commento parola di dio

Il commento alla parola di Dio, domenica 17 maggio 2009

VI Domenica di Pasqua

 

17 Maggio 2009

 

La filosofia e la pedagogia dell’amore cristiano

 

di padre Antonio Rungi

Celebriamo oggi la sesta domenica del periodo liturgico di Pasqua e la parola di Dio ritorna sul tema dell’amore cristiano. Un amore che trova la sua sorgente in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e si manifesta visibilmente nella pienezza dei tempi con la venuta di Cristo sulla terra con la sua missione e con la sua morte e risurrezione. Il riferimento concreto di questo amore, la esemplarità di questo amore la troviamo espressa nella vita e nella missione di Cristo. Di conseguenza l’amore che deve circolare nelle vene spirituali degli esseri umani e soprattutto di quelli che si dicono cristiani è quello che si ispira a Cristo stesso, salvatore e redentore dell’uomo. Possiamo ben dire che c’è una filosofia e pedagogia dell’amore in senso cristiano che è urgente capire e trasmettere, come i genitori con i propri figli e gli educatori nei confronti dei loro discenti. Senza amore non si va da nessuna parte ed il mondo non si salva. Il testo del vangelo di Giovani ci apre proprio questo orizzonte di vita relazionale senza il quale le tenebre prevalgono sulla luce e sulla verità: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Capire dove e in quale parte sta la vera gioia e l’assoluta verità dei fatti della vita è fare tesoro di quello che il vangelo oggi ci dice. Dio ha mandato Cristo e Cristo manda noi messaggeri di pace, amore e riconciliazione. L’amore è essenziale per ogni uomo e credente e chi vive e permane nell’amore non fa altro che vivere e rimanere saldo nella legge del Signore, quei comandamenti di Dio e di Cristo offerti a noi come vie di libertà, di gioia e di salvezza. Il cristiano aspira a vivere nella gioia e con gioia la su esistenza ed il modo per realizzare tutto questo sta appunto nel mettere in pratica i comandamenti di Dio. Chi ama veramente è capace, poi, di grandi gesti e il massimo possibile di questi è dare la vita, come d’altra parte Cristo ha dato la vita per la salvezza dell’umanità. Dio ci ama veramente e ci ha portato alla condizione di suoi figli adottivi, per cui non siamo servi, ma figli di Dio e in quanto tali abbiamo il dovere morale di agire da figli e non da schiavi, da amici e non da nemici di Cristo. Se siamo stati scelti per una vita di comunione nella grazia con il Signore questo è un dono ed un impegno. E’ una grazia, ma anche una missione d’amore che abbiamo da compiere ovunque siamo e qualsiasi cosa facciamo.

Sul tema della carità si concentra anche la seconda lettura, tratta dalla prima lettera di San Giovanni Apostolo, dove è espresso chiaramente qual debba essere il comportamento caratterizzante di ogni credente: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”.

L’amore è conoscenza, è contemplazione, è amicizia, è comunione, chi vive nell’amore è una persona credente per necessità di cose, in quanto l’amore è strettamente congiunta alla sua sorgente che è Dio. Non possiamo parlare di vero amore se non rapportando il discorso e la vita a Dio, al Figlio di Dio che è vittima di espiazione per i nostri peccati. Chi non ama vive nelle tenebre e vive in peccato, in quanto una persona senza amore è un individuo senza identità, senza il suo essere fondamentale. Come Dio è amore, così in Dio l’uomo è amore e non può fare a meno dell’amore. Per questo amore che deve crescere e diffondersi, per questo amore che deve essere conosciuto la chiesa di ieri e di oggi è impegnata nell’evangelizzazione e nella promozione umana. Dal dovere di evangelizzare deriva l’obbligo dell’accogliere: tutti hanno diritto alla salvezza e a a nessuno è preclusa la possibilità della salvezza, in quanto Cristo è morto per tutti.

Gli Atti degli Apostoli ci danno precise indicazioni su come operare ed agire per essere il linea con la parola di Dio, il magistero della Chiesa, a tradizione e il senso della fede. Il dono dello Spirito Santo non è esclusiva proprietà di qualcuno o di un gruppo, ma è per tutti, basta essere docili alla sua azione. “Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga».
Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.

Come Pietro anche noi cristiani del terzo millennio dobbiamo renderci conto che lameno davanti a Dio siamo tutti uguale e Dio non fa preferenze, né accetta “raccomandazioni” per promuovere qualcuno e danneggiare altri, ma tutti sono degni di rispetto ed accoglienza nel cuore paterno di Dio che vuole che tutti gli uomini si salvino e nessuno vada perduto o gettato nella geenna. Ecco perché quanti si dicono cristiani non debbono sentirsi privilegiati, ma solamente più responsabili davanti alle situazioni del mondo di oggi. E’ bene ricordare a noi stessi che Dio “accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”. Come dire che nella infinita misericordia di Dio tutti possono salvarsi vivendo da cristiani in modo naturale, oppure da cristiani per libera scelta e di adesione alla persona di Cristo che trova fondante nel battesimo.

Sia questa la nostra preghiera di oggi, la mia preghiera dell’amore, che dal mio cuore sacerdotale è sorta in questi giorni e che ho fissato in un testo ricco di riflessione e di stimoli per concretizzare il vangelo della carità: “Signore insegnaci ad amare come ci hai amato Tu, senza limiti e confini, senza odi e risentimenti, senza pregiudizi, distaccati da ogni umano e vile interesse personale. Facci amare con un amore libero e potente fino a varcare le soglie dell’indifferenza. Signore insegnaci ad amare coloro che non ci amano, i nostri nemici di ieri e di sempre, i nostri nemici veri ed apparenti, i nostri nemici che hanno giocato con la nostra vita e continuano a giocare con i nostri valori e sentimenti. Signore dacci la forza di amare coloro che ci amano solo per un momento e solo in determinate circostanze, sfruttando l’amicizia, la fiducia, la confidenza e strumentalizzando il vero bene che manifestiamo nei loro riguardi anche quando sono presi da altri interessi. Signore facci amare gli orgogliosi, i presuntuosi, i presunti sapienti di ogni generazione, condizione sociale e provenienza, i critici che seminano zizzania anche nei luoghi sacri, lontani come sono dalla verità e dai grandi ideali. Signore, quando non abbiamo più la forza di amare questi e tanti altri nostri fratelli che percepiamo come nostri nemici, prendici per mano a facci salire sulla Croce con Te, per gridare da questo speciale pulpito dell’Amore, nei nostri momenti di dolore, solitudine ed abbandono, “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”, incapaci come sono di vedere, pensare e fare il bene. Signore dacci sempre questo Amore che promana dalla Tua Croce, testimonianza di un amore senza limiti e senza confini”. Amen.

 

Commento per domenica 18 gennaio

Seconda domenica del tempo ordinario

18 Gennaio 2009

Cercate il vero ed unico Maestro

di padre Antonio Rungi

L’uomo va sempre alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Il cristiano va alla ricerca di Dio, del suo vero maestro di vita. Nel testo del Vangelo di oggi, seconda domenica del tempo ordinario, questa affannosa ricerca è soddisfatta allorquando gli apostoli incontrono Gesù. La chiamata dei primi apostoli del regno di Dio in mezzo agli uomini ha in Gesù Cristo il punto di riferimento essenziale ed imprescindibile. I primi discepoli di Cristo hanno la possibilità di verificare con i loro occhi e costatare personalmente le  condizioni in cui vive Gesù ed aderire a Lui senza attendersi nulla in cambio se non il suo amore di Padre e di Maestro. Nel testo del Vangelo di Giovanni leggiamo: “In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro. Inizia così l’avventura di questi uomini vicino al Maestro, un’avventura che registrerà alti e bassi, certezze ed incertezze, fiducia e sfiducia, abbandono in Lui ritorno in loro stessi, rimpianti e forse qualche delusione. Certamente la loro adesione alla persona di Cristo all’inizio fu piena, gioiosa, promettente. Quello che avvenne nella loro mente in quell’incontro solo gli stessi discepoli lo potrebbero raccontare. Ma quello che successe in seguito nella loro vita vicino al maestro, ma soprattutto quando si trattò di testimoniare la fede in Lui si poi capire a posteriori. Furono affascinati e si dedicarono completamente a Lui, nonostante qualche debolezza momentanea. La chiamata dei primi discepoli di Gesù ci riporta alla testimonianza di un’altra significativa e importante chiamata di cui ci parlano i libri sacri del Vecchio Testamento. E’ la chiamata di Samuele, icona delle quelle chiamate che necessitano tempo e discernimento per essere capite, ma che necessitano anche di guide illuminate come, nel caso particolare quella di Eli, per indirizzare chi è alla ricerca di una identità e di una missione a servizio degli altri verso la strada giusta. Molto bello il testo della prima lettura di oggi tratta dal primo libro di Samuèle, nel quale si parla di questo straordinario uomo di Dio a servizio della causa del Regno. In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuèle andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuéle, Samuéle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Ancora oggi si rinnovi anche per ciascuno di noi questa esperienza e disponibilità verso il Signore: parla che il tuo servo di ascolta. Magari potessimo ascoltare sempre Dio che parla in tanti modi a noi, nel profondo della nostra coscienza, nella gioia e nel dolore, nei poveri e nelle tante situazioni della vita soprattutto dolorose. Ascoltare Dio significa tradurre in moralità ogni parola che esce dalla sua bocca. Si tratta, allora, di modificare i nostri comportamenti e far tesoro di quanto ci ricorda Paolo Apostolo nella prima lettera ai Corinzi “Fratelli, il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!”. Un testo questo di oggi che ci richiama alla purezza del corpo e della mente. Dobbiamo essere lontani dall’impurità. Quanto sia attuale oggi questo messaggio, in un contesto di decadimento dei valori e dello stesso pudore. Il dato teologico che qui emerge con chiarezza è che l’uomo non è un ammasso di cellule, non è un caso, non è un insieme di organi, né è finalizzato solo a determinate funzioni del mangiare, bere, godersi la vita, ma il corpo è tempio dello Spirito Santo, verso il quale dobbiamo avere grande rispetto. Capire questo significa impostare la propria vita temporale e materiale su altri valori avendo a cuore il rispetto della dignità della persona umana, dal suo concepimento fino al suo naturale termine. La nostra preghiera per questa giornata di festa, seconda domenica del tempo ordinario, pasqua settimanale non può che essere la colletta della messa di oggi: “O Dio, che riveli i segni della tua presenza nella Chiesa, nella liturgia e nei fratelli, fa’ che non lasciamo cadere a vuoto nessuna tua parola, per riconoscere il tuo progetto di salvezza e divenire apostoli e profeti del tuo regno”. In un mondo di tanti falsi maestri e profeti che corrompono e distruggono la dignità delle persone vogliamo riaffermare la nostra fede e l’abbandono totale nell’unico vero Maestro che è Cristo Signore.

Solennità dell’Immacolata 2008

Solennità dell’Immacolata 2008

8 Dicembre 2008

Noi che siamo devoti di Maria

di padre Antonio Rungi

Oggi tutto canta le lodi di Maria, dal colore bianco che la liturgia adotta per celebrare la solennità dell’Immacolata, al colore celeste che ci rimanda al cielo, ove Maria vive er sempre nella gloria del Paradiso. La solennità dell’Immacolata è un forte appello al recupero della dignità di ogni persona umana, dal concepimento al suo naturale termine. Una persona fatta ad immagine e somiglianza di Dio, anche se fragile e debole per le conseguenze del peccato d’origine, rimosso dal sacramento del battesimo, ma che comunque condiziona la nostra vita di relazione con Dio e con i fratelli. Noi che siamo devoti della Vergine Santissima non posiamo che gioire in questo giorno di festa, che la Chiesa ufficialmente celebra da poco, rispetto ai suoi due mila anni di storia, ma che in realtà la comunità cristiana celebrava in modo ufficiosa, pensando e guardano a Maria come Madre di Dio e Madre del Salvatore. Nell’Annunciazione, Maria viene chiamata dall’angelo “la piena di grazia”. Chi è piena di grazia se non chi non ha colpa alcuna o macchia di peccato di ogni genere? Maria è tutto questa. Il singolare privilegio avuto da Dio in vista dei meriti della redenzione operata da Cristo è l’unica eccezione. Preservata da peccato originale, questa giovane donna israelitica ha vissuto la sua vita terrena nella perfetta comunione con Dio, senza alcun ombra di peccato in Lei. La tutta pura, la tutta santa, la tutta bella è solo Lei, tra i nati di donna. Rivolgerci a Lei è rivolgerci a Colei che Gesù stesso ha scelto e ha indicato come Madre nostra e come corredentrice, come Madre di bontà e misericordia. Quando nel 1854 Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata non fece altro che prendere atto della grande dignità di Maria nel piano della salvezza e della redenzione del genere umano. Quando nel 1958, la Madonna apparve alla grotta di Massabielle a Lourdes a Bernadetta Soubirous non fece altro che confermare la verità di fede proclamata dal Vicario di Cristo e successore di Pietro, il Sommo Pontefice, qualche anno addietro: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Nel nome di Maria Immacolata da allora in poi sono nate, nel mondo tante iniziative e attività finalizzate alla difesa e promozione della vita umana, della sacralità della persona, della difesa del pudore, della lotta contro ogni forma di violenza, ingiustizia e sopraffazione soprattutto nei confronti della donna. Perciò la solennità dell’Immacolata va oltre i confini della festa religiosa e si colloca all’interno di un processo culturale e morale, sociale e politico che va a recuperare dignità a tutti quelli che offesi ed umiliati in ogni angolo di questa nostra afflitta ed amareggiata terra e valle di lacrime. In questa ottica comprendiamo esattamente quello che scrive l’apostolo Paolo nel brano della lettera agli Efesini che ascoltiamo oggi come testo della seconda lettura della solennità dell’Immacolata: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo”.
Noi siamo chiamati alla santità, alla purezza e modello di questo nostro itinerario di perfezione nella carità è la Vergine Immacolata, la vergine della storia, della concretezza dell’esistenza, la madre premurosa, la donna attenta ed operosa, la sposa casta e timorata di Dio, la donna saggia e operatrice di pace, la donna caritatevole e generosa aperta con il suo purissimo cuore a tutte le istanze dei fratelli affamati, assetati, desiderosi non solo dei beni essenziali della terra, ma del Bene per eccellenza che è Dio. Per realizzare questo modello di vita umana e cristiana abbiamo l’urgenza di lottare con maggiore forza interiore, che solo la grazia di Dio può donarci, le forze del male che si annidano nel cuore dell’uomo e nella storia ed avvenimenti di questi nostri tempi. Questo tempo è segnato da troppe immoralità, dal troppe oscure prospettive di vero benessere e pace. Contro una concezione di morte che prevale su quella della vita, di edonismo e materialismo, deve riemergere dalle ceneri di una umanità senza bussola ed orientamento la luce che viene dalla Madonna, quale donna solare, donna senza peccato e macchia, donna forte e coraggiosa, donna piena di fede, speranza a carità nel Signore. Tutto sarà possibile con Maria e con il suo aiuto materno che ci fa uscire dalle secche e dai vari arenamenti che si registrano nella nostra vita personale e collettiva. I dubbi e le incertezze di Maria nell’Annunciazione, di cui ci ricorda il testo del vangelo di oggi, vengono superarti con il totale abbandono alla parola di Dio, con il recupero della piena fiducia in Dio, in quanto a Lui nulla è impossibile. Chiediamo a Maria in questo giorno solennissimo dell’immacolato suo concepimento di ritrovare la bussola e l’orientamento per ripetere il nostro sì continuamente a Dio e metterci davvero e totalmente nelle sue mani, perché noi siamo opera delle sue mani e gioia del suo cuore di Padre. Maria ci conduca a Cristo, perché da Cristo, unico salvatore, redentore e mediatore possiamo attingere la forza necessaria di quella grazia santificante che ci liberi da ogni tentazione, da ogni male e da ogni peccato che mina la nostra anima e la nostra salvezza eterna. Il Signore ci conceda, per intercessione della Vergine Immacolata, di andare incontro a Lui in santità e purezza di spirito. Maria sia sempre la nostra avvocata e modello di santità a livello personale, familiare, umano, sociale, comunitario. Amen.