P.RUNGI. COMMENTO ALLA XXVIII DOMENICA – 14 OTTOBRE 2018

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XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

DOMENICA 14 OTTOBRE 2018

INVESTIRE PER L’ETERNITA’

COMMENTO DI PADRE ANTONIO RUNGI

La parola di Dio di questa XXVIII domenica del tempo ordinario ci pone di fronte a delle scelte coraggiose che tutti siamo chiamati a compiere e a fare in vista dei beni che contano, per chi crede, e che non riguardano investimenti terreni, ma quelli eterni. E’ il Vangelo di oggi a spingere la nostra riflessione in quella direzione.
Un ricco si rivolge a Gesù, visto che possedeva tutto ed era contento di quella che aveva e faceva, al punto tale che di fronte ad una serie di domande che Gesù gli pone, lui, questo uomo desideroso di possedere qualcosa più importante, dice di aver osservato tutte le norme morali, i vari comandamenti e di averlo fatto dalla giovinezza.
Evidentemente si trattava di una persona, adulta e matura, che incomincia a fare i conti non soltanto con le sue tasche piene di ogni bene materiale, ma con la sua anima. E’ quello che succede a tutti ad una certa età, quando incomincia a farsi strada l’idea della fine della propria vita. E magari se da giovane si era trascurato qualcosa della vita morale e religiosa, poi incomincia ad affiorare la moralità e la coscienza di fare di più e meglio.
Ci si pone la stessa domanda che oggi questa persona desiderosa di perfezionarsi rivolge a Gesù: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».
Ebbene Gesù prende atto dell’onestà intellettuale e della bontà di quell’uomo, ma a questo punto, visto che voleva salire più su nel grado della perfezione dell’amore verso Dio e verso i fratelli, gli propone una scelta di vita radicale per mettersi sulla vera strada che porta all’eternità. E la proposta di Gesù, davanti a questo uomo ricco, attaccato ai beni della terra e alla sua agiatezza, è chiara: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Di fronte a questo inatteso comportamento dell’uomo Gesù sviluppa la sua riflessione sul tema della ricchezza e sulla difficoltà di abbondonare uno stile di vita agiata per donarsi totalmente alla causa della salvezza della propria anima. Il contrasto tra ricchezza e salvezza eterna è ben evidenziato dal Maestro. E Gesù lo dice apertamente agli apostoli che chiedono spiegazione al riguardo: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!».
I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
L’immagine e il paradosso che Gesù utilizza per dimostrare l’impossibilità di salvarsi da parte coloro che rimangono per tutta la vita attaccati alla ricchezza, non ammette ridimensionamenti. Gesù usa esattamente l’espressione del cammello per riferirsi ad un animale così enorme da non poter entrare nella cruna di un ago, cioè nel piccolo foro che ha l’ago dove si infila il cotone o al tempo di Gesù lo spago. Gesù vuole ribadire questa difficoltà, ma lascia spazio alla salvezza anche per i ricchi se si convertano. Tanto è vero che di fronte alla meraviglia generale di chi ascoltava il discorso di Gesù, la gente e gli apostoli più stupiti di prima dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Chiaro riferimento che la salvezza venuta a porta da Cristo sulla terra non esclude nessuno e tutti possono salvarsi se si lasciano toccare il cuore dalla generosità verso gli altri. Di fronte a questa prospettiva di salvezza assicurata a chi lascia ogni cosa, gli Apostoli chiedono vogliono avere una conferma diretta dal loro insegnante. E Pietro, come sempre, prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
Dalla risposta che il Signore dà ai discepoli si comprende che la sequela di Cristo non sono solo riserva gioie, ma anche croci e dolori. Infatti, da sempre la chiesa è perseguita in tutto il mondo e in tutti i secoli, a partire dalla sua nascita e a tutt’oggi. Questa capacità di sacrificarsi per il Vangelo, apre la prospettiva a chi si dona per questa causa quella della vita eterna.
Gesù risponde così alla domanda fondamentale dell’inizio del brano evangelico. Il ricco non la condivide e va via, ma il discepoli che vogliono camminare con il Maestro e dietro di Lui, non possono non accogliere il messaggio e farne tesoro per metterlo in partica. D’altra parte, la parola di Dio, pronunciata dallo stesso Figlio di Dio, ha, come ci ricorda la seconda lettura di oggi, un duplice effetto, quell’ascolto e dell’accoglienza concreta di essa nella propria vita.
Abbiamo, infatti, ascoltato espressioni forti, attinenti all’incidenza della parola di Dio nella vita di chi l’accoglie e la fa davvero sua. Essa è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discernere i sentimenti e i pensieri del cuore.
Il confronto sistematico con la parola di Dio, diventa così giudizio autentico di come agiamo ora e cosa ci attenderà un domani: “Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto”. Il Signore conosce tutto e a Lui dobbiamo rendere conto, senza pensare che sarà un giudice terribile che non comprenderà le debolezze dei propri figli, come ogni padre e madre della terra.
Perciò, a conclusione di queste considerazioni sulla nostra vita da cristiani e di cristiani, chiediamo al Signore, mediante il grande mezzo della preghiera, quella sapienza di cui ci parla la prima lettura dei testi biblici di oggi e quella prudenza necessaria per agire bene: “Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile”.
Sulle parole armoniose di questo bellissimo inno dedicato alla sapienza vogliamo concludere la nostra riflessione con la preghiera della colletta di questa domenica: O Dio, nostro Padre, che scruti i sentimenti e i pensieri dell’uomo, non c’è creatura che possa nascondersi davanti a te; penetra nei nostri cuori con la spada della tua parola, perché alla luce della tua sapienza possiamo valutare le cose terrene ed eterne, e diventare liberi e poveri per il tuo regno”. Amen.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA XXVIII DOMENICA – 14 OTTOBRE 2018ultima modifica: 2018-10-09T23:53:04+02:00da pace2005
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