Cure

Mondragone (Ce). Estate in preghiera con le Suore della Stella Maris

Foto-0343.jpg“E…state in preghiera” è questo il motto scelto dalle Suore di Gesù Redentore, istituto Stella Maris di Mondragone, per caratterizzare il loro impegno di accoglienza degli ospiti e villeggianti nella loro casa di ospitalità estiva ed invernale. La formula preghiera, spiaggia, mare e sano divertimento è quella ormai collaudata da anni e che alla Stella Maris riscuote ogni anno il successo necessario. Infatti gli ospiti e i villeggianti condividono con la comunità religiosa, composta da sei suore, i momenti della preghiera e della ricreazione, mentre è lasciato libero il tempo per il mare e la spiaggia. La giornata tipo per trascorre il periodo estivo curando lo spirito ed il corpo è così strutturata: Lodi del Mattino (in spiaggia o in cappellina); S.Messa quotidiana alle ore 7,30 nella cappella dell’Istituto; Ora media ed Angelus alle 11,45 nella cappellina. Ore 17.00 Vespro (in spiaggia o in cappella). Ore 19.00: Adorazione eucaristica in cappella. Ore 21.00 Santo Rosario in spiaggia sotto i gazebi allestiti nello spazio antistante la Stella Maris. Ore 22.00 Compieta nel giardino dell’Istituto. Chi vuole alimentarsi spiritualmente durante la giornata trova qui l’ambiente ideale, in quanto la casa religiosa, dopo aver svolto per oltre 60 anni il compito di convitto per i minori e colonia estiva, dal 2007 è stata trasformata e finalizzata a Casa di Ospitalità, di preghiera, di accoglienza, valorizzata in modo pieno e completo durante i tre mesi estivi luglio-settembre. Tutto esaurito anche per la stagione estiva 2012 e ad utilizzare la struttura non sono solo persone anziane, ma famiglie, giovani e gruppi, che hanno la possibilità di autogestirsi. Chiaramente sono gruppi di ispirazione cristiana o facenti parte delle comunità parrocchiali o di altre istituzioni religiose, che fanno capo alle Suore della Stella Maris di Mondragone in quanto più disponibili ad un’accoglienza a 360 gradi, che comprende la spiritualità, il sano divertimento e la fraternità. Già con la prima domenica di luglio, l’attività estiva è andata a regime, in quanto la struttura in questi giorni ospita circa 30 persone e già i villeggianti valorizzano i servizi religiosi e spirituali che le Suore della Stella Maris assicurano contestaulmente a tutti gli altri servizi per una qualificata e positiva vacanza al mare. In particolare, le Suore daranno significativa rilevanza ai momenti di raccoglimento che si vivranno a contatto con la natura, all’alba e al tramonto. Sono infatti previste le Lodi al Mattino, il Vespro ed il Rosario all’imbrunire e la Compieta a conclusione della giornata. Nessuna costrizione per gli ospiti, ma solo una proposta di spiritualità estiva che molti gradiscono e, proprio in ragione di questo, optano per chiedere di trascorrere le vacanze alla Stella Maris. La stuttura, d’altronde, è situata al 10 metri dal mare e per l’Istituto è riservato un ampio spazio sulla spiaggia, dove vengono allestiti i gazebi che servono anche come punti di riferimento per la preghiera del mattino e della sera. “Notiamo un crescente bisogno di preghiera  e di Dio nei nostri villeggianti -afferma la responsabile della Stella Maris, Suor Maria Paola – segno evidente della riscoperta della fede o del potenziamento della stessa anche nel periodo estivo. Questa estate 2012, la vogliamo impegnare per preparare adeguatamente i nostri ospiti ad accogliere l’anno della fede indetto da Papa Benedetto XVI nelle migliori condizioni spirituali possibile. Anche il periodo estivo e il cammino spirituale di questi giorni di vacanze appena iniziati possono dare un valido contributo a quanti sono cristiani ed hanno a cuore la loro salute spirituale e anche quella fisica e corporale. Noi auguriamo ai nostri ospiti di trascorrere giornate serenamente ricche da un punto di vista interiore, perché il resto è assciurato da un servizio di accoglienza che nel rispetto delle norme, garantisce il giusto clima per una vera e completa vacanza estiva in riva al mare, ma con il cuore costantemente rivolto al Dio creatore e a Gesù Cristo Redentore”.

 

Un libretto di preghiere on-line per i maturandi

preghiere esamistato2012.jpgAlla vigilia degli esami di stato 2012 nelle scuole superiori, in cui è docente di ruolo in Filosofia e pedagogia, padre Antonio Rungi, religioso passionista e teologo morale, pubblica una seconda edizione, dopo il successo dello scorso, di un e-book (libretto telematico) in cui ha raccolto una  serie di preghiere “per sostenere spiritualmente il cammino culturale dei giovani in questo tempo di esami”. Il religioso precisa che si tratta di “un vero e proprio  libretto di preghiere tradizionali o recenti on-line che possono utilizzare gli studenti cattolici credenti e praticanti, o qualsiasi altro studente, per avere quel necessario sostegno spirituale in questo tempo di particolare bisogno di sostegno dall’alto. Si sa aggiunge il sacerdote che l’ansia e la preoccupazione per gli studenti più motivati e che si attendono risultati brillanti, frutto di un percorso serio di studi, ci vuole la necessaria serenità interiore e psicologica,per affrontare la maturità. La preghiera cristiana è di garnde aiuto da questo punto di vista. Preghiere indirizzare – afferma P.Rungi – comunque e sempre al Signore, attraverso la Vergine Santa, e con il patrocinio di alcuni tra i santi più venerati ed amati in Italia e nel mondo, quali San Giuseppe, San Pio da Pietrelcina, San Gabriele dell’Addolorata, Sant’Antonio di Padova, San Giuseppe Moscati. Santi venerati al Nord e al Sud e che nella classifica delle preghiere trovano diversa collocazione tra gli studenti che pregano in questa circostanza. Così come padre Pio è molto gettonato al Sud, Sant’Antonio lo è al Nord. Queste scelte sono motivate anche da fatto -precisa P.Rungi- che ci sono i riferimenti geografici quali San Giovanni Rotondo per Padre Pio e Padova per Sant’Antonio. Al di là dei santi a cui in questi giorni ci si voterà in modo speciale, molti ragazzi e soprattutto ragazze sono particolarmente attenti anche nel curarsi spiritualmente in occasione degli esami di maturità che, al di là di quanto si dice, rimane una delle prove più sentite della carriera scolastica, perché sono i primi veri esami in cui una persona ormai matura e non solo perché maggiorenne, deve dimostrare di possedere tutta quella cultura che ha acquisito nel corso degli anni di scuola superiore. E gli studenti sanno che si tratta di una prova che va affrontata con serietà, ma anche con la serenità. A ognuno di loro, circa 500.000 quest’anno, auguriamo –conclude padre Rungi- di sostenere un ottimo esame di stato per la soddisfazione propria, della famiglia, degli insegnanti, delle commissioni e per il bene dell’Italia che necessita di professionisti a tutti i livelli qualificati e preparati. Avere studenti preparati e maturi fa bene a tutti e sicuramente aiuta ad uscire anche dalla crisi mondiale, che riguarda in parte anche l’Italia. E penso ai vari studenti che hanno studiato nei vari licei o istituti professionali, specialmente commerciali, che hanno molto da apprendere e poi da applicare nello svolgimento della professione immediata o successiva. Quindi una prova davvero importante per il singolo studente e per la comunità sociale”.

Qui di seguito alcune preghiere che fanno parte dell’e-book

Preghiera per i maturandi

Signore Gesù, degno discepolo san Giuseppe,
tuo padre putativo e giuridico,
alla cui scuola imparasti il mestiere di artigiano,
a conclusione del quinquennio di studio da me frequentato
ti chiedo di aiutarmi a sostenere un buon esame di stato
per conseguire la tanta attesa maturità.

Sono più che mai convinto
che avrei potuto e dovuto fare molto di più
rispetto a quello che ho realizzato
in questi lunghi anni di impegno scolastico,
ma ora che il passato è alle spalle
e rimane solo la verifica finale
di questo itinerario culturale, umano, sociale e spirituale,
fa che i pochi o molti risultati raggiunti
non vengano da me sciupati con prove di esami
approssimative, scialbe e superficiali.

Fa che in questo tempo di esami
sia in grado di dare il meglio di me stesso
sia per una mia personale soddisfazione
e sia per essere riconoscente a quanti mi hanno sostenuto
in questo cammino di formazione e istruzione.

Assistimi durante i compiti scritti ed orali
con il tuo Santo Spirito, che è sapienza,
intelletto, consiglio, fortezza e scienza
perché il mio poco o molto sapere
si manifesti a quanti dovranno verificare
le mie conoscenze, competenze e capacità
nel modo migliore per me e per i miei esaminatori.

A conclusione dell’intero periodo di esami
spero dal profondo del cuore
di ricevere il meritato voto, frutto del mio studio,
del mio impegno e non di raccomandazioni
o sotterfugi e intrighi vari
che non fanno onore ad uno studente
retto di cuore, di sani principi morali
e con una chiara coscienza del suo operato. Amen.
(Padre Antonio Rungi)

Preghiera a San Pio da Pietrelcina

O diletto figlio di San Francesco d’Assisi e della terra sannita,
che fosti chiamato da Dio
a percorrere la strada stretta dei consigli evangelici
e ad assimilarti, ogni giorno, al mistero del Cristo Crocifisso,
ora che godi della visione beatifica di Dio
concedi ai tuoi devoti
le grazie spirituali di cui hanno bisogno.

Tu sacerdote di Cristo
che hai vissuto nella totale fedeltà a Lui,
concedi anche a noi di essere fedeli
ai nostri impegni cristiani e sociali.
Tu autentico devoto della Madre di Dio
che affidasti a Lei il tuo ministero sacerdotale
concedi a noi tuoi figli spirituali
di amare con la stessa intensità del tuo amore
la Madre di nostro Signore.

Tu che hai amato di intenso amore
la santa Chiesa ed il Sommo Pontefice
concedi ai cristiani del nostro tempo
di difendere dagli attacchi dei nemici di Cristo
la sua sposa castissima.

O San Pio da Pietrelcina
fa di tutti noi, mediante la tua intercessione presso il Signore,
degni discepoli dell’unico Maestro,
alla cui scuola tu hai realizzato il tuo progetto di santità.

Benedici quanti confidano nel tuo patrocinio presso Dio,
difendici dalle insidie del maligno,
proteggi i nostri bambini, i giovani, gli ammalati, gli anziani
e tutti coloro che non contano nella nostra società.
Amen.
(Padre Antonio Rungi)

PREGHIERA A SANT’ANTONIO DI PADOVA

O glorioso S. Antonio, amico della gioventù,
a te mi rivolgo con fiducia,
a te affido le mie aspirazioni e i miei desideri.

Aiutami a vivere nella purezza di cuore,
costante nella pratica della vita cristiana
e fa che io sia capace di attuare gli ideali più belli.

Ti raccomando il mio studio e il mio lavoro che voglio,
affrontare con serietà in modo da formarmi alla vita
ed essere utile alla mia famiglia e al mio prossimo.

Fa che io possa avere sempre delle vere e sane amicizie,
tienimi lontano da ogni male
e aiutami ad essere forte nelle mie convinzioni cristiane.
Proteggimi sempre e intercedi per me presso il Signore Gesù.
Amen.

 

PREGHIERA A SAN GIUSEPPE LAVORATORE

 

Glorioso san Giuseppe,
modello di tutti quelli che sono votati al lavoro,
donami la grazia di lavorare con spirito di penitenza
per l’espiazione dei miei numerosi peccati;
di lavorare con coscienza,
ponendo il culto del dovere al di sopra delle mie inclinazioni;
di lavorare con riconoscenza e gioia,
osservando come un bravo dipendente,
e di sviluppare attraverso il lavoro i doni ricevuti da Dio;
di lavorare con ordine, pace, moderazione e pazienza,
senza mai indietreggiare davanti alla stanchezza e alle difficoltà;
di lavorare soprattutto con intenzioni pure e con distacco da me stesso,
avendo continuamente davanti agli occhi la morte
ed il conto che dovrò rendere del tempo perso,
dei talenti inutilizzati e delle vane compiacenze legate al successo,
se funeste all’opera di Dio.
Tutto per Gesù, tutto per Maria,
tutto a tua imitazione,
o santo patriarca Giuseppe!
Tale sarà il mio motto nella vita e nella morte. Amen. (Pio V)

 

Preghiera di un giovane a San Giuseppe Artigiano

 

San Giuseppe,
il Figlio di Dio stesso ti ha scelto per essere suo padre,
la sua guida e il suo protettore durante l’infanzia, la sua adolescenza e la sua giovinezza.
Lui ha voluto essere condotto da te lungo tutto il cammino della sua esistenza terrena.
Tu hai compiuto il tuo uffizio con grande fedeltà.
Anch’io ti affido la mia giovinezza.
Nel nome di Gesù, io ti chiedo di essere la mia guida ed il mio protettore,
oso dire mio padre lungo il pellegrinaggio della mia vita.
Non permettere che io mi allontani dal cammino della vita che è nei comandamenti di Dio.
Desidera essere il mio rifugio nelle avversità,
la mia consolazione nelle pene, il mio consigliere nei dubbi,
fino a che salirò al Cielo, dove esulterò in Gesù mio Salvatore con te,
la tua Santissima Sposa Maria e tutti i santi.
Amen.

 

Preghiera a San Giuseppe da Copertino per il felice esito degli esami

 

O Santo Protettore, tanto benigno verso chi vi invoca e tanto generoso verso chi vi chiede grazie, ascoltatemi nelle mie attuali angustie.
Per quell’amore che vi rapiva in Dio, per l’infiammato affetto che vi fece devotissimo della Madre del Signore, per la singolare devozione che vi rese inimitabile seguace del vostro padre e maestro Francesco di Assisi, aiutatemi, vi scongiuro, in questi giorni di preparazione alla prova/esame che presto dovrò affrontare.
Fate che quanto ho seminato sia per me ricco di raccolto; datemi la gioia di un esame pieno di conforto e privo di trepidazioni. Tanto io da voi attendo, o caro Santo, anche in considerazione di ore forse non degnamente sfruttate per lo studio…
Voi le conoscete le dure vigilie dell’esaminando: Dio vi consolò facilitandovi sempre ed in modo singolarissimo.
Assistetemi e fate che altrettanto avvenga per me, in modo che possa con prontezza e vivacità superare quel timore che invadendo l’animo mi ottenebra la mente.
La mia fiducia è dunque in voi o protettore mio.
Fate che le mie speranze non vadano deluse!
Amen.

 

PREGHIERA A SAN GIUSEPPE MOSCATI PER CHIEDERE UNA GRAZIA
Amabilissimo Gesù, che ti degnasti venire sulla terra per curare
la salute spirituale e corporale degli uomini e fosti tanto largo
di grazie per San Giuseppe Moscati, facendolo un medico secondo
il tuo Cuore, insigne nella sua arte e zelante nell’amore apostolico,
e santificandolo nella tua imitazione con l’esercizio di questa duplice,
amorevole carità verso il prossimo, ardentemente ti prego
di voler glorificare in terra, il tuo servo nella gloria dei santi,
concedendomi la grazia…. che ti chiedo, se è per la tua
maggior gloria e per il bene delle anime nostre. Amen.

 

Preghiera a San Gabriele dell’Addolorata

 

O giovane santo, innamorato della Vergine Addolorata
che ai piedi del Crocifisso con Maria
imparasti a vivere la passione di Cristo,
fa che nella chiesa di oggi e nella società umana
rifiorisca quell’amore al Redentore
che è stato il motivo dominante
della tua coraggiosa scelta di consacrazione Signore.
Tu alla scuola di san Paolo della Croce
imparasti a vivere nel silenzio, nella solitudine del convento,
nella preghiera incessante e nella penitenza più totale,
fa che anche noi, uomini e donne del ventunesimo secolo,
sentiamo il bisogno di fare esperienza del deserto,
entrando in quel cammino di conversione permanente
che porta il credente a mettere al centro della propria esistenza
solo Colui che è la nostra vera gioia e felicità in questa terra e nell’eternità.
Dal Paradiso proteggi tutti i giovani del mondo,
in questo tempo di forte crisi di valori e di identità,
nel quale è facile smarrirsi e deviare,
senza più ritrovare la strada che riporta a Dio e all’eternità
Essi hanno bisogno in modo singolare
del tuo speciale patrocinio dal trono di Dio,
dove in eterno contempli il tuo amato Signore
e godi della visione beatifica della Vergine Santa,
tua e nostra amatissima Madre.
Non permettere che nessun giovane di questa terra
perda la speranza e la fiducia in Dio e nel prossimo,
ma ognuno sappia sperare in un mondo migliore
e in una nuova umanità, in  cui regnerà per sempre la giustizia e la pace.
Ti affidiamo in modo singolare i bambini ed i fanciulli dell’Italia e del Pianeta intero, perché possano vivere in un mondo riconciliato nell’amore.
Assisti quanti sono nelle difficoltà di ogni genere e dal cielo fa scendere,
attraverso la tua potente intercessione, abbondante la benedizione del Signore.
Benedici, o Gabriele, quanti ricorrono a te con fede,
chiedendo, tramite te, al Padre di eterna bontà e carità,
quanto è necessario per una degna vita umana,
contrassegnata da tante sofferenze, privazioni e prove di ogni genere.
Tu che occupi uno speciale posto nel cuore di Gesù e Maria,
fa che possiamo vivere in questo mondo
in stretta amicizia con il Figlio di Dio e la Madre di Dio.
Dal tuo santuario dell’Isola del Gran Sasso
dispensa a tutti gli uomini della terra ed ai tanti devoti e tuoi fedeli
il dono del vero sorriso che proviene da Dio,
la pace del cuore che viene da un cuore riconciliato con il Signore,
la bontà e la misericordia per quanti necessitano del perdono del Signore,
perché lontani da Lui e peccatori incalliti
nel vizio del male e di ogni depravazione morale.
Ottieni dal Signore il ritorno ai retti costumi
in ogni campo del vivere umano, sociale ed ecclesiale
e il mondo possa godere di una stabile pace su tutta la terra, senza conflitti, divisioni e paure di qualsiasi genere.
Gabriele, tu che tutto puoi ed ottieni dal Signore,
non dimenticarti di nessuno di noi.
 Amen.
(Padre Antonio Rungi)

 

PREGHIERA A SAN LUIGI GONZAGA
O amabile San Luigi,
la cui illibata purezza rese simile agli Angeli,
e l’ ardente amore a Dio eguagliò ai Serafini del Cielo,
volgete su di me uno sguardo di misericordia.
Voi vedete quanti nemici mi attornano,
quante occasioni insidiano all’ anima mia;
e come la freddezza del mio amore a Dio
mi metta a pericolo di offenderlo ad ogni piè sospinto
e di allontanarmi da Lui, lasciandomi adescare ai fallaci piaceri di terra.

 

Salvatemi Voi, o gran Santo… a Voi mi affido.
Impetratemi Voi ardente amore a Gesù Sacramento
ed ottenetemi grazia ch’ io sempre mi accosti
al Banchetto Eucaristico con cuore puro e contrito,
ripieno di fede viva ed umiltà profonda.
Le mie comunioni allora saranno,
come le furono per Voi,
potente farmaco d’ immortalità,
soave profumo dell’ eterno bacio di Dio. Amen

 

 
Preghiera a Santa Rita da Cascia

 

Sotto il peso e tra le angosce del dolore,
a Voi che tutti chiamano la santa degli impossibili,
io ricorro nella fiducia di presto averne soccorsi.
Liberate, vi prego, il mio povero cuore,
dalle angustie che da ogni parte l’opprimono,
e ridonate la calma a questo spirito che geme,
sempre pieno di affanni.
E giacché riesce inutile ogni mezzo a procurarmi sollievo,
totalmente confido in Voi
che foste da Dio prescelta per avvocata dei casi più disperati.
Se sono di ostacolo al compimento dei miei desideri,
i peccati miei ottenetemi da Dio ravvedimento e perdono.
Non permettete, no, che più a lungo sparga lacrime di amarezza,
premiate la mia ferma speranza,
ed io darò a conoscere dovunque
le grandi vostre misericordie verso gli animi afflitti.
O ammirabile sposa del Crocifisso,
 intercedete ora, sempre per i miei bisogni. Amen

 

 

Papa Benedetto XVI. No alla cultura della menzogna e della calunnia. Condanna senza appello dei calunniatori e dei menzognieri

1338392246141_stendardo_sul_duomo_OK.jpgCon il battesimo siamo “uniti a Dio in una nuova esistenza, apparteniamo a Dio, siamo immersi in Dio stesso”. Lo ha ricordato Benedetto XVI aprendo ieri sera, 11 giugno 2012, nella basilica romana di San Giovanni in Laterano, l’annuale Convegno ecclesiale pastorale della diocesi di Roma, che ha per tema “Andate e fate discepoli, battezzando e insegnando (Mt 28, 19-20). Riscopriamo la bellezza del Battesimo”. “Prima conseguenza del battesimo”, ha sottolineato il Papa in una catechesi tenuta interamente a braccio, è “la centralità di Dio nella nostra vita”, ovvero Dio “non è una stella lontana, ma l’ambiente della mia vita”. In secondo luogo “divenire cristiani non è qualcosa che segue dalla mia decisione. Certo, anche la mia decisione è necessaria”, ma è Dio che “mi prende in mano e realizza la mia vita in questa nuova dimensione”. “Essere fatti cristiani da Dio – ha precisato – implica questo mistero della Croce: solo morendo al mio egoismo, uscendo da me stesso posso dirmi cristiano”. Terza conseguenza del battesimo, ha annotato il Pontefice, è l’unione “ai fratelli e alle sorelle”, poiché “essere battezzati non è mai un atto solitario”. Il rito sacramentale, ha evidenziato, “si compone da due elementi, la materia – acqua – e la parola”. “Il cristianesimo non è qualcosa di puramente spirituale”, ha aggiunto, ma “una realtà cosmica”, “la materia fa parte della nostra fede”. Ha aggiunto Papa Benedetto: “Rinunce, promesse e invocazioni” compongono la liturgia battesimale. “Non sono solo parole, ma cammino di vita. In esse – ha puntualizzato papa Ratzinger – si realizza una decisione, è presente tutto il nostro cammino battesimale”. “Il sacramento del battesimo non è un atto di un’ora, ma un cammino di tutta la nostra vita”, “siamo sempre in cammino battesimale e catecumenale”. Benedetto XVI ha quindi riflettuto sulla “dottrina delle due vie”, che si esprime con il triplice rinunzio e il triplice credo. Un tempo “le seduzioni del male” venivano chiamate “la pompa del diavolo”. Erano “soprattutto i grandi spettacoli cruenti, dove la crudeltà diventa divertimento”. Ma oltre a questi s’intendeva “un tipo di cultura nel quale non conta la verità ma l’apparenza, l’effetto, la sensazione, e sotto il pretesto della verità in realtà si distruggono uomini”. “Conosciamo anche oggi – ha puntualizzato il Papa – un tipo di cultura dove non conta la verità, anche se apparentemente si vuole far apparire tutta la verità. Contano solo la sensazione e lo spirito di calunnia e distruzione. Una cultura che non cerca il bene, in cui il moralismo è una maschera in realtà per confondere, per creare distruzione e confusione”. “Contro questa cultura dove la menzogna si presenta sotto la veste della verità e della diffamazione, contro questa cultura che cerca solo il benessere materiale e nega Dio diciamo no”.
Ha sottolineato inoltre che vi è poi la rinunzia al peccato, e se oggi si contrappone la libertà all’osservanza dei comandamenti, “in realtà questa’apparente libertà diventa subito schiavitù”. Terza, la rinunzia a Satana, perché “c’è un sì a Dio e un no al potere del maligno”. Benedetto XVI ha presentato il simbolo dell’acqua mostrandone i due significati. “Da una parte fa pensare al mare, soprattutto al mar Rosso”, e qui si presenta come morte “per arrivare a una nuova vita”. Il battesimo “è morte a una certa esistenza e rinascita a una nuova vita”. Contrapposta alla morte è la vita, e l’acqua richiama la fonte, “origine di tutta la vita”. Infine, a chi s’interroga se sia giusto battezzare i bambini, o sia meglio “fare prima il cammino catecumenale”, “queste domande – ha risposto il Papa – mostrano che non vediamo più nella vita cristiana la vita nuova, la vera vita, ma una scelta tra le altre, anche un peso che non si dovrebbe imporre senza avere il consenso del soggetto”. Ma “la vita stessa ci viene data necessariamente senza consenso previo”. La domanda, quindi, sarebbe: è giusto dare la vita senza che il nascituro abbia la possibilità di decidere? “È possibile e giusto – ha da ultimo risposto papa Ratzinger – soltanto se con la vita possiamo dare anche la garanzia che questa vita è buona e protetta da Dio, è un vero dono”.

IL PAPA A MILANO- I DISCORSI

Fedeli_Duomo04.jpgDIALOGO DEL SANTO PADRE CON LE FAMIGLIE

1. CAT TIEN (bambina dal Vietnam):

Ciao, Papa. Sono Cat Tien, vengo dal Vietnam.

Ho sette anni e ti voglio presentare la mia famiglia. Lui è il mio papà, Dan e la mia mamma si chiama Tao, e lui è il mio fratellino Binh.

Mi piacerebbe tanto sapere qualcosa della tua famiglia e di quando eri piccolo come me…

SANTO PADRE: Grazie, carissima, e ai genitori: grazie di cuore. Allora, hai chiesto come sono i ricordi della mia famiglia: sarebbero tanti! Volevo dire solo poche cose. Il punto essenziale per la famiglia era per noi sempre la domenica, ma la domenica cominciava già il sabato pomeriggio. Il padre ci diceva le letture, le letture della domenica, da un libro molto diffuso in quel tempo in Germania, dove erano anche spiegati i testi. Così cominciava la domenica: entravamo già nella liturgia, in atmosfera di gioia. Il giorno dopo andavamo a Messa. Io sono di casa vicino a Salisburgo, quindi abbiamo avuto molta musica – Mozart, Schubert, Haydn – e quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse il cielo. E poi a casa era importante, naturalmente, il grande pranzo insieme. E poi abbiamo cantato molto: mio fratello è un grande musicista, ha fatto delle composizioni già da ragazzo per noi tutti, così tutta la famiglia cantava. Il papà suonava la cetra e cantava; sono momenti indimenticabili. Poi, naturalmente, abbiamo fatto insieme viaggi, camminate; eravamo vicino ad un bosco e così camminare nei boschi era una cosa molto bella: avventure, giochi eccetera. In una parola, eravamo un cuore e un’anima sola, con tante esperienze comuni, anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà. Ma questo amore reciproco che c’era tra di noi, questa gioia anche per cose semplici era forte e così si potevano superare e sopportare anche queste cose. Mi sembra che questo fosse molto importante: che anche cose piccole hanno dato gioia, perché così si esprimeva il cuore dell’altro. E così siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli. E, per dire la verità, se cerco di immaginare un po’ come sarà in Paradiso, mi sembra sempre il tempo della mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare «a casa», andando verso l’«altra parte del mondo».

2. SERGE RAZAFINBONY E FARA ANDRIANOMBONANA (Coppia di fidanzati dal Madagascar):

SERGE: Santità, siamo Fara e Serge, e veniamo dal Madagascar.

Ci siamo conosciuti a Firenze dove stiamo studiando, io ingegneria e lei economia. Siamo fidanzati da quattro anni e non appena laureati sogniamo di tornare nel nostro Paese per dare una mano alla nostra gente, anche attraverso la nostra professione.

FARA: I modelli famigliari che dominano l’Occidente non ci convincono, ma siamo consci che anche molti tradizionalismi della nostra Africa vadano in qualche modo superati. Ci sentiamo fatti l’uno per l’altro; per questo vogliamo sposarci e costruire un futuro insieme. Vogliamo anche che ogni aspetto della nostra vita sia orientato dai valori del Vangelo.

Ma parlando di matrimonio, Santità, c’è una parola che più d’ogni altra ci attrae e allo stesso tempo ci spaventa: il «per sempre»…

SANTO PADRE: Cari amici, grazie per questa testimonianza. La mia preghiera vi accompagna in questo cammino di fidanzamento e spero che possiate creare, con i valori del Vangelo, una famiglia «per sempre». Lei ha accennato a diversi tipi di matrimonio: conosciamo il «mariage coutumier» dell’Africa e il matrimonio occidentale. Anche in Europa, per dire la verità, fino all’Ottocento, c’era un altro modello di matrimonio dominante, come adesso: spesso il matrimonio era in realtà un contratto tra clan, dove si cercava di conservare il clan, di aprire il futuro, di difendere le proprietà, eccetera. Si cercava l’uno per l’altro da parte del clan, sperando che fossero adatti l’uno all’altro. Così era in parte anche nei nostri paesi. Io mi ricordo che in un piccolo paese, nel quale sono andato a scuola, era in gran parte ancora così. Ma poi, dall’Ottocento, segue l’emancipazione dell’individuo, la libertà della persona, e il matrimonio non è più basato sulla volontà di altri, ma sulla propria scelta; precede l’innamoramento, diventa poi fidanzamento e quindi matrimonio. In quel tempo tutti eravamo convinti che questo fosse l’unico modello giusto e che l’amore di per sé garantisse il «sempre», perché l’amore è assoluto, vuole tutto e quindi anche la totalità del tempo: è «per sempre». Purtroppo, la realtà non era così: si vede che l’innamoramento è bello, ma forse non sempre perpetuo, così come è il sentimento: non rimane per sempre. Quindi, si vede che il passaggio dall’innamoramento al fidanzamento e poi al matrimonio esige diverse decisioni, esperienze interiori. Come ho detto, è bello questo sentimento dell’amore, ma deve essere purificato, deve andare in un cammino di discernimento, cioè devono entrare anche la ragione e la volontà; devono unirsi ragione, sentimento e volontà. Nel Rito del Matrimonio, la Chiesa non dice: «Sei innamorato?», ma «Vuoi», «Sei deciso». Cioè: l’innamoramento deve divenire vero amore coinvolgendo la volontà e la ragione in un cammino, che è quello del fidanzamento, di purificazione, di più grande profondità, così che realmente tutto l’uomo, con tutte le sue capacità, con il discernimento della ragione, la forza di volontà, dice: «Sì, questa è la mia vita». Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare. E qui è importante anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici. Questo, tutta la personalizzazione giusta, la comunione di vita con altri, con famiglie che si appoggiano l’una all’altra, è molto importante e solo così, in questo coinvolgimento della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre. Auguri a voi!

3. FAMIGLIA PALEOLOGOS (Famiglia greca)

NIKOS: Kalispera! Siamo la famiglia Paleologos. Veniamo da Atene. Mi chiamo Nikos e lei è mia moglie Pania. E loro sono i nostri due figli, Pavlos e Lydia.

Anni fa con altri due soci, investendo tutto ciò che avevamo, abbiamo avviato una piccola società di informatica.

Al sopravvenire dell’attuale durissima crisi economica, i clienti sono drasticamente diminuiti e quelli rimasti dilazionano sempre più i pagamenti. Riusciamo a malapena a pagare gli stipendi dei due dipendenti, e a noi soci rimane pochissimo: così che, per mantenere le nostre famiglie, ogni giorno che passa resta sempre meno. La nostra situazione è una tra le tante, fra milioni di altre. In città la gente gira a testa bassa; nessuno ha più fiducia di  nessuno, manca la speranza.

PANIA: Anche noi, pur continuando a credere nella provvidenza, facciamo fatica a pensare ad un futuro per i nostri figli.

Ci sono giorni e notti, Santo Padre, nei quali viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza. Cosa può dire la Chiesa a tutta questa gente, a queste persone e famiglie senza più prospettive?

SANTO PADRE: Cari amici, grazie per questa testimonianza che ha colpito il mio cuore e il cuore di noi tutti. Che cosa possiamo rispondere? Le parole sono insufficienti. Dovremmo fare qualcosa di concreto e tutti soffriamo del fatto che siamo incapaci di fare qualcosa di concreto. Parliamo prima della politica: mi sembra che dovrebbe crescere il senso della responsabilità in tutti i partiti, che non promettano cose che non possono realizzare, che non cerchino solo voti per sé, ma siano responsabili per il bene di tutti e che si capisca che politica è sempre anche responsabilità umana, morale davanti a Dio e agli uomini. Poi, naturalmente, i singoli soffrono e devono accettare, spesso senza possibilità di difendersi, la situazione com’è. Tuttavia, possiamo anche qui dire: cerchiamo che ognuno faccia il suo possibile, pensi a sé, alla famiglia, agli altri, con grande senso di responsabilità, sapendo che i sacrifici sono necessari per andare avanti. Terzo punto: che cosa possiamo fare noi? Questa è la mia questione, in questo momento. Io penso che forse gemellaggi tra città, tra famiglie, tra parrocchie, potrebbero aiutare. Noi abbiamo in Europa, adesso, una rete di gemellaggi, ma sono scambi culturali, certo molto buoni e molto utili, ma forse ci vogliono gemellaggi in altro senso: che realmente una famiglia dell’Occidente, dell’Italia, della Germania, della Francia… assuma la responsabilità di aiutare un’altra famiglia. Così anche le parrocchie, le città: che realmente assumano responsabilità, aiutino in senso concreto. E siate sicuri: io e tanti altri preghiamo per voi, e questo pregare non è solo dire parole, ma apre il cuore a Dio e così crea anche creatività nel trovare soluzioni. Speriamo che il Signore ci aiuti, che il Signore vi aiuti sempre! Grazie.

4. FAMIGLIA RERRIE (Famiglia statunitense)

JAY: Viviamo vicino a New York.

Mi chiamo Jay, sono di origine giamaicana e faccio il contabile.

Lei è mia moglie Anna ed è insegnante di sostegno.

E questi sono i nostri sei figli, che hanno dai 2 ai 12 anni. Da qui può ben immaginare, Santità, che la nostra vita, è fatta di perenni corse contro il tempo, di affanni, di incastri molto complicati…

Anche da noi, negli Stati Uniti, una delle priorità assolute è mantenere il posto di lavoro, e per farlo non bisogna badare agli orari,  e spesso a rimetterci sono proprio le relazioni famigliari.

ANNA: Certo non sempre è facile… L’impressione, Santità, è che le istituzioni e le imprese non facilitano la conciliazione dei tempi di lavoro coi tempi della famiglia.

Santità, immaginiamo che anche per lei non sia facile conciliare i suoi infiniti impegni con il riposo.

Ha qualche consiglio per aiutarci a ritrovare questa necessaria armonia? Nel vortice di tanti stimoli imposti dalla società contemporanea, come aiutare le famiglie a vivere la festa secondo il cuore di Dio?

SANTO PADRE: Grande questione, e penso di capire questo dilemma tra due priorità: la priorità del posto di lavoro è fondamentale, e la priorità della famiglia. E come riconciliare le due priorità. Posso solo cercare di dare qualche consiglio. Il primo punto: ci sono imprese che permettono quasi qualche extra per le famiglie – il giorno del compleanno, eccetera – e vedono che concedere un po’ di libertà, alla fine va bene anche per l’impresa, perché rafforza l’amore per il lavoro, per il posto di lavoro. Quindi, vorrei qui invitare i datori di lavoro a pensare alla famiglia, a pensare anche ad aiutare affinché le due priorità possano essere conciliate. Secondo punto: mi sembra che si debba naturalmente cercare una certa creatività, e questo non è sempre facile. Ma almeno, ogni giorno portare qualche elemento di gioia nella famiglia, di attenzione, qualche rinuncia alla propria volontà per essere insieme famiglia, e di accettare e superare le notti, le oscurità delle quali si è parlato anche prima, e pensare a questo grande bene che è la famiglia e così, anche nella grande premura di dare qualcosa di buono ogni giorno, trovare una riconciliazione delle due priorità. E finalmente, c’è la domenica, la festa: spero che sia osservata in America, la domenica. E quindi, mi sembra molto importante la domenica, giorno del Signore e, proprio in quanto tale, anche “giorno dell’uomo”, perché siamo liberi. Questa era, nel racconto della Creazione, l’intenzione originale del Creatore: che un giorno tutti siano liberi. In questa libertà dell’uno per l’altro, per se stessi, si è liberi per Dio. E così penso che difendiamo la libertà dell’uomo, difendendo la domenica e le feste come giorni di Dio e così giorni per l’uomo. Auguri a voi! Grazie.

5. FAMIGLIA ARAUJO (Famiglia brasiliana di Porto Alegre)

MARIA MARTA: Santità, come nel resto del mondo, anche nel nostro Brasile i fallimenti matrimoniali continuano ad aumentare.

Mi chiamo Maria Marta, lui è Manoel Angelo. Siamo sposati da 34 anni e siamo già nonni. In qualità di medico e psicoterapeuta familiare incontriamo tante famiglie, notando nei conflitti di coppia una più marcata difficoltà a perdonare e ad accettare il perdono, ma in diversi casi abbiamo riscontrato il desiderio e la volontà di costruire una nuova unione, qualcosa di duraturo, anche per i figli che nascono dalla nuova unione.

MANOEL ANGELO: Alcune di queste coppie di risposati vorrebbero riavvicinarsi alla Chiesa, ma quando si vedono rifiutare i Sacramenti la loro delusione è grande. Si sentono esclusi, marchiati da un giudizio inappellabile.

Queste grandi sofferenze feriscono nel profondo chi ne è coinvolto; lacerazioni che divengono anche parte del mondo, e sono ferite anche nostre, dell’umanità tutta.

Santo Padre, sappiamo che queste situazioni e che queste persone stanno molto a cuore alla Chiesa: quali parole e quali segni di speranza possiamo dare loro?

SANTO PADRE: Cari amici, grazie per il vostro lavoro di psicoterapeuti per le famiglie, molto necessario. Grazie per tutto quello che fate per aiutare queste persone sofferenti. In realtà, questo problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. E non abbiamo semplici ricette. La sofferenza è grande e possiamo solo aiutare le parrocchie, i singoli ad aiutare queste persone a sopportare la sofferenza di questo divorzio. Io direi che molto importante sarebbe, naturalmente, la prevenzione, cioè approfondire fin dall’inizio l’innamoramento in una decisione profonda, maturata; inoltre, l’accompagnamento durante il matrimonio, affinché le famiglie non siano mai sole ma siano realmente accompagnate nel loro cammino. E poi, quanto a queste persone, dobbiamo dire – come lei ha detto – che la Chiesa le ama, ma esse devono vedere e sentire questo amore. Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica, di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono «fuori» anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia: devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa. Forse, se non è possibile l’assoluzione nella Confessione, tuttavia un contatto permanente con un sacerdote, con una guida dell’anima, è molto importante perché possano vedere che sono accompagnati, guidati. Poi è anche molto importante che sentano che l’Eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo. E far capire questo è importante. Che realmente trovino la possibilità di vivere una vita di fede, con la Parola di Dio, con la comunione della Chiesa e possano vedere che la loro sofferenza è un dono per la Chiesa, perché servono così a tutti anche per difendere la stabilità dell’amore, del Matrimonio; e che questa sofferenza non è solo un tormento fisico e psichico, ma è anche un soffrire nella comunità della Chiesa per i grandi valori della nostra fede. Penso che la loro sofferenza, se realmente interiormente accettata, sia un dono per la Chiesa. Devono saperlo, che proprio così servono la Chiesa, sono nel cuore della Chiesa. Grazie per il vostro impegno.

SALUTO AI TERREMOTATI DELL’EMILIA

La festa delle famiglie del mondo non ha dimenticato il dramma delle persone colpite in questi giorni dal terremoto in Emilia. Nel corso del collegamento video con i bambini radunati davanti alla tendopoli di San Felice sul Panaro, il Papa ha rivolto loro questo saluto:

SANTO PADRE: Cari amici, voi sapete che noi sentiamo profondamente il vostro dolore, la vostra sofferenza; e, soprattutto, io prego ogni giorno che finalmente finisca questo terremoto. Noi tutti vogliamo collaborare per aiutarvi: siate sicuri che non vi dimentichiamo, che facciamo ognuno il possibile per aiutarvi – la Caritas, tutte le organizzazioni della Chiesa, lo Stato, le diverse comunità – ognuno di noi vuole aiutarvi, sia spiritualmente nella nostra preghiera, nella nostra vicinanza di cuore, sia materialmente e prego insistentemente per voi. Dio vi aiuti, ci aiuti tutti!

 

VISITA PASTORALE ALL’ARCIDIOCESI DI MILANO
E VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
(1-3 GIUGNO 2012)

INCONTRO CON LE AUTORITÀ

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Sala del Trono dell’Arcivescovado di Milano
Sabato, 2 giugno 2012

 

Illustri Signori!

Vi sono sinceramente grato per questo incontro, che rivela i vostri sentimenti di rispetto e di stima verso la Sede Apostolica e, in pari tempo, consente a me, in qualità di Pastore della Chiesa Universale, di esprimere a voi apprezzamento per l’opera solerte e benemerita che non cessate di promuovere per un sempre maggiore benessere civile, sociale ed economico delle laboriose popolazioni milanesi e lombarde. Grazie al Cardinale Angelo Scola che ha introdotto questo momento. Nel rivolgere il mio deferente e cordiale saluto a voi, il mio pensiero corre a colui che è stato vostro illustre predecessore, sant’Ambrogio, governatore – consularis – delle province della Liguria e dell’Aemilia, con sede nella città imperiale di Milano, luogo di transito e di riferimento – diremmo oggi – europeo. Prima di essere eletto, in modo inaspettato e assolutamente contro il suo volere perché si sentiva impreparato, Vescovo di Mediolanum, egli ne era stato il responsabile dell’ordine pubblico e vi aveva amministrato la giustizia. Mi sembrano significative le parole con cui il prefetto Probo lo invitò come consularis a Milano; gli disse, infatti: «Va’ e amministra non come un giudice, ma come un vescovo». Ed egli fu effettivamente un governatore equilibrato e illuminato che seppe affrontare con saggezza, buon senso e autorevolezza le questioni, sapendo superare contrasti e ricomporre divisioni. Vorrei proprio soffermarmi brevemente su alcuni principi, che egli seguiva e che sono tuttora preziosi per quanti sono chiamati a reggere la cosa pubblica.

Nel suo commento al Vangelo di Luca, sant’Ambrogio ricorda che «l’istituzione del potere deriva così bene da Dio, che colui che lo esercita è lui stesso ministro di Dio» (Expositio Evangelii secundum Lucam, IV, 29). Tali parole potrebbero sembrare strane agli uomini del terzo millennio, eppure esse indicano chiaramente una verità centrale sulla persona umana, che è solido fondamento della convivenza sociale: nessun potere dell’uomo può considerarsi divino, quindi nessun uomo è padrone di un altro uomo. Ambrogio lo ricorderà coraggiosamente all’imperatore scrivendogli: «Anche tu, o augusto imperatore, sei un uomo» (Epistula 51,11).

Un altro elemento possiamo ricavare dall’insegnamento di sant’Ambrogio. La prima qualità di chi governa è la giustizia, virtù pubblica per eccellenza, perché riguarda il bene della comunità intera. Eppure essa non basta. Ambrogio le accompagna un’altra qualità: l’amore per la libertà, che egli considera elemento discriminante tra i governanti buoni e quelli cattivi, poiché, come si legge in un’altra sua lettera, «i buoni amano la libertà, i reprobi amano la servitù» (Epistula 40, 2). La libertà non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire. Tuttavia, libertà non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno. Si trova qui uno dei principali elementi della laicità dello Stato: assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti.

D’altra parte, nella misura in cui viene superata la concezione di uno Stato confessionale, appare chiaro, in ogni caso, che le sue leggi debbono trovare giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana, superando una concezione meramente positivista dalla quale non possono derivare indicazioni che siano, in qualche modo, di carattere etico (cfr Discorso al Parlamento Tedesco, 22 settembre 2011). Lo Stato è a servizio e a tutela della persona e del suo «ben essere» nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione. Ognuno può allora vedere come la legislazione e l’opera delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, e altresì riconoscere il diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell’intera società.

In questo esistere dello Stato per i cittadini, appare preziosa una costruttiva collaborazione con la Chiesa, senza dubbio non per una confusione delle finalità e dei ruoli diversi e distinti del potere civile e della stessa Chiesa, ma per l’apporto che questa ha offerto e tuttora può offrire alla società con la sua esperienza, la sua dottrina, la sua tradizione, le sue istituzioni e le sue opere con cui si è posta al servizio del popolo. Basti pensare alla splendida schiera dei Santi della carità, della scuola e della cultura, della cura degli infermi ed emarginati, serviti e amati come si serve e si ama il Signore. Questa tradizione continua a dare frutti: l’operosità dei cristiani lombardi in tali ambiti è assai viva e forse ancora più significativa che in passato. Le comunità cristiane promuovono queste azioni non tanto per supplenza, ma piuttosto come gratuita sovrabbondanza della carità di Cristo e dell’esperienza totalizzante della loro fede. Il tempo di crisi che stiamo attraversando ha bisogno, oltre che di coraggiose scelte tecnico-politiche, di gratuità, come ho avuto modo di ricordare: «La “città dell’uomo” non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione» (Enc. Caritas in veritate, 6).

Possiamo raccogliere un ultimo prezioso invito da sant’Ambrogio, la cui figura solenne e ammonitrice è intessuta nel gonfalone della Città di Milano. A quanti vogliono collaborare al governo e all’amministrazione pubblica, sant’Ambrogio richiede che si facciano amare. Nell’opera De officiis egli afferma: «Quello che fa l’amore, non potrà mai farlo la paura. Niente è così utile come farsi amare» (II, 29). D’altra parte, la ragione che, a sua volta, muove e stimola la vostra operosa e laboriosa presenza nei vari ambiti della vita pubblica non può che essere la volontà di dedicarvi al bene dei cittadini, e quindi una chiara espressione e un evidente segno di amore. Così, la politica è profondamente nobilitata, diventando una elevata forma di carità.

Illustri Signori! Accogliete queste mie semplici considerazioni come segno della mia profonda stima per le istituzioni che servite e per la vostra importante opera. Vi assista, in questo vostro compito, la continua protezione del Cielo, della quale vuole essere pegno ed auspicio la Benedizione Apostolica che imparto a voi, ai vostri collaboratori e alle vostre famiglie. Grazie.

VISITA PASTORALE ALL’ARCIDIOCESI DI MILANO
E VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
(1-3 GIUGNO 2012)

INCONTRO CON I CRESIMANDI

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Stadio “Meazza”, San Siro
Sabato, 2 giugno 2012

[Video]

 

Cari ragazzi e ragazze!

E’ una grande gioia per me potervi incontrare durante la mia visita alla vostra Città. In questo famoso stadio di calcio, oggi i protagonisti siete voi! Saluto il vostro Arcivescovo, il Cardinale Angelo Scola, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto. Grazie anche a Don Samuele Marelli. Saluto il vostro amico che, a nome di tutti voi, mi ha rivolto il benvenuto. Sono lieto di salutare i Vicari episcopali che, a nome dell’Arcivescovo, vi hanno amministrato o amministreranno la Cresima. Un grazie particolare alla Fondazione Oratori Milanesi che ha organizzato questo incontro, ai vostri sacerdoti, a tutti i catechisti, agli educatori, ai padrini e alle madrine, e a quanti nelle singole comunità parrocchiali si sono fatti vostri compagni di viaggio e vi hanno testimoniato la fede in Gesù morto e risorto, e vivo.

Voi, cari ragazzi, vi state preparando a ricevere il Sacramento della Cresima, oppure l’avete ricevuto da poco. So che avete compiuto un bel percorso formativo, chiamato quest’anno «Lo spettacolo dello Spirito». Aiutati da questo itinerario, con diverse tappe, avete imparato a riconoscere le cose stupende che lo Spirito Santo ha fatto e fa nella vostra vita e in tutti coloro che dicono «sì» al Vangelo di Gesù Cristo. Avete scoperto il grande valore del Battesimo, il primo dei Sacramenti, la porta d’ingresso alla vita cristiana. Voi lo avete ricevuto grazie ai vostri genitori, che insieme ai padrini, a nome vostro hanno professato il Credo e si sono impegnati a educarvi nella fede. Questa è stata per voi – come anche per me, tanto tempo fa! – una grazia immensa. Da quel momento, rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, siete entrati a far parte della famiglia dei figli di Dio, siete diventati cristiani, membri della Chiesa.

Ora siete cresciuti, e potete voi stessi dire il vostro personale «sì» a Dio, un «sì» libero e consapevole. Il sacramento della Cresima conferma il Battesimo ed effonde su di voi con abbondanza lo Spirito Santo. Voi stessi ora, pieni di gratitudine, avete la possibilità di accogliere i suoi grandi doni che vi aiutano, nel cammino della vita, a diventare testimoni fedeli e coraggiosi di Gesù. I doni dello Spirito sono realtà stupende, che vi permettono di formarvi come cristiani, di vivere il Vangelo e di essere membri attivi della comunità. Ricordo brevemente questi doni, dei quali già ci parla il profeta Isaia e poi Gesù:

– il primo dono è la sapienza, che vi fa scoprire quanto è buono e grande il Signore e, come dice la parola, rende la vostra vita piena di sapore, perché siate, come diceva Gesù, «sale della terra»;

– poi il dono dell’intelletto, così che possiate comprendere in profondità la Parola di Dio e la verità della fede;

– quindi il dono del consiglio, che vi guiderà alla scoperta del progetto di Dio sulla vostra vita, vita di ognuno di voi;

– il dono della fortezza, per vincere le tentazioni del male e fare sempre il bene, anche quando costa sacrificio;

– viene poi il dono della scienza, non scienza nel senso tecnico, come è insegnata all’Università, ma scienza nel senso più profondo che insegna a trovare nel creato i segni le impronte di Dio, a capire come Dio parla in ogni tempo e parla a me, e ad animare con il Vangelo il lavoro di ogni giorno; capire che c’è una profondità e capire questa profondità e così dare sapore al lavoro, anche quello difficile;

– un altro dono è quello della pietà, che tiene viva nel cuore la fiamma dell’amore per il nostro Padre che è nei cieli, in modo da pregarLo ogni giorno con fiducia e tenerezza di figli amati; di non dimenticare la realtà fondamentale del mondo e della mia vita: che c’è Dio e che Dio mi conosce e aspetta la mia risposta al suo progetto;

– il settimo e ultimo dono è il timore di Dio – abbiamo parlato prima della paura -; timore di Dio non indica paura, ma sentire per Lui un profondo rispetto, il rispetto della volontà di Dio che è il vero disegno della mia vita ed è la strada attraverso la quale la vita personale e comunitaria può essere buona; e oggi, con tutte le crisi che vi sono nel mondo, vediamo come sia importante che ognuno rispetti questa volontà di Dio impressa nei nostri cuori e secondo la quale dobbiamo vivere; e così questo timore di Dio è desiderio di fare il bene, di fare la verità, di fare la volontà di Dio.

Cari ragazzi e ragazze, tutta la vita cristiana è un cammino, è come percorrere un sentiero che sale su un monte – quindi non è sempre facile, ma salire su un monte è una cosa bellissima – in compagnia di Gesù; con questi doni preziosi la vostra amicizia con Lui diventerà ancora più vera e più stretta. Essa si alimenta continuamente con il sacramento dell’Eucaristia, nel quale riceviamo il suo Corpo e il suo Sangue. Per questo vi invito a partecipare sempre con gioia e fedeltà alla Messa domenicale, quando tutta la comunità si riunisce insieme a pregare, ad ascoltare la Parola di Dio e prendere parte al Sacrificio eucaristico. E accostatevi anche al Sacramento della Penitenza, alla Confessione: è un’incontro con Gesù che perdona i nostri peccati e ci aiuta a compiere il bene; ricevere il dono, ricominciare di nuovo è un grande dono nella vita, sapere che sono libero, che posso ricominciare, che tutto è perdonato. Non manchi poi la vostra preghiera personale di ogni giorno. Imparate a dialogare con il Signore, confidatevi con Lui, ditegli le gioie e le preoccupazioni, e chiedete luce e sostegno per il vostro cammino.

Cari amici, voi siete fortunati perché nelle vostre parrocchie ci sono gli oratori, un grande dono della Diocesi di Milano. L’oratorio, come dice la parola, è un luogo dove si prega, ma anche dove si sta insieme nella gioia della fede, si fa catechesi, si gioca, si organizzano attività di servizio e di altro genere, si impara a vivere, direi. Siate frequentatori assidui del vostro oratorio, per maturare sempre più nella conoscenza e nella sequela del Signore! Questi sette doni dello Spirito Santo crescono proprio in questa comunità dove si esercita la vita nella verità, con Dio. In famiglia, siate obbedienti ai genitori, ascoltate le indicazioni che vi danno, per crescere come Gesù «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,51-52). Infine, non siate pigri, ma ragazzi e giovani impegnati, in particolare nello studio, in vista della vita futura: è il vostro dovere quotidiano e una grande opportunità che avete per crescere e per preparare il futuro. Siate disponibili e generosi verso gli altri, vincendo la tentazione di mettere al centro voi stessi, perché l’egoismo è nemico della vera gioia. Se gustate adesso la bellezza di far parte della comunità di Gesù, potrete anche voi dare il vostro contributo per farla crescere e saprete invitare gli altri a farne parte. Permettetemi anche di dirvi che il Signore ogni giorno, anche oggi, qui, vi chiama a cose grandi. Siate aperti a quello che vi suggerisce e se vi chiama a seguirlo sulla via del sacerdozio o della vita consacrata, non ditegli di no! Sarebbe una pigrizia sbagliata! Gesù vi riempirà il cuore per tutta la vita!

Cari ragazzi, care ragazze, vi dico con forza: tendete ad alti ideali: tutti possono arrivare ad una alta misura, non solo alcuni! Siate santi! Ma è possibile essere santi alla vostra età? Vi rispondo: certamente! Lo dice anche sant’Ambrogio, grande Santo della vostra Città, in una sua opera, dove scrive: «Ogni età è matura per Cristo» (De virginitate, 40). E soprattutto lo dimostra la testimonianza di tanti Santi vostri coetanei, come Domenico Savio, o Maria Goretti. La santità è la via normale del cristiano: non è riservata a pochi eletti, ma è aperta a tutti. Naturalmente, con la luce e la forza dello Spirito Santo, che non ci mancherà se estendiamo le nostre mani e apriamo il nostro cuore! E con la guida di nostra Madre. Chi è nostra Madre? E’ la Madre di Gesù, Maria. A lei Gesù ci ha affidati tutti, prima di morire sulla croce. La Vergine Maria custodisca allora sempre la bellezza del vostro «sì» a Gesù, suo Figlio, il grande e fedele Amico della vostra vita. Così sia!

 

 

VISITA PASTORALE ALL’ARCIDIOCESI DI MILANO
E VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
(1-3 GIUGNO 2012)

CELEBRAZIONE DELL’ORA MEDIA CON CLERO,
SEMINARISTI E CONSACRATI

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Duomo di Milano
Sabato, 2 giugno 2012

 

Cari Fratelli e Sorelle!

Ci siamo raccolti in preghiera, rispondendo all’invito dell’Inno ambrosiano dell’Ora Terza: «E’ l’ora terza. Gesù Signore sale ingiuriato la croce». E’ un chiaro riferimento all’amorosa obbedienza di Gesù alla volontà del Padre. Il mistero pasquale ha dato principio a un tempo nuovo: la morte e risurrezione di Cristo ricrea l’innocenza nell’umanità e vi fa scaturire la gioia. Prosegue, infatti, l’inno: «Di qui inizia l’epoca della salvezza di Cristo – Hinc iam beata tempora coepere Christi gratia». Ci siamo radunati nella Basilica Cattedrale, in questo Duomo che è veramente il cuore di Milano. Da qui il pensiero si estende alla vastissima Arcidiocesi ambrosiana, che nei secoli ed anche in tempi recenti ha dato alla Chiesa uomini insigni nella santità della vita e nel ministero, come sant’Ambrogio e san Carlo, e alcuni Pontefici di non comune statura, come Pio XI e il Servo di Dio Paolo VI, e i Beati Cardinali Andrea Carlo Ferrari e Alfredo Ildefonso Schuster.

Sono molto lieto di sostare un poco con voi! Rivolgo un affettuoso pensiero di saluto a tutti e a ciascuno in particolare, e vorrei farlo arrivare in modo speciale a quelli che sono malati o molto anziani. Saluto con viva cordialità il vostro Arcivescovo, il Cardinale Angelo Scola, e lo ringrazio per le sue amabili parole; saluto con affetto i vostri Pastori emeriti, i Cardinali Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi, con gli altri Cardinali e Vescovi presenti.

In questo momento viviamo il mistero della Chiesa nella sua espressione più alta, quella della preghiera liturgica. Le nostre labbra, i nostri cuori e le nostre menti, nella preghiera ecclesiale, si fanno interpreti delle necessità e degli aneliti dell’intera umanità. Con le parole del Salmo 118 abbiamo supplicato il Signore a nome di tutti gli uomini: «Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti … Venga a me, Signore, la tua grazia». La preghiera quotidiana della Liturgia delle Ore costituisce un compito essenziale del ministero ordinato nella Chiesa. Anche attraverso l’Ufficio divino, che prolunga nella giornata il mistero centrale dell’Eucaristia, i presbiteri sono in modo particolare uniti al Signore Gesù, vivo e operante nel tempo. Il Sacerdozio: quale dono prezioso! Voi cari Seminaristi che vi preparate a riceverlo imparate a gustarlo fin da ora e vivete con impegno il tempo prezioso nel Seminario! L’Arcivescovo Montini, durante le Ordinazioni del 1958 così diceva proprio in questo Duomo: «Comincia la vita  sacerdotale: un poema, un dramma, un mistero nuovo … fonte di perpetua meditazione …sempre oggetto di scoperta e di meraviglia; [il Sacerdozio] – disse – è sempre novità e bellezza per chi vi dedica amoroso pensiero … è riconoscimento dell’opera di Dio in noi» (Omelia per l’Ordinazione di 46 Sacerdoti, 21 giugno 1958).

Se Cristo, per edificare la sua Chiesa, si consegna nelle mani del sacerdote, questi a sua volta si deve affidare a Lui senza riserva: l’amore per il Signore Gesù è l’anima e la ragione del ministero sacerdotale, come fu premessa perché Egli assegnasse a Pietro la missione di pascere il proprio gregge: «Simone …, mi ami più di costoro? … Pasci i miei agnelli (Gv 21,15)». Il Concilio Vaticano II ha ricordato che Cristo «rimane sempre il principio e la fonte della unità di vita dei presbiteri. Per raggiungerla, essi dovranno perciò unirsi a Lui nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge loro affidato. Così, rappresentando il Buon Pastore, nell’esercizio stesso della carità pastorale troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà l’unità nella loro vita e attività» (Decr. Presbyterorum Ordinis, 14). Proprio su questa questione si è espresso: nelle occupazioni diverse, da ora ad ora, come trovare l’unità della vita, l’unità dell’essere sacerdote proprio da questa fonte dell’amicizia profonda con Gesù, dell’interiore essere insieme con Lui. Non c’è opposizione tra il bene della persona del sacerdote e la sua missione; anzi, la carità pastorale è elemento unificante di vita che parte da un rapporto sempre più intimo con Cristo nella preghiera per vivere il dono totale di se stessi per il gregge, in modo che il Popolo di Dio cresca nella comunione con Dio e sia manifestazione della comunione della Santissima Trinità. Ogni nostra azione, infatti, ha come scopo condurre i fedeli all’unione con il Signore e a fare così crescere la comunione ecclesiale per la salvezza del mondo. Le tre cose: unione personale con Dio, bene della Chiesa, bene dell’umanità nella sua totalità, non sono cose distinte od opposte, ma una sinfonia della fede vissuta.

Segno luminoso di questa carità pastorale e di un cuore indiviso sono il celibato sacerdotale e la verginità consacrata. Abbiamo cantato nell’Inno di sant’Ambrogio: «Se in te nasce il Figlio di Dio, conservi la vita incolpevole». «Accogliere Cristo – Christum suscipere» è un motivo che torna spesso nella predicazione del Santo Vescovo di Milano; cito un passo del suo Commento a san Luca: «Chi accoglie Cristo nell’intimo della sua casa viene saziato delle gioie più grandi» (Expos. Evangelii sec. Lucam, V, 16). Il Signore Gesù è stato la sua grande attrattiva, l’argomento principale della sua riflessione e predicazione, e soprattutto il termine di un amore vivo e confidente. Senza dubbio, l’amore per Gesù vale per tutti i cristiani, ma acquista un significato singolare per il sacerdote celibe e per chi ha risposto alla vocazione alla vita consacrata: solo e sempre in Cristo si trova la sorgente e il modello per ripetere quotidianamente il «sì» alla volontà di Dio. «Con quali legami Cristo è trattenuto?» – si chiedeva sant’Ambrogio, che con intensità sorprendente predicò e coltivò la verginità nella Chiesa, promuovendo anche la dignità della donna. Al quesito citato rispondeva: «Non con i nodi di corde, ma con i vincoli dell’amore e con l’affetto dell’anima» (De virginitate, 13, 77). E proprio in un celebre sermone alle vergini egli disse: «Cristo è tutto per noi: se desideri risanare le tue ferite, egli è medico; se sei angustiato dall’arsura della febbre, egli è fonte; se ti trovi oppresso dalla colpa, egli è giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è potenza; se hai paura della morte, egli è vita; se desideri il paradiso, egli è via; se rifuggi le tenebre, egli è luce; se sei in cerca di cibo, egli è nutrimento» (Ibid., 16, 99).

Cari Fratelli e Sorelle consacrati, vi ringrazio per la vostra testimonianza e vi incoraggio: guardate al futuro con fiducia, contando sulla fedeltà di Dio, che non mancherà mai, e la potenza della sua grazia, capace di operare sempre nuove meraviglie, anche in noi e con noi. Le antifone della salmodia di questo sabato ci hanno condotto a contemplare il mistero della Vergine Maria. In essa possiamo, infatti, riconoscere il «genere di vita verginale e povera che Cristo Signore si scelse per sé e che la Vergine Madre sua abbracciò» (Lumen gentium, 46), una vita in piena obbedienza alla volontà di Dio.

Ancora l’Inno ci ha richiamato le parole di Gesù sulla croce: «Dalla gloria del suo patibolo, Gesù parla alla Vergine: “Ecco tuo figlio, o donna”; “Giovanni, ecco tua madre”». Maria, Madre di Cristo, estende e prolunga anche in noi la sua divina maternità, affinché il ministero della Parola e dei Sacramenti, la vita di contemplazione e l’attività apostolica nelle molteplici forme perseverino, senza stanchezza e con coraggio, a servizio di Dio e a edificazione della sua Chiesa.

In questo momento, mi è caro rendere grazie a Dio per le schiere di sacerdoti ambrosiani, di religiosi e religiose che hanno speso le loro energie al servizio del Vangelo, giungendo talvolta fino al supremo sacrificio della vita. Alcuni di essi sono stati proposti al culto e all’imitazione dei fedeli anche in tempi recenti: i Beati sacerdoti Luigi Talamoni, Luigi Biraghi, Luigi Monza, Carlo Gnocchi, Serafino Morazzone; i Beati religiosi Giovanni Mazzucconi, Luigi Monti e Clemente Vismara, e le religiose Maria Anna Sala ed Enrichetta Alfieri. Per la loro comune intercessione chiediamo fiduciosi al Datore di ogni dono di rendere sempre fecondo il ministero dei sacerdoti, di rafforzare la testimonianza delle persone consacrate, per mostrare al mondo la bellezza della donazione a Cristo e alla Chiesa, e di rinnovare le famiglie cristiane secondo il disegno di Dio, perché siano luoghi di grazia e di santità, terreno fertile per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Amen. Grazie.

 

VISITA PASTORALE ALL’ARCIDIOCESI DI MILANO E VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE (1-3 GIUGNO 2012)

CONCERTO IN ONORE DEL SANTO PADRE E DELLE DELEGAZIONI UFFICIALI DELL’INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Teatro alla Scala di MilanoVenerdì, 1° giugno 2012

 

Signori Cardinali,Illustri Autorità,Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,Care Delegazioni del VII Incontro Mondiale delle Famiglie!

In questo luogo storico vorrei innanzitutto ricordare un evento: era l’11 maggio del 1946 e Arturo Toscanini alzò la bacchetta per dirigere un concerto memorabile nella Scala ricostruita dopo gli orrori della guerra. Narrano che il grande Maestro appena giunto qui a Milano si recò subito in questo Teatro e al centro della sala cominciò a battere le mani per provare se era stata mantenuta intatta la proverbiale acustica e sentendo che era perfetta esclamò: «E’ la Scala, è sempre la mia Scala!». In queste parole, «E’ la Scala!», è racchiuso il senso di questo luogo, tempio dell’Opera, punto di riferimento musicale e culturale non solo per Milano e per l’Italia, ma per tutto il mondo. E la Scala è legata a Milano in modo profondo, è una delle sue glorie più grandi e ho voluto ricordare quel maggio del 1946 perché la ricostruzione della Scala fu un segno di speranza per la ripresa della vita dell’intera Città dopo le distruzioni della Guerra. Per me allora è un onore essere qui con tutti voi e avere vissuto, con questo splendido concerto, un momento di elevazione dell’animo. Ringrazio il Sindaco, Avvocato Giuliano Pisapia, il Sovrintendente, Dott. Stéphane Lissner, anche per aver introdotto questa serata, ma soprattutto l’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala, i quattro  Solisti e il maestro Daniel Barenboim per l’intensa e coinvolgente interpretazione di uno dei capolavori assoluti della storia della musica. La gestazione della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven fu lunga e complessa, ma fin dalle celebri prime sedici battute del primo movimento, si crea un clima di attesa di qualcosa di grandioso e l’attesa non è delusa.

Beethoven pur seguendo sostanzialmente le forme e il linguaggio tradizionale della Sinfonia classica, fa percepire qualcosa di nuovo già dall’ampiezza senza precedenti di tutti i movimenti dell’opera, che si conferma con la parte finale introdotta da una terribile dissonanza, dalla quale si stacca il recitativo con le famose parole «O amici, non questi toni, intoniamone altri di più attraenti e gioiosi», parole che, in un certo senso, «voltano pagina» e introducono il tema principale dell’Inno alla Gioia. E’ una visione ideale di umanità quella che Beethoven disegna con la sua musica: «la gioia attiva nella fratellanza e nell’amore reciproco, sotto lo sguardo paterno di Dio» (Luigi Della Croce). Non è una gioia propriamente cristiana quella che Beethoven canta, è la gioia, però, della fraterna convivenza dei popoli, della vittoria sull’egoismo, ed è il desiderio che il cammino dell’umanità sia segnato dall’amore, quasi un invito che rivolge a tutti al di là di ogni barriera e convinzione.

Su questo concerto, che doveva essere una festa gioiosa in occasione di questo incontro di persone provenienti da quasi tutte le nazioni del mondo, vi è l’ombra del sisma che ha portato grande sofferenza su tanti abitanti del nostro Paese. Le parole riprese dall’Inno alla gioia di Schiller suonano come vuote per noi, anzi, sembrano non vere. Non proviamo affatto le scintille divine dell’Elisio. Non siamo ebbri di fuoco, ma piuttosto paralizzati dal dolore per così tanta e incomprensibile distruzione che è costata vite umane, che ha tolto casa e dimora a tanti. Anche l’ipotesi che sopra il cielo stellato deve abitare un buon padre, ci pare discutibile. Il buon padre è solo sopra il cielo stellato? La sua bontà non arriva giù fino a noi? Noi cerchiamo un Dio che non troneggia a distanza, ma entra nella nostra vita e nella nostra sofferenza.

In quest’ora, le parole di Beethoven, «Amici, non questi toni …», le vorremmo quasi riferire proprio a quelle di Schiller. Non questi toni. Non abbiamo bisogno di un discorso irreale di un Dio lontano e di una fratellanza non impegnativa. Siamo in cerca del Dio vicino. Cerchiamo una fraternità che, in mezzo alle sofferenze, sostiene l’altro e così aiuta ad andare avanti. Dopo questo concerto molti andranno all’adorazione eucaristica – al Dio che si è messo nelle nostre sofferenze e continua a farlo. Al Dio che soffre con noi e per noi e così ha reso gli uomini e le donne capaci di condividere la sofferenza dell’altro e di trasformarla in amore. Proprio a ciò ci sentiamo chiamati da questo concerto.

Grazie, allora, ancora una volta all’Orchestra e al Coro del Teatro alla Scala, ai Solisti e a quanti hanno reso possibile questo evento. Grazie al Maestro Daniel Barenboim anche perché con la scelta della Nona Sinfonia di Beethoven ci permette di lanciare un messaggio con la musica che affermi il valore fondamentale della solidarietà, della fraternità e della pace. E mi pare che questo messaggio sia prezioso anche per la famiglia, perché è in famiglia che si sperimenta per la prima volta come la persona umana non sia creata per vivere chiusa in se stessa, ma in relazione con gli altri; è in famiglia che si comprende come la realizzazione di sé non sta nel mettersi al centro, guidati dall’egoismo, ma nel donarsi; è in famiglia che si inizia ad accendere nel cuore la luce della pace perché illumini questo nostro mondo. E grazie a tutti voi per il momento che abbiamo vissuto assieme. Grazie di cuore!

 

VISITA PASTORALE ALL’ARCIDIOCESI DI MILANOE VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE(1-3 GIUGNO 2012)

INCONTRO CON LA CITTADINANZA

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazza Duomo, MilanoVenerdì, 1° giugno 2012

 

Signor Sindaco,Distinte Autorità,Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio,Cari fratelli e sorelle dell’Arcidiocesi di Milano!

Saluto cordialmente tutti voi qui convenuti così numerosi, come pure quanti seguono questo evento attraverso la radio e la televisione. Grazie per la vostra calorosa accoglienza! Ringrazio il Signor Sindaco per le cortesi espressioni di benvenuto che mi ha indirizzato a nome della comunità civica. Saluto con deferenza il Rappresentante del Governo, il Presidente della Regione, il Presidente della Provincia, nonché gli altri rappresentanti delle Istituzioni civili e militari, ed esprimo il mio apprezzamento per la collaborazione offerta per i diversi momenti di questa visita. E grazie a lei, Eminenza, per il cordiale saluto!

Sono molto lieto di essere oggi in mezzo a voi e ringrazio Dio, che mi offre l’opportunità di visitare la vostra illustre Città. Il mio primo incontro con i Milanesi avviene in questa Piazza del Duomo, cuore di Milano, dove sorge l’imponente monumento simbolo della Città. Con la sua selva di guglie esso invita a guardare in alto, a Dio. Proprio tale slancio verso il cielo ha sempre caratterizzato Milano e le ha permesso nel tempo di rispondere con frutto alla sua vocazione: essere un crocevia – Mediolanum – di popoli e di culture. La città ha così saputo coniugare sapientemente l’orgoglio per la propria identità con la capacità di accogliere ogni contributo positivo che, nel corso della storia, le veniva offerto. Ancora oggi, Milano è chiamata a riscoprire questo suo ruolo positivo, foriero di sviluppo e di pace per tutta l’Italia. Il mio «grazie» cordiale va, ancora una volta, al Pastore di questa Arcidiocesi, il Cardinale Angelo Scola, per l’accoglienza e le parole che mi ha rivolto a nome dell’intera Comunità diocesana; con lui saluto i Vescovi Ausiliari e chi lo ha preceduto su questa gloriosa e antica Cattedra, il Cardinale Dionigi Tettamanzi e il Cardinale Carlo Maria Martini.

Rivolgo un particolare saluto ai rappresentanti delle famiglie – provenienti da tutto il mondo – che partecipano al VII Incontro Mondiale. Un pensiero affettuoso indirizzo poi a quanti hanno bisogno di aiuto e di conforto, e sono afflitti da varie preoccupazioni: alle persone sole o in difficoltà, ai disoccupati, agli ammalati, ai carcerati, a quanti sono privi di una casa o dell’indispensabile per vivere una vita dignitosa. Non manchi a nessuno di questi nostri fratelli e sorelle l’interessamento solidale e costante della collettività. A tale proposito, mi compiaccio di quanto la Diocesi di Milano ha fatto e continua a fare per andare incontro concretamente alle necessità delle famiglie più colpite dalla crisi economico-finanziaria, e per essersi attivata subito, assieme all’intera Chiesa e società civile in Italia, per soccorrere le popolazioni terremotate dell’Emilia Romagna, che sono nel nostro cuore e nelle nostre preghiere e per le quali invito, ancora una volta, ad una generosa solidarietà.

Il VII Incontro Mondiale delle Famiglie mi offre la gradita occasione di visitare la vostra Città e di rinnovare i vincoli stretti e costanti che legano la comunità ambrosiana alla Chiesa di Roma e al Successore di Pietro. Come è noto, sant’Ambrogio proveniva da una famiglia romana e ha mantenuto sempre vivo il suo legame con la Città Eterna e con la Chiesa di Roma, manifestando ed elogiando il primato del Vescovo che la presiede. In Pietro – egli afferma – «c’è il fondamento della Chiesa e il magistero della disciplina» (De virginitate, 16, 105); e ancora la nota dichiarazione: «Dove c’è Pietro, là c’è la Chiesa» (Explanatio Psalmi 40, 30, 5). La saggezza pastorale e il magistero di Ambrogio sull’ortodossia della fede e sulla vita cristiana lasceranno un’impronta indelebile nella Chiesa universale e, in particolare, segneranno la Chiesa di Milano, che non ha mai cessato di coltivarne la memoria e di conservarne lo spirito. La Chiesa ambrosiana, custodendo le prerogative del suo rito e le espressioni proprie dell’unica fede, è chiamata a vivere in pienezza la cattolicità della Chiesa una, a testimoniarla e a contribuire ad arricchirla.

Il profondo senso ecclesiale e il sincero affetto di comunione con il Successore di Pietro, fanno parte della ricchezza e dell’identità della vostra Chiesa lungo tutto il suo cammino, e si manifestano in modo luminoso nelle figure dei grandi Pastori che l’hanno guidata. Anzitutto san Carlo Borromeo: figlio della vostra terra. Egli fu, come disse il Servo di Dio Paolo VI, «un plasmatore della coscienza e del costume del popolo» (Discorso ai Milanesi, 18 marzo 1968); e lo fu soprattutto con l’applicazione ampia, tenace e rigorosa delle riforme tridentine, con la creazione di istituzioni rinnovatrici, a cominciare dai Seminari, e con la sua sconfinata carità pastorale radicata in una profonda unione con Dio, accompagnata da una esemplare austerità di vita. Ma, insieme con i santi Ambrogio e Carlo, desidero ricordare altri eccellenti Pastori più vicini a noi, che hanno impreziosito con la santità e la dottrina la Chiesa di Milano: il beato Cardinale Andrea Carlo Ferrari, apostolo della catechesi e degli oratori e promotore del rinnovamento sociale in senso cristiano; il beato Alfredo Ildefonso Schuster, il «Cardinale della preghiera», Pastore infaticabile, fino alla consumazione totale di se stesso per i suoi fedeli. Inoltre, desidero ricordare due Arcivescovi di Milano che divennero Pontefici: Achille Ratti, Papa Pio XI; alla sua determinazione si deve la positiva conclusione della Questione Romana e la costituzione dello Stato della Città del Vaticano; e il Servo di Dio Giovanni Battista Montini, Paolo VI, buono e sapiente, che, con mano esperta, seppe guidare e portare ad esito felice il Concilio Vaticano II. Nella Chiesa ambrosiana sono maturati inoltre alcuni frutti spirituali particolarmente significativi per il nostro tempo. Tra tutti voglio oggi ricordare, proprio pensando alle famiglie, santa Gianna Beretta Molla, sposa e madre, donna impegnata nell’ambito ecclesiale e civile, che fece splendere la bellezza e la gioia della fede, della speranza e della carità.

Cari amici, la vostra storia è ricchissima di cultura e di fede. Tale ricchezza ha innervato l’arte, la musica, la letteratura, la cultura, l’industria, la politica, lo sport, le iniziative di solidarietà di Milano e dell’intera Arcidiocesi. Spetta ora a voi, eredi di un glorioso passato e di un patrimonio spirituale di inestimabile valore, impegnarvi per trasmettere alle future generazioni la fiaccola di una così luminosa tradizione. Voi ben sapete quanto sia urgente immettere nell’attuale contesto culturale il lievito evangelico. La fede in Gesù Cristo, morto e risorto per noi, vivente in mezzo a noi, deve animare tutto il tessuto della vita, personale e comunitaria, pubblica e privata, privata e pubblica, così da consentire uno stabile e autentico “ben essere”, a partire dalla famiglia, che va riscoperta quale patrimonio principale dell’umanità, coefficiente e segno di una vera e stabile cultura in favore dell’uomo. La singolare identità di Milano non la deve isolare né separare, chiudendola in se stessa. Al contrario, conservando la linfa delle sue radici e i tratti caratteristici della sua storia, essa è chiamata a guardare al futuro con speranza, coltivando un legame intimo e propulsivo con la vita di tutta l’Italia e dell’Europa. Nella chiara distinzione dei ruoli e delle finalità, la Milano positivamente “laica” e la Milano della fede sono chiamate a concorrere al bene comune.

Cari fratelli e sorelle, grazie ancora per la vostra accoglienza! Vi affido alla protezione della Vergine Maria, che dalla più alta guglia del Duomo maternamente veglia giorno e notte su questa Città. A tutti voi, che stringo in un grande abbraccio, dono la mia affettuosa Benedizione. Grazie!

Formia (Lt). Molta partecipazione alla novena di Sant’Erasmo

884268250.jpgDa mercoledì scorso, 23 maggio, è in corso la predicazione della Novena in onore di Sant’Erasmo nell’omonima chiesa parrocchiale al Castellone di Formia, dove da secoli si venera il santo vescovo e martire, patrono della città e dell’arcidiocesi di Gaeta. Tantissimi i fedeli che stanno frequentando la chiesa in questi giorni per seguire le prediche di padre Antonio Rungi, missionario passionista, che è ritornato a predicare la novena di Sant’Erasmo dopo 15 anni. Sono circa 300 i fedeli che ogni sera riempiono la bellissima ed artistica chiesa, nella cui cripta sono state rinvenute le spoglie mortali del vescovo martire. Oggi sono in corso lavori di sistemazione per presentare tutto il percordo del martirio che hanno subito i santi confessori della fede sotto la persecuzione di Diocleziano. Sant’Erasmo secondo fondi attendibile fu martirizzato il 2 giugno del 303 a Formia e per secoli sono state conservate le spoglie nella chiesa di Sant’Erasmo per poi essere traslate nella cattedrale di Gaeta.

In questi giorni di preparazione alla festa, orginazzata dal comitato sotto la guida del parroco don Alfredo Micalusi, padre Rungi sta sviluppando importanti tematiche di ordine teologico, spirituale e pastorale. Nella giornata del 24 maggio ha parlato dell’educazione alla fede nella famiglia, ieri 25 maggio ha parlato del gioia cristiana, stasera, 26 maggio ha parlato della chiamata alla santità. Il tutto riferito sempre al grande martire e santo, patrono della città di Formia.

Dopo alcuni anni si regista in chiesa a detta dei piàù una buona partecipazione dei fedeli alla novena in onore del santo. Segno evidente di una rinnovata fede e devozione verso il santo patrono di Formia e dei naviganti.

Certo vedere la chiesa piena di fedeli è una soddisfazione sia per chi predica e sia per chi ha fatto tanti sforzi per preparare degnamente il percorso liturgico e spirituale per la festa di Sant’Erasmo. Domani sera, domenica della Pentecoste presiede la messa delle 19, don Gianni, parrocco di San Giovanni, il compatrono della città di Formia, la cui festa è imminente, celebrandosi il 24 giugno. Il 2 giugno invece festa grande per sant’Erasmo con la processione e il panegirico conclusivo di padre Rungi, predicatore ufficiale della novena, che già riscuotendo grandi successi a gloria di Dio e ad onore del santo Patrono, da tutti i formiani onorato con grande devozione ed amore.

Il Messaggio del Papa per la giornata mondiale delle comunicazioni

11.jpgMESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA XLVI GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI  
 

“Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”

[Domenica, 20 maggio 2012]

 

Cari fratelli e sorelle,

all’avvicinarsi della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2012, desidero condividere con voi alcune riflessioni su un aspetto del processo umano della comunicazione che a volte è dimenticato, pur essendo molto importante, e che oggi appare particolarmente necessario richiamare. Si tratta del rapporto tra silenzio e parola: due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone. Quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché, al contrario, crea un clima di freddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, la comunicazione acquista valore e significato.

Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall’altro, scegliamo come esprimerci. Tacendo si permette all’altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole o alle nostre idee. Si apre così uno spazio di ascolto reciproco e diventa possibile una relazione umana più piena. Nel silenzio, ad esempio, si colgono i momenti più autentici della comunicazione tra coloro che si amano: il gesto, l’espressione del volto, il corpo come segni che manifestano la persona. Nel silenzio parlano la gioia, le preoccupazioni, la sofferenza, che proprio in esso trovano una forma di espressione particolarmente intensa. Dal silenzio, dunque, deriva una comunicazione ancora più esigente, che chiama in causa la sensibilità e quella capacità di ascolto che spesso rivela la misura e la natura dei legami. Là dove i messaggi e l’informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio. Una profonda riflessione ci aiuta a scoprire la relazione esistente tra avvenimenti che a prima vista sembrano slegati tra loro, a valutare, ad analizzare i messaggi; e ciò fa sì che si possano condividere opinioni ponderate e pertinenti, dando vita ad un’autentica conoscenza condivisa. Per questo è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di “ecosistema” che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni.

Gran parte della dinamica attuale della comunicazione è orientata da domande alla ricerca di risposte. I motori di ricerca e le reti sociali sono il punto di partenza della comunicazione per molte persone che cercano consigli, suggerimenti, informazioni, risposte. Ai nostri giorni, la Rete sta diventando sempre di più il luogo delle domande e delle risposte; anzi, spesso l’uomo contemporaneo è bombardato da risposte a quesiti che egli non si è mai posto e a bisogni che non avverte. Il silenzio è prezioso per favorire il necessario discernimento tra i tanti stimoli e le tante risposte che riceviamo, proprio per riconoscere e focalizzare le domande veramente importanti. Nel complesso e variegato mondo della comunicazione emerge, comunque, l’attenzione di molti verso le domande ultime dell’esistenza umana: chi sono? che cosa posso sapere? che cosa devo fare? che cosa posso sperare? E’ importante accogliere le persone che formulano questi interrogativi, aprendo la possibilità di un dialogo profondo, fatto di parola, di confronto, ma anche di invito alla riflessione e al silenzio, che, a volte, può essere più eloquente di una risposta affrettata e permette a chi si interroga di scendere nel più profondo di se stesso e aprirsi a quel cammino di risposta che Dio ha iscritto nel cuore dell’uomo.

Questo incessante flusso di domande manifesta, in fondo, l’inquietudine dell’essere umano sempre alla ricerca di verità, piccole o grandi, che diano senso e speranza all’esistenza. L’uomo non può accontentarsi di un semplice e tollerante scambio di scettiche opinioni ed esperienze di vita: tutti siamo cercatori di verità e condividiamo questo profondo anelito, tanto più nel nostro tempo in cui “quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali” (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2011).

Sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali che possono aiutare l’uomo di oggi a vivere momenti di riflessione e di autentica domanda, ma anche a trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio. Nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità. Non c’è da stupirsi se, nelle diverse tradizioni religiose, la solitudine e il silenzio siano spazi privilegiati per aiutare le persone a ritrovare se stesse e quella Verità che dà senso a tutte le cose. Il Dio della rivelazione biblica parla anche senza parole: “Come mostra la croce di Cristo, Dio parla anche per mezzo del suo silenzio. Il silenzio di Dio, l’esperienza della lontananza dell’Onnipotente e Padre è tappa decisiva nel cammino terreno del Figlio di Dio, Parola incarnata. (…) Il silenzio di Dio prolunga le sue precedenti parole. In questi momenti oscuri Egli parla nel mistero del suo silenzio” (Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 30 settembre 2010, 21). Nel silenzio della Croce parla l’eloquenza dell’amore di Dio vissuto sino al dono supremo. Dopo la morte di Cristo, la terra rimane in silenzio e nel Sabato Santo, quando “il Re dorme e il Dio fatto carne sveglia coloro che dormono da secoli” (cfr Ufficio delle Letture del Sabato Santo), risuona la voce di Dio piena di amore per l’umanità.

Se Dio parla all’uomo anche nel silenzio, pure l’uomo scopre nel silenzio la possibilità di parlare con Dio e di Dio. “Abbiamo bisogno di quel silenzio che diventa contemplazione, che ci fa entrare nel silenzio di Dio e così arrivare al punto dove nasce la Parola, la Parola redentrice” (Omelia, S. Messa con i Membri della Commissione Teologica Internazionale, 6 ottobre 2006). Nel parlare della grandezza di Dio, il nostro linguaggio risulta sempre inadeguato e si apre così lo spazio della contemplazione silenziosa. Da questa contemplazione nasce in tutta la sua forza interiore l’urgenza della missione, la necessità imperiosa di “comunicare ciò che abbiamo visto e udito”, affinché tutti siano in comunione con Dio (cfr 1 Gv 1,3). La contemplazione silenziosa ci fa immergere nella sorgente dell’Amore, che ci conduce verso il nostro prossimo, per sentire il suo dolore e offrire la luce di Cristo, il suo Messaggio di vita, il suo dono di amore totale che salva.

Nella contemplazione silenziosa emerge poi, ancora più forte, quella Parola eterna per mezzo della quale fu fatto il mondo, e si coglie quel disegno di salvezza che Dio realizza attraverso parole e gesti in tutta la storia dell’umanità. Come ricorda il Concilio Vaticano II, la Rivelazione divina si realizza con “eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto” (Dei Verbum, 2). E questo disegno di salvezza culmina nella persona di Gesù di Nazaret, mediatore e pienezza di tutta la Rivelazione. Egli ci ha fatto conoscere il vero Volto di Dio Padre e con la sua Croce e Risurrezione ci ha fatti passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla libertà dei figli di Dio. La domanda fondamentale sul senso dell’uomo trova nel Mistero di Cristo la risposta capace di dare pace all’inquietudine del cuore umano. E’ da questo Mistero che nasce la missione della Chiesa, ed è questo Mistero che spinge i cristiani a farsi annunciatori di speranza e di salvezza, testimoni di quell’amore che promuove la dignità dell’uomo e che costruisce giustizia e pace.

Parola e silenzio. Educarsi alla comunicazione vuol dire imparare ad ascoltare, a contemplare, oltre che a parlare, e questo è particolarmente importante per gli agenti dell’evangelizzazione: silenzio e parola sono entrambi elementi essenziali e integranti dell’agire comunicativo della Chiesa, per un rinnovato annuncio di Cristo nel mondo contemporaneo. A Maria, il cui silenzio “ascolta e fa fiorire la Parola” (Preghiera per l’Agorà dei Giovani a Loreto, 1-2 settembre 2007), affido tutta l’opera di evangelizzazione che la Chiesa compie tramite i mezzi di comunicazione sociale.

 

Dal Vaticano, 24 gennaio 2012, Festa di san Francesco di Sales

 

Itri (Lt). Festa grande per padre Mario Petrillo, missionario in Brasile

DSC05285.JPGDSC05329.JPGFesta grande per padre Mario Petrillo in occasione dei suoi 50 anni di ordinazione sacerdotale, oggi, domenica 13 maggio 2012. Circondato dall’affetto dei suoi cari, dagli amici, dai confratelli e dal primo cittadino della città di Itri, padre Mario oggi ha reso grazie al Signore e alla Madonna della Civita per il suo giubileo d’oro di sacerdozio. Missionario in Brasile da una vita continua la sua attività apostolica, nonostante i suoi 76 anni, che ha compiuto oggi, con lo stesso entusiasmo di quando partire missionario per terre lontane, da dove ritorna periodicamente per salutare i parenti, sparsi anche in Canada.

Stamattina la chiesa di Santa Maria Maggiore in Itri era piena, tra cui molti parenti e conoscenti del sacerdote. Ha presieduto padre Mario ed ha concelebrato padre Antonio Rungi, religioso della comunità di Itri, che al festeggiato ha rivolto il saluto iniziale della messa e quello conclusivo della celebrazione, a personale, del Superiore-parroco, padre Luigi Donati e della comunità passionista di Itri, dove padre Mario è ospite in questi giorni di permanenza in Italia. Padre Mario nell’omelia ha ripercorso le tappe più importanti della sua vita ed in particolare quella più dolorosa della malattia, da cui è uscito guarito per grazia ricevuta dalla Madonna della Civita. La santa messa è stata animata da Ernesto e dal gruppo liturgico della parrocchia.

A conclusione della messa ha rivolto al festeggiato un breve e sentito saluto il primo cittadino della città, il Sindaco, dottor Giuseppe De Santis, che ha apprezzato l’impegno di padre Mario per far conoscere nel mondo il buon nome di Itri e la devozione alla Madonna della Civita. Una targa ricordo a nome dell’amministrazione comunale della città originaria del padre missionario passionista in terra brasiliana è stata consegnata dal Sindaco a padre Mario.

Padre Mario è stato festeggiato insieme ai parenti e amici stretti, nonché dalle autorità civile in un ristorante della zona, condividendo con i presenti un momenti di vera gioia e fraternità. Il religioso farà rientro nelle terre di missioni all”inizio del mese di giugno, dopo la breve parentesi di vacanza e festa trascorsa in Italia nel suo paese natio e tra i confratelli della comunità di Itri e i parenti e conoscenti del religioso che vivono ancora in città o che sono partiti per altri lidi, come partì padre Mario chamato da Dio ad un impegno missionario oltre i confini dell’Italia e dell’Europa nel nome di San Paolo della Croce.

Fatima. Un profondo desiderio di pace.

IDSC03504.JPGDSC03489.JPGl 13 maggio del 1917, nel pieno svolgimento della prima guerra mondiale, la Madonna appare a tre pastorelli nella Cova di Iria in Portogallo, per inviare, attraverso questi semplici fanciulli messaggi di pace ad un mondo in guerra. Preghiera, conversione e perdono furono le parole che la Madre del Signore comunicò in modo misterioso all’umanità di allora.

Furono comunicati a Francesco, Giacinta (oggi Beati in Paradiso) e a Lucia, morta da pochi anni, tre importanti segreti per le sorti dell’umanità intera. Due di essi furono svelati dagli stessi tragici eventi del tempo; il terzo, quello che ha fatto preoccupare intere generazioni di uomini e credenti, fu svelato proprio su disposizione dell’oggi Beato Giovanni Paolo II. La Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, in un documento ufficiale ne ha dato l’esatta interpretazione. Per cui, non c’è da attendere altra spiegazione del terzo segreto. Anche questo è stato svelato dagli avvenimenti degli ultimi decenni.
E qual è stato lo svelamento del terzo segreto: l’attentato al Papa Giovanni Paolo II, che come tutti ricordano fu perpetrato ai suoi danni il 13 maggio 1981. Secondo quanto lo stesso Sommo Pontefice ha interpretato, da quell’attentato egli fu salvato dalla mano potente della Madre di Gesù, venerata sotto il titolo della Madonna di Fatima, proprio nel giorno dedicato a Lei. Tanto è vero che il proiettile, che deviò, per intervento divino e che non colpì a morte il Santo Padre, è stato incastonato tra le pietre preziose della corona della statua originale della Madonna di Fatima. Corona che lo scorso hanno ho potuto personalmente vedere incastonato nella corona della Madonna che si conserva nel Museo Mariano di Fatima, che sorge di fronte alla cappella delle apparizioni.
Circostanze casuali o disegni di Dio? Sicuramente un disegno di Dio manifestato nel corso degli anni con eventi e fatti, non privi di espressione della cattiveria umana e dell’azione del Maligno.

A Fatima ci ero stato in ritiro spirituale in occasione del primo incontro internazionale di tutti i sacerdoti del mondo in preparazione all’anno santo del 2000. Fu un’esperienza spirituale bellissima ed intensissima per un’intera settimana. Quei luoghi della memoria storica dell’apparizione della Madonna, quella piccola-grande cappella che conserva gelosamente il posto dell’apparizione, segnato dalla presenza della bellissima icona della Vergine Santa, erano costanti inviti alla preghiera per la pace nel mondo, un appello continuo alla conversione, un forte richiamo a guardare avanti nel segno della speranza.

Oggi il mio pensiero va allo scorso anno quando con un gruppo di amici di Marcianise, insieme al carissimo maresciallo Davide Morrono sono ritornato, guidando un pellegrinaggio dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Il momento più bello che conservo nel mio cuore di sacerdote è stato la solenne concelebrazione eucaristica, presieduta dal sottoscritto con la partecipazione di circa 50 sacerdoti e 5.000 fedeli alla Grotta delle Apparizioni. Lì ho pregato per me, per i miei cari, per la pace e soprattutto per quanti nel mondo semina odio, menzogna, falsità, calunniano e fanno del male positivamente agli altri. Per loro ho chiesto la conversione del cuore, dopo aver valutato attentamente la mia vita. Maria mi ha confermato nel proposito che di fronte alle cattiverie la vera via di liberazione è il perdono e la misericordia.

E’ vero che in ogni luogo della terra è possibile adorare Dio e venerare Maria. Ma ci sono luoghi in cui tocchi con mano “il miracolo della fede”. Quella fede che riesce a trasformare piccoli sobborghi in centri di spiritualità mondiale. In questi luoghi i pellegrini di tutto il mondo giungono con il segreto desiderio di attingere forza e coraggio nella dura battaglia dell’esistenza.
Fatina è tra questi luoghi mariani, centri di spiritualità profonda, che costituiscono su un piano esperienziale mezzi per andare avanti con più carica spirituale verso Dio.
Non voglio “mitizzare” questo luogo né tanti altri nel mondo. Ma i santuari hanno un loro valore ed hanno un loro significato spirituale. Il pensiero di Fatima, con tutta la carica interiore e spirituale che esso rappresenta per noi cattolici, ci sollecita a rivedere la nostra vita nell’ottica della pace, della riconciliazione, della preghiera e del perdono.
Fatima, città della pace, dove da circa un secolo si prega la Vergine Santa soprattutto per la Pace.

In ogni angolo del Globo terrestre, ancora oggi segnato da tanti focolai di guerra si combattono guerre ideologiche, guerre di religione, guerre soprattutto per motivi economici e di presunta superiorità di un popolo o di una civiltà rispetto ad un’altra. Ed oggi in una crisi economica mondiale c’è il rischio di aggravamento della situazione a livello generale e nei singoli stati.

In un mondo reso di fatto un villaggio globale non c’è più spazio per coltivare progetti limitati di pace. E’ necessario tendersi una mano e gettare ponti di solidarietà, gli unici che possono assicurare un vero periodo di pace e di stabilità per tutta l’umanità.

Non solo nei nostri occhi rimangono scolpite le immagini dell’attentato del Papa in Piazza San Pietro in quel tragico 13 maggio 1981, ma anche le immagini di tante guerre locali o zonali che si sono combattute e si combattono in ragione di farneticanti discorsi, di tanti efferati crimini, di tante violenze soprattutto su persone innocenti. Restano ugualmente nitide nella nostra mente le immagini terribili ed angoscianti delle Torri gemelle di New York dell’11 settembre scorso, ma anche quelle della Guerra in Afghanistan, della morte per fame di milioni di persone in ogni angolo del mondo. Ma anche le tante guerre dimenticate. I tanti attentati degli ultimi mesi contro i cristiani o comunque lo spargimento del sangue innocente in varie parti della Terra.

Terrorismo, guerre civili, lotte politiche all’interno ed all’esterno degli Stati sono continui richiami ad una realtà che stenta a decollare nella direzione della pace, della reciproca tolleranza e della solidarietà.

Unire oggi tre nomi: Fatima, Giovanni Paolo II e la Pace è un modo immediato per dire a noi stessi che insieme è possibile lavorare per la pace, anche mediante la rete telematica “Internet”, che nata nell’ambito militare può essere uno strumento di pace a livello globale. Basta curare anche qui, attraverso la reti infinite, messaggi  eprogetti di pace, ma anche di autentica solidarietà.

Affidiamo alla Madonna di Fatima, la cui festa ricorre domani, domenica, 13 maggio 2012, questo anelito di pace di quanti hanno a cuore davvero le sorti di questa umanità in evidente difficoltà, smarrita da tanti falsi ideali. Affidiamo alla Regina della Pace, mediante la preghiera la nostra incessante domanda di Pace per il mondo intero.

 

Il mio ricordo di una mamma speciale

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Per la festa della mamma 2012

Nel Silenzio della notte

Nel silenzio della notte
un’amorevole mano mi accarezza il volto
e mi trasmette tutto il suo amore.
Sei tu mamma, che anche nel cuore delle notti
della nostra vita, vigili sul cammino di tuo figlio
e dei tuoi figli.

Non dormi perché il tuo vigilare
sia di sostegno ai tuoi cari.
da quando piccolini, nel cuore della notte,
eri costretta a svegliarti dai nostri pianti
di bambini appena nati,
a quando ormai grandi
attendevi il nostro ritorno a casa
o un segnale al telefono
per comunicarti che eravamo arrivati.

Mai neppure per un attimo
non hai allontanato il tuo sguardo su di noi.
Mai, neppure per un attimo, hai smesso
di amare il frutto del tuo grembo
generato alla vita del tempo,
per un grande amore per l’Eterno.

Grazie, mamma, anche se oggi non sei più con me,
ma voli negli immensi spazi celesti,
accanto ad una Madre, più grande di te,
ma con lo stesso cuore di mamma,
sofferente, vigilante ed aperta alla speranza.

Lì, dove sono certo, che tu godi della visione di Dio
pensa ancora oggi ai tuoi figli,
immersi in un mondo molto difficile,
in cui i figli ammazzano le madri,
ma anche, cosa più terribile, le madri sopprimono la vita
prima, durante e dopo il partorire.

Madre dell’avvenire, madre della nostra felicità
proteggi dal cielo, insieme alla Vergine Maria,
questa umanità senza più Dio
e senza più vero amore alla vita.

Padre Antonio Rungi, passionista

I fioretti del mese di Maggio 2012 per quanti sono impegnati in politica

4215_festa-della-liberazione.jpgFioretti speciali per i politici cattolici italiani

Alla vigilia delle elezioni amministrative, un elenco di consigli spirituali per i politici italiani. Crisi della politica, crisi del lavoro, crisi economica mondiale. Da tutta questa emergenza si può uscire fuori anche attraverso una risposta politica dei politici, impegnati seriamente a favore dei cittadini. Qui mi rivolgo ai politici cattolici, che sono abituati a seguire il mese di maggio, con una serie di cose da fare, nel nome della Vergine Santa, per il proprio bene spirituale e per il bene del popolo italiano e mondiale.  E’ un elenco di 30 fioretti stilato  in occasione del mese di Maggio.
Si tratta di semplici consigli pratici per esercitare bene il proprio ufficio di rappresentante del popolo. Per estensione, l’elenco riguarda qualsiasi persona, a vario livello, impegnata nell’amministrazione della cosa pubblica.
 
1. Impegnati, oggi, a non dire  bugie per giustificare il tuo operato politico.
 2. Evita, in questa giornata, di accettare qualsiasi raccomandazione, tanto alla fine non puoi fare nulla per il cliente di turno.
 3. Non dire neppure una parola contro il tuo avversario politico, ma rispetta il silenzio che ti sei imposto per questione etica.
 4. Oggi, fai un gesto di bontà: visita senza la scorta dei giornalisti e senza il clamore dei media una persona in difficoltà o ammalata.
 5. Dona una tantum, una parte considerevole del tuo stipendio di onorevole o amministratore per opere di beneficenza.
 6. Impegnati ad essere umile e a mettere da parte la presunzione e l’orgoglio di chi pensa di essere la verità assoluta.
 7. Non esporti oggi a qualsiasi mezzo che rilanci la tua immagine di politico locale o nazionale.
 8. Dimentica l’ufficio politico che occupi e rimboccati le maniche per aiutare coloro che non hanno nulla e sono in difficoltà.
 9. Non cercare i primi posti nelle assemblee e nei raduni di ogni genere, ma cedi il tuo posto a persone semplici.
 10. Non fare nulla per ottenere il consenso della gente, ma fa ogni cosa con retta coscienza e nel rispetto delle leggi.
 11. Cura i tuoi affetti in famiglia e dedica maggior tempo ai tuoi figli o parenti stretti.
 12. Vivi la politica con il necessario distacco, per non restare deluso quando dovresti essere messo da parte.
 13. Rifiuta denaro e ricompense anche se leciti, ma accontentati del tuo stipendio di lavoratore o professionista.
 14. Dai buon esempio di vita etica. Ogni cittadino merita anche un politico onesto e retto.
 15. Fai il tuo lavoro con passione, ma senza preferenze di persone, anche se fossero i tuoi più stretti collaboratori.
 16. Evita di litigare con i rappresentanti delle istituzioni, ma dì sempre una parola di pace e di concordia.
 17. Rispetta le regole della democrazia e del sereno dibattito politico senza offendere persone e istituzioni.
 18. Non strumentalizzare la religione per confermare idee preconcette, che non appartengono a nessuna corrente.
 19. Difendi i giovani, gli anziani e gli ammalati ed impegnati a dare sollievo a ciascuno di loro.
 20. Recupera la tua spiritualità con un’ora di preghiera personale in tutti i giorni.
 21. Nei limiti del possibile partecipa alla messa e all’eucaristia ogni giorno o almeno alla domenica e nelle feste coamandate.
 22. Confessa i tuoi peccati al ministro della riconciliazione ed impegnati ad evitare il male per il bene e la salvezza della tua anima.
 23. Non falsificare atti e documenti per favorire qualcuno che ti interessa, nè abusare mai dell’ufficio che occupi a servizio degli altri.
 24. Non dare il tuo voto per far passare leggi e norme che sono contro la morale naturale, cristiana e cattolica.
 25. Vivi il tuo mandato politico o amministrativo con la serenità necessaria, che è un incarico di passaggio, nel quale non bisogna addormentarsi.
 26. Ama sinceramente il popolo che ti ha eletto e sacrifica qualcosa di te stesso per migliorare le sue condizioni di vita in generale e lavorativa.
 27. Coltiva una speciale attenzione ai valori religiosi e difendi la libertà di culto di ogni credente, anche se straniero.
 28. Sii tollerante verso coloro che la pensano diversamente da te non solo in campo politico, ma anche religioso e sociale.
 29. Affidati ogni giorno alla Madonna e ai tuoi santi protettori, perché ti illuminino nella ricerca del bene comune.
 30. Di ogni gesto che compi ricordati che ne renderai conto al Signore, perciò agisci con rettitudine e nel rispetto di tutti.
 
Questi suggerimenti per vivere da politici autentici nel nostro tempo sono utili sempre e potrebbero costituire un vero e proprio compendio morale per coloro che svolgono un servizio alla comunità civile e sociale. Applicarli con coerenza significa il successo garantito presso la gente.
Ma non è facile concretizzarli in un mondo come il nostro che bada molto ai propri interessi e per nulla a quelli della gente…