Napoli

Vedere il Paradiso/7. L’obolo della vedova.

 

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di padre Antonio Rungi 

L’OBOLO DELLA VEDOVA 

La ricchezza non è sempre sinonimo di paradiso, benessere. Molte volte può significare inferno, ansia, preoccupazione, infelicità. Non è infatti il denaro a rendere felice il cuore dell’uomo, ma la generosità nel donare, la gioia di cedere agli altri non solo il superfluo, ma l’essenziale. E allora spesso capita che la felicità sta in quei cuori che pure avendo poco o nulla da dare materialmente ed economicamente agli altri, sanno dare con tanto affetto e generosità, con tanto trasporto che anche un bicchiere d’acqua diventa un dono e un regalo immenso, senza valore, in quanto le cose fatte con il cuore contano molto di più di quelle fatte con le casse sicure di chi possiede molto economicamente e si può permettere di dare l’eccedenza, ma mai l’essenziale. 

Esemplare al riguardo è il comportamento della donna del vangelo che andando al tempio di Gerusalemme dona quello che aveva di indispensabile per sé; mentre i ricchi danno poco o niente, se non ciò che non serve a loro. Gesù osserva questo comportamento, registra ogni atteggiamento e siccome era ed è Figlio di Dio e legge nel cuore di ogni persona, sapeva benissimo chi donava con amore e l’essenziale e chi dava solo per formalità, senza cuore e il superfluo. 

Il paradiso sta nel cuore di questa persona che getta nella cassa del tempio per le esigenze varie del luogo di culto ciò che per lei è essenziale. Sa di donare tutto ciò che ha al Signore, con un gesto di rinuncia che solo chi ama davvero ed è profondamente generoso ed aperto agli altri sa fare nelle piccoli o grandi circostanze della vita. Che grande gioia ha provato questa donna nel dire “Signore tutto quello che ho, te lo dono. Non penso a mangiare, non penso a mettere da parte qualcosa che mi potrà servire un domani. Rinuncio a tutto perché so che tu sei il vero bene e certamente non farai mancare il tuo aiuto e sostegno ai tuoi figli in qualsiasi momento, essendo un Dio provvidente. 

Anche i ricchi piangono era una telenovela di qualche anno fa che interessava a molti italiani, che si appiccicavano alla Tv per seguire tutte le vicende e lo sviluppo delle storie incrociate con altri fatti. Oggi rispetto allo sceneggiato continuano a piangere i poveri, dopo la crisi economica. I ricchi continuano a non soffrire, mentre i poveri soffrono di tutto e di può per la mancanza del necessario. E solo da loro molte volte ti arriva l’aiuto inatteso, perché tra i poveri ci si intende e ci si aiuta, mentre tra i ricchi si fanno accordi per utili sempre maggiori a danno dei poveri e dei lavoratori. E’ difficile trovare un ricco davvero generoso, in quanto la ricchezza modifica in negativo il cuore. D’altra parte lo dice il vangelo: dove è la ricchezza, là sarà il tuo cuore. Si vive per i soldi, per accumulare, per vivere solo di cose materiali. In questo modo si svuota il cuore e l’esistenza dei giovani, degli adulti e degli stessi anziani che dovrebbero dare buon esempio al riguardo. 

Il fatto più significato di tutto il brano evangelico è che la donna che gettò l’obolo nel tesoro del tempo era una vedova, cioè una persona che da un punto di vista economico non aveva praticamente nulla. Non avendo marito non poteva avere neppure per sostegno economico che oggi viene garantito alle vedevo, quando il marito ha uno stipendio o una pensione. E poi le vedove del vangelo e nel vangelo erano persone socialmente in disagio e quando c’erano i figli si trovano in doppio disagio, anche quello familiare. Da qui l’attenzione privilegiata da un punto di vista assistenziale da parte della prima comunità di Gerusalemme verso gli orfani e le vedove, curate dai diaconi che erano addetti alla distribuzione degli aiuti secondo i bisogni di ciascuno e in base a quanto veniva deposto ai piedi degli apostoli, come ci ricordano gli Atti. 

Non possiamo chiudere questa riflessione senza riportare quei pochi significativi versi del Vangelo di Marco (12,41-44) in cui l’evangelista evidenzia l’attenta analisi e valutazione del Maestro di fronte a quanti buttavano monete nel tesoro del tempio di Gerusalemme: “41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. 43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».  

L’analogia con certi pseudo cristiani del nostro tempo che non fanno bene a nessun e se fanno qualche offerta la fanno per essere ammirati ed apprezzati ci insegna come e cosa conta davanti a Dio: non certo la ricchezza o l’esposizione in pubblico del bene fatto, ma la riservatezza, la generosità, ma soprattutto il cuore e la capacità di togliersi dalla bocca l’essenziale per se stessi per donarlo a Dio e agli altri. L’obolo della vedova del Vangelo può diventare l’obolo di San Pietro, che si raccoglie ogni anni in occasione della giornata della carità del Papa, in coincidenza con la solennità dei Santi Pietro e Palo (29 giugno) per essere distribuito in base alle necessità di poveri di tutta la terra. Quel piccolo sacrificio che ognuno può fare per aiutare gli altri è gradito a Dio ed un valore per il paradiso.

Chissà se Gesù, nel contemplare il gesto della povera vedova che nel versare due spiccioli al Tempio dava tutto quanto possedeva, avrà pensato a Maria e Giuseppe quando nella presentazione del Figlio hanno accompagnato questo momento con l’offerta di due colombe, l’offerta dei poveri. Due azioni distanziate nel tempo, compiute da persone diverse, ma avvenute nello stesso luogo: al Tempio di Gerusalemme, là ove gli scribi amavano passeggiare in vesti da dignitari, essere riveriti dalla gente ed occupare i primi posti nelle sinagoghe. Purtroppo costoro – ed è la decisa e severa accusa di Gesù – «divorano le case delle vedove e ostentano lunghe preghiere: riceveranno una condanna più severa».  Proprio una di quelle povere vedove, sfruttate e maltrattate, è additata da Gesù come esempio di generosità. Nessuno si accorge di quella umile donna, perché i suoi due spiccioli, «tutto quanto aveva per vivere», non vengono segnalati dal sacerdote incaricato per le offerte, tutto intento a far risaltare il forte tintinnio delle monete dei ricchi. Gesù vede e il gesto non passa inosservato, anzi diventa occasione per ribaltare radicalmente il concetto di offerta religiosa. È uno di quei tanti casi del Vangelo ove lo sguardo di Gesù insegna a vedere in modo diverso, ad andare oltre le meschine misure, a cogliere i valori autentici di azioni particolari. I ricchi fanno un’offerta a Dio come contributo legale e lo possono fare con estrema facilità; la vedova dona tutto, perché a lui si affida totalmente; con Dio può rischiare tutto perché sa di ricevere tutto, raggiungendo quella libertà che supera ogni forma di possesso.

Vedere il paradiso/5. Il sorriso dei bambini

 

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di padre Antonio Rungi

 

IL SORRISO DI UN BAMBINO 

Di fronte al sorriso e alla gioia di una bambino si tocca con mano il Paradiso. L’innocenza, la purezza, la tenerezza, la debolezza e tutto ciò che rende la creatura umana, all’inzio della sua vita biologica debole e fragile ti parla di Dio e del Paradiso. In questo Dio-bambino e in questo Paradiso di bambini bisogna immergersi per capire il vero volto di Dio. 

“In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano. Gesù però disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”. E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì” (Mt 19,13-15). 

Come non ricordare in questo momento quello che disse con profondo accento di santo e profeta, Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962 all’apertura del Concilio Vaticano II, di cui quest’anno ricorre il 50 anniversario e in coincidenza di esso sarà aperto l’anno della fede?  

“Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace: ‘Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà’.  

Se domandassi, se potessi chiedere ora a ciascuno: voi da che parte venite? I figli di Roma, che sono qui specialmente rappresentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini, e voi siete il nostro vescovo. Ebbene, figlioli di Roma, voi sentite veramente di rappresentare la ‘Roma caput mundi’, la capitale del mondo, così come per disegno della Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i secoli. 

La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell’amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l’augurio della buona notte”.  

Un Papa, Giovanni XXIII, il Papa Buono, già beato, parla della carezza ai bambini, espressione di quell’amore divino verso creature di Dio semplici ed innocenti ed un Papa, quello attuale, Benedetto XVI, denuncia la violenza sui bambini, perpetrata anche da uomini di chiesa, con una terribile malattia da condannare senza appello che è la pedofilia. Due mondi e due realtà completamente diverse, che si sono trasformate nell’arco di 50 anni di storia di questa umanità e di questo secolo. 

Allora si usciva dall’inferno della guerra e si aprivano all’orizzonte possibilità di ricostruzioni. I tempi nuovi erano maturi anche perché la chiesa si riformasse alla luce del vangelo, in cui i piccoli sono i veri padroni del Regno di Dio. Quel vangelo dei piccoli che dobbiamo saper riscoprire oggi, di fronte all’infanzia negata o violata. Basta pensare alla fame nel mondo, alla mancanza di famiglia, istruzione, del necessario ai bambini di tutte le nazioni. Rimane come un offesa di immensità enorme ogni tentativo di rivolgere ai bambini attenzioni che sono contro ogni legge morale, naturale e civile. L’infanzia merita il rispetto totale e chi offende l’infanzia non può avere nessuna tolleranza. 

Nel vangelo di Matteo leggiamo: “ 1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». 2 Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: 3 «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4 Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. 5 E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. 6 Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. 7 Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!  8 Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. 9 E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco. 10 Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”. (Mt 18,1-10).

La gioia di Gesù è grande, quando vede che i bambini, i piccoli, capiscono le cose del Regno che lui annunciava alla gente. “Padre, io ti ringrazio!” (Mt 11,25-26) Gesù riconosce che i piccoli capiscono più dei dottori le cose del Regno! Quando Gesù, entrando nel Tempio, rovescia i tavoli dei cambiavalute, furono i bambini a gridare: “Osanna al Figlio di Davide!” (Mt 21,15). Criticati dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, Gesù li difende e nella sua difesa invoca le Scritture (Mt 21,16). Gesù abbraccia i piccoli e si identifica con loro. Chi accoglie un piccolo, accoglie Gesù (Mc 9, 37). “E ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25,40). Una delle parole più dure di Gesù è contro coloro che sono causa di scandalo per i piccoli, cioè, che sono il motivo per cui i piccoli non credono più in Dio. Per questo, meglio sarebbe per loro legarsi al collo una pietra da molino ed essere gettati nell’abisso del mare (Lc 17,1-2; Mt 18,5-7). Gesù condanna il sistema, sia politico che religioso, che è motivo per cui i piccoli, la gente umile, perde la sua fede in Dio. Gesù chiede ai suoi discepoli di diventare come bambini e di accettare il Regno come i bambini. Senza questo non è possibile entrare nel Regno (Lc 9,46-48). Indica che i bambini sono professori degli adulti. Ciò non era normale. Siamo abituati al contrario. Madri con figli che giungono vicino a Gesù per chiedere la benedizione. Gli apostoli reagiscono e le allontanano. Gesù corregge gli adulti ed accoglie le madri con i bambini. Accoglie i bambini e li abbraccia. “Lasciate che i piccoli vengano a me, non glielo impedite!” (Mc 10,13-16; Mt 19,13-15). Nelle norme dell’epoca, sia le mamme che i figli piccoli, vivevano, praticamente, in uno stato di impurità legale. Gesù non si lascia trascinare da questo. Sono molti i bambini ed i giovani che lui accoglie, cura e risuscita: la figlia di Giairo, di 12 anni (Mc 5,41-42), la figlia della donna Cananea (Mc 7,29-30), il figlio della vedova di Naim (Lc 7,14-15), il bambino epilettico (Mc 9,25-26), il figlio del Centurione (Lc 7,9-10), il figlio del funzionario pubblico (Gv. 4,50), il fanciullo con i cinque pani ed i due pesci (Gv. 6,9). 

Ecco il Paradiso di Gesù in terra, ecco il Paradiso della SS.Trinità in cielo. Chi vive a contatto con i bambini dai genitori, agli insegnanti, ai catechisti, ai parenti e ufficiali vari, ai medici, agli assistenti sociali sanno cosa significa essere dalla parte dei bambini. E’ vero che molte volte bisogna decodificare il linguaggio dei bambini che usa altri parametri di comunicazione e di segnalazione, ma resta un dovere di tutti intercettare la sofferenza di ogni bambino e di tutti i bambini del mondo, perché la sofferenza anche di un solo bambino su questa terra, non rende più felice il mondo ed il paradiso terrestre che è dei bambini, diventa il loro inferno il loro dolore. Ridiamo il paradiso ai bambini e facciamo si che ogni loro sorriso sia davvero espressione del paradiso dei piccoli e dei grandi, perché non ci può essere altro paradiso che quello dei bambini, per i bambini e con i bambini. Un mondo senza la gioia dei piccoli è un mondo destinato a morire nei sogni e nelle prospettive di vita. 

Riflessioni estive. Ho visto il Paradiso

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HO VISTO IL PARADISO/3

 

di padre Antonio Rungi

 

CIELI NUOVI E TERRA NUOVA

 

La nostra fede nell’eternità e una fede che guarda oltre gli orizzonti del tempo presente, immaginando un mondo diverso quando si concluderà per sempre la storia di questo universo. E mentre gli uomini gioiscono per i successi che perseguono in campo tecnologico, nella conquista dello spazio, fino a raggiungere con navicelle Marte, in cerca di un segnale di possibili vite oltre quella terrena, la nostra fede ci ricorda costantemente che tutto passerà e nel giudizio finale, nel secondo e definitivo avvento di Cristo tutto sarà trasformato. Il cielo di oggi saranno altri cieli e la terra di oggi sarà una terra nuova e diversa. La trasformazione, il cambiamento, la trasfigurazione del tempo nell’eternità. Ecco i cieli nuovi e la terra nuova dove segnerà per sempre la giustizia e la pace. 

“Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il Giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato: Allora la Chiesa. . . avrà il suo compimento. . . nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l’uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in Cristo [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. (CCC, 1042). 

Certo, il linguaggio biblico usato per dire esattamente cosa avverrà ci aiuta a capire meglio quello che noi non vedremo, ma che forse vedranno quelli che Dio ha deciso che saranno presenti su questa terra al momento deciso della storia della creazione. 

“Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l’umanità e il mondo, dalla Sacra Scrittura è definito con l’espressione: “i nuovi cieli e una terra nuova” (2Pt 3,13) [Cf Ap 21,1 ]. Sarà la realizzazione definitiva del disegno di Dio di “ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10). (CCC,1043). 

Pensare a questo evento, alle ultime cose, la escatologia, è pensare al bello, al definitivo, a tutto ciò che non sarà più come prima. E’ pensare al Paradiso. Infatti, “in questo nuovo universo, [Cf Ap 21,5 ] la Gerusalemme celeste, Dio avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. Egli “tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate” ( Ap 21,4) [Cf  Ap 21,27 ]. 

L’assenza di ogni dolore, sofferenza, della morte, di tutto ciò che limita la felicità dell’uomo terrestre di oggi è sicuramente un motivo di guardare al futuro eterno nel segno della speranza, della riconciliazione, della pace, dell’unità del genere umana, senza più divisioni e guerre. “Per l’uomo questo compimento sarà la realizzazione definitiva dell’unità del genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione e di cui la Chiesa nella storia è “come sacramento” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 1]. Coloro che saranno uniti a Cristo formeranno la comunità dei redenti, la “Città santa” di Dio (Ap 21,2), “la Sposa dell’Agnello” (Ap 21,9). Essa non sarà più ferita dal peccato, dalle impurità, [Cf  Ap 21,27 ] dall’amor proprio, che distruggono o feriscono la comunità terrena degli uomini. La visione beatifica, nella quale Dio si manifesterà in modo inesauribile agli eletti, sarà sorgente perenne di gaudio, di pace e di reciproca comunione”. (CCC,1045). 

Non diversa sarà la sorte dell’intera creazione, che avrà un’altra configurazione. Infatti, per “quanto al cosmo, la Rivelazione afferma la profonda comunione di destino fra il mondo materiale e l’uomo: La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. . . e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione. . . Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” ( Rm 8,19-23). (CCC,1046). 

Ed aggiunge circa il mondo che noi oggi osserviamo con i nostri occhi: “Anche l’universo visibile, dunque, è destinato ad essere trasformato, “affinché il mondo stesso, restaurato nel suo stato primitivo, sia, senza più alcun ostacolo, al servizio dei giusti”, partecipando alla loro glorificazione in Gesù Cristo risorto [Sant’Ireneo di Lione, Adversus haereses, 5, 32, 1]. 

Molti sono tentati dalla paura che tutto questo possa avvenire quanto prima e che passerà la scena di questo mondo nell’immediato. Incidono su queste concezioni millenaristiche o apocalittiche molte delle idee di oggi e molte delle situazioni che viviamo quotidianamente con tanti drammi, difficoltà, terremoti, cataclismi, tragedie. La paura della fine del mondo è nell’idea di molti e qualcuno gioca anche in questa direzione per spingere l’uomo a permettersi ogni cosa, lecita ed illecita, considerato che tutto passa e passa in fretta. Però sappiamo con assoluta verità che noi  “ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità, e non sappiamo il modo in cui sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. (CCC,1048). Ed aggiunge il Magistero della Chiesa che ci richiama costantemente sulle verità di fede, ma anche sulla corrispondenza etica alla fede che “tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, tale progresso è di grande importanza” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. (CCC, 1049).  “Infatti. . . tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando Cristo rimetterà al Padre il Regno eterno e universale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. Dio allora sarà “tutto in tutti” ( 1Cor 15,28), nella vita eterna: La vita, nella sua stessa realtà e verità, è il Padre, che attraverso il Figlio nello Spirito Santo, riversa come fonte su tutti noi i suoi doni celesti. E per la sua bontà promette veramente anche a noi uomini i beni divini della vita eterna [ San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses illuminandorum, 18, 29: PG 33, 1049, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del giovedì della diciassettesima settimana. [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 28.] 

Di quello che abbiamo fatto, di quello che abbiamo seminato, nell’eternità ritroveremo i frutti per la nostra vita futura. Saranno frutti abbondanti e purificati nella forma e nella sostanza e che ci assicureranno il vero cibo quello eterno e che non si esaurirà mai, perché saremmo nella pace di Dio, saremo nel Paradiso.

 

 

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HO VISTO IL PARADISO/2

 

di padre Antonio Rungi

 

IL CIELO

 

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si parla del Cielo, come ultimo destino dell’uomo, come la vera e definitiva patria per tutti noi. Leggiamo, infatti, in questo documento dottrinale di grande importanza per tutti i cattolici, soprattutto in questo anno della fede, che ci apprestiamo a celebrare: “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono “così come egli è” (1Gv 3,2), faccia a faccia: [Cf 1Cor 13,12; Ap 22,4] (CCC, 1023). In poche parole noi saremo con le nostre sole anime, in attesa della risurrezione finale, nel cielo, quel cielo non fisico, ma spirituale, quel luogo eterno in cui dimoreremo per sempre con Dio e con quanti hanno raggiunto il cielo o il paradiso. Le definizioni dogmatiche al riguardo ci possono aiutare a capire cosa sia il cielo e come e cosa è il paradiso per un credente, dopo la morte corporale. “Con la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale di Dio, le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo. . . e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle quali al momento della morte non c’era o non ci sarà nulla da purificare, oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la morte, si saranno purificate. . ., anche prima della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale – e questo dopo l’Ascensione del Signore e Salvatore Gesù Cristo al cielo – sono state, sono e saranno in cielo, associate al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli. E dopo la passione e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, esse hanno visto e vedono l’essenza divina in una visione intuitiva e anche a faccia a faccia, senza la mediazione di alcuna creatura [Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz. -Schönm., 1000; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 49].

Bellissima ed espressiva la terminologia usata dal Catechismo per parlarci del cielo. “Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata “il cielo”. Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva” (CCC,2024). Il cielo oltre ad arrivarci è importante viverci. E vivere in cielo non significa solo avere lo sguardo proiettato verso l’eternità e svolgere la propria vita con la massima gioia, ma vivere in cielo è possedere per sempre Dio, la nostra vera felicità. “Vivere in cielo è “essere con Cristo” [Cf Gv 14,3; Fil 1,23; 1Ts 4,17 ]. Gli eletti vivono “in lui”, ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome: [Cf Ap 2,17 ] (CCC,1025). La vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo, là c’è la vita, là c’è il Regno [Sant’Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, 10, 121: PL 15, 1834A]. Come si vive in cielo, è il Magistero della Chiesa, interpretando la parola di Dio, ce ne dà l’esatta dimensione. “Con la sua morte e la sua Risurrezione Gesù Cristo ci ha “aperto” il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui” (CCC,1026). Capire che cosa sia il cielo e come si vive in esso, dalla prospettiva umana e terrena è impresa non facile. E’ un mistero, che si svelerà completamente alla nostra persona dopo la morte. “Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1Cor 2,9). (CCC, 1027).Certamente per la nostra limitatezza umana, per la nostra pochezza umana, non possiamo vedere Dio così come Egli è, nell’eternità. Possiamo solo rappresentarlo ai nostri occhi e alla nostra mente, attraverso la riflessione, la preghiera, l’immaginazione, ciò che ci Dio la Sacra Scrittura su di Lui. Ma come Egli effettivamente sia non è dato sapere ad alcun mortale. Infatti “a motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se non quando egli stesso apre il suo Mistero alla contemplazione immediata dell’uomo e gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste è chiamata dalla Chiesa la “la visione beatifica”: Questa sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere l’onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme con Cristo, il Signore tuo Dio, . . . godere nel Regno dei cieli, insieme con i giusti e gli amici di Dio, le gioie dell’immortalità raggiunta [San Cipriano di Cartagine, Epistulae, 56, 10, 1: PL 4, 357B]. (CCC, 1018).E allora cosa si farà per sempre nel cielo. Come si gode della visione eterna di Dio? “Nella gloria del cielo i beati continuano a compiere con gioia la volontà di Dio in rapporto agli altri uomini e all’intera creazione. Regnano già con Cristo; con lui “regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5) [Cf Mt 25,21; Mt 25,23) (CCC, 1029). Come dire in termini umani, più accessibili a noi: lì saremo beati davvero, non avremo altri problemi se non quello di non avere problemi, in quanto tutto è risolto per sempre e nella massima armonia, esattezza e perfezione.

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HO VISTO IL PARADISO/1

di padre Antonio Rungi

Da poco ero rientrato nel mio convento passionista di Itri (Lt) da un impegno di predicazione a Caivano, in provincia di Napoli, dove ogni anno il 6 agosto, in occasione della Festa della Trasfigurazione, si celebra la festa del Volto Santo, e stavo sul terrazzo a contemplare il cielo stellato che si apriva sulla mia testa nella sua maestosità e infinitezza. Erano verso le 23 del 6 agosto del 2012, quando ho visto, quasi fisicamente, aprirsi davanti ai miei occhi l’infinito e gioioso mondo di Dio, quel Paradiso a cui tutti, noi credenti, aspiriamo di arrivare con il nostro impegno nel tempo.

Durante la mia predica a Caivano avevo parlato di questo, del Monte Tabor, della Trasfigurazione del Signore davanti ai suoi tre apostoli scelti da lui per far loro “vedere” come è davvero il Volto di Dio, il Volto luminoso che Gesù, Figlio dell’Eterno Padre, ci ha rivelato con la sua venuta tra noi mortali. Ero preso ancora dalle parole che lo Spirito Santo aveva suggerito alla mia povera mente ed intelligenza di dire in quel momento. Mi sorprendo sempre di più e resto affascinato e molte volte interdetto come io, povero mortale, possa parlare il linguaggio di Dio, della fede, della religione cristiana cattolica con tanta facilità e semplicità, con tanta incidenza nel cuore degli ascoltatori, al punto tale che davvero sono stra-convinto che è lo Spirito santo che parla in voi. Non vi preoccupate di dire le cose, soprattutto davanti ai tribunali del mondo e ai vari tribunali delle ragioni sufficienti che vogliono dimostro tutto e subito ogni cosa, che è lo Spirito Santo a dire attraverso la vostra voce ciò che è necessario proclamare come parola di Dio e della Chiesa.

Sì la predica sulla Trasfigurazione e sulla festa del Volto santo aveva lasciato il segno nelle diverse centinaia di persone presenti nella Chiesa di San Pietro Apostolo in Caivano, tanto da congratularsi con me, dopo la messa. Come sempre un po’ restio alle congratulazioni ed apprezzamenti su quanto dico in nome di Dio e della Chiesa nelle mie prediche, mi fece riflettere una valutazione di una persona anziana, che da anni come me si ritrova all’appuntamento con la festa del Volto Santo, ogni anno il 6 agosto: “Questa sera siete stato eccezionale, come sempre, ma c’era una spinta in più”. Sicuramente era la verità. Le persone quando vengono in chiesa con il desiderio di sentire e lasciarsi toccare dalla parola di Dio riesco a capire ed andare oltre lo stesso nostro modo di comunicare. Evidentemente avevano capito bene, c’era in me una spinta di spiritualità maggiore che io facilmente ho potuto giustificare e inquadrare nel tutto. Come ministro della parola e dell’eucaristia è di norma che quando parliamo dall’altare e siamo coerenti alla parola di Dio e al magistero è Cristo stesso che parla e la Chiesa che insegna. Ma io venivo da una forte esperienza di predicazione di esercizi spirituali, di due turni, tra fine luglio ed inizio agosto, tenuti alle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato, congregazione religiosa femminile, fondata dalla Beata Maria Cristina Brando, la cui causa di canonizzazione volge al termine, durante i quali avevo parlato dell’educazione permanente di ogni anima consacrata e della conformazione  a Cristo.

Ero quindi pieno spiritualmente di tante considerazioni, meditazione e contemplazioni condivise con le religiose, molte delle quali giovanissime e di origine filippina, indonesiana, colombiana, brasiliana, con una buona presenza di religiose più mature di origine italiana, che avevano messo nel mio cuore una spinta di spiritualità in più rispetto al normale modo di predicare. Quindi l’omelia, di quasi 20 minuti, aveva affascinato tutti i presenti, nonostante un caldo asfissiante in quella chiesa, che solo pochi ventagli di signore e signorine, mossi con prudenza per non dare fastidio all’oratore, facevano muovere un po’ di aria, che giungeva sull’altare calda, come torrido era il clima di quel 6 agosto 2012.

Avevo parlato del Paradiso e come, secondo la parola di Dio, gli insegnamenti di Gesù, si può raggiungere il cielo, avevo parlato della pazienza e della sopportazione, della capacità di non far del male agli altri, visto che una volta fatto la piaga resta, nonostante il pentimento e il perdono.

Avevo raccontato un aneddoto che circolava in rete, come un vero tam tam e che ha il suo fascino e il suo insegnamento, e che per una riflessione personale riporto qui in questo contesto di approfondimento di concetti teologici e spirituali molto più consistenti.

“C’era una volta un ragazzo con un pessimo carattere. Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno sul muro del giardino ogni volta che avrebbe perso la pazienza e avrebbe litigato con qualcuno. Il primo giorno ne piantò 37 nel muro. Le settimane successive, imparò a controllarsi, ed il numero di chiodi piantati diminuì giorno dopo giorno: aveva scoperto che era più facile controllarsi che piantare chiodi. Infine, arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò nessun chiodo sul muro. Allora andò da suo padre e gli disse che quel giorno non aveva piantato nessun chiodo. Suo padre gli disse allora di togliere un chiodo dal muro per ogni giorno in cui non avesse mai perso la pazienza. I giorni passarono e infine il giovane poté dire a suo padre che aveva levato tutti i chiodi dal muro. Il padre condusse il figlio davanti al muro e gli disse: “Figlio mio, ti sei comportato bene, ma guarda tutti i buchi che ci sono sul muro. Non sarà mai come prima. Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di cattivo, gli lasci una ferita come questa. Puoi piantare un coltello in un uomo e poi tirarglielo via, ma gli resterà sempre una ferita. Poco importa quante volte ti scuserai, la ferita resterà. E una ferita verbale fa male tanto quanto una fisica” (Anonimo, Il sacchetto dei chiodi).

Lezioni di vita che proiettano la nostra esistenza oltre il tempo, in quella eternità beata alla quale tutti siamo diretti e sulla quale tutti dovremmo riflettere più frequentemente. Eternità è sinonimo di Paradiso. Da qui il bisogno di alzare gli occhi al cielo in una notte stellata di agosto e guardare ilo cielo e con gli occhi della fede, vedere Dio, vedere il Paradiso. Sì perché Dio si fa vedere con quegli occhi puri e semplici della fede semplice, che sa meravigliarsi di fronte all’immensità del cielo, alla profondità del mare e alla bellezza del creato. E allora alzi gli occhi al cielo in una notte stellata e ti rivolgi a Lui per dirgli semplicemente “Grazie”. Grazie perché esisti davvero, grazie perché hai creato ogni cosa bene e bella, grazie perché ci hai dato la vita, grazie perché ci hai dato il soffrire, grazie perché solo Tu, o Dio, Creatore e Padre, meriti il nostro infinito ed immenso grazie, sempre, perché ci ami e ami davvero!

Le meditazioni per il corso di esercizi spirituali

esercizispirituali2012.pdf

In allegato il file pdf delle meditazioni dettate alle Suore Vittime Espitarici di Gesù Sacramentato di Casoria (Napoli), fondate dalla Beata Maria Cristina Brando, durante i due turni di esercizi spirituali, tenuti a Roma dal 23 al 27 luglio e dal 30 luglio al 3 agosto 2012, presso la struttura di Villa M.C.Brando in Via Cassia Roma.

ATTENDERE UN PO’ PER VISUALIZZARE IL FILE CHE E’ MOLTO PESANTE. SI APRE DOPO UN PO’ DI TEMPO, MA SI APRE DI CERTO IN QUANTO E’ IN FORMATO PDF.

P.Antonio Rungi cp

Airola (Bn). Verso la conclusione il processo diocesano della Serva di Dio Maria Concetta Pantusa

415243_10150656456131838_860048713_o.jpgDa molti devoti, da studiosi e biografi, da vari spiritualisti è considerata la “Santa Rita del Sud” con qualche variazione sul tema della santità, ma sostanzialmente con gli stessi contenuti di spiritualità e di vita: nubile, poi sposa, poi madre, poi vedova, infine consacrata laica, ma con il desiderio nel cuore di consacrarsi totalmente al Signore nel secondo ordine francescano, chiedendo di entrare nel monastero delle Clarisse di Airola, che allora non accoglieva le persone vedove. Vi entrò l’unica sua figlia, suor Maria Carmela, morta ultranovantenne, tre anni fa, frutto del suo matrimonio con Vito De Marco, poi morto durante la prima guerra mondiale.
Si tratta della Serva di Dio Concetta Pantusa,  madre di famiglia, di cui è in corso il processo di beatificazione, conosciuta presso il popolo cristiano del Sannio e della Calabria, come “Suor Concetta, la monaca santa del Volto Santo di Airola”.
La sua spiritualità, come quella di Santa Rita da Cascia, è una spiritualità della Passione di Cristo. Fu, infatti, guidata nel suo itinerario di fede, speranza e carità dai religiosi passionisti che ad Airola, nel vicino convento di Monteoliveto, sulla collina del piccolo centro della Valle Caudina, erano e sono presenti con una comunità stabile dal 1882 e dai Frati Francescani con il convento di San Paquale presenti in città dal 1600.
Punti di riferimento per la sua formazione spirituale furono San Francesco d’Assisi, Santa Chiara, San Pasquale Baylon, Sant’Antonio da Padova sul versante della famiglia religiosa dei Francescani; mentre sul versante di quella passionista sua grande devozione fu l’amore filiale a San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, a San Gabriele dell’Addolorata, a Santa Gemma Galgani e particolarmente a Santa Maria Goretti, che venerava con speciale affetto, in quanto ad Airola, fin dal momento della canonizzazione della martire delle Ferriere, nel 1950, si sviluppò una sentita devozione, che ancora oggi persiste al tempo della distruzione di tutto il sacro negli ambiente cristiani dei decenni passati. Qui Maria Concetta Pantusa visse, per oltre 20 anni, l’ultimo significativo tratto della sua vita.
Nata a Celico il 3 febbraio 1894, Maria Concetta Pantusa da fanciulla soffrì molto per il duro trattamento del padre,  il quale la condusse con sé in Brasile dove si recò in cerca di lavoro. In Brasile sposò un giovane italiano di origini pugliesi, un certo Vito De Marco.  Dalla loro unione coniugale il 28 ottobre 1915 nacque l’unica figlia Maria Carmela, poi diventata monaca clarissa. 
Ritornarono in Italia nel 1916, prendendo domicilio a Polignano a Mare (Bn). Il marito morì durante la prima guerra mondiale, lasciandola vedova con una bambina da accudire in un tempo di estrema miseria e povertà. Dopo molte traversie, l’ 8 maggio 1930, insieme con l’unica figlia e con Suor Speranza Elena Pettinato si trasferì in Airola (Benevento). Mentre la figlia entrava nel monastero delle Clarisse, lei che pure aveva fatto richiesta d entrarvi, non fu accettata per i limiti della regola del secondo ordine francescano. Di conseguenza restò nel secolo e con suor Speranza iniziò una vita di consacrata laica. Qui si dedicò all’educazione dei piccoli, alla carità, al servizio degli poveri, alla preghiera, vivendo un’intensa vita interiore nella sua piccola abitazione di via Monteoliveto in Airola, guidata da saggi direttori spirituali. Incominciarono le prime significative esperienze di visioni ed estasi, che sapeva tenere gelosamente nascoste per sé, per evitare qualsiasi fraintendimento, strumentalizzazione e soprattutto per allontanare lo spettro della superbia e dell’orgoglio, che si possono manifestare quando i segni del cielo sono evidenti in un’anima santa. La lotta contro il Demonio è testimoniata nel suo diario spirituale.
Il Signore, infatti, riversò in lei molti doni: la profezia, il miracolo, la visione, l’estasi, le stimmate e i dolori della Passione.
Nell’umile stanzetta dove viveva, il 17 febbraio 1947, per tre ore, dalle 13 alle 16, da un’immagine del volto di Gesù della S. Sidone di Torino, vide uscire dal sangue; il sangue sgorgava come da una sorgente e rimase in ebollizione per tre ore. Questo fenomeno si ripeté il 28 febbraio e, per la terza volta, il 4 marzo. Da quel giorno i fatti miracolosi si susseguirono con continuità. Maria Concetta Pantusa morì il venerdì di Passione il 27 marzo 1953, all’età di 59 anni.
Sull’eroicità delle virtù teologali e morali e su specifici altri fatti attinenti la santità della Serva di Dio sta operando con grande senso di equilibrio e di giudizio, da cinque anni, il Tribunale ecclesiastico diocesano di Cerreto-Telese-Sant’Agata  per la causa dei santi.
Il processo per la causa di beatificazione è stato, infatti, aperto ufficialmente il 10 febbraio 2007, alla presenza del Vescovo diocesano di Cerreto-Telese-Sant’Agata dei Goti, monsignor Michele De Rosa, nella Chiesa della SS.Annunziata di Airola (Bn), alla presenza di oltre mille fedeli arrivati ad Airola, da ogni parte d’Italia, dalla terra nativa della Serva di Dio, la Calabria e dalle Puglie. Tale iniziativa  è  sostenuta dalla Pia Unione del Volto Santo di Airola, il cui responsabile è il francescano, padre Vittorio Balzarano.
Il processo diocesano sta in via di ultimazione, dopo che la sezione del tribunale ecclesiastico ha ascoltato tutti i testimoni ed esperite tutte le pratiche canoniche previste dall’iter per la beatificazione.

Antonio Rungi 

Mondragone (Ce). Estate in preghiera con le Suore della Stella Maris

Foto-0343.jpg“E…state in preghiera” è questo il motto scelto dalle Suore di Gesù Redentore, istituto Stella Maris di Mondragone, per caratterizzare il loro impegno di accoglienza degli ospiti e villeggianti nella loro casa di ospitalità estiva ed invernale. La formula preghiera, spiaggia, mare e sano divertimento è quella ormai collaudata da anni e che alla Stella Maris riscuote ogni anno il successo necessario. Infatti gli ospiti e i villeggianti condividono con la comunità religiosa, composta da sei suore, i momenti della preghiera e della ricreazione, mentre è lasciato libero il tempo per il mare e la spiaggia. La giornata tipo per trascorre il periodo estivo curando lo spirito ed il corpo è così strutturata: Lodi del Mattino (in spiaggia o in cappellina); S.Messa quotidiana alle ore 7,30 nella cappella dell’Istituto; Ora media ed Angelus alle 11,45 nella cappellina. Ore 17.00 Vespro (in spiaggia o in cappella). Ore 19.00: Adorazione eucaristica in cappella. Ore 21.00 Santo Rosario in spiaggia sotto i gazebi allestiti nello spazio antistante la Stella Maris. Ore 22.00 Compieta nel giardino dell’Istituto. Chi vuole alimentarsi spiritualmente durante la giornata trova qui l’ambiente ideale, in quanto la casa religiosa, dopo aver svolto per oltre 60 anni il compito di convitto per i minori e colonia estiva, dal 2007 è stata trasformata e finalizzata a Casa di Ospitalità, di preghiera, di accoglienza, valorizzata in modo pieno e completo durante i tre mesi estivi luglio-settembre. Tutto esaurito anche per la stagione estiva 2012 e ad utilizzare la struttura non sono solo persone anziane, ma famiglie, giovani e gruppi, che hanno la possibilità di autogestirsi. Chiaramente sono gruppi di ispirazione cristiana o facenti parte delle comunità parrocchiali o di altre istituzioni religiose, che fanno capo alle Suore della Stella Maris di Mondragone in quanto più disponibili ad un’accoglienza a 360 gradi, che comprende la spiritualità, il sano divertimento e la fraternità. Già con la prima domenica di luglio, l’attività estiva è andata a regime, in quanto la struttura in questi giorni ospita circa 30 persone e già i villeggianti valorizzano i servizi religiosi e spirituali che le Suore della Stella Maris assicurano contestaulmente a tutti gli altri servizi per una qualificata e positiva vacanza al mare. In particolare, le Suore daranno significativa rilevanza ai momenti di raccoglimento che si vivranno a contatto con la natura, all’alba e al tramonto. Sono infatti previste le Lodi al Mattino, il Vespro ed il Rosario all’imbrunire e la Compieta a conclusione della giornata. Nessuna costrizione per gli ospiti, ma solo una proposta di spiritualità estiva che molti gradiscono e, proprio in ragione di questo, optano per chiedere di trascorrere le vacanze alla Stella Maris. La stuttura, d’altronde, è situata al 10 metri dal mare e per l’Istituto è riservato un ampio spazio sulla spiaggia, dove vengono allestiti i gazebi che servono anche come punti di riferimento per la preghiera del mattino e della sera. “Notiamo un crescente bisogno di preghiera  e di Dio nei nostri villeggianti -afferma la responsabile della Stella Maris, Suor Maria Paola – segno evidente della riscoperta della fede o del potenziamento della stessa anche nel periodo estivo. Questa estate 2012, la vogliamo impegnare per preparare adeguatamente i nostri ospiti ad accogliere l’anno della fede indetto da Papa Benedetto XVI nelle migliori condizioni spirituali possibile. Anche il periodo estivo e il cammino spirituale di questi giorni di vacanze appena iniziati possono dare un valido contributo a quanti sono cristiani ed hanno a cuore la loro salute spirituale e anche quella fisica e corporale. Noi auguriamo ai nostri ospiti di trascorrere giornate serenamente ricche da un punto di vista interiore, perché il resto è assciurato da un servizio di accoglienza che nel rispetto delle norme, garantisce il giusto clima per una vera e completa vacanza estiva in riva al mare, ma con il cuore costantemente rivolto al Dio creatore e a Gesù Cristo Redentore”.

 

Santa Maria Capua Vetere (Ce). La Chiesa e il Convento della Madonna delle Grazie

madonnadellegraziesmcv.jpgDSC05470.JPGLa Chiesa della Madonna delle Grazie è una struttura dei padri Francescani e con l’annesso convento, costituisce un complesso architettonico moderno, sorto nel XX secolo, quale esigenza di una presenza francescana nella città sammaritana. Il Convento facente parte della Provincia religiosa dei frati minori di Napoli, oggi è una residenza, non più una fraternità, in quanto sono soltanto due i religiosi che compongono la stessa comunità: padre Berardo e padre Masseo  entrambi di origine sammaritana. Sono questi due religiosi che portano avanti la parrocchia e le altre opere pastorali tipiche dell’apostolato dei francescani. La parrocchia si estende nella zona nord-est di Santa Maria Capua Vetere, quella in crescente sviluppo abitativo e sociale, con circa 3000 abitanti, con vari parchi e condomini, con presenze significative da un punto di vista storico, archeologico, istituzionale e sociale, quale l’Università, l’anfiteatro romano e attività commerciali e sportive di vario genere. Da qualche anno è stato attivato anche il Centro culturale francescano, su iniziativa di padre Berardo Buonanno.
Il centro culturale sammaritano è un Centro di aggregazione che partendo dal messaggio solidaristico francescano, offre una serie di attività ludico-culturali aperte a tutti. Tra i progetti perseguiti con maggiore attenzione la realizzazione di una biblioteca dove si è avviata la Lectura Dantis sammaritana. Al momento la biblioteca raccoglie circa 5000 volumi grazie a donazioni, acquisti, ma soprattutto al recupero di volumi destinati al macero in conventi francescani ormai dismessi. Oltre ad opere di grande interesse religioso quali Opera Omnia di S. Tommaso, Opere sul Francescanesimo, Storia della Chiesa e pregevoli manoscritti del ‘500-‘600 ci sono enciclopedie come quella Britannica, la Treccani, classici latini e greci, saggi di Storia dell’arte, libri di narrativa, favole etc. Anche qui i protagonisti sono i giovani della parrocchia, ma anche della fraternità francescana.
La chiesa e le opere annesse rappresentano il cuore dell’attività pastorale della parrocchia dedicata alla S.Maria delle Grazie.
La chiesa con l’attiguo convento sorge sulle rovine della Basilica dei SS. Stefano ed Agata edificata, seconda la tradizione, nel VI secolo da Germano, Vescovo di Capua e nei documenti è citata come “ecclesia S. Stephani ad catabulum” per la vicinanza ad un rudere di epoca romana, ritenuto una stalla per le bestie dell’Anfiteatro capuano.
La chiesa è costruita in forme neoromaniche su disegno dell’architetto samaritano Nicola Parisi. La facciata si presenta con una ripartizione ottenuta tramite piatte lesene che individuano tre zone affiancate; la parte il corpo centrale è a sua volta ripartito in tre parti verticalmente con al centro un arco estremamente allungato che inquadra il portale incassato ornato di cornici multiple, intagliate a fogliami. Nella lunetta, al di sopra dell’architrave, vi è un rilievo in stucco che rappresenta un angelo che dispiega un cartiglio recante l’iscrizione: D. O. M. / IN HONOREM / B. M. V. GRATIARUM. Più in alto, un altro rilievo in stucco che rappresenta la Deposizione di Cristo, copia di un quadro di Murillo, il cui corpo è sorretto da S. Francesco. Il frontespizio superiore triangolare è decorato da eleganti cornici e da archetti pensili, che corrono orizzontalmente lungo tutta la facciata. Un rosone in vetro, finestroni centinati e fasce con motivi geometrici arricchiscono il frontespizio della chiesa. Sul basamento del portale appare l’iscrizione: ARCH. N.PARISI / AD. 1908 – 1916. L’impianto planimetrico è ad aula di forma rettangolare leggermente irregolare. Realizzato in tufo, l’edificio presenta coperture con volta a crociera. All’interno è da segnalare l’arco trionfale a tutto sesto sostenuto da pilastri compositi. L’intradosso è arricchito da due cornici, a foglie d’acanto e fasce bicolori, che poggiano su capitelli corinzi sormontati da pulvini. I pilastri sono a fasce bicolori; di colore grigio, le semicolonne. L’abside minore dell’antica basilica è incorporata nell’attuale chiesa e corrisponde alla cappella della Madonna delle Grazie, mentre l’abside maggiore è visibile dal giardino del convento.

Antonio Rungi

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DSC05456.JPGPARROCCHIA SANTA MARIA DELLE GRAZIE
SANTA MARIA CAPUA VETERE (CE)

NOVENA IN ONORE DELLA MADONNA DELLE GRAZIE

1.O Vergine Santa, che dopo tanti secoli ci avete mostrato di nuovo da codesta venerata immagine il vostro materno sorriso, noi ci prostriamo al vostro altare e vi porgiamo il nostro saluto. Vi salutiamo con l’Angelo piena di grazia. Vi salutiamo con la Chiesa, Madre della divina grazia. Vi salutiamo con i Padri della Chiesa, canale di tutte le grazie.
Accogliete il nostro filiale omaggio e arricchite l’anima nostra della grazia necessaria a vivere una vita veramente cristiana, conforme agli insegnamenti del vostro divin Figlio. (Ave Maria).

2.Quale gioia è per noi, Vergine Santa, inginocchiarci al vostro altare, dove si inginocchiarono i nostri antenati, i nostri padri nella fede. Davanti alla vostra immagine, noi, valicando gli spazi del tempo, ci sentiamo uniti ad essi, nella fede e nell’amore a voi.
Aumentate con la vostra grazia questa fede e quest’amore, perché possiamo renderci sempre più degni della vostra materna protezione. (Ave Maria).

3.Fu certo, o Vergine Santa, disposizione ammirabile della divina Provvidenza che del magnifico e grandioso tempio innalzato dal Vescovo San Germano sia rimasta superstite l’edicola che contiene la vostra venerata immagine. Ciò perché era prestabilito sorgesse qui un tempio in vostro onore e si aprisse una fonte di grazia in questa valle benedetta.
Accogliete, o Madre, col vostro materno sorriso quanti vengono a dissetarsi a questa fonte celestiale, esaudite le loro preghiere e confortateli della vostra grazia. (Ave Maria).

4.Come è bello pensare o Vergine Santa che qui, dove un tempo imperversava il ruggito delle fiere, echeggi ora la melodia della preghiera, che alla dissipazione chiassosa dei giochi del circo, sia subentrato il devoto raccoglimento delle sacre celebrazioni, che dalla furia omicida dei gladiatori sia subentrata l’opera salutare dei sacerdoti che promuovono il vostro culto ed esortano tutta l’umanità alla santità della vita.
Oh Maria Vergine piena di grazia concedete a tutti abbondanti beni spirituali per le anime nostre. (Ave Maria).

5.O dolcissima Madre è per noi motivo di grande gioia chiamarvi con il titolo di Madonna delle grazie, che tra i tanti è il più dolce, il più bello. Nella vita cristiana e per la nostra vita soprannaturale, la grazia è quel che è l’aria per la vita soprannaturale. Di questa grazia Voi siete la celeste tesoriera e dispensatrice, tale vi ha costituita il Signore per la vostra generosa cooperazione all’opera dell’umana redenzione.
Concedeteci, o Madre, l’abbondanza di questa grazia perché possiamo raggiungere la nostra eterna salvezza. (Ave Maria).

6.La prima grazia che concedeste al mondo, o Vergine, fu il consenso dato da voi all’Incarnazione nel vostro seno del Figlio di Dio. I Padri della Chiesa dicono che i momenti che passarono tra la proposta dell’Angelo e la vostra risposta furono momenti di trepida attesa. Tutto il mondo era in attesa, e quando voi pronunciaste il Fiat fu un giubilo, un’allegrezza in cielo e in terra. La grazia faceva il suo ingresso nel mondo in persona del Figlio di Dio e, voi eravate l’Arca Santa che Lo portava e Lo donava all’umanità in attesa del Liberatore promesso.
Vi ringraziamo di questo immenso beneficio e promettiamo col vostro aiuto di esserne sempre più degni. (Ave Maria).

7.Per la vostra dignità incomparabile di Madre di Dio, la Santissima Trinità fece a gara per arricchirvi di tutte le grazie. E’ ben a ragione l’Angelo vi salutò piena di grazia. Piena nel tempo, perché non c’è stato istante in cui siete stata priva di grazia. Piena nel numero perché non c’è stata grazia che non vi sia stata concessa dal primo istante del vostro concepimento, fino alla vostra assunzione al cielo. La grazia ha inondata l’anima vostra in tutto, come il prisma riflette tuti i colori della luce così come l’anima vostra riflette tutte le sfumature della grazia.
Vergine Santa sia dato alle anime nostre di partecipare secondo i bisogni all’abbondanza delle vostre grazie. (Ave Maria).

8.La vostra materna sollecitudine nell’elargire le grazie di cui siete ripiena è dimostrata dalla visita alla vostra cugina santa Elisabetta. Quando apprendeste dall’Angelo che ella aveva miracolosamente concepito un figlio vi recaste sollecita alla sua dimora a prestarle i vostri umili servizi, voi costituita in tanta dignità. Al vostro arrivo la grazia investì in pieno la madre e il figlio che aveva nel seno. Elisabetta espresse commossa la sua meraviglia per tanta degnazione. Il nascituro esultò di gioia e di allegrezza: e voi prorompeste nel cantico meraviglioso del Magnificat, esaltazione stupenda dell’opera della grazia.
Visitate, o Madre, le anime nostre ed allietatele della vostra grazia come allietaste la casa di Elisabetta. (Ave Maria).

9.Ci è nota la sensibilità del vostro cuore materno, nel venire incontro ai nostri bisogni. Alle nozze di Cana non appena vi accorgeste dell’imbarazzo dei padroni di casa sussurraste all’orecchio del vostro divin Figlio: “Non hanno più vino”; Gesù rispose che non era venuta ancora la sua ora; ma la richiesta veniva da voi ed Egli non esitò a compiere il primo miracolo.
E quanti altri miracoli sono stati concessi per la vostra intercessione! La storia del cristianesimo ne è ripiena.
Vi salutiamo con la Chiesa mediatrice di tutte le grazie. Madre nostra intercedete per noi presso il trono dell’Altissimo ed otteneteci le grazie necessarie: la grazia di una fede viva ed operosa; la grazia di un amore ardente, la grazia di una carità generosa, la grazia di una vita buona e di una morte santa perché possiamo raggiungere la fecità eterna e lodare con voi per sempre la santissima Trinità. Così sia.

 

 

 

Un libretto di preghiere on-line per i maturandi

preghiere esamistato2012.jpgAlla vigilia degli esami di stato 2012 nelle scuole superiori, in cui è docente di ruolo in Filosofia e pedagogia, padre Antonio Rungi, religioso passionista e teologo morale, pubblica una seconda edizione, dopo il successo dello scorso, di un e-book (libretto telematico) in cui ha raccolto una  serie di preghiere “per sostenere spiritualmente il cammino culturale dei giovani in questo tempo di esami”. Il religioso precisa che si tratta di “un vero e proprio  libretto di preghiere tradizionali o recenti on-line che possono utilizzare gli studenti cattolici credenti e praticanti, o qualsiasi altro studente, per avere quel necessario sostegno spirituale in questo tempo di particolare bisogno di sostegno dall’alto. Si sa aggiunge il sacerdote che l’ansia e la preoccupazione per gli studenti più motivati e che si attendono risultati brillanti, frutto di un percorso serio di studi, ci vuole la necessaria serenità interiore e psicologica,per affrontare la maturità. La preghiera cristiana è di garnde aiuto da questo punto di vista. Preghiere indirizzare – afferma P.Rungi – comunque e sempre al Signore, attraverso la Vergine Santa, e con il patrocinio di alcuni tra i santi più venerati ed amati in Italia e nel mondo, quali San Giuseppe, San Pio da Pietrelcina, San Gabriele dell’Addolorata, Sant’Antonio di Padova, San Giuseppe Moscati. Santi venerati al Nord e al Sud e che nella classifica delle preghiere trovano diversa collocazione tra gli studenti che pregano in questa circostanza. Così come padre Pio è molto gettonato al Sud, Sant’Antonio lo è al Nord. Queste scelte sono motivate anche da fatto -precisa P.Rungi- che ci sono i riferimenti geografici quali San Giovanni Rotondo per Padre Pio e Padova per Sant’Antonio. Al di là dei santi a cui in questi giorni ci si voterà in modo speciale, molti ragazzi e soprattutto ragazze sono particolarmente attenti anche nel curarsi spiritualmente in occasione degli esami di maturità che, al di là di quanto si dice, rimane una delle prove più sentite della carriera scolastica, perché sono i primi veri esami in cui una persona ormai matura e non solo perché maggiorenne, deve dimostrare di possedere tutta quella cultura che ha acquisito nel corso degli anni di scuola superiore. E gli studenti sanno che si tratta di una prova che va affrontata con serietà, ma anche con la serenità. A ognuno di loro, circa 500.000 quest’anno, auguriamo –conclude padre Rungi- di sostenere un ottimo esame di stato per la soddisfazione propria, della famiglia, degli insegnanti, delle commissioni e per il bene dell’Italia che necessita di professionisti a tutti i livelli qualificati e preparati. Avere studenti preparati e maturi fa bene a tutti e sicuramente aiuta ad uscire anche dalla crisi mondiale, che riguarda in parte anche l’Italia. E penso ai vari studenti che hanno studiato nei vari licei o istituti professionali, specialmente commerciali, che hanno molto da apprendere e poi da applicare nello svolgimento della professione immediata o successiva. Quindi una prova davvero importante per il singolo studente e per la comunità sociale”.

Qui di seguito alcune preghiere che fanno parte dell’e-book

Preghiera per i maturandi

Signore Gesù, degno discepolo san Giuseppe,
tuo padre putativo e giuridico,
alla cui scuola imparasti il mestiere di artigiano,
a conclusione del quinquennio di studio da me frequentato
ti chiedo di aiutarmi a sostenere un buon esame di stato
per conseguire la tanta attesa maturità.

Sono più che mai convinto
che avrei potuto e dovuto fare molto di più
rispetto a quello che ho realizzato
in questi lunghi anni di impegno scolastico,
ma ora che il passato è alle spalle
e rimane solo la verifica finale
di questo itinerario culturale, umano, sociale e spirituale,
fa che i pochi o molti risultati raggiunti
non vengano da me sciupati con prove di esami
approssimative, scialbe e superficiali.

Fa che in questo tempo di esami
sia in grado di dare il meglio di me stesso
sia per una mia personale soddisfazione
e sia per essere riconoscente a quanti mi hanno sostenuto
in questo cammino di formazione e istruzione.

Assistimi durante i compiti scritti ed orali
con il tuo Santo Spirito, che è sapienza,
intelletto, consiglio, fortezza e scienza
perché il mio poco o molto sapere
si manifesti a quanti dovranno verificare
le mie conoscenze, competenze e capacità
nel modo migliore per me e per i miei esaminatori.

A conclusione dell’intero periodo di esami
spero dal profondo del cuore
di ricevere il meritato voto, frutto del mio studio,
del mio impegno e non di raccomandazioni
o sotterfugi e intrighi vari
che non fanno onore ad uno studente
retto di cuore, di sani principi morali
e con una chiara coscienza del suo operato. Amen.
(Padre Antonio Rungi)

Preghiera a San Pio da Pietrelcina

O diletto figlio di San Francesco d’Assisi e della terra sannita,
che fosti chiamato da Dio
a percorrere la strada stretta dei consigli evangelici
e ad assimilarti, ogni giorno, al mistero del Cristo Crocifisso,
ora che godi della visione beatifica di Dio
concedi ai tuoi devoti
le grazie spirituali di cui hanno bisogno.

Tu sacerdote di Cristo
che hai vissuto nella totale fedeltà a Lui,
concedi anche a noi di essere fedeli
ai nostri impegni cristiani e sociali.
Tu autentico devoto della Madre di Dio
che affidasti a Lei il tuo ministero sacerdotale
concedi a noi tuoi figli spirituali
di amare con la stessa intensità del tuo amore
la Madre di nostro Signore.

Tu che hai amato di intenso amore
la santa Chiesa ed il Sommo Pontefice
concedi ai cristiani del nostro tempo
di difendere dagli attacchi dei nemici di Cristo
la sua sposa castissima.

O San Pio da Pietrelcina
fa di tutti noi, mediante la tua intercessione presso il Signore,
degni discepoli dell’unico Maestro,
alla cui scuola tu hai realizzato il tuo progetto di santità.

Benedici quanti confidano nel tuo patrocinio presso Dio,
difendici dalle insidie del maligno,
proteggi i nostri bambini, i giovani, gli ammalati, gli anziani
e tutti coloro che non contano nella nostra società.
Amen.
(Padre Antonio Rungi)

PREGHIERA A SANT’ANTONIO DI PADOVA

O glorioso S. Antonio, amico della gioventù,
a te mi rivolgo con fiducia,
a te affido le mie aspirazioni e i miei desideri.

Aiutami a vivere nella purezza di cuore,
costante nella pratica della vita cristiana
e fa che io sia capace di attuare gli ideali più belli.

Ti raccomando il mio studio e il mio lavoro che voglio,
affrontare con serietà in modo da formarmi alla vita
ed essere utile alla mia famiglia e al mio prossimo.

Fa che io possa avere sempre delle vere e sane amicizie,
tienimi lontano da ogni male
e aiutami ad essere forte nelle mie convinzioni cristiane.
Proteggimi sempre e intercedi per me presso il Signore Gesù.
Amen.

 

PREGHIERA A SAN GIUSEPPE LAVORATORE

 

Glorioso san Giuseppe,
modello di tutti quelli che sono votati al lavoro,
donami la grazia di lavorare con spirito di penitenza
per l’espiazione dei miei numerosi peccati;
di lavorare con coscienza,
ponendo il culto del dovere al di sopra delle mie inclinazioni;
di lavorare con riconoscenza e gioia,
osservando come un bravo dipendente,
e di sviluppare attraverso il lavoro i doni ricevuti da Dio;
di lavorare con ordine, pace, moderazione e pazienza,
senza mai indietreggiare davanti alla stanchezza e alle difficoltà;
di lavorare soprattutto con intenzioni pure e con distacco da me stesso,
avendo continuamente davanti agli occhi la morte
ed il conto che dovrò rendere del tempo perso,
dei talenti inutilizzati e delle vane compiacenze legate al successo,
se funeste all’opera di Dio.
Tutto per Gesù, tutto per Maria,
tutto a tua imitazione,
o santo patriarca Giuseppe!
Tale sarà il mio motto nella vita e nella morte. Amen. (Pio V)

 

Preghiera di un giovane a San Giuseppe Artigiano

 

San Giuseppe,
il Figlio di Dio stesso ti ha scelto per essere suo padre,
la sua guida e il suo protettore durante l’infanzia, la sua adolescenza e la sua giovinezza.
Lui ha voluto essere condotto da te lungo tutto il cammino della sua esistenza terrena.
Tu hai compiuto il tuo uffizio con grande fedeltà.
Anch’io ti affido la mia giovinezza.
Nel nome di Gesù, io ti chiedo di essere la mia guida ed il mio protettore,
oso dire mio padre lungo il pellegrinaggio della mia vita.
Non permettere che io mi allontani dal cammino della vita che è nei comandamenti di Dio.
Desidera essere il mio rifugio nelle avversità,
la mia consolazione nelle pene, il mio consigliere nei dubbi,
fino a che salirò al Cielo, dove esulterò in Gesù mio Salvatore con te,
la tua Santissima Sposa Maria e tutti i santi.
Amen.

 

Preghiera a San Giuseppe da Copertino per il felice esito degli esami

 

O Santo Protettore, tanto benigno verso chi vi invoca e tanto generoso verso chi vi chiede grazie, ascoltatemi nelle mie attuali angustie.
Per quell’amore che vi rapiva in Dio, per l’infiammato affetto che vi fece devotissimo della Madre del Signore, per la singolare devozione che vi rese inimitabile seguace del vostro padre e maestro Francesco di Assisi, aiutatemi, vi scongiuro, in questi giorni di preparazione alla prova/esame che presto dovrò affrontare.
Fate che quanto ho seminato sia per me ricco di raccolto; datemi la gioia di un esame pieno di conforto e privo di trepidazioni. Tanto io da voi attendo, o caro Santo, anche in considerazione di ore forse non degnamente sfruttate per lo studio…
Voi le conoscete le dure vigilie dell’esaminando: Dio vi consolò facilitandovi sempre ed in modo singolarissimo.
Assistetemi e fate che altrettanto avvenga per me, in modo che possa con prontezza e vivacità superare quel timore che invadendo l’animo mi ottenebra la mente.
La mia fiducia è dunque in voi o protettore mio.
Fate che le mie speranze non vadano deluse!
Amen.

 

PREGHIERA A SAN GIUSEPPE MOSCATI PER CHIEDERE UNA GRAZIA
Amabilissimo Gesù, che ti degnasti venire sulla terra per curare
la salute spirituale e corporale degli uomini e fosti tanto largo
di grazie per San Giuseppe Moscati, facendolo un medico secondo
il tuo Cuore, insigne nella sua arte e zelante nell’amore apostolico,
e santificandolo nella tua imitazione con l’esercizio di questa duplice,
amorevole carità verso il prossimo, ardentemente ti prego
di voler glorificare in terra, il tuo servo nella gloria dei santi,
concedendomi la grazia…. che ti chiedo, se è per la tua
maggior gloria e per il bene delle anime nostre. Amen.

 

Preghiera a San Gabriele dell’Addolorata

 

O giovane santo, innamorato della Vergine Addolorata
che ai piedi del Crocifisso con Maria
imparasti a vivere la passione di Cristo,
fa che nella chiesa di oggi e nella società umana
rifiorisca quell’amore al Redentore
che è stato il motivo dominante
della tua coraggiosa scelta di consacrazione Signore.
Tu alla scuola di san Paolo della Croce
imparasti a vivere nel silenzio, nella solitudine del convento,
nella preghiera incessante e nella penitenza più totale,
fa che anche noi, uomini e donne del ventunesimo secolo,
sentiamo il bisogno di fare esperienza del deserto,
entrando in quel cammino di conversione permanente
che porta il credente a mettere al centro della propria esistenza
solo Colui che è la nostra vera gioia e felicità in questa terra e nell’eternità.
Dal Paradiso proteggi tutti i giovani del mondo,
in questo tempo di forte crisi di valori e di identità,
nel quale è facile smarrirsi e deviare,
senza più ritrovare la strada che riporta a Dio e all’eternità
Essi hanno bisogno in modo singolare
del tuo speciale patrocinio dal trono di Dio,
dove in eterno contempli il tuo amato Signore
e godi della visione beatifica della Vergine Santa,
tua e nostra amatissima Madre.
Non permettere che nessun giovane di questa terra
perda la speranza e la fiducia in Dio e nel prossimo,
ma ognuno sappia sperare in un mondo migliore
e in una nuova umanità, in  cui regnerà per sempre la giustizia e la pace.
Ti affidiamo in modo singolare i bambini ed i fanciulli dell’Italia e del Pianeta intero, perché possano vivere in un mondo riconciliato nell’amore.
Assisti quanti sono nelle difficoltà di ogni genere e dal cielo fa scendere,
attraverso la tua potente intercessione, abbondante la benedizione del Signore.
Benedici, o Gabriele, quanti ricorrono a te con fede,
chiedendo, tramite te, al Padre di eterna bontà e carità,
quanto è necessario per una degna vita umana,
contrassegnata da tante sofferenze, privazioni e prove di ogni genere.
Tu che occupi uno speciale posto nel cuore di Gesù e Maria,
fa che possiamo vivere in questo mondo
in stretta amicizia con il Figlio di Dio e la Madre di Dio.
Dal tuo santuario dell’Isola del Gran Sasso
dispensa a tutti gli uomini della terra ed ai tanti devoti e tuoi fedeli
il dono del vero sorriso che proviene da Dio,
la pace del cuore che viene da un cuore riconciliato con il Signore,
la bontà e la misericordia per quanti necessitano del perdono del Signore,
perché lontani da Lui e peccatori incalliti
nel vizio del male e di ogni depravazione morale.
Ottieni dal Signore il ritorno ai retti costumi
in ogni campo del vivere umano, sociale ed ecclesiale
e il mondo possa godere di una stabile pace su tutta la terra, senza conflitti, divisioni e paure di qualsiasi genere.
Gabriele, tu che tutto puoi ed ottieni dal Signore,
non dimenticarti di nessuno di noi.
 Amen.
(Padre Antonio Rungi)

 

PREGHIERA A SAN LUIGI GONZAGA
O amabile San Luigi,
la cui illibata purezza rese simile agli Angeli,
e l’ ardente amore a Dio eguagliò ai Serafini del Cielo,
volgete su di me uno sguardo di misericordia.
Voi vedete quanti nemici mi attornano,
quante occasioni insidiano all’ anima mia;
e come la freddezza del mio amore a Dio
mi metta a pericolo di offenderlo ad ogni piè sospinto
e di allontanarmi da Lui, lasciandomi adescare ai fallaci piaceri di terra.

 

Salvatemi Voi, o gran Santo… a Voi mi affido.
Impetratemi Voi ardente amore a Gesù Sacramento
ed ottenetemi grazia ch’ io sempre mi accosti
al Banchetto Eucaristico con cuore puro e contrito,
ripieno di fede viva ed umiltà profonda.
Le mie comunioni allora saranno,
come le furono per Voi,
potente farmaco d’ immortalità,
soave profumo dell’ eterno bacio di Dio. Amen

 

 
Preghiera a Santa Rita da Cascia

 

Sotto il peso e tra le angosce del dolore,
a Voi che tutti chiamano la santa degli impossibili,
io ricorro nella fiducia di presto averne soccorsi.
Liberate, vi prego, il mio povero cuore,
dalle angustie che da ogni parte l’opprimono,
e ridonate la calma a questo spirito che geme,
sempre pieno di affanni.
E giacché riesce inutile ogni mezzo a procurarmi sollievo,
totalmente confido in Voi
che foste da Dio prescelta per avvocata dei casi più disperati.
Se sono di ostacolo al compimento dei miei desideri,
i peccati miei ottenetemi da Dio ravvedimento e perdono.
Non permettete, no, che più a lungo sparga lacrime di amarezza,
premiate la mia ferma speranza,
ed io darò a conoscere dovunque
le grandi vostre misericordie verso gli animi afflitti.
O ammirabile sposa del Crocifisso,
 intercedete ora, sempre per i miei bisogni. Amen