I miei ultimi racconti su Papa Benedetto XVI

 

Ipapabenedettoaddio1.pngl pellegrino vestito di bianco

 

Dopo un breve viaggio dalla sua casa per otto anni, nel suo trasferimento alla provvisoria residenza non molto lontana dalla città eterna, tutto il mondo seguì il suo viaggio nel cielo, in un elicottero color bianco, come bianca era la sua veste e bianco il suo candore di padre e pastore. Tante lagrime sugli occhi di milioni di persone incollate alla televisione per accompagnare il nuovo pellegrino in veste bianca, verso il riposo momentaneo, in attesa del nuovo papa. Da quel balcone della sua residenza estiva dove si era affacciato tante volte, questa volta si affacciò di nuovo parlando brevemente, ma con commozione, dicendo con la sincerità e la semplictà di sempre, che quello era un giorno diverso per lui. Non un giorno come gli altri, come tanti trascorsi in quel luogo o nel colle del Vaticano. Era il giorno del suo ritiro in preghiera, avendo lasciato il ministero petrino per amore della chiesa. E il suo saluto non fu prolisso, ma con poche parole disse di se stesso ciò che sarebbe stato di lì a poco: un pellegrino che deve percorrere l’ultimo tratto della sua vita. Fu l’ultimo incisivo messaggio, twitter del suo pontificato che sintetizzava tutta la sua statura morale, spirituale e pastorale. In quella espressione disse cosa lo attendeva per il suo futuro, di fronte a chi per giorni si era interrogato come sarebbe stato il suo pensionamento, il suo definitivo ritiro dalla scena pubblica per esclusivi raggiunti limiti di età e di problemi di vigore fisico che non c’era più proprio in ragione dell’età. Lui con semplicità dipinse come un vero grande artista, dalle poche parole, ma incisivo, tutto il suo futuro viaggio, come un semplice pellegrino. Aveva iniziato con il dire che era un semplice operaio nella vigna del Signore e salutava l’immenso popolo che lo aveva seguito e non solo nel giorno dell’addio con la parola del pellegrino. Come tanti pellegrini di questa terra che hanno la coscienza che il viaggio si accorcia sempre di più per avvicanarsi ad un traguardo più importante ed una meta più sicura che è l’eternità. Le lacrime del popolo in preghiera non furono versate vanamente per quel singolare pellegrino vestito di bianco che con il semplice bastone della vecchiata e non più con il pastorale stava vicino al suo popolo in modo diversa, ma altrettanto importante per il bene della chiesa e dell’umanità. Quel pellegrino lo contuiamo a immaginare nelle sue brevi passeggiate nella residenza estiva e poi in quella della su definitiva dimora in attesa di quel giorno del Signore, che forse, nelle ultime parole, aveva fatto intravvedere come imminente, convinto come era che passa la scena di questo mondo e davanti allo scorrere del tempo e degli anni c’è solo di attendere con la preghiera l’eternità. Quel pellegrino con la veste bianca continuò a viaggare con noi, si fece compagno di viaggio con la preghiera e con la parola, proprio come Gesù con i discepoli di Emmaus. E noi lo sentimmo sempre vicino, perché la sua lezione di vita fu talmente incisiva che non c’è più bisogno che parlasse e scrivesse, comunicasse con il mondo intero, perché quello che doveva dire e doveva fare, l’aveva fatto nonostante i propri limiti, confidando solamente in Dio e apprezzando ogni gesto di amore di ogni fratello e comprendendo nell’amore la debolezza e la fragilità di tanti uomini, anche più vicini e stretti a lui come collaboratori.

 

I bambini del Papa

 

Quello fu l’ultimo giorno in cui il Papa accoglieva, come al solito, i fedeli nell’udienza generale del mercoledì. Era l’ulltima volta che avrebbe parlato direttamente al popolo, con lo stesso cuore di padre e pastore nel cui cuore c’erano tutti. La sua papamobile attraversava, prima e dopo la riflessione fatta nella Piazza più nota del mondo, due ali di folla che solo le transenne e i gendarmi riuscivano a contenere per il desiderio di toccarlo e di stingergli la mano per l’ultima volta da Papa in servizio. Non era possibile perché gli agenti della di sicurezza non permettevano a nessuno di avvicinarsi a lui, dopo tanti fatti che erano successi proprio in quella piazza.

Ma nel suo lento procedere, il Papa, dall’auto bianca, benediceva tutti e sorrideva a tutti, guardava all’immenso popolo,che era venuto nella città eterna, dalla stessa Roma e dai mille paesi dell’amata e cara Italia, ma anche da varie nazioni per dargli l’estremo saluto da vivo e non da morto come era successo per secoli e millenni, perché aveva rassegnato le dimissioni, nelle piene facoltà di intendere e di volere e ben cosciente della grave decisione che aveva assunto, fatto unico nella bimillenaria storia di quella singolare istituzione ecclesiastica

Il Papa non è mai solo, il Papa non lascia mai la chiesa, la porta con sé ovunque e sempre egli sta e agisce da solo o in comunione con gli altri. Il Papa è di tutti e tutti sono del Papa. Il Papa continua a stare sulla Croce, ma in modo diverso; infatti sta ai piedi del Crocifisso per pregare e chiedere perdono. Quel giorno, diversamente da tutti gli altri, che avevano caratterizzato il suo breve pontificato, aveva il sapore del dolore, ma anche della speranza. Ci mancherai, non ti lasceremo mai, sei sempre con noi si leggeva sui mille cartelli e striscioni portati in quella piazza che abbraccia tutto il mondo ed è il cuore del mondo. Ecco che mentre la papamobile viaggiava, erano tante le mamme che chiedendo al personale della sicurezza di prendere i loro bambini e portarli dal Papa per farli benedire. Non si contarono quanti furono in quel giorno i bambini che il Papa accolse tra le sue braccia, che baciò con tenero affetto di padre e nonno per poi restituirli immeditamente ai genitori. La gioia immensa delle mamme e dei papà che per l’ulltima volta, nello storico incontro finale tra il successore di Pietro e i fedeli autentici della Chiesa, vedevano il papa Benedetto e avevano la benedizione finale per i bambini appena nati o di pochi mesi. Fu quello un giorno speciale, prima di ritararsi definitivamente dall’ufficio di Romano Pontefice, per stringere tra le sue braccia i tanti bambini del mondo intero. Quei bambini angeli in terra che davano la gioia e il conforto al papa che lasciava la scena di questo mondo per ritirarsi in preghiera e a  vita privata. Quei bambini del Papa entrati nel cuore di questo saggio pastore che per la difesa di essi aveva fatto pulizia e chiarezza nella chiesa, condannando apertamente ciò che indegno di ogni essere umano e soprattutto di ogni persona che si consacra a Dio nella pluralità dei ministeri, ruoli ed uffici nella chiesa. Quei bambini abbracciati dal purezza di quelle mani sante erano la garanzia che nella chiesa una storica pagina era stata voltata, e non perché il Papa avaeva liberamente rassegnato le dimissioni, ma perché un’era nuova per la chiesa e l’umanità iniziava proprio in quell’ora. I bambini del Papa nella loro innocenza e purezza, nella loro semplicità ed essenzialità riportavano il cuore e la mente di quanti amavano Cristo e il suo vangelo, proprio ai gesti del Messia durante il suo ministero pubblico quando si rivolgeva ai suoi apostoli, alquanto infastiditi dalla presenza dei piccoli, che andassero da Lui, perché il Regno di Dio è fatto per loro e per quanti vivono come loro, nella sincerità e purezza della propria esistenza. Dopo quell’ultimo incontro con il popolo acclamente e riconoscente per il lavoro che quel santo Padre aveva fatto in tanti anni, si ritirò in silenzio e solo pochi privilegiati ebbero negli anni futuri la gioia di continuare ad incontrarlo e a dialogare con lui, partendo da un punto fermo per lui e per tutti: la preghiera e la meditazione, che eleva la mente ed il cuore al Signore e nel Signore attingere la forza per essere vicino ad ogni sofferenza dei fratelli e del mondo intero. Quel Papa fu per la prima volta appellato come “emerito”, per non usare il Papa “in pensione”, in quanto egli continuava a pregare, come tanti santi, ai piedi della croce per tutta la Chiesa che aveva servito nel minitero petrino e per i bisogni dell’umanità. In quella sua santa ed elevata preghiera un posto speciale occupavano i bambini, soprattutto quelli più afflitti e derelitti. Il Papa dei bambini continuò ad esserlo anche tra le mura del monastero dove si era ritirato per pregare e servire diversamente Dio e la Chiesa, continuamente immerso nei divini misteri e sempre attento alle necessità della barca di Pietro, che ora era guidata da un altro comandante, e dalla cui stanza dei comandi non era mai sceso il divino Maestro, perché la nave appartiene solo a Lui, vero proprietario di tutta la barca, dell’equipaggio e dei passeggeri in cammino verso i pascoli eterni..

 

L’anziano eremita

 

Da molto tempo aveva deciso di ritarsi tutto soletto su un alto monte a pregare il Signore perché lo liberasse dal peso delle fatiche che quotidianamente doveva sostenere per il bene dei suoi fratelli.

Un giorno decise di farlo nell’assoluta libertà, lasciando interdetti quelli di casa e quanti avevano sperato in lui per continuare a lavorare negli stessi uffici e negli stessi ruoli.

L’età avanzata, la salute precaria, l’antico desiderio di farsi frate, la nostalgia di una vita contemplativa spinsero l’anziano signore a lasciare ogni cosa e ritarsi in contemplazione.

Lasciò la sua vecchia abitazione che aveva occupato per ragioni d’ufficio solo per 8 anni, prendendo possesso di un antico monastero, sistemato per lui, alla meglio, perché oltre che a pregare, potesse continuare a fare le cose a cui si era dedicato da una vita.

Era felice di aver fatto una scelta così radicale e forte, perché avvertiva nel suo cuore di padre, e per certi versi nonno, che solo immergendosi totalmente nella preghiera si è più vicino ai vicini e ai lontani, più di quanto possa assicurare la vicinanza fisica e materiale.

Il giorno in cui per la prima volta si sentì davvero libero nel profondo del suo cuore, senza preoccupazioni per salvaguardare la dottrina e poi l’ufficio, gli sprizzavano gli occhi dalla gioia di aver visto il Signore.

Anche lui, come i tre apostoli con Gesù, era salito sul monte Tabor e da lì contemplava meglio il volto di Dio mediante la preghiera dalla sera alla mattina.

Non sentiva nostalgia di nulla e di nessuno, perché la sua vera nostagia era quella di Dio e una volta compensata tale nostalgia il suo volto e il suo viso ringiovanirono.

Anche la salute migliorò per l’anziano eremita, non dovendo sottoporsi a stress continui per gestire l’ufficio al meglio e dare sicurezza e garanzia su molti versi.

Passavano così le giornate nel suo eremo spirituale, su uno dei colli più rinomati e conosciuti della zona, dove spesso la gente accorreva per trovare ristoro e refrigerio alle loro anime perse e senza mete.

L’anziano eremita non poteva vedere nessuno e né incontrare nessuno, non perché non lo potesse fare, ma perché così aveva liberamente scelto di fare, in quanto stando lontano dal mondo, stava più a contatto con nostro Signore e con lo stesso mondo.

A Gesù, buon Pastore, si rivolgeva per pregare per quanti si affidavano a lui nella preghiera. E lui tutti poneva sull’altare, quando celebrare l’eucaristia quotidiana, assistito dal suo segretario personale e da alcune amabilisse suore, che nulla facevano mancare al saggio eremita di quel monastero singolare.

L’eremita si nutriva di poche cose, faceva penitenza, faceva silenzio, studiava, suonava, passeggiava e nei suoi lunghi passeggi mattutini e serali contava i passi che lo distanziavano dall’eternità. Vestiva di un semplice abito bianco in ricordo della sua veste battesimale.

Tutto immerso nella meditazione dei divini misteri, cosciente della valenza e dell’attualità dei novissimi, quali la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso, non considereva ipotesi plausibile una fine lontana della sua vita, ma preparato orami ad incontrare Dio, ogni giorno allargava sempre di più il suo pensiero sull’orizzonte dell’eternità, mentre il tempo scorreva inesorabilmente sul mondo.

Anche il giorno del suo abbandono, in cui tutti piansero per aver lasciato l’incarico, lo rileggeva nell’ottica della gioia e della speranza per il mondo, perché da quel giorno l’anziano eremita pregava continuamente Iddio per la sua gente e per quanti credevano fermamente in un mondo diverso. Un mondo senza protagonismi di nessun genere, ma solo con il desiderio di esercitarsi nell’umiltà, quella virtù morale che è capace di cambiare il mondo in un solo istante.

Non si era separato dal mondo, ma vi era più vicino con la preghiera autentica di un eremita saggio, santo ed intelligente.

I miei ultimi racconti su Papa Benedetto XVIultima modifica: 2013-03-01T01:08:00+01:00da pace2005
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