Archivi Mensili: maggio 2009

L’Oservatore Casertano

Mondragone (Ce). Nasce “L’Osservatore Casertano”, il settimanale on-line diretto da padre Rungi
 
Con il primo numero già in rete oggi, nasce il settimanale on-line “L’Osservatore casertano”, giornale telematico diretto dal teologo morale e religioso passionista della comunità di Mondragone, padre Antonio Rungi. Quattro pagine in formato tabloid, riversate in rete in pdf, facilmente consultabili al blog di padre Antonio Rungi http://padreantoniorungi@myblog.it in cui il teologo parla della realtà locale e della chiesa. Attualità, società, Chiesa, Parola di Dio ed infomazione generale sono le pagine curate personalmente da padre Rungi e frutto del suo lavoro giornalistico, biblico, pastorale, teologico e culturale. La testata del giornale è stata scelta con chiari riferimenti all’Organo ufficiale della Santa Sede e quindi il settimanale sarà ispirato ai principi cattolici, alla Chiesa universale e particolare anche se l’attenzione sarà prestata soprattutto alla realtè locale, sociale ed ecclesiale del terriorio casertano, del litorale domiziano e della Campania. Un lavoro che impegnerà non poco il teologo-giornalista già impegnato su vari fronti nella comunicazione sociale. Già direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali dal 1996 al 2003, padre Rungi, in oltre 30 anni di attività giornalistica non ha mai smesso di mantenere i contatti con i mezzi di comunicazione sociale, divenuti un vero e proprio aeropago per lui. Direttore della Rivista Presenza Missionaria Passionista dal 1990, organo ufficiale dei passionisti della Campania e Basso Lazio, collabora con Avvenire Nazionale e sporadicamente con L’Osservatore Romano, con emittenti radio televisive quali Tele Radio Padre Pio. cura personalmente i suoi siti internet e i suoi blog. Presente con un suo profilo sui vari network sociali, da gennaio scorso ha avviato una singolare iniziativa quale quella della teologia morale on-line, destinando ad essa un blog specifico ( http://teologiamoralecattolicaon-line.myblog.it ). Corso seguit regolarmente da circa 600 studenti. Circa 2000 gli amici che padre Rungi ha accettato sul social network più famoso con i quali interagisce e propone tematiche e riflessioni nel corso della settimana. Un sacerdote impegnato in modo singolare nei media moderni, consapevole qual è della loro utilità se ben usati e soprattutto finalizzati alla diffusione del vangelo, della parola di Dio e dell’insegnamento della Chiesa cattolica.

Il commento alla parola di Dio, domenica 17 maggio 2009

VI Domenica di Pasqua

 

17 Maggio 2009

 

La filosofia e la pedagogia dell’amore cristiano

 

di padre Antonio Rungi

Celebriamo oggi la sesta domenica del periodo liturgico di Pasqua e la parola di Dio ritorna sul tema dell’amore cristiano. Un amore che trova la sua sorgente in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e si manifesta visibilmente nella pienezza dei tempi con la venuta di Cristo sulla terra con la sua missione e con la sua morte e risurrezione. Il riferimento concreto di questo amore, la esemplarità di questo amore la troviamo espressa nella vita e nella missione di Cristo. Di conseguenza l’amore che deve circolare nelle vene spirituali degli esseri umani e soprattutto di quelli che si dicono cristiani è quello che si ispira a Cristo stesso, salvatore e redentore dell’uomo. Possiamo ben dire che c’è una filosofia e pedagogia dell’amore in senso cristiano che è urgente capire e trasmettere, come i genitori con i propri figli e gli educatori nei confronti dei loro discenti. Senza amore non si va da nessuna parte ed il mondo non si salva. Il testo del vangelo di Giovani ci apre proprio questo orizzonte di vita relazionale senza il quale le tenebre prevalgono sulla luce e sulla verità: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Capire dove e in quale parte sta la vera gioia e l’assoluta verità dei fatti della vita è fare tesoro di quello che il vangelo oggi ci dice. Dio ha mandato Cristo e Cristo manda noi messaggeri di pace, amore e riconciliazione. L’amore è essenziale per ogni uomo e credente e chi vive e permane nell’amore non fa altro che vivere e rimanere saldo nella legge del Signore, quei comandamenti di Dio e di Cristo offerti a noi come vie di libertà, di gioia e di salvezza. Il cristiano aspira a vivere nella gioia e con gioia la su esistenza ed il modo per realizzare tutto questo sta appunto nel mettere in pratica i comandamenti di Dio. Chi ama veramente è capace, poi, di grandi gesti e il massimo possibile di questi è dare la vita, come d’altra parte Cristo ha dato la vita per la salvezza dell’umanità. Dio ci ama veramente e ci ha portato alla condizione di suoi figli adottivi, per cui non siamo servi, ma figli di Dio e in quanto tali abbiamo il dovere morale di agire da figli e non da schiavi, da amici e non da nemici di Cristo. Se siamo stati scelti per una vita di comunione nella grazia con il Signore questo è un dono ed un impegno. E’ una grazia, ma anche una missione d’amore che abbiamo da compiere ovunque siamo e qualsiasi cosa facciamo.

Sul tema della carità si concentra anche la seconda lettura, tratta dalla prima lettera di San Giovanni Apostolo, dove è espresso chiaramente qual debba essere il comportamento caratterizzante di ogni credente: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”.

L’amore è conoscenza, è contemplazione, è amicizia, è comunione, chi vive nell’amore è una persona credente per necessità di cose, in quanto l’amore è strettamente congiunta alla sua sorgente che è Dio. Non possiamo parlare di vero amore se non rapportando il discorso e la vita a Dio, al Figlio di Dio che è vittima di espiazione per i nostri peccati. Chi non ama vive nelle tenebre e vive in peccato, in quanto una persona senza amore è un individuo senza identità, senza il suo essere fondamentale. Come Dio è amore, così in Dio l’uomo è amore e non può fare a meno dell’amore. Per questo amore che deve crescere e diffondersi, per questo amore che deve essere conosciuto la chiesa di ieri e di oggi è impegnata nell’evangelizzazione e nella promozione umana. Dal dovere di evangelizzare deriva l’obbligo dell’accogliere: tutti hanno diritto alla salvezza e a a nessuno è preclusa la possibilità della salvezza, in quanto Cristo è morto per tutti.

Gli Atti degli Apostoli ci danno precise indicazioni su come operare ed agire per essere il linea con la parola di Dio, il magistero della Chiesa, a tradizione e il senso della fede. Il dono dello Spirito Santo non è esclusiva proprietà di qualcuno o di un gruppo, ma è per tutti, basta essere docili alla sua azione. “Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga».
Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.

Come Pietro anche noi cristiani del terzo millennio dobbiamo renderci conto che lameno davanti a Dio siamo tutti uguale e Dio non fa preferenze, né accetta “raccomandazioni” per promuovere qualcuno e danneggiare altri, ma tutti sono degni di rispetto ed accoglienza nel cuore paterno di Dio che vuole che tutti gli uomini si salvino e nessuno vada perduto o gettato nella geenna. Ecco perché quanti si dicono cristiani non debbono sentirsi privilegiati, ma solamente più responsabili davanti alle situazioni del mondo di oggi. E’ bene ricordare a noi stessi che Dio “accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”. Come dire che nella infinita misericordia di Dio tutti possono salvarsi vivendo da cristiani in modo naturale, oppure da cristiani per libera scelta e di adesione alla persona di Cristo che trova fondante nel battesimo.

Sia questa la nostra preghiera di oggi, la mia preghiera dell’amore, che dal mio cuore sacerdotale è sorta in questi giorni e che ho fissato in un testo ricco di riflessione e di stimoli per concretizzare il vangelo della carità: “Signore insegnaci ad amare come ci hai amato Tu, senza limiti e confini, senza odi e risentimenti, senza pregiudizi, distaccati da ogni umano e vile interesse personale. Facci amare con un amore libero e potente fino a varcare le soglie dell’indifferenza. Signore insegnaci ad amare coloro che non ci amano, i nostri nemici di ieri e di sempre, i nostri nemici veri ed apparenti, i nostri nemici che hanno giocato con la nostra vita e continuano a giocare con i nostri valori e sentimenti. Signore dacci la forza di amare coloro che ci amano solo per un momento e solo in determinate circostanze, sfruttando l’amicizia, la fiducia, la confidenza e strumentalizzando il vero bene che manifestiamo nei loro riguardi anche quando sono presi da altri interessi. Signore facci amare gli orgogliosi, i presuntuosi, i presunti sapienti di ogni generazione, condizione sociale e provenienza, i critici che seminano zizzania anche nei luoghi sacri, lontani come sono dalla verità e dai grandi ideali. Signore, quando non abbiamo più la forza di amare questi e tanti altri nostri fratelli che percepiamo come nostri nemici, prendici per mano a facci salire sulla Croce con Te, per gridare da questo speciale pulpito dell’Amore, nei nostri momenti di dolore, solitudine ed abbandono, “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”, incapaci come sono di vedere, pensare e fare il bene. Signore dacci sempre questo Amore che promana dalla Tua Croce, testimonianza di un amore senza limiti e senza confini”. Amen.

 

Mondragone (Ce). Bicentenario della Serva di Dio Victorine Le Dieu

Triduo-suore.jpgLe Suore di Gesù Redentore dell’Istituto Stella Maris di Mondragone (Ce), si preparano a celebrare la loro Fondatrice. Infatti, un triduo di predicazione in preparazione al Bicentenario della nascita della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu (Avranches, 22 maggio 1809) sarà predicato da padre Antonio Rungi, passionista, teologo morale campano. Ecco il programma dettagliato della fase di preparazione e della cerimonia celebrativa centenaria. Primo giorno- Martedì 19 maggio 2009- Ore 20,00: “Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal. 2,20). Secondo giorno- Mercoledì 20 maggio 2009- Ore 20,00: “Sono stato conquistato da Gesù Cristo” (Fil, 3,12). Terzo giorno- Giovedì 21 maggio 2009- Ore 20,00: “L’amore del Cristo ci spinge” (2Cor.5,14). Le tre tematiche saranno sviluppate alla luce: -della Parola di Dio, in particolare dell’Epistolario paolino; -del Magistero della Chiesa (Perfectae caritatis e Vita consacrata); -della testimonianza di vita della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu, Fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, della quale il 22 maggio 2009 ricorre il bicentenario della nascita -della lettera pastorale di mons.Antonio Napoletano, Vescovo di Sessa Aurunca dal titolo “Con un amore incorruttibile nelle vie di Dio”. E sarà il Vescovo della Diocesi, monsignor Antonio Napoletano a presiedere la solenne concelebrazione di venerdì, 22 maggio 2009, alle ore 19.00, nella Chiesa delle Suore di Gesù Redentore in occasione del bicentenario della nascita della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu. Alle celebrazioni sono invitati a partecipare tutte le comunità religiose di Mondragone, i frequentatori dell’oratorio pubblico delle Suore di Gesù Redentore e del Cenacolo di preghiera che si svolge presso le Suore da tre anni, ogni ultimo giovedì del mese, i fedeli laici che vogliono meglio conoscere la figura e l’opera della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu e soprattutto quanti hanno frequentato l’Istituto Stella Maris dalla sua nascita fino ad oggi, che non svolge più la sua attività assistenziale ai minori, ma è diventato centro di spiritualità e casa di accoglienza per quanti vogliono incontrare Cristo nella preghiera, nell’adorazione eucaristica e in una solidarietà condivisa, basata sull’essere figli di uno stesso Padre Dio e fratelli di Gesù Cristo, unico redentore dell’umanità.

La parola di Dio e il commento di Domenica 10 maggio 2009

V Domenica di Pasqua

 

10 Maggio 2009

 

Amare con i fatti e nella verità

 

di padre Antonio Rungi

Rungi-Marcianise2008-1.jpgCelebriamo oggi la quinta domenica del periodo liturgico di Pasqua, che pone al centro della nostra riflessione la vasta gamma dei frutti della conversione, della risurrezione e del mistero pasquale che in questo tempo stiamo celebrando nella liturgia. La parola di Dio, infatti, si concentra molto sul tema dell’operosità dei credenti invitando tutti i cristiani ad amare con i fatti e non solo a parole, come spesso capita in tante realtà vicino a noi e a noi note. La fede se non si traduce in opere è morta. La risurrezione di Cristo che non trasforma il nostro cuore e la nostra azione rimane solo un mistero da contemplare o meditare, se alcun risvolto pratico sulla vita quotidiana. Partendo dalle lettera di San Giacomo Apostolo si comprende esattamente tutto quello che è necessario fare per rendere credibile e visibile la nostra fede nel risorto: Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato”. Approfondendo il brano della seconda lettura di oggi comprendiamo precisamente che solo una corrispondenza piena tra il dire e fare ci rende agli occhi degli altri veri, autentici e credibili. Evidentemente anche al tempo degli apostoli tra coloro che si riconoscevano nella fede di Cristo, molti erano i predicatore, ma pochi gli operatori del bene, con il rischio evidente di non essere fedeli alla parola di Dio e non vivere compiutamente i comandamenti del Signore, in primo luogo quello della carità. Quanto siamo carenti anche oggi, nelle varie situazioni personali, familiari, comunitarie in questo campo lo evinciamo dal contesto generale della nostra società, sempre più immersa nell’egoismo e nell’edonismo. Abbiamo un forte debito nei confronti di quel precetto dell’Amore verso Dio e verso i nostri simili di cui spesso non prendiamo coscienza. Ci legittimiamo comportamenti egoistici, al di fuori di ogni logica del vangelo della carità. Il Vangelo di oggi ci pone davanti alla figura del Cristo, come Colui che è la sorgente della nostra grazia, della nostra linfa vitale, di quanto sia più essenziale alla nostra vita. Egli è la Vite e il Padre è l’Agricoltore. In questo campo spirituale, in questo terreno della grazia, in questo vasto territorio di Dio e del dialogo di Dio con l’umanità, due sono i riferimenti perché tutto progredisca: Cristo e Dio. Essere ancorati a Cristo e vivere immersi nella sua grazia santificante, allontanando da noi ogni ipotesi e prospettiva di peccato, significa portare i veri frutti della propria salvezza ed essere strumenti di salvezza per gli altri. Si continua l’opera di Cristo. Non a caso la Chiesa è chiamata anche la vigna del Signore. Ancorati alla vigna principale ogni tralcio agganciato ad essa produce molto e saporito frutto. Ma se se ne distanza, rischia di morire essiccato, perché non circola più all’interno del tralcio la linfa necessaria per vivere e produrre. In questo ancorarsi a Dio continuamente c’è anche la legittima attesa che quanto chiediamo a Lui possa essere esaudito in qualche modo, anche se le nostre richieste non corrispondo in pieno con i progetti e i pensieri di Dio. “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Con un preciso riferimento al vangelo di oggi  la preghiera iniziale della messa ci introduce nel senso della celebrazione della domenica, la Pasqua settimanale, il giorno del Signore per eccellenza: “O Dio, che ci hai inseriti in Cristo come tralci nella vera vite, donaci il tuo Spirito, perché, amandoci gli uni gli altri di sincero amore, diventiamo primizie di umanità nuova e portiamo frutti di santità e di pace. La sintesi o lo schema di riferimento per la nostra vita di preghiera e per la nostra attività pastorale è ben espresso in questa orazione che meglio di ogni altra preghiera oggi ci dice esattamente quale scelta di vita siamo chiamati a fare se vogliamo far sì che la Parola di Dio non venga seminata invano nella nostra vita e in quella del mondo. L’esempio di un impegno missionario a largo raggio ci viene oggi dal testo degli Atti degli Apostoli in cui vediamo all’opera Paolo e Barnaba. Dopo la conversione di Paolo di Tarso, come sappiamo, la sua vita cambia radicalmente al punto tale che tutto il suo vivere è per Cristo e la morte per lui in nome di Cristo è un guadagno, già pensando a ciò che lo attendeva nella gloria del cielo. Ma è importante sottolineare in questo brano degli Atti degli Apostoli quante difficoltà la Chiesa nascente dovette fronteggiare per recuperare pace al suo interno e al suo esterno, impegnando le energie dei diretti discepoli del Signore e di quanti erano divenuti discepoli ed apostoli successivamente, come Paolo. Un certo scetticismo regnava tra loro, soprattutto come nel caso di Paolo si sapeva precisamente la sua origine e le cose che aveva fatto prima. Barnaba diventa strumento, mediatore per far conoscere Paolo nella sua nuova veste di convertito e di convinto assertore della divinità di Cristo e della sua missione portata a compimento nella morte e risurrezione. Paolo viene accreditato come apostolo vero e certo di fede, su cui si poteva investire e contare per la diffusione del vangelo della salvezza soprattutto alle genti, a quei popoli lontani dalla fede di Israele. A conferma di questo viene presentato agli apostoli riuniti a Gerusalemme ciò che avevano fatto fino  quel momento nel campo dell’evangelizzazione. “In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero”. Dall’insieme del brano si evince anche quanto sia stato difficile per Paolo la sua adesione al Vangelo sia per essere accettato tra i discepoli di Cristo  e sia tra coloro che non credono, che lo vogliono uccidere. Prudentemente la Chiesa lo fa ritornare a Tarso per non esporlo ulteriormente a qualche omicidio o attentato. A conferma questo, allora come oggi, che per parlare di Dio ci vuole coraggio e non bisogna aver paura di quanti hanno poter di uccidere il corpo, ma non possono uccidere l’anima, il cuore e la libertà di espressione e di fede. I tanti martiri dei primi secoli del cristianesimo, tra cui lo stesso San Paolo, ci dicono esattamente qualche testimonianza di fede siamo chiamati a dare in caso di necessità. Chiediamo al Signore che questo coraggio dell’evangelizzare e testimoniare la fede cresca ogni giorno di più nella nostra vita.