Archivi Mensili: marzo 2019

ROMA. LA SCALA SANTA DALL’11 APRILE SI SALE SULLE SCALE ORIGINALI

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ROMA. LA SCALINATA DEL SANTUARIO DELLA SCALA SANTA PERCORRIBILE IN ORIGINALE

di Antonio Rungi

Il prossimo 11 aprile sarà il Cardinale Vicario di Roma, Angelo De Donatis, a riaprire ufficialmente con la prevista benedizione della scalinata del Santuario della Scala Santa in Roma.

La scalinata sarà accessibile ai fedeli, come era originalmente, fino al 9 giugno, solennità della Pentecoste. In due mesi di accessibilità si prevedono migliaia di fedeli da tutto il mondo che verranno a pregare sulla scala, percorsa da Gesù, nel Pretorio di Pilato, prima della sua condanna a morte.

Dopo questo temporaneo riporto all’originale, saranno riposizionate le assi di noce che nel 1723, furono collocate sul marmo per espresso volere di Papa Innocenzo XIII, al fine di proteggere la scalinata dai tanti fedeli che la salivano in ginocchio. Dopo 300 anni, per i 28 gradini, questa sarà la prima volta che si presenteranno senza la copertura in legno di noce.

A darne conferma è stato padre Francesco Guerra, Rettore del Santuario, durante i lavori capitolari dei passionisti Italiani, Francesi e Portoghesi, in corso a Roma ai Santi Giovanni e Paolo. Come già anticipato da alcuni giornali. Secondo la tradizione, la scalinata che è sistemata nel complesso monumentale vicino a San Giovanni Laterano in Roma, faceva parte del palazzo di Ponzio Pilato e fu percorsa da Cristo il giorno della sua condanna a morte.  La scalinata fu portata a Roma da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, nel 326.  Sulla Scala secondo la tradizione ci sono 4 macchie del sangue di Gesù: 3 sono coperte da croci, 2 di bronzo e una di porfido rosso. All’altezza della quarta, protetta da una grata, si è formato un buco, perché i fedeli infilavano le dita per toccare proprio quel punto. E sotto il legno sono stati trovati migliaia di biglietti, lettere, richieste di grazia, infilati nei secoli fra le assi. Il santuario, opera di Domenico Fontana fu fatto costruire da Sisto V nel 1589 e per secoli fu luogo speciale di preghiera per i papi. Nel 1853 Pio IX aveva realizzato l’attiguo convento affidandolo ai Padri Passionisti, che tuttora lo gestiscono. Da 2015 è divenuto sede ufficiale della Curia provinciale della Provincia unitaria dei Passionisti d’Italia, Francia e Portogallo, intitolata a Maria Presentata al Tempio, dopo essere stata sede della Curia della sola provincia passionista della Presentazione, del Lazio e della Toscana. I lavori iniziati nel 1990 non ancora sono stati ultimati, anche se buona parte del complesso monumentale, sia del santuario che del convento, è stata sistemata bene.

Pagani (Sa). Domani mattina i funerali di monsignor Antonio Napoletano, vescovo emerito di Sessa Aurunca

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Pagani (Sa). Domani mattina i funerali di monsignor Antonio Napoletano, vescovo emerito di Sessa Aurunca

di Antonio Rungi

Si svolgeranno domani mattina, mercoledì 27 marzo, alle ore 10.00, nella Basilica Pontifica di Sant’Alfonso dei Liguori, in Pagani (Sa), i solenni funerali di monsignor Antonio Napoletano, vescovo emerito di Sessa Aurunca e religioso redentorista. A presiedere il rito sarà l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, presidente della Conferenza episcopale campana. Parteciperanno tutti i vescovi della Campania.

La salma del Vescovo da Teggiano arriverà a Pagani, alle ore 11,30 di oggi martedì 26 marzo, e nella Congrega del Collegio  sarà allestita la camera ardente.

A dare la notizia della morte varie diocesi. In primo luogo, quella di Sessa Aurunca, di cui era stato vescovo. Infatti, in una nota S.E. Mons. Orazio Francesco Piazza, Vescovo di Sessa Aurunca, i presbiteri, diaconi, religiosi, religiose e seminaristi oltre che profondamente addolorati per la perdita del vescovo emerito “si uniscono nella preghiera alla famiglia redentorista e alla famiglia Napoletano per l’operato di un pastore mite, instancabile e premuroso”.

Stesso motivo di dolore anche per la numerosa comunità diocesana di Teggiano-Policastro, dove monsignor Napoletano era impegnato, vicino al vescovo della Diocesi, monsignor Antonio De Luca, suo confratello redentorista, nella quale dal 2013 si era ritirato, dando un contributo notevole nell’attività missionaria della Chiesa locale, tipica dei Redentoristi.

In merito al grave lutto, anche «Il Vescovo di Nocera Inferiore-Sarno, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Giuseppe Giudice, in comunione con il Presbiterio e la Chiesa diocesana affida a Gesù Buon Pastore l’anima eletta di Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Antonio Napoletano e chiede a tutti la preghiera per il Servo buono e fedele che con generosità, emulo di Sant’Alfonso Maria de Liguori, ha amato e servito la Chiesa negli anni del suo lungo ministero».

Nel ricordare la sua figura, il suo segretario personale, per tutto il periodo del suo episcopato a Sessa Aurunca, unica diocesi di cui è stato pastore, don Giampiero Franzi scrive: “Sulle orme di Gesù buon pastore e redentore, per annunciare a tutti il suo vangelo”. Così può essere sintetizzato il programma e il cammino sacerdotale ed episcopale vissuto da monsignor Antonio Napoletano, prima come missionario redentorista e poi come vescovo della diocesi di Sessa Aurunca. Abituato a lavorare in silenzio e umiltà; uomo prudente, dal cuore sensibile e sincero, dalla profondità dei pensieri, Padre Antonio è stato tutto appassionato per la persona viva di Cristo e per la realtà concreta della sua Chiesa. Nella sua azione magisteriale, pastorale e amministrativa, si è lasciato guidare dalla Parola di Dio, dal Concilio Vaticano II e dal Catechismo della chiesa cattolica. Mons. Napoletano, servitore integerrimo, uomo di forte spessore intellettuale e di attenta riflessione, nel solco luminoso dei predecessori, ha costantemente avuto a cuore la centralità del mistero di Cristo nella vita della chiesa, la formazione permanente e la fraternità del clero e la comunione del popolo di Dio (con particolare attenzione agli ammalati e bisognosi). Il patrimonio del suo pensiero e del suo cuore traspare dalle sue parole e dai suoi molti scritti. Interessanti le sue numerose lettere pastorali, pubblicazioni, articoli su Avvenire, su Riviste specializzate. La specificità del suo compito e del suo stile di vita è stata “l’educazione alla vita buona del vangelo”: la fede cioè deve diventare un patrimonio interiorizzato della coscienza e trasformare la vita. Con costanza, sobrietà e zelo, certo che il cattolicesimo non può essere confinato nella ripetitiva e asettica applicazione di precetti e regole, ha educato e invogliato tutti a non rimanere prigionieri del passato per diventare cristiani più credenti e testimoni più credibili. Granitica guida spirituale, ha dato fiducia, ha incoraggiato, ha ascoltato e a ha sostenuto chiunque aveva desiderio e volontà di compiere il bene e cooperare alla costruzione del Regno”.

Monsignor Antonio era nato Nocera Inferiore l’8 Giugno 1937, era entrato giovanissimo tra i Padri Redentoristi. Completati gli studi filosofici e teologici fu ordinato presbitero il 19 marzo 1961.

Nella Congregazione dei Redentoristi ha ricoperto vari incarichi, tra cui quello di Superiore Provinciale, di Docente, di Rettore del Santuario di San Gerardo Majella, a Martedomini.

Conosciuto e stimato per il suo impegno culturale, educativo e missionario fu letto alla sede vescovile di Sessa Aurunca il 19 novembre 1994, da Giovanni Paolo II,  e fu ordinato vescovo il 6 gennaio 1995.

Ha guidato la diocesi di Sessa Aurunca per circa un ventennio, lasciandola per raggiunti limiti di età nel 2013.

Monsignor Napoletano non mancava mai di citare un motto polacco, molto caro a Giovanni Paolo II, che dice “Chi vive tra i giovani, diventa giovane”, e la chiesa di Sessa  Aurunca era per lui una chiesa fatta da giovani.

“Monsignor Napoletano, era un missionario nello spirito –ricorda padre Antonio Rungi, direttore dell’Ufficio Comunicazione della Diocesi di Sessa Aurunca e Direttore della Pastorale del Turismo, sport e spettacolo della stessa diocesi – ma soprattutto nell’azione pastorale, forte dell’esempio del fondatore dei Redentoristi, Sant’Alfonso Maria dei Liguori, per il quale organizzò un importante convegno in occasione del terzo centenario della nascita, nel 1996 del grande santo napoletano e vescovo di Sant’Agata dei Goti, al quale era profondamente legato come suo maestro e guida spirituale e pastorale nel suo lungo servizio alla Chiesa e alla Congregazione del Santissimo Redentore.

P.RUNGI. QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA- 31 MARZO 2019

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QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

DOMENICA 31 MARZO 2019

CON L’ UMILTA’ DEL CUORE CHIEDIAMO PERDONO E RICOMINCIAMO

Commento di padre Antonio Rungi

Con la quarta domenica di Quaresima, detta della letizia entriamo nel vivo del cammino di conversione verso l’annuale Pasqua di morte e risurrezione di Cristo, ma anche della nostra risurrezione spirituale in Cristo, mediante la gioia di ritornare al Lui con tutto il cuore, pentiti, come il figliol prodigo del Vangelo di questa domenica. Si tratta di un cammino spirituale ed interiore al quale nessuno di noi può sottrarsi. Ci obbliga il nostro essere battezzati e il nostro essere consacrati alla passione, morte e risurrezione di Cristo.

Questo cammino, spero, che ognuno di voi l’abbia intrapreso da tempo. Siccome i avvicina la Pasqua 2019, se questo cammino di ritorno non è neppure iniziato, sia questo il momento favorevole per farlo, in quanto Dio ci attende a braccia aperte, fin quando non ritorniamo a Lui, come ci ricorda sant’Agostino, in una delle sue più celebri aforismi: O Signore, il mio cuore è inquieto, finché non riposa in Te”. Facciamo riposare questo nostro travagliato, agitato ed afflitto cuore nella bontà e nella tenerezza di Dio, che si fa misericordia e si fa dono per tutti noi, peccatori sinceramente pentiti e riconoscenti a Dio. Prendiamo ad esempio il pentimento del figlio prodigo che ritorna al Padre e chiede di essere nuovamente accolto nel suo cuore e nella sua casa, cioè nella sua misericordia e nella sua chiesa.

Il figliol prodigo che va via dalla casa del Padre è il peccatore che esce dalla comunione con Dio e rompe ogni legame con il Signore, in attesa del ripensamento e del ritorno.

Dio non si stanca di aspettare, fino all’ultimo istante questo ritorno al piena comunione con lui nella grazia nell’amicizia.

E lui ci attende non solo sull’uscio della chiesa, per dargli il perdono qui su questa terra, mediante il sacramento della confessione; ma lo attende sull’ingresso del paradiso, per donargli la felicità senza fine. E’ tempo di ritorno e non possiamo più attendere per convertirci tutti a Dio,

Sta a noi entrare in questo cammino di ritorno a Dio da celebrare continuamente con una forte comunione di grazia e in grazia con Lui.

Il modo per farlo è mettersi nella condizione di quel che realmente siamo: peccatori e perciò bisognosi di perdono e di misericordia di Dio.

Non illudiamo noi stessi e gli altri: siamo tutti peccatori e perciò stesso abbiamo bisogno del suo perdono.

Quel Padre attende con pazienza, ma spera sempre che il ritorno inizi davvero e lo fa scrutando l’orizzonte della storia e del mondo, scrutando l’orizzonte del nostro cuore, spesso privo di quel rosso di sera, che fa ben sperare per l’alba e l’inizio di un nuovo giorno pieno di sole e di grazia del Signore.

Facciamo nostre le parole del figlio pentito: “Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre”.

Ci vogliamo rialzare dalla nostra debolezza interiore, frutto di una mancato assorbimento dei nutrienti essenziali alla vita dello spirito, che sono la preghiera, la penitenza e la carità sincera.

Non bisogna crogiolarsi nei peccati; anzi bisogna riemergere da essi prima che sia troppo tardi, prima che si abbia toccato il fondo del disastro morale più grave.

Non dobbiamo attendere i tempi del figliol prodigo per rinsavire dalle nostre condotte non buone e immorali, oltre che malvagie. Sia ricorrente questa preghiera del cuore, che ci sprona alla conversione: “O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la nostra redenzione, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina”.

E non diciamo mai, e poi mai: io sono senza peccato. Che peccato faccio o posso fare? Non dimentichiamo che nessuno di noi è senza peccato e come tali non possiamo giudicare gli altri o scagliare la pietra della condanna che uccide anche i sinceramente pentiti.

Nel cammino verso la Pasqua, ci incoraggi quanto scrive Giosuè nel suo Libro, in merito al popolo eletto: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». La celebrazione della Pasqua a

Gàlgala al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico fu motivo per andare avanti nel cammino dell’esodo. Infatti, il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan”. Dio premia sempre la buona volontà di ogni uomo della terra. D’altra parte nel brano della seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi, ci vengono ricordati alcuni concetti teologici di base: se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Siamo, dunque, ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Noi siamo i portavoce  di Dio, i trombettieri dell’Altissimo, i maestri di musica divina che fanno cantare perfettamente i coristi di quanti credono in Dio. Facciamo sì che questa gioia di vivere e testimoniare il vangelo arrivi attraverso di noi ai nostri fratelli vicini e lontani.