempre di più il suo pensiero sull’orizzonte dell’eternità, mentre il tempo scorreva inesorabilmente sul mondo.  

Anche il giorno del suo abbandono, in cui tutti piansero per aver lasciato l’incarico, lo rileggeva nell’ottica della gioia e della speranza per il mondo, perché da quel giorno l’anziano eremita pregava continuamente Iddio per la sua gente e per quanti credevano fermamente in un mondo diverso. Un mondo senza protagonismi di nessun genere, ma solo con il desiderio di esercitarsi nell’umiltà, quella virtù morale che è capace di cambiare il mondo in un solo istante.  

Non si era separato dal mondo, ma vi era più vicino con la preghiera autentica di un eremita saggio, santo ed intelligente.

Padre Antonio Rungi cp

Sessa Aurunca. Nove secoli di storia della cattedrale.

sessa%20aurunca.jpgNel mese di giugno 2013 il Duomo di Sessa Aurunca, la chiesa madre della Diocesi, la cattedrale dedicata ai Santi Pietro e Paolo compie nove secoli di storia. La costruzione, infatti, fu iniziata  900 anni fa, da probabili maestranze di scuola Casauriense nel 1113 riutilizzando in parte materiali provenienti da antichi edifici d’epoca romana, e consacrata nel 1183. Per ricordare questo storico avvenimento, il Vescovo, monsignor Antonio Napoletano e l’intera comunità diocesana di Sessa Aurunca, ha approntato un articolato programma spirituale e culturale, per dare risalto all’evento, che si connota come un fatto di fede, nell’Anno della fede. Già dal 2 marzo prossimo, sabato infatti, giungeranno in pellegrinaggio alla Cattedrale di Sessa Aurunca i fedeli delle quattro foranie della Diocesi, accompagnati dai parroci. E così per tutti i sabati della Quaresima. I fedeli sosterranno in preghiera nella Chiesa cattedrale, ove si terrà una lectio divina ed una specifica celebrazione, presieduta dal vescovo. Quattro le foranie della Diocesi: Carinola, Cellole, Mondragone e Sessa Aurunca. Il pellegrinaggio inizia con la forania di Carinola e a seguire tutte le altre. I  festeggiamenti per i nove secoli di storia si svolgeranno in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno 2013, ma prima e dopo Pasqua si volgeranno una serie di incontri di formazione per comprendere il significato teologico e pastorale della consacrazione della chiesa cattedrale di una diocesi. Quella di Sessa Aurunca è una cattedrale con una particolare storia e configurazione. L’aspetto esterno attuale fu raggiunto nella prima metà del XIII secolo con l’aggiunta del portico e del finestrone posto nella parte alta della facciata. L’interno invece, eliminato il soffitto a capriate già nel Duecento, rimase romanico fino a metà del Settecento quando il vescovo Francesco Caracciolo d’Altamura decise di ammodernarlo secondo i gusti e lo stile dell’epoca, ossia il barocco. Costituisce senza dubbio il più bel monumento della zona aurunca per eleganza di linee ed accuratezza di decorazioni esterne ed interne. La Cattedrale sorge su un’area ove vi era un tempio pagano o cristiano. La facciata è a tre portali – con numerosi fregi a rilievo rappresentanti fatti della storia sacra . Sotto il porticato si aprono i tre portali di accesso alla chiesa decorati con architravi ed elementi marmorei di spoglio. La pianta è a croce latina, a tre navate divise da colonne di diversi materiali.. Anche l’interno è a tre portali, e le navate poggiano su 18 colonne con capitelli di stile corinzio.  La Cripta è ricavata nell’area centrale della Cattedrale con una elegante struttura a volte poggiante su venti colonne di origine romana. Il pavimento della Cripta è a mosaico. Di notevole valore artistico è il “candelabro” per il cero pasquale ed il “pergamo” la cui struttura rettangolare si sostiene su sei colonnine alla cui base vi sono altrettanti leoncini marmorei. Tutto il Pergamo è decorato riccamente, allo stesso modo il candelabro. Nella Cappella del Corpus Domini è posta la bellissima tela della “Comunione degli Apostoli”, ed è oggetto di importanti studi e ricerche. Pregevole è il pavimento musivo del XII secolo nella navata centrale. Di grande valore artistico sono inoltre il candelabro per il cero pasquale ed il pulpito, opere del XIII secolo del maestro Peregrino da Sessa. Il candelabro ha base scolpita con figure a rilievo e inserti di mosaico; il pulpito decorato da mosaico e bassorilievi è a struttura rettangolare, sorretta da sei colonnine che poggiano su leoni di marmo. Nella cappella del Sacramento, da ammirare è la Comunione degli Apostoli di Luca Giordano.

Padre Antonio Rungi cp

MONDRAGONE. RITIRO SPIRITUALE QUARESIMALE

 RITIROFEBBRAIO2013.jpg“Non voglio che la carità La carità che nasce dalla fede”, è una delle espressioni che ha scritto la Serva di Dio Victorine le Dieu, fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, che a Mondragone hanno una loro storica presenza alla Colonia permanente della Stella Maris. Domani 21 febbraio 2013 si svolgerà in questa struttura di accoglienza e di spiritualità il quinto incontro di spiritualità nell’anno della fede e in preparazione alla Pasqua 2013. Si tratta del primo ritiro di questa Quaresima 2013 che assume uno speciale significato sia per la ricorrenza dei 150 anni della nascita delle Suore di Gesù Redentore e sia per la rinuncia del Papa, Benedetto XVI, al ministero petrino. Il tema che padre Antonio Rungi, missionario passionista e teologo morale presenterà nella giornata di ritiro sarà: “La  fragilità della nostra fede. L’esperienza della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu”. Il ritiro spirituale aperto a tutti (sacerdoti, religiosi e laici) è così programmato: Ore 9.00: Accoglienza; Ore 9,25: celebrazione delle lodi (in cappella); Ore 10,00: Prima meditazione dettata da padre Rungi, sulla fragilità della nostra fede (in sala Le Dieu); Ore 11,00: Pausa (in silenzio); Ore 11,15: Adorazione eucaristica e confessioni (in cappella); Ore 12,00: celebrazione eucaristica, presieduta da padre Rungi  (in cappella); Ore 13,00: Pranzo; Ore 14,00: Deserto (passeggio solitario nel giardino); Ore 15.00: Via crucis (in giardino se il tempo e’ buono), su testi di Papa Ratzinger; Ore 16,00: Seconda meditazione dettata da padre Rungi sull’esperienza di fede vissuta dalla Serva di Dio (in sala Le Dieu); Ore 17.00: celebrazione dei Vepri (in sala Le Dieu), Ore 17,30: saluti.

 

A seguire il corso di formazione spirituale sono diversi laici di Mondragone e dintorni che da tre anni vengono accompagnati nel loro itinerario di fede da padre Antonio Rungi, passionista. Si tratta di persone giovani e meno giovani che fanno parte di un cammino spirituale avviato dal otto anni dalle Suore della Stella Maris, mediante i cenacoli di preghiera, la via crucis, il rosario settimanale, le varie celebrazioni in occasione di ricorrenze particolari per l’istituto e d’estate anche il rosario in spiaggia. Guidate dal loro assistente spirituale, padre Antonio Rungi, le Suore della Stella Maris rappresentano uno degli istituti più dinamici da un punto di vista spirituale e di iniziative varie in tutta la Diocesi di Sessa Aurunca. Le sei religiose che compongono attualmente la comunità della Stella Maris, guidate dalla responsabile, Suor Maria Paola Leone, sono molto impegnate nel campo spirituale, apostolico e pastorale. In occasione poi dei 150 anni della nascita del loro istituto, le Suore della Stella Maris stanno portando avanti un progetto pastorale di ampio respiro, compreso quello di un Recital sulla vita della loro fondatrice, Madre Victorine Le Dieu che verrà rappresentato a Maggio 2013. Comune pure le Suore stanno predisponendo un seminario di studi sulla figura della fondatrice, che si svolgerà alla Stella Maris nel mese di maggio.

 

 

 

 

 

IL PENULTO ANGELUS DI PAPA BENEDETTO PRIMA DEL SUO RITIRO

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 17 febbraio 2013

 

 

Cari fratelli e sorelle!

mercoledì scorso, con il tradizionale Rito delle Ceneri, siamo entrati nella Quaresima, tempo di conversione e di penitenza in preparazione alla Pasqua. La Chiesa, che è madre e maestra, chiama tutti i suoi membri a rinnovarsi nello spirito, a ri-orientarsi decisamente verso Dio, rinnegando l’orgoglio e l’egoismo per vivere nell’amore. In questo Anno della fede la Quaresima è un tempo favorevole per riscoprire la fede in Dio come criterio-base della nostra vita e della vita della Chiesa. Ciò comporta sempre una lotta, un combattimento spirituale, perché lo spirito del male naturalmente si oppone alla nostra santificazione e cerca di farci deviare dalla via di Dio. Per questo, nella prima domenica di Quaresima, viene proclamato ogni anno il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto.

Gesù infatti, dopo aver ricevuto l’“investitura” come Messia – “Unto” di Spirito Santo – al battesimo nel Giordano, fu condotto dallo stesso Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. Al momento di iniziare il suo ministero pubblico, Gesù dovette smascherare e respingere le false immagini di Messia che il tentatore gli proponeva. Ma queste tentazioni sono anche false immagini dell’uomo, che in ogni tempo insidiano la coscienza, travestendosi da proposte convenienti ed efficaci, addirittura buone. Gli evangelisti Matteo e Luca presentano tre tentazioni di Gesù, diversificandosi in parte solo per l’ordine. Il loro nucleo centrale consiste sempre nello strumentalizzare Dio per i propri interessi, dando più importanza al successo o ai beni materiali. Il tentatore è subdolo: non spinge direttamente verso il male, ma verso un falso bene, facendo credere che le vere realtà sono il potere e ciò che soddisfa i bisogni primari. In questo modo, Dio diventa secondario, si riduce a un mezzo, in definitiva diventa irreale, non conta più, svanisce. In ultima analisi, nelle tentazioni è in gioco la fede, perché è in gioco Dio. Nei momenti decisivi della vita, ma, a ben vedere, in ogni momento, siamo di fronte a un bivio: vogliamo seguire l’io o Dio? L’interesse individuale oppure il vero Bene, ciò che realmente è bene?

Come ci insegnano i Padri della Chiesa, le tentazioni fanno parte della “discesa” di Gesù nella nostra condizione umana, nell’abisso del peccato e delle sue conseguenze. Una “discesa” che Gesù ha percorso sino alla fine, sino alla morte di croce e agli inferi dell’estrema lontananza da Dio. In questo modo, Egli è la mano che Dio ha teso all’uomo, alla pecorella smarrita, per riportarla in salvo. Come insegna sant’Agostino, Gesù ha preso da noi le tentazioni, per donare a noi la sua vittoria (cfr Enarr. in Psalmos, 60,3: PL 36, 724). Non abbiamo dunque paura di affrontare anche noi il combattimento contro lo spirito del male: l’importante è che lo facciamo con Lui, con Cristo, il Vincitore. E per stare con Lui rivolgiamoci alla Madre, Maria: invochiamola con fiducia filiale nell’ora della prova, e lei ci farà sentire la potente presenza del suo Figlio divino, per respingere le tentazioni con la Parola di Cristo, e così rimettere Dio al centro della nostra vita.

La conferenza tenuta a Roma dalle Suore di Gesù redentore-Domenica 17 febbraio 2013

SUORE DI GESU’ REDENTORE – ROMA

INCONTRO SPIRITUALE MENSILE

DOMENICA 17 FEBBRAIO 2013 – ORE 15,30

 

“Anno della fede e conversione  personale permanente”.

La vita di conversione della serva di Dio, Victorine Le Dieu.

 

1.DAL VANGELO DI MARCO 1,15-26

In quel tempo, dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito

impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

 

2.CONVERTIRSI E CREDERE AL VANGELO

«Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Comincia così, nel Vangelo di Marco, l’annuncio di Gesù al mondo, il suo messaggio di salvezza. Con la venuta di Gesù spunta un’era nuova, l’era della grazia e della salvezza. E le sue prime parole sono un invito ad abbracciare la grande novità, la realtà stessa del Regno di Dio che egli pone alla portata di tutti, vicino a ogni uomo. Ed indica subito la strada: convertirsi e credere al Vangelo, e cioè cambiare radicalmente vita e accettare, in Gesù, la parola che Dio attraverso lui rivolge all’umanità di tutti i tempi. Sono due cose che vanno di pari passo: la conversione e la fede e non c’è l’una senza l’altra, ma l’una e l’altra scaturiscono al contatto con la parola viva, alla presenza di Gesù che anche oggi ripete alle folle: Convertitevi e credete al Vangelo.

Quello che opera la Parola di Dio accolta e vissuta è un completo mutamento di mentalità (= conversione). Trasfonde nei cuori di tutti: europei, asiatici, australiani, americani, africani i sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, al singolo e alla società.

Ma come può il Vangelo operare il miracolo di una profonda conversione, di una fede nuova e luminosa? Il segreto sta nel mistero che le parole di Gesù racchiudono. Esse non sono semplicemente esortazioni, suggerimenti, indicazioni, direttive, ordini, comandi. Nella parola di Gesù è presente Gesù stesso che parla, che ci parla. Le sue Parole sono egli stesso, Gesù stesso. E così noi, nella Parola lo incontriamo. E accogliendo la Parola nel nostro cuore, come egli vuole che sia accolta (e cioè essendo pronti a tradurla in vita) siamo uno con lui ed egli nasce o cresce in noi. Ecco perché ognuno di noi può e deve accogliere l’invito così pressante ed esigente di Gesù.

Qualcuno potrà considerare le parole del Vangelo troppo alte e difficili, troppo distanti dal modo di vivere e di pensare comune, e sarà tentato di chiudersi all’ascolto, di scoraggiarsi. Ma tutto questo accade se pensa di dover spostare da solo la montagna della sua incredulità. Mentre basterebbe si sforzasse di vivere anche solo una Parola del Vangelo per trovare in essa un aiuto inatteso, una forza unica, una lampada per i suoi passi . Perché quella Parola, essendo una presenza di Dio, il comunicarsi con essa rende liberi, purifica, converte, porta conforto, gioia, dona sapienza.

Quante volte nella nostra giornata questa Parola può esserci di luce! Ogni volta che ci scontriamo con la nostra debolezza o con quella degli altri, ogni volta che seguire Gesù ci sembra impossibile o assurdo, ogni volta che le difficoltà tentano di abbatterci, questa Parola può essere per noi un colpo d’ala, una boccata d’aria fresca, uno stimolo a ricominciare.

Basterà una piccola, rapida “conversione” di rotta per uscire dal chiuso del nostro io ed aprirci a Dio, per sperimentare un’altra vita, quella vera.

Se poi potremo condividere questa esperienza con qualche persona amica, che ha fatto anch’essa del Vangelo il proprio codice di vita, vedremo sbocciare o rifiorire intorno a noi la comunità cristiana.

Perché la Parola di Dio vissuta e comunicata fa anche questo miracolo: dà origine a una comunità visibile, che diviene lievito e sale della società, testimoniando Cristo in ogni angolo della terra.

 

3.DAL MOTU PROPRIO “PORTA FIDEI” DI PAPA BENEDETTO XVI

Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato. Proprio il Concilio, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, affermava: “Mentre Cristo, «santo, innocente, senza macchia» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr 2Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr 1Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce”.

L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17). (PF, 6).

 

4. DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

V. Le molteplici forme della penitenza nella vita cristiana

 

1434 La penitenza interiore del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l’elemosina, che esprimono la conversione in rapporto a se stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri. Accanto alla purificazione radicale operata dal Battesimo o dal martirio, essi indicano, come mezzo per ottenere il perdono dei peccati, gli sforzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo, l’intercessione dei santi e la pratica della carità che «copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8).

 

1435 La conversione si realizza nella vita quotidiana attraverso gesti di riconciliazione, attraverso la sollecitudine per i poveri, l’esercizio e la difesa della giustizia e del diritto, attraverso la confessione delle colpe ai fratelli, la correzione fraterna, la revisione di vita, l’esame di coscienza, la direzione spirituale, l’accettazione delle sofferenze, la perseveranza nella persecuzione a causa della giustizia. Prendere la propria croce, ogni giorno, e seguire Gesù è la via più sicura della penitenza.

 

1436  Eucaristia e Penitenza. La conversione e la penitenza quotidiane trovano la loro sorgente e il loro alimento nell’Eucaristia, poiché in essa è reso presente il sacrificio di Cristo che ci ha riconciliati con Dio; per suo mezzo vengono nutriti e fortificati coloro che vivono della vita di Cristo; essa «è come l’antidoto con cui essere liberati dalle colpe di ogni giorno e preservati dai peccati mortali».

 

1437 La lettura della Sacra Scrittura, la preghiera della liturgia delle Ore e del «Padre nostro», ogni atto sincero di culto o di pietà ravviva in noi lo spirito di conversione e di penitenza e contribuisce al perdono dei nostri peccati.

 

1438 I tempi e i giorni di penitenza nel corso dell’anno liturgico (il tempo della Quaresima, ogni venerdì in memoria della morte del Signore) sono momenti forti della pratica penitenziale della Chiesa. Questi tempi sono particolarmente adatti per gli esercizi spirituali, le liturgie penitenziali, i pellegrinaggi in segno di penitenza, le privazioni volontarie come il digiuno e l’elemosina, la condivisione fraterna (opere caritative e missionarie).

 

1439 Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato meravigliosamente descritto da Gesù nella parabola detta «del figlio prodigo» il cui centro è «il padre misericordioso»: il fascino di una libertà illusoria, l’abbandono della casa paterna; la miseria estrema nella quale il figlio viene a trovarsi dopo aver dilapidato la sua fortuna; l’umiliazione profonda di vedersi costretto a pascolare i porci, e, peggio ancora, quella di desiderare di nutrirsi delle carrube che mangiavano i maiali; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevole davanti a suo padre; il cammino del ritorno; l’accoglienza generosa da parte del padre; la gioia del padre: ecco alcuni tratti propri del processo di conversione. L’abito bello, l’anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa, piena di gioia che è la vita dell’uomo che ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa. Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell’amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l’abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza.

 

5.L’ITINERARIO SPIRITUALE DELLA SERVA DI DIO  VICTORINE LE DIEU.

“Il nostro tempo – scriveva la Serva di Dio – ha più che mai bisogno di redenzione e di riconciliazione”.  Il nostro tempo, riconosciamo con grande senso di responsabilità e di umiltà, diciamo noi,  ha più che mai urgente bisogno di riconciliarsi con tante cose (con Dio, con noi stessi e la nostra coscienza, con gli altri, con il mondo, ecc..), di pentirsi sinceramente del male che si fa e di ricominciare una vita nuova nella fede, speranza, carità profondamente convinti che il cammino è lungo e faticoso per raggiungere apprezzabili risultati in questo campo.

Di esempio ci è senz’altro la Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu il cui carisma è l’adorazione, la riconciliazione e la riparazione.

Per Victorine tutto inizia da una profonda vita interiore. Attraverso i suoi scritti scopriamo come la Parola di Dio è per lei cibo quotidiano. “È certo che la Parola di Dio nutre e consola. Molte volte ho ringraziato Dio per avermela fatta amare”.

L’Eucaristia è al centro della sua vita: passa lunghe ore in adorazione e approfondendo la vita eucaristica potrà anche lei diventare eucaristia per i fratelli, pane offerto e spezzato per rispondere alla fame dell’umanità: fame di Dio, fame di libertà… ma soprattutto si sentirà fortemente interpellata dalla fame di amore e di dignità da parte di tanti fratelli emarginati, disgregati, per niente calcolati dalla società.

Quest’unione profonda col Signore la conduce necessariamente verso un’esperienza di purificazione attraverso il sacramento della riconciliazione che riceve con frequenza e verso un’ascesi che le fa vivere con gioia penitenze, mortificazioni, sofferenze di ogni genere… La sua obbedienza al Padre è totale… il suo abbandono completo! Segue senza mai fermarsi la volontà di Dio espressa tramite la voce della Chiesa e gli avvenimenti della storia. La sua castità non la racchiude in se stessa, anzi la porta ad una grande liberazione dalle cose e dalle persone per poter abbracciare il mondo intero e le sue necessità. Ben nota è la sua povertà! Quante volte si ritrova senza niente, ma si affida fiduciosa alla Provvidenza in un completo atto di abbandono!

In tutti questi avvenimenti conserva la pace, una pace immensa che può provenire solo da Dio. “Sono come Giobbe” scrive. E ancora: “Ecco, sono arrivata sul calvario, spogliata di tutto, mi resta solo di stendermi sulla croce”.

Tuttavia per lei non c’è niente di drammatico, vive tutto con gioia e al momento più duro esclama: “Che gioia essere abbandonata in Dio per sempre! Con la pace, fonte della gioia del cuore, la vita non è mai turbata”. “Cantiamo le tue lodi, Signore, in mezzo a tante privazioni e desideri impotenti perché Tu vedi tutto!”.

Il suo amore per la Madonna è grande; non si tratta di una semplice devozione che si esaurisce in formule, ma di un ripetere ciò che Maria stessa ha fatto. E’, possiamo dire, una devozione biblica incarnata. Ella medita l’atteggiamento di Maria, fa suo il Fiat dell’annunciazione che scandisce tutta la sua esistenza.

La sua esperienza carismatica la porta ad un profondo ascolto dei segni dei tempi…

La voce interiore si fa sempre più pressante: è la chiamata a riparare, riconciliare, aiutare l’uomo diviso in se stesso, con Dio, con la società a ritrovare l’unità, collaborare all’opera di Cristo Redentore venuto nel mondo per riportare il creato alla sua vocazione d’origine nell’unità della Trinità.

Vuole coinvolgere uno stuolo di persone di ogni condizione che, ponendo Cristo al centro della loro vita, collaborino alla missione di redenzione e di riconciliazione.

Desidera che nell’universo intero il memoriale della morte e resurrezione del Signore sia costantemente commemorato. Aspira a fare in modo che il mondo intero diventi eucaristia!

In un primo tempo si sente spinta a fondare una famiglia religiosa totalmente dedita all’adorazione riparatrice ed al culto liturgico, ma, alla richiesta del Papa di dedicarsi alle opere di misericordia nel mondo, ella incarna la sua missione nel duplice aspetto di: • contemplazione attraverso l’adorazione e il culto liturgico; • dedizione verso tutti coloro che, secondo i tempi e i luoghi, hanno bisogno di essere riconciliati in loro stessi, con Dio, con i fratelli.

In lei si compie un doppio movimento: • tutto riceve dall’Eucaristia e tutto dà in gesti concreti d’amore; • poi di nuovo nell’Eucaristia offre, insieme a Cristo, l’umanità intera perché, nella forza dello Spirito, sia restaurata nell’unità della Trinità.

Sempre fedele al progetto di Dio, ella esplicita chiaramente le opere che ritiene prioritarie e l’ideale che dovranno vivere coloro che la seguiranno: infanzia abbandonata, case di preghiera, case di accoglienza…

Le scelte apostoliche di Victorine erano a quel tempo vere sfide profetiche e con coerenza di vita lotta fino alla fine per poter realizzare il suo ideale. Vuole viverlo in verità e chiede di fare lo stesso a tutti quelli che, sulle sue orme, sceglieranno di cooperare nel mondo all’opera di Cristo Redentore. È aperta ad ogni situazione di sofferenza che deturpa il volto di Cristo presente nei fratelli.

Il suo messaggio continua dunque ad essere molto attuale e ci interpella con forza a vivere, sul suo esempio, questa triplice fedeltà: • alla Parola • alla Chiesa • al mondo.

Partendo dalla sua esperienza carismatica potremo intra-prendere nuove strade verso la civiltà dell’amore perché, come ci ricorda Victorine: “Solo quando avremo il cuore saldamente ancorato in Dio potremo chinarci sull’abisso del male per aiutare gli altri ad uscirne”.

 

5. CONCLUSIONE

Dobbiamo avere e coltivare quotidianamente e costantemente una nostalgia della riconciliazione e della conversione, come afferma il Beato Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica “Riconciliazione e Penitenza”, al n. 3: “Eppure, lo stesso sguardo indagatore, se è sufficientemente acuto, coglie nel vivo della divisione un inconfondibile desiderio da parte degli uomini di buona volontà e dei veri cristiani di ricomporre le fratture, di rimarginare le lacerazioni, di instaurare, a tutti i livelli, un’essenziale unità. Tale desiderio comporta in molti una vera nostalgia di riconciliazione, pur se questa parola non è usata.  Per taluni si tratta quasi di un’utopia, che potrebbe diventare la leva ideale per un vero mutamento della società; per altri, invece, è oggetto di un’ardua conquista e, quindi, un traguardo da raggiungere con un serio impegno di riflessione e di azione. In ogni caso, l’aspirazione a una riconciliazione sincera e consistente è, senza ombra di dubbio, un motivo fondamentale della nostra società, quasi riflesso di un’incoercibile volontà di pace; lo è – anche se ciò è paradossale – tanto vigorosamente, quanto pericolosi sono gli stessi fattori di divisione.  Tuttavia, la riconciliazione non può essere meno profonda di quanto non sia la divisione. La nostalgia della riconciliazione e la riconciliazione stessa saranno piene ed efficaci nella misura in cui giungeranno – per guarirla – a quella lacerazione primigenia, che è radice di tutte le altre ed è il peccato”.

Da parte sua Il cardinale Carlo Maria Martini, recentemente scomparso, scrive: “Questa esperienza di pace e riconciliazione interiore la facciamo soprattutto quando diamo a Dio tempi gratuiti di preghiera, di silenzio, di ascolto della Parola; quando siamo fedeli alla preghiera quotidiana, senza fretta, con calma, con amore; quando dedichiamo a Dio con gioia il tempo della Messa domenicale (e arriviamo a viverla avendola preparata durante la settimana); quando lasciamo che dalle nostre labbra scaturisca la lode al Padre, il ringraziamento per le cose belle e buone che ci dà, per le persone che incontriamo e anche per gli eventi sofferti di cui non capiamo subito il senso”.

Nocelleto di Carinola (Ce). Settimana eucaristica predicata da P.Rungi

DSC06003.JPGSarà padre Antonio Rungi, missionario passionista, da lunedì 18 a sabato 23 febbraio 2013 a predicare la settimana eucaristica nella chiesa parrocchiale di San Sisto, in Nocelleto di Carinola (Ce), parrocchia guidata da don Osvaldo Morelli. Padre Rungi detterà la meditazione durante la messa serotina delle ore 18.00 nella chiesa parrocchiale. La tradizione di dedicare durante la Quaresima una settimana al culto eucaristico fuori della messa, che vanno sotto il nome di Qurantore, parte da lontano e soprattutto nelle parrocchie del Sud si è consolidata con particolare solennità esteriore. Quest’anno poi la settimana assume uno speciale significato sia per l’anno della fede e sia per la notizia della rinuncia del Santo Padre, Benedetto XVI, al ministero petrino. Sarà una settimana di preghiera intensissima sia per riportare al centro della vita di ogni cristiano la santa messa e il sacramento dell’eucaristia e soprattutto per riflettere sul dono della fede, che deve essere a cuore per tutti noi credenti. Certamente in questi giorni pregheremo in modo speciale per il Santo Padre, Benedetto XVI, che come lui stesso ha annunciato, lascerà il ministero petrino il giorno 28 febbraio e parimenti davanti al santissimo sacramento pregheremo per il nuovo Papa. L’eucaristia o comunione è il sacramento dell’unità, della pace, della serenità. Possa il Signore donare serenità, pace e comunione a tutta la chiesa cattolica in questo momento storico di grande sofferenza, ma anche di grande attesa per quello che lo Spirito Santo opererà nella comunità ei credenti e specialmente nella gerarchia ecclesiastica con l’uscita di scena di Papa Benedetto XVI e l’arrivo del nuovo Pontefice al quale presteremo, come a tutti i Papi, filiale obbedienza e ci porremmo in ascolto del suo magistero e del suo insegnamento. In questi giorni eucaristici noi faremo sentire la nostra preghiera quasi fisicamente a Papa Benedetto, al quale va tutto il nostro infinito grazie per il servizio che ha svolto nella Chiesa come pastore universale e maestro di vita e di spiritualità.

Domani 14 febbraio importante convegno alla Lateranense

Cruz_Cipriani Giovanni_Mapa do Brasil_a_2003.JPG“La fede nasce dall’ascolto della Croce”, è questo il tema del Seminario di studi promosso dalla Cattedra Gloria Crucis, presente nell’Università Teologia Lateranense in Roma e che si svolgerà il giorno 14 febbraio 2013, giovedì, alla Lateranense.
Il seminario sarà anche l’occasione per riflettere sulla rinuncia del Santo Padre, Benedetto XVI, al ministero petrino, per motivi di salute e per il bene della Chiesa. La Lateranense che è l’Università del Papa è il luogo ideale per approfondire questo tema, da un punto di vista teologico, ecclesiologico e canonico. I passionisti, infatti, sono impegnati da anni nella Lateranense, per  portare avanti un progetto di particolare attenzione sul mistero del Cristo Crocifisso e sulla Memoria Passionis, secondo il carisma del loro fondatore, San Paolo della Croce. Il Verbum Crucis è infatti centrale nella loro spiritualità, ma anche nel loro impegno di evangelizzazione. Da qui la concentrazione in questo seminario di studi sul tema della fede, che nasce dalla parola della Croce. Nell’anno della fede, non poteva mancare questa accentuazione del mistero della redenzione del genere umano, partendo dal Crocifisso e dalla Passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, cuore di tutta la fede cristiana. Dopo la celebrazione del capitolo generale, nel settembre-ottobre scorso, anche i passionisti italiani stanno in fase di nuova organizzazione e sistemazione giuridica, ma anche di stile di vita. Con la nuova configurazione intitolata al Vescovo Martire, il beato Eugenio Bossilkov, tutti passionisti delle sei ex-province italiane stanno portando avanti un progetto di nuova evangelizzazione, partendo proprio dalla fede nel Cristo Crocifisso e Risorto. Il seminario di studi si inquadra in questa ottica di formazione teologica, biblica, spirituale e pastorale permanente, dalla quale nessun religioso si deve sentire esentato, in quanto nell’aggiornamento sistematico, essi possono riscoprire il dono della vocazione della missione nella Chiesa e nel mondo contemporanei.  Tematica e programma del seminario: “La fede nasce dall’ascolto della Croce. “Abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi (1Gv 4,16)”.

SESSIONE MATTUTINA – Ore 9,00. Presentazione e Moderatore: Prof. Fernando Taccone, cp, Direttore della Cattedra Gloria Crucis. Saluto: S.E. Mons. Enrico DAL COVOLO, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense. Relazione: Credere di fronte al Verbum crucis del Prof. Romano Mons. Penna, biblista emerito della Pontificia Università Lateranense. Dialogo.11, 30 Intervallo. 12.00  Comunicazione: Fede e Croce nell’insegnamento del Concilio Vaticano II, Prof. Renzo Mons. Gerardi, Facoltà di Teologia, PUL. Dialogo.Ore 13.00, Pausa pranzo.

SESSIONE VESPERTINA – Ore 15,00. Relazione: La fede di Maria “una spada ti trafiggerà l’anima” (Lc 2,35), a cura del Prof. Aristide Serra, osm, Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”. Dialogo. 16,30 Intervallo. 16,45 Tavola Rotonda: I mass-media sulla fede, di fronte alla sofferenza e alla morte, interverranno: Dott. Ciro BENEDETTINI  passionista, Vice Direttore della Sala Stampa Vaticana; Dott. Luigi
Accattoli, vaticanista, Dott. Aldo Maria VALLI, vaticanista. 18.00 Conclusione dei lavori.

P.Antonio Rungi cp

Le dimissioni annunciate di Papa Benedetto XVI

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Le dimissioni del Papa, Benedetto XVI

 

di P.Antonio Rungi cp

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La notizia delle dimissioni del Santo Padre, Benedetto XVI, un filmine a ciel sereno, ha lasciato interdetto  e presi alla sprovvista tutti, anche se più di qualche volta il Papa aveva fatto intendere di questa possibilità, qualora ci fossero state le condizioni per rassegnare le dimissioni. E ciò è avvenuto oggi 11 febbraio 2013 quando il Papa parlando ai cardinali nel concistoro tenuto per la canonizzazione di altri tre santi, ha detto senza mezzi termini la sua opinione ed ha indicato anche le modalità e il tempo in cui la sede di Pietro sarà vagante, ovvero dalle ore 20.00 del prossimo 28 febbraio 2013. Personalmente sono molto rattristato per questa notizia, anche perché non siamo stati abituati all’idea delle dimissioni di Papa, dopo l’esperienza drammatica e di sofferenza di Papa Giovanni Paolo II, che portò a termine il suo mandato, nonostante una gravissima malattia che lo rese praticamente inabile per diversi mesi, se non anni. Oggi è Beato Giovanni Paolo II anche perché ha portato a termine il suo mandato. Per Papa Benedetto XVI tutto il massimo rispetto e la comprensione ed il suo gesto è sicuramente tra quelli profetici e che passano nella storia come indicatori di marcia soprattutto su alcuni temi. Il primo è che il Papa, in base dal diritto canonico, può liberamente dimettersi in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione. Cosa che ha fatto, dopo circa 800 anni dall’ultima dimissione che si registra nella Chiesa di un Sommo Pontefice, che fu quella di Papa Celestino V, passato alla storia come il Papa del Gran Rifiuto per alcuni, mentre per altri il Papa coraggioso e profetico che seppe fare una scelta di coscienza e di responsabilità. Stessa cosa per Papa Benedetto XVI: una scelta di grande senso di responsabilità e di amore verso la Chiesa.

 

Ecco quello che ha detto nella sua dichiarazione questa mattina davanti al collegio cardinalizio:

 

Carissimi Fratelli,

 

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.

Dal Vaticano, 10 febbraio 2013

BENEDICTUS PP XVI

 

Commento

 

Il Papa ha rispettato in toto la prassi canonica prevista per questi casi eccezionali. Leggiamo infatti nel Codice di Diritto Canonico che è la legge della Chiesa Cattolica tutto ciò che attiene alla persona e all’ufficio del Papa.

 

Il Diritto canonico

 

Articolo 1 – Il Romano Pontefice.

Can. 331 – Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.

 

Can. 332 – §1. Il Sommo Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l’eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell’accettazione. Che se l’eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo.

 

§2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

 

Can. 333 – §1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura.

 

§2. Il Romano Pontefice, nell’adempimento dell’ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio.

 

§3. Non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice.

 

Can. 334 – Nell’esercizio del suo ufficio il Romano Pontefice è assistito dai Vescovi, che possono cooperare con lui in diversi modi, uno dei quali è il sinodo dei Vescovi. Inoltre gli sono di aiuto i Padri Cardinali e altre persone, come pure diverse istituzioni, secondo le necessità dei tempi; tutte queste persone e istituzioni adempiono in suo nome e per sua autorità l’incarico loro affidato per il bene di tutte le Chiese, secondo le norme determinate dal diritto.

 

Can. 335 – Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze.

 

Considerazioni

Dopo queste considerazioni di carattere giuridico, non ci resta che pregare ed attendere l’elezione del nuovo Papa, che potrà avvenire entro la Pasqua del 2013.

A Papa Ratzinger diciamo semplicemente un infinito grazie per tutto quello che ha fatto, detto, realizzato, costruito, rettificato, ripreso, preannunciato, profetizzato in otto anni di servizio alla Chiesa nel massimo ufficio e grado della gerarchia ecclesiastica. Il suo gesto profetico vuol significare per noi cattolici del XXI secolo che anche il Papa, giunto ad un certo punto e non avendo più le forze, possa rassegnare liberamente le dimissioni. Un esempio quello di Papa Benedetto XVI che tanti dovrebbero seguire in tanti campi e non solo in quello ecclesiastico.

 

E per lui un bellissimo racconto in cui c’è la sintesi di quanto è successo oggi e succederà negli anni futuri. Nel nostro cuore resterà come il Papa teologo, pastorale, catechista, coraggioso, scrittore, musicista, sensibilissimo nonostante le apparenze e nonostante la sua origine tedesca. Un Papa “tedesco” che di tedesco aveva solo la nazionalità, mentre il suo pensiero e il suo cuore ha viaggiato e continuerà a viaggiare sulle grandi ali della libertà, ben sapendo che anche come Papa dimissionario, che vivrà nel monastero entro le mura vaticane, che fede e ragione sono due ali per incontrare il Signore: lui le ha utilizzate entrambi per giungere a questa decisione, che tutti rispettiamo e che faremo rispettare a chi mai ha nutrito rispetto e amore verso Papa Benedetto XVI, un uomo di Dio e un uomo della provvidenza e della luce sulla chiesa e sul mondo contemporaneo.

 

Il vecchio saggio della città.

 

di P.Antonio Rungi

 

C’era un anziano signore, che abitava verso la collina più alta dove era situata la città, chiamata dai sette colli. Era considerato il saggio  del villaggio.

Dalla mattina alla sera, vegliava e pregava, nella speranza che tutto si svolgesse regolarmente e serenamente nel contado. Spesso le cose andavano nel verso giusto, ma tante altre volte le cose non andava per niente bene.

Ogni giorno si domandava se fosse colpa sua, se le cose non andavano secondo un preciso concetto di efficienza che si era determinato tra coloro che governavano il paese.

Pensando e ripensando alle tante cose che non andavano un giorno chiese lumi al suo padre spirituale, al quale aprì tutto il suo cuore e tutta la sua sofferenza.

Il padre spirituale e confessore che conosceva bene la statura morale, umana, spirituale ed intellettuale del vecchio saggio, gli disse semplicemente: “Hai ragione, le cose non sono come prima ed ora tu non ce la fai più a portare il peso e la fatica di essere di guida agli altri. Pensaci bene, una via di salvezza e di uscita per te e per gli altri c’è sempre”.

Il vecchio saggio allora pensò per mesi ed anni cosa fare, se lasciare o meno il suo incarico di guida per ritirarsi nel deserto a pregare.

E dopo attenta riflessione arrivò alla decisione che era giunto il tempo di non più procrastinare la decisione. Dopo una notte vissuta in preghiera, a prima mattina, convocò tutti i suoi consiglieri più stretti e con grande semplicità, senza drammatizzare, mettendo a nudo la sua debolezza fisica, conseguente all’età avanzata, decise ufficialmente di lasciare il colle più alto della città e ritirarsi nella solitudine per continuare a pregare ed attendere con fede il momento del trapasso.

All’annuncio dell’imminente abbandono, tutti furono presi dal dolore e dalla nostalgia, ma qualcuno nel profondo del suo cuore incominciò a gioire, perché quel vecchio saggio era la sua coscienza critica e il suo continuo richiamo ai valori più alti della vita umana.

Altri per la verità confidavano che fosse arrivato il tempo per salire anch’essi sull’alto colle, dove si vedeva la città e si dominava il panorama, ben contenti della decisione di quell’uomo saggio.

Arrivò il tempo del saluto ultimo del vecchio saggio e chi era stato da lui guidato pianse amaramente, perché non avrebbe visto più il suo volto e non avrebbe più sentita la sua voce. Aveva solo la speranza che lui continuasse a pregare per la sua anima e per il bene della città.

Confidava pure che continuasse a far pervenire a quanti avevano stima di lui un messaggio cifrato in pillole di amore, sapienza ed intelligenza, saggezza e bontà come era stata l’intera sua vita, ormai verso fine.

Quel saggio, contrariamente alle aspettative dei detrattori, visse ancora molti anni. E ritirandosi tra le mura di un monastero, non faceva altro che pregare e continuare a scrivere.

Con lui, però, aveva portato “due grandi e semplici amori della sua vita”: il pianoforte del papà e il gattino che un giorno aveva incontrato per strada e gli aveva fatto compagnia quando era un semplice mortale e viveva a valle.

Nei momenti di profonda solitudine e di amarezza per quanto non era riuscito a fare quando era nelle piene sue facoltà fisiche, si dava alla musica e dalle mani non più leste e leggere di una volta continuavano ad uscire brani musicali che chi li ascoltava toccava il cielo con le mani.

Quando era triste per le tante incomprensioni avute con i più vicini e stretti collaboratori, si abbracciava teneramente il gattino, quasi a sfiorare con la tenerezza del cuore e l’affetto di un padre ogni persona che aveva incontrato nel suo lungo itinerario di saggio.

Un giorno quel saggio morì e lasciò scritto nel suo breve testamento queste semplici e sante parole: “Sono stato un umile servo nella vigna del Signore ed ora il buon Dio voglia premiare i miei sforzi di essergli stato fedele fino alla fine”.

Quel saggio fu seppellito tra le persone semplici di un cimitero nascosto, dove solo pochi lo andavano a trovare per pregarlo e dirgli semplicemente grazie.

Nel frattempo sull’alto colle salì un altro saggio che non era tra i candidati e pronosticati a svolgere il ruolo del sapiente del villaggio.

La gioia dei cittadini di avere un nuovo uomo saggio alla guida del villaggio ben presto si trasformò in critica, rimpiangendo il saggio di prima, che tanto bene aveva lasciato nella mente e nel cuore della gente.

Per il nuovo saggio del villaggio ci vollero degli anni per poter entrare nel cuore dei cittadini e farsi amare meglio e più dei suoi predecessori, perché anche lui aveva messo in conto una cosa importante valida per chi sale i colli e vive in alta montagna e per chi vive nella valle delle lagrime: “che nulla è eterno e definitivo su questa terra, perché tutto passa, ma solo Dio resta”.

 

Questa era la mia preghiera scritta per Papa Benedetto, esattamente un anno fa.

  

Preghiera per papa Benedetto XVI – Padre Antonio Rungi, passionista

 

Signore, che doni una lunga vita
a quanti sono forti nel corpo e nello spirito
ti ringraziamo per gli 85 anni di vita
del Romano Pontefice, Papa Benedetto XVI.
Dona al pastore universale della chiesa,
per moltissimi anni ancora,
una lunga e salutare vita,
per il bene dell’intera umanità.
Nel costante servizio alla verità, alla vita,
alla giustizia e alla pace universale,
fa’ che ogni sua parola, proclamata nel Tuo nome,
possa raggiungere il cuore di quanti credono,
e di quanti non credono,
di quanti sono artefici delle sorti delle nazioni
e di quanti sono operatori di violenza di ogni genere.
Non permettere, Signore della vita e della storia,
che il successore di Pietro,
in questo inizio del nuovo millennio,
soffra a causa della poca fede nella chiesa e nel mondo,
della scarsa carità non vissuta dai piccoli e dai grandi,
dall’assenza della speranza che più non alberga
nel cuore del genere umano.
In questa tappa importantissima
della sua avventura terrena ed umana,
dona a Papa Benedetto, la serenità, la pace,
il sorriso e la gioia di vivere di uomo di Dio,
quale pastore universale del popolo eletto,
sparso su tutta la terra e in cammino verso i pascoli eterni.
Conservalo sempre di più nelle energie fisiche,
umane e spirituali, perché possa continuare
il suo alto magistero in mezzo all’umanità,
segnata da tanti dubbi, incertezze e smarrimenti,
perché la sua parola, pronunciata nel Tuo nome, Dio di verità,
ne possa illuminare la strada e indicarne la direzione finale.
Dona, o Signore, a Papa Benedetto,
la tua santa benedizione dal cielo,
e, per intercessione della Vergine benedetta,
concedi a lui il sollievo da tante sofferenze
causate dai membri della chiesa,
e di quanti avversano la barca di Pietro.
Possa il suo cuore e la sua mente
di sapiente ed oculato Pontefice,
godere di una lunga e serena vita,
come semplice e umile lavoratore nella Vigna del Signore.
Amen.


(Padre Antonio Rungi, passionista)