Archivi Mensili: ottobre 2017

P.RUNGI. PREGHIERA PER LE MAMME

BLOG SANTA FAMIGLIA (13)

PREGHIERA PER LE MAMME

COMPOSTA DA PADRE ANTONIO RUNGI

O Signore, Dio della vita,

ti affidiamo le madri di tutta la terra,

giovani, meno giovani o avanti negli anni,

piene di saggezza e di bontà

verso i loro figli che Tu gli ha donato.

 

Volgi il tuo sguardo amorevole,

O Dio, creatore dell’universo,

alla vita nascente, accolta con amore

nel grembo di ogni madre della terra,

anche di fronte alle violenze

di cui sono oggetto continuamente

le donne del nostro tempo.

 

Proteggi le madri che, ogni giorno, lottano con coraggio

per educare, ai veri valori cristiani, umani e sociali

i loro figli naturali o adottivi,

e dare a loro un futuro vivibile.

 

Assisti le madri, o Signore,

che sperimentano, in tutte le parti della terra,

la malattia, l’emarginazione e l’esclusione

per una cultura di discriminazione nei loro confronti.

 

Benedici, O Signore, tutte le mamme

che nel silenzio, nel lavoro, nel servizio alla famiglia

curano la vita e sono missionarie dell’amore di Dio.

 

Ogni madre della terra,

O Gesù, Figlio dell’Onnipotente,

possa sperimentare, in ogni istante della sua esistenza,

l’essere dono per i figli e la famiglia,

con la stessa ricchezza e dolcezza del cuore

di Maria, Madre Tua e Madre di tutti noi. Amen.

P.RUNGI. NUOVA PREGHIERA PER I DEFUNTI – ANNO 2017

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PREGHIERA DEFUNTI 2017

La nostra preghiera per i Defunti

Composta da padre Antonio Rungi

 

Signore Gesù Cristo,

Tu che hai detto che chi crede in Te

non morirà in eterno,

assicura la vita eterna

a tutti i nostri parenti

che hanno lasciato questa terra

per raggiungerTi in cielo

 

Tu che hai asciugato le lacrime

di tante persone che avevano perso i loro cari

consola quanti sono nel pianto e nel dolore

per la perdita recente e drammatica

dei loro parenti, amici e conoscenti.

 

Tu che hai pianto, davanti alla tomba

del tuo carissimo amico Lazzaro

e lo hai riportato in vita,

per un supplemento di tempo su questa terra,

comprendi il nostro lamento e la nostra sofferenza

per le tante morti inattese e innocenti,

di persone indispensabili

della nostra umana felicità.

 

Tu vittima innocente e sacrificale

per salvare l’umanità,

che al ladrone pentito

inchiodato sulla croce, vicino a Te

hai assicurato subito il Paradiso,

concedi la gioia della vita eterna

a tutti i nostri fratelli volati in cielo

e porta con Te nella pace del Tuo Regno

le anime più abbandonate e dimenticate

che si stanno purificando.

 

Maria, Madre dei viventi,

che ben conosce la sofferenza,

conforti coloro che sono nel dolore

e sia la porta ampliata del cielo,

perché tutti i defunti possano entrare

per sempre nella santa e celeste Gerusalemme. Amen.

 

 

P.RUNGI. COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DI DOMENICA 29 OTTOBRE 2017

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XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Domenica 29 ottobre 2017

Un’etica che va oltre i dieci comandamenti e che cura l’amore a Dio e ai fratelli

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa XXX domenica del tempo ordinario, che celebriamo a qualche giorno della solennità di Tutti i Santi e della Commemorazione dei fedeli defunti ci spinge ad andare oltre l’osservanza dei dieci comandamenti, indicando altri percorsi di moralità che un credente e specialmente un cristiano deve seguire per giungere alla saggezza e alla sapienza della vita. Nella prima lettura di oggi, tratta dal Libro dell’Esodo, il libro del racconto della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto e dell’arrivo alla terra promessa del popolo d’Israele, vengono raccomandate di osservare alle normi, quali non molestare e maltrattare i forestieri, non maltrattare la vedova e l’orfano, non prestare il denaro a scopo di usura, specie di chi sta nel bisogno e in necessità, di restituire subito le cose che si sono avute in prestito. In poche parole bisogna avere una coscienza onesta, retta, sensibile e senza mentalità di sfruttare o abusare degli altri. Le motivazioni delle rispettive regole di comportamento sono illustrare, dopo il comando espresso. Il testo biblico ricorda che il popolo d’Israele è stato forestiero e quindi deve trattare bene i forestieri; ricorda pure che si è puniti da Dio se uno maltratta la vedova e l’orfano; che non bisogna agire da usurai se si fa un prestito, ma darlo senza interesse specie se è indigente la persona; che la cosa ricevuta in prestito va restituita al legittimo proprietà, soprattutto se è qualcosa di importante e indispensabile per lui, come può essere un mantello per coprirsi durante la notte e non soffrire il freddo. Sembrano cose di poco conto, ma che in realtà ci fanno capire come rischiamo di abusare in tutto e con tutti nei nostri comportamenti, se non abbiamo una coscienza morale o non avvertiamo il dovere di osservare le leggi che il Signore ha dato. Sono argomenti di grande attualità come l’accoglienza ai forestieri, l’assistenza sociale ed economica alle vedove e agli orfani, la questione dell’usura sempre più diffusa in tutti gli ambiente, fino a coinvolgere istituzioni riconosciute, come le banche e i agenzie di credito. La parola di Dio, quindi, ci invita ad esaminarci attentamente e fare un bell’esame di coscienza su come ci regoliamo su questioni generali o di attualità. L’invito è esplicito alla conversione, se non agiamo secondo le regole che il Signore ci ha dato e che dobbiamo mettere in pratica. L’Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di questa domenica, riportando i risultati ottenuti tra i tessalonicesi in seguito alla predicazione del Vangelo, mette in evidenza come si sono convertiti i cristiani di Tessalonica, mediante la presenza di ed Acaia Paolo e degli altri, e come questi hanno portato il vangelo in Macedonia ed Acaia, dove i pagani si era convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene”. Una testimonianza importante circa la diffusione del Vangelo nell’Asia Minore e nelle zone di cultura pagana, dove la predicazione di Paolo e suoi discepoli giunge in modo sistematico. E’ evidente che la predicazione si basa su Vangelo della carità e dell’amore misericordioso di Dio, come ci richiama il breve testo del Vangelo di Matteo di questa domenica, in cui troviamo all’opera i farisei per interrogare Gesù sul comandamento più importante ed indispensabile secondo la sua visione della fede. Ebbene uno dei farei, dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova, ponendo questa domanda: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Gesù non fa altro che riportare all’attenzione di grandi sapienti del suo tempo quello che era già scritto e risaputo, ma per niente vissuto e attuato nel comportamento proprio di coloro che erano a conoscenza delle norme dell’Antico Testamento, ma non le osservava. Gesù giustamente ribadisce la centralità dell’amore di Dio e del prossimo nella vita di ogni persona che crede e sottolinea anche il modo di amare Dio e il prossimo. Il primo in modo totalizzante, con tutto se stessi, e il secondo nel modo conformante, cioè nel modo uguale a come si ha cura della propria persona. Una strategia di Gesù per mettere in crisi il loro presunto ed arrogante pensiero di sapere tutto della legge, ma di non vivere nulla di quella legge in profondità, ma solo alla superficie e per essere lodati dalla gente. Gesù ribadisce che Dio si ama dentro e con tutto il cuore, con sincerità e senza misurare e quantificare questo amore; mentre i fratelli si devono amare con la stessa cura ed attenzione che prestiamo a noi stessi, usando come criterio di misura lo stesso stile e modo di pensare a noi. In ragione di tutte queste considerazioni possiamo ben elevare la nostra mente a Dio e pregarlo con le parole che nascono dal cuore e diventano liturgia di lode e di culto: O Padre, che fai ogni cosa per amore e sei la più sicura difesa degli umili e dei poveri, donaci un cuore libero da tutti gli idoli, per servire te sole amare i fratelli, secondo lo Spirito del tuo Figlio, facendo del suo comandamento nuovo l’unica legge della vita”.

LA PREGHIERA A SAN PAOLO DELLA CROCE SCRITTA DAL TEOLOGO RUNGI

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Preghiera a San Paolo della Croce
Composta da padre Antonio Rungi

O ardente apostolo di Gesù Crocifisso,
ci rivolgiamo a te, o San Paolo della Croce, 
fondatore dei Passionisti,
perché dall’Amore Crocifisso,
per il Quale hai vissuto tutta la tua vita,
otteniamo pace, misericordia e perdono.

Dal cielo, dove contempli in eterno
il tuo Amore messo in Croce,
volgi lo sguardo alla tua famiglia religiosa,
perché possa continuare a vivere
il carisma della Passione,
con l’entusiasmo e la gioia di sempre
e di offrire la propria vita alla causa del vangelo.

Padre Santo
assisti quanti sono in cerca della verità,
della giustizia e della pace del cuore,
che possono raggiungere, nell’umiltà,
ai piedi della Croce di Gesù.

Benedici quanti operano
a servizio dei tanti crocifissi,
abbandonati nelle diverse nazioni del mondo,
senza alcun diritto riconosciuto
e offesi nella loro dignità di persone umane,
sempre più bisognose del buon samaritano.

A piedi della croce
e alla scuola di Maria Santissima Addolorata,
facci comprendere, o San Paolo,
cosa significa davvero amare Dio e i fratelli,
salendo con Gesù il Calvario della sofferenza,
dell’amore e della donazione.

Noi vogliamo essere, come te, Paolo della Croce,
figli della Passione, che portano nel cuore e sul petto,
i segni della morte e risurrezione del Signore,
capaci di trasformare questo mondo,
annunciando all’uomo dei nostri giorni
l’opera più stupenda dell’amore Dio,
che è la Passione di nostro Signore Gesù Cristo.
Amen.

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A 150 anni dalla Canonizzazione
di San Paolo della Croce
1867—29 giugno—2017

P.RUNGI. IL COMMENTO ALLA XXVIII DOMENICA T.O- 15 OTTOBRE 2017

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XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Domenica 15 ottobre 2017

Tutti siamo invitati alle nozze dell’amore di Dio nel tempo e nell’eternità.

Commento di padre Antonio Rungi

 

La parola di Dio di questa domenica XXVIII ci invita, nel Vangelo, a prendere parte alle nozze dell’Agnello, alle quali siamo tutti inviati, in modo degno, ben preparati, con le vesti spirituali ed interiori idonee, quelle che veramente contano per entrare a far parte di coloro che amano Dio e lo vogliono seguire sulla strada della carità. Possiamo ben dire che tutti siamo inviarti alle nozze dell’amore di Dio per l’umanità, intorno a quel banchetto che ha preparato il Signore per noi, rivolgendo il suo invito a determinate categorie di persone, quelle che più degli altri hanno bisogno di prenderne parte. La parabola del Vangelo di Matteo di questa domenica ci aiuta a comprende se siamo preparati o meno ad entrare nella sala delle nozze, dove Gesù ci aspetta per condividere con noi la sua festa, che è anche la nostra festa. Tale banchetto nuziale può indicare tante cose spirituali, ma a mio avviso ne indica una precisa, ed è il banchetto eucaristico, al quale possiamo partecipare se abbiamo quella veste nuziale che è la grazia santificante. Grazia che ha origine nel battesimo e che coltiviamo nel tempo vivendo una vita cristiana, soprattutto al livello sacramentale, degna di essere chiamata tale. L’immagine delle nozze che Gesù usa per presentare ai capi dei  sacerdoti e ai farisei la natura del suo regno è emblematica. Dio, il Re della parabola, organizza la festa nuziale per il suo figlio, Gesù Cristo, ed invita chi ha scelto di far partecipare a questo convito e succede che nessuno si presenta. Ci riprova una seconda volta e gli invitati non accolgono l’invito e, addirittura, ognuno va per la propria strada e cura i suoi affari. Alla fine visto la poca disponibilità degli invitati scelti, manda i suoi servi per le strade e invita tutta la gente a prendere parte al banchetto, buoni e cattivi e la sala si riempì. Vi entrano, quindi, tutti i degni e i meno degni, tanto è vero che “il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Si comprende questa dura decisione del Signore, il Re, di escludere dalla partecipazione al banchetto del regno, che è il banchetto dell’amore chi non ha la veste della purezza, della santità, dell’innocenza, della conversione. Il riferimento alla condanna eterna di chi non si converte all’amore di Dio è qui chiaro. La persona che entra senza l’abito nuziale, senza la veste distintiva dell’appartenenza a Dio non è solo il battesimo, ma il battesimo vissuto e concretizzato con una vita di fede, speranza e carità. La conclusione e il messaggio finale della parabola, diremo la morale della favola, è comunicata direttamente da Gesù che presenta questo racconto: “Molti sono chiamati, ma pochi eletti”. Per confermare che la salvezza eterna è rivolta a tutti, nessuno è escluso preventivamente dal banchetto eucaristico ed eterno, ma alcuni o molti si autoescludono perché non vivono nell’amore di Dio, non fanno comunione con i fratelli e vivono nell’odio più pieno, nell’egoismo più totale, concentrati sui beni materiali, sugli interessi e soddisfazioni terreni. Chi vive in questo modo non potrà mai capire pienamente, quanto scrive il profeta Isaia, nel brano della prima lettura di questa XXVIII domenica del tempo ordinario dell’anno liturgico. Uno dei testi, a mio avviso, tra i più belli, tra i più rasserenanti, tra i più significativi che aprono il cuore alla speranza in questo mondo e soprattutto nell’eternità: “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra”. Un testo che ben conosciamo in quanto è inserito nella liturgia esequiale e soprattutto nella commemorazione annuale dei fedeli defunti, quando ricordiamo a noi stessi che siamo pellegrini sulla terra e che ci aspetta la nostra sorella morte, che non è l’ultima parola della vita dell’uomo. Infatti, il mistero della risurrezione di Gesù ci aiuta ad entrare nel mistero della nostra definitiva risurrezione finale. E anche se oggi soffriamo per la morte dei cari e se abbiamo paura e preoccupazione per la nostra sorte finale, ci serva di aiuto quello che abbiamo letto del profeta Isaia: “Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto”. Quante volte il nostro volte si è bagnato di lagrime per il dolore e la sofferenza personale, per la sofferenza che emerge da tante situazioni di questo mondo e soprattutto in occasione della perdita dei nostri cari? Non per consolarci, ma semplicemente per prendere atto della nostra vita che è fatta di gioie e di croci, penso che questa parola possa davvero aprire il nostro cuore alla speranza e alla serenità, quella che sarà piena nell’eternità. Ci aiuta in questo discorso il significativo brano della lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi, nel quale troviamo espressioni di conforto e di maturazione spirituale, difficilmente riscontrabile in altri santi: “Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza”. Gesù è la sua forza spirituale interiore per affrontare ogni prova della sua vita, così difficile per tanti aspetti, ma pure vissuta totalmente a servizio del Vangelo. Perciò conclude con queste meravigliose espressioni: “Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù”. Sentire Dio come suo è davvero qualcosa di importante per Paolo e per tutti i cristiani. Quanti sentono Dio davvero come unica vera gioia, felicità e ricchezza della propria vita? C’è molto da chiedersi e domandare e con il salmo 22, possiamo dire, con sincerità del cuore e corrispondenza di vita: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia. Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni”. Impegno di vita per tutti noi cristiani è proprio questo inno di lode al Signore che abbiamo elevato con il salmo responsoriale e che completiamo con la colletta di questa domenica:  “O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata, e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna  o a entrarvi senza l’abito nuziale. Amen.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO – DOMENICA XXVII – 8 OTTOBRE 2017

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XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
DOMENICA 8 OTTOBRE 2017

Custodi e messaggeri di pace e di giustizia nel mondo.

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa XXVII domenica del tempo ordinario è un chiaro invito a vivere nella pace, nella serenità, senza drammatizzare nelle situazioni della vita. L’apostolo Paolo nel brano della lettera ai Filippesi, che ci sta accompagnando in queste domeniche, dice cose straordinariamente attuali per la vita della chiesa e dell’umana società: “Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti”.

Il modo più certo per essere ascoltati, da Colui che può tutto, è la preghiera, sono le suppliche e il ringraziamento al Signore anche delle croci e delle prove.

Dobbiamo sforzarci nel vivere nella massa serenità interiore e relazionale. Solo così “la pace di Dio, che supera ogni intelligenza”, custodirà i nostri cuori e le nostre menti in Cristo Gesù, senza farci allontanare dalla retta via. Infatti, noi siamo chiamati a discernere, da un punto di vista cognitivo e razionale, oltre che morale, “quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode”, perché diventi tutto questo oggetto dei nostri pensieri. Non possiamo distrarci su altre cose, né rincorrere altri obiettivi della vita, ma semplicemente andare alla ricerca dei valori essenziali dell’esistenza umana e dell’etica cristiana. Da qui, l’invito che l’Apostolo ci fa pervenire attraverso i suoi scritti: “le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. Da tutto dipende la nostra pace e la pace degli altri e così il Dio della pace abiterà con noi.

Questo nostro modo di agire ci aiuta ad entrare nel complesso problema del rapporto tra noi, Dio e gli altri. Questi altri sono la chiesa, la comunità dei credenti, la vigna del Signore, che è meglio identificata con la Chiesa di oggi e di sempre, con quanti si professavano credenti in Javhé, prima della venuta di Cristo e con quanti si professano discepoli di Gesù e suoi seguaci dopo la sua venuta tra noi, con il compimento dell’opera della redenzione, mediante la sua morte e risurrezione.

Dal testo del Vangelo di Matteo, che ci presenta un’altra parabola della vigna comprendiamo la lezione di curare questa vigna, cioè il regno di Dio in mezzo a noi e farla fruttificare, altrimenti sarà destinata a finire in una zona diversa, nella quale è stata piantata, per essere trapiantata altrove dove darà più frutto, l’uva e poi il buon vino sperato. Chiara allusione all’accoglienza del regno di Dio, della fede e di quanto Cristo ci dice per dare i frutti necessari, noi e gli altri che siamo stati chiamati a lavorare da sempre in questa vigna del Signore. Il racconto della parola, come descritta da Matteo e messa sulla bocca di Gesù, ci fa capire tutto il fascino di questo parlare e soprattutto riflettere sul contenuto essenziale che viene espresso da Gesù a conclusione del racconto: “Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti”. Non accogliere Cristo è un rischio spirituale per tutti, specie per quanti hanno avuto la possibilità di incontrarlo in tanti modi nella loro vita: nei sacramenti, nella parola, nella preghiera, nella liturgia, nella carità, nella sofferenza, nella gioia. Cristo si è presentato a noi sotto tanti volti e tanti voci. A noi spetta di dare la risposta convinta e definitiva a Lui che ci ha chiamato dalle tenebre all’ammirabile luce della fede. Non diventiamo come quei contadini della parabola di oggi  che “presero i servi (del padrone della vigna) e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo”. In poche parole tutto quello che il Signore ha fatto per il popolo santo di Dio nel corso dei secoli, attraverso l’invio dei profeti e delle anime buone, capaci di parlare con il cuore nel nome del Signore. L’ultimo atto di questa pedagogia dell’accoglienza del Regno e cioè del Messia, identificato qui  nel Figlio del Padrone della Vigna, “mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero”. Il riferimento alla passione è morte in croce di Gesù è qui preannunziato e anticipato. Gesù conosce bene quale sarà la sua missione e come si concluderà in questo mondo. Egli è divenuta la pietra scartata dai costruttori, poi giunta ad essere fondamentale per costruire il tempio, la chiesa di Dio, tiene a sottolineare che “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Sì, Gesù Cristo, Pietra angolare è la meraviglia delle meraviglie, anzi l’unica vera meraviglia che l’uomo su questa terra potrà contemplare mentre è in cammino verso l’eternità e soprattutto godere per sempre nella pace eterna. Non deludiamo Dio, non facciamo soffrire Cristo con il nostro modo di comportarci ed agire, come già faceva osservare il profeta Isaia agli israeliti, prima della venuta del Messia, scrivendo, sotto ispirazione, parole che suonano come un macigno nella vita di coloro che si pensano di essere nel giusto e sulla retta via ed, invece, non lo sono affatto: “Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?”. In altre parole, mentre il Signore attendeva tutto il bene possibile dai suoi contadini e vignaioli, cioè noi,  non abbiamo dato alcuni frutti, siamo rimasti acerbi in tutto e quindi inutili al progetto del miglioramento del rendimento della vita. La riposta del Signore era ed è scontata in ogni situazione del genere, in cui non c’è produttività spirituale: “Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi”.

Non è altro il quadro del mondo del tempo di Isaia e del nostro tempo, anzi dei nostri giorni, in cui la violenza, il terrore, la morte, le stragi, lo spargimento di sangue è a livello globale.  E allora di fronte al male del mondo, alla distruzione della vigna della carità, dell’amore, del perdono, della giustizia, noi ci rivolgiamo al Signore con questa sentita preghiera del Salmo 79: “Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato, il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi”. Amen.