Archivi Mensili: dicembre 2017

P.RUNGI. UN BOTTO DI SOLIDARIETA’ PER I TERREMOTATI DI ISCHIA

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Comunicato stampa

“Un botto di solidarietà e non di petardi per i terremotati di Ischia”

“Un botto di solidarietà e non di petardi per i terremotati di Ischia”, è il motto scelto da padre Antonio Rungi, teologo passionista, per contrastare il fenomeno dei botti di Capodanno, anche in questo fine 2017.

“Non sprecate soldi, ma fate del bene a chi ne ha bisogno, perché la carità premia sempre davanti a Dio e alla storia. Ischia ha vissuto in questo 2017, in particolare Casamicciola ed altri comuni dell’Isola Verde, il pesante terremoto con le conseguenze a livello abitativo, lavorativo e sociale ben note all’opinione pubblica italiana e mondiale. Mi rivolgo soprattutto ai napoletani e campani, tra i quali è più forte l’esigenza di sparare i fuochi a Capodanno, perché quest’anno non lo facciano in modo assoluto per rispetto alla sofferenza di chi ha perso tutto. Sarebbe davvero onorevole e meritorio per tutti i cittadini della Campania, ma anche del resto d’Italia che il denaro da spendere per i botti fosse destinato ai terremotati, per le vie ufficiali ed istituzionali, tra cui la Caritas Italiana e Diocesana di Ischia. Non perdete questa occasione per fare del bene ed iniziare bene il 2018”, è la raccomandazione finale di padre Antonio Rungi, teologo morale, da sempre impegnato in questo campo.

 

P.RUNGI. COMMENTO ALLA SOLENNITA’ DELLA MADRE DI DIO – 1 GENNAIO 2018

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MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

1 Gennaio 2018

 

Nel nome della Beata Vergine Maria, iniziamo questo nuovo anno del Signore

 

Commento di padre Antonio Rungi

 

Un nuovo anno solare che inizia oggi è sempre un motivo per guardare avanti nel segno della gioia, della pace e della speranza.

E ciò lo facciamo affidando questo nuovo itinerario temporale alla Beata Vergine Maria, che oggi celebriamo con il titolo di “Madre di Dio”, perché Madre di Gesù, nato da lei per opera dello Spirito Santo e della cui natività stiamo celebrando l’annuale ricorrenza con la solennità del Santo Natale che abbiamo ricordato una settimana fa.

 

Inizia un nuovo anno e l’augurio più bello che possiamo scambiarci, noi cristiani, noi che guardiamo il mondo ed il tempo con gli occhi di Dio e aperti all’eterno, con quanto ci offre la parola di Dio di questo giorno santo e tanto atteso, ma non sempre nel modo migliore, come capita a volte.

Il Capodanno con la Giornata mondiale della pace che noi cattolici celebriamo in questo primo giorno del nuovo anno è sempre qualcosa di stimolante a livello spirituale, umano, sociale, politico, economico.

La benedizione di Mosè a tutto il popolo d’Israele che costituisce il brano della prima lettura di oggi, tratto dal Libro dei Numeri ci può aiutare nel sano e saggio discernimento di come programmare il nuovo anno, alla luce di quanto il Signore opera per noi e si attende da noi: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

Benedizione e custodia di Dio nei confronti dell’umanità è quanto assicurato dall’alto, in quanto Dio rispetta i patti ed è fedele per sempre.

Essere in sintonia con Dio e costruire ponti di pace è quanto spetta all’essere umano che cerca la benedizione del cielo e agisce guardando continuamente il cielo, ove è la sua patria per sempre, pur nella consapevolezza che opera nella storia e sulla terra come pellegrino e viandante verso mete celesti.

Non a caso la preghiera iniziale della celebrazione di questo primo giorno dell’anno solare recita così: “Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda disponibile ad accogliere il tuo dono”.

E nel salmo 66 ci rivolgiamo a Dio chiedendo misericordia e pace per tutti i giorni che stanno a noi davanti: “Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti”.

Abbiamo bisogno della misericordia di Dio per tutti i nostri errori della vita passata e dell’anno appena trascorso, con la promessa e la buona intenzione e volontà di non continuare a fare gli stessi sbagli, ma ricominciare una vita nuova, nella grazia e nella bontà del Signore.

Questo è possibile nella misura in cui accogliamo nella nostra mente e nel nostro cuore la venuta di Dio tra noi, come ci ricorda il testo della Lettera ai Galati di San Paolo Apostolo.

Con il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e l’elevazione, mediante Gesù Cristo, dell’uomo alla dignità di figlio adottivo di Dio, noi abbiamo il dovere di riflettere nel nostro comportamento quello che realmente siamo: non più schiavi, ma figli e in quanto figli, eredi della gloria futura per grazia ricevuta.

Nella riscoperta della nostra dignità di figli di Dio ci aiuta la Vergine Maria che è Madre di Dio e Madre nostra.

Il Vangelo di oggi, lo stesso del giorno di Natale, ci invita a ritornare con gioia, fede e coraggio alla grotta del Bambinello Gesù, per ascoltare, con il silenzio, la luce, l’armonia e la bellezza della strada che stiamo percorrendo la voce di Dio che parte proprio da lì.

Ritrovare Maria, Giuseppe e il Bambino a distanza di otto giorni dal Natale, che abbiamo appena festeggiato, significherà per noi, come è stato per Gesù, procedere alla circoncisione del nostro cuore con gli strumenti dell’amore e della misericordia. Anche per noi, in questo giorno, riprendiamo il nome che abbiamo ricevuto nel giorno del battesimo e che spesso abbiamo dimenticato nel corso dei nostri anni. Anni che si accavallano e ci fanno camminare verso la meta ultima del nostro itinerario terreno.

Dopo aver incontrato Gesù dobbiamo avere il coraggio e la forza della testimonianza, annunciando agli altri ciò che il Figlio di Dio ci ha dettato nel cuore e nella mente in questi giorni santi, che saranno sempre più santi, se li santifichiamo vivendo nella grazia e lontani dal peccato.

La vera schiavitù per ogni battezzato è quella di vivere lontano dalla grazia di Dio e farsi affascinare da ciò che mondanità e soddisfazione delle nostre più basse passioni, compresa quell’odio insanabile che porta un uomo ad essere lupo ad altro uomo e farsi guerra, perché non si è gente di pace e bontà.

E con questa umile e semplice preghiera di tutti noi, fedeli alla Chiesa, chiediamo a Dio in questo giorno, quello che più ci sta a cuore: “O Signore, che in Maria hai mostrato che il tuo amore supera ogni nostro sogno e speranza, donaci la forza di non arrenderci mai di fronte alle ingiustizie e ai dolori del mondo, per impegnarci giorno per giorno a costruire nel mondo la tua pace. Amen.

Buon anno a tutti, che sia ricco di ogni bene e di soddisfazioni di ogni genere.

FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA – 31 DICEMBRE 2017 – COMMENTO DI P.RUNGI

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SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (ANNO B)
31 dicembre 2017

Una famiglia con storie personali diverse, ma tutte centrate sulla storia della salvezza.

Preghiera della famiglia composta dal padre Antonio Rungi

Commento di padre Antonio Rungi

La festa della Santa Famiglia coincide, quest’anno 2017, con l’ultimo dell’anno e con l’ultima domenica dell’anno solare. Una coincidenza di grande valore spirituale, in quanto sembra dirci che tutta la vita personale parte dalla famiglia e si conclude nella famiglia. E come modello di tutte le famiglie cristiane c’è la famiglia santa, quella di Betlemme, in cui Gesù, appena nato, inizia il suo cammino nella storia dell’umanità e quella di Nazaret, dove i tre straordinari, unici e irripetibili componenti si trasferiranno e si stabilizzeranno e dove vivranno il resto della loro vita. Giuseppe di cui non sappiamo granché per il resto della sua vita vicino a Gesù, se non nel periodo della nascita e poi del ritrovamento nel tempio, a 12 anni; di Maria che partecipa alla vita di Gesù ed è presente in vari avvenimenti del Cristo missionario ed evangelizzatore, ma soprattutto del Cristo morto in croce e sepolto; di Gesù che era sottomesso ai genitori nel corso della sua infanzia e con loro condivideva le giornate, il lavoro, le sofferenze e le gioie e poi con l’inizio del ministero pubblico in cammino nella Palestina per portare a tutti la gioia e la speranza del buona notizia, fino a quando non muore, da innocente, inchiodato alla croce, sepolto, risorto e asceso al cielo. Una famiglia con storie diverse, ma tutte dirette e centrate sulla storia della salvezza.

La parola di Dio di questa festa ci presenta la storia della famiglia di Abramo, nella prima lettura, tratta dal Libro della Genesi, al cui centro ci sono, anche qui, tre importanti membri di questa famiglia: il patriarca Abramo, Sarà, la moglie che partorisce in tarda età e il loro figlio legittimo, Isacco. Storie famiglie nella Bibbia segnate dalla sofferenza e dalla gioia, dall’attesa e dalla speranza della paternità e della maternità, come in questo caso. Alla fine è sempre Dio che dona ciò spetta a ciascuno di noi, compreso il dono del figlio, che sarà sempre e comunque un dono del cielo e non un diritto e una pretesa dell’uomo sulla terra.

La famiglia di Abramo, modello di accoglienza della vita, anche in tarda età, è proposta, nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla lettera agli Ebrei, anche come modello di fede. Una famiglia in cammino, in obbedienza alla fede in Dio, in quanto Abramo lascia ogni cosa, la sua terra e parte per la destinazione nuova che il Signore gli aveva indicato. Una famiglia che accoglie la vita, anche quando questa sembra non aver più possibilità di essere accolta e trasmesso per amore all’interno delle vere e legittime relazioni coniugali. Ed infine, una famiglia quella di Abramo capace di gesti eroici e coraggiosi fino a sacrificare, in obbedienza alla voce di Dio, il figlio Isacco che il cielo gli aveva donato. Alla base di questi comportamenti c’era la fede e a tutte le famiglie del mondo è chiesta la fede per camminare in sintonia con il Dio che si è rivelato a noi mediante Gesù Cristo.

Non a caso, il Vangelo di questa festa è quello di Luca, che ci racconta della presentazione al tempio di nostro Signore Gesù Cristo, che, in tutto e per tutto, si attiene alla legge vigente in campo religioso e civile: Gesù viene circonciso come tutti i primogeniti maschi degli israeliti. L’incontro della santa famiglia con il vecchio Simeone, deputato al sacro rito della circoncisione, è un inno alla vita, alla gioia, alla speranza e al vero futuro di ogni essere umano che ha la possibilità di avere, idealmente, tra le braccia l’onnipotente. Esattamente quello che succede a Simeone, una volta che incrocia il volto del salvatore e redentore, da pochi giorni venuto al mondo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

Questa felicità dell’anziano sacerdote che officiava nel tempio, faceva restare sbalorditi Giuseppe e Maria. Infatti “Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui”. E questo punto “Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». E’ qui annunciata la sofferenza che caratterizzerà la vita di Gesù e della Famiglia di Nazaret nel suo insieme. Sofferenza che toccherà in modo particolare la Vergine Madre che sarà trafitta da una spada, chiaro riferimento alla morte in croce di Gesù.

Al vecchio Simeone che attende la salvezza d’Israele, fa da contorno, in quella stessa scena e situazione, la profetessa Anna, che l’Evangelista Luca, descrive con esattezza, quasi la conoscesse di persona. Infatti egli sottolinea che “Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser, era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Tutte queste informazioni su una donna che vive praticamente di preghiera, ci aiuta a comprendere che la preghiera è l’anima della famiglia, senza la quale non si cresce nella vita e non si attende nella fede il vero Dio.

Il racconto della presentazione al tempio di Gesù si conclude con una felice annotazione dell’Evangelica Luca: “Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”.

E qui è espresso il pensiero della tenerezza, della cura, dell’attenzione di Giuseppe e Maria verso Gesù Bambino che nella casa di Nazaret cresceva, si fortificava, era pieno di sapienza e la grazia di Dio stava con Lui, anzi era Lui stesso. E a Dio, oggi rivolgiamo òa nostra preghiera per tutte le famiglie della terra: “O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima nell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi  della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, età e grazia, rendendo lode al tuo santo nome. Amen

 

P.RUNGI. COMMENTO ALLA TERZA DOMENICA DI AVVENTO – GAUDETE

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III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B) – GAUDETE
Domenica 17 dicembre 2017

La gioia di essere liberi da ogni forma di schiavitù morale, spirituale e sociale

Commento di padre Antonio Rungi

La terza domenica di Avvento è chiamata della gioia, della letizia, del gaudio cristiano.

Ma dove si trova questa gioia e come effettivamente vene ottenuta e conservata?

Una prima risposta a questa gioia, la troviamo nel brano della prima lettura, tratta dal profeta Isaia, nella quale è facile prefigurare la venuta del Messia, come tempo della gioia, tempo della libertà, tempo della vera felicità: poveri, cuori spezzati, schiavi, prigionieri saranno liberati da tutto ciò che li opprime. E’ l’anno giubilare, l’anno della liberazione e della misericordia. Ogni tempo di Avvento è tempo della liberazione, della purificazione e della conversione e dell’ascolto docile della parola di Dio, che è parola di pace, di perdono e di gioia. Il profeta lo esprime con grande enfasi nel testo di questa domenica: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli”. La gioia che produce in noi il Natale del Signore deve essere gioia piena per se stessi e per gli altri. Spesso siamo infelici noi e vorremmo che gli altri stessero nelle nostre stesse condizioni. Invece dobbiamo gioire e far gioire. E questo gioire non è altro che sentirsi liberi e vivere nella libertà dei figli di Dio.

Una seconda indicazione la troviamo nel salmo responsoriale che riporta per intero il canto del Magnificat, che l’evangelista Luca ha inserito nel brano del vangelo del racconto della visitazione di Maria alla cugina Elisabetta.

La gioia di Maria è riconoscersi umile creatura davanti a Dio che l’ha chiamata ad un compito così eccelso, da far trasalire l’animo della Vergine in un inno di lode e di ringraziamento al Signore che non ha paragoni in tutta la scrittura, anche se il Magnificat è un canto biblico per eccellenza: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva”. La gioia che ci può dare questo Natale è quella di rivedere il nostro sistema di vita e di pensiero ed abbassare qualsiasi superbia ed orgoglio nella nostra vita di poveri mortali e poveri peccatori.

Una terza pista di riflessione, la troviamo nel brano della sua prima lettera ai Tessalonicesi di san Paolo Apostolo, nella quale egli ci  raccomanda di essere sempre lieti e questa letizia attingerla dalla preghiera incessante e costante; ad essere, poi, attenti alla voce dello Spirito per non spegnere i carismi e i doni ricevuti a servizio di tutti, in particolare quella della profezia. Chi non fa fruttificare i doni che possiede vive nella tristezza, perché non si sente realizzato.

A tale gioia corrisponde poi una soddisfazione per quello che facciamo, e cioè vagliare ogni cosa ed astenersi dal fare qualsiasi male a se stessi e agli altri. Dobbiamo, in poche parole, ad avere a cuore la nostra santificazione, cioè a vivere nella grazia, in modo che la nostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Duro lavoro spirituale ed interiore che dobbiamo fare assolutamente per preparare la venuta del Signore in questo Natale.

Per portare a termine questa sincera volontà di rinnovarsi e cercare la vera gioia, il Vangelo di questa domenica ci offre, mediante il testo dell’Evangelista Giovanni, il modello di comportamento di Giovanni il Battista.  E nella condotta di una vita eticamente elevata che sta la gioia.

L’esempio trascina e indica il percorso più giusto anche in ordine alla gioia. Visto il bene che Giovanni Battista faceva ed il seguito che aveva, il battesimo che amministrava nelle acque del Giordano, la gente, soprattutto i sacerdoti e i leviti si erano quasi convinti che fosse lui il Messia.

La sua testimonianza fu chiara ad indicare in Gesù il vero Messia: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». In poche parole egli ribadisce «Io non sono il Cristo». Non sono il profeta Elia e neppure il profeta dei profeta, cioè Cristo. Lui si definisce una «voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

La gioia del cristiano che deve alzare la voce nei vari deserti di questo mondo sta nell’annunciare Cristo e nel portare Cristo agli altri. Altre gioie che non sia questa non è possibile pensarla o auspicarla per noi, perché l’importante avere Dio nel cuore e vivere costantemente in unione con Lui. Sia questa la nostra preghiera, oggi, che riflettiamo sulla gioia cristiana: “O Dio, Padre degli umili e dei poveri, che chiami tutti gli uomini
a condividere la pace e la gioia del tuo regno, mostraci la tua benevolenza e donaci un cuore puro e generoso, per preparare la via al Salvatore che viene.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA SECONDA DOMENICA DI AVVENTO – 10 DICEMBRE 2017

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LA CONSOLAZIONE CHE VIENE DAL CIELO

Commento di padre Antonio Rungi

La liturgia di questa domenica, seconda di Avvento, ci offre, attraverso il profeta Isaia, che ascolteremo anche in questo giorno, la possibilità di riflettere su un tema di grande attualità, che è quella della consolazione, di fronte allo sconforto generale che serpeggia nei nostri ambienti di vita.
Come, prima della venuta di Gesù, il popolo eletto sperimentava tempi di tristezza, buio e sconforto, al punto tale che il profeta si fa interprete di una diversa prospettiva di consolazione che viene dal cielo, così, oggi, dobbiamo alzare gli occhi al cielo e chiedere da lassù che il Signore intervenga per guarire il cuore di questa umanità ferita da tanti mali e da tante cattiverie che devono essere eliminate per ridare dignità ad ogni essere umano.
«Consolate, consolate il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati».
Questa prospettiva di positività, di risoluzione dei problemi pregressi nel popolo di Dio, che viene evidenziata nel brano della prima lettura, trova una concreta possibilità di riuscita, mediante un annuncio coraggioso di chi è chiamato a dire pane pane e vivo e vino, cioè a parlare con sincerità.

La voce nel deserto che chiede il cambiamento era il profeta allora, ai tempi di Gesù, Giovanni il Battista, e nei due millenni del cristianesimo tutte quelle voci che si sono elevate per difendere la vita, la pace, la giustizia, la verità, la moralità, l’onestà.
Oggi questa voce che grida nel deserto di un’umanità che sperimenta l’indifferenza globalizzata è quella di Papa Francesco, il profeta dei nostri giorni che il Signore ci ha inviato per farci capire ciò che è davvero necessario ed essenziale per attuare il vangelo della carità nell’oggi della chiesa e del mondo.
Cosa fare allora? Spianare la steppa per fare strada al Signore che viene in questo Natale. E per steppa si intende la nostra vita fatta di tante aridità, soprattutto spirituali. Inoltre bisogna innalzare le valli ed abbassare colli e monti, operando non a livello tecnologico, ma chirurgicamente nel nostro cuore e nella nostra mente, perché scompaia da noi orgoglio, presunzione, arroganza, superiorità e prepotenza e si faccia strada la virtù dell’umiltà, l’arricchimento spirituale necessario per accogliere la venuta del Signore.
A ciò si aggiunga il coraggio dell’annuncio, della proclamazione della gloria di Dio mediante la nostra missione apostolica nel mondo, senza aver paura di chi può contrastarci e di chi non condivide con noi la stessa strada, lo stesso cammino e la stessa fede.
Il silenzio, la paura, il rinchiuderci nei cenacoli della difesa in attesa che passi la bufera, non aiuta i cristiani ad essere credibili e testimoni di quanto professano con la bocca. E con il profeta anche noi saliamo sul monte per annunciare cose buone, dare buone notizie.
Alziamo la voce con forza, senza paura e diciamo a tutti in questo Avvento: «Ecco il nostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».
Viene a noi questo Dio di bontà infinita che si prende cura del gregge e prende tra le sue braccia, stringendoli al suo cuore gli agnellini, le persone più fragili e deboli. Un’immagine bellissima che il profeta ci offre del Dio che ama il suo popolo ed ama l’intera umanità. Un’umanità che necessita di ritrovare la strada che porta a Dio.
Noi, oggi, come al tempo di Gesù, abbiamo urgente necessità di tanti Giovanni Battista che abbiano il coraggio di vivere e di parlare secondo schemi evangelici ben precisi, validi a quel tempo e validi soprattutto ai nostri giorni.
Chi era Giovanni il Battista, oggi proposto a noi nel Vangelo come modello di vita, per preparare la strada a Gesù Bambino?
“Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo”.
Cosa diceva, proclamava e chiedeva Giovanni Battista? “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri». Egli “battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”.
La sua testimonianza e il suo coraggio suscitavano interesse da parte del popolo. Infatti, “accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”. Giovanni diventa lo strumento nelle mani di Dio per invitare alla conversione chi vive nel peccato.
Noi abbiamo la forza di convertirci e convertire? La stessa cosa farà, a distanza, di alcuni anni, l’apostolo Pietro, dopo il rinnegamento di Gesù e dopo il suo diretto coinvolgimento nella chiesa nascente. Egli, infatti, ci rammenta nel brano di questa domenica che “una cosa non dobbiamo perdere di vista”, aver la consapevolezza che il Signore viene e che il nostro modo di giudicare, secondo le categorie temporali, non hanno riscontro nel pensiero di Dio. Infatti “davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi”.

L’invito alla conversione personale è ribadita anche da Pietro, dopo quella di Giovanni Battista. Considerato il fatto che il Signore comunque verrà, quale deve essere il nostro modo di comportarci? La risposta è data: dobbiamo vivere nella santità e curare la vita di preghiera. Con una raccomandazione finale: “Fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia”.
E allora c’è poco da discutere e pensare, ma mettiamoci subito all’opera per preparare al meglio la venuta di Gesù in questo Natale, modificando radicalmente il nostro modo di pensare ed agire, in ragione di questo evento che ha segnato la storia dell’umanità, perché è stata trasformata in storia di salvezza universale, portata a compimento da Dio, nel mistero dell’incarnazione, passione e risurrezione di Gesù Cristo, il Verbo Incarnato ed Umanato.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA

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La purezza e la bellezza della Beata Vergine Maria

di padre Antonio Rungi

La solennità dell’Immacolata Concezione che ogni anno celebriamo l’8 dicembre riporta alla nostra riflessione la bellezza e la purezza di Maria, la Madre di Dio e Madre nostra, alla quale dobbiamo ispirarci per essere in sintonia con quanto abbiamo riacquistato nel giorno del battesimo, sacramento che ha rimosso da noi il peccato originale, ridonandoci quella innocenza che dobbiamo difendere ogni giorno per non entrare in tentazione.
Maria è annunciata come soggetto indispensabile nel progetto di Dio fin dal Protovangelo, dopo la caduta di Adamo ed Eva, nel paradiso terrestre e la promessa da parte di Dio di salvare l’umanità dalla sua condizione di peccato.
Una donna sarà la co-protagonista di questo progetto di salvezza del genere umano: “Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Genesi 3,14-15). In questa “Donna singolare”, la spiritualità mariana hanno visto l’immagine della Madonna Immacolata, simbolicamente espressa in questo modo anche nell’ iconografia cristiana.

Maria, nel momento dell’Annunciazione, all’Arcangelo Gabriele dice il suo generoso Sì a Dio che la vuole Madre del suo Figlio, Gesù Cristo, l’atteso redentore e salvatore dell’uomo. Lei la piena di grazia come la chiama l’Arcangelo è nella condizione ottimale di accogliere nel suo grembo purissimo il salvatore del mondo.
Infatti, con il concepimento verginale, per opera dello Spirito santo, il grembo di Maria Immacolata diventa il tabernacolo dell’Altissimo, dove giorno, dopo giorno, per nove mesi, Maria è in stretto contatto con Gesù. Lo coccola come giovane Madre e lo cura con amore già dal primo istante in cui conosce il mistero che si è manifestato in Lei. Accoglie Gesù nel suo purissimo grembo e vive con Lui un’esperienza di comunione che solo Lei può assaporare profondamente nel suo cuore. Con Gesù Maria compie il suo cammino di fede, speranza ed amore. Lei è la donna del cammino in Cristo, con Cristo e per Cristo, dal primo momento in cui ha avuto l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele. Maria è donna del cammino, soprattutto lungo la Via Crucis ed ai piedi del Crocifisso. Il cuore immacolato di Maria, diventa il cuore trafitto della Madre Addolorata. Non a caso, la devozione popolare mariana ha voluto esprimere il dolore immenso della Madre di Dio mediante le sette più dolorose spade che hanno trafitto il suo cuore. E lei proprio perché piena di grazia, preservata dal peccato originale, in vista e per i meriti di Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, per costituzione personale è stata ed è madre della vita e della risurrezione in tutti i sensi. Pensata dall’eternità, come Madre del futuro redentore, è stata preservata dal peccato originale e come tale è stata ed è la donna della vita, perché è la piena di grazia, come la chiama l’Arcangelo Gabriele nel momento dell’annuncio della nascita di Gesù. E’ donna della vita, perché ha accolto nel suo grembo l’autore della vita, Gesù Cristo il Figlio di Dio, il Dio della vita e non della morte.

Maria è stata presente in tutti momenti più belli della vita di Gesù, condividendo in pienezza la vita umana del suo Figlio ed essendo presente nel momento in cui Cristo risorge dai morti, primizia di una umanità nuova.
Maria è stata associata alla vita eterna, in corpo ed anima, in quanto è stata assunta al cielo, nella pienezza della vita umana e spirituale, come Madre del Redentore.
Tutto quello che Maria ha vissuto come donna è stato segnato dall’amore vita, ma anche dal dolore, e mai, assolutamente mai, dalla morte e pochezza d’animo. Ella è modello di autentica vita per ogni donna e uomo di questa terra.

In questo Avvento di preparazione al Natale 2017, Maria è anche modello esemplare dell’attesa cristiana, nel vero senso, in quanto è la donna del primo avvento, anzi lei stessa è stata l’unica ad accogliere in pienezza il Messia atteso dai secoli.
In questo giorno di festa, in cui ritroviamo in Maria, la dignità di ogni persona umana, la nostra innocenza, purtroppo perduta per le tante nostre debolezze e fragilità umane, ci rivolgiamo a lei con queste umili parole, motivo di speranza e di gioia per ciascuno di noi suoi diletti figli, per apprendere da Lei come seguire davvero e costantemente Gesù Cristo:
Vergine Santissima Immacolata,
in questo tempo di speranza e di attesa,
proteggi il popolo santo di Dio,
soprattutto quanti vivono da cristiani
in questa valle di lacrime, ma anche di gioia e di speranza.

Tendi la tua mano materna
verso quanti soffrono nel corpo e nello spirito,
ovunque essi siano e si rivolgono a te
per ricevere conforto e consolazione nelle pene di ogni giorno.

Maria accoglici tra le tue braccia materne
e noi certamente vivremo da santi e da immacolati
al cospetto di Dio, nella carità. Amen.

P.RUNGI. NUOVA NOVENA DI NATALE 2017

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NOVENA DEL SANTO NATALE 2017

COMPOSTA DA PADRE ANTONIO RUNGI

PASSIONISTA 

  1. L’umanità di Gesù Cristo

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi (Fil 2,6-8)

<<Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini.  Apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce>>.

Gesù venendo assumendo la natura umana, ha svuotato se stesso, mettendo da parte gli attributi divini che non erano compatibili con la realtà dell’incarnazione. Questo svuotamento è servito dunque per assumere la condizione di servo, l’esatto opposto della condizione di Dio. Durante la sua vita terrena egli non volle comportarsi come Dio e signore degli uomini, ma come servo, privo di ogni dignità, autorità e potere, completamente dedito all’umile servizio degli altri. Nel mistero dell’incarnazione. Gesù è divenuto simile agli uomini, ma non solo: è stato riconosciuto in tutto e per tutto come un uomo. Non solo: in mezzo agli uomini egli si è ulteriormente umiliato, ha portato il suo svuotamento fino in fondo.In cosa è consistito questo svuotamento totale? Nella rinuncia a sentimenti di vanità, ambizione, autoesaltazione propri dell’essere umano. Egli piuttosto ha assunto una ferma e risoluta mitezza, aliena da ogni violenza, propria del servo di Dio.

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria…

Preghiamo. Signore Gesù che nel mistero della tua incarnazione sei sceso ai nostri umani livelli, per insegnarci a vivere da esseri umani e non da esseri superiori e alieni da questo mondo, indicaci, in questo Natale, la strada che porta a Te, che segua Te e che Ti serva in tutti i fratelli della terra. Amen.

Canto natalizio

  1. La povertà di Gesù Cristo

Dalla seconda Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (2Cor 8,9)

«Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà».

E’ stato proprio il Verbo di Dio fattosi carne, il Verbo di Dio in questa condiscendenza, in questo abbassarsi, in questo impoverirsi, a farci, a noi, ricchi nei doni della salvezza, della parola, della grazia». Questo è il nocciolo proprio della povertà evangelica, che, del resto, si ritrova, nella prima beatitudine: «Beati i poveri di spirito».Essere povero è lasciarsi arricchire dalla povertà di Cristo e non volere essere ricco con altre ricchezze che non siano quelle di Cristo, è fare quello che ha fatto Cristo. Non è solo il farsi poveri, ma è stare tra i poveri e con i poveri, perché «il povero ci arricchisce», mentre il ricco ci impoverisce spiritualmente in quanto ci trasporta su ricchezze illusorie e non vere per sempre.

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria…

Preghiamo. Signore facci comprendere cosa significhi davvero imboccare la strada della povertà evangelica e cosa vuol dire assumere gli atteggiamenti più consoni al tuo insegnamento, quando aiutiamo i poveri in qualsiasi condizione in cui trovano. Fa che il nostro essere vicini a loro sia mosso solo da un grande amore verso di Te, o nostro Signore. Amen

Canto natalizio

  1. La tenerezza di Gesù Cristo

Dalla Lettera di san Paolo Apostolo ai Filippesi (Fil 2,5)

<<Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù>>.

Imparare, sentire come sentiva Gesù, conformare il nostro modo di pensare, di decidere, di agire con i sentimenti di Gesù. Se prendiamo questa strada, viviamo bene e prendiamo la strada giusta. San Gregorio Nazianzeno scrive: “Egli, Gesù, ti vuol bene”. Questa parola di tenerezza è per noi una grande consolazione, un conforto e anche una grande responsabilità giorno per giorno.

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria…

Preghiamo. Signore Gesù, mite ed umile di cuore, aiutaci a capire cosa sia davvero averte i tuoi stessi sentimenti nel nostro cuore, per poi applicarsi nella vita di relazione con gli altri in ogni istante della nostra quotidianità. Non permettere, Gesù Bambino, che in noi prevalgano sentimenti del male e del maligno che portano solo alla distruzione della vera vita in noi. Amen.

Canto natalizio

  1. La semplicità di Gesù Cristo 

Dal Vangelo di Matteo (Mt 11, 25-27)

<<Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare>>.

 

Nel Vangelo ci sono espressioni meravigliose, come quella citata, nelle quali Gesù ci insegna la vera semplicità della vita e del cuore. La semplicità di cuore non è l’immaturità, ma l’atteggiamento di chi si fida come il bimbo, che è consapevole che il padre ne sa più di lui e sta in braccio a lui. Serve anzitutto l’umiltà di cuore per prendere il giogo suo, sennò sbagliamo giogo e pesa. La nostra mente non può arrivare a comprendere tutto questo, il suo modo di operare, la nostra ragione non può arrivare a contenere Dio. Bisogna inevitabilmente abbandonarci con fiducia tra le sue braccia senza perderci in mille ragionamenti e crescere nella consapevolezza di essere amati infinitamente da un Dio che è Padre e ci ama infinitamente, come un bambino appena nato è amato, se è vero padre e vera madre, dai suoi genitori. 

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria…

Preghiamo. O Gesù Bambino, davanti a Te prostrati, con grande umiltà ti chiediamo quella semplicità che purtroppo abbiamo perso, nel corso degli anni, perché abbiamo abbandonato la strada della vera sapienza che viene dal cielo, immettendoci, erroneamente sui sentieri della sapienza terrena, che nel suo calcolo considera come intelligenza l’interesse, la furbizia e la scaltrezza. Noi vogliamo possedere questo, ma solo Te, o Gesù, sapienza incarnata. Amen.

Canto natalizio

  1. Il sorriso e la gioia di Gesù Bambino

Dal Vangelo di Matteo (Mt 2,10-11)

<<Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra>>.

Il testo del Vangelo di Matteo usa un’espressione molto forte per indicare la letizia sperimentata. I magi sono felici perché hanno portato a termine la loro ricerca e sono arrivati alla meta a cui aspiravano giungere. Ecco perché nell’incontrare il volto di Gesù Bambino, guidati dalla stella, essi provarono una grandissima gioia. Questa espressione è l’unica nota di gioia in tutto il vangelo dell’infanzia di Matteo. Una volta entrati in questa casa provvisoria di Gesù, Giuseppe e Maria, offrirono il loro ben noti doni, simboli della regalità di Cristo. I magi, infatti, compiono i gesti usuali nell’antico oriente per una visita ufficiale ad un re. I Padri della Chiesa saranno loro ad attribuire ai magi, sulla scorta anche dei testi biblici, il titolo di re (a fissarne il numero fu Origene nel III sec.), e ad identificare il significato simbolico dei tre doni: l’oro per la regalità, l’incenso per la divinità (e il ruolo sacerdotale) e la mirra per l’umanità sofferente. La gioia dei magi è la nostra gioia di ogni Natale, quando incontriamo il volto di Gesù Bambino, in quella grotta, che ci porta all’essenza stessa della gioia cristiana.

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria…

Preghiamo. Guidaci Gesù alla meta della nostra quotidiana gioia terrena che è l’incontro con Te, nella povera grotta del nostro cuore, ma soprattutto prendici per mano e portaci con Te al traguardo finale della nostra gioia spirituale, che è l’eternità, dove possiamo contemplarti per sempre nella gioia del tuo Regno. Amen.

Canto natalizio

  1. L’innocenza di Gesù Bambino 

Dal Vangelo di Matteo (2,16)

<<Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi>>.

La liturgia del periodo natalizio, comprende la festa dei santi innocenti, la quale ricorda il sangue versato attorno alla culla di Gesù bambino, emblema di una scia di violenze che colpiscono gli innocenti di tutti i tempi. Nel considerare l’innocenza di Gesù e l’innocenza di tutti i bambini del mondo, c’è da capire cosa significhi essere innocenti. L’innocenza non è mera assenza di colpa, ma pienezza e perfezione di vita, di fede e di amore. Per questo è innanzitutto un dono, una grazia. Se noi ne sentiamo il desiderio e la nostalgia, è segno che l’abbiamo perduta e quindi non c’è in noi quiete e serenità, pace e fiducia. E’ inutile perdersi in malinconie e in sospiri; è necessario, invece, ritornare a chiederne la grazia a Dio e a preparare lo spirito perché accolga l’innocenza ridonata. “Ho perso l’innocenza e non la potrò riconquistare se non attraverso la santità” (Bernanos). È aprendoci a Dio, alla sua luce e alla sua azione che il nostro cuore tornerà ad essere innocente, puro e trasparente come una sorgente.

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria…

Preghiamo. Signore Gesù che, già appena nato, Erode, il re sanguinario, desiderava eliminarti fisicamente, Te mite agnello, converti, in questo Natle, il cuore e la menti di quanti sono sanguinari, violenti ed assassini, che uccidono bambini, donne, uomini, anziani e ammalati, perché pentiti e scontata ogni umana pena, possano redimersi ed incominciare una vita nuova, segnata solo dal bene e mai da violenza di nessun genere. Amen.

Canto natalizio

7.L’umiltà di Gesù Bambino 

Dal Vangelo di Luca (Lc 2, 6-12) 

Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».

Dio è umile! Nel Natale scopriamo meglio questo grande mistero. Noi che siamo orgogliosi, pieni di vanità e ci crediamo grande cosa, siamo niente! Lui, il grande, è umile e si fa bambino. Questo è un vero mistero! Dio è umile. Nel periodo natalizio ricordiamo la sua infanzia. Le rare indicazioni che possediamo fanno riferimento all’imposizione del nome dopo otto giorni dalla sua nascita e alla presentazione al Tempio; e inoltre alla visita dei Magi con la conseguente fuga in Egitto. Poi, c’è un grande salto fino ai dodici anni, quando con Maria e Giuseppe va in pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua, e invece di ritornare con i suoi genitori si ferma nel Tempio a parlare con i dottori della legge. Come si vede, sappiamo poco di Gesù Bambino, ma possiamo imparare molto da Lui se guardiamo alla vita dei bambini (Papa Francesco).

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria…

Preghiera. O Signore, venuto in questo mondo, insegnaci ad essere umili nei pensieri e nelle nostre azioni, perché alla scuola di Betlemme possa sperimentare sempre meglio il dono dell’umiltà che rende grandi e santi davanti a Dio e agli uomini. Amen.

Canto natalizio

8.La sofferenza di Gesù Bambino 

Dal Vangelo di Giovanni (Gv 1, 1-5)

<<In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta>>. 

Quanta tristezza ci capita di scorgere su tanti volti che incontriamo. Quante lacrime vengono versate ad ogni istante nel mondo; una diversa dall’altra; e insieme formano come un oceano di desolazione, che invoca pietà, compassione, consolazione. Le più amare sono quelle provocate dalla malvagità umana: le lacrime di chi si è visto strappare violentemente una persona cara; lacrime di nonni, di mamme e papà, di bambini… Ci sono occhi che spesso rimangono fissi sul tramonto e stentano a vedere l’alba di un giorno nuovo. Abbiamo bisogno di misericordia, della consolazione che viene dal Signore. Tutti ne abbiamo bisogno; è la nostra povertà ma anche la nostra grandezza: invocare la consolazione di Dio che con la sua tenerezza viene ad asciugare le lacrime sul nostro volto (Papa Francesco).

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria… 

Preghiamo. O Gesù bambino che fin da piccolo hai sperimentato il dolore e la sofferenza, nascendo in una povera grotta, al freddo e al gelo, e nel corso della tua esistenza hai vissuto la sofferenza come dono fino all’offerta suprema di te stesso sulla croce, concedi a noi la grazia di affrontare il nostro dolore quotidiano, ma ti chiediamo da profondo del nostro cuore di liberare da ogni sofferenza e dolore ogni bambino del mondo. Non permettere Gesù che, soprattutto i bambini, debbano soffrire per la mancanza di attenzione, protezione e di amore verso di loro. Amen. 

Canto natalizio 

  1. La famiglia di Gesù

Dal Vangelo di Luca (Lc 2,22)

<<Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore>>.

Il Bambino Gesù con sua Madre Maria e con san Giuseppe sono un’icona familiare semplice ma tanto luminosa. La luce che essa irradia è luce di misericordia e di salvezza per il mondo intero, luce di verità per ogni uomo, per la famiglia umana e per le singole famiglie. Questa luce che viene dalla Santa Famiglia ci incoraggia ad offrire calore umano in quelle situazioni familiari in cui, per vari motivi, manca la pace, manca l’armonia, manca il perdono. La nostra concreta solidarietà non venga meno specialmente nei confronti delle famiglie che stanno vivendo situazioni più difficili per le malattie, la mancanza di lavoro, le discriminazioni, la necessità di emigrare. (Papa Francesco)

Momento di riflessione personale e silenziosa

Padre nostro, Ave Maria, Gloria…

Preghiamo. Gesù amabilissimo, sei stato accolto in una famiglia speciale, che tu stesso hai scelto per incarnarti ed essere presente nella storia umana, come tutti i bambini che vengono in questo mondo, che hanno una madre, un padre ed una famiglia ben determinata. Concedi o Gesù che la vita nascente possa essere accolta con lo stesso amore di Maria e Giuseppe, per poi essere seguita in ogni istante del suo sviluppo e della sua crescita in sapienza ed amore davanti a Dio e davanti agli uomini. Amen.

Canto natalizio

Preghiera dI Natale di padre Antonio Rungi 

da recitare ogni giorno prima della benedizione

Contempliamo il tuo volto

Contemplando il tuo volto di Bambino,

o Gesù Redentore del mondo,

appena giunto tra di noi,

tocchiamo con le nostre povere mani

la bellezza, la grandezza e la tenerezza di Dio

fatto uomo nel grembo verginale di Maria

e venuto alla luce nella notte più luminosa di questo mondo.

 

Davanti a Te, Re Bambino,

dai connotati dolci e rassicuranti

noi ci immergiamo in questo Natale

per ricuperare amore, pace e serenità.

 

Inginocchiati, come i semplici pastori di Betlemme

che corsero subito a renderti onore,

noi ci prostriamo per chiederti di aiutarci

a ritrovare la strada che porta a Te, o nostro Signore.

 

Siamo qui ad adorarti, come i Re Magi,

e nelle nostre misere condizioni

ti offriamo in dono

ciò che possediamo di più prezioso dentro noi,

il nostro povero ed sofferente cuore.

 

Da questa rinnovata grotta di luce e di speranza

di un piccolo villaggio della Galilea delle genti,

volgi il tuo sguardo d’amore e di bontà all’umanità intera,

che dalla tua annuale ricorrenza natalizia,

attende una risposta globalizzata dell’amore e della misericordia

che Tu ci hai insegnato e comunicato, o Emanuele, Dio con noi.

Amen.