Archivi Mensili: agosto 2009

La quinta meditazione degli esercizi spirituali

5. Maria Vergine, Madre dell’unità

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo 2, 5-8

 

Carissimo, uno solo è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto banditore e apostolo – dico la verità, non mentisco -, maestro dei pagani nella fede e nella verità. Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese”.

 

L’esempio di Cristo che prega il Padre perché «tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21) stimola anche noi suoi discepoli ad elevare intense suppliche per l’unità dei cristiani.

 

– Unità all’interno della Chiesa cattolica (sintonia con il Papa,

   il  Vescovo, il parroco, la comunità dei credenti)

 

– Unità tra tutti i credenti in Cristo;

 

– Dialogo con le altre religioni non cristiane;

 

– Coraggiosi e costanti nel sostenere il cammino ecumenico;

 

– La Chiesa cattolica, accesa di zelo per l’unità dei cristiani, ed anzi di tutti gli uomini, prega fervorosamente Dio affinché, per l’intercessione della beata Vergine, «le varie famiglie dei popoli formino l’unico popolo della nuova alleanza»;

 

– La Chiesa è fermamente convinta che la causa dell’unità dei cristiani è propriamente legata alla funzione della maternità spirituale della beata Vergine Maria. Paolo VI chiama spesso la beata Vergine «Madre dell’unità».

 

I fondamenti teologici dell’unità

 

– Dio è «sorgente dell’unità e origine della concordia»;

 

– Dio Creatore dell’uomo e Padre di tutti ed in Lui tutti gli  uomini sono tutti fratelli: un solo battesimo, una sola fede, un solo Dio Padre di tutti;

 

– Per mezzo di Gesù Cristo,  Parola eterna,  Dio ha donato l’esistenza a tutte le cose ed ha chiamato gli uomini a partecipare alla sua vita senza fine;

 

– Dio ha tanto amato il mondo da fargli dono del suo Figlio unigenito, il quale, per noi uomini e per la nostra salvezza, discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo;

 

– Gesù Cristo è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, il quale, la vigilia della sua passione, pregò il Padre per i suoi discepoli perché fossero perfetti nell’unità.

 

– Dio ha inviato lo Spirito della potenza e della consolazione, perché ogni uomo, redento da Cristo, potesse in lui ricevere la dignità di figlio e diventare coerede delle indefettibili promesse, da te fatte all’umanità!

 

– Il piano creatore di Dio è culminato nella Redenzione, la quale tocca l’uomo vivente e abbraccia l’intera vita e  storia di tutti i popoli.

 

 

Le motivazioni teologiche di questo titolo attribuito a Maria

 

Il Papa Benedetto XVI ribadisce il titolo di Maria, Madre di Dio,  Madre dell’unità, nel suo discorso in Turchia, fatto recentemente.

 

-La Vergine Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, è la Madre di quel mistero di unità che Cristo e la Chiesa inseparabilmente rappresentano e costruiscono nel mondo e lungo la storia.

 

– La beata Vergine  prese parte con un ruolo di prim’ordine ad alcuni eventi salvifici riguardanti «il mistero dell’unità».

 

– Il mistero dell’incarnazione, quando nel suo «grembo purissimo» il Verbo di Dio unì con un vincolo indissolubile «alla natura divina la natura umana».

 

– La maternità verginale, quando il Figlio di Dio «si scelse una Madre che non ha conosciuto corruzione nel corpo e nel cuore», che fosse immagine dell’unica e indivisa Chiesa sposa.

 

– La passione di Cristo, quando Gesù, «innalzato da terra, alla presenza della Vergine Madre, radunò i figli (di Dio) dispersi».

 

– L’effusione dello Spirito Santo, quando Gesù, ritornato al Padre, inviò «lo Spirito di unità e di concordia, di riconciliazione e di perdono» sugli Apostoli raccolti in preghiera con Maria.

 

Quale la riposta personale e comunitaria a questo progetto?

 

– Vivere il dono dell’unico Battesimo;

 

– accogliere con entusiasmo e fiducia il programma evangelico della salvezza personale ed ecclesiale;

 

  seguire, in conformità alla propria coscienza, la voce di Dio che chiama per diverse e in aspettative vie;

– sentirsi membra vive della Chiesa e vivere la propria appartenenza alla comunità dei credenti, in unione al Sommo Pontefice, al Vescovo, al parroco ed ai pastori che il Signore ci dona per guidarci verso i pascoli eterni;

 

– rendere lode a Dio sia nella vita privata che in quella pubblica (la testimonianza della propria fede);

 

– vivere nella verità, nella carità, nella giustizia e nel godimento della pace messianica, che abbraccia i cuori umani, le comunità, la terra e l’intero cosmo;

 

– Consapevoli della nostra dignità di uomini e di figli di Dio, dobbiamo avere la forza di superare ogni odio e di vincere il male col bene.

 

Atto di affidamento alla Vergine a Fatima il 13 maggio 1991

 

Mostrati Madre dell’unità e della pace.

Cessino ovunque la violenza e l’ingiustizia,

crescano nelle famiglie la concordia e l’unità,

e fra i popoli il rispetto e il dialogo;

regni sulla terra la pace, la pace vera!

O Vergine Maria, dona al mondo Cristo, nostra pace.

Non riaprano i popoli nuovi fossati di odio e di vendetta;

non ceda il mondo all’illusione di un falso benessere

che mortifica la dignità della persona

e compromette per sempre le risorse del creato.

A Te, con fiducia, tutti ci consacriamo.

Con Te intendiamo seguire Cristo, Redentore dell’uomo:

la stanchezza non ci abbatta, né la fatica ci rallenti,

le difficoltà non spengano il coraggio,

né la tristezza la gioia nel cuore.

Tu, Maria, Madre del Redentore,

continua a mostrarti Madre per tutti,

veglia sul nostro cammino,

fa’ che pieni di gioia vediamo

il tuo Figlio nel Cielo. Amen!

 

La quarta meditazione del corso degli esercizi spirituali

4. Maria, immagine e Madre della Chiesa

 

Dal Vangelo di Giovanni (19, 25-27)

 

In quell’ora, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «donna, ecco il tuo figlio! ». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”.

 

Il 21 novembre 1964, alla chiusura della Terza Sessione del Concilio Vaticano II, Paolo VI, durante la solenne concelebrazione, proclamò Maria santissima «Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei pastori, che la chiamano Madre amorosissima»; e stabili che, «con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine (venisse) ancor più onorata ed invocata da tutto il popolo cristiano».

Da allora numerose Chiese particolari, e famiglie religiose hanno incominciato a venerare la Madonna sotto il titolo di «Madre della Chiesa».

Sotto il nuovo titolo si prendono in considerazione i molteplici legami con i quali il popolo cristiano è congiunto alla Vergine Maria, ma innanzitutto si celebra la funzione materna che, secondo il beneplacito, di Dio, Maria santissima adempie nella Chiesa e per la Chiesa.

 

Paolo VI – Marialis cultus

La Marialis cultus di Paolo VI  sull’orientamento antropologico del culto della Beata Vergine Maria (nn.35-39).

 

1 «La Vergine Maria è stata sempre proposta dalla Chiesa all’imitazione dei fedeli […] perché nella sua condizione concreta di vita, ella aderì totalmente e responsabilmente alla volontà di Dio; perché ne accolse la parola e la mise in pratica; perché la sua azione fu animata dalla carità e dallo spirito di servizio; perché, insomma, fu la prima e la più perfetta seguace di Cristo» (n. 35). «La santità esemplare della Vergine muove i fedeli ad innalzare gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti. Si tratta di virtù solide, evangeliche» (n. 57).

2 Al di là dell’immagine popolare e letteraria di Maria, vi è «la sua immagine evangelica […]. Maria è modello chiarissimo di vita evangelica» (n. 36).

3 Occorre, dunque, contemplare la figura della Vergine Maria quale essa viene proposta dal Vangelo, evitare ciò che giunge a falsare la figura e la missione di Maria, rifuggire dalla vana credulità, che al serio impegno sostituisce il facile affidamento a pratiche solo esteriori, nonché dallo sterile moto del sentimento, così alieno dallo stile del Vangelo (cf nn. 37-38).

 

Il Catechismo della Chiesa cattolica

Maria – Madre di Cristo e della Chiesa

«La Vergine Maria  è riconosciuta e onorata come la vera Madre di Dio e del Redentore. Insieme però è veramente “Madre delle membra” (di Cristo), perché ha cooperato con la sua carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa, i quali di quel Capo sono le membra ». «Maria, Madre di Cristo, Madre della Chiesa» (963).

 

La maternità di Maria verso la Chiesa

 

Interamente unita al Figlio suo…

Il ruolo di Maria verso la Chiesa è inseparabile dalla sua unione a Cristo e da essa direttamente deriva. « Questa unione della Madre col Figlio nell’opera della redenzione si manifesta dal momento della concezione verginale di Cristo fino alla morte di lui ». Essa viene particolarmente manifestata nell’ora della sua passione: «La beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette ritta, soffrì profondamente col suo Figlio unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso Cristo Gesù morente in croce fu data come madre al discepolo con queste parole: “Donna, ecco il tuo figlio” (cf 1 Gv 19,26-27)» (964).

Dopo l’ascensione del suo Figlio, Maria «con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa». Riunita con gli Apostoli e alcune donne, « anche Maria implorava con le sue preghiere il dono dello Spirito, che l’aveva già presa sotto la sua ombra nell’annunciazione» (965).

 

…anche nella sua assunzione…

«Infine, l’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria col suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come la Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, il Signore dei dominanti, il vincitore del peccato e della morte». L’assunzione della santa Vergine è una singolare partecipazione alla risurrezione del suo Figlio e un’anticipazione della risurrezione degli altri cristiani: «Nella tua maternità hai conservato la verginità, nella tua dormizione non hai abbandonato il mondo, o Madre di Dio; hai raggiunto la sorgente della Vita, tu che hai concepito il Dio vivente e che con le tue preghiere libererai le nostre anime dalla morte» (966).

 

…Ella è nostra Madre nell’ordine della grazia

Per la sua piena adesione alla volontà del Padre, all’opera redentrice del suo Figlio, ad ogni mozione dello Spirito Santo, la Vergine Maria è il modello della fede e della carità per la Chiesa. «Per questo è riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa»  «ed è la figura (typus) della Chiesa» (967).

 

Ma il suo ruolo in rapporto alla Chiesa e a tutta l’umanità va ancora più lontano. «Ella ha cooperato in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata per noi la Madre nell’ordine della grazia» (968).

 

«Questa maternità di Maria nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso prestato nella fede al tempo dell’annunciazione, e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo ella non ha deposto questa missione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna. Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice» (969).

 

«La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce […] l’unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Infatti ogni salutare influsso della beata Vergine sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia ». «Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo incarnato e redentore; ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato dai sacri ministri e dal popolo fedele, e come l’unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l’unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata dall’unica fonte» (970).

 

Maria – icona escatologica della Chiesa

Dopo aver parlato della Chiesa, della sua origine, della sua missione e del suo destino, non sapremmo concludere meglio che volgendo lo sguardo verso Maria per contemplare in lei ciò che la Chiesa è nel suo mistero, nel suo « pellegrinaggio della fede », e quello che sarà nella patria al termine del suo cammino, dove l’attende, nella « gloria della Santissima e indivisibile Trinità », «nella comunione di tutti i santi» 541 colei che la Chiesa venera come la Madre del suo Signore e come sua propria Madre: «La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è l’immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in cammino » (971).

 

Maria Madre di Cristo Madre della Chiesa

Maria è l’esemplare di ogni cristiano docile allo Spirito Santo; ma prima ancora, modello della chiesa che vive, prega, ama, lavora nello Spirito. 

Dalla persona di Gesù, la divina maternità di Maria si estende a tutta la Chiesa che è il Corpo di Cristo. Perciò chiamiamo Maria Madre della Chiesa. Paolo scrive “Dio mandò suo Figlio…” (Galati 4,4) vuol dire che il Figlio già esistente nell’eternità, è mandato dal Padre nel mondo. “Nacque da donna”, cioè quel Figlio fu generato da una donna Maria! “Lo Spirito Santo verrà su di te… per questo il tuo bambino sarà santo, Figlio di Dio” (Lc 1,35). Lo Spirito Santo opera la concezione miracolosa, ma nello stesso tempo sarà presente Dio. Se “il tuo bambino sarà santo, Figlio di Dio”, lei ne è la Madre.

 

Il concilio Vaticano II insegna che la vera devozione non ha niente a che fare con la curiosità, la vana credulità, il miracolismo, il superficiale sentimentalismo e il formalismo delle pratiche esteriori; ma consiste piuttosto nel riconoscere la singolare dignità di Maria, nel rivolgersi a Lei con fiducia e amore filiale, nel limitare le sue virtù, per seguire Cristo insieme con Lei.

Quali sono queste virtù: è ricca di fede,  piena di speranza,  perfetta nella carità,  umile, misericordiosa,  prudente, modesta, pia,  benigna, sapiente,  paziente, povera, piena di grazia.

Secondo Sant’Agostino “onorare e non imitare non è altro che bugiarda adulazione”.

Nella venerazione della Santa Vergine deve avere il primo posto il culto liturgico e le altre forme di devozioni devono ispirarsi ad esso, in modo che Maria appaia sempre unità a Cristo nei suoi misteri e coinvolta nel movimento di adorazione, che egli nello Spirito Santo fa salire al Padre. Maria rimane la serva del Signore e la sua gloria in cielo è ancora la gloria di servire. Il suo invito è sempre lo stesso: “Fate quello che Gesù vi dice”.

 

Maria risplende per noi come icona dello Spirito, esempio luminoso di abbandono alla sua forza misteriosa; Maria di Nazaret è modello di povertà, di beatitudine di chi accetta quel figlio, ma come prima discepola, si mette in cammino con Lui, da Nazaret a Betlemme, alla fuga in Egitto… alla croce.

La beatitudine della povertà (Mt5,3) permette a Maria di scoprire che Dio compie meraviglie con i poveri a favore dei poveri. Maria in ogni cenacolo precede i cristiani che si radunano nel nome del Signore ed ogni volta ci vuole consegnare la gioia della salvezza e la certezza della pace. 

 

Con il Natale, la gioia della maternità viene condivisa con i poveri e gli appassionati della verità come i Magi.

A Cana di Galilea, rivela già questa nuova dimensione della sua maternità; è sollecita per il bene dei figli, desidera che si manifesti la potenza messianica del Figlio e si fa maestra di salvezza; Fate quello che vi dirà”.

Sul Calvario, la sua maternità universale viene proclamata ufficialmente, “Donna ecco tuo figlio”.

 

Con la consegna della Madre, Gesù ha compiuto tutto. La nuova maternità di Maria, Madre della chiesa risorta e la inonda di nuovo della sua presenza perché sia sovrabbondante di grazia anche per noi.

 

Preghiera alla Vergine di Santa Teresa del Bambino Gesù

Io so bene, o Vergine piena di grazia,

che a Nazaret tu sei vissuta poveramente,

senza chiedere nulla di più.

Né estasi, né miracoli, né altri fatti straordinari

abbellirono la tua vita, o Regina degli eletti.

Il numero degli umili, dei «piccoli»,

è assai grande sulla terra: essi possono

alzare gli occhi verso di te senza alcun timore.

Tu sei la madre incomparabile che cammina

con loro per la strada comune,

per guidarli al cielo.

O Madre diletta, in questo duro esilio

io voglio vivere sempre con te

e seguirti ogni giorno. Mi tuffo rapita

nella tua contemplazione e scopro

gli abissi di amore del tuo cuore.

Tutti i miei timori svaniscono

sotto il tuo sguardo materno

che mi insegna a piangere e a gioire.

(Santa Teresa del Bambino Gesù)

 

 

 

 

La terza meditazione del corso di esercizi spirituali on-line

PadreAntonio-Brasile1.jpg3.Maria, Madre di Dio

 

– Mediteremo su Maria Madre del Signore, Madre di Dio

 

– Dal Vangelo di Luca “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me”.

 

 

Dalle Glorie di Maria, di sant’Alfonso Maria de Liguori leggiamo nell’Introduzione

 

La lode di Maria è una fonte così ampia, inesauribile, che quanto più si dilata tanto più si riempie, e quanto piu si riempie tanto più si dilata. Vale a dire che la beata Vergine è così grande e sublime, che quanto più la si loda tanto più resta da lodarla. Scrive per­ciò sant’Agostino che non basterebbero a lodarla quanto ella merita tutte le lingue degli uomini, anche se tutte le loro membra si mutassero in lingue”. (Anno 1750)

 

Le due prerogative fondamentali: la Madre di Dio e la Mediatrice

Sant’Alfonso pose come base della sua mariologia due prerogative di Maria: la maternità divina e la partecipa­zione all’opera della redenzione. Esse non sono collocate su linee parallele, ma sono viste strettamente congiunte, per cui si richiamano e si compenetrano a vicenda: la pri­ma è ordinata alla seconda, e la seconda trova nella prima il suo fondamento ontologico.

 

La Madre di Dio

Maria fu eletta madre di Dio per essere corredentrice e mediatrice; uno stesso decreto divino la predestinò a que­sta duplice missione.

Sant’Alfonso considera la maternità divina nella luce della redenzione; nello studio del motivo dell’incarnazione egli segue la tesi tomista secondo la quale, «se l’uomo non aves­se peccato, Dio non si sarebbe incarnato»; quindi il motivo ultimo dell’incarnazione fu la redenzione dell’u­manità. Maria divenne madre di un Dio che si fece uomo per essere il redentore e per espiare i peccati del mondo; senza i peccatori Dio non si sarebbe incarnato, e Maria non sarebbe divenuta sua madre. La sua missione è con­giunta a quella di Cristo; essi sono stati predestinati per assicurare la redenzione dell’umanità decaduta, per cui tut­ta l’economia della salvezza porta l’impronta della mise­ricordia e della suprema indulgenza divina; e noi ora sap­piamo che Maria è madre del Salvatore misericordioso per essere la madre della misericordia Riflettendo sulla maternità divina, realizzata nel tem­po, il Liguori fa la seguente affermazione: « A Dio non conveniva altra madre che Maria, e a Maria non conveni­va altro figlio che Dio». Nella spiegazione di questa verità si devono evitare due eccessi, ugualmente riprove­voli: o di esagerarne la portata o di ridurla oltre i limiti giusti. Precisa ed equilibrata la sua presentazione: Maria è madre di Dio «per avere generato un figlio che fin dal concepimento è stato Dio». Questo dogma non è che il corollario della dottrina biblica sull’unicità della perso­na in Cristo: « Se Cristo uomo è vero Dio, e se Maria san­tissima è vera madre di Cristo uomo, è conseguenza ne­cessaria che sia ancora vera madre di Dio». L’autore deduce la verità dai dati del Vangelo in cui si afferma che Maria ha concepito e generato Dio; dunque in termini equi­valenti vi si dice che è madre di Dio. Egli presta un’at­tenzione speciale alla tradizione, per cui nella confutazio­ne di Nestorio riunisce i migliori testi dei primi quattro secoli a favore della maternità divina di Maria. Infine, per completare la serie delle testimonianze, si rifà alle mani­festazioni della coscienza cristiana, nella quale questa ve­rità è profondamente radicata; segno evidente che essa è la fede tenuta sempre dalla Chiesa. Nel considerare la tra­scendenza della maternità divi nità: « La dignità della divina Madre è la massima dignità che si può conferire a una creatura » Essa è la sorgente della grandezza e della potenza uni­ca di Maria; parlando delle sue perfezioni egli pone sem­pre la maternità al centri), nel quale convergono tutti gli altri privilegi, sia come disposizioni necessarie, sia come doni concomitanti, sia come dipendenze naturali. Se l’u­nione ipostatica fu la misura della grazia di Cristo, la ma­ternità divina fu la norma della pienezza di grazia di Maria.

 

1- Nel mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, Maria divenne veramente e pienamente Madre di Dio.

Madre di Dio: un titolo che esprime uno dei misteri e, per la ragione, uno dei paradossi più alti del cristianesimo.

«Quello che i cieli non possono contenere, si è racchiuso nelle tue viscere, fatto uomo!» (cf i Re 8, 27): quello che Israele diceva  di sé  nel momento in cui la gloria di Dio venne, in una nube, a dimorare nel tempio oggi lo possiamo dire di Maria. 

Madre di Dio è il più antico e importante titolo dogmatico della Madonna: Concilio di Efeso 431

2- Nel parlare di Maria, la Scrittura mette costantemente in risalto due elementi, o momenti, fondamentali della maternità. Essi sono: concepire e partorire.

Una vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7, 14).

Ecco concepirai nel seno e partorirai un figlio (Lc 1, 31).

Il generare, è comune sia al padre che alla madre, mentre il secondo, il partorire, è esclusivo della madre.

 

3- Madre di Dio: un titolo su cui meditare

Raccogliamoci ora davanti al titolo Madre di Dio, come davanti a una icona, in contemplazione.  Quanto è ricco questo titolo di Madre di Dio. Esso ci parla, successivamente, di Gesù, di Dio e di Maria.

 

A = “Madre di Dio” ci parla di Gesù

a) Di Gesù esso ci attesta anzitutto che è vero uomo: Egli  ha vissuto la vicenda umana in tutta la sua concretezza

b)  «Madre di Dio » attesta, in secondo luogo, che Gesù è vero Dio.  Non Dio per adozione, Dio per modo di dire. “Dio vero da Dio vero, generato e non creato, della stessa sostanza del Padre” (Credo). 

c)  Il titolo Madre di Dio attesta che Gesù è Dio e uomo in una stessa persona. Se  in Gesù umanità e divinità fossero state unite —come pensavano gli eretici condannati a Efeso – di un’unione solo morale e non personale, Maria non potrebbe essere detta più Madre di Dio, ma solo Madre di Cristo.

 

B- «Madre di Dio » ci parla di Dio

= Ci parla anzitutto dell’umiltà di Dio.

Che contrasto fra il nostro Dio con il dio dei filosofi!. Vi sono pensatori che trovano perfino strano e quasi offensivo per un essere umano avere avuto una madre, perché questo significa dipendere radicalmente da qualcuno, non poter progettare interamente da soli la propria esistenza.

Dio ha voluto avere una madre! L’uomo, da sempre, cerca Dio in alto. Cerca di costruire, con i suoi sforzi ascetici o intellettuali, una specie di piramide, pensando che al vertice di essa troverà Dio. E non si accorge che Dio è sceso e ha rovesciato la piramide; si è messo lui stesso alla base, per portare su di sé tutto e tutti.

= Ci parla della nobiltà della creazione

Dio scende nel cuore stesso della creazione. Tutto ciò proclama la santità delle cose da lui create. Ha santificato e redento  la nascita umana. Soprattutto Dio ha rivelato la dignità della donna in quanto tale.

4- Come imitare questo tratto della Madonna di essere Madre di Dio?

Maria è Madre di Dio non solo perché l’ ha portato fisicamente nel grembo, ma anche perché l’ ha concepito prima nel cuore con la fede.

Possiamo imitarla in questo secondo senso.

«Ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio… secondo la fede, tutte le anime generano Cristo quando accolgono la parola di Dio » (S: Ambrogio)

 

A- Maternità incomplete

Vi sono due tipi di maternità incompleta: 1)il non partorire: l’ aborto, 2) il non concepire (figli concepiti in provetta o utero dato in prestito)

Purtroppo anche sul piano spirituale ci sono queste due tristi possibilità.

1)    Concepisce Gesù senza partorirlo chi accoglie la Parola, senza metterla in pratica. Si continua a fare un aborto spirituale dietro l’altro, formulando propositi di conversione che vengono poi sistematicamente dimenticati e abbandonati a metà strada. Insomma, chi ha la fede, ma non ha le opere.

2)    Partorisce, al contrario, Cristo senza averlo concepito chi fa tante opere, anche buone, ma che non vengono dal cuore, da amore per Dio e da retta intenzione, ma piuttosto dall’abitudine, dall’ipocrisia, dalla ricerca della propria gloria e del proprio interesse, o semplicemente dalla soddisfazione che dà il fare. Insomma, chi ha le opere ma non ha la fede.

 

B- Maternità complete

San Bonaventura, in un opuscolo intitolato «Le cinque feste di Gesù Bambino» dice che l’anima devota, per grazia dello Spirito Santo, può spiritualmente concepire il Verbo, partorirlo, dargli il nome, cercarlo e adorarlo con i Magi e infine presentarlo a Dio Padre nel tempio.

a) Per san Bonaventura, l’anima concepisce Gesù quando, scontenta della vita che conduce, è come fecondata dalla grazia dello Spirito Santo e concepisce il proposito di una vita nuova.

b) Il Figlio di Dio nasce nel cuore allorché l’anima mette immediatamente in opera il suo santo proposito.

Se il proposito non è messo in atto, Gesù è concepito, ma non è partorito.  Non si celebrerà mai «la seconda festa » di Gesù Bambino che è il Natale!

E’ uno dei tanti rinvii, di cui è forse è stata punteggiata la nostra vita; è una delle ragioni principali per cui così pochi si fanno santi.

C) Se decidi di arrivare qui –dice ancora Bonaventura- devi armarti di coraggio; la tentazione è alla tua porta

Prima ti dice: non ce la farai mai, comprometti il tuo buon nome…

Poi ti insinua:  stai per ingannare la gente che ti crede un santo mentre non lo sei…

A tutte queste tentazioni, bisogna rispondere con fede: Non è divenuta troppo corta la mano del Signore da non poter salvare! (Is 59, 1) o, come Agostino « Si isti et istae, cur non ego? ».

 

La preghiera del Santo Padre Benedetto XVI a Loreto – Agorà dei giovani.

Maria, Madre del sì, tu hai ascoltato Gesù e conosci il timbro della sua voce e il battito del suo cuore. 

Stella del mattino, parlaci di Lui e raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede. 

Maria, che a Nazareth hai abitato con Gesù, imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti, la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta e fa’ fiorire la Parola in scelte di vera libertà. 

Maria, parlaci di Gesù, perché la freschezza della nostra fede brilli nei nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci incontra, come Tu hai fatto visitando Elisabetta che nella sua vecchiaia ha gioito con te per il dono della vita. 

Maria, Vergine del Magnificat, aiutaci a portare la gioia nel mondo e, come a Cana, spingi ogni giovane, impegnato nel servizio ai fratelli, a fare solo quello che Gesù dirà. 

Maria, poni il tuo sguardo sull’Agorà dei giovani, perché sia il terreno fecondo della Chiesa italiana. 

Prega perché Gesù, morto e risorto, rinasca in noi e ci trasformi in una notte piena di luce, piena di Lui. 

Maria, Madonna di Loreto, porta del cielo, aiutaci a levare in alto lo sguardo. 

Vogliamo vedere Gesù. Parlare con Lui. Annunciare a tutti il Suo amore. Amen

 

La seconda meditazione del corso di esercizi spirituali on-line

2. Maria Vergine,  Madre e Maestra spirituale

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (19,25-37)

 

In quell’ora, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala”.

 

Il titolo di Maria Madre e Maestra spirituale si rifà alla spiritualità carmelitana, maschile e femminile. In particolare alla devozione della Madonna del Carmine.

Maria è Maestra perché, custodendo nel suo cuore le parole di Gesù, ci «insegna con il suo esempio» «il timore di Dio»; impariamo ad amare Dio «sopra ogni cosa con il suo cuore», a «contemplare con il suo spirito il Verbo», a dedicarci «con la stessa sollecitudine» ai fratelli sofferenti – E’ Madre spirituale perché ci invita soavemente a salire «sul monte del Signore» che e il Cristo stesso; madre, per mezzo della quale la sapienza dice: «Chi trova me, trova la vita»; madre che, avendoci ricevuti come figli presso la croce del Signore  ci «protegge con il suo aiuto».

 

Esortazione apostolica “Marialis cultus” di Paolo VI

Modello di tutta la Chiesa nell’esercizio del culto divino, Maria è anche, evidentemente, maestra di vita spirituale per i singoli cristiani. Maria è soprattutto modello di quel culto che consiste nel fare della propria vita un’offerta a Dio.

 

Maria in campo spirituale svolge una triplice funzione materna: l’essere garante della vera fede, del vero culto e del più autentico comportamento cristiano.

 

Messaggio del Servo di Dio Giovanni Paolo II per la III Giornata Mondiale della Gioventù. 13 dicembre 1987 di circa 22 anni fa.

«Fate quello che egli vi dirà…». In questa breve frase si racchiude tutto il programma di vita che Maria maestra realizzò come prima discepola del Signore, e che oggi insegna anche a noi. E’ un progetto di vita basata sul solido e sicuro fondamento che si chiama Gesù Cristo.

Parlando ai giovani il Papa dice: “Ed ecco dinanzi a voi Maria, Vergine di Nazareth, l’umile ancella del Signore, che mostrando suo Figlio dice: «Fate quello che egli vi dirà», cioè ascoltate Gesù, ubbidite a Gesù, ai suoi comandamenti, abbiate fiducia in lui. Questo è l’unico progetto di una vita veramente riuscita e felice. Questa è anche l’unica fonte del più profondo senso della vita”.

Sempre il Papa: Non solo imparare le cose che Cristo ci ha insegnato, ma dobbiamo «imparare Lui». Ma quale maestra, in questo, è più esperta di Maria? Tra gli esseri umani, nessuno meglio di Lei conosce Cristo, nessuno come la Madre può introdurci a una conoscenza profonda del suo mistero.

 

Paolo VI scriveva: “Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a lui conduce. Una duplice via: quella dell’esempio e quella dell’intercessione”.

 

L’esemplarità di Maria: scuola per “imparare” Cristo

Mettersi alla scuola di Maria significa imitarla. E questa imitazione consiste, innanzitutto, nel far risuonare nella nostro cuore, ogni giorno della nostra vita, l’“Eccomi” che ella rivolse a Dio nell’Annunciazione. Dice Sant’Ambrogio: “deve essere in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore, deve essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio” .

 

Quali atteggiamenti spirituali assumere per imitare Maria?

Il primo è il suo essere in ascolto. Maria è la credente che accoglie la Parola di Dio con fede. Scrive S. Agostino, “essa piena di fede e concependo il Cristo prima nella sua mente che nel suo grembo, ecco – disse – sono l’ancella del Signore, avvenga di me quello che hai detto” .

 

Il secondo atteggiamento è il suo essere in preghiera. Ce lo rivela il canto del Magnificat: la preghiera per eccellenza di Maria. “L’anima mia magnifica il Signore  e il mio spirito esulta di Dio mio salvatore”.

 

Maria Vergine ci è ancora maestra attraverso la sua maternità. Maria ci insegna che essere cristiani significa diventare anche noi “madre”,  cioè concepire nel nostro cuore l’amore di Dio, accogliendo la sua Parola, e dandolo alla luce attraverso le opere di carità.

 

Maria ci è la maestra con la sua offerta.  Nella Presentazione al Tempio, offrendo il Figlio a Dio, offre se stessa, affinché si compia nella sua vita il progetto d’amore del Padre. Imitando Maria, impariamo ad offrire la nostra vita a Dio, diventiamo come Maria.

 

Due i pilastri su cui fondare l’imitazione: l’amore  e l’umiltà.

L’amore è ciò che cambia la persona, l’abbassa o l’innalza come diceva il grande Agostino. Amare è essere umili. E’ nell’umiltà che si costruisce il vero percorso di santificazione.

 

L’umiltà fa  grande Maria nella sua piccolezza.

Ma l’umiltà fa grande ogni vero devoto di Maria.

Un mistico belga del XIV, l’Ammirabile Ruysbroeck così si esprime al riguardo: L’uomo umile non porrà mai Dio abbastanza in alto, né se stesso abbastanza in basso. Ma ecco la cosa meravigliosa: la sua incapacità si trasformerà in saggezza e il diletto del suo atto sempre insufficiente, sarà, ai suoi occhi, il più gran piacere della vita. Di fronte a Dio, che è troppo immenso per essere da noi degnamente onorato, dobbiamo provare nell’atto di adorazione la gioia dell’impotenza”.

 

La Madonna ha sperimentato questa impotenza nell’Annunciazione, nella vita e soprattutto nella morte di Gesù.

 

Quale la risposta dei fedeli agli insegnamenti di simile Madre e Maestra nello spirito e nella vita?

 

– La venerazione profonda: bandire dalla nostra vita un culto superficiale ed occasionale.

 

– L’amore ardente: far palpitare il cuore di santo amore e timore di Dio.

 

– La fiduciosa invocazione: rivolgersi a Dio e alla Madonna con la certezza di essere ascoltati.

 

– Il servizio della carità: tradurre in stile di vita caritativa ciò che professiamo con la fede.

 

– Il commosso stupore: di fronte alle meraviglie della creazione e della redenzione, sapere dire grazie Signore.

 

– L’attento studio: approfondire con la catechesi, la teologia i contenuti essenziali della fede e del culto.

 

Preghiera conclusiva

dell’Enciclica Evangelium vitae

di Giovanni Paolo II

 

O Maria,

aurora del mondo nuovo,

Madre dei viventi,

affidiamo a Te la causa della vita:

guarda, o Madre, al numero sconfinato

di bimbi cui viene impedito di nascere,

di poveri cui è reso difficile vivere,

di uomini e donne vittime di disumana violenza,

di anziani e malati uccisi dall’indifferenza

o da una presunta pietà.

Fà che quanti credono nel tuo Figlio

sappiano annunciare con franchezza e amore

agli uomini del nostro tempo

il Vangelo della vita.

Ottieni loro la grazia di accoglierlo

come dono sempre nuovo,

la gioia di celebrarlo con gratitudine

in tutta la loro esistenza

e il coraggio di testimoniarlo

con tenacia operosa, per costruire,

insieme con tutti gli uomini di buona volontà,

la civiltà della verità e dell’amore

a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita. Amen

 

La prima meditazione del corso di esercizi spirituali on-line

Corso di esercizi spirituali-programma.jpg1. Maria, Stella della Speranza- modello di vita per ogni cristiano.

 

Maria, Stella della Speranza- modello di vita per ogni cristiano, è questo il tema del corso di esercizi spirituali on-line che intendo tenere in questa settimana a voi, carissimi amici di Fb e di Internet. Seguiremo scrupolosamente l’orario giornaliero, facendo tesoro di tutti i momenti di preghiera, meditazione, silenzio, approfondimento e condivisione. In questa settimana come umili e indegni discepoli del Signore e di Maria, Stella della Speranza ci metteremo alla loro scuola, per potenziare la nostra fede-speranza e aprire il nostro cuore  e la nostra intelligenza allo Spirito del Signore. Questo corso di esercizi spirituali è stato voluto da me alla vigilia della grande solennità dell’Assunta, che celebriamo il 15 agosto prossimo. Ci vogliamo preparare interiormente e spiritualmente a questa solennità mariana che, nel suo significato più profondo, rimanda al pensiero dell’eternità, verso la quale tutti siamo indirizzati.

Un corso di esercizi spirituali, anche se fatto in questo modo, è un tempo di grazia, che lo Spirito del Signore vorrà donarci. Sia per voi tutti, che non avete mai avuto possibilità di fare questa esperienza, un inizio di cammino che poi deve trasfersi nel reale, con un futuro corso in un’apposita struttura e casa di esercizi spirituali. Certo gli esercizi fatti nella realtà offrono opportunità diverse, come la partecipazione alla messa ed all’eucaristia, all’adorazione eucaristica, al sacramento della confessione. Non potendo fare concretamente ed efficacemente questo si è pensato ad una forma sostitutiva con i supporti multimediali e comunicativi. La maggior parte del corso è lasciata, come d’’altra parte dal vivo, alla capacità del singolo di immergersi nel discorso spirituale e lasciarsi guidare da esso. In casa certo ci saranno occupazioni, faccende da fare, famiglia da accudire, ma senza venire meno a questi obblighi e doveri morali, cercate di conciliare il tutto in un clima di preghiera, raccoglimento e silenzio. Fate ogni sforzo perché questa settimana sia di arricchimento interiore per voi stessi e per chi vi sta vicino. In 20 minuti a disposizione per il video posso dirvi le cose più essenziali, mentre vi invito a leggere il testo integrale della meditazione.

 

Ed andiamo alla prima meditazione di questo corso.

 

Maria, Stella della Speranza. Questo  titolo è tratto dalla seconda enciclica di Papa Benedetto XVI, Spe Salvi, e riguarda la parte finale di tale importante documento pontificio, da cui partiamo per spaziare su altri temi mariani che dicono stretto rapporto a Cristo e al mistero della salvezza del genere umano.

 

Maria, stella della speranza

Seguiamo attentamente l’Enciclica del Papa

Con un inno dell’VIII/IX secolo, quindi da più di mille anni, la Chiesa saluta Maria, la Madre di Dio, come « stella del mare »: Ave maris stella. La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza – lei che con il suo « sì » aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell’Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cfr Gv 1,14)?

A lei perciò ci rivolgiamo: Santa Maria, tu appartenevi a quelle anime umili e grandi in Israele che, come Simeone, aspettavano « il conforto d’Israele » (Lc 2,25) e attendevano, come Anna, « la redenzione di Gerusalemme » (Lc 2,38). Tu vivevi in intimo contatto con le Sacre Scritture di Israele, che parlavano della speranza – della promessa fatta ad Abramo ed alla sua discendenza (cfr Lc 1,55). Così comprendiamo il santo timore che ti assalì, quando l’angelo del Signore entrò nella tua camera e ti disse che tu avresti dato alla luce Colui che era la speranza di Israele e l’attesa del mondo. Per mezzo tuo, attraverso il tuo « sì », la speranza dei millenni doveva diventare realtà, entrare in questo mondo e nella sua storia. Tu ti sei inchinata davanti alla grandezza di questo compito e hai detto « sì »: « Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto » (Lc 1,38). Quando piena di santa gioia attraversasti in fretta i monti della Giudea per raggiungere la tua parente Elisabetta, diventasti l’immagine della futura Chiesa che, nel suo seno, porta la speranza del mondo attraverso i monti della storia. Ma accanto alla gioia che, nel tuo Magnificat, con le parole e col canto hai diffuso nei secoli, conoscevi pure le affermazioni oscure dei profeti sulla sofferenza del servo di Dio in questo mondo. Sulla nascita nella stalla di Betlemme brillò lo splendore degli angeli che portavano la buona novella ai pastori, ma al tempo stesso la povertà di Dio in questo mondo fu fin troppo sperimentabile. Il vecchio Simeone ti parlò della spada che avrebbe trafitto il tuo cuore (cfr Lc 2,35), del segno di contraddizione che il tuo Figlio sarebbe stato in questo mondo. Quando poi cominciò l’attività pubblica di Gesù, dovesti farti da parte, affinché potesse crescere la nuova famiglia, per la cui costituzione Egli era venuto e che avrebbe dovuto svilupparsi con l’apporto di coloro che avrebbero ascoltato e osservato la sua parola (cfr Lc 11,27s). Nonostante tutta la grandezza e la gioia del primo avvio dell’attività di Gesù tu, già nella sinagoga di Nazaret, dovesti sperimentare la verità della parola sul « segno di contraddizione » (cfr Lc 4,28ss). Così hai visto il crescente potere dell’ostilità e del rifiuto che progressivamente andava affermandosi intorno a Gesù fino all’ora della croce, in cui dovesti vedere il Salvatore del mondo, l’erede di Davide, il Figlio di Dio morire come un fallito, esposto allo scherno, tra i delinquenti. Accogliesti allora la parola: « Donna, ecco il tuo figlio! » (Gv 19,26). Dalla croce ricevesti una nuova missione. A partire dalla croce diventasti madre in una maniera nuova: madre di tutti coloro che vogliono credere nel tuo Figlio Gesù e seguirlo. La spada del dolore trafisse il tuo cuore. Era morta la speranza? Il mondo era rimasto definitivamente senza luce, la vita senza meta? In quell’ora, probabilmente, nel tuo intimo avrai ascoltato nuovamente la parola dell’angelo, con cui aveva risposto al tuo timore nel momento dell’annunciazione: « Non temere, Maria! » (Lc 1,30). Quante volte il Signore, il tuo Figlio, aveva detto la stessa cosa ai suoi discepoli: Non temete! Nella notte del Golgota, tu sentisti nuovamente questa parola. Ai suoi discepoli, prima dell’ora del tradimento, Egli aveva detto: « Abbiate coraggio! Io ho vinto il mondo » (Gv 16,33). « Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore » (Gv 14,27). « Non temere, Maria! » Nell’ora di Nazaret l’angelo ti aveva detto anche: « Il suo regno non avrà fine » (Lc 1,33). Era forse finito prima di cominciare? No, presso la croce, in base alla parola stessa di Gesù, tu eri diventata madre dei credenti. In questa fede, che anche nel buio del Sabato Santo era certezza della speranza, sei andata incontro al mattino di Pasqua. La gioia della risurrezione ha toccato il tuo cuore e ti ha unito in modo nuovo ai discepoli, destinati a diventare famiglia di Gesù mediante la fede. Così tu fosti in mezzo alla comunità dei credenti, che nei giorni dopo l’Ascensione pregavano unanimemente per il dono dello Spirito Santo (cfr At 1,14) e lo ricevettero nel giorno di Pentecoste. Il « regno » di Gesù era diverso da come gli uomini avevano potuto immaginarlo. Questo « regno » iniziava in quell’ora e non avrebbe avuto mai fine. Così tu rimani in mezzo ai discepoli come la loro Madre, come Madre della speranza. Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare ed amare con te. Indicaci la via verso il suo regno! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino!

Sull’esempio di Maria, come possiamo vivere la speranza, giorno per giorno, in tempi così difficili? Da cosa si può riconoscere che noi siamo degli “esseri di speranza”? Perché la speranza non è un pio pensiero, un’ipotesi gratuita ma deve manifestarsi nel comportamento quotidiano. In altri termini, c’è “una spiritualità della speranza”? Tentiamo di discernerne i componenti.

Partiamo dal testo della lettera di San Paolo Apostolo ai Romani 5,3-10:

[5] La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. [6] Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. [7] Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. [8] Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. [9] A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. [10] Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.

Una riflessione del cardinale Godfried Danneels dal titolo “La speranza che non delude”, ci aiuta a riflettere meglio su questo tema.

Tutta la vita cristiana è costruita su tre pilastri: fede, speranza e carità. Essi si tengono in reciproco equilibrio. Se si rompe l’equilibrio, il cristiano perde, per così dire, la bussola. Vacilla.

FEDE E SPERANZA

Senza la fede la speranza non può vivere: si trasforma nel sognare. Secondo la lettera agli Ebrei, “la fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” ( Eb 11, 1) . Senza la fede negli eventi salvifici – Antico e Nuovo Testamento – la nostra speranza è solo immaginazione, una chimera.

Al contrario, senza la speranza, la fede è morta: una fossa comune dei fatti del passato che serve solo a popolare la memoria; non c’è più niente da aspettarsi, non c’è più niente di nuovo da vivere. Certamente, un tempo è successo qualcosa, ma la “rivoluzione” a fatto il suo tempo e il vulcano si è spento.

Questo gioco sottile della fede e della speranza è uno degli ingredienti di una spiritualità equilibrata: ne determina il grado di salute. Perché, nella fede, c’è già una parte di speranza: noi crediamo nella Risurrezione del Cristo a titolo di garanzia della nostra propria risurrezione che verrà. Ma nella speranza c’è anche una parte di fede: la speranza trova uno stimolo che gli offre la fede. Poiché la promessa si è già realizzata, essa si può nuovamente realizzare.

DOPPIA TENTAZIONE

In questo ambito il cristiano è sottoposto a due tentazioni: quello della temeraria fiducia nella novità e quella della mancanza d’immaginazione.

Colui che vive solo proteso all’avvenire, che si preoccupa solo delle sue realizzazioni, affrancato da tutta la saggezza trasmessa dal passato, costui è privato della memoria. Non si rende conto del fatto che certe “vie nuove” sono state sperimentate già da molto tempo e si sono rivelate impraticabili. Privato della memoria, egli sperimenta a tutto andare. Questa è la fonte di dolorose delusioni, e più tardi anche di demotivazione. Sono i rivoluzionari senza memoria che si ricongiungono per primi al campo dei conservatori.

Ma, al contrario, c’è anche la mancanza d’immaginazione, l’illusione d’una vita senza rischi. Ci si dimentica che c’è sempre “un di più” che non è ancora stato inventato o sperimentato. C’è qui una speranza insufficiente. Perché il momento presente contiene ancora tante cose meravigliose rimaste inutilizzate.

SPERANZA E CARITÀ

Chi ha fiducia in Dio e spera in Lui, deve come Lui donarsi interamente agli uomini. La speranza si riversa nella carità. Ciò suppone un delicato equilibrio tra i due atteggiamenti: attendere nella fiducia e rimboccarsi le maniche per l’azione. Il cristiano è sempre come seduto sul bordo estremo della sua sedia. Seduto su quello che dispone d’un appoggio sicuro: la speranza. All’estremo bordo della sedia, perché è pronto ad alzarsi e a pagare di persona. La poltrona del fannullone non fa parte dei suoi mobili.

Non si accorda una piena fiducia a Dio se non Lo si ama. E non si può amare Dio se non si ama il proprio prossimo. Così la fede conduce alla speranza e la speranza conduce all’amore. In sovrappiù non si spera mai solo per se stessi. La speranza non ha raggiunto il suo termine finché essa non si estende a tutti gli uomini, all’intero universo. Come posso raggiungere il cielo nella gioia, se so che sarò tutto solo?

Fede, speranza e carità, le tre grandi che non possono fare a meno l’una dell’altra. La fede vede cosa è già, la speranza dice ciò che verrà, la carità ama ciò che è; la speranza si occupa già di ciò che sarà. Per il nostro tempo la speranza sarebbe ugualmente la più grande? Comunque sia le tre si tengono reciprocamente in equilibrio e tutte e tre ci sono necessarie.

VEGLIARE NELLA PREGHIERA

Infatti non c’è che un solo esercizio di speranza: vegliare nella preghiera. L’atteggiamento silenzioso di attesa davanti a Dio è la scuola della speranza. 

Tutta la Bibbia descrive la preghiera come vigilanza e attenzione: tenersi pronti per il ritorno del Signore presso di Lui e provvedere alle lucerne nella Sua attesa. 

Pregare è anche mantenersi con pazienza tra il passato e l’avvenire. È prendere nelle mani la Bibbia e ricordarsi “le meraviglie che fece il Signore”. È il nutrire la propria memoria e permetterle di lavorare. Ma è anche lo sperare con il cuore ardente ai giorni del compimento, al tempo della ‘liberazione d’Israele’ e del ritorno del Signore. “Maranatha”.

Pregare è render grazie per tutto quello che ci ha preceduti ed entrare già nelle promesse di quanto deve ancora venire. È esultare di gioia cantando il Magnificat ed esercitarsi al paziente abbandono del Nunc dimittis . È il sedersi tra Maria e Simeone, tra l’azione delle grazie e la speranza corrisposta.

IMPEGNARSI

La speranza non giungerà mai se io non m’impegno in niente, se non mi decido a fare qualcosa, se non scelgo. La nostra cultura deve reimparare a legarsi, a scegliere, a risolversi a qualcosa. Si è sviluppata una sorta d’irresolutezza generalizzata: di fronte al matrimonio, di fronte ad ogni impegno definitivo, di fronte a ogni decisione di rendersi disponibili in maniera impegnativa. Può darsi che ci siano delle spiegazioni di questo atteggiamento, delle motivazioni più o meno ammissibili. Ma ci sono anche delle ragioni soggiacenti molto poco eleganti. Una specie di narcisismo che non permette di rinunciare alle proprie comodità, il bisogno di garanzie assolute – questa mentalità che spinge a sottoscrivere un’assicurazione a fronte di qualsiasi cosa – e a volte manifestamente la pigrizia e il “ciascuno per sé”.

Ma bisogna anche rilevare nella nostra cultura il disagio della percezione del tempo. Non solo l’impossibilità di aspettare, la legge del “tutto, tutto subito”, ma anche la diffidenza fondamentale per il credito da accordare al tempo. Dobbiamo imparare di nuovo a fare del tempo un amico… aspettando di ridivenire sensibili a una realtà chiamata classicamente “Provvidenza divina”. Quando vorremo capire che Dio si prende cura di noi molto meglio di quanto lo possiamo fare noi stessi?

LA CRISI DELLA FEDELTÀ

Nella sfera del “provvisorio” nella quale noi evolviamo, sopravviene anche la crisi della lealtà. E questo in tanti ambiti: matrimoni, amicizie, affari, ambienti di lavoro. La fedeltà non la si guarda più con ammirazione, ma tutt’al più con sorpresa, se non con compassione.

Così si degrada il tessuto sociale: è logorato. Da che tempo è tempo, la fedeltà ha avuto un ruolo legato fino a un certo punto con il tragico della condizione umana. La fedeltà di Lefte al suo voto lo portò ad immolare sua figlia. La fedeltà di Antigone alle leggi non scritte dell’amore fraterno la condusse alla morte. Questo tragico era profondamente umano, anche se pagano. Proclamava chiaro e forte che non si può mancare alla parola data. La nostra epoca non conosce più i tormenti di questo aspro dramma pagano. Ne conosce altri. Lo strappo di tanti partner abbandonati e di tanti bambini privati dei genitori, la fatica di dover continuamente riprovare con qualcun altro, i cinici preavvisi significati a delle persone che invecchiando rischiano di costar troppo caro, la rottura dei contratti, quella specie di amnesia che riguarda i propri impegni passati…

L’infedeltà rende una società profondamente deprimente. In più, l’infedeltà ha la tendenza di propagarsi con la velocità dei funghi in una foresta. Un girotondo di streghe. Ogni infedeltà fa venir voglia alla parte lesa di fare altrettanto.

Se vogliamo sfuggire a questo funesto ingranaggio, bisognerà ritrovare la virtù naturale della fedeltà. Ricordandoci che è d’altronde il tratto più caratteristico di Dio: è un Dio fedele.

LA SPERANZA SI PRENDE CURA DEGLI ALTRI

L’esclusione, comunque si manifesti, provoca molta disperazione nella nostra società. Esclusione dal lavoro e dall’avvenire, esclusione da se stesso, dalla patria e dalla cultura, esclusione dalle cure e dall’alloggio. Troppa gente oltrepassa il limite. Questo assomiglia a una spirale che si stringe sempre di più, un laccio attorno al collo. Tutti gli assistenti sociali, gli uomini politici, i sacerdoti e gli animatori pastorali la conoscono bene. 

Cosa dovremo fare se vogliamo dare delle possibilità alla speranza? Certamente dei provvedimenti di giustizia s’impongono alla collettività, con la collaborazione di tutti. Pensiamo al corpo umano: quando un’arteria s’incrosta e si ostruisce, sono dei piccoli vasi sanguigni che ne sostituiscono la funzione. Quindi, alle istituzioni, agiscono le migliaia di persone che operano nel silenzio e nella carità, al fine di ridare speranza a tanti disperati. E sono moltissimi nel corpo e nello spirito. La speranza si prende dunque cura degli altri. E noi ci prendiamo davvero cura degli altri?

LA SPERANZA ANTICIPA

La speranza non può accontentarsi di limitare o riparare i danni quando il danno è fatto. La speranza è anche previdente. Vuole agire preventivamente. Se noi non agiamo preventivamente, in effetti trascuriamo il nostro fondamentale dovere di essere previdenti e prudenti.

Sapersi interrogare.

La mia vita è davvero un cammino di vita cristiana?

Verso quale meta mi sto incamminando?

Quale strada ho deciso di percorrere?