Archivi Mensili: luglio 2015

COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO – XVIII DOMENICA T.O. -2 AGOSTO 2015

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XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Domenica 2 agosto 2015

DATEVI DA FARE PER IL CIBO CHE DURA PER LA VITA ETERNA

Commento di padre Antonio Rungi

Domenica scorsa il Vangelo di Giovanni ci ha presentato il racconto del miracolo della moltiplicazione dei pani. Continuando, oggi, in questa domenica XVIII la lettura del sesto capitolo dl quarto vangelo, ci viene presentato il commento alquanto amaro e veritiero che Gesù fa, quando vede venire da lui tanta gente. Egli infatti annota, secondo quanto scrive Giovanni: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. In poche parole i segni, i miracoli erano e sono finalizzati a suscitare la fede, l’adesione a Cristo. Invece cosa fa notare Gesù, che tali segni non provocano nella gente se non la soddisfazione delle esigenze fisiche e corporali, riferendosi al fatto che aveva sfamato tanta gente. Da qui l’esplicito invito di Gesù di cambiare atteggiamento nella loro vita e nei suoi confronti: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. Notiamo nel vangelo, negli ascoltatori chi è disponibile a cambiare atteggiamento e vita. E pongono subito la domanda a Gesù: cosa dobbiamo fare? La risposta di Gesù è immediata, non tarda a venire e chiarisce subito che per conquistare il paradiso, quel cibo che dura  per l’eternità si tratta di aderire alla sua persona con la fede totale del cuore. E a dimostrazione che loro sono sulla via giusta, Gesù stesso analizza la storia del popolo d’Israele a partire dal dono della manna nel deserto che il Signore fece scendere sugli israeliti nel loro lungo cammino dalla schiavitù dell’Egitto alla piena libertà di popolo nella terra promessa. La manna, come cibo dal cielo inviata da Dio, era solo un’anticipazione, una prefigurazione di un cibo molto più importante ed insostituibile che Gesù ci dà: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Di fronte a questa affermazione che il pane vero è Lui, il Signore, la richiesta diventa una necessità. Dacci sempre questo pane, dal momento che è il migliore, è quello che dura per l’eterna, è il pane vero ed è il pane per sempre. Gesù si identifica con il pane. E’ evidente il riferimento all’eucaristia. Nell’ultima cena istituendo il sacramento del suo corpo e del suo sangue Egli si fa cibo e bevanda per noi per l’eternità. Nell’eucaristia noi troviamo il cibo vero che ci alimenta per sempre e che ci sostiene nel cammino della vita, in attesa dell’eternità.

La manna del deserto di cui parla il testo della prima lettura di questa domenica XVIII è stato un aiuto momentaneo, che alla fine, proprio perché ricevuto dal cielo più di qualche volta, stanca gli israeliti, che la rifiutano ed incominciano a rimpiangere le cipolle d’Egitto: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».

L’uomo eternamente insoddisfatto se la prende sempre con il Signore quando le cose non corrispondono alle sue attese. La lamentela del popolo d’Israele è la lamentela dell’umanità di sempre che si rivolta continuamente contro il Signore e non sa apprezzare la provvidenza che viene dal cielo e dall’alto. Nulla ci è dovuto, ma tutto diventa dono, se comprendiamo che il Signore è comunque al nostro fianco anche nel momento della necessità e del bisogno. Bisogna sapersi stupire come gli israeliti quando videro al mattino sul loro accampamento quella coltre bianca, cioè la manna, che il Signore aveva fatto calare dal cielo per sostenerli ed alimentarli. Questa vecchia filosofia di credere nella provvidenza di Dio la dobbiamo riscoprire alla luce di una presunta capacità esclusiva dell’uomo di produrre all’infinito ogni bene, ma per alimentare solo una parte della popolazione della terra e non tutti gli esseri umani che, ancora oggi, muoiono di fame. L’eucaristia è per tutti e il pane e la mamma dal cielo deve essere per tutti, se vogliamo essere in linea con gli insegnamenti di Cristo. La preghiera che oggi la comunità dei credenti rivolge al Signore all’inizio della celebrazione della messa ha una portata rilevante su un piano spirituale, umano, morale  e sociale: “O Dio, che affidi al lavoro dell’uomo le immense risorse del creato, fa’ che non manchi mai il pane sulla mensa di ciascuno dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola, perché possiamo saziare la fame di verità che hai posto nel nostro cuore”. Seguiamo gli insegnamenti di Gesù e saremo un popolo, la cui fede diventa azione di amore e di riconciliazione, di verità e di giustizia sociale. San Paolo apostolo, infatti, ci ricorda nel brano della lettera agli Efesini che ascolteremo oggi cheFratelli, che non dobbiamo comportarci più come i pagani con i loro vani pensieri, ma da veri cristiani, con l’ abbandonare, la condotta di prima, lo stile dell’uomo vecchio interiormente e spiritualmente che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovandoci  nello spirito della nostra mente e rivestendoci dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità”. Questo cammino di trasformazione e di trasfigurazione spirituale e morale siamo chiamati a farlo tutti. Nessuno dica a se stesso, non ne ho bisogno e non c’è urgenza e necessità. Ma tutti dobbiamo avvertire l’urgenza di un profondo cambiamento in tutte le cose, nello spirito di Papa Francesco, che vuole una chiesa in uscita, in avanti, non bloccata, capace di annunciare Cristo con la santità della propria vita e con il coraggio dei martiri e testimoni della fede. Una chiesa eucaristica e una chiesa che sappiamo condividere il pane ricevuto con quanti questo pane non l’hanno ed hanno bisogno dell’essenziale. Una chiesa eucaristica che sia una manna dal cielo per tutti coloro che non hanno il pane sulle loro mense.

COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DI DOMENICA 26 LUGLIO 2015

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XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Domenica 26 luglio 2015

Testimoni di una carità concreta ed operativa

Commento di padre Antonio Rungi

La prima lettura della parola di Dio di questa XVII domenica del tempo ordinario, come pure il vangelo di oggi, tratto da San Giovanni Evangelista ci parlano della moltiplicazione dei pani. Possiamo dire si fa riferimento in questi due testi a due speciali interventi di Dio e di Gesù, Figlio di Dio per venire incontro alle necessità materiali ed alimentari delle persone che seguono Cristo, nel testo del Vangelo, e delle persone che seguono il profeta Eliseo, nel testo della prima lettura, tratta dal secondo libro dei Re. Due testi, due miracoli, due opportunità di fare del bene, due occasioni per dimostrare come l’amore vero e sincero delle persone verso altre persone passa attraverso gesti concreti di solidarietà e di attenzione. Dar da mangiare agli affamati è uno dei doveri fondamentali di ogni persona credente, cristiano o non cristiano, perché credere in dio, significa credere nell’amore, nel servire l’uomo in necessità. La fede non è teorizzazione di concetti teologici, la fede è vivere accanto al fratello e sapere aiutarlo, potendolo fare, proprio nel momento del bisogno. Sia il profeta Eliseo e sia Gesù non si tirano indietro o demandando gli altri il compito di sovvenire alle necessità reali ed immediate dei fratelli che stanno lì proprio per loro, per ascoltare la loro parola. Il profeta Eliseo ha fede nella provvidenza di Dio che fa i miracoli della generosità, quando meno uno se li aspetta. Gesù, invece, avendone lui stesso il potere, fa che i pochi pani e pesci a disposizione in quel momento per una folla innumerevole si trasformi in un cibo abbondante per tutti. L’amore sa moltiplicare all’infinito le poche cose che so possiedono, anche nell’ordine delle cose materiali. Il messaggio è chiaro. Nessuno di noi può lavarsi le mani di fronte ai bisogni fondamentali delle persone come quello del cibo e dell’alimentazione. Questi testi biblici, soprattutto il vangelo si addicono perfettamente anche al momento che stiamo vivendo a livello mondiale, con una crisi economica spaventosa, per la mancanza di lavoro e di conseguenza di cibo ed alimentazione a sufficienza per tutti. Mentre è ancora in svolgimento la Expo di Milano 2015, dedicata poi all’alimentazione, “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”, è quanto mai appropriato far meditare su questi passi biblici non solo quanti sono, per vocazione, chiamati a commentare i testi biblici alla domenica, durante l’omelia, come i sacerdoti, i diaconi, i vescovi, il Papa, ma i tecnici della alimentazione mondiale. Migliorare il mondo assicurando a tutti un cibo buono e sufficiente. Una parte molto vasta di popolazione mondiale, ancora oggi muore letteralmente di fame; la povertà avanza anche nei paesi del benessere, come l’Italia, che oggi registra un aumento di poveri e di famiglie in difficoltà, perché non riescono ad assicurare cibo, vestito, studi e il necessario soprattutto ai bambini e giovani. Cosa fare? Bisogna prendere esempio da Gesù: moltiplicare il cibo per tutti non contando sui miracoli, ma su una visione nuova della distribuzione delle ricchezze dei beni. Il cibo è sufficiente per tutti e la Terra può soddisfare in modo completo i bisogno di cibo di tutta la popolazione. Si tratta di fare un discorso di politica alimentare che passi attraverso decisioni sagge e rispettose di tutti gli esseri umani. Ci ha ricordato Papa Francesco in questo messaggio per l’apertura dell’Expo: “Oggi, infatti, nonostante il moltiplicarsi delle organizzazioni e i differenti interventi della comunità internazionale sulla nutrizione, viviamo quello che il santo Papa Giovanni Paolo II indicava come “paradosso dell’abbondanza”. Infatti, “c’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi. Questo è il paradosso! Purtroppo questo paradosso continua a essere attuale. Ci sono pochi temi sui quali si sfoderano tanti sofismi come su quello della fame; e pochi argomenti tanto suscettibili di essere manipolati dai dati, dalle statistiche, dalle esigenze di sicurezza nazionale, dalla corruzione o da un richiamo doloroso alla crisi economica”. Per superare la tentazione dei sofismi – quel nominalismo del pensiero che va oltre, oltre, oltre, ma non tocca mai la realtà – per superare questa tentazione, vi suggerisco tre atteggiamenti concreti. Prima di tutto andare dalle urgenze alle priorità. Il Papa denuncia: “Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa”. Questo è il frutto della legge di competitività per cui il più forte ha la meglio sul più debole. Attenzione: qui non siamo di fronte solo alla logica dello sfruttamento, ma a quella dello scarto; infatti “gli esclusi non sono solo esclusi o sfruttati, ma rifiuti, sono avanzi”. E allora bisogna  rinunciare all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e agire anzitutto sulle cause strutturali della inequità. In secondo luogo dice il Papa che bisogna essere “testimoni di carità”. “Dobbiamo convincerci che la carità “è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro­relazioni: rapporti sociali, economici, politici. Per favore, siate coraggiosi e non abbiate timore di farvi interrogare nei progetti politici ed economici da un significato più ampio della vita perché questo vi aiuta a “servire veramente il bene comune” e vi darà forza nel “moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo”. Infine essere custodi e non padroni della terra. Dinanzi ai beni della terra siamo chiamati a “non perdere mai di vista né l’origine, né la finalità di tali beni, in modo da realizzare un mondo equo e solidale”, così dice la dottrina sociale della Chiesa . La terra ci è stata affidata perché possa essere per noi madre, capace di dare quanto necessario a ciascuno per vivere. Una volta, ho sentito una cosa bella: la Terra non è un’eredità che noi abbiamo ricevuto dai nostri genitori, ma un prestito che fanno i nostri figli a noi, perché noi la custodiamo e la facciamo andare avanti e riportarla a loro. La terra è generosa e non fa mancare nulla a chi la custodisce. La terra, che è madre per tutti, chiede rispetto e non violenza o peggio ancora arroganza da padroni. Dobbiamo riportarla ai nostri figli migliorata, custodita, perché è stato un prestito che loro hanno fatto a noi. L’atteggiamento della custodia non è un impegno esclusivo dei cristiani, riguarda tutti. Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi della tenerezza”. Custodire la terra non solo con bontà, ma anche con tenerezza. Ecco dunque tre atteggiamenti che ci offre per superare le tentazioni dei sofismi, dei nominalismi, di quelli che cercano di fare qualcosa ma senza la concretezza della vita. Scegliere a partire dalla priorità: la dignità della persona; essere uomini e donne testimoni di carità; non aver paura di custodire la terra che è madre di tutti.

Nella domenica del vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, parole più appropriate e sagge per meditare su tale vangelo, al momento, non ce ne sono. Sia questa la nostra preghiera oggi: “O Padre, che nella Pasqua domenicale ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo, aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno, perché sia saziata ogni fame del corpo e dello spirito”. Alla quale aggiungiamo il Padre Nostro, ricordando a noi tutti di pregare perché non manchi il cibo quotidiano non solo sulle nostre tavole, ma su quelle di tutti gli uomini della terra. Facciamo nostro l’invito dell’Apostolo Paolo, nella lettera agli Efesini, che oggi leggiamo per tutti i cristiani:  comportiamoci in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto, “con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandoci a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siamo stati chiamati, quella della nostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

Nel nome di Dio e per motivi di fede vera e operativa a nessun uomo della terra deve mancare il pane quotidiano e il cibo che lo sostiene nel cammino della vita presente. Anche attraverso il nostro agire ed operare, nel poco o nel grande, nessuno dica, non posso fare nulla o non ho nulla da dare. Anche  il più povero più dare tanto a chi è ricco: Partire dal cuore e dalla generosità è il primo passo per vivere da cristiani come Gesù ci ha insegnato proprio moltiplicando quei pochi pani e pesci messi a disposizione per tutti. Il miracolo della carità e dell’amore, passa attraverso il rinunciare a se stessi per dare con generosità agli altri.

TESTO DELLA VEGLIA DI PREGHIERA MARIANA IN ONORE DELLA MADONNA DELLA CIVITA

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SANTUARIO MADONNA DELLA CIVITA – ITRI (LT)

Veglia di Preghiera in onore della Madonna della Civita

A CURA DI PADRE ANTONIO RUNGI

20 LUGLIO 2015

INTRODUZIONE

 

Sac Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

 

R.  Amen.

 

Sac. La grazia e la pace di Dio nostro Padre, dal quale procede ogni bene  per mezzo del Figlio nato dalla Vergine,  sia con tutti voi.

 

R.  E con il tuo spirito.

 

Sac. La Vergine Maria, nell’eterno disegno dell’incarnazione del Verbo, fu predestinata ad essere Madre di Dio. Già nella vita terrena come Madre del Redentore fu associata in modo del tutto singolare all’opera di salvezza.  I momenti e gli aspetti di questa provvidenza salvifica sono espressi anche dalla devozione popolare mariana. La devozione alla Madonna della Civita, entra a far parte legittimamente della sana tradizione e del culto sincero ed autentico che il popolo cristiano rivolge alla Madre di Cristo e della Chiesa.

Raccolti, in preghiera, in questo santuario mariano della Civita, questa sera, alla vigilia della festa della protettrice dell’arcidiocesi di Gaeta e della città di Itri, ci rivolgiamo alla Vergine Maria con il canto della:

 

Salve Regina

 

SI INTRONIZZA L’ICONA DELLA MADONNA DELLA CIVITA

 

Sac. Contempliamo la Vergine Maria apparsa su questo monte Civita come lampada che porta la luce nelle tenebre. Si accenda  nel nostro cuore e nella nostra mente il fuoco della carità.  La Madonna della Civita guidi tutti noi alla conoscenza del suo Figlio, illumini di splendore la nostra mente,

 

FACCIAMO MEMORIA

 

Il Santuario della Madonna della Civita, uno dei più conosciuti e frequentati in Italia con circa 500.000 pellegrini ogni anno, è situato sul Monte  Fusco (673 m.l.m.),  detto della Civita.  Si trova dal Medioevo, Anno Mille, al centro dei sentieri che conducevano al Golfo di Gaeta, alla Ciociaria, all’Abruzzo: le popolazioni di questi comprensori e regioni continuano da secoli a coltivare la particolare venerazione per la Madonna della Civita. Nella zona di Itri è attestata la presenza di monaci benedettini cassinesi. Un monastero risalente al sec. XII è ricordato alle falde del monte Civita, con il nome di val di Fellino (Figline). Il monte della Civita assunse una grande importanza, grazie alla venerazione del ritratto della Madonna Odigitria, che la tradizione volle attribuire alla  mano di  S. Luca  evangelista. Per un evento miracoloso il ritratto bizantino, forse scampato alla lotta iconclasta, come accadde per altri esemplari, fu rinvenuto, da un pastore sordomuto,  su un leccio sul monte Fusco, che acquisto la parola e l’udito e corse a portare la notizia alla popolazione di Itri. Da allora, forse siamo prima del Mille, il Santuario della Civita è divenuto luogo e meta dei pellegrinaggi. 

 

Davanti all’immagine della Madonna della Civita, in questo luogo di preghiera ora  ci rivolgiamo a lei con il canto tradizionale e popolare

“Da te Costantinopoli”.

 

  1. MEDITIAMO CON LA VERGINE MARIA (L’ANNUNCIAZIONE)

 

Lettore. Dal Vangelo secondo Luca

 

Al sesto mese Dio mandò l’angelo Gabriele in una città della Galilea chiamata Nàzaret, ad una vergine sposa di un uomo di nome Giuseppe della casa di Davide: il nome della vergine era Maria. Entrò da lei e le disse: “Salve, piena di grazia, il Signore è con te”. Per tali parole ella rimase turbata e si domandava che cosa significasse un tale saluto. Ma l’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, tu concepirai nel grembo e darai alla luce un figlio. Lo chiamerai Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno e il suo regno non avrà mai fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?”. L’angelo le rispose: “Lo Spirito Santo scenderà sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra; perciò quello che nascerà sarà chiamato santo, Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, e lei che era ritenuta sterile è già al sesto mese; nessuna cosa infatti è impossibile a Dio”. Disse allora Maria: “Ecco la serva del Signore; si faccia di me come hai detto tu”. E l’angelo si allontanò da lei.

 

MOMENTO DI SILENZIO

 

L1. “L’Angelo le disse: non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo”.

 

L2. Piccola Vergine di Nazaret, cosa sai tu della vita, della promessa antica ripetuta dai vecchi patriarchi che vibra ancora soffusa di speranza e di dolore negli uomini che vivono il tuo tempo? L’Angelo ti sorride e tu lo guardi smarrita e titubante per le cose assai grandi che troppo sopravanzano il tuo cuore. “L’ombra dello Spirito ti coprirà, Immacolata. E sarai tempio e talamo del Figlio di Dio onnipotente, diventerai regina prescelta dal tuo Creatore e madre del re d’Israele”. Le comprendi tu queste cose? Tu guardi e il tuo cuore è confuso ma all’Angelo sorridente non puoi che rispondere: “Eccomi. Si faccia la sua volontà”.

 

Sac. Con Maria siamo in ascolto della Parola, immersi nella preghiera e nel silenzio per fare con lei esperienza dello Spirito che dà vita. È dono e frutto dello Spirito la maternità di Maria, che fiorisce da una terra vergine, umile e accogliente. Con Maria vogliamo anche noi consegnare l’ “eccomi” di una resa totale all’azione di Dio e collaborare con lo Spirito che, come un artista sapiente, modella in noi i tratti della bellezza di Cristo. Affidiamo a Maria la nostra preghiera e soprattutto la vita, perché ci accompagni e ci insegni a imitarla nel cuore e nei gesti.

 

Preghiera alla Madonna della Civita

 

Sac. Vergine Santa, Madre di Dio, che qui, in questo luogo di grazia, dispensi favori e doni spirituali a quanti ricorrono a te con cuore sincero, animo contrito e con il forte desiderio di incontrare Dio.

 

Mostraci, o Madre della divina grazia, il tuo Figlio Gesù ed indicaci la strada che porta al cielo, ove possiamo, un giorno, godere per sempre la gioia eterna.

 

Non abbandonarci, Maria della Civita, in questa valle di lacrime, Tu che da questo Monte Santo, vegli sul cammino di tutti i tuoi figli, che abitano qui o sono sparsi nel mondo, diffondendo il tuo nome glorioso e potente in ogni angolo della terra.

 

Non permettere, o Madre dolcissima, che nessun dei tuoi devoti si perda in cerca di false felicità terrene, ma guidalo all’ascesi, come cammino per volare sempre più in alto, incontro a Cristo, tuo Figlio, che Tu ci porgi con infinito amore di Madre.

 

Ti chiediamo, o Madre Santa, che la nuova civiltà dell’amore prevalga sulla cultura dell’odio e del terrore, che l’amore e la solidarietà tra gli esseri umani trovi sempre più spazio nel cuore di tutti gli uomini di questa martoriata terra.

 

Difendi Tu dal cielo i bambini di tutta la terra; sostieni i giovani nel cammino della loro vita umana, sociale, culturale e lavorativa, spesso segnata da insanabili conflitti; benedici i papà e le mamme di famiglia che ogni giorno si sacrificano per i loro figli.

 

Sii vicina a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, a quanti profughi e stranieri vivono la loro condizione di umiliazione e di alienazione, senza possibilità di redenzione.

 

Tu che sei arrivata da terre lontane e qui hai trovato dimora da oltre un millennio dell’era cristiana portata da mani santi e benedette, fa che in ogni angolo della terra risuoni l’unica parola che Cristo Redentore ha recato al mondo come Buon Pastore, che è l’ amore.

 

Vogliamo vivere, Maria, nell’amore sincero verso Dio e verso i nostri fratelli, vogliamo spezzare i vincoli dell’odio, della vendetta e della violenza.

 

Vogliamo essere operatori di pace e di concordia, dovunque il Signore ci chiama a vivere la nostra vocazione e missione di battezzati e consacrati alla diffusione del Regno di Dio tra di noi.

 

Sul tuo esempio, Madre benedetta del Monte Civita, noi vogliamo seguire Gesù e fare veramente quello che Egli ci dirà di fare, nella costruzione di un mondo riconciliato con Dio nell’amore. Amen

 

CANTO MARIANO: SANTA MARIA DEL CAMMINO

 

  1. CAMMINIAMO COME MARIA (L’INCARNAZIONE)

 

DAL VANGELO DI LUCA (2,1-19)

 

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».  Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

 

MOMENTO DI SILENZIO

 

Sac. E’ mistero altissimo di amore l’Incarnazione del Verbo, dono del Padre alla nostra umanità. Facciamo nostri gli atteggiamenti di Maria, atteggiamenti di amore, di contemplazione, di adorazione profonda.

 

R. Al re piacerà la tua bellezza, è il tuo Signore prostrati a Lui.

 

Ascolta, figlia, guarda porgi l’orecchio

dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;

al re piacerà la tua bellezza;

è il tuo Signore, Prostrati a lui.

 

Da Tiro vengono portando doni 

i ricchi del popolo cercano il tuo volto,

la figlia del re è tutta splendore,

d’oro e di gemme è il suo vestito.

 

Al re è presentata in preziosi ricami,

con lei ti son condotte le vergini compagne

guidate in gioia, guidate in esultanza,

entrano insieme nel palazzo regale.

 

Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli

li farai capi di tutta la terra.

A tutte le età ricorderò il nome tuo,

ti loderanno i popoli in eterno.

 

Sac. Preghiamo. O Dio, tu che avvolgi la nostra esistenza con l’amore ineffabile del tuo sguardo, che ci pervade ovunque, in ogni istante e da sempre: per intercessione di Maria, Madre di Cristo Signore, sii la luce in ogni nostro pensiero e desiderio, guidaci sulla via della vita e concedici di porre tutta la nostra speranza solo in te e amarti con tutto il nostro cuore. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

 

CANTO MARIANO: MADONNA NERA

 

Presentazione dei doni

 

Si offrono portandoli in processione all’icona di Maria:

  1. una lampada (segno della fede= Maria Donna di fede)
  2. una brocca d’acqua (segno di purificazione= Maria è la tutta bella, è l’Immacolata);
  3. una Bibbia (segno di ascolto= Maria donna di ascolto e silenzio)
  4.  un mazzo di fiori, (segno del culto e della venerazione della Madonna= Maria il fiore più bello nel paradiso di Dio)

 

(Durante la processione si canta: Andiamo con gioia alla casa del Signore)

 

 

Riflettiamo insieme

 

L. Il Cristo venuto dal cielo rivestì forma mortale.  A Gabriele fu prima mostrato l’integro corpo castissimo; quindi l’Arcangelo disse così alla fanciulla: “Accogli, o Vergine, Dio nel tuo cuore immacolato”.  Detto questo, Dio infuse grazie a Colei che doveva essere per sempre vergine.

 

All’udire, fu presa, insieme, da timore e da stupore. Stette immobile tremando e il suo animo fu come smarrito, mentre il cuore le palpitava forte a causa delle misteriose parole che aveva udito. Quindi il suo cuore si allietò e si confortò per quelle parole. E sorrise, come bambina e arrossì nelle guance allietata di gioia e pervasa nel cuore da un delicato senso di pudore. E a lei tornò il coraggio e il Verbo volò nel suo grembo. Fattosi carne nel tempo e presa vita nel grembo, assunse forma di uomo mortale e fu bambino, nato da parto vergineo. Questa è grande meraviglia per gli uomini. Ma nulla è gran meraviglia per Dio Padre e Dio Figlio. Per il Piccolo nato mise ali la terra gioiosa e il trono celeste sorrise e l’universo esultò.

 

PREGHIERA ALLA VERGINE DI PAPA FRANCESCO

 

Sac.

A Maria, madre della Chiesa e madre della nostra fede, ci rivolgiamo in preghiera.

Aiuta, o Madre, la nostra fede!

Apri il nostro ascolto alla Parola, perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.

Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi, uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa.

Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore, perché possiamo toccarlo con la fede.

Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui, a credere nel suo amore, soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce, quando la nostra fede è chiamata a maturare.

Semina nella nostra fede la gioia del Risorto.

Ricordaci che chi crede non è mai solo.

Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù, affinché Egli sia luce sul nostro cammino. E che questa luce della fede cresca sempre in noi, finché arrivi quel giorno senza tramonto, che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore!

 

MOMENTO DI PREGHIERA SILENZIOSA

 

Sac. Fratelli e sorelle domandiamo a Dio che ci aiuti a creare in noi un cuore libero per lui, capace di amarlo e seguirlo. Preghiamo dicendo insieme “Signore, aiutaci a vivere come Maria”. Rip.

 

L. Quando ci costa pregare, ti sentiamo assente, ci stanchiamo di attendere la tua risposta, Signore aiutaci a vivere come Maria. Rip.

 

L. Quando il dolore ci opprime, lo sconforto ci impigrisce, l’umiliazione induce la ribellione, Signore, aiutaci a vivere come Maria. Rip.

 

L. Quando ci pare di non essere capiti, non accolti e valorizzati; quando ci pesa il dovere quotidiano, quando sperimentiamo la noia di una vita senza significato, Signore aiutaci a vivere come Maria. Rip.

 

L. Quando l’egoismo sminuisce i nostri propositi, la superbia spegne l’amore fraterno, l’impurità tormenta la nostra serenità, Signore aiutaci a vivere come Maria.

 

L. Quando non riusciamo a dare agli altri un po’ del nostro tempo, della nostra attenzione e delle nostre cose, neppure un sorriso sincero e sentito, Signore aiutaci a vivere come Maria.

 

L. Nella gioia e nel dolore, adesso e nell’ora della nostra morte, Signore aiutaci a vivere come Maria. Rip.

 

Preghiamo.

 

Sac. Beata sei tu Maria, perché in te si compiono gli enigmi e i misteri annunciati dai profeti. Mosè ti prefigurava nel roveto ardente, Giacobbe nella scala che giunge al cielo, Davide nell’arca dell’Alleanza, Ezechiele nella porta sigillata. Ed ecco che con il tuo parto questi misteri si sono realizzati. E’ veramente giusto chiamare te beata, Madre di Dio; te, più onorabile dei cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei serafini, te che senz’ombra di corruzione partoristi il Verbo di Dio, te magnifichiamo qual vera Madre di Dio. Te beata per l’eternità o Vergine, Madre di Dio e Madre dell’umanità. Amen.

 

CANTO MARIANO: DELL’AURORA TU SORGI PIU’ BELLA

 

INIZIO DELLA FIACCOLATA

 

Durante la fiaccolata: Santo Rosario Meditato, riflessioni tratte dai Padri della Chiesa, dai Santi e dal Magistero della Chiesa. Il tutto intervallato dai canti e qualche riflessione del sacerdote

 

AL  RIENTRO BENEDIZIONE FINALE CON IL QUADRO DELLA MADONNA

 

Sac. Il Signore sia con voi

 

T. E con il tuo spirito.

 

Sac. Dio misericordioso, che per mezzo del suo Figlio, nato dalla Vergine, ha redento il mondo, vi colmi della sua benedizione.

 

T. Amen.

 

Sac. Dio vi protegga sempre per intercessione di Maria, Vergine e Madre, che ha dato al mondo l’autore della vita.

T.Amen.

 

Sac. A tutti voi che in Maria è stata data la grazia di ammirare l’immagine del compimento del piano della salvezza, conceda il Signore la perseveranza nella fede, nella speranza e nella carità.

T. Amen.

 

Sac. E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre.

T. Amen

 

Sac. Questa veglia di preghiera in onore della Madonna della Civita, è finita. Andate in Pace.

T. Rendiamo grazie a Dio.

 

CANTO MARIANO CONCLUSIVO: ANDRO’ A VEDERLA UN DI’

 

COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DI DOMENICA 19 LUGLIO 2015 – XVI T.O.

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XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

GUAI AI PASTORI CHE NON CURANO IL GREGGE

Commento di padre Antonio Rungi

Nella sacra scrittura ci sono passi forti, dirompenti, ma quello che oggi leggiamo e che è tratto dal profeta Geremia, mette i pastori delle anime davanti alle loro grandi responsabilità. La vocazione sacerdotale, religioso o qualsiasi ministero nella Chiesa una volta accettata, vagliata e scelta per sempre, non può essere considerata uno status sociale di benessere personale e di garanzie per ben vivere. Il pastore scelto dal Signore in mezzo al popolo di Dio deve essere tutto per tutto per il suo popolo. Non ci possono essere giustificazioni, né eccezioni, ne tolleranza alcuna. Nessuno è costretto a fare ciò che sceglie liberamente o accetta liberamente. Per cui, riflettendo sul brano della prima lettura di questa domenica XVI del tempo ordinario, penso a tutti i sacerdoti in cura di anime e soprattutto i parroci. Penso a coloro che in obbedienza al vescovo o ai superiori maggiori hanno accettato la guida pastorale di una parrocchia, di un santuario, di un gruppo religioso, di associazioni, di compiti e ministeri vari nella chiesa e che poi non si impegnano seriamente e costantemente in questo compito. Del loro disimpegno, del loro scarso impegno, dell’impegno a tempo determinato e parziale renderanno conto a Dio, in quanto c’è un’umanità che soffre e aspetta, almeno il conforto del pastore attento e generoso nel servire la causa dei poveri, dei sofferenti. Esempi mirabili di pastori zelanti e instancabili, generosi nel servizio, la chiesa ne conta tantissimi, al punto tale che li ha elevato agli onori degli altari. A tali pastori bisogna ispirare la propria vocazione e missione nella chiesa, se si vuole rispondere al dono ricevuto, che è anche un mistero. Il severo ammonimento che ci ricorda il profeta Geremia deve far pensare ai pastori, ma anche alle pecore, perché spesso sono le pecore a distrarre  i pastori dai loro veri doveri e compiti. Gli uni e gli altri devono camminare insieme e costruire insieme. “Dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere”. Quante persone lontane dalla chiesa anche per responsabilità diretta dei pastori che invece di accogliere, scacciano; invece di essere disponibili sono eternamente stanchi di svolgere il loro primario compito, facendo altre cose e ricoprendo uffici e ruoli incompatibili con quello del pastore che deve stare in mezzo al suo gregge per guidarlo sulla via della santità e non della perdizione, della pace e non della guerra, della disponibilità e non dell’indifferenza. Pastori che sappiano comunicare la loro di gioia di essere sacerdoti e consacrati e non persone tristi e risentite, come ci ricorda papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Evangelii gaudium. Pastori che esercitano ed amministrano il sacramento della misericordia con la stessa bontà e tenerezza di Dio  e che non diventano giudici inflessibili con gli altri e permessivi con se stessi. Sia costante la preghiera al Signore, rivolta al Lui con queste espressioni di sincera volontà di andare incontro a Dio: “Dona ancora, o Padre, alla tua Chiesa, convocata per la Pasqua settimanale, di gustare nella parola e nel pane di vita la presenza del tuo Figlio, perché riconosciamo in lui il vero profeta e pastore, che ci guida alle sorgenti della gioia eterna”. La gioia della propria consacrazione, la gioia da trasmettere agli altri nel servizio pastorale. Certo anche il pastore che ha svolto in pieno il proprio compito e la propria missione è chiamato ad una verifica periodica e sistematica del proprio agire. Il pastore lo può fare da solo, ma anche insieme (cosa preferibile) agli altri pastori e a chi ha la responsabilità in primis dell’opera di chi è pastore a livello locale o a livello parrocchiale. C’è una gerarchia nella responsabilità sui pastori. Il Papa su tutto l’episcopato e sul clero e il vescovo sul clero diocesano e sull’intero popolo di Dio della chiesa locale. Il parroco responsabile della pastorale della sua comunità parrocchiale, di cui deve rendere conto soprattutto a Dio, oltre che ai propri vescovi o superiori. Perciò il pastore deve ritagliarsi dei tempi di tale verifica con gli esercizi spirituali, con i corsi di formazione permanente dei sacerdoti, dei ritiri mensili, di preghiera personale quotidiana, di attenzione ai bisogni della comunità alla quale è stato inviato, soprattutto i più deboli ed emarginati. Il Vangelo di questa domenica ci immette in questo clima di verifica costante del lavoro pastorale e ascoltando i suggerimenti di Gesù, dai agli apostoli, anche i pastori di oggi sapranno lavorare più serenamente e meglio nella vigna del Signore. Basta non accumulare, uffici, incarichi, ruoli, carriera, successo, interessi di altro genere che non siano quelle esclusivamente evangeliche. Anche il desiderato riposo, deve essere spesso accantonato, per continuare nell’azione pastorale. Il bene delle anime è la regola fondamentale di ogni pastore. Ecco perché bisogna far tesoro di quanto leggiamo nel vangelo di oggi, pastori e gregge:In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”. Concludiamo questa riflessione con il brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla  lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni, che è il nostro progetto di vita e missione nella chiesa, sia come sacerdoti che fedeli laici. Aver la coscienza del proprio itinerario di fede, significa porsi davanti al mistero del Cristo Redentore con la responsabilità di chi è chiamato a salvarsi, ma anche ad essere strumenti di salvezza per gli altri: “Gesù  è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”.

E con il Salmo 22, , che oggi possiamo cantare insieme all’assemblea dei fratelli che converranno nella chiesa per la partecipazione alla santa messa e all’eucaristia, noi eleviamo a Dio questo inno di lode e di ringraziamento: Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia. Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. Amen.

FORINO. SI SONO SVOLTI OGGI I FUNERALI DI FRA MODESTO, PASSIONISTA

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Forino (Av).  Svolti i funerali di Fra Modesto De Angelis 

di Antonio Rungi 

Si sono svolti oggi pomeriggio, 13 luglio 2015, dalla 16,30 alle 17,15 i funerali di Fra Modesto De Angelis, religioso passionista della comunità di Airola. Diciotto i sacerdoti concelebranti passionisti, provenienti dalle comunità di Airola, Calvi, Itri-Civita, Napoli, Ceccano e Forino: Ludovico Izzo, Cherubino Di Feo, Giovanni Miraglia, Giuseppe Polselli, Pierluigi Mirra, Nicola Casolaro, Mario Caccavale, Mario Corvino, Antonio Rungi, Francesco Minucci, Cesare Gallo, Aniello Migliaccio, Emanuele Zippo, Gennaro Tanzola, Erasmo Sebastiano, Gianluca Zanni, Pasquale Gravante, Gabriele Marino (francescano). Presente lo studente passionista Marco Masi. La santa messa è stata presieduta da padre Mario Caccavale, ex-superiore provinciale dei passionisti dell’ex-provincia dell’Addolorata. Presenti al rito anche altri due ex-provinciali, padre Ludovico Izzo e padre Antonio Rungi. Dell’attuale nuova curia provinciale della nuova provincia religiosa, intitolata a Maria Presentata al Tempio, era presente padre Aniello Migliaccio, consultore di padre Luigi Vaninetti, attuale provinciale unico di tutti i passionisti d’Italia, Francia e Portogallo.

La liturgia si svolta nella chiesa parrocchiale di san Biagio, guidata dai passionisti di Forino, il cui parroco è padre Gianluca Zanni.

La schola cantorum parrocchiale ha eseguito i canti durante la messa esequiale. Diversi i fedeli, soprattutto i parenti più stretti di Fratel Modesto, che hanno partecipato alla messa. Una discreta rappresentanza del Comune di Airola, dove Fratel Modesto ha vissuto solo gli ultimi quattro anni della sua vita religiosa, ha partecipato al rito.

Tra le autorità presenti c’erano il Sindaco di Airola, Michele Napoletano e i rappresentanti della parrocchia San Michele a Serpentara e del Comitato festeggiamenti della Madonna Addolorata.

Una cerimonia semplice ed essenziale, come essenziale è stata l’omelia tenuta da padre Mario Caccavale, che ha tracciato, in estrema sintesi, la vita di Fratel Modesto De Angelis, soprattutto nel suo ultimo tratto quando ha dovuto confrontarsi con la malattia e il dolore, assistito dai confratelli della comunità di Airola, di Napoli e dalle Monache Passioniste di Napoli, dai volontari e da qualche altro sacerdote, come padre Gabriele Marino, francescano di Airola.

A conclusione della messa i ringraziamenti di padre Pasquale Gravante, superiore pro tempore della comunità passionista di Airola e parroco, per la presenza al le esequie e a quanti sono stati vicini a Fratel Modesto durante la malattia, sperimentata in modo drammatico in questi ultimi anni, citando i parenti vari del defunto.  Ed è stato lo stesso padre Gravante a benedire la bara, prima di essere trasferita al vicino cimitero di Forino, dove è stata tumulata, immeditatamente, alla presenza di alcuni religiosi passionisti che hanno voluto accompagnare, fino all’ultimo destino il carissimo Fra Modesto De Angelis.

Ma ciò che ha colpito e suscitato emozione e uno spontaneo applauso di ringraziamento a Fra Modesto è stata la riflessione finale, letta da un suo parente, nella Chiesa, prima della conclusione di tutta la funzione funebre.

Quando le parole partono dal cuore e si parla con il cuore, basta poco per trasmettere agli altri i pensieri e i sentimenti più veri.

Il resto rientra nella normalità anche di queste tristi circostanze. Solo chi ha voluto bene ed apprezzato veramente una persona sa continuare a volergli bene oltre i confini della morte, perché per i cristiani la morte non spezza i vincoli tra i vivi e i defunti, ma li potenzia nel mistero della morte e risurrezione di Cristo.

NAPOLI. ALL’OSPEDALE CARDARELLI E’ MORTO FRA MODESTO PASSIONISTA

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Itri (Lt). Passionisti in lutto per la morte di Fra Modesto De Angelis 

di Antonio Rungi 

All’età di 71 anni, nell’Ospedale Cardarelli di Napoli, dove era ricoverato da diversi giorni e dove aveva subito l’amputazione di una gamba, è morto Fratel Modesto De Angelis, un fratello laico dei passionisti di Itri, un volto noto e conosciuto non solo a Itri, ma in tutto il territorio del sud Pontino, per il suo servizio alla comunità passionista cittadina e del santuario della Civita.

Per tantissimi anni di presenza a Itri, Fra Modesto si è distinto per la laboriosità e per il suo interesse spiccato per la liturgia, il canto, l’arte sacra. Oltre ad essere frate questuante che, fino a quale anno fa, girava  per campagne, per mercati, al fine di raccogliere le provvidenze per la comunità di Itri, era conosciuto per il suo impegno al Convento di Itri, come cuoco, ortolano, ed autore di artistici presepi in occasione della solennità di Natale.

Fratel Modesto di Maria (al secolo Aniello De Angelis) era nato a Forino (Av), Diocesi di Salerno, allora (oggi diocesi di Avellino) il 25 giugno 1944, da Gaetano e Maria Penna. Tra i passionisti entrò giovanissimo, avendo conosciuto i figli spirituali di San Paolo della Croce, nella sua terra natia, dove la provincia religiosa dell’Addolorata (Basso Lazio e Campania) avevano aperto una nuova casa nel 1950, intitolata al Sacro Cuore di Gesù. Qui i passionisti, dopo il terremoto del 1980, hanno ricostruito il convento ed attualmente vi abitano tre religiosi, di cui uno è parroco.

Fratel Modesto abitava a pochi metri dal Convento dei passionisti di Forino e la frequentazione quotidiana dei religiosi lo convinse di scegliere la vita consacrata donandosi, da giovane, totalmente al servizio della Chiesa.

Pur essendo preparato e di buona intelligenza, preferì fare il cammino di fratello coadiutore (fratello laico), non aspirando mai a diventare sacerdote.

Professò i consigli evangelici di povertà, castità ed obbedienza e il quarto voto della memoria della Passione di Cristo, il 31 dicembre 1960 a Falvaterra (Fr).

Qui rimase per alcuni anni a servizio della comunità del noviziato di Falvaterra, fino a quando negli anni settanta fu trasferito a Itri, dove ha vissuto oltre 40 anni di vita religiosa nel convento cittadino, dedicato alla Madonna di Loreto, e situato nella zona cosiddetta dei Cappuccini.

Con la venuta temporanea della curia provinciale a Itri, il provinciale del tempo, nel 2009, lo trasferì alla comunità passionista di Airola, in provincia di Benevento, dove ha vissuto gli ultimi anni della sua vita.

Da tempo soffriva di diabete, non sempre curato in modo adeguato, malattia che poi è andata peggiorando, fino a vari ricoveri del religioso presso diverse strutture ospedaliere del Sannio e del Molise. Nonostante diversi i mesi di riabilitazione fatti per riprendere una normale vita, tutto è risultato vano, in quanto negli ultimi tempi, Fra Modesto si è aggravato e i superiori maggiori ne hanno dovuto disporre il ricovero, d’intesa con i medici, presso l’Ospedale Cardarelli, dove giorni fa era stato operato dell’amputazione della gamba.

In poche parole, ha detto padre Antonio Rungi, già provinciale della Provincia religiosa dell’Addolorata, attuale religioso della comunità del santuario della Civita “il dinamico, instancabile fratello lavoratore ha ceduto il passo alla malattia e come vero passionista, come era stato per tutta la vita, è salito il suo calvario ed ha completato in lui ciò che mancava alla Passione di Gesù. Se ne va un’altra colonna della nostra ex-provincia religiosa del Basso Lazio e Campania e soprattutto una figura eminente, umile e generosa, della comunità passionista di Itri, che sempre ha amato e servito, nonostante i limiti e le carenze che ognuno ha, con grande amore e passione. Devoto della Madonna della Civita, dei santi passionisti, in particolare di San Paolo della Croce, era una persona felice quando si potevano fare le cose in grande nella liturgia e nelle celebrazioni, processioni in onore della Madonna e dei Santi. A Itri lo ricordano tutti perché animava la liturgia quotidiana e domenicale con le preghiere ed i canti, prima, durante e dopo le sante messe. Il Signore gli doni il premio del servo fedele e generoso, come è stato fratel Modesto, passionista”.

I solenni funerali del religioso si svolgeranno a Forino, nel suo paese natio, lunedì pomeriggio, 13 luglio 2015, nella parrocchia dei santi Stefano e Biagio, guidata dai passionisti e le sue spoglie mortali saranno tumulate nel cimitero cittadino, vicino ai suoi genitori e parenti. Riposi in pace.

COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO- DOMENICA 12 LUGLIO 2015

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XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

VA PROFETIZZA AL MIO POPOLO

COMMENTO DI PADRE ANTONIO RUNGI, PASSIONISTA

Domenica 12 luglio 2015

La liturgia di queste domeniche ci parla, sotto vari aspetti, di profeti e di profezia. Oggi è il profeta Amos, protagonista della prima lettura di oggi a parlarci della sua chiamata e del suo ministero in mezzo al popolo di Israele, al quale lo invia il Signore proprio con la missione di profetizzare. Lui un semplice mandriano si trova a svolgere una missione, nel nome del Signore, al di sopra delle sue possibilità. A Betel dove egli esercita questo ministero non lo vogliono, addirittura gli fanno capire di andare via e profetizzare altrove. Il il profeta Amos, scelto e designato dal Signore a questo compito non viene meno al suo impegno davanti a Dio e continua per la sua strada. L’invito da parte di Amasia di lasciare il territorio, in realtà diventa per lui in motivo in più per portare a compimento la missione ricevuta dal Signore. Nell’ ottica della missione che si comprende anche il testo del vangelo di questa XV domenica del tempo ordinario, nel quale si parla appunto il mandato missionario affidato da Gesù ai suoi discepoli. Una missione non facile anche perché il missionario del vangelo deve confidare pienamente nella grazia di Dio e nella forza che viene dall’alto e non nei mezzi umani e materiali. Sprovveduti di tutto, ma ricolmi dello spirito, essi devono andare di villaggio in villaggio a portare la parola della speranza, della gioia e della pace. In questa azione apostolica non sono solitari allo sbaraglio, né individui che vanno a predicare a titolo personale, ma ci devono andare in compagnia, almeno due, segno della comunione ecclesiale e del mandato che la stessa chiesa affida loro oggi e sempre nel campo dell’evangelizzazione. La solitudine missionaria non è espressione di comunione ecclesiale. Certo le circostanze storiche e gli avvenimenti della vita hanno portato spesso i missionari a rimanere da soli o ad essere pionieri nell’evangelizzazione di nuove zone e popoli missionari, ma anche in questi casi estremi, l’opera missionaria era ed è rimasta espressione della diocesi, della congregazione religiosa da cui proveniva quel missionario o della parrocchia in caso di fedele laico. Essere sprovveduti di mezzi materiali, ma pieno e ricchi di mezzi spirituali, questi sono e saranno i missionari di sempre che la chiesa invia o conferma nel mandato in ogni parte del mondo. Oggi, la chiesa si è giustamente attrezzata anche con i new media per portare il vangelo fino all’estremità della terra, ma ciò che può fare una visita pastorale, come quella che sta compiendo Papa Francesco nell’America Latina, in questi primi giorni del mese di luglio 2015, non lo può fare nessuna trasmissione radio-televisiva, giornale o rivista. Il contatto diretto con le popolazioni, la vicinanza ad esse, soprattutto nei momenti di bisogno rivelano il vero animo missionario non solo del Papa, dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi, ma di tutti il popolo santo di Dio. Quattro regole fondamentali devono quindi guidare i missionari: lavorare insieme, in equipe e non come lupi solitari; avere il necessario e l’essenziale; fermarsi nei luoghi e presso persone di stimata virtù; camminare per incontrare le sofferenze e guarire le malattie delle persone che sono nelle reali difficoltà spirituali, morali e materiali.

La nostra preghiera oggi, sia il testo della lettera di san Paolo Apostolo agli Efesini che costituisce, tra l’altro, uno dei brani biblici che accompagna la nostra preghiera personale e comunitaria nella liturgia delle ore e che fa parte del nostro patrimonio spirituale personale, dal quale non bisogna mai allontanarsi per cercare altre soluzioni o soddisfazioni nella nostra vita di credenti: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra”.

Rendiamo lode e grazie al Signore per quanto ci dona ogni giorno, per quanto riusciamo a fare nella vita alla sua gloria e sostenuti dalla sua grazia. Chiediamo perdono, se nella nostra vita non sempre sentito la missione come la priorità di ogni nostra azione, ma l’abbiamo relegata all’ultimo posto dei nostri impegni di vita cristiana. Non c’è cristiano se non è missionario e missionario secondo il cuore di Cristo e nel pieno rispetto del mandato di Cristo e della Chiesa. Preghiera perché tutti i missionari siano davvero pastori coraggiosi, liberi da ogni compromesso, e generosi nel servire Cristo, la Chiesa e l’umanità, specialmente quella più povera e sofferente nel corpo e nello spirito.

 

COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DELLA XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

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XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
DOMENICA 5 LUGLIO 2015

RICONOSCERE I VERI PROFETI

Commento di padre Antonio Rungi

La storia del popolo d’Israele è contrassegnata dal fatto che spesso le persone di definiva profeti, si auto-classificavano come portatori del Dio altissimo. Dai veri ai falsi profeti il passo fu breve. Infatti molti falsi profeti nacquero e si accreditarono presso il popolo santo di Dio, al solo fine di affermare se stessi e per personali interessi, senza assolutamente essere i portavoce scelti dal Signore per tale missione. Come dire che ieri, come oggi, di queste falsità e menzogne, di questi falsi di identità e di missioni sono piene le cronache quotidiane dei giornali e delle televisioni e dei nuovi mezzi di comunicazione. Il profeta Ezechiele, che è un vero ed autentico messaggero di Dio, parla della sua missione e si pone di fronte al problema della accettazione della sua persona da parte della gente. “In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro». Il Signore manda Ezechiele per convertire la mente e il cuore dei figli di Israele, classificati come una razza di ribelli, un popolo dalla testa dura, che non accetta la correzione di Dio e cammina per la sua strada, deviando dal retto comportamento morale. Tra persone del genere diventa difficile ogni missione evangelizzatrice, in quanto manca la disponibilità ad accogliere il messaggero di Dio e la sua parola, annunciata senza timore e franchezza. Potremmo scoprire oggi in questa figura del profeta Ezechiele, la missione di Papa Francesco. Un vero profeta dei nostri giorni che parla con il cuore, ma soprattutto parla con sincerità alla chiesa ed al mondo. Non ha paura di dire le cose come stanno ed indicare i correttivi necessari per poter affrontare le varie questione che si presentano di volta in volta. Sapranno i tanti orgogliosi, testardi e arroganti dei nostri giorni accogliere questo profeta nel nome del Signore e prestare attenzione a quanto dice e soprattutto a mettere in pratica quanto suggerisce? Io penso che sia molto difficile accettare quanto viene indicato come via di autentica liberazione e libertà. Ma bisogna crederci e sperare che il mondo testardo di questo nostro tempo cambi atteggiamento in ogni cosa ed anche nel rispetto della casa comune, che è la Terra, di cui Papa Francesco parla nella sua recente enciclica Laudato si.

San Paolo Apostolo cosciente dei propri limiti e dei propri peccati, fa una esatta diagnosi del comportamento che ogni vero apostolo deve avere per poter diffondere con autenticità la parola di Dio: è la virtù dell’umiltà, che contrasta nettamente con la superbia. Egli scrive che, “affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte”. Chi sia questo inviato di satana e cosa abbia provocato nella vita dell’Apostolo delle genti è facile capirlo. Si tratta di una persona che ha agito per il danno e il male dell’Apostolo e non certamente per il suo bene. Ma l’Apostolo con la grazia di Dio e il suo totale abbandono a Lui ha potuto superare la tentazione e a vincere  le negatività che pure furono presenti nella sua vita. Come dire, che anche nei santi e nelle persone consacrate alla missione e scelti per una speciale missione, non mancano le debolezze, le fragilità e a volte anche il peccato più grave, dal quale si risorge e si rinasce con una vera conversione e rinnovamento personale. La misericordia di Dio è grande ed infinita; per cui non bisogna mai perdere fiducia in questo Padre che attende il nostro ritorno per ridonarci la sua gioia e la sua pace. In questo contesto di evangelizzazione, si comprende il brano della vangelo di oggi, tratto da San Marco, in cui si parla di Gesù che svolge la sua missione tra la gente della sua città e che non è bene accettato. La ben nota affermazione di Cristo, la conosciamo anche noi e spesso riguarda il nostro atteggiamento verso gli altri o degli altri nei nostri confronti. Come a dire che è proprio difficile evangelizzare nei propri ambienti nativi o in quei luoghi a noi troppo familiari che, proprio perché familiari, danno poca importanza a quanto si dice e si fa. Diceva Gesù: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». Nonostante le difficoltà di essere accettato Gesù continua la sua missione. Certo, è facile capire, che vista una certa indifferenza della gente della sua zona d’origine, Egli prosegue altrove la sua missione. Non si ferma, passa di villaggio in villaggio. La sua missione itinerante la porta a compimento con le parole e soprattutto con la sua vita, finita sull’albero della croce e con una condanna a morte, perché aveva osato di chiamarsi Figlio di Dio, di accreditarsi come il vero messia e il vero profeta dell’Altissimo. Il suo modo di agire e fare era motivo di scandalo per quanti non volevano entrare nella dinamica della vera fede e del riconoscimento dell’identità di Cristo, come vero messia, vero Dio e vero uomo.

La nostra preghiera, oggi, prima domenica di luglio, con le vacanze estive appena iniziate per tante persone, sia questa: Laudato si, Dio creatore e padre.

Laudato si, Signore mio,

perché ci ha creato e redento,

Tu Padre di immensa tenerezza e bontà.

 

Laudato si, Signore mio,

per il dono del creato

che hai affidato alla nostra custodia

e messo nelle nostre mani,

non sempre attente ed oculate

nel conservare i beni

che ci hai lasciato

a nostra gioia e felicità.

 

Laudato si, Signore mio

per ogni uomo e donna

di questa martoriata terra,

afflitta da tanti mali incurabili

del corpo e dello spirito.

 

Fa che nessuno di questi nostri fratelli

possano assaporare la freddezza

del nostro cuore e l’indifferenza

della nostra mente

presa da tanti personali problemi,

incapace di leggere il dolore

e la sofferenza sul volto

di chi non conta in questo mondo.

 

Laudato si, Signore mio,

per tutte le croci che ci doni ogni giorno

e ci inviti a portare con dignità

senza scaricarle sulle spalle degli altri,

ma felici di salire con te sul calvario

e donare la nostra vita,

come vittime espiatrici

per la conversione e la santificazione

del genere umano.

 

Laudato si, Signore mio

per le tante umiliazioni

che ci hai fatto sperimentare

attraverso quanti non sanno

e non vogliono amare sinceramente gli altri

e si fanno giudici severi degli altri

e molto tolleranti con se stessi.

 

Laudato si, Signore mio

per ogni cosa e per tutto quello

che guardiamo con i nostri occhi,

gustiamo con il nostro palato,

tocchiamo con le nostre mani,

odoriamo con il nostro naso,

ascoltiamo con le nostre orecchie,

soprattutto se sei Tu Signore a parlare

direttamente al nostro cuore,

perché ci vuoi totalmente consacrati

al tuo amore e alla tua lode,

nella cristiana speranza di lodarti 

per sempre nella gioia del tuo Regno,

dove ci attendi per donarci

la pace e la felicità che non ha fine,

insieme a Maria, la tua e la nostra Madre,

Regina del cielo e della terra. Amen.

 

Preghiera composta da padre Antonio Rungi.

 

 

LAUDATO SI. PREGHIERA DI PADRE ANTONIO RUNGI

LAUDATO SI

Preghiera 

Laudato si, Dio creatore e padre. 

Laudato si, Signore mio,

perché ci ha creato e redento,

Tu Padre di immensa tenerezza e bontà.

 

Laudato si, Signore mio,

per il dono del creato

che hai affidato alla nostra custodia

e messo nelle nostre mani,

non sempre attente ed oculate

nel conservare i beni

che ci hai lasciato

a nostra gioia e felicità.

 

Laudato si, Signore mio

per ogni uomo e donna

di questa martoriata terra,

afflitta da tanti mali incurabili

del corpo e dello spirito.

 

Fa che nessuno di questi nostri fratelli

possano assaporare la freddezza

del nostro cuore e l’indifferenza

della nostra mente

presa da tanti personali problemi,

incapace di leggere il dolore

e la sofferenza sul volto

di chi non conta in questo mondo.

 

Laudato si, Signore mio,

per tutte le croci che ci doni ogni giorno

e ci inviti a portare con dignità

senza scaricarle sulle spalle degli altri,

ma felici di salire con te sul calvario

e donare la nostra vita,

come vittime espiatrici

per la conversione e la santificazione

del genere umano.

 

Laudato si, Signore mio

per le tante umiliazioni

che ci hai fatto sperimentare

attraverso quanti non sanno

e non vogliono amare sinceramente gli altri

e si fanno giudici severi degli altri

e molto tolleranti con se stessi.

 

Laudato si, Signore mio

per ogni cosa e per tutto quello

che guardiamo con i nostri occhi,

gustiamo con il nostro palato,

tocchiamo con le nostre mani,

odoriamo con il nostro naso,

ascoltiamo con le nostre orecchie,

soprattutto se sei Tu Signore a parlare

direttamente al nostro cuore,

perché ci vuoi totalmente consacrati

al tuo amore e alla tua lode,

nella cristiana speranza di lodarti 

per sempre nella gioia del tuo Regno,

dove ci attendi per donarci

la pace e la felicità che non ha fine,

insieme a Maria, la tua e la nostra Madre,

Regina del cielo e della terra. Amen.

 

Preghiera composta da padre Antonio Rungi.