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COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO – DOMENICA 16 FEBBRAIO 2020 – P.RUNGI

RUNGI-VERDE

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Domenica 16 febbraio 2020

Cristo compimento della legge antica

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa sesta domenica del tempo ordinario è ricca di riflessioni e stimoli che posso aiutare a cambiare la nostra vita.
Nel testo di Matteo che viene proclamato nella liturgia della parola di Dio, Gesù parla di molte cose ai suoi discepoli, indicando ad essi ciò che devono fare per essere coerenti con la loro condizione di credenti e di suoi seguaci, che conoscono bene i testi biblici, la legge antica e che sono disposti interiormente a completare un cammino di perfezione di amore, rispetto ed attenzione verso gli altri e specialmente verso la donna.
In una cultura come la nostra, questo brano del vangelo capita a proposito per sostenere quel cammino culturale, morale, spirituale, sociale, giuridico che dia massima attenzione e promuova il rispetto della donna in tutti gli ambienti compresi quelli ecclesiali.
Partiamo proprio da quanto dice Gesù in merito a questo tema: “Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”.
Il rispetto della donna parte dal cuore e dalla mente dell’uomo, E’lui che deve cambiare atteggiamento e comportamento nei confronti di un essere umano, di sesso diverso, che merita tutto l’amore e rispetto, in tutte le sue personali situazioni.
Non a caso Gesù aggiunge un altro dispositivo della norma antica “Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”.
Si comprende l’importanza del legame affettivo e definitivo tra un uomo e una donna e in termini molto espliciti del valore del matrimonio.
La clausola, cosiddetta matteana, del permesso del ripudio e quindi del divorzio, secondo quanto aveva stabilito Mosè, non trova accoglienza nella morale e nella prassi cristiana: il matrimonio è monogamico ed è definivo ed unico.
Non ci sono alternative. Lasciare una donna ricorda Gesù la espone all’adulterio, cioè la mette in una condizione di fragilità sociale e morale, che può generare comportamenti da parte di altri uomini indegni di essere classificati come tali.
Gesù quindi rivendica un comportamento di totale rispetto verso la donna sposata o legata sentimentalmente ad un uomo o libera da qualsiasi vincolo affettivo.
Come è facile capire, il problema è alla radice, cioè alla base di certe scelte che si fanno nell’ambito della vita coniugale ed affettiva. Gesù quindi non legittima divorzi o altre forme di convivenza tra uomo e donna o di altro genere, ma ricorda semplicemente la grandezza e la bellezza di una vita relazionale, basata sull’amore tra uomo e donna che sia definitivo e non occasionale o temporale.
Non rientra nella visione di una scelta di vita cristiana la possibilità di lasciare e prendere con facilità una donna o un uomo perché non si va più d’accordo. Le intese coniugali, affettive e familiari saltano, a volte, per sciocchezze, gelosie e banalità di ogni genere.
Oggi ci troviamo davanti a violenze sistematiche nei confronti delle donne, con femminicidi e offese di ogni tipo verso di loro.
Basta con questo scempio della dignità della donna e facciamo spazio, nella nostra cultura, che tanto si rifà alla fede cristiana, all’accoglienza totale di ogni uomo e di ogni donna in un progetto d’amore che parta dal rispetto e dalla protezione del matrimonio e della famiglia.
I diritti civili acquisiti nel tempo, in certi contesti culturali e politici, non hanno nulla a che fare con la dignità e la sacralità del matrimonio e della famiglia, che non è una scelta temporanea, né un contratto civile a termine, ma una scelta definitiva basata sull’amore e sul rispetto reciproco.
Nessuna violenza è legittimata, ma solo un grande amore e rispetto, anche in situazioni delicate caratterizzate da certe debolezze e fragilità. Gesù rivendica quindi un diverso atteggiamento e comportamento nei confronti della donna e della famiglia.
L’etica coniugale necessita di camminare su altre strade, quelle che Cristo ha tracciato, che sono le strade dell’amore e della condivisione, dell’accoglienza e del rispetto.
Nel testo del vangelo di questa domenica vengono poi esaminate ed affrontate altre questioni, come quella dell’omicidio.
Gesù ricorda “Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna”.
Bisogna stare attenti non solo a non alzare le mani per uccidere, ma anche ad usare la lingua e la bocca, che non devono offendere o denigrare gli altri.
Certe espressioni che normalmente usiamo nel nostro linguaggio quotidiano rivolto ad altre persone devono scomparire dalla bocca e soprattutto dal cuore e dalla mente di ogni autentico cristiano.
Gesù, poi, affronta il tema del perdono e della riconciliazione. Ci ricorda infatti come comportarci in caso di conflitti con persone, soprattutto se frequentanti lo stesso ambiente di culto e litugico: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!”.
Gesù chiede quindi un comportamento che riconcili le parti e non alimenti una diatriba per anni ed anni, come spesso capita nei vari tribunali e nella varie situazioni sociali, politiche, economiche, legislative e penali.
Arrivare ad un accordo tra le parti in conflitto è sempre un passo di riconciliazione, anche se spesso gli accordi firmati sono peggiori degli stessi disaccordi. Basta vedere ciò che nella storia dell’umanità è capitato dopo i vari conflitti locali e mondiali.
Dietro a tutto questo ragionamento di Gesù c’è un messaggio chiaro e preciso che è sottolineato dalle sue stesse parole, citate all’inizio di questo brano evangelico: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”.
Un monito esplicito alla conversione, al potenziamento della nostra fede, a vivere la carità e l’amore nella pienezza di un cuore segnato dalla passione e risurrezione di nostro Signore.
Su questo stesso tono si articola la prima lettura, tratta al libro del Siràcide: osservanza della legge di Dio, ma anche libertà di agire per il bene o per il male, per la vita o per la morte. Al Signore nulla è ignoto, ma tutto è noto, ma di tutti, anche di coloro che non credono. “I suoi occhi, infatti, sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare”. Se sbagliamo e pecchiamo è solo ed esclusiva responsabilità personale e soggettiva. Non possiamo attribuire i nostri errori e sbagli sempre agli altri, scaricandoci delle nostre responsabilità e non assumendoci quelle decisioni che portano a fare il bene. E allora, come ci ricorda San Paolo Apostolo nella seconda lettura di questa domenica, tratta dalla sua prima lettera ai Corinzi, si tratta si essere sapienti e di sviluppare una conoscenza dell’io e di Dio, che ci porti a non sbagliare nella vita, ad essere fedeli e coerenti alla nostra scelta di fede, fino all’ultimo momento del nostro vivere sulla terra. Bisogna sviluppare quella umiltà della mente e del cuore che ci porti ad agire con fedeltà e coerenza nel confronti della nostra scelta di fede, effettuata liberamente e consapevolmente.
L’orgoglio e il dominio non promuovono, ma distruggono l’essere umano, lo mettono in una condizione di fragilità esistenziale, che a nulla vale ogni parola ed ogni consiglio, se il cuore è chiuso a Dio e non si apre con umiltà a quanto Egli ci comunica in ogni circostanza, lieta o triste della nostra vita. Lui c’è sempre e sempre ci sarà per tutta l’umanità che vuole camminare verso l’eternità.

AIROLA (BN). E’ MORTO IL NOTO PASSIONISTA PADRE VINCENZO CORREALE. AVEVA 97 ANNI.

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Airola (Bn). E’ morto Padre Vincenzo Correale, sacerdote e missionario passionista

di padre Antonio Rungi

Alla veneranda età di 97 anni, ieri 6 febbraio 2020 è morto padre Vincenzo Correale, sacerdote passionista. Dopo una lunga malattia, riduttiva della sua autonomia, è morto in una struttura Rsa di Bonea (Bn).

Oggi, venerdì 7 febbraio, alle ore 10, la salma giungerà al convento dei padri passionisti di Airola, nell’antico monastero di Monteoliveto, dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita e nel quale tre anni fa aveva celebrato i suoi 70 anni di vita sacerdotale.

I funerali del noto religioso si svolgeranno, domani, sabato 8 febbraio alle ore 10,30 nel Convento dei Passionisti di Airola.

Padre Vincenzo di Gesù e Maria (al secolo Vincenzo Correale), conosciuto come padre Romualdo, era nato il 9 marzo 1923 a Mercato San Severino (Sa) nell’Arcidiocesi di Salerno, da Agostino e da Adelaide Rega. Da piccolo entrò nel cammino vocazionale dei passionisti, in seguito ad una missione dei passionisti, predicata nel suo paese.

Svolto il regolare iter della scuola apostolica e del noviziato emetteva la professione religiosa il 22 settembre 1940 a Pontecorvo (Fr).

Completati gli studi teologici e filosofici, durante il periodo della seconda guerra mondiale, fu ordinato sacerdote nel 1947 a Paliano.

Iniziava così una lunga ed intensa attività di missionario e predicatore e successivamente di parroco in alcune comunità del Lazio Sud e Campania, tra cui Falvaterra (Fr).

Nella Congregazione dei passionisti ha ricoperto più volte l’ufficio di superiore locale e altri uffici.

Conosciuto ed apprezzato da tutti per la cultura, il senso pastorale, la generosità nel servizio e il coraggio dimostrato in tante situazioni è stato un esempio di buon pastore che ha avuto a cuore tutte le pecorelle dell’ovile, affidate alle sue cure pastorali, andando in cerca di quelle smarrite.

Un esempio per tutti: fu lui a costruire la nuova chiesa di San Tarcisio a Napoli, ricavando il tempio da un capannone di un’ex fabbrica della zona, con le opere annesse, essendo l’antica chiesa, a forma circolare, insufficiente rispetto alle esigenze della parrocchia, cresciuta numericamente e pastoralmente, soprattutto nel periodo affidata alla cura pastorale ai padri Passionisti di Santa Maria ai Monti.

Altro importante e consistente impegno nella ricostruzione della Chiesa parrocchiale di San Nicola in Zuni di Calvi Risorta (Ce), ultimo suo impegno pastorale, lasciato per raggiunti limiti di età e per la precaria salute, con il progressivo calo della vista.

Padre Vincenzo ha vissuto e svolto il suo ministero sacerdotale in vari conventi dell’ ex-provincia religiosa dell’Addolorata: Airola, Calvi Risorta, Falvaterra, Napoli, Paliano e ha predicato diverse missioni.

“Profondamente rattristato per la morte di carissimo padre Vincenzo, molto vicino alla mia famiglia, rammento che negli anni sessanta – ricorda padre Antonio Rungi, già superiore provinciale dei Passionisti del Lazio Sud e Campania dal 2003 al 2007 – era di comunità in Airola, mio paese natio. Qui svolgeva un’ampia azione di promozione vocazionale, insieme a padre Serafino Fava e padre Bernardino Cerroni, tra i giovani ed i ragazzi di Airola. Fu lui ad accompagnarci a diversi di noi, ragazzi di Airola, il 4 ottobre 1964, alla scuola apostolica di Calvi Risorta per iniziare quel cammino di formazione alla vita passionista e sacerdotale che alcuni di noi stanno ancora vivendo. Calvi Risorta, allora accoglieva centinaia di aspiranti alla vita religiosa e passionista. Da alcuni anni è stata chiusa per mancanza di vocazioni. Padre Vincenzo è stato un missionario apprezzatissimo – continua padre Rungi – ed uno dei sacerdoti passionisti impegnati pastoralmente più lungo nelle parrocchie.

Napoli e Calvi Risorta con i tanti fedeli delle rispettive parrocchie li ha portati sempre nel cuore e da buon pastore, con la gentilezza e la signorilità del carattere, sapeva accogliere ed aiutare tutti.

Carattere forte, tenace ed austero, sentiva forte la vocazione passionista per se stesso e per gli altri, desiderava ardentemente vivere il carisma di San Paolo della Croce con lo stile contemplativo, missionario, pastorale e penitenziale. Un passionista di altri tempi che tutti hanno voluto bene, anche i passionisti degli ultimi tempi. Da lui c’era tanto da imparare ed apprendere sempre”. Riposi in pace.