Il messaggio dell’arcivescovo di Gaeta per il nuovo anno

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Il Messaggio dell’Arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio per l’inizio dell’anno 2014.

di Antonio Rungi

In un articolato messaggio di fine anno 2013 e di inizio del nuovo anno 2014, trasmesso alla comunità cristiana dell’arcidiocesi di Gaeta, durante il Te Deum di ringraziamento, tenuto nella chiesa cattedrale di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta e Membro della Congregazione per le cause dei Santi, traccia una fotografia molto chiara e precisa del mondo, della chiesa in generale e della chiesa locale, offrendo oltre che un’analisi delle problematiche emergenti, anche prospettive di soluzione e di impegno immediato. Ciò anche alla luce del Sinodo Diocesano che si è concluso da poco, lasciando un’eredità di riflessione e di impegni pastorali per il futuro della Chiesa di Gaeta. Primo pensiero e momento riflessivo è stato quello sulla superficialità, definito, citando R.Panikkar, “il vizio supremo della nostra epoca”  R.Panikkar. Ci sono cose che assolutamente fare, perché ci sono due soli giorni all’anno in cui non possiamo più far niente: il giorno di ieri, che non c’è più, e il giorno di domani, che ancora non abbiamo. Perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere e fare soprattutto ciò che è cosa buona e utile per la vita.  

Altro argomento trattato dall’arcivescovo è quello della fede e del come  Dio è visto nella cultura contemporanea: “Sorge forte oggi –scrive il presule- un problema nella nostra società: non tanto se Dio esista, ma piuttosto quale dio scegliere. È forse il Dio fluido e inconsistente del New Age? È il Dio delle apparizioni, delle visioni e dei miracoli che ci porta a strano devozionismo? È il Dio magico o il Dio fatto a nostro uso e consumo? L’elencazione delle scelte potrebbe essere lunga. L’indifferenza religiosa dei nostri tempi sembra dar ragione a Voltaire. Alla fede di Gesù Cristo si sostituisce una religiosità evanescente del dio mammona, del dio denaro.  L’indifferenza, la banalità, la volgarità, l’inerzia distratta, il vociare vano e vacuo sono il contrario della religione autentica. Ma la religione autentica non può ridursi al cristianesimo di pasticceria di cui ci ha parlato papa Francesco. La realtà della Chiesa non deve essere solo  agenzia caritativa o sociale né tantomeno il credo religioso deve tornare con prepotenza a piantare croci o mezzelune nelle piazze delle città per creare nuove teocrazie, unendo trono e altare. La sfida che però emerge forte al cristiano contemporaneo è quello di mettere assieme la dimensione della fede e della ragione.

Altro argomento affrontato è l’incarnazione del cristianesimo. “Il mistero del Natale che da pochi giorni abbiamo celebrato ci spinge a non accontentarci di un Dio astratto e intimistico”, scrive D’Onorio. “Nel Credo ogni domenica se partecipiamo alla liturgia eucaristica proclamiamo: «Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». In questo senso il cristianesimo è emblematico perché trova il modello di azione nell’Incarnazione del Logos divino. Il Verbo di Dio si fa è fatto sarx, carne umana secondo la celebre dichiarazione del prologo di san Giovanni. “Il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi” (cfr. Gv 1,14). ..Per far affiorare lo spirito genuino del Natale del Figlio di Maria, dobbiamo quindi spogliare la nostra mente dei rivestimenti fantasiosi e retorici,  assenti del nel testo evangelico di san Luca. Vogliamo cercare anche noi il Bimbo di Maria, non tanto per esprimergli quella tenerezza, che ogni bambino desidera, ma per conoscere il suo  grande mistero. Possiamo allora guardare la maternità di Maria secondo le prospettive dello spazio, del tempo e dei protagonisti del racconto dell’evangelista Luca. Una specifica riflessione il Vescovo fa su Maria, Madre di Dio. “L’ultimo personaggio presente nella scena del Natale è la figura più importante: Maria. Lei è la Theotókos, la Madre di Dio, come proclamerà il Concilio di Efeso nel 431 sotto l’imperatore Teodosio II. Di Maria l’evangelista Luca dice che «serbava tutte queste cose e le meditava nel suo cuore» (v. 19): essa è discepola del suo Figlio che «ha ascoltato la Parola e la conserva in un cuore onesto e buono» (Lc 8,15). Maria perciò conserva e, come dice l’originale greco, «mette insieme», cioè dà un senso a tutto ciò che sta accadendo, scoprendo il piano divino sotteso agli eventi. È la “Sapiente” per eccellenza; essa penetra nei segreti intimi della salvezza di Dio; con la sua donazione libera e generosa a Dio, permette a questa salvezza di attuarsi anche per noi, come Dante riassume: “qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disianza vuol volar senz’ali”.

Ed infine, articolando il discorso, su vari aspetti della vita pastorale, sociale, economica, relazionale dell’arcidiocesi di Gaeta, monsignor D’Onorio offre interessanti riflessione sulla chiesa locale, di cui è pastore da alcuni anni: “L’Arcidiocesi di Gaeta ha appena concluso l’esperienza sinodale ed è risuonata ancora una volta la domanda chiave del Concilio Vaticano II: “Chiesa cosa dici di te stessa?” Si tratta di una domanda che ha segnato una svolta radicale, un mutamento di orizzonte, un modo più propriamente teologico di affrontare la natura della Chiesa. Si sono aperte ancora di più le porte della chiesa evitando il rischio di rimanere sul bastione di controllo con atteggiamento di difesa. Il Concilio ha delineato un ritratto della Chiesa con un carattere essenzialmente teandrico: una natura cioè composita di umano e divino.  Dopo cinque anni di lavoro comune abbiamo concluso il nostro VIII Sinodo diocesano “Siate sale e luce della terra”. Attraverso il Libro del Sinodo tutti, fedeli e pastori, sono ormai a conoscenza delle norme comuni e valide per tutte le comunità parrocchiali. Per ciascuno deve valere quanto diceva il grande teologo gesuita De Lubac: “La chiesa è un corpo in crescita: è un edificio in costruzione. L’una e l’altra immagine ci suggeriscono che non può essere compiuta in un giorno”. Il nostro cantiere è la Chiesa, un cantiere aperto, in cui dobbiamo essere operai e pietre vive, condizione duplice che ci coinvolge tutti non lasciando nessuno inoperoso. La Chiesa di Gaeta si è interrogata e ha cercato di rispondere con slancio e freschezza alle sfide della società contemporanea. Come il libro dei Vangeli, anche il Libro del Sinodo è  stato consegnato a tutte le componenti del popolo di Dio. Perciò il Vangelo e il Libro del Sinodo devono da tutti essere sempre più conosciuti e applicati alla vita, per portare i frutti sperati di un cristianesimo esemplare.

Ed infine, il Vescovo a conclusione del suo messaggio presenta le varie iniziative in atto nela Chiesa di Gaeta che fanno ben sperare per il suo futuro, a partire dalle vocazione, al servizio della carità, alla realizzazione delle varie opere, all’organizzazione complessiva della vita ecclesiale, sociale, economica e politica del territorio. Un quadro di apertura alla fiducia e alla speranza cristiana, come è nello stile dell’arcivescovo di Gaeta, già Abbate di Montecassino.

Il messaggio dell’arcivescovo di Gaeta per il nuovo annoultima modifica: 2014-01-02T11:27:44+01:00da pace2005
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