Archivi Mensili: agosto 2009

Il commento alla parola di Dio

Ventiduesima domenica del tempo ordinario

 

30 agosto 2009

 

La religione dell’apparenza e la religione del cuore.

 

di padre Antonio Rungi

Celebriamo oggi la XXII domenica del tempo ordinario e il Vangelo di Marco c’è un discorso molto severo di Cristo nei confronti del popolo di Israele e in particolare verso quanti onorano Dio solo con le labbra, ma non si lasciano prendere dal cuore, cioè dalla profondità della fede e della religione. Tanto è vero che Gesù condanna apertamente quanti tra i suoi conterranei e contemporanei sono molto attenti all’osservanza esterna della legge di Dio e trascurano invece comandamenti molto più importanti, quali la carità, la giustizia, la verità. Esemplari di una religiosità fatta solo di riti, di prescrizioni, di pura osservanza esteriore sono i farisei, ben conosciuti per il loro modo di agire ligio alle norme esteriori, ma pochi inclini all’amore, alla misericordia. Sono passati nella storia del pensiero cristiano e laico come coloro che salvano la faccia, ma nel privato, nella vita profonda del loro essere sono incapaci di gesti di bontà, misericordia, perdono. Non bisogna andare ai tempi di Gesù per ritrovare, in modo accentuato, oggi, le stesse categorie di persone che, in ogni ambito, compreso quello religioso, tendono solo a salvaguardare la faccia, a dare un’immagine perfetta di se stessi a livello esterno, ma che poi non sono capaci di riflettere nel cuore i valori e le cose che davvero contano davanti a Dio e ai fratelli. Il Vangelo di oggi ci impone una severa rilettura del nostro modo di credere, del nostro modo di esprimere e manifestare la fede, molte volte solo esteriorità, apparenze, manifestazioni, liturgie svuotate dal consapevole e sentita partecipazione alla vita della grazia. Una mentalità che affiora sempre più di un uso occasionale della fede, tipo usa e getta, tanto da fare determinate cose religiose (vedi i sacramenti dell’iniziazione cristiana e lo stesso matrimonio) solo per tradizione, solo perché si è fatto sempre così, senza capire a volte l’importanza della scelta che si sta facendo davanti a Dio. I tanti battezzati dove sono? I tanti bambini che hanno ricevuto e rivedono ogni anno la santa comunione, dove sono nelle nostre comunità parrocchiali. I tantissimi giovani che hanno ricevuto il sacramento della cresima, dove vanno, quale itinerario continuano a fare dopo questo sacramento. Le famiglie cristiane fondate sul sacramento del matrimonio dove sono più, quali risposte danno alla cultura della dissacrazione della famiglia e della sua repentina distruzione.  E tanti altri temi sensibili a livello religioso: come la preghiera, la partecipazione alla messa, alla confessione, alla vita della comunità ecclesiale, alle opere di bene, alla condivisione e alla solidarietà. Ecco c’è davvero molto da pensare e riflettere su questo brano della parola di Dio di oggi.
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Cristo ci invita ad un cambiamento radicale di marcia e di direzione ci invita ad una seria conversione del nostro cuore e della nostra vita. Non possiamo non fare attenzione a quanto troviamo scritto qui dentro, per la nostra personale santificazione e per la salvezza dell’umanità intera. Queste sono parole sante e santificanti. Sta a noi recepirle e metterle in pratica, eliminando tutto il male che sta nel nostro cuore e nella nostra vita. Sono dodici le parole che sono citate in questo testo e che indicano la depravazione morale in cui viene a trovarsi l’uomo quando agisce solo per fini indegni: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Vedo in questo numero dodici in negativo quello che può essere l’imperfezione totale, rispetto al numero 12 in positivo che viene indicato nella storia e nei simboli dell’antico e nuovo popolo d’Israele.

San Giacomo nel brano della seconda lettura di oggi ci riporta alla nostra responsabilità diretta che abbiamo rispetto all’accoglienza della parola di Dio e della sua pratica attuazione. Non possano essere tra quelli che ascolano solo, ma è necessario collocarsi tra quelli che operano in ragione e in risposta della parola ascoltata e meditata. I cristiani delle pie intenzioni ce ne sono tanti, quelli che alle pie intenzioni fanno corrispondere sante azioni ce ne sono pochi. Ecco perché la crisi di fede oggi non è più strisciante, marginale, ma evidente e consistente. . Una riposta concreta la troviamo in questo brano della parola di Dio che ci interpella. “Fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature. Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi. Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo.

Una religione che proclama soltanto, annuncia, emette sentenze è una religione vuota se a queste cose non corrispondono fatti dei singoli e della comunità. Religione pura, infatti, ci ricorda san Giacomo, che è molto esplicito al riguardo, è senza peli sulla lingua, come si dice nel linguaggio comune, è questa: “visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo”.

Non ci resta altro da fare che andare all’origine di questa nostra religione e fede, non solo nel senso biblico e storico, ma nel senso personale e familiare. Se oggi siamo ancora cattolici o diciamo di esserlo bisogna che questo nostro modo di vivere la cattolicità sia espresso con comportamenti consoni alla fede alla quale apparteniamo. Non si può accettare una parte ed escludere l’altra. Ogni regola, ogni legge, ogni consiglio è utile per la nostra santificazione come ricorda il testo della prima lettura odierna, tratto dal Libro del Deuteronòmio. Emerge qui di nuovo la figura del grande condottiero verso la libertà, quel Mosé che il Signore scelse come guida di Israele dalla schiavitù dell’Egitto alla Terra Promessa: “Mosè parlò al popolo dicendo: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”. Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do?».

Quelle che Dio ha consegnato a Mosè, i dieci comandamenti, sono norme giuste, che servono a mantenere unito un popolo, a farlo camminare nella moralità e nella verità, sia nel tempo presente e soprattutto in vista di quella Terra promessa che è l’eternità. Dio non ha abbandonato mai il suo popolo. Dio ha fatto sentire ad Israele la sua vicinanza, con indicare la strada giusta da percorrere se vuole salvarsi. Osservare la legge di Dio a partire da quelle dieci norme, è garanzia per tutti di vita e benedizione, di pace e riconciliazione, di onestà e rettitudine, di rispetto di se stessi e degli altri, della difesa del bene comune e del bene personale, della famiglia, della donna, della proprietà, della fedeltà, delle buone e rette intenzioni. In poche parole la vita incentrata su Dio evita la ricorsa che l’uomo fa per raggiungere beni e benesseri che non lo possono appagare perché come dice il grande Agostino, il nostro cuore è inquieto finquando non trova Dio e riposa nel cuore di Dio. Non avrai altro Dio, se non il Dio che ha manifestato il suo amore, inviando a noi il suo Figlio Gesù e sacrificandolo per noi sulla croce.

Sia questa la nostra preghiera che esprima la nostra volontà di ricominciare e ricominciare davvero o di continuare il cammino con maggiore cognizione dei nostri diritti e doveri di fedeli: “Guarda, o Padre, il popolo cristiano radunato nel giorno memoriale della Pasqua, e fa’ che la lode delle nostre labbra risuoni nella profondità del cuore: la tua parola seminata in noi santifichi e rinnovi tutta la nostra vita.

 

Messaggio di Padre Antonio Rungi

PadreRungi-blog.jpgComunicazione importante

———————————–

Da qualche amico mi è stato segnalato che su questo mio blog, soprattutto di notte, vengono inserite informazioni immorali e di dubbia provenienza, nei blog di aggiornamento sistematico che viene fatto dal server. Sono informazioni e segnalazioni che non mi appartengono e non mi apparterranno mai. Ringrazio quanti mi hanno segnalato questo modo improprio, illegale ed immorale di segnalare automaticamente su blog di altri informazioni di dubbia provienienza e con il chiaro intento di mettere in difficoltà il mio lavoro di sacerdote, di teologo morale. Sappiamo i rischi della rete e quindi dobbiamo usare tutte le stategie per difenderci da quanti in rete ci sono per fare il male e non il bene. Noi siamo dalla parte di coloro che lavoriamo in questo settore per il bene, per la diffusione del Vangelo, per la moralità, per tante altre cause di natura culturare ed informativa seria. Vi invito a segnalarmi eventuali altri abusi su questo mio blog, in modo da denunciare alle autorità competenti violazioni di ogni genere.

Con i consigli degli esperti ho provveduto ad eliminare la barra laterale degli aggiornamenti automatici dei blog del sistema. Quindi non dovrei aver più problemi.

Comunque se riscontrate qualche anomalia segnalatemi direttamente la cosa, come hanno fatto amici che mi conoscono, mi stimano e sanno effettivamente chi sono e cosa faccio. Sono un sacerdote, teologo morale, professore e giornalista. Quindi lavoro in un campo di massima serietà e moralità e non potrei mai essere dalla parte di coloro che sono contro questi valori. Non sponsorizzo nessuna causa che va contro la morale, la religione, la vita, la giustizia, il rispetto della legge.

La mia e-mail è la seguente: antonio.rungi@tin.it

Ringrazio di cuore chi mi ha segnalato ieri ed oggi abusi che si stavano perpretando su questo blog a mia insaputa.

Padre Antonio Rungi

 

Il commento alla parola di Dio di domenica 23 agosto 2009

Ventunesima domenica del tempo ordinario

 

23 agosto 2009

 

La sequela di Cristo impegna per tutta la vita

 

di padre Antonio Rungi

Celebriamo oggi la XXI domenica del tempo ordinario e il Vangelo di Giovanni, centro della nostra riflessione e meditazione di oggi ci riporta ai discorsi di Gesù. Questa volta il Signore cerca di capire chi è davvero dalla sua parte, premesso che già è a conoscenza della situazione interiore di ciascuno degli apostoli e dei discepoli, leggendo di fatto nei loro pensieri e nei loro cuori, e domanda se vogliono continuare a stare con Lui o andarsene via, come già alcune avevano fatto. La sua parola, l’essere vicino a lui non è un gioco, non è un divertimento del momento, né una positiva esperienza di una giornata, ma ci vuole fedeltà, costanza, forte impegno. Chiede Gesù a suoi discepoli la totale disponibilità al suo progetto di salvezza, alla sua persona. Chiede, in altri termini, la fede, la fiducia non di un istante, ma per sempre. Il testo del Vangelo, ricco come sempre, di spunti di meditazione per la condizione spirituale di ciascuno di noi, ci fa ipotizzare tre categorie di persone: quelle che seguono Cristo con coraggio, convinti, senza pretendere nulla; quelle che lo seguono in attesa di qualche evento ed ulteriore segnale che potesse volgere a loro favore; quelle che seguito Cristo per un tempo, non ne avvertono più la necessità, se ne vanno via e non vogliono sentire più discorsi. Tre categorie, in sintesi si possono delineare: quella dei credenti, degli pseudo-credenti e di non credenti o apostati. Di fronte alla scelta di Dio e di Cristo nella nostra vita è lecito domandare oggi a noi ciò che Gesù chiede a Pietro, quale capo del collegio degli apostoli e sapere dalla sua viva voce cosa intendono fare per il futuro, visto che diversi discepoli per la parola coraggiosa ed impegnativa di Cristo lo avevano abbandonato. Domanda di rito: volete andare via anche voi? La risposta poteva essere sì, anche noi vogliamo andare via, vogliamo abbandonarti, non abbiamo più interessi, né motivazioni che ci spingono a stare con te. Invece Pietro interviene a titolo personale e del gruppo ed esprime il suo pensiero e la sua prospettiva di vita in compagnia del Maestro: “Signore da chi andremo tu solo hai parole di vita eterna”. Aveva capito che il linguaggio di Cristo era di ben altra consistenza rispetto ai tanti maestri del suo tempo. Egli ha un orizzonte di eternità che prospetta ai suoi fidati amici. Ecco perché che chi aveva in qualche modo già entrato nella dinamica della grazia e del dono della fede, conta su Gesù, investe su di Lui, scommette sulla sua persona non per una vincita di un premio (forse c’era anche questa attesa, a leggere attentamente il vangelo nella sua completezza) ma per un premio che ha sapore di eternità. La parola di Cristo li affascina e senza quella Parola, cioè senza Dio (Gesù Cristo è la Parola di Dio, è il Verbo, la Parola Incarnata) non si può vivere. Non c’è puoi orientamento, non ci sono più certezze, tutto diventa precario, soggettivo, relativo, ognuno va per la sua strada, ognuno pensa ed agisce come crede, è anarchia morale e spirituale, caos che non porterà progressivamente all’ordine, ma aumenterà il disordine. E’ quello che avviene oggi a livello morale e in tanti settori. L’uomo vive come se Dio non esistesse e quindi si legittima da solo ogni assurdo comportamento che offende da dignità di se stesso e degli altri esseri umani e della stessa creazione nel suo complesso. Leggendo il testo del Vangelo di Giovanni, oggi comprendiamo quando al di fuori di un riferimento religioso, di una morale cristiana o naturale l’uomo tende a smarrirsi ed oltre a perdere il senso di Dio, perde anche il senso di se stesso, della vita, delle cose che fa e non ha più vere e rassicuranti prospettive. Magari si inventa e alimenta delle illusioni, costruisce un mondo di favole e di chimere che si sciolgono come neve al sole, per poi motivare che il tutto era stato falsamente impostato o programmato. Il programma di Cristo è ben leggibile nelle sue parole di verità, nella precisione di ciò che intende realizzare. Nel Vangelo troviamo il suo progetto di vita per il mondo e per chi in questo mondo vuole fare la scelta per il Signore. “In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Come sempre ci vuole accostarsi al discorso religioso a Dio, non può farlo solo con la ragione, con la filosofia, con la ricerca scientifica, ma è necessario partire dalla fede. Noi come Pietro dobbiamo riconoscere che Cristo è “Il Santo di Dio”, cioè Dio stesso in persona che è presente nel mondo e che ritornerà da dove è venuto. L’inviato del Padre, il redentore prospetta ai suoi apostoli non solo lo scandalo della croce, ma la gioia della risurrezione e dell’ascensione al cielo. In poche parole, Cristo educa alla fede vera, indirizza verso il nucleo centrale della dottrina che Lui è venuta a far conoscere. Diciamo che svolge, attraverso la sua parola, una forma di catechesi o di evangelizzazione in cui va al cuore dei problemi e non si ferma all’apparenza, né tantomeno per accaparrarsi la simpatia della gente e il consenso manipola la verità, mistica o promette cose che non può mantenere. Cristo è chiaro e trasparente nel linguaggio è luce che illumina è maestro che forma e guida alla verità. Egli chiede fedeltà e coerenza. Come d’altra parte leggiamo, in un contesto completamente diverso, relativamente al Vecchio Testamento nella prima lettura della liturgia della parola di oggi, tratta dal Libro di Giosuè. “In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio». Come sempre nella storia e nella vita di ciascuno di noi o di una nazione che un momento in cui bisogna scegliere: la via di Dio o la via di altri dei. Il bene o il male, la sicurezza o l’incertezza, la fede dei propri avi o quella dell’autonomia individuale. Giosuè nel suo ruolo di guida del popolo di Israele, nella sua responsabilità e compito di sapere cosa pensasse quel popolo che Dio si era scelto e che era stato già contrassegnato da tanti benefici dall’Alto, chiede democraticamente, a modi di referendum, di sondaggio di opinione e di vera espressione di voto, cosa vogliono fare se continuare sua strada dell’Alleanza sinaitica oppure altra religione. Il popolo convinto di essere sulla strada giusta afferma senza mezzi termini: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi!”. Una dichiarazione di intenti che dovrebbe aiutarci a capire che quando si fanno delle scelte, bisogna poi mantenere. Non bisogna svendere la propria fede, i propri principi morali, religiosi per rincorrere altri modelli di vita o di religiosità. La parola data a Dio va mantenuta e rispettata, altrimenti diventiamo canne al vento che cambiano bandiere facilmente, senza trovare pace a nessuna parte. Le scelte fatte con convinzioni vanno mantenute a costo di grossi sacrifici e rinunce.  Ci aiuta in questo discorso il testo della lettera agli Efesini che ascoltiamo oggi come secondo brano biblico della liturgia della parola, con il riferimento alla sacralità del matrimonio e della famiglia. Tema molto attuale e dibattuto ai nostri giorni, falsamente interpretato da chi non vuole entrare nella logica dell’amore, del rispetto, della collaborazione che sottostà ad ogni scelta di vita coniugale e familiare. Di fronte alla crisi delle nostre famiglie, a tanti fallimenti nella vita coniugale, questa parola ci viene in aiuto e ad illuminarci perché possiamo tutti, a diverso titolo e grado, collaborare per il recupero della dignità del matrimonio, della famiglia, della donna, dei figli e dell’uomo. “Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!”. La dignità del matrimonio è evidenziata nell’analogia con la Chiesa e con la sua struttura. All’interno dell’uno e dell’altra deve circolare la carità e l’amore. Le regole sì, le leggi pure, ma alla base di tutto ci deve essere l’amore, la carità, quel sottomettersi l’uno all’altro che è indice di umiltà, volontà di collaborare per il bene della famiglia, senza presunzioni, arroganze, superbie, sopraffazioni. Consiglio a coniugi che vivono insieme, a quelli che sono in fase di separazione e che si sono spostai in chiesa con il sacramento nuziale di valutare attentamente queste parole prima di assumere qualsiasi decisione soprattutto se porta allo sfascio della famiglia e se nella famiglia ci sono bambini e minorenni. La sacralità e la dignità del matrimonio e della famiglia vanno sempre salvaguardate, tranne il caso in cui il sacramento non c’è mai stato, per cui l’atto posto in essere è nullo, ed è nullo perché davvero mancano i presupposti per essere vero.

Sia questa la nostra preghiera che eleviamo al Signore dal profondo del nostro cuore: “O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo
là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia”.

Signore facci assaporare la gioia di essere uniti, di essere in amici, di superare le incomprensioni, le divisioni, le lotte e questo in ogni luogo, m soprattutto nella famiglia, ove, oggi, maggiormente si avverte la fatica e il peso di continuare nel cammino intrapreso, promettendo amore eterno davanti a te. La vera gioia su questa terra è vivere vicino a Te Signore ed essere in pace con la nostra coscienza e con tutti.

 

Dodicesima ed ultima meditazione degli esercizi spirituali

santasperanza.jpg12. Beata Vergine Maria, Madre della Santa Speranza.

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, afferma che la beata Vergine «brilla ora sulla terra innanzi al peregrinante popolo di Dio, quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (cfr 2Pt 3,10) LG 68.

Queste parole si ritrovano quasi alla lettera nel Prefazio della messa della beata Vergine Maria assunta in cielo. La Chiesa considerando la funzione della beata Vergine nella storia della salvezza, spesso la invoca «speranza nostra» e «madre della speranza»: si rallegra per la natività della beata Vergine Maria «che è stata speranza e aurora di salvezza per il mondo intero»; meditando sulla sua maternità salvifica canta supplice: «Ave, speranza nostra, in te vinta è la morte, la schiavitù è redenta, ridonata la pace, aperto il paradiso»; nel mistero della gloriosa Assunzione della Madre di Dio scorge come la speranza sicura della salvezza, che risplende dinanzi a tutti i fedeli attraverso le asprezze della vita. Il 9 luglio in alcune Chiese particolari si celebra la memoria liturgica della beata Vergine Maria madre della santa speranza, come nella Congregazione della Passione, i Passionisti, fondata da San Paolo della Croce (Ovada, 1694-Roma,1775).

La devozione alla Vergine santissima, sotto il titolo di madre della santa Speranza, si sviluppò nella Congregazione dei Passionisti fin dai suoi inizi, a partire dal Fondatore San Paolo della Croce, ma promossa in modo speciale dal grande missionario p. Tommaso Struzzieri, divenuto poi vescovo, che ne portava con sé una immagine nelle missioni.

In seguito tale immagine, per opera del p. Giovanni Battista Gorresio, successore di san Paolo della Croce, fu riprodotta in serie e passò ad ornare le camere dei nostri religiosi, desiderosi di elevare ad essa lo sguardo e di invocarla nelle proprie necessità spirituali. La speranza che la Vergine presenta e a cui chiama è la croce che Gesù Bambino tiene in mano come segno del suo amore, manifestato a noi fino alla morte di croce.

Uno dei grandi devoti della Madonna della Santa Speranza fu il beato Domenico della Madre di Dio (Barberi). Nato a Viterbo nel 1792  a 22 anni entrò nei Passionisti. Ordinato sacerdote, cominciò la sua opera di predicazione in Italia, ma soprattutto in Inghilterra, dove ricondusse alla fede cattolica moltissimi fedeli e ministri, tra i quali anche John Henry Newman, futuro cardinale di Santa Romana Chiesa. Fu apprezzato dai Papi Leone XIII, che lo conobbe di persona quando era nunzio a Bruxelles, e Pio X, che ne ricordò la figura in una lettera del 1911.

Fu uomo di vasta erudizione, come dimostrano molte sue opere filosofiche, teologiche e ascetiche. Morì a Reading nel 1849. È sepolto a Sutton-Oak nel ritiro di Sant’Anna, presso Liverpool. Fu sempre amante tenerissimo della Madre di Dio, dalla quale come lui stesso afferma nella sua autobiografia, ripeteva ogni grazia a favore celeste: quello soprattutto di essere mandato a predicare la fede cattolica tra i popoli protestanti.

Dalla sua mariologia vi propongo una riflessione su Maria Madre della Santa Speranza.

Fra gli altri titoli che con ragione convengono a Maria, vi è quello di “Madre della santa Speranza”. E’ la speranza quella virtù, la quale, come un’ancora, tiene forti le navi delle nostre anime nel pelago burrascoso di questo secolo infelice; è quel conforto che ci è rimasto dopo la caduta; quel sollievo che ci sostiene nel nostro abbattimento, che ci dà coraggio nell’esercizio delle virtù cristiane. Si definisce dai teologi virtù divinamente infusa, con la quale noi con certa fiducia aspettiamo da Dio la vita eterna ed i mezzi che ad essa conducono. Maria, come Madre della Speranza, certamente la possedette in grado eroico in tutta la sua estensione. Ella invece di porre, come purtroppo si fa dagli uomini, la sua fiducia nelle persone di questo mondo, non la collocò in altri che nel solo Dio; altro non aspettò, né altro cercò se non la vita eterna e ciò che ad essa conduce. Questa terra con tutto ciò che in essa si ammira o che forma ordinariamente il desiderio degli illusi figli di Adamo, era per lei come se non vi fosse. La terra era un deserto per Maria, per cui gli Angeli stessi qua­si sorpresi per il distacco del suo cuore da ogni cosa creata, sembrava che dicessero: « Chi è mai costei che se ne ascende dal deserto, ripiena di delizie, appoggia­ta sopra il suo diletto? » (Ct 8, 5). Maria, sebbene ricolma di eccelse grazie ed esente dal fomite della colpa, pure non poneva in se stessa e nelle sue forze la confidenza, ma solo in Dio, dal quale sapeva discendere ogni bene ottimo ed ogni dono per­fetto. In Dio ella ripose sempre la sua confidenza in mezzo ai pericoli, alle persecuzioni, quando fu costretta a fuggire perfino dal paese nativo; in Dio sperò anche nel tempo della morte del suo divin Figlio, della disper­síone degli Apostoli; in Dio sperò inoltre nelle perse­cuzionì eccitate contro la Chiesa nascente, tenera e amabile sposa del suo dìvin Figlio. Armata di questa confidenza, si mantenne sempre costante in tutte le vi­cende più disastrose, anzi sostenne anche gli altri, che, abbattuti, facevano ricorso a lei, come a madre: dan­do confidenza ai deboli, porgendo la mano benigna ai caduti, animando i forti a confidare sempre di più. Né dobbiamo credere che al presente ella si sia di­menticata di esercitare tale ufficio di materna pietà. No, certamente. Anche al presente, dall’alto soglio, dove è assisa, stende la sua mano materna per solleva­re i caduti; apre il suo seno per dare loro confidenza; va ella incontro a loro per animarli a risorgere, « si mostra loro ben disposta e va loro incontro con ogni benevolenza » (Sap 6, 16); fa coraggio ai buoni; impe­tra loro intrepidezza in mezzo alle vicende umane, perché non soccombano; anima i pastori, ravviva il gregge di Cristo. In una parola ella si dimostra sem­pre a tutti faro di speranza, cioè Madre della santa Speranza.

Nella celebrazione della memoria della Madonna, la Madre di Cristo è venerata:

        perché alimentò continuamente la virtù della speranza nel corso della sua vita terrena;

        «ripose ogni fiducia» nel Signore;

        «attese nella speranza e generò nella fede il Figlio dell’uomo, annunziato dai profeti»;

        perché, assunta in cielo, è divenuta «la speranza dei fedeli»;

        è l’«aiuto dei disperati» e assiste, ristora e consola tutti coloro che ricorrono a lei

        perché risplende dinanzi a tutti i figli di Adamo come «segno di sicura speranza e consolazione» «finché splenda glorioso il giorno del Signore».

        Maria può giustamente dire di se stessa: Io sono la madre del bell’amore e della santa speranza. In me è la grazia per ogni via e verità, in me ogni speranza di vita e di virtù.

Preghiera

 

Santa Maria della Speranza,

mantieni viva la nostra attesa

O Madre di speranza e Madre nostra

a te noi rivolgiamo il nostro sguardo;

addita sempre a noi il Salvatore,

nell’ora della gioia e della prova.

Ci hai donato l’atteso di ogni tempo

tante volte promesso dai profeti.

Ora noi con fiducia domandiamo

la forza che dà la vita al mondo nuovo.

Sei apparsa come aurora del nuovo giorno

che ha visto Dio venire sulla terra.

Ora noi attendiamo il suo ritorno

lottiamo per l’avvento del suo regno.

Univi al tuo dolore la speranza

vivendo nell’amore la lunga attesa.

Ora noi con impegno lavoriamo

al nuovo rifiorire della terra.

Speravi quando tutti erano incerti

che Cristo risorgesse dalla morte.

Ora noi siamo certi che il Risorto

è vita per il mondo ora e sempre.

 

E dalla liturgia delle ore di questa memoria ricaviamo la preghiera conclusiva di questa meditazione: “Signore, che alla Chiesa pellegrina sulla terra hai dato nella Beata Vergine un pegno di sicura speranza, fa che quanti sono oppressi dal tedio della vita, trovino in Lei rifugio e conforto e quanti disperano di salvarsi, si aprano a una fiducia nuova. Amen.

 

 

 

Undicesima meditazione degli esercizi spirituali

11. PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Origine e carattere della festa.

La Presentazione di Maria è  fra le feste più care al clero e alle persone consacrate a Dio. Si celebra il 21 novembre con data fissa. Come  in Oriente è nato il culto della Madonna, così in Oriente è sorta questa festa, che si celebra già dal secolo VII. La Francia fu la prima ad accoglierla, alla corte romana di Avignone, nel 1372. Carlo V nel 1374 espresse il desiderio che fosse celebrata in tutto il regno.

Come dicevo all’inizio, questa è una festa particolarmente sentita tra i religiosi. E, infatti, la Presentazione al tempio della beata Vergine Maria fu molto cara a san Paolo della Croce, perché gli ricordava la sua consacrazione a Dio per la fondazione della Congrega­zione della Passione di Gesù Cristo. Nato ad Ovada il 3 gennaio 1694 morì a Roma il 18 ottobre 1775. Egli volle, tra l’altro, che la prima casa dei Passionisti, aperta nel 1737 sul Monte Argentario (Grosseto), la prima Provincia religiosa (maggio 1769) e il pri­mo monastero delle Religiose passioniste fossero dedicati alla Presentazione di Maria santissima.

La Presentazione è stata anche la prima patrona della Congregazione dei Passionisti, cob decreto nel Capitolo generale del 1775.

 

Con tale festa,  la Chiesa cattolica e specialmente i cristiani d’Oriente, ricorda quella «dedicazione» che Maria fece di se stessa a Dio fin dall’in­fanzia, mossa dallo Spirito Santo, della cui grazia era stata ricolma nella sua Immacolata Concezione.

La Presentazione di Maria al Tempio trova la sua radice e il suo fondamento nella tradizione ebraica e nel fatto che, come tutti gli Ebrei osservanti, anche Gioachino e Anna, genitori della Vergine, come più tardi farà la stessa Madre di Gesù, hanno portato al Tempio Maria Bambina, per offrirla al Signore, facendo dono di due tortore o di due colombi.

La festa vuole ricordare anche tutto il periodo che va dalla natività sino al fidanzamento con Giuseppe e all’annunciazione. Nel celebrarla la Chiesa intende illuminare il silenzio che grava sul primo periodo della vita di Maria e presentarlo come tempo della sua preparazione alla sublime vocazione di Madre di Dio.

Per la memoria della festa, si ricorre all’apocrifo Protovangelo di Giacomo (risalente al III secolo) che ne parla così: «Tutte le fanciulle della città prendono le fiaccole ed un lungo corteo luminoso accompagna la bambina su in alto, “nel tempio del Signore”. Qui il sacerdote l’accoglie dicendo: “Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni: in te, nell’ultimo dei giorni, Egli manifesterà la sua redenzione ai figli di Israele… Maria stava nel tempio del Signore come una colomba allevata, e riceveva il cibo per mano di un angelo».

Ma al di là della poesia, quello che conta è il fatto che quella Bambina era destinata a divenire la Dimora ove il Figlio di Dio e lo Spirito Santo vennero ad abitare in mezzo agli uomini; come tale la Presentazione è il simbolo di una verità più alta: quella della totale consacrazione a Dio fin dai primi istanti della sua esistenza.

La Chiesa, fin dai primi tempi, ha venerato la sublime santità di Maria e ha riferito a lei numerosi passi biblici dell’Antico Testamento, là dove Maria è presentata come “dimora della Sapienza in mezzo agli uomini”: in questa prospettiva viene chiamata Sede della Sapienza, perché in lei abita la Sapienza di Dio che è Cristo, e in lei cominciano a manifestarsi le meraviglie di Dio, che lo Spirito compie in Cristo e nella Chiesa.

Intesa come Tempio di Dio, Maria è salutata non solo come la Madre dei credenti, ma anche come la Donna dei tempi nuovi, perché in Lei si realizzano le promesse dei profeti, e, per la sua mediazione, lo Spirito Santo mette in comunione Dio con gli uomini.

 

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica n. 724, leggiamo:

“In Maria, lo Spirito Santo manifesta il Figlio del Padre divenuto Figlio della Vergine. Ella è il roveto ardente della teofania definitiva: ricolma di Spirito Santo, mostra il Verbo nell’umiltà della sua carne ed è ai poveri e alle primizie dei popoli, che lo fa conoscere”

 

Ricordando la Presentazione della Vergine al Tempio, è importante meditare sul legame strettissimo che esiste tra Maria e la Chiesa, quello cioè della sua inestimabile santità. Guardare a Lei vuol dire guardare al modello più fulgido della vita cristiana, che non solo ubbidisce alla Legge, ma diventa punto di riferimento per il nostro camminare nel Tempio del Signore, che è la Chiesa.

Lo dice il Concilio: “I fedeli del Cristo si sforzano ancora di crescere nella santità per la vittoria sul peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti” (Lumen Gentium 65). Non si può dimenticare che, il 21 novembre, nella festa della Presentazione al Tempio, si celebra anche la Giornata delle claustrali come invito alla gratitudine per quelle sorelle che vivono la loro consacrazione di vita nella preghiera, nella meditazione e nel nascondimento. Queste sorelle, vere antenne sul monte del Signore, sono nel cuore della Chiesa e la arricchiscono con la loro verginità e incessante preghiera. Senza di loro la Chiesa sarebbe molto più povera! A loro va in modo speciale il mio pensiero in questo momento, con la gratitudine verso ciascuno di loro. Ho avuto ed ho la gioia di conoscere vari monasteri di claustrali: le passioniste di Napoli e di Alvignanello (Vt), le Carmelitane dei Ponti Rossi a Napoli, le Clarisse di Airola (Bn), mio paese d’origine. La loro preghiera e il loro sostegno spirituale è di grande aiuto per me e per tutti noi.

 

Dalle « Lettere » di san Paolo della Croce, sacerdote (Lett., vol. 1, pp. 349‑350)

 

Grandezze di Maria santissima e come si debba onorare

 

Le ricchezze di questa sovrana Signora sono tante e così grandi, che solo quel gran Dio che l’ha arricchi­ta di così alti tesori le conosce. Quella grande ferita d’amore, di cui fu dolcemente piagato il suo purissimo cuore, fin dal primo istante della sua immacolata concezione, crebbe tanto in tut­to il corso della sua vita, finché penetrò tanto dentro, che ne fece partire dal corpo quell’anima santissima. Così, questa morte d’amore, più dolce della stessa vi­ta, diede fine a quel gran mare di dolori, che questa gran Madre patì in tutto il corso della sua santissima vita; non solamente nella santissima Passione di Ge­sù, ma anche nel vedere tante offese che si facevano dagli uomini ingrati alla divina Maestà. Così, dunque, facciamo festa e giubiliamo in Dio, nostro Bene, go­dendo che sia esaltata sopra tutti i cori degli Angeli, collocata alla destra del suo divin Figliolo. In quel gran cuore santissimo di Gesù si può godere delle glo­rie di Maria santissima, amandola col Cuore purissi­mo del divin Figliolo, e, se Gesù glielo permette, fare un volo nel Cuore purissimo di Maria e giubilare con lei e rallegrarsi che siano finite tante pene, tanti dolo­ri, e domandare grazia dì starsene sempre immersa nell’immenso mare del divino Amore, da cui esce quell’altro mare delle pene di Gesù e dei dolori di Ma­ria. Lasciamoci penetrare da queste pene, da questi dolori, e lasciamo che si temperi bene la spada o lan­cia o dardo, acciò penetri più a fondo la ferita d’amo­re; perché tanto più sarà penetrante la ferita d’amore, tanto pìù presto uscirà dal carcere la prigioniera.

Io sono un abisso di tenebre, né so parlare di tali meraviglie. Chi pìù vuol piacere a Maria santissima, bisogna che più si umilii, più si annichili, perché Ma­ria fu la più umile fra tutte le creature, e perciò piac­que a Dio più di tutti per la sua umiltà. Preghi Marìa santissima che non tardi più ad im­petrarle la grazia di essere veramente umile e tutta virtuosa, tutta fuoco d’amore; le dica che se vuole far la carità di ferirle il cuore con un acuto dardo d’amo­re, che penetri ben a fondo la spada o lancia, sta in mano sua. La preghi anche per me e per i presenti bi­sogni della santa Chiesa e di tutto il mondo e per le anime del purgatorio, e massime per chi siamo più ob­bligati di pregare; per questa minima Congregazione, che Maria santissima la protegga e la provveda di san­ti operai, perché lei è la tesoriera delle grazie e sua di­vina Maestà vuole che passino per le sue mani.

 

Dopo la Presentazione.

Maria non resta al tempio, perché nessuno meglio di Gioacchino e Anna sono preparati ad educare la Madre di Dio; ma vi ritorna spesso per essere iniziata alla legge mosaica, per unirsi ai sacrifici offerti a Dio ogni giorno e pregarlo di inviare presto il Messia promesso e tanto atteso.
Conoscendo pienamente i misteri del Figlio di Dio… Maria contempla e adora Gesù Cristo in tutte le figure della liturgia mosaica. Al tempio è come circondata da Cristo, lo vede dappertutto e, in certo senso, ella è la pienezza della legge poiché compie al momento del declino della Legge, ciò che questa non aveva ancora potuto consumare dalla sua istituzione. Vedendo le vittime del tempio, Maria sospira per la morte della vittima annunziata dai profeti, per la morte di colui che salverà il mondo e che sarà ad un tempo sacerdote, vittima e tempio del suo sacrificio. Maria adempie senza saperlo in quel tempo le funzioni sante del sacerdozio che avrebbe esercitato sul Calvario… è il sacerdote universale, il sommo sacerdote della Legge, il Pontefice magnifico, che immola in anticipo, spiritualmente, Gesù Cristo alla gloria del Padre… E, come offre a Dio se stessa, in tutto quello che è e in tutto quello che sarà, offre, nello stesso tempo, tutta la Chiesa.
La Legge richiamava il Messia… La Santissima Vergine lo chiama con maggiore potenza ed efficacia, più dei Patriarchi e dei Profeti, per la sua inimitabile santità, per le sue qualità auguste, per l’ardore della carità verso gli uomini e per l’amore ardentissimo e veemente per il Verbo incarnato, del quale già contempla la bellezza affascinante, nelle comunicazioni del Verbo stesso, delle quali il Padre si compiace favorirla.

Preghiera:

“Rallegratevi con me voi tutti che amate il Signore, perché, ancora piccolina, piacqui all’Altissimo”.
Nell’Ufficio cantato in tuo onore ci rivolgi, o Maria, questo invito e quale festa meglio di questa lo giustificherebbe? Quando, piccola più per l’umiltà che per l’età, candida e pura salivi i gradini del tempio, il cielo dovette riconoscere che ormai le compiacenze dell’Altissimo erano per la terra. Gli Angeli, in una pienezza di luce mai vista, compresero le tue grandezze incomparabili, e la maestà di un Tempio in cui Dio raccoglieva un omaggio superiore a quello dei nove cori angelici, la prerogativa augusta del Vecchio Testamento di cui eri figlia e i cui insegnamenti perfezionavano in te la formazione della Madre di Dio. Tuttavia la santa Chiesa ti dichiara imitabile per noi in questo mistero della Presentazione, come in tutti gli altri, o Maria. Degnati particolarmente benedire i privilegiati che la grazia della vocazione fa abitare qui in terra nella casa del Signore e siano essi pure il fertile ulivo (Eccli. 24, 19) nutrito dello Spirito Santo col quale oggi ti paragona san Giovanni Damasceno.

Ma non è forse ogni cristiano, per il suo battesimo, cittadino e membro della Chiesa, vero santuario di Dio del quale il tempio di Gerusalemme è soltanto figura?

Per la tua intercessione ci sia  possibile seguirti da vicino nella tua felice Presentazione, per meritare di essere noi pure presentati, al tuo seguito, all’Altissimo nel tempio della sua gloria”

 

Decima meditazione degli esercizi spirituali

10. Maria Vergine, aiuto dei cristiani

 

Dal Libro della Genesi

“Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe:questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

 

La parola di Dio ci aiuta a capire il senso di questa festa

Maria è adombrata in questa sua funzione e missione a favore dell’umanità, fin da principio, dopo il peccato originale. E’ il protovangelo che apre una prospettiva di salvezza messianica in cui un ruolo importante assume la Madonna

 

– Nel libro della Genesi  risuonano le minacciose parole di Dio rivolte al Serpente e il primo annuncio della futura vittoria del Figlio della Donna. Maria ci aiuta a vincere il male e ciò che è danno vero per l’umanità.

 

Nell’Apocalisse è narrata in forma profetica la lotta del grande drago o serpente antico contro la Donna vestita di sole, coronata di dodici stelle  e «contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù»,  cioè contro la Chiesa adombrata anche nel segno della Vergine Madre.

 

– Nel brano del Vangelo, Gv 2,1-11, ricorda l’aiuto che Maria presta incessantemente alla Chiesa, raffigurata nei discepoli che credono in Gesù (cfr v. 11) e nei commensali del banchetto nuziale (cfr v. 2).

 

– Il titolo Maria  «Aiuto dei cristiani» è di antica origine. I cristiani si sono sempre rivolti alla Madonna nelle numerose vicende personali e della storia.

 

La storia di una festa e devozione

– Fu Pio VII († 1823),  ha istituire ufficialmente la festa in onore di Maria “aiuto dei cristiani”, fissandola al 24 maggio, in seguito a vicende personali che lo videro prima cacciato da Roma con la forza delle armi, tenuto prigioniero sotto stretta custodia, mentre la Chiesa pregava per lui, fino al giorno del suo ritorno a Roma il 24 maggio. 1814.

 

– Tale festa  si è diffusa ovunque specialmente nelle Congregazioni religiose. Sono i Salesiani, fondati da san Giovanni Bosco († 1888), ad averla maggiormente promossa ovunque sono stati e sono presenti nel mondo. Una festa che è passata con il titolo di Maria Ausiliatrice. 

 

Quale tipo di aiuto viene ai cristiani da parte di Maria?

Due gli aiuti essenziali:

– La Madonna offre questo aiuto nutrendo la fede dei cristiani, ancorata all’insegnamento degli Apostoli; alimentando la carità e sostenendo la speranza.

 

-Maria soccorre i cristiani nelle loro necessità, perché camminino sicuri tra le tante tempeste della vita sia personale che familiare.

 

A Maria si attribuiscono tanti significativi interventi per salvare le singole persone, intere popolazioni e la stessa chiesa nelle difficoltà storiche di cui abbiamo notizia. Singolare è la battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1571. Papa Pio V vide l’intervento della Madonna invocata prima e durante la battaglia che permise alla flotta cristiana di superare quella islamica e bloccare l’avanzata dell’Islam in Europa. Da qui il titolo di Regina delle Vittorie inserito anche nella supplica alla Madonna del Rosario di Pompei da parte del Beato Bartolo Longo.

 

Il magistero e la dottrina

 

LG: “Nella Chiesa, Maria occupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi”.

Il posto più alto: Maria nel mistero della salvezza occupa una posizione singolare, unica, dovuta al fatto che ella è la Madre di Gesù, il Verbo incarnato, il Redentore dell’umanità. Con il suo “si” all’annunciazione, Maria ha consentito l’irrompere di Dio nel mondo, divenendo così mediatrice e cooperatrice di Cristo (cfr LG 60-61).

 

Il posto più vicino a noi: la nostra vita è profondamente influenzata dall’esempio e dall’intercessione di Maria. Modello eletto di santità, Maria guida i passi dei credenti nel cammino verso il Paradiso. Mediante la sua prossimità alle vicende della nostra storia quotidiana Maria ci sostiene nelle prove, ci incoraggia nelle difficoltà, sempre additandoci la meta dell’eterna salvezza e dandoci l’esempio di una vita totalmente dedicata all’ascolto del Signore e alla risposta obbediente alla sua chiamata.

 

Giovanni Paolo II (RM)

Maria, presente nella Chiesa come Madre del Redentore, partecipa maturamente a quella «dura lotta contro le potenze delle tenebre», che si svolge durante tutta la storia umana. E per questa sua identificazione ecclesiale con la «donna vestita di sole» (Ap 12,1), si può dire che «la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione, per la quale è senza macchia e senza ruga»; per questo, i cristiani, innalzando con fede gli occhi a Maria lungo il loro pellegrinaggio terreno, «si sforzano ancora di crescere nella santità». Maria, l’eccelsa figlia di Sion, aiuta tutti i suoi figli – dovunque e comunque essi vivano – a trovare in Cristo la via verso la casa del Padre. Pertanto, la Chiesa, in tutta la sua vita, mantiene con la Madre di Dio un legame che abbraccia, nel mistero salvifico, il passato, il presente e il futuro e la venera come madre spirituale dell’umanità e avvocata di grazia.

 

Benedetto XVI (Discorsi). Con Dio, con Cristo, con l’uomo che è Dio e con Dio che è uomo, arriva la Madonna. Questo è molto importante. Dio, il Signore, ha una Madre e nella Madre riconosciamo realmente la bontà materna di Dio. La Madonna, la Madre di Dio, è l’ausilio dei cristiani, è la nostra permanente consolazione, è il nostro grande aiuto.

Nella Madonna riconosciamo tutta la tenerezza di Dio e, quindi, coltivare e vivere questo gioioso amore della Madonna, di Maria, è un dono della cattolicità molto grande.

La Teologia

Dio, Padre di misericordia, in molti modi manifesta la sua presenza nella Chiesa, a sostegno e difesa della cristianità tutta. Al Padre si giunge solo attraverso la mediazione universale del Figlio. Tale mediazione non esclude, anzi suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un’unica sorgente. Secondo tale piano divino il primo posto è occupato dalla Vergine Maria. Concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, soffrendo, cooperò in modo del tutto singolare all’opera di salvezza. Nell’economia della salvezza la maternità ecclesiale di Maria perdura senza soste e continuerà fino a quando gli eletti non abbiano conseguito la gloria finale. “Tale funzione subordinata la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente, sperimentandola continuamente”.

 

Gli impegni di vita

Benedetto XVI. Non dobbiamo essere sempre nelle nuvole, nelle altissime nuvole del Mistero, dobbiamo essere anche con i piedi per terra e vivere insieme la gioia di essere una grande famiglia: la piccola grande famiglia della parrocchia; la grande famiglia della diocesi, la grande famiglia della Chiesa universale.  La Verità si esprime nella bellezza e dobbiamo essere grati per questa bellezza e cercare di fare tutto il possibile perché rimanga presente, si sviluppi e cresca ancora. Così mi sembra che arrivi Dio, in modo molto concreto, in mezzo a noi.

 

Preghiera di Pio XII alla Madonna

 

Noi confidiamo che le tue pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angosce, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le tue labbra sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie. Noi abbiamo la vivificante certezza che i tuoi occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal Sangue di Gesu’, si volgono ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle persecuzioni, all’oppressione dei giusti e dei deboli; e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal tuo celeste lume e dalla tua dolce pieta’ sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra patria. Amen.

 

 

Nona meditazione del corso di esercizi spirituali on-line

Corso di esercizi spirituali-programma.jpg9. Maria, Serva del Signore

 

Il testo integrale di Lc 1,26-38

 

Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, ad una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe.La vergine si chiamava Maria.Entrando da lei disse: “Ti saluto, piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.

Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse:” Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei.

 

Nel vangelo secondo Luca, per due volte la beata Vergine si professa: «la serva del Signore»: quando acconsente all’annunzio dell’angelo (cfr Lc 1,38) e quando magnifica Dio per «le grandi cose (cfr Lc 1, 49) che in lei ha operato. Il titolo di «serva del Signore» rivela il suo pieno significato e l’intrinseca portata alla luce dei canti del «Servo del Signore»; la misteriosa figura biblica che trova il suo compimento in Cristo Gesù «venuto non per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mt 10,45).

 

Maria è madre di Cristo, ed è a lui intimamente associata. Maria, «figlia di Adamo – come insegna il Concilio Vaticano II -acconsentendo alla parola divina, è diventata Madre di Gesù, e abbracciando con tutto l’animo e senza essere appesantita da alcun peccato, la volontà divina di salvezza, si è offerta totalmente come serva del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, mettendosi al servizio del mistero della redenzione sotto di lui e con lui, con la grazia di Dio onnipotente» (LG 56).

 

Le parole di Maria nell’Annunciazione: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38) evidenziano un atteggiamento caratteristico della religiosità ebraica.

 

Mosè, agli inizi dell’Antica Alleanza, in risposta alla chiamata del Signore, si era proclamato suo servo.

 

All’avvento della Nuova Alleanza, anche Maria risponde a Dio con un atto di libera sottomissione e di consapevole abbandono alla sua volontà, manifestando piena disponibilità ad essere la “serva del Signore”.

 

La qualifica di “servo” di Dio accomuna nell’Antico Testamento tutti coloro che sono chiamati ad esercitare una missione in favore del popolo eletto: Abramo,  Isacco, Giacobbe, Giosuè, Davide.

 

Sono servi anche i profeti e i sacerdoti, cui è affidato il compito di formare il popolo al fedele servizio del Signore.

 

Il libro del profeta Isaia esalta nella docilità del “Servo sofferente” un modello di fedeltà a Dio nella speranza di riscatto per i peccati della moltitudine (cf. Is 42-53).

 

Esempi di fedeltà offrono anche alcune donne, come la regina Ester, che, prima di intercedere per la salvezza degli Ebrei, rivolge una preghiera a Dio, chiamandosi più volte “la tua serva” (Es 4, 17).

 

Maria, la “piena di grazia”, proclamandosi “serva del Signore” intende impegnarsi a realizzare personalmente in modo perfetto il servizio che Dio attende da tutto il suo popolo.

 

Le parole: “Eccomi, sono la serva del Signore” preannunciano Colui che dirà di se stesso: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45; cf. Mt 20, 28).

Lo Spirito Santo realizza, così, tra la Madre e il Figlio un’armonia di intime disposizioni, che consentirà a Maria di assumere pienamente il suo ruolo materno presso Gesù, accompagnandolo nella sua missione di Servo.

 

Nella vita di Gesù la volontà di servire è costante e sorprendente: come Figlio di Dio, egli infatti avrebbe potuto con ragione farsi servire. Attribuendosi il titolo di “Figlio dell’uomo”, a proposito del quale il libro di Daniele afferma: “Tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano” (Dn 7, 14), avrebbe potuto pretendere di dominare sugli altri. Invece, combattendo la mentalità del tempo espressa dall’aspirazione dei discepoli per i primi posti (cf. Mc 9, 34) e dalla protesta di Pietro durante la lavanda dei piedi (cf. Gv 13, 6), Gesù non vuole essere servito, ma desidera servire fino a donare totalmente la propria vita nell’opera della redenzione.

 

Anche Maria, pur consapevole dell’altissima dignità conferitale, all’annuncio dell’angelo spontaneamente si dichiara “serva del Signore”.

 

In questo impegno di servizio essa include anche il proposito di servire il prossimo, come dimostra il collegamento tra gli episodi dell’Annunciazione e della Visitazione.

 

Essa offre così ai cristiani di tutti i tempi un sublime modello di servizio.

 

Una diaconia che attinge il suo significato più vero nel mistero della SS. Trinità. Dio è amore: Deus caritas est

 

Una diaconia che è storicamente incarnata nella persona e missione di Cristo. 

Una diaconia che esprime tutta la sua potenzialità nel mistero di Maria Vergine e Madre con la totale disponibilità al progetto di Dio. Maria anticipa e fa proprio l’atteggiamento di Cristo entrando nel mondo: Ecco, io vengo . . . per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,5-7; Sal 40[39], 7-9).

 

Una diaconia che giunge al Calvario e va oltre i Calvario.

 

La docilità di Maria annuncia e prefigura quella espressa da Gesù nel corso della sua vita pubblica fino al Calvario. Cristo dirà: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4, 34). In questa stessa linea Maria fa della volontà del Padre il principio ispiratore di tutta la propria esistenza, ricercando in essa la forza necessaria al compimento della missione affidatale.

 

Se al momento dell’Annunciazione Maria non conosce ancora il sacrificio che caratterizzerà la missione di Cristo, la profezia di Simeone le farà intravedere il tragico destino del Figlio (cf. Lc 2, 34-35).

 

La Vergine vi si assocerà con intima partecipazione. Con la sua totale obbedienza alla volontà divina, Maria è pronta a vivere tutto ciò che l’amore divino progetta per la sua esistenza, fino alla “spada” che trafiggerà la sua anima.

 

 

Redemptoris Mater

Le parole: «Eccomi, sono la serva del Signore», esprimono il fatto che sin dall’inizio ella ha accolto ed inteso la propria maternità come totale dono di sé, della sua persona a servizio dei disegni salvifici dell’Altissimo. E tutta la partecipazione materna alla vita di Gesù Cristo, suo Figlio, l’ha vissuta sino alla fine in modo corrispondente alla sua vocazione alla verginità. La maternità di Maria, pervasa fino in fondo dall’atteggiamento sponsale di «serva del Signore», costituisce la prima e fondamentale dimensione di quella mediazione che la Chiesa confessa e proclama nei suoi riguardi, e continuamente «raccomanda all’amore dei fedeli», poiché in essa molto confida.

 

Il Cardinale di Bologna Carlo Caffarra

“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”.

Siano benedette in eterno queste parole dette da Maria, poiché erano parole attese da Dio e dall’umanità: dal Padre perché, giunta la pienezza del tempo, potesse inviare il suo Unigenito nella nostra natura umana; dall’umanità tutta perché potesse finalmente essere liberata dalla sua condanna a morte, e reintegrata nella sua originaria dignità.

 

In ragione del suo “Eccomi, sono la serva del Signore”, il Verbo dimora in Lei, si appropria della sua persona nella maniera più intima e più reale: per sempre. La carne del Verbo è la carne concepita oggi da Maria.

La luce del mistero dell’Annunciazione infatti illumina in modo singolare il mistero delle nostre persone.

 

Chi, se non Maria, ha custodito la via del Signore? Chi, se non Maria, ha custodito nel cuore la Parola del Signore? Chi, se non Maria, ha portato nel suo grembo Gesù, Figlio di Dio? Con Maria tutti possiamo rispondere: “Ecco la serva del Signore, si compia in me la tua parola” (Luca 1, 38).

 

L’esempio quotidiano, il modello da seguire, la donna a cui far riferimento è Maria. Lei ha vissuto come noi, umile serva del Signore, del suo lavoro quotidiano, delle sue faccende domestiche, della cura di Giuseppe e di Gesù. Una vera famiglia, veri incontri, veri lavori, veri rapporti. Maria ci è di esempio in tutto: nella preghiera, nell’ascolto della Parola, nel servizio, nella cura delle persone che le erano affidate, nell’esempio e nella fortezza.

 

Papa Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 41

Maria è grande proprio perché non vuole rendere grande se stessa, ma Dio. Ella è umile: non vuole essere nient’altro che l’ancella del Signore (cfr Lc 1, 38. 48). Ella sa di contribuire alla salvezza del mondo non compiendo una sua opera, ma solo mettendosi a piena disposizione delle iniziative di Dio. È una donna di speranza: solo perché crede alle promesse di Dio e attende la salvezza di Israele, l’angelo può venire da lei e chiamarla al servizio decisivo di queste promesse.

 

 

Preghiera di Giovanni Paolo II

Dolce Signora!

Donna rivestita di sole!

Aiutaci a penetrare il tuo mistero:

– il mistero della Vergine Madre,

– il mistero della Regina Serva,

– il mistero della Onnipotente che supplica.

Aiutaci a scoprire sempre più profondamente,

in questo mistero, il Cristo, Redentore del mondo,

Redentore dell’uomo.

Tu sei rivestita di sole,

del sole dell’inscrutabile Divinità,

del sole dell’impenetrabile Trinità.

«Piena di grazia»…

E intanto,

per noi che viviamo su questa terra,

esuli figli di Eva, tu sei rivestita del sole del Cristo di Betlemme e di Nazaret,

di Gerusalemme e del Calvario.

Tu sei rivestita dal sole della Redenzione

dell’uomo e del mondo

mediante la croce e la Risurrezione di tuo Figlio.

Fa’ che questo sole risplenda sempre per noi

su questa terra!

Fa’ che questo sole non si adombri mai nell’anima degli uomini!

 

 

 

L’ottava meditazione degli esercizi spirituali on-line

Corso di esercizi spirituali-programma.jpg8. Maria Regina,  Madre della divina misericordia

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini2, 4-10

 

“Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati, Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.

Regina e Madre della misericordia: due titoli di frequente attribuiti alla beata Vergine, ambedue pieni di dolcezza e carissimi ai fedeli.

 

Il titolo di «Regina di misericordia» celebra la benignità, la magnanimità, la dignità della beata Vergine esaltata nei cieli. Maria «interviene incessantemente per noi presso il Figlio»  per la salvezza del popolo, che ricorre a lei fiducioso nelle tribolazioni e nei pericoli.

 

La Liturgia,, nel corso dei secoli, ha innalzato a Maria Regina dolcissime preghiere: «Salve, Regina», «Ave, o Regina dei cieli», «Regina del cielo, rallegrati, alleluia».

 

Qual è stato l’insegnamento della Chiesa sulla dottrina della Regalità di Maria Santissima?

I Sommi Pontefici approvarono e incoraggiarono sempre la devozione del popolo cristiano verso la celeste Madre e Regina.

Già nel secolo VII San Martino I chiamò la Madonna «nostra Signora gloriosa » e Gregorio II: «Signora di tutti i cristiani ». Sisto IV cominciò la sua Lettera Apostolica «Cum praexcelsa» dichiarando che la Vergine Maria «Regina intercede presso il Re, che ha generato».

Parimenti Benedetto XIV chiama Maria «Regina del cielo e della terra».
Spinto dalle numerose testimonianze dei Santi Padri, dei Teologi, dei Papi e dalla devozione del popolo cristiano, Pio XII istituì, in forma solenne, «la festa di Maria Regina, da celebrarsi in tutto il mondo» (Enc. «Ad coeli Reginam »).

 

Come esercita la Madonna la sua regalità sugli uomini?

San Tommaso d’Aquino afferma che «la Madre di Dio ottenne per sè, la maestà del Regno, affinché sia Regina di misericordia là dove il Figlio è Re di giustizia». La Vergine Maria dunque non è Regina di giustizia, ma di misericordia, anzi la Madre della misericordia, una Mamma dolcissima, come nessun’altra al mondo.

La celeste Regina esercita il suo potere regale sugli uomini perdonando e beneficando i suoi sudditi, placando la giustizia divina col suo intervento materno e misericordioso.

 

Dice San Massimiliano M. Kolbe: «Immacolata deve essere, e questo al più presto possibile, la Regina di tutte le genti… Chi si opporrà e non crederà al suo amore, perirà; chi invece la riconoscerà Regina e si muoverà, quale suo milite, per la conquista del mondo a Lei, vivrà, fiorirà e si svilupperà sempre rigogliosamente ». 

La Madre del Signore, la «regina clemente», l’«esperta della benevolenza (di Dio), il «conforto dei penitenti e speranza dei miseri».  accoglie quanti nella tribolazione ricorrono a lei».

 

Il titolo di «Madre di misericordia», risale a sant’Oddone († 942), abate di Cluny: e Maria si dice tale  perché ha generato Gesù Cristo, che e la misericordia visibile dell’invisibile Dio misericordioso.

La Madre di Gesù, che ora è in cielo, presenta le necessità dei fedeli al Figlio suo, che, quando era in terra, supplicò per gli sposi a Cana.

 

Nel cantico del «Magnificat» troviamo due volte il termine misericordia: «Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono»; «ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia» Per questo i fedeli desiderano vivamente «magnificare con Maria la bontà infinita» di Dio; – donna che ha fatto un ‘esperienza della misericordia di Dio: «la regina clemente, esperta della benevolenza (di Dio), accoglie quanti nella tribolazione ricorrono a lei.

 

MARIA MADRE DI MISERICORDIA

“Salve regina, Madre di misericordia”.  In questo titolo “c’è un profondo significato teologico, poiché [esso esprime] la particolare preparazione della sua anima, di tutta la sua personalità, nel saper vedere, attraverso i complessi avvenimenti di Israele prima, e di ogni uomo e dell’umanità intera poi, quella misericordia di cui “di generazione in generazione” si diviene partecipi secondo l’eterno disegno della Ss. Trinità” (DIM, 9).

 

La parola “misericordia” è composta da due termini: “miseria” e “cuore”. Col termine “cuore” noi indichiamo la capacità di amare di una persona; per cui “misericordia” ha questo significato fondamentale: amore che guarda alla miseria della persona umana.

In poche parole si ha compassione, si prende cura della miseria della persona umana per liberarla.

 

La “misericordia” sta al centro della Rivelazione che Dio ha voluto fare di Se stesso, e che – come ha detto Maria – “si stende di generazione in generazione”.

 

La Rivelazione attribuisce al Signore Iddio la misericordia; anzi, se essa afferma che Dio è “ricco di misericordia” [cfr. Ef 2,4], ciò significa che Egli prova per l’uomo, per ciascuno di noi, un amore che sente compassione delle nostre miserie, che se ne prende cura, che intende liberarcene.

L’amore di Dio per l’uomo non è un amore qualsiasi: è un amore misericordioso. Un amore che “sente” la nostra miseria come fosse la Sua propria miseria ed opera per toglierla. “

La prima manifestazione è stato l’invio del Figlio nel mondo: è stata l’incarnazione del Verbo. “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per Lui” [1Gv 4,9-10].

 

Ma la perfetta rivelazione che Dio è “ricco di misericordia” è stata la morte e la risurrezione di Gesù.

 

La morte sulla croce è la più profonda condivisione di ciò che l’uomo specialmente nei momenti più difficili della vita chiama il suo “destino infelice”: “la Croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza dell’uomo”(DIM, 8). E nello stesso tempo essa di questa ferite rivela la più profonda radice: il peccato inteso come scelta di fare da solo, senza il Padre.

 

– Il fatto che Cristo “è risuscitato il terzo giorno” [1Cor 15,4] corona l’intera rivelazione della misericordia. Nella risurrezione infatti l’umanità di Cristo viene definitivamente riportata nello splendore e nella vita cui ogni uomo, ognuno di noi è pre-destinato. Nella risurrezione la misericordia ha vinto definitivamente la nostra miseria: in Cristo questa vittoria è già accaduta e noi possiamo prendervi parte mediante la fede e i sacramenti.

 

Le motivazioni teologiche del titolo “Madre di misericordia”.

 

-Maria è “Madre di misericordia” perché ha avuto la comprensione più profonda di quell’abisso di misericordia che è il cuore di Dio, avendone avuto e vissuto un’esperienza unica ed irripetibile.

-Madre di misericordia perché nessuno al pari di Lei ha accolto nella sua mente e nel suo cuore il mistero della misericordia di Dio verso la sua miseria e verso la miseria di ogni uomo: “ha guardato all’umiltà della sua serva”.

-L’incarnazione del Verbo, prima manifestazione dell’amore misericordioso, è accaduta nel suo grembo.

– Ma soprattutto Maria ha vissuto in sé il mistero della morte e risurrezione di Cristo, e quindi è stata penetrata fino alla radice del suo essere dalla rivelazione della misericordia del Padre.

“Soffrendo profondamente col suo unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata” (LG, 58), ella ha capito fino a quale limite si spingeva la misericordia del Padre nel donare il suo Figlio.

-Madre di misericordia, perché della misericordia di Dio ella ha fatto un’esperienza unica.

 

Le conseguenze per l’intera umanità redenta dal sangue di Cristo.

 

Maria, avendo sperimentato la misericordia in modo eccezionale, diventa “madre di misericordia” perché sa compatire come nessuna persona umana la nostra miseria.

E’ la sua intercessione che ci ottiene quella grazia che ci salva. Un’intercessione particolarmente perseverante, “perché si fonda, nella Madre di Dio, sul singolare tatto del suo cuore materno, sulla sua particolare sensibilità, sulla sua particolare idoneità a raggiungere tutti coloro che accettano più facilmente l’amore misericordioso da parte di una Madre”(DIM, 9). A motivo del mistero della redenzione ogni persona umana, nella sua unica e irripetibile realtà è affidata alla sollecitudine della “Madre di Misericordia”

 

Giovanni Paolo II – Lettera Enciclica Dives in misericordia

Nella pienezza del loro contenuto profetico, le parole pronunciate da Maria durante la visita fatta a Elisabetta, moglie di Zaccaria: «Di generazione in generazione la sua misericordia». Esse, già dal momento dell’incarnazione, aprono una nuova prospettiva della storia della salvezza. Dopo la risurrezione di Cristo questa prospettiva è nuova sul piano storico e, al tempo stesso, lo è sul piano escatologico. Da allora si susseguono sempre nuove generazioni di uomini nell’immensa famiglia umana, in dimensioni sempre crescenti; si susseguono anche nuove generazioni del Popolo di Dio, segnate dallo stigma della croce e della risurrezione, e «sigillate» con il segno del mistero pasquale di Cristo, rivelazione assoluta di quella misericordia che Maria proclamò sulla soglia di casa della sua parente: «Di generazione in generazione la sua misericordia».

 

Sant’Alfonso de’ Liguori. Le Glorie di Maria

-Maria è la Regina di Misericordia: quanto deve essere grande la nostra fiducia in Lei!

-Il Regno della misericordia Gesù lo ha ceduto a Maria, ordinando che tutte le misericordie dispensate agli uomini passino per le mani di Maria e che vengano elargite secondo l’arbitrio della Vergine.

Come potrà Dio non esaudire Maria, visto che l’ama immensamente, nel momento in cui Lei Lo prega per i miseri peccatori che Le si raccomandano. 

 

Dal discorso di Giovanni Paolo a Potenza – Domenica 28 aprile 1991

 

Madre misericordiosa è la Vergine, sostegno dei credenti e consolatrice degli afflitti. Madre soprattutto di chi soffre, degli ammalati, dei non vedenti, dei disabili e degli anziani.

Noi Ti invochiamo fiduciosi, Maria, per i popoli oppressi e per le vittime dell’umana ingiustizia; per chi muore di fame e per chi è privato della libertà, o impedito nella pratica della propria fede. Ti invochiamo per la pace nel mondo. Ti invochiamo per questa Città  che da sempre ha conosciuto la fatica e il dolore, ma fidando in Dio non ha smarrito mai il coraggio e la speranza.

Maria, discepola fedele del tuo Figlio Gesù, insegnaci a portare la Croce; insegnaci ad amare quella Croce che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di chi cerca la pace e la giustizia. Maria, Madre di misericordia, veglia su tutti perché non venga resa vana la croce di Cristo, perché l’uomo non smarrisca la via del bene, non perda la coscienza del peccato, cresca nella speranza in Dio «ricco di misericordia», compia liberamente le opere buone da Lui predisposte e sia così con tutta la vita «a lode della sua gloria»

Maria, Regina e Madre di Misericordia, dischiudi a quanti sentono venir meno le forze sotto il peso della croce l’orizzonte dell’Alleluia pasquale.

La settima meditazione del corso di esercizi spirituali on-line

04082009(003).jpg7. Maria Madre e Mediatrice di Grazia

 

Dal Vangelo secondo Giovanni  2, 1-11

 

In quel tempo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».

 

Maria Madre e Mediatrice di grazia

 

Nel 1921, Benedetto XV († 1922), su richiesta del card. Desiderio-Giuseppe Mercier († 1926), concesse a tutto il Belgio l’ufficio e la messa della beata Vergine Maria «Mediatrice di tutte le grazie», da celebrarsi il 31 maggio. 

Il Concilio Vaticano II, nel 1964, ha spiegato ampiamente la funzione della beata Vergine Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa; ed ha accuratamente esposto il senso e la forza della «mediazione» della beata Vergine: «La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce l’unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Poiché ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da vera necessità, ma dal beneplacito di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia; non impedisce minimamente l’unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita» (LG 60).

 

Le motivazione teologiche alla base di questo titolo

 

1.  La Vergine Maria e madre di grazia, poiché ha portato nel suo «grembo purissimo (…). Cristo vero Dio e vero uomo» e ci ha donato lo stesso «Autore della grazia».

 

2. La Vergine Maria è mediatrice di grazia, poiché e stata socia di Cristo nel procurarci la grazia più grande, la redenzione cioè e la salvezza, la vita divina e la gloria che non ha fine (cfr LG 61).

 

3. La «mediazione» della beata Vergine è come «provvidenza d’amore»: «di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace».

 

Il modo corretto di intendere la mediazione della Vergine

Premessa:Gesù Cristo è l’unico mediatore tra Dio e l’uomo, ben sapendo  che “nessuno può andare al Padre se non per mezzo di lui” [Gv 14, 6].

 

Il titolo di Mediatrice, dato a Maria, risale almeno al VI secolo e si diffuse soprattutto nel XII secolo. Riferito  a Maria il termine mediatrice ha un senso relativo e subordinato, come partecipazione all’unica mediazione di Cristo.

Il Concilio Vaticano II espone con chiarezza il concetto di mediazione proprio a proposito di Maria: “L’unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un’unica fonte. E questa funzione subordinata di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente, continuamente la sperimenta e raccomanda all’amore dei fedeli perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore” [LG, 62].

 

Si tratta di una mediazione di gra­zia, quale dono ricevuto da Dio per pura benevolenza. Quindi la sua intercessione è necessaria solo moralmente; in altre parole, Dio può, ma non vuole concederci le grazie senza l’intervento di Maria (Sant’Alfonso).

 

Gli insegnamenti dei santi

È noto l’insegnamento di San Bernardo: “Veneriamo Maria con tutto l’impeto del nostro cuore, dei nostri affetti, dei nostri desideri. Così vuole Colui che stabilì che noi ricevessimo tutto per mezzo di Maria”.

 

Sant’Alfonso de Liguori nelle Glorie di Maria, commentando la celebre preghiera a Maria di San Bernardo scrive: “Ricorri a Maria. Ella intercede­rà per te presso il Figlio che certamente l’esaudirà e il Fi­glio intercederà presso il Padre che non può negare nulla a suo Figlio. San Bernardo conclude: «Figlioli miei, Maria è la scala dei peccatori» grazie alla quale essi risal­gono all’altezza della grazia divina; «è la mia più grande fiducia; è tutta la ragione della mia speranza». Io sono, dice Maria, la difesa dì coloro che ricorrono a me e la mia misericordia è per loro come una torre di rifugio; perciò io sono stata costituita dal mio Signore la mediatrice di pace tra Dio e i peccatori.

 

Scriveva San Luigi Grignion da Montfort sul rapporto di Maria con il Padre: “Maria ebbe (durante la sua vita) così grandi crescite nella grazia e nella sapienza di Dio, una fedeltà così perfetta al suo amore, da strappare l’ammirazione a Dio stesso. La sua umiltà profonda fino all’abbassamento totale lo affascinò, la sua purezza tutta divina lo attirò, la sua fede viva e le sue preghiere frequenti e amorose lo forzarono. La Sapienza è amorosamente vinta da così amorose ricerche.Oh, quale fu l’amore di Maria che ha vinto l’Onnipotente!” (cfr. Amore Eterna Sapienza 107).

 

Domanda: Ma perché Maria è stata da Dio elevata a questo ufficio di tesoriera di tutte le grazie?

Risposta: Perché Ella con le sue sofferenze è stata da Dio associata a Gesù per salvare gli uomini; Ella cioè è la Corredentrice del genere umano.

 

Papa Leone XIII afferma: “Colei che era stata cooperatrice nel mistero dell’umana Redenzione, sarebbe stata anche la cooperatrice nella distribuzione delle grazie derivate da tale Redenzione”.

 

S. Pio X nell’Enciclica “Ad diem illum” del 2 febbraio 1904 scrive: “Da questa comunione di dolori e di volontà tra Cristo e Maria, meritò Ella di divenire degnissimamente la Riparatrice del mondo perduto, e quindi la Dispensatrice di tutti i doni che Gesù ci procurò con la morte e con il sangue“.

 

Maria è dispensatrice di tutte le grazie, anche di quelle chieste direttamente a Dio. Si tratta delle grazie per tutti gli uomini di tutti i tempi anche dei secoli antecedenti alla venuta di Gesù e di Maria, ai quali Dio ha concesso le grazie in previsione dei meriti del Salvatore e della Vergine.

 

Alcune espressioni dei Santi

S. Luigi de Montfort afferma: “Dio Padre fece un ammasso di tutte le acque che chiamò mare; e fece un ammasso di tutte le grazie che chiamò Maria. Questo grande Dio possiede un tesoro o un magazzino ricchissimo, dove racchiude tutto ciò che vi ha di splendido, di raro e di prezioso e questo immenso tesoro non è altro che Maria”. Coltiviamo anche noi una forte e tenera devozione alla Madonna. Quando Maria ha gettato le sue radici in un’anima, vi produce meraviglie di grazia”. “Quando verrà quel tempo in cui Maria regnerà padrona e sovrana nei cuori per sottometterli pienamente all’impero di amore del suo grande Gesù? Quando verrà che le anime respireranno Maria come i corpi respirano l’aria?”.

S. Francesco d’Assisi ripeteva: “Quando dico l’Ave Maria i Cieli sorridono, i demoni tremano e si danno alla fuga, gli angeli esultano”.

Sperimentiamo tutto questo anche noi quando preghiamo?

 

Preghiera

O Donna da tutti e sopra tutti benedetta!

Tu sei l’onore e la difesa del genere umano;

tu sei la Madre di Dio; tu la signora dell’universo,

la regina del mondo.

Tu sei la perfezione dell’universo

e il decoro della Santa Chiesa;

tu tempio di Dio; tu giardino di delizie;

tu porta del cielo, letizia del Paradiso

e gloria ineffabile del sommo Dio;

veramente è balbettando

che cantiamo le tue lodi e le tue bellezze.

Supplisci con la tua bontà

alle nostre insufficienze.

(S.Bernardino da Siena)

 

 

 

 

 

La sesta meditazione del corso di esercizi spirituali

6. Maria, donna eucaristica

 

Atti 1, 6-14

“Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui”.

 

Ultima Enciclica di Giovanni Paolo II- Ecclesia de Eucharistia. Capitolo VI- Strettamente collegato a questo testo magisteriale è la Lettera Apostolica Mane Nobiscum Domine. I precedenti gli troviamo nella Lumen Gentium e nella Marialis cultus.

 

Alla scuola di Maria, Donna «eucaristica »

– La prima volta che viene attribuito questo titolo alla Madonna 

 

Giovanni Paolo II è convinto che solo guardando a Maria e seguendo le sue orme potremo celebrare e vivere il mistero eucaristico, «il tesoro della Chiesa, il cuore del mondo, il pegno del traguardo a cui ciascun uomo, anche inconsapevolmente, anela» (EE 59).

 

1. Maria donna eucaristica con l’intera sua vita (EE 53)

Durante la sua vita ha sperimentato un insieme di sentimenti che divengono esemplari per tutta la Chiesa: fede, canto, amore, comunione sacrificale, gioia e semplicità di cuore.

 

1.1. Maria crede nel Verbo fatto carne.

In continuità con la fede della Vergine, nel mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con l’intero suo essere umano-divino nei segni del pane e del vino» (EE 55).

L’enciclica mira precisamente a suscitare lo stupore della fede dinanzi al mistero eucaristico, mysterium fidei, neutralizzando il formalismo e la convenzionalità.

 

1.2. Maria primo tabernacolo.

Quando, nella visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, «tabernacolo» – il primo «tabernacolo»” della storia – dove il Figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all’adorazione di Elisabetta, quasi «irradiando» la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria» (EE 55).

 

1.3. Il Magnificat cantico eucaristico.

Cantato da Maria dopo la rivelazione della sua maternità da parte di Elisabetta, il Magnificat rimbalza nella Chiesa che «nell’eucaristia si unisce pienamente a Cristo e al suo sacrificio, facendo suo lo spirito di Maria», ossia «rileggendo il Magnificat in prospettiva eucaristica»: è lode e rendimento di grazie, è memoria dell’incarnazione redentrice, è tensione escatologica.

 

1.4. Unita nell’offerta del sacrificio (Presentazione al Tempio).

 

1.5. Fidatevi della parola di mio Figlio (Nozze di Cana)

 

1.6. Presente presso la croce (Calvario).

 

1.7. Assidua alla frazione del pane celebrata dalla prima comunità cristiana (vita della prima comunità cristiana)

 

2. Maria è presente in ciascuna delle nostre celebrazioni eucaristiche

 

2.1. La presenza di Maria.

«Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre celebrazioni eucaristiche» (EE 57).

Non viene specificata il tipo di presenza di Maria nella celebrazione dell’eucaristia, se non che questa «implica anche ricevere continuamente» (EE 57) il dono di lei come Madre compiuto dal Figlio crocifisso.

 

2.2. Ave, vero corpo  nato da  Maria Vergine!

La presenza di Maria nella stessa eucaristia, viene codificata nell’antifona medievale (sec. XIV) Ave, verum corpus natum de Maria Virgine.

 

a) E’ da escludere nell’eucaristia la presenza fisica di una parte del corpo e sangue della Vergine.

 

b) L’eucaristia non è soltanto il mistero della presenza di Cristo con il suo corpo e sangue, ma anche il memoriale e l’attualizzazione della sua morte e risurrezione. In questa linea si può concludere che nell’eucaristia si ripresenta e attualizza anche il gesto salvifico di Cristo che consegna Maria alla comunità e questa a lei. Prospettiva attraente che richiederà ulteriore approfondimento teologico.

 

2.3. Il mondo nuovo frutto dell’eucaristia

Mettiamoci soprattutto in ascolto di Maria santissima, nella quale il mistero eucaristico appare, più che in ogni altro, come mistero di luce. Guardando a lei conosciamo la forza trasformante che l’Eucaristia possiede. In lei vediamo il mondo rinnovato nell’amore. Contemplandola assunta in cielo in anima e corpo, vediamo uno squarcio dei «cieli nuovi» e della «terra nuova» che si apriranno ai nostri occhi con la seconda venuta di Cristo.

 

Esortazione apostolica post-sinodale ”Sacramentun caritatis” di Benedetto XVI

 

L’Eucaristia e la Vergine Maria

Se è vero che noi tutti siamo ancora in cammino verso il pieno compimento della nostra speranza, questo non toglie che si possa già ora con gratitudine riconoscere che quanto Dio ci ha donato trova perfetta realizzazione nella Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra: la sua Assunzione al cielo in corpo ed anima è per noi segno di sicura speranza, in quanto indica a noi, pellegrini nel tempo, quella meta escatologica che il sacramento dell’Eucaristia ci fa fin d’ora pregustare.

In Maria Santissima vediamo perfettamente attuata anche la modalità sacramentale con cui Dio raggiunge e coinvolge nella sua iniziativa salvifica la creatura umana….Per questo, ogni volta che nella Liturgia eucaristica ci accostiamo al Corpo e al Sangue di Cristo, ci rivolgiamo anche a Lei che, aderendovi pienamente, ha accolto per tutta la Chiesa il sacrificio di Cristo.

 

Cosi Madre Teresa di Calcutta prega la Madonna

“Maria, Madre di Gesù, dammi il tuo cuore, così bello, così puro,
così immacolato, così pieno d’amore e umiltà: rendimi capace di ricevere Gesù nel Pane della Vita, amarlo come tu lo amasti e servirlo sotto le povere spoglie del più povero tra i poveri…”

 

Preghiera a Maria

di Sant’Ildefonso

 

“O Signora, luce pura, luce bella,

luce che illumina le cose celesti,

che fa scoprire le cose terrestri,

che mette paura alle cose infernali,

luce che guida gli smarriti,

che da’ letizia ai mesti,

che da’ gioia agli angeli e ai santi

e ai giusti del Paradiso!

O luce che rivela i misteri,

che svela le cose nascoste,

che irraggia le cose oscure!

Purifica le nostre opere,

rialza le rovinose,

fa’ splendere le opache e nebulose,

conduci chi confida in Te alla gloria eterna”.

Amen.