commento

Un canto d’amore per la vigna del Signore

1805952688.JPGCelebriamo oggi la XXVII Domenica del T.O. e la parola di Dio ci invita ad accogliere il Regno di Dio e far tesoro di ogni occasione che arriva a noi perché questo Regno cresca dentro di noi, fuori di noi e intorno a noi. Il Vangelo di Matteo ci presenta oggi un’altra parabola di Gesù che illustra in modo circostanziato l’itinerario della salvezza che Dio ha posto in essere prima nei confronti del popolo eletto ed successivamente per l’intera umanità. Nel preparare il terreno ad accogliere il suo regno pensa pure al momento in cui chiederà conto di come si è lavorato in questo regno, quali risultati si sono dati, se si sono accolti i suggerimenti. E’ evidente il discorso anche del rifiuto dei capi d’Israele della figura del messia individuata qui nel Figlio del Padrone della Vigna, che affida la custodia e lo sviluppo di essa a dei contadini e quindi a dei lavoratori che dovevano far progredire questa vigna. Invece alla fine oltre a rifiutare tutti gli inviati di Dio, dai profeti a tutti gli altri, rifiutano anche il Figlio di Dio, che come ben sappiamo viene condannato a morte e crocifisso. Possiamo perciò ben dire che il Regno di Dio è per le persone disponibili ad accogliere Cristo. Tutto il brano del Vangelo indirizza verso questa interpretazione e lettura, ma anche è un forte richiamo a far tesoro di quella fede che abbiamo ricevuto in dono e che se non ben curata si rischia di perdere, fino al punto che “la cura della vigna” passa in mano ad altre persone e popoli più disposti a lavorare in sintonia con il Padrone di tale spirituale possedimento. “In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Sappiamo come il tema e il termine vigna ricorra spesso nei testi sacri sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Nella prima lettura di oggi tratta dal profeta Isaia si parla proprio della vigna non in segno reale ma metaforica, per indicare appunto il campo del lavoro ove Dio direttamente opera o agisce per tramite di suoi messaggeri ed inviati e soprattutto coinvolgendo nel progetto di bene e di salvezza l’intero popolo eletto. Il brano del profeta Isaia è di straordinaria bellezza e ricchezza, tanto da richiedere un adeguato approfondimento personale per interiorizzarlo meglio e far portare frutti nella nostra vita di credenti e cristiani. E’ evidente che la vigna del Signore è la casa d’Israele. A mio modesto avviso è un canto d’amore per la Chiesa di Dio. “Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi”. La descrizione dettagliata di questa vigna ci fa capire con quanto cura e passione il profeta legge gli avvenimenti della storia di Israele, non sempre rispondente alla volontà di Dio, Infatti Dio in questa vigna del mondo “si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi”. E’ la fotografia del mondo di allora, ma soprattutto del mondo di oggi, di questi travagliati giorni che riguardano il nostro Paese, ma il Mondo intero, con tanto spargimento di sangue, sofferenze, ingiustizie, cattiverie, malvagità. Reagire a questo modo di pensare è di agire compete soprattutto a quanti hanno fede in Dio e in Cristo, unico salvatore del mondo. Dio non farà mia mancare il suo sostegno a questo mondo, per la sua vigna farà ogni cosa, oltre quello che già ha fatto. Ma cosa fa l’uomo perché questa vigna cresca e dia frutti abbondanti di bene? A guardare il nostro tempo, possiamo dire ben poco, considerato il fatto che questa vigna è stata spiantata e trapiantata altrove, perché non dava più frutti come doveva, ove è stata piantata per prima. E’ la storia di questi nostri giorni ove la fede è venuta meno nei paesi di antica tradizione cristiana e si sta affermando nelle giovani chiese dell’intero pianeta. Questo dovrebbe farci preoccupare e non adagiarci sulle cose fatte o che si fanno, ma far scattare un’ansia missionaria a largo raggio, in modo da coinvolgere intorno al progetto della riscoperta della fede, soprattutto i bambini, i ragazzi e i giovani distratti da altre cose che non sono Dio, ma sono idoli. Il nostro dovere come educatori è quello di fare del nostro meglio per far conoscere ed amare Cristo in questo mondo, iniziando ad amarlo noi, in quanto la testimonianza trascina più di ogni altra parola o discorso. In nostro soccorso, davanti al male del mondo e allo scoraggiamento che può prenderci, soprattutto se non si vedono i frutti di un lavoro pastorale, sacerdotale, educativo e spirituale è quanto scrive l’Apostolo Paolo nel breve ma intenso brano della Lettera ai Filippesi, che vogliamo fare nostro come stile di vita quotidiana in tutte le circostanze dell’esistenza giornaliera segnata dalla gioia o dalla sofferenza: “Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!”. Non ci vogliamo angustiare per nulla, ma non vogliamo neppure essere passivi e indifferenti rispetto al tanto male che esiste nel mondo e che con il nostro piccolo contributo possiamo debellare dentro di noi ed intorno a noi. Non vogliamo neanche angustiarci quanto facendo tesoro proprio della parola di Dio si pensa e si organizza qualcosa di utile per il bene di tutti e frainteso volutamente e maliziosamente si fanno naufragare tutte le iniziative di bene, mentre quelle del male si affermano sempre più prepotentemente. Noi dobbiamo avere nei nostri pensieri e progetti quello che scrive l’Apostolo e ci pone alla nostra attenzione: “quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri”. Perciò vogliamo chiudere questa riflessione e meditazione con la preghiera della colletta di oggi, domenica XXVII: “O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare”.Amen.