PADRE ANTONIO RUNGI PASSIONISTA GIORNALISTA

P.RUNGI. IL COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DI DOMENICA 23 SETTEMBRE 2018

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Domenica 23 settembre 2018

La classifica che conta davanti a Dio. In serie A del Paradiso si arriva con l’umiltà.

Commento di padre Antonio Rungi

In questa XXV domenica del tempo ordinario, la nostra riflessione parte dal testo del Vangelo, che è quello di più immediata comprensione ed attualizzazione nella vita dei singoli, come della comunità ecclesiale, sociale ed umana.

L’idea di fondo che Gesù vuol far passare ai discepoli è quella del servizio e non quella del potere, quella dell’ultimo posto e non quella del primo posto, in quanto nella classifica divina ciò che conta non è il primo in ordine di importanza, ma il primo in ordine di santità, di amore e disponibilità verso gli altri.

Gesù sviluppa questa sua riflessione e rivolge questo monito ed esortazione ai suoi dodici apostoli durante il viaggio di attraversamento della Galilea.

Egli come sempre conversa con i suoi discepoli e li prepara a quello che sta per succedere da lì a poco, a conclusione della sua missione terrena, indicando il termine ultimo di questo cammino, che è il Calvario, la croce e la morte.

Diceva infatti, loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà».

Ma i discepoli, intenti in altri ragionamenti e calcoli terreni, come tutti gli esseri umani, non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

La lezione della croce non era stata recepita dai distratti discepoli, al punto tale che non chiesero spiegazioni.

Gesù conoscendo le sue pecorelle, quando giunse a Cafàrnao e fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?».

Beh, era ovvio che non potevano rispondere e quindi tacevano, in quanto non stavano affatto ad ascoltare la parola del Maestro e il suo insegnamento circa la croce e la risurrezione che si avvicinava sempre di più per Lui.

L’evangelista Marco, infatti, come ottimo osservatore e cronista, riporta l’argomento del discorrere degli apostoli: “Per la strada avevano discusso tra loro chi fosse più grande”.

Mentre Gesù parla di sofferenza, loro parlano di potere, di chi doveva occupare il posto più prestigioso vicino a Gesù, chi doveva essere considerato e classificato come primo.

Ebbene, Gesù si siede e chiama a se il gruppo al quale fa questo discorso: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

Per far capire il discorso dell’umiltà, Gesù usa uno stratagemma che colpisce sempre: prese “un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Accogliere Cristo è vivere nell’umiltà, nella semplicità, nel servizio, nella disponibilità piena al progetto di Dio, che è  Croce, ma soprattutto risurrezione e vita.

La logica di Dio è la logica del dono e non del potere e del primeggiare sugli altri, per far valere la propria autorità, ma mettersi al servizio ed essere la chiesa che si inginocchia davanti alle sofferenze dei fratelli e lenisce le piaghe e le ferite del corpo e dello spirito.

Il modello di ispirazione per ogni azione rispondente al disegno di Dio è Cristo, il Servo sofferente, il Crocifisso.

Anche in questa domenica si parla appunto della sofferenza di Gesù, come ci è riportato nel brano della prima lettura di oggi, ricavato dal Libro della Sapienza: [Dissero gli empi:] «Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta”.

Queste insidie le tesero contro Gesù i sommi sacerdoti, il sinedrio e quanti non accettavano il Maestro per quello che diceva e faceva. Da qui la condanna a morte. La prova di questa struttura mentale votata alla distruzione e all’annientamento dell’avversario religioso e politico, la troviamo nelle parole che seguono: “Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».

Esattamente quello che ha vissuto Gesù durante il processo, la condanna a morte, il viaggio al Calvario, la morte in croce. Ma lui ha vinto tutto questo odio con l’amore che promana dalla sua croce e dalla sua risurrezione.

L’odio porta alla divisione, alla separazione, alla guerra e al conflitto di interesse di qualsiasi genere.

San Giacomo Apostolo ci mette in guardia da tutto quello che divide e separa nella vita di ogni cristiano, rammentando che “dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni”. E l’apostolo va all’origine di questi disastri spirituali, interrogandosi e interrogandoci: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?”.

La risposta è lapidaria: “Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni”.

In poche parole succedono tutte queste cose, perché siamo una frana umanamente e spiritualmente, per cui facciamo disastri ad ogni livello.

Per superare tutti questi umani limiti è necessario essere umili e guardare al Crocifisso, chiave di lettura per parlare di pace, giustizia e fratellanza.

Facciamo questo sforzo di confrontarci con il Maestro Crocifisso e Risorto e non con il potere umano, politico ed economico che, secondo un paganesimo sempre più diffuso in tutti gli ambienti, compresi quelli religiosi, è causa di guerra, divisioni e gelosie, calunnie e diffamazioni che portano all’infelicità di chi accusa e dell’accusato.

Sia questa la nostra umile preghiera in questa domenica: “O Dio, Padre di tutti gli uomini, tu vuoi che gli ultimi siano i primi e fai di un fanciullo la misura del tuo regno; donaci la sapienza che viene dall’alto, perché accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più grande è colui che serve”.

Diventiamo davvero grandi davanti a Dio, conquistiamo il primo posto nella classifica di Dio, mettendoci a servizio e donando la vita. In serie A, quella del Paradiso, si arriva con l’umiltà e il sorriso.

P.RUNGI. IL COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DI DOMENICA 23 SETTEMBRE 2018ultima modifica: 2018-09-18T19:59:57+02:00da
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