testamento bilogico

Il magistero della Chiesa cattolica dà un preciso insegnamento sulla fine della vita

Rungi-volto-tessera.JPG“Sulla fine della vita l’insegnamento dottrinale e morale della Chiesa è esplicito e i suoi vari aspetti vengono adeguatamente considerati nel testo ufficiale del Catechismo”, è quanto afferma padre Antonio Rungi, teologo morale campano. “Ogni riflessione e considerazione in merito a questo delicato argomento va inquadrato come credenti cattolici in questo insegnamento. Il Catechismo, infatti, parla della fine della propria vita, dell’accanimento terapeutico e di altre delicate questioni all’ordine del giorno, quale il tema dell’eutanasia e del testamento biologico. Suggerisco a quanti hanno a cuore di essere in linea con il magistero della Chiesa di leggere e meditare sui seguenti articoli del Catechismo: “Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un’esistenza per quanto possibile normale (CCC, 2226). Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile (CCC, 2227).Così un’azione oppure un’omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L’errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere. L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’“accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente (CCC 2228). Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate (2229)”. In questo quadro di riferimento dottrinale è possibile avviare una riflessione e indicare più precisamente una strada da percorre in casi particolari. Certamente il contributo della scienza e della medicina -conclude padre Rungi- è indispensabile in questo caso, specie se è mosso da buone intenzioni e non da pregiudizi verso questa o quell’altra soluzione. Scienza, medicina e fede possono camminare insieme e dare un contributo importante per portare chiarezza in tali questioni molto delicate e non risolvibili facilmente da un punto di vista medico ed etico”.