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OMELIA DI PADRE ANTONIO RUNGI PER IL BATTESIMO DI GESU’ – 12 GENNAIO 2014

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BATTESIMO DI GESU’ – 12 Gennaio 2014

Ascoltiamo il Figlio di Dio che parla a noi nell’oggi della chiesa e del mondo. 

Commento di padre Antonio Rungi 

L’ascolto è fondamentale in ogni vera comunicazione. Chi non ascolta non conosce il pensiero e il cuore dell’altro. Nella festa odierna del Battesimo di Gesù al Giordano per la mano santa e purificatrice di Giovanni il Battista, viene rivelata la natura di Gesù Cristo, definito qui il Figlio amato dal Padre e che è necessario ascoltare. Solo chi parte dall’amore sa comunicare agli altri la sua vera identità. Dio che  è Amore trinitario, Padre, Figlio e Spirito Santo si comunica a noi, si apre all’uomo, nella speranza che l’uomo si apra a Dio e lo cerchi con tutto il cuore, nella profonda convinzione che senza Dio l’uomo non poteva, né può, né potrà esistere. Gesù al battesimo del Giordano ci rivela questo amore universale che Dio ha manifestato a noi nella creazione e soprattutto nella redenzione.

Questa missione di Gesù di comunicare l’amore di Dio non sarà facile, incontrerà molti ostacoli, fino alla massima espressione del rifiuto di questo amore da parte dell’uomo con la condanna a morte del Redentore; mentre Cristo dalla Croce rinnova questo amore e lo completa con il suo sacrificio e la sua morte sul patibolo per noi. Solo chi sa donare la vita sperimenta il vero amore verso Dio.

Nella prima lettura di oggi, leggiamo un brano molto significativo del profeta Isaia, riferita al Servo di Javhè, che da sempre è stato individuato nella persona del Messia. Un testo che ci fa meditare già in chiave pasquale ciò che il Signore, attraverso la voce del profeta, ci vuole comunicare con la sua parola rivelata: “Così dice il Signore: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio.

 Ho posto il mio spirito su di lui;  egli porterà il diritto alle nazioni.  Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata,  non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;  proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito  come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».

Il programma e il progetto di vita cristiana, di attività missionaria ed apostolica di ogni vero discepolo del Signore sta sintetizzato in questo brano. Sulla scia di Gesù noi dobbiamo, con la testimonianza della carità, dell’amore, del coraggio, della donazione di noi stessi, metterci al servizio della verità, della giustizia, della carità e della vera libertà. Un compito impegnativo che come ricorda Papa Francesco, citando altri testi magisteriali, nella sua Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” spetta a tutti.

Egli scrive, infatti, a tal proposito: “Quando la Chiesa chiama all’impegno evangelizzatore, non fa altro che indicare ai cristiani il vero dinamismo della realizzazione personale: «Qui scopriamo un’altra legge profonda della realtà: la vita cresce e matura nella misura in cui la doniamo per la vita degli altri. La missione, alla fin fine, è questo». Di conseguenza, un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale. Recuperiamo e accresciamo il fervore, «la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime […] Possa il mondo del nostro tempo –che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza – ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo».

Il Battesimo di Gesù è questo invito ad ascoltare e a proclamare il Vangelo della gioia con la gioia nel cuore e non certa con la mestizia o la faccia funebre di persone che non trovano la ragion di essere e di vita nella stessa sorgente della vita e della gioia che è Gesù Cristo. Bisogna avere lo zelo e il coraggio dei primi discepoli di Gesù, i quali dopo i primi umani dubbi sulla persona e sulla missione del Signore, con la conversione del loro cuore e la docilità allo Spirito Santo, ricevuto in dono nel giorno della Pentecoste, prendono coscienza della loro missione ed incominciarono a predicare con coraggio la parola di verità, come ci ricorda la seconda lettura di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli, il cui protagonista principale di questo annuncio è Pietro, sulla cui persona e la sua fede Gesù ha edificato la Chiesa. E qui vediamo la missione di Pietro dei nostri giorni, Papa Francesco, come tutti i successori di Pietro hanno fatto nel corso di 2000 anni di cristianesimo: “In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti.

Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».

Far conoscere chi è Gesù e cosa ha fatto il Signore per noi, è questo il dovere missionario di ogni evangelizzatore, che parla di Cristo e indica in Cristo il Salvatore e come Giovanni si mette a servizio della conversione del cuore e della vita di ogni persona che vuole incontrare sinceramente Dio.

Sia, pertanto, questa la nostra preghiera come comunità di credenti nella domenica in cui celebriamo il Battesimo di Gesù Cristo al Giordano, ricevuto come tutti da Giovanni il Battista, suo cugino e precursore nell’annuncio della venuta del Regno di Dio, che si realizza completamente con la venuta al mondo di Gesù Cristo, l’atteso Messia e Salvatore dell’umanità: “Padre d’immensa gloria, tu hai consacrato con potenza di Spirito Santo  il tuo Verbo fatto uomo,  e lo hai stabilito luce del mondo  e alleanza di pace per tutti i popoli;  concedi a noi che oggi celebriamo  il mistero del suo battesimo nel Giordano,  di vivere come fedeli imitatori del tuo Figlio prediletto,  in cui il tuo amore si compiace”. Amen. 

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Itri (Lt). Epifania al Santuario della Civita e al Convento dei Passionisti

Epifania al Santuario della Civita con l’arrivo dei Magi, di Gesù Bambino, Maria e Giuseppe, accompagnati dai zampognari e dai pastori. Bella scena per commemorare degnamente l’Epifania. Il partecipanti erano tutti di Maranola, dove si tiene un antico presepe vivente che chiude proprio con oggi. La sacra rappresentazione si è svolta durante la messa solenne delle ore 10,30, presieduta dal Rettore, padre Emiddio Petringa ed assisto da padre Antonio Rungi, padre Francesco Vaccelli e padre Cherubino De Feo. I quattro religiosi passionisti che attualmente curano spiritualmente e pastoralmente il Santuario Mariano, affidato ai figli spirituali di San Paolo della Croce da 28 anni. La messa è stata seguita da oltre 200 fedeli provenienti da vari Comuni del comprensorio, a testimonianza di una fede antichissima ed una devozione trasmessa da padre in figlio verso la Madonna della Civita. I canti sono stati eseguiti dai zampognari e dal coro del Santuario. All’offertorio sono state portate all’altare le offerte per la celebrazione eucaristica. Il rettore a conclusione della messa ha voluto ringraziare quanti hanno permesso anche in questo anno 2014 di realizzare questa sentita ed antica tradizione della venuta dei Magi al Santuario della Civita, ma anche i collaboratori del Santuario stesso e i  tantissimi fedeli presenti in chiesa, ma anche durante tutto il periodo del Santo Natale, molti dei quali giunti da paesi lontani come i re Magi. In mattinata le sante messe sono state officiate, alle ore 9.00 da padre Francesco Vaccelli e alle ore 12.00 da padre Cherubino De Feo. Padre Antonio Rungi ha assicurato il servizio del Confessionale e di assistenza liturgica alle varie celebrazione. Nel pomeriggio sono celebrate altre due messe alle ore 16.00 e 17.00. Lo clima di festa al Convento dei passionisti di Itri-città dove ha officiato entrambe le messe, delle ore 8.00 e 17.00, padre Antonio Rungi con una ottima partecipazione dei fedeli e con l’animazione dei canti e della liturgia dei collaboratori del convento. Occasione per baciare il bellissimo Bambinello posto sotto l’altare e visitare il presepe con i Re Magi, realizzato quest’anno da Antonio Lebone di Itri. Per la fusta ricorrenza dell’Epifania, padre Antonio Rungi, passionista teologo morale, ha composta una bellissima preghiera in onore di Gesù Bambino che è stata recitata in chiesa per la prima volta. Un momento intenso per pregare e ringraziare come recita il testo dell’orazione per l’Epifania 2014. Domani si ritorna alla normalità, con il primo atto di togliere il presepe nella Chiesa dei Passionisti e preparando il cuore e la mente alle prossime feste religiose che incalzano come incalza il tempo in un successione vertiginosa di fatti ed eventi.

EPIFANIA FESTA DELL’ADORAZIONE E DONAZIONE

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Epifania del Signore – 6 Gennaio 2014 

Epifania, festa dell’Adorazione e della donazione. 

Commento di padre Antonio Rungi 

L’Epifania non è soltanto la rivelazione di Gesù Cristo, redentore d tutta l’umanità, ma è soprattutto la solennità dell’adorazione e della donazione. Il testo del Vangelo di Matteo che oggi ascoltiamo nella liturgia della parola di Dio ci ricorda circa la venuta dei Magi alla Grotta di Betlemme: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”. Tre azioni molto importanti dei Re Magi, davanti al Re dei Giudei: prostrazione, adorazione e donazione. Prostrazione è l’atteggiamento di umile riverenza verso un’autorità morale e spirituale. Gesù è riconosciuto dai sapienti del suo tempo l’autorità morale e spirituale con la quale confrontarsi, in quanto la stella di questa autorità che è Cristo li guida proprio dove Egli aspetta ogni persona che vuole incontrarsi sinceramente con lui, libera da ogni condizionamento e da ogni preconcetto. Solo l’umiltà, che Cristo Bambino e Crocifisso ci ha insegnato, ci può introdurre in un’autentica relazione spirituale ed intima con il Signore e da questa profonda relazione indirizzarci ad incontrare gli altri nell’amore, nella carità e nella tenerezza del cuore.

Adorazione. E’ l’altra azione che compiono i Magi davanti a Gesù. Si adora la divinità quella che tale è nella sua natura ed essenza. Gli antichi adoravano gli idoli, Israele si formo un vitello d’oro e lo adorava, mentre Mosè stava a contatto con Dio sul Monte Sinai. Da sempre l’uomo si è costruito falsi idoli e li ha coltivati come possibile soluzione dei propri problemi esistenziali. Ancora oggi affascinano gli idoli del successo, del benessere, della carriera, dei potere economico, militare, politico e religioso e tanti altri del genere che mettono l’uomo nella condizione di offendere e distruggere altri uomini per arrivare a tali scopi. I Magi invece adorano il Dio vivente che in quel Bambino, povero, umile, che giace in una mangiatoia merita tutta la loro attenzione e la loro preghiera. Il vero re, la vera signoria sta proprio lì, in quell’umile Bambino che poi si troverà a distanza di 33 anni davanti a Ponzio Pilato il quale lo interrogherà chiedendogli se fosse Lui il Re, e Gesù replicò: certo che lo sono, ma il mio regno non è di questo mondo. I magi davanti al Re dei Giudei si prostrano e l’adorano, lo riconoscono e si accende in loro quel dono della fede che non si accenderà nel cuore e nella mente di Pilato. Due opposti atteggiamenti di adorazione e di riconoscimento o rinnegamento della verità del Dio-Bambino e del Dio-Crocifisso.

Donazione. Quando c’è la bontà nel cuore e c’è l’apertura all’altro scatta quasi istintivamente il donare qualcosa di se stesso a chi ha di fronte. Qui i Magi si trovano di fronte al Re dei Giudei e quale gesto di riconoscimento dell’identità e della natura vera di Gesù Bambino, gli offrono tre doni, oro, incenso e mirra, proprio per far risaltare la sua regalità, la sua missione e la sua morte e risurrezione. Anche in questi doni c’è tutto uno specifico significato che è possibile attribuire a Gesù Bambino, quale Figlio di Dio e Redentore dell’umanità.

Ma i gesti dei Magi non si limitano alle tre azioni menzionate, ma vanno oltre il pur doveroso atto di omaggio al Redentore. Si fanno guidare dalla stella per giungere a Betlemme, una volta lì, provarono una grandissima gioia, incrociando il volto di Maria. Ma dovettero fare i conti con Erode, il Re assassino. E’ la storia di una lotta tra il bene e il male che sempre attanaglia l’esistenza umana. Gesù ed Erode, due Re completamente diversi. I magi, i pastori e la gente umile che si lasciano guidare dalla stella del bene e all’opposto chi non crede a quel Re Messia, fino al punto tale da mandarlo a morte, quando ormai la sua fama era diffusa in tutta la regione e Gesù, con il suo ministero pubblico, aveva messo le basi di un altro regno e di un’altra religione, quella che Egli stesso aveva originato con la sua parola e la sua rivelazione di un Dio Uno e Trino, di un Dio Amore, Misericordia e Perdono.

La visione del profeta Isaia relativa al Messia diventata realtà con la venuta di Gesù Cristo, ma quelle parole risuonavano nella mente e nel cuore del popolo d’Israele ed erano ben comprese e soprattutto attese: Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore”.

Riflettendo sul mistero dell’incarnazione e sulla redenzione operata da Cristo, nella sua nascita, vita, passione, morte e risurrezione, san Paolo Apostolo nella sua lettera agli Efesìni, parlando della sua vocazione, scrive parole di straordinaria ricchezza spirituale, teologica e pastorale, utili a tutti: “Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”.

Ecco la festa dell’Epifania, che tutte le feste porta via, ma che apre indirettamente su un’altra e più importante festa liturgica della chiesa cattolica: la Pasqua di Gesù. Infatti, tutte le genti, nessuna esclusa le genti “sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”.

La universalità della salvezza è pubblicizzata attraverso la venuta dei Magi alla Grotta di Betlemme e chi vuole entrare liberamente su questa strada deve fare come i Re Magi, non passare pe Erode, espressione di morte e di distruzione, ma imboccare la strada della fede, la strada della conversione, la strada dell’amore. Questa è la nostra vera festa dell’Epifania.

La riflessione di padre Antonio Rungi per la seconda domenica di Natale – 5 gennaio 2014

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Seconda Domenica di Natale

5 gennaio 2014

In principio era il Verbo 

Commento alla Parola di Dio a cura di padre Antonio Rungi 

La filosofia, la scienza e la religione si sono da sempre posto il problema dell’origine di ogni cosa, del mondo, dell’uomo e di Dio stesso. La risposta l’hanno trovata in vari ragionamenti, in vari supposizioni, in varie congetture. La religione cristiana non fa congetture ci parla del Verbo di Dio fatto carne, in Gesù Cristo. La risposta non sta quindi in un concetto astratto, ma in una persona precisa, che è Gesù. Egli era ed è il Verbo, la parola di Dio. Era prima di tutto e di tutti, cioè è sempre esistito e sempre esisterà. Dio eterno che si rivela nel suo Figlio, fatto carne e comunica tutta la sua natura e la sua identità, attraverso Gesù Cristo, Colui che è nel seno del Padre e che rivela il vero volto di Dio, che nessuno aveva visto fino. Nel prologo del vangelo di Giovanni, di chiara impostazione filosofica e teologia possiamo trovare le risposte ai vari interrogativi e dubbi circa l’origine e la fine di ogni cosa. In Gesù Cristo tutto è stato fatto per mezzo di Lui ed in vista di Lui. Il centro, l’inizio e la fine di ogni cosa è Cristo. Da Cristo bisogna partire e ripartire per capire il senso della nostra vita ed il senso della storia dell’uomo. Ce lo ricorda con parole altamente incoraggianti e di ampio spesso spirituale e teologico l’Apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi, seconda domenica di Natale, a pochi giorni dell’inizio del nuovo anno del Signore, il 2014, con queste splendide parole fissate nella sua lettera agli Efesini: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato”. In Gesù Cristo siamo stati scelti dall’eternità ad essere figli adottivi di Dio. Questo non essere figli ci pone nella condizione di ripresentare il volto stesso del nostro Genitore che è Dio, cioè il volto dell’amore, perché Dio nella sua stessa natura ed essenza è amore, amore trinitario, amore di profonda relazione interpersonale. Padre, Figlio e Spirito Santo è l’Amore dell’unico Dio, in tre persone, con una missione precisa per ognuna delle persone. Gesù viene a portare la luce su questo grande mistero di Dio. Egli ci rivela tutto della Trinità. Ecco perché nella preghiera inziale della Messa di oggi ci rivolgiamo a Dio con queste espressioni: “Padre di eterna gloria, che nel tuo unico Figlio ci hai scelti e amati prima della creazione del mondo e in lui, sapienza incarnata, sei venuto a piantare in mezzo a noi la tua tenda, illuminaci con il tuo Spirito, perché accogliendo il mistero del tuo amore, pregustiamo la gioia che ci attende, come figli ed eredi del regno”. Gesù è quindi la Sapienza incarnata come viene opportunamente evidenziato nella prima lettura di oggi, tratta appunto dal libro veterotestamentario del Siracide:  “La sapienza fa il proprio elogio, in Dio trova il proprio vanto, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria, in mezzo al suo popolo viene esaltata, nella santa assemblea viene ammirata, nella moltitudine degli eletti trova la sua lode e tra i benedetti è benedetta, mentre dice: «Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti” . Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno.Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità, nell’assemblea dei santi ho preso dimora».In questi testi sacri chi è mosso dal dubbio della fede, chi è ancora in ricerca della fede e delle risposte fondamentali di ogni persona che vuole legittimamente aspirare alla conoscenza, trova le risposte teologiche e filosofiche. Qui è messo in risalto l’esistenza di un Dio da sempre, di un Dio creatore, ordinatore, ma anche di un Dio che scende alla condizione umana, per salvare l’uomo dal suo peccato, che nei testi sacri è espresso con il concetto delle tenebre, mentre Dio è luce.Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. ..Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”. E’ quella espressione di ateismo velato o dichiarato di chi non accetta Cristo come Figlio di Dio, come Verbo incarnato che ci rivela la natura stessa di Dio, che è bontà, misericordia, tenerezza e amore. Infatti a quanti hanno avuto la possibilità di fare esperienza di vera fede in Cristo salvatore, la loro vita è cambiata radicalmente dalle tenebre alla luce, perché “ a quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” A conclusione delle feste natalizie, questo richiamo alla centralità di Cristo nella nostra vita, al valore insostituibile della fede fa bene anche come verifica personale della nostra risposta a Gesù Cristo in questi giorni di festa. Sapersi chiedere e domandare nella sincerità del proprio cuore: la luce del Natale, del Verbo fatto carne, di Gesù Cristo ha diradato le tenebre del peccato, del dubbio, della mancanza di speranza, dell’amore verso Dio o verso gli uomini? O persistono ancora incertezze e la fede invece di accrescersi, diminuisce, fino a scomparire del tutto?Gesù Bambino, il Verbo Incarnato che ancora oggi contempliamo nella grotta di Betlemme in attesa dell’arrivo dei Magi e dei sapienti del tempo di Cristo, possa togliere dalla nostra mente le tenebre dell’errore e dal nostro cuore le tenebre della mancanza di amore, Lui che per amore è disceso dal cielo e si è incarnato nel seno della Beata Vergine Maria e si è fatto uomo, perché noi fossimo davvero uomini capaci di amare e donarsi come Lui ha amato e si è donato all’umanità, rivelando il volto bello e tenero di un Dio carità. 

Il messaggio dell’arcivescovo di Gaeta per il nuovo anno

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Il Messaggio dell’Arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio per l’inizio dell’anno 2014.

di Antonio Rungi

In un articolato messaggio di fine anno 2013 e di inizio del nuovo anno 2014, trasmesso alla comunità cristiana dell’arcidiocesi di Gaeta, durante il Te Deum di ringraziamento, tenuto nella chiesa cattedrale di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta e Membro della Congregazione per le cause dei Santi, traccia una fotografia molto chiara e precisa del mondo, della chiesa in generale e della chiesa locale, offrendo oltre che un’analisi delle problematiche emergenti, anche prospettive di soluzione e di impegno immediato. Ciò anche alla luce del Sinodo Diocesano che si è concluso da poco, lasciando un’eredità di riflessione e di impegni pastorali per il futuro della Chiesa di Gaeta. Primo pensiero e momento riflessivo è stato quello sulla superficialità, definito, citando R.Panikkar, “il vizio supremo della nostra epoca”  R.Panikkar. Ci sono cose che assolutamente fare, perché ci sono due soli giorni all’anno in cui non possiamo più far niente: il giorno di ieri, che non c’è più, e il giorno di domani, che ancora non abbiamo. Perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere e fare soprattutto ciò che è cosa buona e utile per la vita.  

Altro argomento trattato dall’arcivescovo è quello della fede e del come  Dio è visto nella cultura contemporanea: “Sorge forte oggi –scrive il presule- un problema nella nostra società: non tanto se Dio esista, ma piuttosto quale dio scegliere. È forse il Dio fluido e inconsistente del New Age? È il Dio delle apparizioni, delle visioni e dei miracoli che ci porta a strano devozionismo? È il Dio magico o il Dio fatto a nostro uso e consumo? L’elencazione delle scelte potrebbe essere lunga. L’indifferenza religiosa dei nostri tempi sembra dar ragione a Voltaire. Alla fede di Gesù Cristo si sostituisce una religiosità evanescente del dio mammona, del dio denaro.  L’indifferenza, la banalità, la volgarità, l’inerzia distratta, il vociare vano e vacuo sono il contrario della religione autentica. Ma la religione autentica non può ridursi al cristianesimo di pasticceria di cui ci ha parlato papa Francesco. La realtà della Chiesa non deve essere solo  agenzia caritativa o sociale né tantomeno il credo religioso deve tornare con prepotenza a piantare croci o mezzelune nelle piazze delle città per creare nuove teocrazie, unendo trono e altare. La sfida che però emerge forte al cristiano contemporaneo è quello di mettere assieme la dimensione della fede e della ragione.

Altro argomento affrontato è l’incarnazione del cristianesimo. “Il mistero del Natale che da pochi giorni abbiamo celebrato ci spinge a non accontentarci di un Dio astratto e intimistico”, scrive D’Onorio. “Nel Credo ogni domenica se partecipiamo alla liturgia eucaristica proclamiamo: «Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». In questo senso il cristianesimo è emblematico perché trova il modello di azione nell’Incarnazione del Logos divino. Il Verbo di Dio si fa è fatto sarx, carne umana secondo la celebre dichiarazione del prologo di san Giovanni. “Il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi” (cfr. Gv 1,14). ..Per far affiorare lo spirito genuino del Natale del Figlio di Maria, dobbiamo quindi spogliare la nostra mente dei rivestimenti fantasiosi e retorici,  assenti del nel testo evangelico di san Luca. Vogliamo cercare anche noi il Bimbo di Maria, non tanto per esprimergli quella tenerezza, che ogni bambino desidera, ma per conoscere il suo  grande mistero. Possiamo allora guardare la maternità di Maria secondo le prospettive dello spazio, del tempo e dei protagonisti del racconto dell’evangelista Luca. Una specifica riflessione il Vescovo fa su Maria, Madre di Dio. “L’ultimo personaggio presente nella scena del Natale è la figura più importante: Maria. Lei è la Theotókos, la Madre di Dio, come proclamerà il Concilio di Efeso nel 431 sotto l’imperatore Teodosio II. Di Maria l’evangelista Luca dice che «serbava tutte queste cose e le meditava nel suo cuore» (v. 19): essa è discepola del suo Figlio che «ha ascoltato la Parola e la conserva in un cuore onesto e buono» (Lc 8,15). Maria perciò conserva e, come dice l’originale greco, «mette insieme», cioè dà un senso a tutto ciò che sta accadendo, scoprendo il piano divino sotteso agli eventi. È la “Sapiente” per eccellenza; essa penetra nei segreti intimi della salvezza di Dio; con la sua donazione libera e generosa a Dio, permette a questa salvezza di attuarsi anche per noi, come Dante riassume: “qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disianza vuol volar senz’ali”.

Ed infine, articolando il discorso, su vari aspetti della vita pastorale, sociale, economica, relazionale dell’arcidiocesi di Gaeta, monsignor D’Onorio offre interessanti riflessione sulla chiesa locale, di cui è pastore da alcuni anni: “L’Arcidiocesi di Gaeta ha appena concluso l’esperienza sinodale ed è risuonata ancora una volta la domanda chiave del Concilio Vaticano II: “Chiesa cosa dici di te stessa?” Si tratta di una domanda che ha segnato una svolta radicale, un mutamento di orizzonte, un modo più propriamente teologico di affrontare la natura della Chiesa. Si sono aperte ancora di più le porte della chiesa evitando il rischio di rimanere sul bastione di controllo con atteggiamento di difesa. Il Concilio ha delineato un ritratto della Chiesa con un carattere essenzialmente teandrico: una natura cioè composita di umano e divino.  Dopo cinque anni di lavoro comune abbiamo concluso il nostro VIII Sinodo diocesano “Siate sale e luce della terra”. Attraverso il Libro del Sinodo tutti, fedeli e pastori, sono ormai a conoscenza delle norme comuni e valide per tutte le comunità parrocchiali. Per ciascuno deve valere quanto diceva il grande teologo gesuita De Lubac: “La chiesa è un corpo in crescita: è un edificio in costruzione. L’una e l’altra immagine ci suggeriscono che non può essere compiuta in un giorno”. Il nostro cantiere è la Chiesa, un cantiere aperto, in cui dobbiamo essere operai e pietre vive, condizione duplice che ci coinvolge tutti non lasciando nessuno inoperoso. La Chiesa di Gaeta si è interrogata e ha cercato di rispondere con slancio e freschezza alle sfide della società contemporanea. Come il libro dei Vangeli, anche il Libro del Sinodo è  stato consegnato a tutte le componenti del popolo di Dio. Perciò il Vangelo e il Libro del Sinodo devono da tutti essere sempre più conosciuti e applicati alla vita, per portare i frutti sperati di un cristianesimo esemplare.

Ed infine, il Vescovo a conclusione del suo messaggio presenta le varie iniziative in atto nela Chiesa di Gaeta che fanno ben sperare per il suo futuro, a partire dalle vocazione, al servizio della carità, alla realizzazione delle varie opere, all’organizzazione complessiva della vita ecclesiale, sociale, economica e politica del territorio. Un quadro di apertura alla fiducia e alla speranza cristiana, come è nello stile dell’arcivescovo di Gaeta, già Abbate di Montecassino.