Archivi Mensili: ottobre 2014

CASORIA (NA). E’ MORTA MADRE GEMMA IMPERATORE

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Casoria (Na). E’ morta madre Gemma Imperatore,  superiora generale emerita delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato.

di Antonio Rungi

All’età di 87 anni questa mattina, 31 ottobre 2014, alle prime luci del giorno,  è morta madre Gemma Imperatore,  superiora generale emerita delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato. Madre Gemma è stata superiora generale per 30 anni della Congregazione fondata dalla Beata (prossima santa), Madre Cristina Brando, a Casoria, in Napoli. Ed è nella casa madre dell’Istituto che Madre Gemma ha vissuto la sua lunga esperienza di anima consacrata all’adorazione eucaristica perpetua, guidando saggiamente e in modo equilibrato la Congregazione dal  1979-2009. Negli ultimi anni, madre Gemma Imperatore ha vissuto in modo del tutto singolare la passione di Cristo e sull’esempio di Santa Gemma Galgani, di cui aveva preso il nome e della Beata Cristina Brando aveva offerto al Signore tutte le sue sofferenze. Era nata a Frattamaggiore nel 1927 e subito si era sentita attratta dalla vocazione alla vita consacrata, entrando giovanissima nelle Suore di Gesù Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato a Casoria. Negli anni in cui ha guidato la Congregazione ha aperto l’istituto in altre nazioni, tra cui Indonesia e Filippine, Sud America, attingendo da queste nuove realtà giovani vocazioni e suore per la famiglia di Madre Cristina Brando.

Suo il personale impegno per portare avanti la causa di beatificazione e canonizzazione di Madre Cristina, vedendo e partecipando al rito di beatificazione presieduto da Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro il 27 aprile del 2003. “Con la morte di Madre Gemma –ha detto madre Carla Di Meo, che ha preso la sua eredità nella guida della Congregazione – perdiamo un esempio di vita e un punto di riferimento importante. Ha dato tutto se stessa per la nostra famiglia religiosa e dal cielo ora continuerà a guidare la famiglia di Madre Cristina Brando con la sua preghiera e la sua assistenza spirituale. Avremmo voluto che fosse presente alla canonizzazione della nostra Madre fondatrice, la cui data è da fissare ancora. Ma il Signore ha disposto diversamente e noi siamo nella piena adesione alla volontà di Dio”.

I solenni funerali si svolgeranno domani 1 novembre solennità di tutti i Santi nella Chiesa delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato (Sacramentine) a Casoria, alle ore 15.00. Sarà l’arcivescovo monsignor Vincenzo Pelvi a presiedere il rito e parteciperanno tantissimi sacerdoti che hanno conosciuto Madre Gemma, tutte le religiose delle comunità italiane dell’Istituto Brando, fedeli e persone che hanno conosciuto ed apprezzato questa donna saggia e santa.

IN POCHE BATTUTE IL PENSIERO DI MADRE GEMMA IMPERATORE , MADRE GENERALE EMERITA DELLE SUORE VITTIME ESPIATRICI DI GESU’ SACRAMENTATO (SACRAMENTINE) MORTA OGGI 31 OTTOBRE 2014, A CASORIA AD 87 ANNI DI ETA’

L’EVENTO DELLA BEATIFICAZIONE DI MADRE CRUSTINA BRANDO
<<Fin dallo scorso 20 dicembre 2001, giorno in cui alla presenza di Sua Santità, Giovanni Paolo II, veniva promulgato il decreto di beatificazione della nostra Madre Fondatrice, ho sentito sbocciare in me, aldilà dell’indicibile emozione, una sorta di gioia timorosa. Come, mi chiedevo, un’anima poco conosciuta potrà essere luce per il popolo di Dio? Timori infondati e smentiti dai fatti! Giungono da più parti del mondo richieste inerenti alla biografia di madre Cristina Brando, a queste si affiancano testimonianze di intercessioni e grazie ricevute. E’ chiaro che come madre generale avverto la grande responsabilità di essere la “custode” del carisma fondazionale della congregazione, mentre come figlia attendo con trepidante gaudio spirituale il momento della beatificazione.>>

FEDE E DEVOZIONE POPOLARE
<< Madre Cristina riusciva a coinvolgere i casoriani insegnando loro che Cristo nel Tabernacolo era il medico che guariva ogni male, il consigliere che appianava le difficoltà, il santo che aiutava a risolvere le angustie quotidiane. Ancora oggi questo è il messaggio della “Madre Santa”, com’era all’epoca appellata la Fondatrice, anche se il fervore nel popolo si è notevolmente affievolito, conseguenza inevitabile della decadenza dei valori nel loro complesso. Ma si è sul cammino di una riscoperta della centralità dell’Eucaristia e noi, Suore Sacramentine, abbiamo il dovere di tenere vivo il carisma della Madre.>>
LA CITTA’ DI CASORIA
<<Direi proprio di si; nell’attesa che il Santo Padre stabilisca la data per ufficializzare la beatificazione, ha avuto inizio una “campagna” di informazione e sensibilizzazione rispetto alla quale tutti i cittadini di Casoria, ex alunni, insegnanti, adoratori laici, autorità, nell’accogliere con entusiasmo la notizia del grande evento, si sono impegnati fattivamente alla fase organizzativa di preparazione e di celebrazione del momento “storico” della beatificazione.>>

IL RUOLO DI MADRE GENERALE
<< Essere giuda di una congregazione religiosa, oggi, non è facile. Noi non siamo del mondo ma viviamo nel mondo, pertanto dobbiamo fronteggiare le varie sollecitazioni provenienti dall’esterno, ma se così non fosse come potremmo essere buone testimoni del Vangelo? Ritengo, inoltre, di essere stata continuamente supportata dal Signore in questa mia responsabilità contrassegnata da eventi di grande rilievo: il centenario della Congregazione (1882/1992), il riconoscimento delle Virtù Eroiche della Fondatrice, la fusione della nostra Congregazione con quella delle Suore del Sacro Cuore fondata da Suor Pia Brando, sorella di Madre Cristina, l’espansione in quattro Paesi di missione ,l’annuncio della imminente beatificazione. Come non potrei gioire e rendere grazie a Dio?>>

LE GIOVANI RELIGIOSE DI ALTRE NAZIONI
<<Con la fondazione di nuove case nei Paesi menzionati abbiamo avuto contatti con culture, lingue e tradizioni diverse e siamo state chiamate ad un confronto continuo con differenti modalità di vivere e sentire la fede; comunque, tutte le giovani, che hanno chiesto di vivere l’esperienza di “consacrate”, erano accomunate dal desiderio di conoscere e adorare Dio, così come insegnava Madre Cristina alle fanciulle del suo tempo. Certo non sono mancati momenti di scoraggiamento nel fronteggiare le complesse difficoltà che nascono nel rapporto con il mondo esterno, ma con la preghiera ho trovato la forza necessaria per superare tutto quanto.>>

IL VALORE DELLA CONTEMPLAZIONE
<< L’uomo del nostro tempo è assetato di Dio! Questa è una realtà che noi sperimentiamo giorno dopo giorno proprio perché dinanzi al Santissimo, esposto nella nostra chiesa, c’è sempre qualcuno raccolto in preghiera profonda, nel suo personale incontro con Dio. E non sono esclusivamente adulti o anziani: tanti giovani che fermano per riflettere, ritrovarsi, sperare. Quindi, l’adorazione, come intima comunione con Dio, è sicuramente una delle forme di religiosità non solo più comprensibile ma soprattutto maggiormente ricercata dall’umanità del terzo millennio.>>

L’ADORAZIONE EUCARISTICA
<< Sull’esempio della Fondatrice, che organizzava turni di adorazione presso Gesù Eucaristia, in occasione del centenario, allo scopo di riscoprire le radici spirituali della Congregazione, è stata creata un’associazione di “adoratori laici” che ogni giorno sostano ai piedi del Sacramento. Il gruppo è cresciuto negli anni, segno tangibile che il silenzio dell’adorazione è il mezzo più efficace per “sentire” la presenza di Dio.>>

IL TEMPIO DELL’EUCARISTIA A CASORIA
<< Sicuramente in passato si era compreso appieno l’intento, oggi si è forse meno consapevoli anche se non mancano adoratori nella nostra chiesa. Ma la città è cresciuta e il Tempio dovrebbe essere sempre gremito.>>

LE FIGLIE SPIRITUALI DELLA COMUNITA’ DI MADRE CRISTINA
<< A livello congregazionale si è lavorato in direzione di un approfondimento degli scritti, utili a realizzare una riscoperta della tradizione; a ciò farà seguito una fase di studio per calare nell’attualità il carisma di fondazione. Quale guida della Congregazione, cercherò di “pormi in ascolto” al fine di raccogliere suggerimenti e proposte adeguati alla portata ed alla spiritualità dell’evento.>>

LA COLLABORAZIONE DEI FEDELI LAICI
<<Stiamo registrando tanto entusiasmo in questa fase di preparazione all’evento della beatificazione e, affinché tutta la città possa essere coinvolta, è stato organizzato un comitato con la rappresentanza delle componenti istituzionali e sociali, le quali si sono impegnate a collaborare con noi in maniera attiva e forte motivazione.>>

GLI AUGURI ALLA CITTA’ DI CASORIA
<< Alla città di Casoria vogliamo augurare una rinascita spirituale autentica, una sorta di “Primavera dello spirito” che darà i suoi frutti a quanti, con umiltà, si faranno discepoli nella scuola del Grande Maestro.>>

IL COMMENTO ALLA COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI – 2 NOVEMBRE 2014

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COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI

DOMENICA 2 NOVEMBRE 2014

Cittadini del cielo

Commento di padre Antonio Rungi

Nella mente di ogni credente e cristiano il 2 novembre è giorno di lutto, sofferenza e pianto. Sarà anche per il fatto che in questa giornata ci ritroviamo tutti a pregare, nei cimiteri, sulle tombe dei nostri cari e quindi, si vuole o non si vuole, un senso di mestizia prende il nostro cuore e riviviamo la sofferenza della perdita delle persone care. Riviviamo, in altri termini il lutto, la separazione, il distacco. Si rinnovano i ricordi, i sensi di colpa, le cose fatte per i propri cari, le gioie donate e le sofferenze provocate. Si pensa, oltre quel momento, alla verità eternità. Un corpo giace nella terra o nei loculi e l’anima sta già, ce lo auguriamo per tutti, a godere il volto di Gesù. Questa speranza della gioia eterna e della risurrezione finale anche dei nostri miseri corpi, ci fa affrontare con animo diverso il mistero della morte. Non vorremmo morire mai, quando tutto va bene nella nostra vita; vorremmo affrettare l’incontro con il Signore, dopo la morte, quando soffriamo e le cose non vanno assolutamente bene; per cui siamo tristi ed angosciati come Gesù nell’orto del Getsemani che, vedendo la sua morte in croce imminente, si rivolge al Padre e chiede di far passare quel calice del dolore, anche se è totalmente disposto a fare la sua volontà. La morte e la morte in croce di Gesù dà significato alla morte di ogni uomo che viene e vive in questo mondo. Ma è soprattutto la risurrezione di Gesù a dare significato vero alla vita di ogni credente. Noi non finiamo con la morte e la morte non è l’ultima parola della nostra vita. C’è una vita oltre la vita che in questo giorno della commemorazione di tutti i fedeli defunti, noi non possiamo assolutamente dimenticare. La coincidenza di quest’anno con la domenica, che è la Pasqua settimanale, aiuta ad inquadrare da un punto di vista liturgico e spirituale questa festa della tristezza che deve essere la festa della gioia, della speranza e della vera. Bellissime le parole che profeta Gioia scrive per indicare il tema della morte come via della speranza e non del dolore, la via della luce e della pace e non delle tenebre e della guerra. “Io so che il mio redentore è vivo  e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!  Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,  senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. Non siamo in questo mondo stranieri a Dio e non lo saremmo nell’eternità. Anzi la nostra vera patria sta propri lì e noi siamo cittadini per sempre in quello mondo che conoscere e godremo dopo la morte. Il profeta Isaia ce ne descrive la bellissima realtà in cui saremo immersi.In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti  per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli  e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto,  l’ignominia del suo popolo  farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza». Esultare, gioire e rallegrarsi in questo giorno in cui tutto parla di morte, perché ci attende una risurrezione finale per il bene e con tutti coloro che hanno fatto del bene secondo la logica di quel vangelo della carità che è la base di partenza del giudizio universale che Dio effettuerà alla fine dei tempi, quando tutto verrà trasformato in un nuovo mondo, in cieli nuovi e terra nuova, come ci ricorda san Giovanni nel testo dell’Apocalisse: “Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.  Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini!  Egli abiterà con loro  ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio”. Di fronte a questa prospettiva di gioia, non bisogna aver paura della morte, ma pregare per i morti. Certo la vita di oggi con i tanti drammi quotidiani ci pone di fronte al tema della morte in modo violento e dirompente. Troppi omicidi, stragi, efferatezze di ogni genere, in tutto il mondo, che ci fanno capire quanto dobbiamo ancora lavorare per guardare alla vita e alla morte nel segno di Colui che è morto per noi sulla croce, è risorto e ci attende nel suo regno di luce.

Bella l’immagine del profeta Isaia che ci lascia una splendida descrizione di coloro che sono giusti e sono in cielo. Di fronte a tanti dubbi, ai tanti interrogativi sulla sorte futura dei nostri cari e di noi stessi, cosa e come vivono nell’aldilà, riflettiamo spesso su questo brano della scrittura: Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà.  Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace.

Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro”. Tutto qui sta il grande mistero della morte, che pure ci fa paura. Fa paura ai piccoli, ai giovani ai grandi, agli anziani, ai sani e agli ammalati, perché l’attaccamento alla vita rientra nella natura dell’essere umano che vorrebbe essere felice per sempre, anche su questa terra. E la felicità, l’immortalità la conquistiamo vivendo il vangelo della carità ed attuando le beatitudini come stile di vita che apre il nostro avvenire al Dio vero e santo della nostra vita. Preghiamo allora in questo giorno santo per tutti i defunti, per i nostri cari, per le anime abbandonate e dimenticate, per i papi, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i fedeli laici, per quanti sono in attesa di incontrare il volto di Dio e che sono nella condizione di purificazione eterna. Per tutti loro preghiamo con le stesse parola della liturgia di oggi: “Dio onnipotente,  il tuo unico Figlio, nel mistero della Pasqua,

 è passato da questo mondo alla gloria del tuo regno;  concedi ai nostri fratelli defunti  di condividere il suo trionfo sulla morte  e di contemplare in eterno te, o Padre,  che li hai creati e redenti”. A questa preghiera aggiungiamo nel nostre personali preghiere per i nostri cari e per tutti i defunti, cogliendo l’occasione in questo giorno di riflettere sul senso della vita che è davvero un passaggio repentino per aprirli la strada dell’eternità. E diciamo:

 

Dio di infinita misericordia,

affidiamo alla tua immensa bontà

quanti hanno lasciato questo mondo per  l’eternità,

dove tu attendi l’intera umanità,

redenta dal sangue prezioso di Cristo, Tuo Figlio,

morto in riscatto per i nostri peccati.

 

Non guardare, Signore, alle tante povertà,

miserie e debolezze umane,

quando ci presenteremo davanti al tuo tribunale,

per essere giudicati per la felicità o la condanna.

 

Volgi su di noi il tuo sguardo pietoso,

che nasce dalla tenerezza del Tuo cuore,

e aiutaci a camminare sulla strada

di una completa purificazione.

 

Nessuno dei tuoi figli vada perduto

nel fuoco eterno inferno,

dove non ci può essere più pentimento,

ma solo patimenti per sempre.

 

Ti affidiamo Signore le anime dei nostri cari,

delle persone che sono morte

senza il conforto sacramentale,

o non hanno avuto modo di pentirsi

nemmeno al temine della loro vita.

 

Nessun abbia da temere di incontrare Te,

dopo il pellegrinaggio terreno,

nella speranza di essere accolto

nelle braccia della tua infinita misericordia.

 

Sorella morte corporale

ci trovi vigilanti nella preghiera

e carichi di ogni bene

fatto nel corso della nostra breve o lunga esistenza.

 

Signore, niente ci allontani da Te su questa terra,

ma tutto e tutti ci sostengano nell’ardente desiderio

di riposare serenamente ed eternamente in Te. Amen

 

 

 

P.RUNGI. PREGHIERA PER LA CONVERSIONE PERSONALE

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PREGHIERA PER LA CONVERSIONE

 

Convertici  a Te, Gesù,

che sei venuto a chiamare i peccatori

e non i giusti che non hanno bisogno di redenzione.

 

Riconosciamo, Signore, le nostre colpe di oggi

e tutte quelle della vita passata,

vissuta, molte volte, nell’ ipocrisia e nella falsità.

 

Noi abbiamo bisogno del tuo perdono

e della tua misericordia

per sentire quanto è grande il tuo amore per noi,

e quanto tieni poco conto dei nostri  errori,

e delle nostre deviazioni ,

dalla tua santa legge, o Signore.

 

Non abbandonarci, Signore, nella tentazione

di poter fare a meno di Te,

illudendo noi stessi che è possibile

essere felici e vivere senza il tuo sorriso

e dell’abbraccio della tua paternità infinita.

 

Con il tuo aiuto, vogliamo sinceramente

riprendere il cammino che ci porta a Te,

mediante la Penitenza e l’Eucaristia,

sacramenti della nostra continua rinascita spirituale

nel segno della coscienza di quanto poco valiamo

se non siamo ancorati a Te che sei la Via, la Verità e la Vita.

 

Non sia, Gesù,  il nostro pentimento

solo e soltanto esteriore o apparente,

ma tocchi le profondità del nostro essere

e le corde di quell’armonia d’amore

che solo tuo puoi ridonarci, Signore.

 

Convertici a Te, con la tua Parola,

che è luce ai nostri passi,

è forza nel nostro cammino

è consolazione nel nostro patire.

 

Convertici a Te Signore e abbatti in noi

l’orgoglio e la presunzione di essere giusti

come il  fariseo al tempio,

mentre dovremmo batterci sinceramente il petto,

come il pubblicano che non ha avuto

neppure la forza di alzare gli occhi

e lasciarsi illuminare dal tuo volto,

indegno quale era  di avanzare nel tempio,

quale segno di riavvicinamento a Te.

 

Signore, converti il nostro cuore,

la nostra vita,

la nostra storia.

Purifica tutto e lava le nostre colpe

nel tuo sangue prezioso  versato sulla croce per noi.

 

Gesù abbi pietà di noi e non abbandonarci

più nelle nostre illusioni, delusioni e tentazioni.

Amen.

 

Preghiera composta da padre Antonio Rungi

28 ottobre 2014.

 

 

P.RUNGI. PREGHIERA PER I DEFUNTI – TESTO DELL’ORAZIONE

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LA PREGHIERA PER I DEFUNTI

 

Dio di infinita misericordia,

affidiamo alla tua immensa bontà

quanti hanno lasciato questo mondo per  l’eternità,

dove tu attendi l’intera umanità,

redenta dal sangue prezioso di Cristo, Tuo Figlio,

morto in riscatto per i nostri peccati.

 

Non guardare, Signore, alle tante povertà,

miserie e debolezze umane,

quando ci presenteremo davanti al tuo tribunale,

per essere giudicati per la felicità o la condanna.

 

Volgi su di noi il tuo sguardo pietoso,

che nasce dalla tenerezza del Tuo cuore,

e aiutaci a camminare sulla strada

di una completa purificazione.

 

Nessuno dei tuoi figli vada perduto

nel fuoco eterno inferno,

dove non ci può essere più pentimento,

ma solo patimenti per sempre.

 

Ti affidiamo Signore le anime dei nostri cari,

delle persone che sono morte

senza il conforto sacramentale,

o non hanno avuto modo di pentirsi

nemmeno al temine della loro vita.

 

Nessun abbia da temere di incontrare Te,

dopo il pellegrinaggio terreno,

nella speranza di essere accolto

nelle braccia della tua infinita misericordia.

 

Sorella morte corporale

ci trovi vigilanti nella preghiera

e carichi di ogni bene

fatto nel corso della nostra breve o lunga esistenza.

 

Signore, niente ci allontani da Te su questa terra,

ma tutto e tutti ci sostengano nell’ardente desiderio

di riposare serenamente ed eternamente in Te. Amen

 

Preghiera di padre Antonio Rungi

27 ottobre 2014

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LA SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI – 1 NOVEMBRE 2014

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SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI

SABATO 1 NOVEMBRE 2014

Una moltitudine di santi che ci insegnano la vita della santità

Commento di padre Antonio Rungi

Gli ultimi santi di questi mesi, quelli elevati agli onori degli altari e quindi da poter venerare, ci dicono quanto sia possibile a tutti raggiungere quella che è la meta e il traguardo più importante della nostra vita: il santo paradiso. Papi, Vescovi, sacerdoti, religiosi laici, di tutte le età, condizioni sociali, nazionalità fanno parte della schiera ufficiale dei santi riconosciuti. Nonostante il numero elevato, se fossero soltanto e semplicemente loro i santi, allora il paradiso sarebbe davvero molto vuoto ed anche triste. Invece i santi sono tutti quelli che anche la parola di Dio di questa solennità annuale con data fissa ci fa considerare ed anche pregare. Nella visione della Gerusalemme celeste, San Giovanni Evangelista ci descrive quella consolante realtà del cielo, dove tutti quanti aspiriamo ad arrivare, non senza fatica e dolore: “E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». I santi sono i salvati, coloro che hanno risposto con amore all’Amore, fino a dare la vita per il Signore. Quel Signore, Gesù Cristo, morto sulla croce, che ha dato la sua vita per noi, proprio per riportarci all’amicizia eterna con Dio. E allora chi sono i santi? «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». La santità è purificazione ed oblazione, è capacità di accettare la volontà di Dio e fare della sua volontà il proprio cibo spirituale. Santi, allora, non è soltanto Giovanni Paolo II, Giovanni XXIII e tutti i santi riconosciuti dalla Chiesa, ma sono tutti coloro che si sono salvati, perché si sono purificati dalle loro macchie, dal peccato, da tutto che allontana il cuore dell’uomo da Dio. Santi sono e saranno su questa terra, quanti sono poveri in spirito, secondo quanto afferma Gesù nel celebre discorso della montagna che passa come le Beatitudini. Santi sono coloro che sono nella sofferenza di ogni genere e che accettano tutto per amore di Dio, salendo con Cristo il calvario del dolore, ma soprattutto dell’amore che si fa dono. Santi sono i miti che come il mite Agnello, Gesù Cristo, vanno alla morte senza proferire parole, si donano nel silenzio e nel sacrificio di ogni giorno. Santi sono quelli che lottano per la giustizia e la pace e che questi motivi vengono massacri ed uccisi. Santi sono coloro che sanno perdonare, anche di fronte alle offese, calunnie, infamie e maldicenze ricevute. Santi sono coloro che nutrono nel cuore alti valori morali, spirituali e sentimentali e che non vedono ombra di malizia e peccato in nessuna parte. Santi sono i pacifisti e pacificatori che credono e lottano per un modo in cui l’uomo sia all’uomo non un lupo, ma un agnello mansueto. Santi sono anche tutti coloro che da sempre ed oggi rischiano la loro vita per difendere i diritti dei poveri e degli ultimi. La sostanza del vangelo sta, infatti, in questa opzione preferenziale per i poveri e nessuno deve umiliarli o maltrattarli. Santi sono coloro che portano avanti nel mondo il pluralismo della fede, rivendicando giustamente il rispetto della fede cristiana. Quanti martiri anche oggi per questo motivo in varie parti del mondo.

La consapevolezza di essere in un posto speciale dell’immenso cuore di Dio Padre, noi possiamo di dire con l’Apostolo Giovanni di avere una identità che nessuno potrà mai toglierci e una verità assoluta che non può essere messa in discussione: “Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”. Figli di Dio e la che dopo la morte saremo simili a Lui, perché lo vedremo faccia a faccia. Il Paradiso dei santi a cui aspiriamo è guardare e contemplare in eterno il volto d’amore di Dio Padre, di Dio Figlio, di Dio Spirito Santo, il volto della Santissima Trinità, il volto più bello e perfetto che ha incarnato sulla terra il volto di Dio, Maria Santissima, che ci attende in paradiso. Pensare al paradiso non è, come qualcuno afferma, drogarsi nella vita, illudersi senza avere certezze di alcuni tipo. Pensare al paradiso è pensare all’essenza dell’uomo, che è stato fatto per la felicità con una identità poco meno inferiore degli angeli.  E’ avere una speranza che non delude, ma rende puri, come ricorda l’evangelista Giovanni nel testo della sua prima lettera: Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Preghiamo tutti i nostri santi, i nostri protettori e in questo giorno di festa in cielo, sia anche festa in terra, nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nelle nostre nazioni, tra tutte le persone che amano Dio e l’uomo nella sincerità del loro cuore, per cui sono in festa, in quanto nell’amore c’è la gioia e la santità vera.

P.RUNGI. LA MIA PREGHIERA DI QUESTA SERA

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E’ sera 

E’ sera Signore, quando non ci sei Tu

e nella nostra vita entra il buio vero.

 

E’ sera, quando il nostro cuore si chiude all’amore

e non sappiamo trovare più le ragioni del cuore e della riconciliazione.

 

E’ sera ogni volta che pensiamo di risolvere le cose

mediante il risentimento, la guerra e l’odio.

 

E’ sera sempre, quando neppure per un momento

sorridiamo sinceramente alla gente.

 

Si fa sera, Signore, quando dalla gioia dell’incontro con Te,

nella Parola e nell’Eucaristia,

per una qualsiasi banalità della vita

ti buttiamo via come un bambino appena concepito.

 

E’ sera ogni volta che non siamo capaci di uscire

dalle nostre certezze e sicurezze umane

e che ci mettono solo ansia esistenziale.

 

E’ sera quando non sappiamo piangere

di fronte al dolore degli altri

e nell’indifferenza personale e generale

rendiamo più drammatico il vivere quotidiano

di tanti fratelli e sorelle che sono nella sofferenza.

 

E’ sera quando non sappiamo apprezzare e amare la vita,

come dono di Dio e dono per gli altri

e la sprechiamo in cose inutili e insignificanti.

 

Signore, liberaci da queste sere della nostra vita,

ma anche da tante altre sere che non conosciamo

e che toccano la profondità della nostra anima.

 

Liberaci dalla sera delle sere più nere,

che potrà arrivare quando meno ce l’aspettiamo

e che riguarda la salvezza della nostra anima.

Nel buio totale dell’eternità,

lontani dalla Tua luce di amore e verità,

non potremmo più risalire la china,

per rivedere le stelle del Tuo e nostro Paradiso.

 

Signore, mediante l’intercessione della Madonna,

dei Santi e degli Angeli custodi,

rendi le nostre sere terrene

un raggio di luce eterna,

con il tuo conforto e la tua consolazione,

senza temere le tenebre

dell’ultima sera della nostra esistenza,

ma confidando pienamente

nella tua assistenza e provvidenza. Amen.

 

Preghiera scritta da padre Antonio Rungi

26 ottobre 2014.

 

 

Roma. Domani ricorre il 130° anniversario del transito della Serva di Dio Victorine Le Dieu

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Roma. 130 anni dalla morte della Serva di Dio. Madre Victorine Le Dieu Fondatrice delle Suore di Gesù Redentore. 

di Antonio Rungi 

A distanza di 130 anni dalla morte della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu Fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, le sue figlie spirituali hanno organizzato una speciale celebrazione della ricorrenza, per domani 26 ottobre 2014.

Victorine Le Dieu, moriva a Roma, in Via Tasso, alle spalle di San Giovanni in Laterano il 26 ottobre del 1884, all’età di 75 anni, essendo nata in Francia ad Avranches il 22 maggio del 1809. Una vita la sua fatta di senti e sacrifici, nel periodo della post-rivoluzione francese, con un impegno nella preghiera, nell’adorazione eucaristica e nella carità operosa a favore soprattutto dei bambini e della bambine abbondate.

Scrive a tal proposito, a tutte le Religiose, agli aggregati, ai membri dei Cenacoli di preghiera, la Superiora generale della Congregazione delle Suore di Gesù Redentore, Suor Marilena Russo: <<Come non far memoria di un così grande evento? Ci ritroviamo tutte spiritualmente unite, nei diversi angoli della terra in cui operiamo, per ringraziare Dio di averci fatto dono della nostra Fondatrice, di averci chiamato ad essere sue figlie e di aver voluto affidare a noi la sua preziosa eredità spirituale, grande dono per la Chiesa e il mondo contemporaneo che, come affermava Victorine al suo tempo “ha fortemente bisogno di redenzione e di riconciliazione”. Oggi più che mai>> Ed aggiunge “Victorine Le Dieu, donna intrepida, tenace, di grande fede, di indomito coraggio, tenga ferma il timone della Congregazione nelle sue mani vigorose e sagge e la guidi nei sentieri in cui il Signore la vuole, oggi, nella storia.

Tante le celebrazioni previste nelle diverse comunità italiane ed estere per domani e nei prossimo giorni. Infatti, e Suore di Gesù Redentore della comunità di Mondragone (Ce), che risiedono nella casa di ospitalità della Stella Maris, per domani (una giornata si spiritualità) e per i prossimi giorni hanno posto all’attenzione della loro vita di formazione  spirituale ed apostolica proprio il tema della nuova evangelizzazione, ponendo particolare cura nella trattazione dei tema sulla famiglia, anche impegna dosi a concretizzare le indicazioni date dal recente Sinodo Straordinario sulla famiglia, celebrato in Vaticano sotto la guida pastorale e spirituale di Papa Francesco. Vari incontri mensili da mercoledì 29 ottobre 2014 si terranno nell’Istituto sul tema “La famiglia scuola di preghiera. L’insegnamento della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu”. Incontri aperti a tutti e specialmente ai componenti del Cenacolo di preghiera che ogni mese si riunisce in adorazione eucaristica dalle 20 alle 21 di ogni ultimo venerdì del mese, con un’ottima partecipazione di sposi e di intere famiglie.

 

 

FRATTAMAGGIORE (NA). PRIMO INCONTRO DEL CORSO DI FORMAZIONE PERMAMENTE PER LE ANCELLE DEL SACRO CUORE

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E’ iniziato oggi, 23 ottobre 2014, il corso di formazione spirituale sulla vita consacrata per le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù di Santa Caterina Volpicelli, presenti nella totalità dei membri della comunità frattese. Insieme alle religiose presenti all’incontro le Piccole Ancelle e le Aggregate. In totale circa 50 persone, con la straordinaria partecipazione delle Suore di Gesù Redentore di Mondragone (Suon Angela e Suor Veridiana). A tenere la conferenza, come da tre anni a questa parte, è stato padre Antonio Rungi della comunità passionista del Santuario della Civita in Itri (Lt), a cui ha fatto seguito l’adorazione eucaristica con le confessioni e la celebrazione conclusiva della santa messa per tutti i partecipanti all’incontro. Padre Rungi ha tenuto l’omelia sui testi biblici della liturgia del giorno soffermandosi sull’amore cristiano, sull’unità ecclesiale e comunitaria sul superamento di tutto ciò che ci può allontanare da Dio da ritenersi, come dice l’Apostolo Paolo, una vera spazzatura da gettare via.

Ecco il testo completo della meditazione dettata da padre Rungi ai partecipanti al primo incontro di formazione spirituale iniziale e permanente delle Ancelle, Piccole Ancelle ed Aggregate alla famiglia volpicelliana.

FRATTAMAGGIORE – SUORE ANCELLE DEL SACRO CUORE

RITIRO SPIRITUALE MENSILE – 23 OTTOBRE 2014

GUIDA SPIRITUALE: P.ANTONIO RUNGI PASSIONISTA

Diventare un fuoco  che accende altri fuochi. (Lc 12,49)

La vita consacrata alla vigilia dell’anno per i religiosi

e alla scuola di Santa Caterina Volpicelli

La vita oggi, più che mai è chiamata a essere un fuoco che accende altri fuochi e ad «accendere il cuore» (Benedetto XVI); è chiamata al fervore, alla intensità della preghiera, alla radicalità evangelica e al servizio della missione, quella che è propria del discepolo missionario.

«La vita religiosa consacrata – scrive il gesuita padre Carlos Pelagio – soffre oggi una innegabile “anemia evangelica”. Personale e istituzionale… Per superare tale anemia è necessario riscattare la passione per la persona di Gesù Cristo, il primo amore che deve irradiare la vita religiosa consacrata».

Questo amore per Caterina Volpicelli si espresse nella devozione al Sacro Cuore di Gesù e ebbe concrete attuazioni con l’apostolato della preghiera, con la carità operosa.

La spiritualità della vostra congregazione la conoscete bene, ma è opportuna rileggerla del contesto di una chiesa che si rinnova costantemente attraverso l’azione dello Spirito Santo che agisce in essa. Si è celebrato un sinodo straordinario sulla famiglia e penso che questo evento, sotto la guida di Papa Francesco, segnerà un cambiamento radicale in certi aspetti importanti della famiglia naturale ed indirettamente nelle famiglie religiose, in quanto le vocazioni alla vita consacrata, la consacrazione in generale muove i primi significativi passi nelle famiglie, dove si vive la fede e dove si alimenta la speranza e la carità, dove si formano le vocazioni speciali.

Rivediamo questo

Per compiere bene questi passi dobbiamo partire da un principio di realtà e da una chiamata all’umiltà.

Ritorniamo a cosa possiamo e dobbiamo fare, anche attraverso il nostro essere consacrati a vario titolo e situazione giuridica, al Sacro Cuore di Gesù nella famiglia di Santa Caterina Volpicelli.

La Congregazione delle Ancelle del S. Cuore si fonda sul carisma di Santa Caterina Volpicelli, che propone di incarnare Cristo amore, con le specifiche caratteristiche della spiritualità del S. Cuore -immolazione, riparazione e sacrificio – alla scuola di Gesù stesso, il quale “assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini …umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, …perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi…. a gloria di Dio”. Fil 2, 6-11.

Cristo è Mediatore, Motivo e Modello della consacrazione delle Ancelle, in quanto Egli, la sua Persona, la sua Dottrina, la sua Passione, la sua Risurrezione, il suo Cuore e la sua Eucaristia sono al centro della vita di ogni Ancella e di ogni Comunità. “Non perdiamo mai di vista che siamo state chiamate a seguire da vicino Gesù, che ha dichiarato soave il suo giogo e  leggero il suo peso”.(C. Volpicelli).

Per la sua Famiglia religiosa, Caterina cercava anime che fossero “Adoratrici perpetue del Divin Beneplacito” e sintetizzava così il carisma: un’intima e forte unione con Dio senza ricerca della propria soddisfazione in nulla; una santa passione per la gloria di Dio e la salute delle anime; una fervida sollecitudine per la propagazione dell’amore al Cuore di Gesù.

 “L’Ancella del Sacro Cuore dev’essere essenzialmente un’ anima riparatrice ed apostolica, è come tra due fuochi di luce e di calore, Gesù e le anime, i quali si toccano in un punto solo, la CROCE”.

“La sostanza spirituale della nuova creatura che Caterina ha partorito alla Chiesa, e che si chiama Ancella del S. Cuore, è dunque l’umanità annientata per amore, informata dalla soprannaturale carità vivificante e che si svolge in una incessante operosità di riparazione e di apostolato”.

La consacrazione è fatta nella Chiesa e per la Chiesa, perciò ogni Ancella, come Santa Caterina Volpicelli, dovrà sentirsi tutta dedita al servizio del popolo di Dio e ogni comunità deve inserirsi nella Chiesa locale in modo vitale e attivo. Le Ancelle del Sacro Cuore vivono in perfetta vita comune e secondo l’intuizione della Fondatrice vestono l’abito secolare, “modesto nella forma, decente e serio nella qualità e nel colore, …senza totale uniformità, adattandosi all’uso comune dei tempi, senza seguire troppo la moda”. La rinuncia all’onore della divisa religiosa trova senso nell’imitazione delle specie umili dell’Eucaristia.

Alla luce della scuola e dell’insegnamento di Caterina Volpicelli, credo che  la parola giusta da assumere come motivo conduttore della nostra formazione spirituale permanente anche in questo anno 2014-2015, sia l’umiltà, da riscoprire non solo a titolo personale come virtù morale, ma come atteggiamento di fondo di fronte alla stessa validità, oggi, della vita consacrata.

Dobbiamo avere quella consapevolezza evangelica che siamo tutti utili, ma nessuno è indispensabile. Quando abbiamo fatto tutto, non abbiamo fatto nulla. Solo Dio è essenziale ed è indispensabile.

Pertanto, non siamo tanto necessari come abbiamo creduto e, forse, ancora crediamo come istituti, come ufficio, come luoghi dove siamo, in tutte le cose che facciamo.  Né i nostri Fondatori (penso anche al mio fondatore, San Paolo della Croce, la cui festa solenne abbiamo celebrato domenica scorsa, 19 ottobre 2014 nella Giornata mondiale delle missioni) né le nostre spiritualità e missioni ci hanno pensato e progettato in termini di imprescindibilità; però alcuni di noi hanno la tendenza a pensare così. Se ce ne andiamo cosa succede? Se mi, ci trasferiscono altrove finisce tutto. Se lasciamo il convento per mancanza di vocazioni e soprattutto per mancanza di testimonianza, sembra che finisca il mondo.

Non è così, carissime Ancelle, Piccole Ancelle e aggregate.

La storia di Dio e dell’umanità cammina su altri piani: siamo tutti di passaggio e tutto passa. Solo Dio resta, solo la Chiesa continua la sua missione, con i pastori, con i frati e le suore e soprattutto con i fedeli  laici di ogni tempo, che si alternano nei ruoli e nelle attività, con gli istituti che appaiono, si sviluppano e scompaiono.

Basta pensare a quanti istituti nati nel passato o recentemente sono finiti nell’arco di qualche secolo o di pochi. Lo Spirito Santo soffia dove e quando vuole e la Chiesa è di Cristo e non nostra come ha ricordato papa Benedetto XVI, il papa emerito, nell’atto della rinuncia al pontificato nel febbraio del 2013.

Questo spiega una certa arroganza, il cattivo uso del potere, il disprezzo o l’emarginazione dei laici, la comodità del ritorno al passato e persino il pentimento o il dispiacere per aver cambiato tante cose e rinunciato ad altre nei convulsi anni dal ’60 al ’80. Tuttavia, dire che non siamo necessari non significa dire che non possiamo essere importanti. Ma lo saremo solo nella misura in cui saremo capaci di guardare con speranza gli orizzonti che ci si presentano, di impegnarci a capire le dinamiche del mondo d’oggi globale e diverso, di essere uomini e donne profondi per poter orientare ed essere fedeli allo spirito fondazionale e carismatico e non alle strutture centenarie che abbiamo costruito per altri tempi. In poche parole, saper dedicarci alla ricerca di una nuova santità che ci apra il futuro, che ci permetta di ricuperare le intuizioni fondazionali e farle nuove, e lanciarci in nuove avventure pur nell’incertezza e con il rischio di un possibile fallimento.

Vale la pena ricordare Churchill che, con la sua saggia ironia, segnalava che «il problema della nostra epoca è che gli uomini non vogliono essere utili, ma importanti». Oltre a essere necessari o importanti, ciò che vale è essere significativi nelle nostre missioni particolari, pensate come contributo alla società e possibilità di favorire la sua trasformazione, e significativi per i poveri per i quali dobbiamo giocarci e “ bruciare le navi”.

Qui si trova il nostro futuro e l’occasione di essere fermento evangelizzatore in questo momento.

Può darsi che i giovani religiosi stiano trovando un nuovo modo di esserlo e che quelli più avanti negli anni non siano in grado di vederlo o interpretarlo. Non dobbiamo dimenticare che la forma attuale di vita consacrata – le sue strutture, l’organizzazione, i metodi di lavoro, lo stile di vita – non risponde adeguatamente alle necessità e alle sfide di una società che è cambiata e sta cambiando radicalmente. Se non altro anche in ragione della provenienza dei religiosi giovani che arrivano dai Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo dell’America del Sud, del Sud-Est asiatico, dall’Africa, dall’India. Il panorama delle congregazioni religiose è completamente cambiato, come è cambiato il mondo repentinamente dal secondo dopo-guerra in poi.

Questa società che è cambiata e sta cambiando la si descrive in molte maniere: pluralista, multiculturale, post-moderna, post-cristiana, globalizzata, plasmata dall’informazione moderna e dalle tecnologie di comunicazione, produttrice di nuove forme di povertà e di esclusione… Si tratta, insomma, di un cambio epocale, che suppone un cambiamento nel nostro modo di comprendere la persona umana e le sue relazioni con il mondo e con Dio, e ci porta a un nuovo paradigma.

Più che mai la vita consacrata deve evitare di spendere le sue forze in critiche interne e ideologiche, e vivere più in positivo, in alternativa e aperta a un vero pluralismo, riconoscendo che lo Spirito opera in modi diversi per costruire la Chiesa e potenziare la vita dei nostri popoli. Deve germogliare e far germogliare il seme di una nuova società, secondo il progetto del Regno di Dio e di un nuovo modo di essere Chiesa, fatta di comunità e di comunità vive, operose, non criticone, ma profondamente ancorate al Cristo, alla preghiera, alla vita interiore, alla contemplazione e parimenti alla missione che nasce dall’esperienza del Tabor.

Tutto questo suppone grandi cambiamenti che ogni carisma dovrà incarnare nella sua tradizione originale. Nessuno potrà esimersi dal mettersi in tale lunghezza d’onda. È una linea sapienziale, profondamente segnata dalla fede e in continuo dialogo culturale e religioso, aperto ai poveri di sempre e a quelli di oggi, e a quanti generano un nuovo pensiero e un nuovo modo di procedere.

La consacrazione (Ancelle, Piccole Ancelle ed Aggregate) fa di noi persone donate a Dio senza condizioni e, più concretamente, ci fa “memoria viva del modo di essere e di operare di Gesù” obbediente, povero e casto, secondo il proprio stato di vita, trasformandoci in segno e comunicatori dell’amore di Dio all’umanità nella nostra comunità, nelle nostre famiglie naturali, nella parrocchia, nelle missioni, nell’insegnamento e in qualsiasi altra attività svolta a nome e per conto dell’Istituto. Questo è il primo contributo che possiamo e dobbiamo offrire come religiosi o assimilati.

Purtroppo non lo si riconosce, perché un modello di pensiero riduttivo dell’uomo, molto frequente oggi , toglie alla vita umana la sua dimensione religiosa, fondandola in progetti di vita a breve scadenza.

Questo è ciò che lascia in noi il mito della scienza, della tecnica e dell’economia, con l’illusione che il progresso sia illimitato, condannando l’esistenza alla immanenza di questo mondo senza orizzonte di trascendenza definitiva, perché tutto finisce con la morte. Pur avendo questa certezza, che tutto passa e tutto finisce, la gioia terrena come la sofferenza terrena, ciò non ci esime dal lavorare bene per il regno dei cieli.

A un mondo centrato sulla efficienza e sulla produzione, sull’economia e sul benessere, il religioso si presenta come segno di Dio, della sua grazia, del suo amore. Gesù è venuto a darci Dio e il suo amore. Questa è la buona notizia di Dio! Dio è ciò che per primo possiamo dare all’umanità. Questa è la grande speranza che possiamo offrire. È la nostra prima profezia. È evidente che questa vita centrata in Dio e nella donazione agli altri va chiaramente controcorrente. Per cui non è raro sentire: ma chi ve lo fa fare? E a dirlo non sono le persone estranee a noi, molto più frequentemente sono gli stessi consacrati, come d’altra parte avviene in altre vocazioni come quella sacerdotale e coniugale, a dire: chi me lo ha fatto fare. E’ la crisi di identità e di testimonianza, che mette in chiara luce la struttura debole delle nostre istituzioni. Ma se siamo fedeli alla nostra vocazione e alle nostre scelte, allora sì che l’essere consacrato continua a dire qualcosa a questa umanità.

La vita consacrata, si imposta, come è giusto che sia, come un segno contro il valore assoluto dell’economia e del materialismo, contro l’edonismo e il culto del corpo, contro l’individualismo e qualsiasi forma di autoritarismo.

Viviamo in un contesto storico, culturale e sociale in cui i consigli evangelici non sono apprezzati e neppure capiti; sono considerati inumani e colpevoli di costruire persone non veramente mature e non realizzate; cioè sono qualcosa di cui ci si deve liberare. D’altra parte vedendo religiosi e religiose litigiosi, tristi, gelosi, capaci di fare volutamente male alle consorelle, ai confratelli o alle persone esterne, quale attrattiva possiamo dare o quale prospettiva di vita vera ed autentica possiamo offrire a chi minimamente ha intenzione di seguire un percorso di consacrazione totale a Dio.

Per esempio, l’obbedienza sembra attentare ai diritti fondamentali della persona umana, alla libertà di decidere da se stessi, di autodeterminarsi e di autorealizzarsi. La conseguenza è che non si ubbidisce più oppure chi sta in autorità pensa di potere fare a suo disfacimento circa le persone, i beni e l’organizzazione dell’istituto o di una comunità.

La castità è vista come privazione del bene del matrimonio: la rinuncia ad avere una persona con cui condividere i momenti belli e quelli brutti, gioie e tristezze, successi e fallimenti della vita; la rinuncia alla paternità, alla maternità, alla tenerezza, alla intimità di ogni giorno, a sapere che c’è una persona vicino a te; la rinuncia alla dolcezza di sguardi vicendevoli, a sentirsi dire: «che bello che ci sei, che amore che sei!». La conseguenza che non siamo felici di stare insieme alle consorelle e ai confratelli o ai familiari e troviamo conforto altrove e non sempre vivendo nella perfetta castità del cuore.

La povertà è ancora meno apprezzata, in un mondo che ha fatto del benessere e dell’economia i supremi valori; ciò fa pensare che la povertà sia considerata come un male che bisogna sconfiggere, un male del quale bisogna liberarsi per essere completamente autonomi, senza dover dipendere da qualcuno; l’importante è avere per poter essere, non dover privarsi di qualcosa, cercare forme di vita borghesi e consumiste. Questo ci fa essere insensibili ai poveri e incapaci di servire i più bisognosi. La conseguenza è che la povertà, quale voto o promessa, è un opzional per tanti religiosi e religiose. Chi ha tutto e chi ha poco o nulla. Chi gode di privilegi e chi non ha neppure il necessari. Chi puoi gestire autonomamente ogni bene della comunità o dell’istituto e chi deve chiedere l’elemosina per ottenere qualcosa. Ingiustizie e discrepanze anche nel mondo dei consacrati. Chi vive nel lusso e chi vive nella povertà. Chi ha case religiose da Hotel 5 Stelle e chi ha conventi come se fossero dei lazzaretti. Anche su questo bisogna ripensare la vita religiosa, senza andare molto lontano da noi.

L’esempio di Caterina Volpicelli e del mio San Paolo della Croce ci possono aiutare meglio a vivere i voti di povertà, castità ed obbedienza, anche nel nostro contesto culturale e sociale profondamente modificato dopo il Concilio Vaticano II sia all’interno della Chiesa che al di fuori di essa. Basta rileggere la Costituzione pastorale sulla Chieda nel mondo contemporaneo, la Gaudium et spes sche pure ha una certa età, e capire in quale nuovo mondo viviamo per evangelizzare anche con il servizio della vita consacrata.

Senza dubbio, questo contesto socio-culturale ed ecclesiale influisce sulla vita consacrata e la mette in una situazione critica che si manifesta in vari sintomi, alcuni dei quali sono allarmanti: diminuzione delle entrate nei noviziati, aumento delle uscite, invecchiamento dei membri, sovrappeso delle istituzioni proprie, attivismo eccessivo e a volte stressante delle persone responsabili delle opere, indebolimento della vita comunitaria, della fraternità e della vita spirituale, frequenti problemi economici, preoccupazione per un futuro incerto.

Per alcuni, la forma attuale della vita consacrata nel mondo sta toccando il fondo; per altri soffre di “anemia” evangelica tradotta in poca passione, scarsa convinzione che porta alla frustrazione e al disincanto.

Il potere del disincanto è molto grande. Prendere coscienza di questo, e reagire come si deve, porterà la vita consacrata a risorgere più viva e forte che mai.

La situazione attuale nel mondo globalizzato è forse la più profonda crisi di senso della storia dell’umanità . Diciamo che la gente è sofferente e disorientata. Siamo di fronte a questa realtà, descritta come «il crollo di una incarnazione storica del cristianesimo», che possiamo considerare un nuovo invito alla rivitalizzazione e alla riforma della Chiesa.

È ovvio che abbiamo bisogno di conversione e di crescita, di risolvere le distorsioni che hanno indebolito la vita e la testimonianza ecclesiale, compresa la vita religiosa. Ci siamo abituati troppo ai privilegi, a considerare la nostra chiamata un “ufficio” o, peggio ancora, una “dignità”; siamo diventati insensibili alla nostra mancanza di austerità solidale e poche volte ci chiediamo se la nostra vita sia coerente con la “figura” del servo che dà la vita perché altri abbiano la vita. 

Il nostro modo di essere si configura effettivamente con quello del Servo sofferente di Javhè. È nostro dovere chiederci con onestà e umiltà se la nostra vita e le nostre attività sono strutturate secondo i principi dell’efficacia e dell’utilità, propri di questa logica, o secondo la testimonianza contro corrente della donazione come amore incondizionato di cui Gesù ci ha dato l’esempio.

La vita religiosa è nata come segno per andare contro-corrente, e un criterio della sua fedeltà alla missione è precisamente quello di mantenersi come alternativa di senso.

Chesterton diceva che ogni generazione è salvata dal santo che più la contraddice.

Caterina Volpicelli ha caratterizzato la Napoli di fine ottocento, ha dato senso, insieme ad altri santi del tempo e specificamente di Napoli alla vita sociale, ecclesiale ed umana di questa realtà, realizzando il santuario del Sacro Cuore di Gesù, centro non solo della spiritualità e della contemplazione, ma dell’amore e della carità che si fa dono.

Siamo invitati a rivedere con onestà i criteri sui quali fondiamo e organizziamo le nostre attività: la nostra preoccupazione è solo quella di renderle efficienti e produttive?

Siamo disposte a incarnare la logica della gratuità e della fiducia, anche se implica il rischio del fallimento?

Crediamo che nell’esperienza concreta del “fallimento” Dio si manifesta in forma privilegiata? Non dimentichiamo che la morte in croce del Signore fu un vero fallimento agli occhi del mondo. E neppure dimentichiamo che Paolo era convinto che nella sua debolezza si manifestava con più chiarezza la gloria di Dio.

 

 

Formia (Lt). Laboratorio liturgico musicale dell’Arcidiocesi di Gaeta

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Formia (Lt). Laboratorio liturgico musicale dell’Arcidiocesi di Gaeta 

di Antonio Rungi 

Inizia sabato 25 ottobre 2014 e si concluderà il 21 giugno 2015 presso la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Formia il primo laboratorio musicale dell’Arcidiocesi di Gaeta, dal titolo “Rendiamo lode al nostro Dio”.

Si tratta di nove incontri di formazione liturgica e musicale per gli animatori della liturgia cattolica e per svolgere in modo adeguato le celebrazioni liturgiche della comunità parrocchiale e diocesana. Vari gli argomenti  che saranno trattati dai liturgisti e dai maestri di musica nel corso dell’anno. Il primo incontro previsto per sabato 25 ottobre riguarderà  “Canto e musica per la celebrazione assembleare. Tecniche per la direzione dell’assemblea”.

Don Antonio Centola e i Maestri Biancamaria Spirito e Marco Di Lenola saranno i docenti del laboratorio musicale e liturgico dell’arcidiocesi di Gaeta.

L’iniziativa voluta dall’arcivescovo di Gaeta, Fabio Bernardo D’Onorio e dall’Ufficio liturgico diocesano si inquadra nel cammino della chiesa locale dopo la celebrazione dell’VIII Sinodo diocesano, che avevano focalizzato la sua attenzione anche su un’adeguata formazione liturgica e musicale dei fedeli, dei direttori di musica e canto sacro e delle guida assembleari.

“La musica e il canto –scrive monsignor D’Onorio – sono costitutivi delle azioni liturgiche quali elementi artistici in grado di innalzare e sottolineare un insieme di segni e gesti che altrimenti non comunicherebbero in modo efficace la realtà divina del mistero celebrato. Perciò, con viva soddisfazione accolgo l’iniziativa del nostro Ufficio e invito vivamente i direttori dei cori, gli organisti e gli animatori dell’assemblea a una piena partecipazione”.

Sessa Aurunca (Ce). Aperto da monsignor Galantino il convegno ecclesiale diocesano

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Sessa Aurunca. Aperto da Galantino il convegno ecclesiale della Diocesi. 

di Antonio Rungi 

“Una chiesa aperta alla missione, una chiesa nuova che intercetta i segni dei tempi e che si apre al mondo di oggi”. Richiamandosi al magistero di Papa Francesco, Evangelii gaudium, e al magistero di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, il Segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino ha aperto i lavori del Convegno ecclesiale di Sessa Aurunca sul tema “La Chiesa, sacramento di salvezza in Cristo, segno e strumento dell’umanità”. Nella Chiesa dei Santi Casto e Secondino, patroni della Diocesi si sono ritrovati non solo i delegati parrocchiali dei sei ambiti, uno guidato personalmente dal Vescovo, su cui si rifletterà in questi giorni, anche i fedeli della diocesi, i religiosi e le religiose, le autorità civili e militari del territorio, che hanno voluto ascoltare la voce della Chiesa italiana su temi di grande attualità. Da parte sua il vescovo di Sessa Aurunca, monsignor Orazio Francesco Piazza, nell’introduzione al convegno ha sottolineato alcuni aspetti dottrinali e dogmatici sulla Chiesa, alla luce del Concilio Vaticano II: Chiesa come mistero, come comunione, chiesa pellegrina nella storia e tra gli uomini, chinata sulle povertà e segnata dalle fragilità umane. Il vescovo ha sottolineato inoltre l’importanza di una vera comunione ecclesiale tra tutti i membri della chiesa locale ed universale. Riferimenti a Papa Francesco con il quale dobbiamo camminare in sintonia e sinergia. Per domani si terranno i laboratori e dopodomani la conclusione.