Il Commento della Parola di Dio di domenica 29 marzo 2009

Quinta domenica di Quaresima

 

Quinta domenica di Quaresima

29 Marzo 2009

 

Cristo, cicco di grano che muore per dare la vita all’uomo

 

di padre Antonio Rungi

 

Celebriamo oggi la quinta domenica di Quaresima e la parola di Dio ci porta già alla vigilia della passione di Cristo. Sono questi gli ultimi giorni di Quaresima durante i quali siamo stati invitati a percorrere lo stesso itinerario del Cristo, ritirato nel deserto, tentato e resistente ad ogni tentazione, capace di grandi gesti umani di rinuncia e di coraggio, uomo della penitenza, del silenzio e della preghiera. A conclusione di essi, la chiesa ci invita a concentrarci maggiormente sul mistero della Passione e morte di nostro Signore. E lo fa proponendoci un brano della Vangelo di Giovanni, nel quale si parla di Cristo quale cicco di grano, che per legge naturale se non muore, non dà frutto. Gesù morirà sulla croce e dalla sua morte nasce la vera vita per l’umanità. La misericordia di Dio entra con la sua potenza nella storia dell’umanità. Chi comprende che in Gesù scopriamo il volto misericordioso di Dio capisce il senso più vero della Passione. Una Passione, quella del Cristo, che si presenta drammatica all’orizzonte fin da questo primo annuncio. E’ Gesù stesso che si rivolge al Padre chiedendo di salvarlo da quell’ora tremenda del dolore. Un grido di aiuto che spiega tutti i gridi di aiuto che da ogni persona e da ogni parte del mondo si alzano a Dio, quando la sofferenza, più terribile e incomprensibile, soprattutto dei bambini innocenti, tocca persone di ogni ceto sociale e condizione minandone l’integrità fisica, ma soprattutto spirituale. Tutti vorrebbero rifuggire dal dolore, ma il dolore non sempre è rimovibile dalla vita dell’uomo. Un dolore che si comprende alla luce della croce, che è anche glorificazione e primariamente amore. “In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire”.

Il dramma di Cristo sulla Croce è espresso in modo lapidario e con accenti forti nel breve brano della Lettera agli Ebrei: “Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”.

L’obbedienza di Cristo è modello di obbedienza alla volontà di Dio per tutti gli uomini, anche quando questa obbedienza ci invita a salire il Calvario e a metterci ai piedi del Crocifisso non solo per compiangere il suo soffrire, ma per completare quanto manca alla sua passione.

E’ il profeta Geremia che nel brano della prima lettura che ci dà la chiave interpretativa di tutto ciò che la parola di oggi ci invita a meditare sulla speranza, sui tempi nuovi e messianici, in cui Dio stipulerà una nuova alleanza con il suo popolo. E’ l’alleanza del Mote Calvario, non più del monte Sinai. Il passaggio del mar rosso per il popolo di Israele è un lontano ricordo, in quanto un nuovo più importante passaggio l’umanità viene chiamata a compiere, quella dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita, dalla schiavitù alla libertà. Cristo che muore e risorge come il chicco di grano è la grande speranza, anzi è la certezza che l’uomo non è abbandonato a se stesso, ma Dio è con lui e Dio e per lui. Un Dio che dona il suo Figlio sulla Croce, perché dalla Croce gli uomini riabbiano la gioia di una vita in Dio, nella sua amicizia e nell’amicizia con tutti i suoi fratelli. “Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato”.

Nel Salmo responsoriale di oggi, tratto dal Salmo 50, c’è questa elevazione di preghiera a Dio per ottenere la sua misericordia davanti al peccato individuale e soggettivo e al peccato collettivo e oggettivo: “Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro”.

Di fronte ad un mondo che ha perso il senso di Dio e di conseguenza anche la coscienza del peccato, delle proprie debolezze, il forte richiamo che ci viene dalla parola di Dio oggi alla misericordia è un invito a ripartire da quella esperienza di fede che ci fa sperare nella salvezza, ma non ci fa abusare della misericordia di Dio. E’ tempo di conversione, è tempo di pentimento è tempo, soprattutto, di iniziare una vita nuova vera in Cristo, che per noi ha accettato la Croce come autentica via di liberazione, in quanto via dell’amore e dell’oblazione. Il Signore ci illumini a prendere coscienza dei nostri peccati e per quanto è nelle nostre facoltà di togliere il peccato dalla nostra vita, per vivere nella grazia e nell’amicizia con Dio.

Ecco perché possiamo doverosamente e legittimamente pregare così in questo giorno di festa e di speranza per tutti: Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi. Amen.

 

Il Commento della Parola di Dio di domenica 29 marzo 2009ultima modifica: 2009-03-28T00:14:00+01:00da pace2005
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