giornata mondiale

Mondragone (Ce). Seminario di studi su Victorine Le Dieu

DSC07165.JPG150120132147.jpgDSC07159.JPG150120132139.jpgSi svolgerà giovedì 16 maggio 2013, per l’intera giornata, un seminario di studi sulla figura e l’opera della serva di Dio Victorine Le Dieu, Fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, che a Mondragone hanno una rinomata ed affermata struttura finalizzata all’accoglienza e all’ospitalità. E, infatti, presso la Stella Maris di Mondragone a pochi metri dal mare che giovedì prossimo si svolgerà questo importante convegno nell’anno della fede, voluto espressamente dalle suore della comunità e dall’assistente spirituale, padre Antonio Rungi, che sarà il moderatore del seminario di Studi. Importanti personalità del mondo ecclesiastico nazionale e locale prenderanno parte al seminario di studi. L’aspetto storico del tempo in cui visse ed operò Victorine Le Dieu verrà trattato, nella mattinata del 16 maggio 2013, dal passionista, Giuseppe Comparelli, uno studioso ed esperto dell’Ottocento. L’aspetto teologico e carismatico della figura della Serva di Dio Victorine Le Dieu verrà trattato, nella mattinata di giovedì prossimo, dall’arcivescovo di Potenza, mons. Agostino Superbo, già assistente nazionale dell’Azione Cattolica e Vice-presidente per l’Italia Meridionale della Conferenza Episcopale Italiana (Cei). La presenza delle suore a Mondragone, le loro attività svolte e che continuano a svolgere veranno presentate da due comunicazioni nel pomeriggio, curate rispettivamente dal frate francescano, padre Berardo Buonanno, autore di numerose pubblicazioni di carattere storico e religioso su Mondragone e dal vicario foraneo, don Roberto Guttoriello. La giornata verrà aperta dal saluto del vicario episcopale per la vita consacrata della Diocesi di Sessa Aurunca, don Paolo Marotta e sarà conclusa con la celebrazione eucaristica, presieduta dal Vescovo di Sessa Aurunca, alle ore 19.00, nella Chiesa delle Suore della Stella Maris. Il seminario di studio è aperto a tutti, specialmente ai fedeli laici e a quanti vogliono sviluppare un approfondimento della loro fede sull’esempio della Serva di Dio, Victorine Le Dieu, avviata verso la beatificazione. Il seminario di studi promosso dalla comunità delle Suore di Gesù Redentore ha un significato particolare, in quanto l’Istituto fondato da Victorine Le Dieu celebra quest’anno i suoi 150 anni di riconoscimento dell’opera, approvata il 15 gennaio 1863 da Pio IX. L’Istituto che fina dalla sua nascita e nel corso degli anni si è incentrato soprattutto nel curare le ferite del corpo e dello spirito, specialmente dei bambini e dei sofferenti, oggi è presente in varie parti d’Italia e del mondo, continuando con rinnovato vigore l’opera della fondatrice. Al seminario di studio è attesa anche la nuova madre generale delle Suore di Gesù Redentore, Marilena Russo, con i vertici della Congregazione, che ha la sua sede generale a Fonte Nuova in Roma. Lì sono conservati le spoglie mortali di Victorine Le Dieu, considerata da tutti nella chiesa del suo tempo e del nostro tempo una donna straordinaria oer generosità e sacrifio per servire la causa degli ultimi e dei sofferenti nella Francia post-rivoluzionaria e nell’Europa del periodo napoleonico e post-napoleonico. Dalla Francia all’Italia il suo cammino di carità, di fede e speranza mai si interruppe, forte come era della grazia e della potenza che le venivano da Cristo, unico Redentore del mondo, sotto la cui protezione aveva messo la sua opera e la sua missione nella Chiesa.

Il Seminario di studi parlerà di questa singolare donna francese in un anno speciale come quello della fede che la cristianità sta vivendo a cavallo di due pontificati: quello del Papa emerito, Benedetto XVI, che ha indetto questo anno in occasione dei 50 anni dell’inizio del Concilio Vaticano II e continuato con particolare fervore da nuovo pontefice, Papa Francesco, che ha ripreso le catechesi sull’anno della fede in occasione delle udienze generali del mercoledì, sempre più affollate da credenti e non in una Piazza san Pietro che incomincia ad essere stretta e limitata per accogliere tutti i pellegrini che giungono a Roma per vedere il Papa e celebrare l’anno della fede, nella sede di Pietro.

ITRI (LT). LA CELEBRAZIONE DELLA SETTIMANA SANTA DAI PASSIONISTI

SETTIMANASANTA2013.jpgPADRI PASSIONISTI

 CONVENTO DI ITRI-CITTA’ (LT)

 

FUNZIONI RELIGIOSE

DELLA SETTIMANA SANTA

ANNO 2013

 

DOMENICA DELLE PALME – 24 MARZO 2013

ORE 8.00: NEL PIAZZALE BENEDIZIONE DELLE PALME

PROCESSIONE E SANTA MESSA CON LETTURA DEL PASSIO

ORE 17.00: MESSA DELLA DOMENICA DELLE PALME

 

LUNEDI’ SANTO – 25 MARZO 2013

ORE 7,00 ROSARIO- ORE 7,30 MESSA FERIALE

 

MARTEDI’ SANTO  – 26 MARZO 2013

ORE 7,00 ROSARIO- ORE 7,30 MESSA FERIALE

 

MERCOLEDI’ SANTO – 27 MARZO 2013

ORE 7,00 ROSARIO- ORE 7,30 MESSA FERIALE

ORE 18,30: MESSA CRISMALE A GAETA CON IL VESCOVO

 

GIOVEDI’ SANTO – 28 MARZO 2013

ORE 9,00-12,00: CONFESSIONI

ORE 18.00: MESSA IN COENA DOMINI

ORE 20,00-24.00: ADORAZIONE EUCARISTICA

 

VENERDI’ SANTO – 29 MARZO 2013

ORE 9,00- 12,00: CONFESSIONI

ORE 17,00: COMMEMORAZIONE DELLA PASSIONE DI GESU’

 

SABATO SANTO – 30 MARZO 2013

ORE 9,00-12,00; 16,00-19,00: CONFESSIONI

ORE 20,00: VEGLIA PASQUALE

CELEBRAZIONE EUCARISTICA DELLA RISURREZIONE

 

DOMENICA DI PASQUA – 31 MARZO 2013

ORE 8.00: MESSA SOLENNE DI PASQUA

ORE 18.00: MESSA DI PASQUA

 

LUNEDI’ IN ALBIS – 1 APRILE 2013

ORE 7,00: SANTO ROSARIO- ORE 7,30: MESSA DELL’ANGELO

 

Le dimissioni annunciate di Papa Benedetto XVI

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Le dimissioni del Papa, Benedetto XVI

 

di P.Antonio Rungi cp

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La notizia delle dimissioni del Santo Padre, Benedetto XVI, un filmine a ciel sereno, ha lasciato interdetto  e presi alla sprovvista tutti, anche se più di qualche volta il Papa aveva fatto intendere di questa possibilità, qualora ci fossero state le condizioni per rassegnare le dimissioni. E ciò è avvenuto oggi 11 febbraio 2013 quando il Papa parlando ai cardinali nel concistoro tenuto per la canonizzazione di altri tre santi, ha detto senza mezzi termini la sua opinione ed ha indicato anche le modalità e il tempo in cui la sede di Pietro sarà vagante, ovvero dalle ore 20.00 del prossimo 28 febbraio 2013. Personalmente sono molto rattristato per questa notizia, anche perché non siamo stati abituati all’idea delle dimissioni di Papa, dopo l’esperienza drammatica e di sofferenza di Papa Giovanni Paolo II, che portò a termine il suo mandato, nonostante una gravissima malattia che lo rese praticamente inabile per diversi mesi, se non anni. Oggi è Beato Giovanni Paolo II anche perché ha portato a termine il suo mandato. Per Papa Benedetto XVI tutto il massimo rispetto e la comprensione ed il suo gesto è sicuramente tra quelli profetici e che passano nella storia come indicatori di marcia soprattutto su alcuni temi. Il primo è che il Papa, in base dal diritto canonico, può liberamente dimettersi in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione. Cosa che ha fatto, dopo circa 800 anni dall’ultima dimissione che si registra nella Chiesa di un Sommo Pontefice, che fu quella di Papa Celestino V, passato alla storia come il Papa del Gran Rifiuto per alcuni, mentre per altri il Papa coraggioso e profetico che seppe fare una scelta di coscienza e di responsabilità. Stessa cosa per Papa Benedetto XVI: una scelta di grande senso di responsabilità e di amore verso la Chiesa.

 

Ecco quello che ha detto nella sua dichiarazione questa mattina davanti al collegio cardinalizio:

 

Carissimi Fratelli,

 

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.

Dal Vaticano, 10 febbraio 2013

BENEDICTUS PP XVI

 

Commento

 

Il Papa ha rispettato in toto la prassi canonica prevista per questi casi eccezionali. Leggiamo infatti nel Codice di Diritto Canonico che è la legge della Chiesa Cattolica tutto ciò che attiene alla persona e all’ufficio del Papa.

 

Il Diritto canonico

 

Articolo 1 – Il Romano Pontefice.

Can. 331 – Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.

 

Can. 332 – §1. Il Sommo Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l’eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell’accettazione. Che se l’eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo.

 

§2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

 

Can. 333 – §1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura.

 

§2. Il Romano Pontefice, nell’adempimento dell’ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio.

 

§3. Non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice.

 

Can. 334 – Nell’esercizio del suo ufficio il Romano Pontefice è assistito dai Vescovi, che possono cooperare con lui in diversi modi, uno dei quali è il sinodo dei Vescovi. Inoltre gli sono di aiuto i Padri Cardinali e altre persone, come pure diverse istituzioni, secondo le necessità dei tempi; tutte queste persone e istituzioni adempiono in suo nome e per sua autorità l’incarico loro affidato per il bene di tutte le Chiese, secondo le norme determinate dal diritto.

 

Can. 335 – Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze.

 

Considerazioni

Dopo queste considerazioni di carattere giuridico, non ci resta che pregare ed attendere l’elezione del nuovo Papa, che potrà avvenire entro la Pasqua del 2013.

A Papa Ratzinger diciamo semplicemente un infinito grazie per tutto quello che ha fatto, detto, realizzato, costruito, rettificato, ripreso, preannunciato, profetizzato in otto anni di servizio alla Chiesa nel massimo ufficio e grado della gerarchia ecclesiastica. Il suo gesto profetico vuol significare per noi cattolici del XXI secolo che anche il Papa, giunto ad un certo punto e non avendo più le forze, possa rassegnare liberamente le dimissioni. Un esempio quello di Papa Benedetto XVI che tanti dovrebbero seguire in tanti campi e non solo in quello ecclesiastico.

 

E per lui un bellissimo racconto in cui c’è la sintesi di quanto è successo oggi e succederà negli anni futuri. Nel nostro cuore resterà come il Papa teologo, pastorale, catechista, coraggioso, scrittore, musicista, sensibilissimo nonostante le apparenze e nonostante la sua origine tedesca. Un Papa “tedesco” che di tedesco aveva solo la nazionalità, mentre il suo pensiero e il suo cuore ha viaggiato e continuerà a viaggiare sulle grandi ali della libertà, ben sapendo che anche come Papa dimissionario, che vivrà nel monastero entro le mura vaticane, che fede e ragione sono due ali per incontrare il Signore: lui le ha utilizzate entrambi per giungere a questa decisione, che tutti rispettiamo e che faremo rispettare a chi mai ha nutrito rispetto e amore verso Papa Benedetto XVI, un uomo di Dio e un uomo della provvidenza e della luce sulla chiesa e sul mondo contemporaneo.

 

Il vecchio saggio della città.

 

di P.Antonio Rungi

 

C’era un anziano signore, che abitava verso la collina più alta dove era situata la città, chiamata dai sette colli. Era considerato il saggio  del villaggio.

Dalla mattina alla sera, vegliava e pregava, nella speranza che tutto si svolgesse regolarmente e serenamente nel contado. Spesso le cose andavano nel verso giusto, ma tante altre volte le cose non andava per niente bene.

Ogni giorno si domandava se fosse colpa sua, se le cose non andavano secondo un preciso concetto di efficienza che si era determinato tra coloro che governavano il paese.

Pensando e ripensando alle tante cose che non andavano un giorno chiese lumi al suo padre spirituale, al quale aprì tutto il suo cuore e tutta la sua sofferenza.

Il padre spirituale e confessore che conosceva bene la statura morale, umana, spirituale ed intellettuale del vecchio saggio, gli disse semplicemente: “Hai ragione, le cose non sono come prima ed ora tu non ce la fai più a portare il peso e la fatica di essere di guida agli altri. Pensaci bene, una via di salvezza e di uscita per te e per gli altri c’è sempre”.

Il vecchio saggio allora pensò per mesi ed anni cosa fare, se lasciare o meno il suo incarico di guida per ritirarsi nel deserto a pregare.

E dopo attenta riflessione arrivò alla decisione che era giunto il tempo di non più procrastinare la decisione. Dopo una notte vissuta in preghiera, a prima mattina, convocò tutti i suoi consiglieri più stretti e con grande semplicità, senza drammatizzare, mettendo a nudo la sua debolezza fisica, conseguente all’età avanzata, decise ufficialmente di lasciare il colle più alto della città e ritirarsi nella solitudine per continuare a pregare ed attendere con fede il momento del trapasso.

All’annuncio dell’imminente abbandono, tutti furono presi dal dolore e dalla nostalgia, ma qualcuno nel profondo del suo cuore incominciò a gioire, perché quel vecchio saggio era la sua coscienza critica e il suo continuo richiamo ai valori più alti della vita umana.

Altri per la verità confidavano che fosse arrivato il tempo per salire anch’essi sull’alto colle, dove si vedeva la città e si dominava il panorama, ben contenti della decisione di quell’uomo saggio.

Arrivò il tempo del saluto ultimo del vecchio saggio e chi era stato da lui guidato pianse amaramente, perché non avrebbe visto più il suo volto e non avrebbe più sentita la sua voce. Aveva solo la speranza che lui continuasse a pregare per la sua anima e per il bene della città.

Confidava pure che continuasse a far pervenire a quanti avevano stima di lui un messaggio cifrato in pillole di amore, sapienza ed intelligenza, saggezza e bontà come era stata l’intera sua vita, ormai verso fine.

Quel saggio, contrariamente alle aspettative dei detrattori, visse ancora molti anni. E ritirandosi tra le mura di un monastero, non faceva altro che pregare e continuare a scrivere.

Con lui, però, aveva portato “due grandi e semplici amori della sua vita”: il pianoforte del papà e il gattino che un giorno aveva incontrato per strada e gli aveva fatto compagnia quando era un semplice mortale e viveva a valle.

Nei momenti di profonda solitudine e di amarezza per quanto non era riuscito a fare quando era nelle piene sue facoltà fisiche, si dava alla musica e dalle mani non più leste e leggere di una volta continuavano ad uscire brani musicali che chi li ascoltava toccava il cielo con le mani.

Quando era triste per le tante incomprensioni avute con i più vicini e stretti collaboratori, si abbracciava teneramente il gattino, quasi a sfiorare con la tenerezza del cuore e l’affetto di un padre ogni persona che aveva incontrato nel suo lungo itinerario di saggio.

Un giorno quel saggio morì e lasciò scritto nel suo breve testamento queste semplici e sante parole: “Sono stato un umile servo nella vigna del Signore ed ora il buon Dio voglia premiare i miei sforzi di essergli stato fedele fino alla fine”.

Quel saggio fu seppellito tra le persone semplici di un cimitero nascosto, dove solo pochi lo andavano a trovare per pregarlo e dirgli semplicemente grazie.

Nel frattempo sull’alto colle salì un altro saggio che non era tra i candidati e pronosticati a svolgere il ruolo del sapiente del villaggio.

La gioia dei cittadini di avere un nuovo uomo saggio alla guida del villaggio ben presto si trasformò in critica, rimpiangendo il saggio di prima, che tanto bene aveva lasciato nella mente e nel cuore della gente.

Per il nuovo saggio del villaggio ci vollero degli anni per poter entrare nel cuore dei cittadini e farsi amare meglio e più dei suoi predecessori, perché anche lui aveva messo in conto una cosa importante valida per chi sale i colli e vive in alta montagna e per chi vive nella valle delle lagrime: “che nulla è eterno e definitivo su questa terra, perché tutto passa, ma solo Dio resta”.

 

Questa era la mia preghiera scritta per Papa Benedetto, esattamente un anno fa.

  

Preghiera per papa Benedetto XVI – Padre Antonio Rungi, passionista

 

Signore, che doni una lunga vita
a quanti sono forti nel corpo e nello spirito
ti ringraziamo per gli 85 anni di vita
del Romano Pontefice, Papa Benedetto XVI.
Dona al pastore universale della chiesa,
per moltissimi anni ancora,
una lunga e salutare vita,
per il bene dell’intera umanità.
Nel costante servizio alla verità, alla vita,
alla giustizia e alla pace universale,
fa’ che ogni sua parola, proclamata nel Tuo nome,
possa raggiungere il cuore di quanti credono,
e di quanti non credono,
di quanti sono artefici delle sorti delle nazioni
e di quanti sono operatori di violenza di ogni genere.
Non permettere, Signore della vita e della storia,
che il successore di Pietro,
in questo inizio del nuovo millennio,
soffra a causa della poca fede nella chiesa e nel mondo,
della scarsa carità non vissuta dai piccoli e dai grandi,
dall’assenza della speranza che più non alberga
nel cuore del genere umano.
In questa tappa importantissima
della sua avventura terrena ed umana,
dona a Papa Benedetto, la serenità, la pace,
il sorriso e la gioia di vivere di uomo di Dio,
quale pastore universale del popolo eletto,
sparso su tutta la terra e in cammino verso i pascoli eterni.
Conservalo sempre di più nelle energie fisiche,
umane e spirituali, perché possa continuare
il suo alto magistero in mezzo all’umanità,
segnata da tanti dubbi, incertezze e smarrimenti,
perché la sua parola, pronunciata nel Tuo nome, Dio di verità,
ne possa illuminare la strada e indicarne la direzione finale.
Dona, o Signore, a Papa Benedetto,
la tua santa benedizione dal cielo,
e, per intercessione della Vergine benedetta,
concedi a lui il sollievo da tante sofferenze
causate dai membri della chiesa,
e di quanti avversano la barca di Pietro.
Possa il suo cuore e la sua mente
di sapiente ed oculato Pontefice,
godere di una lunga e serena vita,
come semplice e umile lavoratore nella Vigna del Signore.
Amen.


(Padre Antonio Rungi, passionista)

 

 

 

Pagani (Sa). Festa delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue

tommasomariafusco.jpgCon un solenne triduo di preparazione spirituale, predicato da padre Antonio Rungi, passionista, che si tiene dal 3 al 5 gennaio 2013 nella casa madre di Pagani (Sa), in Via San Francesco, dove riposano le spoglie mortali del Beato, le Suore della Carità del Preziosissimo Sangue, ricordano il loro Fondatore, Tommaso Maria Fusco, prossimo alla canonizzazione, in  questo anno della fede. Era, infatti il 6 gennaio del 1873, solennità dell’Epifania, 140 anni fa, quando profondamente colpito dalla disgrazia di un’orfana, vittima della strada, dopo attenta preparazione nella preghiera di discernimento, don Tommaso Maria fondò la Congregazione delle «Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue». L’Opera ebbe inizio nella Chiesa della Madonna del Carmine, in Pagani, alla presenza del Vescovo Raffaele Ammirante il quale, con la consegna dell’abito alle prime tre Suore, benedisse il primo Orfanotrofio per sette orfanelle povere del paese. Sulla nascente famiglia religiosa e sull’Orfanotrofio, dietro sua richiesta, non tardò a scendere anche la benedizione del Papa. Ora le Suore fondate dal Fusco sono presenti in varie parti d’Italia e all’estero, portando avanti l’opera iniziata dal fondatore, con particolare attenzione ai bambini e all’infanzia abbandonata o in difficoltà. La straordinaria figura di questo sacerdote diocesano, viene commemorata in questi giorni, con una specifica preparazione spirituale alla festa dell’Istituto che si ricorda il 6 gennaio. Le comunità religiose delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue di Pagani e delle altre località della regione Campania si ritroveranno in queste sere per la celebrazione dei vespri, della santa messa con riflessione e con altri momenti di incontri tra le suore e i fedeli laici, soprattutto giovani, che fanno riferimento ai cenacoli di preghiera istituiti a Pagani e negli altri Comuni del territorio. Particolarmente seguito è quello che si tiene presso l’antica abitazione del Beato, ora trasformata in casa religiosa, cenacolo di preghiera e di apostolato con i bambini, secondo il carisma dello stesso Tommaso Maria Fusco, di cui il Beato Giovanni Paolo II, disse, nel giorno della beatificazione, avvenuta in San Pietro, il 7 ottobre del 2001: “La singolare vitalità della fede, attestata dal Vangelo nel brano di Luca, emerge anche nella vita e nell’attività di don Tommaso Maria Fusco, fondatore dell’Istituto delle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue. In virtù della fede egli seppe vivere, nel mondo, la realtà del Regno di Dio in modo del tutto speciale. Tra le sue giaculatorie, una ve n’era a lui particolarmente cara: “Credo in te, mio Dio; aumenta la mia fede”. E’ proprio questa la domanda che gli Apostoli rivolgono a Gesù nel Vangelo (cfr Lc 17,6). Il beato Tommaso Maria aveva infatti capito che la fede è prima di tutto un dono, una grazia. Nessuno può conquistarla o guadagnarla da solo. Si può soltanto chiederla, implorarla dall’Alto. Perciò, illuminati dal prezioso insegnamento del nuovo Beato, non stanchiamoci mai di invocare il dono della fede, perché “il giusto vivrà per la sua fede” (Ab 1,4)” (Omelia di Giovanni Paolo II, Beatificazione di T.M. Fusco, 7 ottobre, 2001).Le Suore della carità del preziosissimo Sangue, forti dell’insegnamento del loro fondatore, avvertono in questo anno della fede la necessità di presentare lo spirito di fede, animato da una profonda carità e da una sicura speranza di Tommaso Maria Fusco, in questo tempo in cui, come chiesa, tutti i cristiano sono chiamati a rivitalizzare il dono e la grazia della fede, ricevuta nel Battesimo, come fu impegno fondamentale di Tommaso Maria Fusco da semplice battezzato, poi cresimato e soprattutto da pastore delle anime, come sacerdote zelante e mosso da un grande spirito di servizio e di amore verso Dio, la Chiesa e le anime affidate alla sua cura pastorale. Fin dall’inizio del ministero curò la formazione dei fanciulli, per i quali in casa sua, aprì una Scuola mattinale, e ripristinò la Cappella serotina, per i giovani e gli adulti presso la chiesa parrocchiale di San Felice e Corpo di Cristo con lo scopo di promuovere la loro formazione umana e cristiana. Essa fu un autentico luogo di conversioni e di preghiera, come lo era stata nell’esperienza di Sant’Alfonso, venerato e onorato a Pagani per il suo apostolato. Nel 1857 fu ammesso alla Congregazione dei Missionari Nocerini, sotto il titolo di San Vincenzo de’ Paoli, con la immissione in una itineranza missionaria estesa specialmente alle regioni dell’Italia meridionale. Nel 1860 fu nominato cappellano del Santuario della Madonna del Carmine, detta delle Galline, in Pagani, dove incrementò le associazioni cattoliche maschili e femminili, e vi eresse l’altare del Crocifisso e la Pia Unione per il culto al Preziosissimo Sangue. Don Tommaso Maria continuò a dedicarsi al ministero sacerdotale con predicazione di esercizi spirituali e di missioni popolari; e su questa itineranza apostolica nacquero le numerose fondazioni di case e orfanotrofi che segnarono la sua eroica carità, ancora più intensa specialmente nell’ultimo ventennio della sua vita (1870-1891). Agli impegni di Fondatore e Missionario Apostolico associò anche quelli di Parroco (1874-1887) presso la Chiesa Matrice di San Felice e Corpo di Cristo, in Pagani, di confessore straordinario delle monache di clausura in Pagani e Nocera, e, negli ultimi anni di vita, di padre spirituale della Congrega laicale nel Santuario della Madonna del Carmine. Ben presto don Tommaso Maria, divenuto oggetto d’invidia per il bene operato col suo ministero e per la vita di sacerdote esemplare, affronterà umiliazioni, persecuzioni fino all’infamante calunnia nel 1880, da un confratello nel sacerdozio. Ma egli sostenuto dal Signore, portò con amore quella croce che il suo Vescovo Ammirante, al momento della fondazione, gli aveva preconizzato: «Hai scelto il titolo del Preziosissimo Sangue? Ebbene, preparati a bere il calice amaro». Nei momenti della durissima prova sostenuta in silenzio, ripeteva: «L’operare e il patire per Dio sia sempre la vostra gloria e delle opere e patimenti che sostenete sia Dio la vostra consolazione in terra e la vostra mercede in cielo. La pazienza è come la salvaguardia e il sostegno di tutte le virtù». Consumato da una patologia epatica, don Tommaso Maria chiuse piamente la sua esistenza terrena il 24 febbraio 1891, pregando col vecchio Simeone:  «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». (Lc 2, 29-32).e di Gesù. Aveva appena 59 anni quando celebrò il suo transito per l’eternità. Era nato, infatti, 1 dicembre 1831 a Pagani, in diocesi di Nocera- Sarno, settimo di otto figli, del farmacista dott. Antonio, e della nobildonna Stella Giordano, genitori di integra condotta morale e religiosa che seppero formarlo alla pietà cristiana e alla carità verso i poveri. Fu battezzato lo stesso giorno della nascita nella Parrocchia di San Felice e Corpo di Cristo. Ben presto rimase orfano della madre, vittima dell’epidemia colerica nel 1837 e, pochi anni dopo, nel 1841, perdette anche il padre. D’allora si occupò della sua formazione don Giuseppe, lo zio paterno, il quale gli fu maestro negli studi primari. Fin dal 1839, anno della canonizzazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, il piccolo Tommaso aveva sognato la chiesa e l’altare e finalmente nel 1847 entrò nel Seminario diocesano di Nocera, dal quale nel 1849 uscirà consacrato sacerdote il fratello Raffaele. Il 1° aprile 1851 Tommaso Maria ricevette il Sacramento della Cresima e il 22 dicembre 1855, dopo la formazione seminaristica, fu ordinato sacerdote dal Vescovo Agnello Giuseppe D’Auria. In questi anni di esperienze dolorose, per la perdita di persone care alle quali si aggiungeva quella dello zio (1847) e del giovane fratello Raffaele (1852), si sviluppa in Tommaso Maria una devozione già cara a tutta la famiglia Fusco: quella al Cristo paziente e alla sua SS. Madre Addolorata, come viene ricordato dai biografi: «Era devotissimo del Crocifisso e tale rimase sempre».

 

Basta con i botti di Capodanno. Legge speciale per eliminare questa usanza.

fuochi-d-artificio.jpgauguri2013.jpgAnche il 2013 inizia con i morti e i feriti di Capodanno. E come sempre la Regione più colpita è la Campania. Perché non si proibiscono i fuochi artificiali sparati in questo modo? Sono tanti i bambini con ferite ed ustioni da fuoco. Una festa che si trasforma in tragedia. Immagino in quelle famiglie dove ci sono stati dei morti e dove il Capodanno invece di trascorrerlo serenamente in famiglia, si è dovuto correre in opsedale per ustioni e ferite varie. Ma cosa ci costa capire l’inutilità di questo modo di festeggiare Capodanno? Al di là di questo siamo comunque vicini con la preghiera alle famiglie toccate da questi gravi incidenti nella notte di San Silvestre” Adesso è doveroso fare attenzione -ha aggiuntorivolgendosi ai presenti- ai petardi inesplosi. I bambini sono curiosi per natura e come tali sono a maggior rischio di menomazioni per petardi non esplosi. E’ necessaria un’opera di bonifica delle zone dove sono stati sparati i fuochi, che per lo più sono spazi pubblici, strade, piazze ed altro. Ci auguriamo che in questa giornata i sindaci e le amministrazioni locali provvedano quanto prima a bonificare l’ambiente con persone esperte, quasi come se fossimo in guerra. Ed una considerazione finale: abbiamo parlato tanto di crisi economica e ancora oggi lo si fa. A vedere alla quantità di fuochi artificiali sparati anche quest’anno c’è poco da credere alle crisi di tante famiglie che lamentano la mancanza di cibo ed altro e poi spendono centinaia se non migliaia di euro per i fuochi artificiali che potevano e dovevano essere evitati, anche perché fanno solo danni. In alcune parti si è sparato ininterrottamente fino alle 2.00 della notte. Un modo assurdo di festeggiare il passaggio al nuovo anno, quando invece sarebbe più bello viverlo nella serenità. nella tranquillità, nell’allegria vera e senza pericoli, organizzando ed ottimizzando al meglio le feste in famiglia, in piazza o nei locali adatti per simili speciali feste. Speriamo che da queste continue lezioni che ci arrivano all’inizio di ogni anno impariamo a festeggiare nella vera e sana gioia il passaggio al nuovo anno, senza più morti e feriti che comunque pesano sulla coscienza di tutti, perché non si fa abbastanza per proibire l’uso dei petardi nella notte di san Silvestro, nonostante i tanti controlli e sequesti delle forze dell’ordine. Ci vuole una legge che proibisca tassativamente la vendita e l’acquisto dei botti a Capodanno come in altre circostanze e che questi ordigni di morte vengano usati solo dai fuochisti di professione. 

L’Udienza di Papa Benedetto XVI- Mercoledì 10 ottobre 2012

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BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 10 ottobre 2012

 

 

Cari fratelli e sorelle,

siamo alla vigilia del giorno in cui celebreremo i cinquant’anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e l’inizio dell’Anno della fede. Con questa Catechesi vorrei iniziare a riflettere – con qualche breve pensiero – sul grande evento di Chiesa che è stato il Concilio, evento di cui sono stato testimone diretto. Esso, per così dire, ci appare come un grande affresco, dipinto nella sua grande molteplicità e varietà di elementi, sotto la guida dello Spirito Santo. E come di fronte a un grande quadro, di quel momento di grazia continuiamo anche oggi a coglierne la straordinaria ricchezza, a riscoprirne particolari passaggi, frammenti, tasselli.

Il Beato Giovanni Paolo II, alle soglie del terzo millennio, scrisse: «Sento più che mai il dovere di additare il Concilio come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 57). Penso che questa immagine sia eloquente. I documenti del Concilio Vaticano II, a cui bisogna ritornare, liberandoli da una massa di pubblicazioni che spesso invece di farli conoscere li hanno nascosti, sono, anche per il nostro tempo, una bussola che permette alla nave della Chiesa di procedere in mare aperto, in mezzo a tempeste o ad onde calme e tranquille, per navigare sicura ed arrivare alla meta.

Io ricordo bene quel periodo: ero un giovane professore di teologia fondamentale all’Università di Bonn, e fu l’Arcivescovo di Colonia, il Cardinale Frings, per me un punto di riferimento umano e sacerdotale, che mi portò con sé a Roma come suo consulente teologo; poi fui anche nominato perito conciliare. Per me è stata un’esperienza unica: dopo tutto il fervore e l’entusiasmo della preparazione, ho potuto vedere una Chiesa viva – quasi tremila Padri conciliari da tutte le parti del mondo riuniti sotto la guida del Successore dell’Apostolo Pietro – che si mette alla scuola dello Spirito Santo, il vero motore del Concilio. Rare volte nella storia si è potuto, come allora, quasi «toccare» concretamente l’universalità della Chiesa in un momento della grande realizzazione della sua missione di portare il Vangelo in ogni tempo e fino ai confini della terra. In questi giorni, se rivedrete le immagini dell’apertura di questa grande Assise, attraverso la televisione o gli altri mezzi di comunicazione, potrete percepire anche voi la gioia, la speranza e l’incoraggiamento che ha dato a tutti noi il prendere parte a questo evento di luce, che si irradia fino ad oggi.

Nella storia della Chiesa, come penso sappiate, vari Concili hanno preceduto il Vaticano II. Di solito queste grandi Assemblee ecclesiali sono state convocate per definire elementi fondamentali della fede, soprattutto correggendo errori che la mettevano in pericolo. Pensiamo al Concilio di Nicea nel 325, per contrastare l’eresia ariana e ribadire con chiarezza la divinità di Gesù Figlio Unigenito di Dio Padre; o a quello di Efeso, del 431, che definì Maria come Madre di Dio; a quello di Calcedonia, del 451, che affermò l’unica persona di Cristo in due nature, la natura divina e quella umana. Per venire più vicino a noi, dobbiamo nominare il Concilio di Trento, nel XVI secolo, che ha chiarito punti essenziali della dottrina cattolica di fronte alla Riforma protestante; oppure il Vaticano I, che iniziò a riflettere su varie tematiche, ma ebbe il tempo di produrre solo due documenti, uno sulla conoscenza di Dio, la rivelazione, la fede e i rapporti con la ragione e l’altro sul primato del Papa e sull’infallibilità, perché fu interrotto per l’occupazione di Roma nel settembre del 1870.

Se guardiamo al Concilio Ecumenico Vaticano II, vediamo che in quel momento del cammino della Chiesa non c’erano particolari errori di fede da correggere o condannare, né vi erano specifiche questioni di dottrina o di disciplina da chiarire. Si può capire allora la sorpresa del piccolo gruppo di Cardinali presenti nella sala capitolare del monastero benedettino a San Paolo Fuori le Mura, quando, il 25 gennaio 1959, il Beato Giovanni XXIII annunciò il Sinodo diocesano per Roma e il Concilio per la Chiesa Universale. La prima questione che si pose nella preparazione di questo grande evento fu proprio come cominciarlo, quale compito preciso attribuirgli. Il Beato Giovanni XXIII, nel discorso di apertura, l’11 ottobre di cinquant’anni fa, diede un’indicazione generale: la fede doveva parlare in un modo «rinnovato», più incisivo – perché il mondo stava rapidamente cambiando – mantenendo però intatti i suoi contenuti perenni, senza cedimenti o compromessi. Il Papa desiderava che la Chiesa riflettesse sulla sua fede, sulle verità che la guidano. Ma da questa seria, approfondita riflessione sulla fede, doveva essere delineato in modo nuovo il rapporto tra la Chiesa e l’età moderna, tra il Cristianesimo e certi elementi essenziali del pensiero moderno, non per conformarsi ad esso, ma per presentare a questo nostro mondo, che tende ad allontanarsi da Dio, l’esigenza del Vangelo in tutta la sua grandezza e in tutta la sua purezza (cfr Discorso alla Curia Romana per gli auguri natalizi, 22 dicembre 2005). Lo indica molto bene il Servo di Dio Paolo VI nell’omelia alla fine dell’ultima sessione del Concilio – il 7 dicembre 1965 – con parole straordinariamente attuali, quando afferma che, per valutare bene questo evento: «deve essere visto nel tempo in cui si è verificato. Infatti – dice il Papa – è avvenuto in un tempo in cui, come tutti riconoscono, gli uomini sono intenti al regno della terra piuttosto che al regno dei cieli; un tempo, aggiungiamo, in cui la dimenticanza di Dio si fa abituale, quasi la suggerisse il progresso scientifico; un tempo in cui l’atto fondamentale della persona umana, resa più cosciente di sé e della propria libertà, tende a rivendicare la propria autonomia assoluta, affrancandosi da ogni legge trascendente; un tempo in cui il “laicismo” è ritenuto la conseguenza legittima del pensiero moderno e la norma più saggia per l’ordinamento temporale della società… In questo tempo si è celebrato il nostro Concilio a lode di Dio, nel nome di Cristo, ispiratore lo Spirito Santo». Così Paolo VI. E concludeva indicando nella questione di Dio il punto centrale del Concilio, quel Dio, che «esiste realmente, vive, è una persona, è provvido, è infinitamente buono; anzi, non solo buono in sé, ma buono immensamente altresì per noi, è nostro Creatore, nostra verità, nostra felicità, a tal punto che l’uomo, quando si sforza di fissare la mente ed il cuore in Dio nella contemplazione, compie l’atto più alto e più pieno del suo animo, l’atto che ancor oggi può e deve essere il culmine degli innumerevoli campi dell’attività umana, dal quale essi ricevono la loro dignità» (AAS 58 [1966], 52-53).

Noi vediamo come il tempo in cui viviamo continui ad essere segnato da una dimenticanza e sordità nei confronti di Dio. Penso, allora, che dobbiamo imparare la lezione più semplice e più fondamentale del Concilio e cioè che il Cristianesimo nella sua essenza consiste nella fede in Dio, che è Amore trinitario, e nell’incontro, personale e comunitario, con Cristo che orienta e guida la vita: tutto il resto ne consegue. La cosa importante oggi, proprio come era nel desiderio dei Padri conciliari, è che si veda – di nuovo, con chiarezza – che Dio è presente, ci riguarda, ci risponde. E che, invece, quando manca la fede in Dio, crolla ciò che è essenziale, perché l’uomo perde la sua dignità profonda e ciò che rende grande la sua umanità, contro ogni riduzionismo. Il Concilio ci ricorda che la Chiesa, in tutte le sue componenti, ha il compito, il mandato di trasmettere la parola dell’amore di Dio che salva, perché sia ascoltata e accolta quella chiamata divina che contiene in sé la nostra beatitudine eterna.

Guardando in questa luce alla ricchezza contenuta nei documenti del Vaticano II, vorrei solo nominare le quattro Costituzioni, quasi i quattro punti cardinali della bussola capace di orientarci. La Costituzione sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium ci indica come nella Chiesa all’inizio c’è l’adorazione, c’è Dio, c’è la centralità del mistero della presenza di Cristo. E la Chiesa, corpo di Cristo e popolo pellegrinante nel tempo, ha come compito fondamentale quello di glorificare Dio, come esprime la Costituzione dogmatica Lumen gentium. Il terzo documento che vorrei citare è la Costituzione sulla divina Rivelazione Dei Verbum: la Parola vivente di Dio convoca la Chiesa e la vivifica lungo tutto il suo cammino nella storia. E il modo in cui la Chiesa porta al mondo intero la luce che ha ricevuto da Dio perché sia glorificato, è il tema di fondo della Costituzione pastorale Gaudium et spes.

Il Concilio Vaticano II è per noi un forte appello a riscoprire ogni giorno la bellezza della nostra fede, a conoscerla in modo profondo per un più intenso rapporto con il Signore, a vivere fino in fondo la nostra vocazione cristiana. La Vergine Maria, Madre di Cristo e di tutta la Chiesa, ci aiuti a realizzare e a portare a compimento quanto i Padri conciliari, animati dallo Spirito Santo, custodivano nel cuore: il desiderio che tutti possano conoscere il Vangelo e incontrare il Signore Gesù come via, verità e vita. Grazie.

Il sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione- Ottobre 2012

Ieri, 7 ottobre, con la solenne concelebrazione presieduta da Papa Benedetto XVI sul sagrato della Basilica si San Pietro in Roma, è iniziato il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione, che vede impegnati 262 membri del sinodo in un lavoro di riflessione e di proposte per risvegliare la fede nel mondo cristiano. Un compito non facile per tutti coloro che sono stati chiamati ad elaborare le proposte finali del Sinodo, in base anche ad un documento iniziale che è di conoscenza pubblica e al quale si può fare riferimento anche in questi giorni di lavori sinodali. Lavori che si concluderanno il 28 ottobre 2012 e saranno il preludio di un’esortazione post-sinodale a firma del Papa, come è prassi ormai nella Chiesa cattolica, dopo la celebrazione del Concilio Vaticano II. Questo sinodo si colloca nel cammino dell’anno della fede, che inizia l’11 ottobre 2012, in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’inizio di uno dei più importanti avvdnimenti ecclesiali del XX secolo, che fu il Concilio Vaticano II, una vera primavera dello Spirito che tanto benessere spirituale ha portato nella Chiesa e nella società contemporanei. I vari documenti approvati durante il Concilio sono punti di partenza per il cammino della Chiesa in questo terzo millennio dell’era cristiana. Da essi bisogna ripartire se vogliamo capire lo stesso sinodo in svolgimento a Roma e che sarà una valida occasione per riportare al centro della vita dei singoli cristiani, delle comunità cristiane, delle chiese locali, della chiesa universale, degli istituti di vita consacrata, dei pastori, dei fedeli laici, la fede da accogliere e da trasmettere.

Ecco il testo iniziale per i lavori sinodali.

SINODO DEI VESCOVI 2012.pdf

Trentasettesimo anniversario di sacerdozio di P.Antonio Rungi

Grazie Gesùmessapadreantonio.jpg

 

Ti rendo grazie Signore,

per tutti questi anni

che mi hai chiamato a seguirti

e a serviti nella vita religiosa e sacerdotale.

Hai pensato alla mia persona fin dall’eternità

Ed un giorno mi hai fatto intendere chiara la tua voce

Che mi diceva “Seguimi”.

Forte dell’entusiasmo e convinto che eri Tu Gesù, ho lasciato

I miei genitori, mia sorella, mio fratello, i miei parenti, i miei amici

I miei compagni di scuola, avendo appena 13 anni.

Da allora ho camminato sulle tue vie, quelle che Tu, Signore,

mi hai indicato di volta in volta, per arrivare al grande appuntamento della mia storia personale, a quel 6 ottobre 1975, a Napoli, quando il Vescovo imponendo sulla mia testa le sue mani mi consacrò sacerdote.

I pianti di sofferenza dei miei parenti alla mia partenza per un paese lontano, quando lasciai casa per farmi passionista e sacerdote, in quel giorno si trasformarono in lacrime di gioia, in lacrime di infinita gratitudine.

In questi 37 anni di vita sacerdotale è stato un susseguirsi di soli infiniti ed immensi doni che Tu, Signore, hai concesso a questa mia umile e povera persona.

Ho cercato di essere fedele alla tua chiamata sempre, nonostante le umane debolezze che sono insite in ogni persona umana e che la tua grazia e la tua benevolenza e vicinanza mi hanno aiutato a superare di volta in volta, facendomi scorgere quando sei buono e grande nell’amore.

Le anime che hai affidato alla mia cura pastorale e sacerdotale le ho considerato un dono immenso da rispettare, aiutare, amare, proteggere dalle forze del male. Ognuna di essa sta nel mio cuore e nelle mie preghiere, perché sono figli tuoi e frutto del Tuo Sangue prezioso versato per noi sulla croce.

Cosa dirti Gesù, attraverso la mia mamma celeste, la Vergine Maria, Regina di tutti i sacerdoti? Proteggimi e guidami nel difficile compito di essere un tuo discepolo secondo il tuo amabilissimo cuore e secondo i tuoi insegnamenti.

Che sia un pastore che vada a cercare la pecorella smarrita, e la riporti all’ovile della tua chiesa e alla vita della chiesa.

Che mi preoccupi di tanti che sono nel dolore e nella sofferenza, soprattutto in questi giorni tristi e difficili per l’umanità.

Che sia vicino ai bambini, perché possano sperimentale attraverso la mia umile persona quanto sei grande e quanto sei davvero dalla parte dei più piccoli, ben sapendo che scandalizzare anche uno solo di essi, significa non essere perdonato da Te in eterno.

Che sia vicino ai tanti giovani che ho avuto la gioia di incontrare nella mia vita di sacerdote e di insegnante, nel cuore dei quali vorrei che ci fosse anche un posto certo per Te.

Che mi preoccupi per quanti sono tristi, angosciati, soli e delusi dalla vita, dai propri cari, dagli affetti più naturali e che spesso si rivoltano contro di Te, perché non sanno quello che dicono e fanno, perchè grande è la sofferenza nel loro animo. 

Che sia tutto per tutti, senza fare preferenze a nessuno.

Che sappia amare ogni persona con la semplicità e la rettitudine del Tuo cuore.

Che sia sempre riconoscente a chi mi ha guidato sapientemente alla meta sacerdotale, in particolare i miei due speciali angeli del cielo, che sono mamma e papà, ma anche quanti nella formazione in convento hanno avuto un cuore di padre e mi hanno fatto amare la vita sacerdotale e missionaria, ieri come oggi.

Dirti grazie è il minimo indispensabile in questo giorno anniversario dei miei 37 anni di vita sacerdotale, che mi auguro possano essere ancora tantissimi altri per servire la Tua causa, Gesù, in questo anno della fede, che tutti richiama a credere fermamente in Te, sommo ed eterno sacerdote della nuova ed eterna alleanza di Dio con l’umanità. Amen.

 

Padre Antonio Rungi

Sacerdote passionista

6 ottobre 2012

Capua (Ce). Morto mons. Bruno Schettino, arcivescovo di Capua

big-10f1801e7586fc84c556f4633f0e104b.jpgProfonda mestizia in tutta la Campania, nella diocesi di Capua e nell’episcopato italiano per la morte improvvisa dell’arcivescovo di Capua, monsignor Bruno Schettino. Secondo i medici che ne hanno accertato il decesso è stato un infarto a stroncare nella notte del 21 settembre 2012, verso le 3-4 la vita dell’arcivescovo Schettino,, che aveva compiuto 71 anni. Era nato, infatti, a Marigliano, diocesi di Nola, il 5 gennaio 1941. L’arresto cardiocircolatorio ha colto monsignor Schettino a Capua, sede arcivescovile cui era stato assegnato il 29 aprile 1997. Laureato in Filosofia, fu ordinato presbitero il 28 giugno 1964, eletto alla sede vescovile di Teggiano-Policastro l’11 febbraio 1987, e ordinato vescovo il 4 aprile 1987, qui svolse il suo ministero per 10 anni. I funerali dell’arcivescovo di Capua e presidente della Commissione delle Migrazioni della Cei saranno celebrati domenica prossima, 23 settembre 2012 alle 16,30, nella cattedrale di Capua. Monsignor Schettino era un vescovo molto apprezzato per le sue doti umane, culturali e pastorali. Entrato subito nel cuore del popolo di Dio di Teggiano-Policasro, dove fu vescovo dall’11 febbraio 1987, per le sue qualità, venne trasferito nella sede più prestigiosa di Capua, dove assunse la responsabilità di arcivescovo il 29 aprile 1997, dopo dieci anni di permanenza nell’estremo lembo della Regione Campania. Sia in Teggiano-Policastro che a Capua monsignor Schettino ha lasciato un ottino ricordo di sé. Persona umile, amava il sevizio silenzioso e meno appariscente, sempre dalla parte dei più deboli per la sua personale propensione alla sofferenza dei fratelli in difficoltà, che nell’arcidiocesi di Capua presenta il volto più doloroso con la problematica degli immigrati di colore, era presidente della commissione episcopale dell’immigrazione e presidente della Migrantes. La caratteristica principale di questo zelante pastore della chiesa capuana era il suo spirito di preghiera e di orazione. Pregava molto e chiedeva di pregare molto ai suoi sacerdoti e ai tanti fedeli della diocesi di Capua che incontrava sistematicamente durante le sue brevi o lunghe visite pastorali alle comunità parrocchiali. -«È una gravissima perdita per il mondo della mobilità umana», ha detto don Alfonso Calvano, incaricato regionale della ‘Migrantes’, commentando la scomparsa di monsignor Bruno Schettino, arcivescovo di Capua. «Sensibile alle povertà del territorio diocesano e, quindi della Campania e dotato di una spiccata sensibilità ed accoglienza degli immigrati – continua don Alfonso – ha seguito con impegno e assiduità l’evangelizzazione a favore della mobilità umana delle varie diocesi campane e, ultimamente, come presidente della Fondazione Migrantes ha dato un forte impulso per promuovere i diritti degli immigrati attraverso la integrazione e l’accoglienza». «Proprio in questi giorni – aggiunge don Alfonso – monsignor Schettino stava valutando la possibilità di partecipare al Columbus Day, la più grande festa degli italoamericani a New York, dove era stato invitato personalmente dai vertici della Fondazione americana che aveva ricevuto nel mese di gennaio scorso a Capua». «Tutta la Chiesa campana esprime il proprio cordoglio al vescovo Schettino, uomo di preghiera e di spirito per la Migrantes campana», conclude Calvano. Lascia una diocesi ben organizzata e strutturata, in piena sintonia con il concilio Vaticano secondo, con un Superficie in Kmq: 500; 162.800 abitanti; con 59 parrocchie; 71 sacerdoti secolari; 12 sacerdoti regolari e 10 diaconi permanenti. Già era tutto predisposto per celebrare degnamente l’anno della fede, al quale monsignor Schettino già dal momento dell’indizione fatta da Papa Benedetto XVI lo scorso anno con il Motu proprio “Porta fidei” aveva dato grande importanza e rilevanza. In questa preghiera composta da lui, tutto il suo animo di pastore attento ai bisogni degli ultimi e in particolare degli immigrati: “Abbiamo abbandonato la nostra Africa, i nostri paesi, abbiamo lasciati parenti ed amici, per seguire un sogno di serenità e di pace. Abbiamo desiderato accoglienza e tanta amicizia, sperando nella bontà degli altri. Desideriamo vivere un futuro migliore, dimenticando il sofferto passato. Nelle mani di Dio abbiamo posto la nostra povera vita, i tanti problemi quotidiani, le tante paure. A te, o Signore consacriamo oggi la nostra vita e tu guidaci verso la meta. Abbiamo conosciuto la tua Madre, la nostra Madre che guida tutti verso il suo Figlio Gesù. Per Maria noi andremo al Signore, confidando nel suo tenero amore. Sotto il suo manto ci rifugiamo, Santa Madre di Dio. Ascolta le nostre preghiere. Anche agli altri porterò l’annuncio di fede e di bontà, per essere un popolo unito e solidale nella carità. Per Maria, o Signore, raggiungeremo la vera Patria, dove scomparirà ogni ingiustizia e povertà e godremo eterna pace e felicità per sempre”. Amen

Intanto tutta la diocesi si stringe intorno alle spoglie dell’arcivescovo con una tre giorni di preghiere nella Cattedrale di Capua, così organizzata: Venerdì 21 settembre: Ore 12.00: S. Messa; Ore 16.00: Santo Rosario; Ore 18.00: Vespro; Ore 20.00: S. Messa con il Presbiterio; Ore 23.00: Chiusura della camera ardente. Sabato 22 settembre: Ore 7.00: Apertura; Ore 8.30: Lodi; Ore 9.00: S. Messa; Ore 12.00: Ora Media; Ore 16.00: Santo Rosario; Ore 18.00: Vespro; Ore 18.30: S. Messa; Ore 20.00: Veglia di Preghiera; Ore 23.00: Chiusura. Domenica 23 settembre: Ore 7.00: Apertura; Ore 8.00 – 9.30 – 11.00: S. Messe. Ore 15.00: S. Rosario. Ore 16.00: S. Messa esequiale, presieduta dal Cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e con la partecipazione di tutti i vescovi della Campania e di altre regioni italiane.

Antonio Rungi

 

Luzzano (Bn). Nel nome della fede i festeggiamenti in onore di Sant’Antonio

COMUNICATO STAMPA

Luzzano (Bn). Festeggiamenti in onore di Sant’Antonio di Padova per preparare l’anno della fede

E’ dedicata alla preparazione all’apertura dell’anno della fede il solenne novenario di predicazione in onore di Sant’Antonio di Padova, in svolgimento a Luzzano (Bn), nella Diocesi di Cerreto – Telese-Sant’Agata dei Goti. Come è tradizione la festa in onore del Santo Protettore di Luzzano è celebrata dal 15 al 25 agosto di ogni anno nella Parrocchia San Nicola Magno, con una preparazione spirituale e pastorale specifica. Il parroco, don Rocco Abbatiello, insieme al consiglio pastorale parrocchiale ed al comitato dei festeggiamenti ha voluto dedicare la preparazione alla festa patronale all’anno della fede, scegliendo come tematica della catechesi il “Credo”, quale simbolo apostolico per riflettere sui contenuti essenziali della fede, da accogliere, conservare e trasmettere con fedeltà. A tenere le riflessioni e le meditazioni serali alle ore 20,30 durante la celebrazione eucaristica è padre Antonio Rungi, religioso passionista, originario di Airola (Bn).

La fede come è trasmessa dalla Chiesa e la fede come è stata presentata dal grande santo e predicatore, dottore della Chiesa, Sant’Antonio di Padova. Temi portanti delle catechesi sono: la fede biblica, la fede liturgica, la dogmatica, la cristologia, l’ ecclesiologia, la mistica e la spiritualità, la morale, la carità e le virtù teologali nel santo di Padova. Un corso completo e intensivo di catechesi sulla fede e sulla presentazione della fede, in un contesto diverso, ma sostanzialmente uguale, sulla predicazione, gli scritti e gli insegnamenti del grande figlio spirituale di Francesco d’Assisi, definito dallo stesso Poverello “mio Vescovo” per la sapienza che portava in sé e comunicava agli altri con la vita, la predicazione e l’insegnamento dottrinale, difendendo la fede dagli attacchi degli eretici del tempo.

Molto sentita e partecipata è la celebrazione eucaristica che normalmente si tiene nel cimitero della città e alla quale partecipa praticamente l’intero paese. Tale celebrazione è in programma per domani sera, domenica 19 agosto, con pellegrinaggio a piedi di tutti i fedeli dalla chiesa parrocchiale al camposanto, con inizio alle ore 18.00, quale espressione del cammino di fede di ogni credente verso l’eternità.

Nei prossimi giorni, padre Rungi, visiterà gli ammalati, portando loro il conforto dei sacramenti della vita cristiana.

Giovedì, 23 agosto, sarà il Vescovo di Cerreto, monsignor Michele De Rosa a presiedere alle ore 10,30 la solenne eucaristia in onore di Sant’Antonio, durante la quale diversi giovani della cittadina e del territorio riceveranno il sacramento della Cresima, come impegno personale ed ecclesiale a testimoniare la fede nel mondo d’oggi sull’esempio di Sant’Antonio di Padova.

Altri significativi momenti dell’intero ciclo di festeggiamenti saranno animati dall’Unitalsi, in particolare la santa messa per tutti gli ammalati e sofferenti del territorio, in programma venerdì 24 agosto alle ore 11.00.

La solenne processione con l’artistica e pregiata statua in onore del Santo di Padova si svolgerà venerdì 24 agosto con inizio alle ore 17.00 e interesserà tutto il Paese.

La festa in onore di Sant’Antonio di Padova è anche occasione per tantissimi luzzanesi sparsi in Italia e all’estero per motivi di lavoro di fare rientro nella città d’origine e rivivere la propria fede, ricevuta dai genitori e che è stata poi curata personalmente nella vita. In questa formazione alla vita di fede un ruolo importante per tutti i luzzanesi è la devozione a Sant’Antonio, molto venerato e rispettato in questa cittadina. Per l’intero anno, il comitato prepara la festa in onore del Santo che oltre all’aspetto religioso ha altri significativi momenti di gioia, fraternità, animazione umana e sociale.

Nei giorni 19-21 agosto si svolgerà il “Canta Bambini”, un mini-festival, tipo Zecchino d’Oro promosso dall’Antoniano di Bologna, che vede esibirsi sul palco i bambini del territorio con regolare premiazione dei più dotati vocalmente. E, infatti, l’Azione cattolica parrocchiale insieme al comitato festeggiamenti ad organizzare la Manifestazione canora che quest’anno ha raggiunto la XXII Edizione.

Musica lirica, musica leggera e spettacoli pirotecnici (tre fuochisti in gara quest’anno, sabato 25 agosto alle ore 0,30) di rara bellezza coronano la festa in onore del Santo Patrono di Luzzano, cuore e centro della vita cristiana di ogni luzzanese che vive in paese o sta lontano dai luoghi natii, forti del motto antoniano “Ama Dio, ama il prossimo: sarai sereno”.