LA DIMENSIONE PASQUALE DELLA VITA CONSACRATA

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RITIRO MENSILE

SUORE ANCELLE DEL SACRO CUORE DI CATERINA VOLPICELLI

FRATTAMAGGIORE 26 FEBBRAIO 2015 

LA DIMENSIONE PASQUALE DELLA VITA CONSACRATA

 Il ritiro spirituale di oggi si colloca nel cammino quaresimale e come tale è un forte richiamo alla dimensione pasquale della vita consacrata sulla quale rifletteremo in questo nostro incontro, valorizzando l’insegnamento di Papa Francesco e di San Giovanni Paolo II. Nell’anno della vita consacrata, risulta di grande utilità spirituale riflettere sul mistero pasquale e del suo rapporto con la vita dei consacrati oggi.

1.DALL’ESORTAZIONE VITA CONSECRATA DI GIOVANNI PAOLO II 

24. La persona consacrata, nelle varie forme di vita suscitate dallo Spirito lungo il corso della storia, fa esperienza della verità di Dio-Amore in modo tanto più immediato e profondo quanto più si pone sotto la Croce di Cristo. Colui che nella sua morte appare agli occhi umani sfigurato e senza bellezza tanto da indurre gli astanti a coprirsi il volto (cfr Is 53, 2-3), proprio sulla Croce manifesta pienamente la bellezza e la potenza dell’amore di Dio. Sant’Agostino lo canta così: «Bello è Dio, Verbo presso Dio […]. È bello in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori, bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell’invitare alla vita e bello nel non curarsi della morte; bello nell’abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello nella Croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo. Ascoltate il cantico con intelligenza, e la debolezza della carne non distolga i vostri occhi dallo splendore della sua bellezza». La vita consacrata rispecchia questo splendore dell’amore, perché confessa, con la sua fedeltà al mistero della Croce, di credere e di vivere dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo modo essa contribuisce a tener viva nella Chiesa la coscienza che la Croce è la sovrabbondanza dell’amore di Dio che trabocca su questo mondo , è il grande segno della presenza salvifica di Cristo. E ciò specialmente nelle difficoltà e nelle prove. È quanto viene testimoniato continuamente e con coraggio degno di profonda ammirazione da un gran numero di persone consacrate, che vivono spesso in situazioni difficili, persino di persecuzione e di martirio. La loro fedeltà all’unico Amore si mostra e si tempra nell’umiltà di una vita nascosta, nell’accettazione delle sofferenze per completare ciò che nella propria carne «manca ai patimenti di Cristo» (Col 1, 24), nel sacrificio silenzioso, nell’abbandono alla santa volontà di Dio, nella serena fedeltà anche di fronte al declino delle forze e della propria autorevolezza. Dalla fedeltà a Dio scaturisce pure la dedizione al prossimo, che le persone consacrate vivono non senza sacrificio nella costante intercessione per le necessità dei fratelli, nel generoso servizio ai poveri e agli ammalati, nella condivisione delle difficoltà altrui, nella sollecita partecipazione alle preoccupazioni e alle prove della Chiesa.

 

2.LE DOMANDE DI PAPA FRANCESCO (DAL TESTO RALLEGRATEVI)

 

Accogliamo le sollecitazioni che il Papa ci propone per guardare noi stessi e il mondo con gli occhi di Cristo e restarne inquieti.

 

• Volevo dirvi una parola e la parola è gioia. Sempre dove sono i consacrati, i seminaristi, le religiose e i religiosi, i giovani, c’è gioia, sempre c’è gioia! È la gioia della freschezza, è la gioia del seguire Gesù; la gioia che ci dà lo Spirito Santo, non la gioia del mondo. C’è gioia! Ma dove nasce la gioia?

• Guarda nel profondo del tuo cuore, guarda nell’intimo di te stesso, e domandati: hai un cuore che desidera qualcosa di grande o un cuore addormentato dalle cose? Il tuo cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o l’hai lasciato soffocare dalle cose, che finiscono per atrofizzarlo? Dio ti attende, ti cerca: che cosa rispondi? Ti sei accorto di questa situazione della tua anima? Oppure dormi? Credi che Dio ti attende o per te questa verità sono soltanto “parole”?

Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio. Io vorrei che voi pensaste a questo: come posso essere libero, come posso essere libera da questa cultura del provvisorio?

 

• Questa è una responsabilità prima di tutto degli adulti, dei formatori: dare un esempio di coerenza ai più giovani. Vogliamo giovani coerenti? Siamo noi coerenti! Al contrario, il Signore ci dirà quello che diceva dei farisei al popolo di Dio: “Fate quello che dicono, ma non quello che fanno!”. Coerenza e autenticità!

 

• Possiamo domandarci: sono inquieto per Dio, per annunciarlo, per farlo conoscere? O mi lascio affascinare da quella mondanità spirituale che spinge a fare tutto per amore di se stessi? Noi consacrati pensiamo agli interessi personali, al funzionalismo delle opere, al carrierismo. Mah, tante cose possiamo pensare… Mi sono per così dire “accomodato” nella mia vita cristiana, nella mia vita sacerdotale, nella mia vita religiosa, anche nella mia vita di comunità, o conservo la forza dell’inquietudine per Dio, per la sua Parola, che mi porta ad “andare fuori”, verso gli altri?

 

• Come siamo con l’inquietudine dell’amore? Crediamo nell’amore a Dio e agli altri? O siamo nominalisti su questo? Non in modo astratto, non solo le parole, ma il fratello concreto che incontriamo, il fratello che ci sta accanto! Ci lasciamo inquietare dalle loro necessità o rimaniamo chiusi in noi stessi, nelle nostre comunità, che molte volte è per noi “comunità-comodità”?

• Questa è una bella, una bella strada alla santità! Non parlare male di altri. “Ma, padre, ci sono problemi…”: dillo al superiore, dillo alla superiora, dillo al vescovo, che può rimediare. Non dirlo a quello che non può aiutare. Questo è importante: fraternità! Ma dimmi, tu parlerai male della tua mamma, del tuo papà, dei tuoi fratelli? Mai. E perché lo fai nella vita consacrata, nel seminario, nella vita presbiterale? Soltanto questo: pensate, pensate… Fraternità! Questo amore fraterno.

 

• Ai piedi della croce, Maria è donna del dolore e al contempo della vigilante attesa di un mistero, più grande del dolore, che sta per compiersi. Tutto sembra veramente finito; ogni speranza potrebbe dirsi spenta. Anche lei, in quel momento, ricordando le promesse dell’annunciazione avrebbe potuto dire: non si sono avverate, sono stata ingannata. Ma non lo ha detto. Eppure lei, beata perché ha creduto, da questa sua fede vede sbocciare il futuro nuovo e attende con speranza il domani di Dio. A volte penso: noi sappiamo aspettare il domani di Dio? O vogliamo l’oggi? Il domani di Dio per lei è l’alba del mattino di Pasqua, di quel giorno primo della settimana. Ci farà bene pensare, nella contemplazione, all’abbraccio del figlio con la madre. L’unica lampada accesa al sepolcro di Gesù è la speranza della madre, che in quel momento è la speranza di tutta l’umanità. Domando a me e a voi: nei Monasteri è ancora accesa questa lampada? Nei monasteri si aspetta il domani di Dio?

 

• L’inquietudine dell’amore spinge sempre ad andare incontro all’altro, senza aspettare che sia l’altro a manifestare il suo bisogno. L’inquietudine dell’amore ci regala il dono della fecondità pastorale, e noi dobbiamo domandarci, ognuno di noi: come va la mia fecondità spirituale, la mia fecondità pastorale?  

 

• Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo. Ecco la domanda che dobbiamo porci: abbiamo anche noi grandi visioni e slancio? Siamo anche noi audaci? Il nostro sogno vola alto? Lo zelo ci divora (cf. Sal 69, 10)? Oppure siamo mediocri e ci accontentiamo delle nostre programmazioni apostoliche di laboratorio? [81] 

 

3.IL VANGELO DELLA TRASFIGURAZIONE

 

«Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parole e disse a Gesù: ‘ Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè una per Elia ‘.Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva:‘ Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo ‘.All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: ‘Alzatevi e non temete ‘. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro:‘ Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti ‘» (Mt 17, 1-9).

 

VC, 15: L’episodio della Trasfigurazione segna un momento decisivo nel ministero di Gesù. È evento di rivelazione che consolida la fede nel cuore dei discepoli, li prepara al dramma della Croce ed anticipa la gloria della risurrezione. Questo mistero è continuamente rivissuto dalla Chiesa, popolo in cammino verso l’incontro escatologico col suo Signore. Come i tre apostoli prescelti, la Chiesa contempla il volto trasfigurato di Cristo, per confermarsi nella fede e non rischiare lo smarrimento davanti al suo volto sfigurato sulla Croce. Nell’uno e nell’altro caso, essa è la Sposa davanti allo Sposo, partecipe del suo mistero, avvolta dalla sua luce.

 

Da questa luce sono raggiunti tutti i suoi figli, tutti ugualmente chiamati a seguire Cristo riponendo in Lui il senso ultimo della propria vita, fino a poter dire con l’Apostolo: «Per me il vivere è Cristo!» (Fil 1, 21). Ma un’esperienza singolare della luce che promana dal Verbo incarnato fanno certamente i chiamati alla vita consacrata. La professione dei consigli evangelici, infatti, li pone quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo. Non possono perciò non trovare in essi particolare risonanza le parole estatiche di Pietro: «Signore, è bello per noi stare qui!» (Mt 17, 4). Queste parole dicono la tensione cristocentrica di tutta la vita cristiana. Esse, tuttavia, esprimono con particolare eloquenza il carattere totalizzante che costituisce il dinamismo profondo della vocazione alla vita consacrata: “Come è bello restare con Te, dedicarci a Te, concentrare in modo esclusivo la nostra esistenza su di Te!”. In effetti, chi ha ricevuto la grazia di questa speciale comunione di amore con Cristo, si sente come rapito dal suo fulgore: Egli è il «più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45 [44], 3), l’Incomparabile.

 

4.«Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!»

 

VC,16. Ai tre discepoli estasiati giunge l’appello del Padre a mettersi in ascolto di Cristo, a porre in Lui ogni fiducia, a farne il centro della vita. Nella parola che viene dall’alto acquista nuova profondità l’invito col quale Gesù stesso, all’inizio della vita pubblica, li aveva chiamati alla sua sequela, strappandoli alla loro vita ordinaria e accogliendoli nella sua intimità. È proprio da questa speciale grazia di intimità che scaturisce, nella vita consacrata, la possibilità e l’esigenza del dono totale di sé nella professione dei consigli evangelici. Questi, prima e più che una rinuncia, sono una specifica accoglienza del mistero di Cristo, vissuta all’interno della Chiesa.

Nell’unità della vita cristiana, infatti, le varie vocazioni sono come raggi dell’unica luce di Cristo «riflessa sul volto della Chiesa».26 I laici, in forza dell’indole secolare della loro vocazione, rispecchiano il mistero del Verbo Incarnato soprattutto in quanto esso è l’Alfa e l’Omega del mondo, fondamento e misura del valore di tutte le cose create. I ministri sacri, da parte loro, sono immagini vive di Cristo capo e pastore, che guida il suo popolo nel tempo del «già e non ancora», in attesa della sua venuta nella gloria. Alla vita consacrata è affidato il compito di additare il Figlio di Dio fatto uomo come il traguardo escatologico a cui tutto tende, lo splendore di fronte al quale ogni altra luce impallidisce, l’infinita bellezza che, sola, può appagare totalmente il cuore dell’uomo. Nella vita consacrata, dunque, non si tratta solo di seguire Cristo con tutto il cuore, amandolo «più del padre e della madre, più del figlio o della figlia» (cfr Mt 10, 37), come è chiesto ad ogni discepolo, ma di vivere ed esprimere ciò con l’adesione «conformativa» a Cristo dell’intera esistenza , in una tensione totalizzante che anticipa, nella misura possibile nel tempo e secondo i vari carismi, la perfezione escatologica.

Attraverso la professione dei consigli, infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, «la forma di vita, che il Figlio di Dio prese quando venne nel mondo».27 Abbracciando la verginità , egli fa suo l’amore verginale di Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio unigenito, uno con il Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11); imitando la sua povertà, lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell’amore tutto gli restituisce (cfr Gv 17, 7.10); aderendo, col sacrificio della propria libertà, al mistero della sua obbedienza filiale, lo confessa infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace solo della volontà del Padre (cfr Gv 4, 34), al quale è perfettamente unito e dal quale in tutto dipende.

Con tale immedesimazione «conformativa» al mistero di Cristo, la vita consacrata realizza a titolo speciale quella confessio Trinitatis che caratterizza l’intera vita cristiana, riconoscendo con ammirazione la sublime bellezza di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e testimoniandone con gioia l’amorevole condiscendenza verso ogni essere umano.

5.Dal Tabor al Calvario

 

VC, 23. L’evento sfolgorante della Trasfigurazione prepara quello tragico, ma non meno glorioso, del Calvario. Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano il Signore Gesù insieme a Mosè ed Elia, con i quali — secondo l’evangelista Luca — Gesù parla «della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (9, 31). Gli occhi degli apostoli dunque sono fissi su Gesù che pensa alla Croce (cfr Lc 9, 43-45). Lì il suo amore verginale per il Padre e per tutti gli uomini raggiungerà la sua massima espressione; la sua povertà arriverà allo spogliamento di tutto; la sua obbedienza fino al dono della vita. I discepoli e le discepole sono invitati a contemplare Gesù esaltato sulla Croce, dalla quale «il Verbo uscito dal silenzio», nel suo silenzio e nella sua solitudine, afferma profeticamente l’assoluta trascendenza di Dio su tutti i beni creati, vince nella sua carne il nostro peccato e attira a sé ogni uomo e ogni donna, donando a ciascuno la nuova vita della risurrezione (cfr Gv 12, 32; 19, 34.37). Nella contemplazione di Cristo crocifisso trovano ispirazione tutte le vocazioni; da essa traggono origine, con il dono fondamentale dello Spirito, tutti i doni e in particolare il dono della vita consacrata. Dopo Maria, Madre di Gesù, questo dono riceve Giovanni, il discepolo che Gesù amava, il testimone che insieme a Maria si trovava ai piedi della Croce (cfr Gv 19, 26-27). La sua decisione di consacrazione totale è frutto dell’amore divino che lo avvolge, lo sostiene, gli riempie il cuore. Giovanni, accanto a Maria, è tra i primi della lunga schiera di uomini e donne, che dagli inizi della Chiesa fino alla fine, toccati dall’amore di Dio, si sentono chiamati a seguire l’Agnello immolato e vivente, dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 1-5).

 

6.Trovati, raggiunti, trasformati (DALLA LETTERA “RALLEGRATEVI”

 

5. Il Papa ci chiede di rileggere la nostra storia personale e verificarla nello sguardo d’amore di Dio, perché se la vocazione è sempre sua iniziativa, a noi si addice la libera adesione all’economia divino-umana, come relazione di vita nell’agape, cammino di discepolato, « luce nel cammino della Chiesa».

La vita nello Spirito non ha tempi compiuti, ma si apre costantemente al mistero mentre discerne per conoscere il Signore e percepire la realtà a partire da Lui. Nel chiamarci Dio ci fa entrare nel suo riposo e ci chiede di riposare in Lui, come processo continuo di conoscenza d’amore; risuona per noi la Parola tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose (Lc 10, 41).

Nella via amoris noi avanziamo nella rinascita: la vecchia creatura rinasce a nuova forma. Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura (2Cor 5, 17).

 

Papa Francesco indica il nome di questa rinascita: « Questa via ha un nome, un volto: il volto di Gesù Cristo. Lui ci insegna a diventare santi. Lui nel Vangelo ci mostra la strada: quella delle Beatitudini (cf. Mt 5, 1-12). Questa è la vita dei Santi: persone che per amore di Dio nella loro vita non hanno posto condizioni a Lui ».

La vita consacrata è chiamata a incarnare la Buona Notizia, alla sequela di Cristo, il Crocifisso risorto, a far proprio il « modo di esistere e di agire di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli ».

 

In concreto assumere il suo stile di vita, adottare i suoi atteggiamenti interiori, lasciarsi invadere dal suo spirito, assimilare la sua sorprendente logica e la sua scala di valori, condividere i suoi rischi e le sue speranze: « Guidati dall’umile e felice certezza di chi è stato trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla ».

Il rimanere in Cristo ci permette di cogliere la presenza del Mistero che ci abita e fa dilatare il cuore secondo la misura del suo cuore di Figlio. Colui che rimane nel suo amore, come il tralcio è attaccato alla vite (cf. Gv 15, 1-8), entra nella familiarità con Cristo e porta frutto: « Rimanere in Gesù! È un rimanere attaccati a Lui, dentro di Lui, con Lui, parlando con Lui ».

«Cristo è il sigillo sulla fronte, è il sigillo sul cuore: sulla fronte, perché sempre lo professiamo; sul cuore, perché sempre lo amiamo; è il sigillo sul braccio, perché sempre operiamo », la vita consacrata infatti è una continua chiamata a seguire Cristo e ad essere conformati a Lui. « Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale».

 

L’incontro con il Signore, ci mette in movimento, ci spinge ad uscire dall’autoreferenzialità. La relazione con il Signore non è statica, né intimistica: « Chi mette al centro della propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri ». «Non siamo al centro, siamo, per così dire, “spostati”, siamo al servizio di Cristo e della Chiesa ».

 

La vita cristiana è determinata da verbi di movimento, anche quando è vissuta nella dimensione monastica e contemplativo-claustrale, è una continua ricerca.

«Non si può perseverare in un’evangelizzazione piena di fervore se non si resta convinti, in virtù della propria esperienza, che non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa camminare con Lui o camminare a tentoni, non è la stessa cosa poterlo ascoltare o ignorare la sua Parola, non è lo stessa cosa poterlo contemplare, adorare, riposare in Lui, o non poterlo fare. Non è la stessa cosa cercare di costruire il mondo con il suo Vangelo piuttosto che farlo unicamente con la propria ragione. Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che con Lui è più facile trovare il senso ad ogni cosa ». 

 

Papa Francesco esorta all’inquietudine della ricerca, come è stato per Agostino di Ippona: una « inquietudine del cuore che lo porta all’incontro personale con Cristo, lo porta a capire che quel Dio che cercava lontano da sé, è il Dio vicino ad ogni essere umano, il Dio vicino al nostro cuore, più intimo a noi di noi stessi ». È una ricerca che continua: «Agostino non si ferma, non si adagia, non si chiude in se stesso come chi è già arrivato, ma continua il cammino.

L’inquietudine della ricerca della verità, della ricerca di Dio, diventa l’inquietudine di conoscerlo sempre di più e di uscire da se stesso per farlo conoscere agli altri. È proprio l’inquietudine dell’amore».

 

 

LA DIMENSIONE PASQUALE DELLA VITA CONSACRATAultima modifica: 2015-02-26T23:19:22+01:00da pace2005
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