SUORE

Mercoledì 30 Ottobre 2013 Ritiro spirituale alla Stella Maris

1400308_488695227896227_235077767_o.jpgSaranno in ritiro spirituale per tutta la giornata di mercoledì 30 ottobre 2013 le Suore di Gesù Redentore della Stella Maris di Mondragone, che insieme ad un gruppo consistente di fedeli parteciperanno alla giornata di ringraziamento a conclusione dell’Anno della fede, che le religiose, figlie spirituali della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, intendo svolgere alla vigilia della Solennità di Tutti i Santi e dei Fedeli Defunti. A guidare la giornata di spiritualità e di ringraziamento sarà padre Antonio Rungi, missionario passionista, teologo morale e docente. La giornata è incentrata sulla riflessione sui frutti dell’Anno della fede e sulla vita esemplare della Serva di Dio Victorine Le Dieu. Si inizia alle ore 9.00 con l’accoglienza; alle 9,30 la preghiera delle Lodi; alle 10.00 la prima meditazione dettata da P.Rungi; alle 11,15 l’Adorazione eucaristica; alle 12,15 la celebrazione della santa messa; alle 15,00 la preghiera della Divina Misericordia; alle 16,00 la seconda meditazione dettata dal teologo P.Rungi; alle 17,00 la celebrazione dei Vespri e la conclusione. Al ritiro spirituale e alla giornata di ringraziamento sono attesi diversi fedeli del territorio che, ogni mese, si ritrovano insieme a pregare alla Stella Maris per un cammino di fede, sostenuti dalla spiritualità e dal carisma delle Suore di Gesù Redentore che è l’adorazione, la riparazione e la riconciliazione.

Mondragone (Ce). Le Suore della Stella Maris ricordano la loro fondatrice

vivtorine1.jpgIl 26 ottobre del 1884, la serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, Fondatrice delle Suore di Gesù Redentore (Ex-Patrocinio San Giuseppe) terminava a Roma la sua missione terrena ed iniziava, in cielo, la sua adorazione perenne della SS.Trinità, come aveva fatto nel corso della sua esistenza tra la Francia, sua nazione d’origine e l’Italia, sua nazione di approdo e di concretizzazione della sua opera a favore dei bambini orfani ed abbandonati. A distanza di 129 anni della sua morte e in coincidenza dei 150 anni di approvazione dell’opera di Madre Victorine Le Dieu, da parte di Pio IX il 15 gennaio del 1863, le sue figlie spirituali della comunità religiosa della Stella Maris ricordano la loro Fondatrice con un triduo di preghiera, e di riflessione, dal 24 al 26 ottobre, nella parrocchia San Giuseppe Artigiano dei Padri Passionisti di Mondragone, e con una speciale giornata di ritiro spirituale, aperto a tutti, mercoledì 30 ottobre 2013. Questa sera si è tenuto il primo giorno con una buona partecipazione dei fedeli e dei devoti della serva di Dio. Il triduo sarà incentrato sulla fede, sulla speranza  e la carità di Madre Victorine Le Dieu ed il ritiro spirituale,  sarà un momento di ringraziamento a Dio per l’Anno della fede, nel nome di Victorine Le Dieu. La speciale ricorrenza ha suggerita alla comunità delle Suore della Stella Maris, composta da 5 religiose, di focalizzare la loro attenzione sul carisma della Fondatrice che è l’Adorazione eucaristica, la riparazione dei peccati dell’umanità e la riconciliazione come pace tra Dio e l’uomo e tra gli uomini tra loro nel segno di quella pace e fraternità universale che Victorine Le Dieu ebbe a cuore nella Francia post-rivoluzionaria del XIX secolo, durante il quale visse. Era, infatti, nata in Francia il 22 maggio del 1809 ad Avrances e dal giorno della sua nascita fu un progressivo cammino di santità alla luce dell’eucaristia del mistero del Cristo Redentore.Il triduo di preghiera sarà incentrato sull’adorazione eucaristica, che si svolgerà durante i tre giorni nella casa di spiritualità delle Suore della Stella Maris e sulla celebrazione della messa alle ore 18,30 nella parrocchia dei Passionisti. Celebrazione che sarà preceduta dalla preghiera del Rosario meditato e dalla catechesi sulla vocazione alla vita cristiana e religiosa della Serva di Dio. Di particolare interesse, invece, riceve la giornata di spiritualità del 30 ottobre con inizio alle ore 9.00 del mattino e chiusura alle ore 18.00 e che sarà guidata dal missionario passionista, padre Antonio Rungi, che nelle due meditazioni previste per la giornata, con le catechesi e l’omelia presenterà il volto più bello ed innovativo del carisma di Victorine Le Dieu, alla luce dell’insegnamento e del magistero di Papa Francesco sulla vita consacrata, sulla fede e sulle opere di carità. Come dire una quattro giorni di intensa spiritualità tra la Stella Maris e il Convento dei Passionisti, durante i quali i fedeli sarà invitati a prendere esempio da Victorine Le Dieu per tradurre il dono meraviglioso della fede in vera e concreta azione di amore verso gli ultimi ed abbandonati del territorio. In una terra dove il problema dei tumori, delle malattie consequenziali all’inquinamento atmosferico, dove la presenza degli extra-comunitari si fa sentire in modo evidente, anche le Suore della Stella Maris, nel nome della Serva di Dio Victorine Le Dieu pongono al centro della loro missione, la difesa della vita e la cultura della vita, attingendo il coraggio della loro missione dalla fonte della carità che è Gesù Sacramentato.

FRATTAMAGGIORE. PRIMO INCONTRO DI FORMAZIONE PER LE SUORE ANCELLE DEL SACRO CUORE

ANCELLE DEL SACRO CUORE DI CATERINA VOLPICELLI

FRATTAMAGGIORE – NAPOLI

PRIMO INCONTRO DI FORMAZIONE – 24 OTTOBRE 2013

GUIDA SPIRITUALE: P.ANTONIO RUNGI – PASSIONISTA

 

<<La chiamata di Dio: dall’evento parola all’esperienza>>

 

1.PREMESSA

 

In questo anno pastorale 2013-2014 avremo come tema unificante dei nostri incontri, secondo quanto deciso dal Consiglio generale della Congregazione delle Suore Ancelle del Sacro Cuore di Caterina Volpicelli e fino al prossimo capitolo generale il seguente tema: “La chiamata di Dio: dall’evento parola all’esperienza”. Comprendiamo subito che è tutta la famiglia di Caterina Volpicelli a mettersi in cammino per preparare e vivere l’evento capitolare tra tre anni, come momento di grazia e di rinnovamento personale. E a rinnovarsi non sono chiamate solo le Ancelle, ma anche le Piccole Ancelle e le Aggregate, che a vario titolo giuridico, canonico, spirituale fanno parte dell’unica famiglia della Santa che amore di intenso trasporto il Cuore di Cristo e ne fece la sua missione in terra napoletana, in un periodo di grandi sconvolgimenti sociali. Ognuno è chiamato a vivere la propria vocazione ed il carisma di appartenenza seguendo quello che sono le regole di vita per la diversità delle chiamate che il Signore ha rivolto a voi facendovi conoscere ed apprezzare, professare e promettere di vivere la devozione al Sacro Cuore di Gesù secondo l’esempio di Santa Caterina Volpicelli. Per comprendere questa speciale chiamata, che la maggior parte di voi, vive e testimonia stando nel mondo e nella famiglia, è necessario partire proprio dal significato della chiamata che il Signore ha rivolto a voi, come a me, e alla quale abbiamo e stiamo dando la nostra umile risposta, non senza difficoltà, problemi ed ostacoli che, con la grazia di Dio e la nostra personale volontà, dobbiamo superare per vivere meglio questo dono e questa grazia ricevuta.

 

2.CHE SIGNIFICA “VOCAZIONE”?

 

Il termine vocazione (dal latino vocatio) significa chiamata e, nell’ambito del lessico religioso, fa riferimento alla chiamata da parte di Dio alla vita religiosa o ad una particolare missione a servizio della Chiesa o del prossimo. Per voi, carissime sorelle della famiglia di Caterina Voplicelli, significa vivere il carisma come “Ancelle”, che vivono insieme in comunità e in fraternità legittimamente costituite; in “Piccole Ancelle” che hanno promesso di vivere i voti e i consigli evangelici stando nel mondo e in famiglia. “Aggregate” che hanno deciso di fare esperienza di vita consacrate al Cuore di Cristo vivendo da donne sposate o nubili. Capire e valorizzare la propria chiamata è il primo passo per essere in sintonia con quanto abbiamo liberamente deciso di fare per la maggior gloria di Dio, per la nostra santificazione personale e per essere strumenti per la santificazione degli altri.

Partendo dalla terminologia possiamo affrontare meglio questo percorso di formazione sulla vocazione, come adesione alla Parola di Dio e come impegno di vita, cioè esperienza da vivere e condividere.

2.1. Nel linguaggio dei latini.

 

Per i latini, la vocatio assumeva significati differenti in rapporto al contesto sociale in cui tale vocabolo veniva usato: essa poteva significare una citazione in giudizio (da qui, il termine ad-vocatio, vale a dire la consultazione legale centrata sulla figura professionale dell’ad-vocatus, il cui termine greco corrispondente è paràcletos, o paraclito), un invito a pranzo (suggestivo il riferimento alla chiamata, rivolta da Dio a tutti gli uomini, a partecipare al banchetto celeste della fine dei tempi), una convocazione  (o  con-vocatio, ossia la chiamata in riunione di un gruppo di persone per trattare un argomento di interesse comune), un’invocazione o appello (in-vocatio) ad agire per il bene comune (come la chiamata alle armi per difendere la patria minacciata da pericoli esterni od interni).

Nella lingua italiana, la vocazione o chiamata è arricchita da sinonimi, che, di volta in volta, chiariscono ulteriormente il significato di questo vocabolo: inclinazione, attitudine, disposizione, tendenza, predisposizione, propensione, passione, capacità, dote. Nessuno di questi sinonimi, però, chiarisce del tutto il significato profondo della vocazione nella sua accezione religiosa e biblica, laddove la chiamata è frutto di una libera iniziativa di Dio e di una libera accettazione da parte dell’uomo, chiamato per l’appunto da Dio a svolgere una missione a favore degli uomini.

 

2.2. Nell’Antico Testamento

 

La radice ebraica qr’ compare circa 760 volte nell’Antico Testamento ed ha il significato di “richiamare l’attenzione di una persona con il suono della voce, per entrare in contatto con lei”. Da ciò si comprende come la chiamata possa essere ambivalente: solitamente è Dio che “chiama” l’uomo per comunicargli la sua volontà suprema e per affidargli un importante incarico, ma può essere anche l’uomo a cercare di “farsi sentire” da Dio, alzando per bene la voce, per esporgli le proprie difficoltà ed angosce ed essere esaudito. A questo proposito, appare evidente il contrasto tra la mentalità dei pagani, che cercavano di farsi ascoltare dalle loro divinità con grida, lamenti e riti chiassosi e sanguinari e la profonda spiritualità del pio israelita, consapevole che Dio non ha bisogno di tanto chiasso per accorgersi delle esigenze spirituali dei suoi fedeli. È molto indicativo l’episodio del profeta Elia, che sfida in un curioso duello i numerosi sacerdoti di Baal invitandoli a farsi ascoltare dal loro falso dio gridando sempre più forte e ferendosi a più non posso con lance e spade, perché forse è distratto o si è addormentato, mentre a lui basta una muta preghiera per essere esaudito da YHWH, l’unico vero Dio adorato dal popolo ebraico (1Re 18,20-40). Nel Nuovo Testamento, invece, appare accentuata l’iniziativa di Dio, cui corrisponde la libera risposta dell’uomo, mediante l’impiego del termine kaléin (“chiamare”), con i suoi derivati klésis e klétos (“chiamata”),  epikaléin (“nominare, chiamare”) e proskaléomai (“chiamare vicino a sé”), che ricorrono per circa 230 volte.

 

2.3. Le varie accezioni del “verbo chiamare”

Nell’Antico Testamento, si possono distinguere le seguenti importanti sfumature semantiche nel verbo qr’.

 

2.3.1.Gridare, ossia comunicare con il suono della voce (cf. Dt 20,10; 1Sam 17,8; 2Re 18,28); può trattarsi di un grido (Gen 41,43; Lv 13,45; Gdc 7,20), di un annuncio (Est 6,9.11), di una dichiarazione festosa (Sal 89,27) o di una proclamazione (Es 32,5; Lv 23,21; 1Re 21,9-12; Is 1,13).

 

2.3.2.Annunciare, termine tecnico della proclamazione profetica (1Re 13,32; Is 40,2.6; Ger 2,2; Gn 1,2); è espressivo il passo di Zc 7,7 in cui Dio stesso rivela di essere il soggetto che parla “per mezzo dei profeti del passato”. A questo significato fanno riferimento i passi biblici nei quali si parla dell’importanza del nome di YHWH nell’annuncio (Es 33,19: “proclamare il nome di YHWH”; cf. anche Dt 32,3; Sal 105,1; Is 12,4).

 

2.3.3.Chiamare a sé, spesso in casi in cui il contatto avviene dopo aver percorso una certa distanza (Gen 12,18; 20,8; Es 9,27). Quando si tratta di un pasto, allora il termine acquista il significato di invitare (1Sam 16,3). Nel contesto giuridico, la parola significa convocare qualcuno davanti al tribunale (1Sam 22,11; Is 44,7; 59,4) e, nel contesto militare, chiamare alle armi (Gdc 8,1; Ger 4).

 

2.3.4.Chiamare, con YHWH come soggetto (2Re 3,10.13; Is 3,3; 41,9; Os 11,1). In tale situazione è utilizzata l’espressione “chiamare per nome”, che dimostra come YHWH, colui che chiama, entri in un intenso rapporto con colui che è stato chiamato (Es 31,2; Is 43,1). Questa chiamata include un servizio che si assume nei confronti di Dio.

 

2.3.5.Dare un nome a qualcuno, usato assieme a šem; si tratta del termine tecnico che indica l’imposizione del nome (Gen 1,5; 2,20; Rt 4,17; Is 66,15; Gen 3,20; 4,25 s). L’espressione “il nome di qualcuno viene invocato sopra qualcosa” ha un significato giuridico: in caso di cambiamento di proprietà, il nome del nuovo proprietario viene indicato ufficialmente, quasi a sigillo dell’atto d’acquisto o di conquista (2Sam 12,28; Is 4,1). Quando tale espressione è riferita al nome di YHWH, essa indica il dominio di Dio, ad esempio su Israele (Dt 28,10; Is 63,19), sul Tempio (1Re 8,43; Ger 7,10 s) e sui popoli (Am 9,12).

 

2.3.6.Invocare, con YHWH come complemento oggetto dell’invocazione (89 volte nell’Antico Testamento, di cui 47 nei salmi; cf. Sal 17,6; 18,47 ecc.), spesso anche nell’espressione “invocare il nome del Signore” (Gen 4,26; 12,8; 1Re 18,24; Is 64,6), il cui significato varia con il contesto: lodare, ringraziare, protestare, gridare, chiedere aiuto, pregare sono le sfumature semantiche più ricorrenti del verbo “invocare”.

 

2.4. NEL NUOVO TESTAMENTO

Nel Nuovo Testamento s’incontrano varianti semantiche simili a quelle dell’Antico Testamento. Il verbo greco kaléin (chiamare) assume, di volta in volta, vari significati secondo il contesto in cui tale verbo è utilizzato dall’autore sacro.

 

2.4.1.Chiamare qualcuno, nel senso di chiamare “a sé”, o invitare (Mt 2,7; Mc 3,31; Lc 14,7-11; 1Cor 10,27). Nei Vangeli è Gesù che chiama “a sé” i suoi discepoli (Mt 10,1; 15,32;18,32; 20,25; Mc 15,44; Lc 7,18)

 

2.4.2.Conferire un nome (Lc 6,15; At 10,1; 15,37). La posizione ed il ruolo, che una persona assume ai fini della storia della salvezza, dipendono dal nome con cui essa viene designata (Lc 1,13 ss; Mt 1,21; Lc 1,32.35; Mt 22,41.46; 5,9; Eb 2,11; 1Gv 3,1).

 

2.4.3.Designare, è il significato che emerge nei passi in cui Gesù è colui che chiama, mentre i discepoli sono i destinatari della chiamata (Mt 10,5 ss; Mc 1,16-20; 6,7-13; Lc 9,1-6; 10,1-17). La chiamata di Gesù è caratterizzata dal suo potere, che coinvolge i destinatari, dal rigorismo che richiede una dedizione incondizionata e dal fatto di rivolgersi a singole persone, che sono assunte al suo servizio. Per quanto riguarda il senso e lo scopo della chiamata, occorre tenere presente che chiamata e missione, sequela ed invio sono costantemente collegati tra loro.

 

2.4.5.Nominare (epikaléin) è il significato sotteso all’assegnazione di un nome proprio (Mt 10,25) o di un soprannome (Mt 10,3; At 4,36; 12,25). In altri passi, compare il significato giuridico di “appellatio” (At 25,11.12.21.25), o dell’invocare Dio come testimone (2Cor 1,23). Infine, il termine è utilizzato spesso per l’invocazione di Dio e del suo nome nella confessione, che avviene nella comunità (At 7,59; Rm 10,12 ss). L’applicazione di quest’invocazione a Gesù (At 22,16; 1Cor 1,2) indica che Egli è il Figlio di Dio, il Messia.

 

2.4.6.Chiamare nel senso della “chiamata sovrana di Dio”, significato ricorrente in Paolo. In quest’autore, “chiamata” e “vocazione” sono concetti fondamentali per descrivere in che cosa consistano l’esistenza e la salvezza del cristiano. Paolo stesso fu chiamato dalla grazia di Dio e, contemporaneamente, gli fu affidato l’incarico di annunciare il vangelo (Gal 1,15 s; Rm 1,1). Non è, però, solo l’apostolo ad essere chiamato, ma tutti coloro che credono in Cristo (Rm 1,6 s; 9,24; 1Cor 1,2.24). La chiamata di Dio è parola creatrice (Rm 4,17) ed è l’unica fonte dell’esistenza della comunità, costituita dai “santi chiamati”; essi formano un unico corpo, chiamato alla pace di Cristo che regna su di loro (Col 3,15; Ef 4,4). Paolo (Rm

8,28-30) sottolinea il fatto che la chiamata degli eletti è il fondamento del decreto divino di salvezza: vivere nella chiamata di Dio, significa essere giusti e partecipare alla gloria di Cristo (1Cor 1,9; 1Ts 2,12; 5,24). La chiamata al regno di Dio (1Ts 2,12) racchiude in sé, per i credenti, una nuova vita nella libertà (Gal 5,13) e nella santificazione (Ef 4,1; 1Ts 4,7; 2Ts 1,11); per tale prova, viene promesso “il premio della vocazione” (Fil 3,14; Ef 1,18; 1Tm 6,12). Il credente può lasciare gli ordinamenti di questo mondo così come sono, poiché la condizione in cui egli si trovava al momento della vocazione non ha più gran valore (1Cor 7,20-22). Similmente, Pietro dichiara che coloro che sono stati chiamati da Dio in Cristo (1Pt 1,15; 5,10) e che sono stati salvati dalle tenebre, devono annunciare le opere di Dio (1Pt 2,9), seguendo Cristo nella sofferenza alla quale sono anch’essi chiamati (1Pt 2,21), per

ereditare infine la benedizione (1Pt 3,9; cf. anche Eb 3,1; 9,15; Ap 17,14; 19,9). Allo spettro semantico del verbo greco kaléin appartengono i termini importanti di eklégomai (“eleggere”) e di ekklesìa (comunità).

 

3.Spunti di riflessione

Il rapporto tra Dio e l’uomo, per quanto concerne la vocazione/chiamata, è asimmetrico, perché c’è un’infinita sproporzione tra l’infinito amore di Dio per la sua creatura e la pur libera iniziativa dell’essere umano, che si rivolge al suo Creatore per invocarlo o per rispondere alla sua chiamata. Solitamente l’uomo si rivolge al suo Signore e Dio per ottenerne l’aiuto, l’attenzione, il sostegno nella prova, la compassione, il perdono e la benevolenza ma Dio dona sempre la sua grazia ai suoi

figli e con sapiente provvidenza li guida alla salvezza, anche se vuole essere al centro del pensiero dell’uomo e vuole essere “pregato e supplicato”.

L’uomo non è mai dispensato dalla supplica, rivolta al suo Creatore e Signore, proprio perché è “creatura”. Quando Dio “chiama” l’uomo, non si comporta mai allo stesso modo, ma la sua chiamata è sempre originale, unica, personale e personalizzata.

– Dio chiamò Abramo facendo sentire la propria voce nell’intimo della coscienza del patriarca, mentre questi era in tutt’altre faccende nella chiassosa città di Ur, un crocevia commerciale molto attivo della bassa Mesopotamia (l’attuale Iraq); la “Voce” era perentoria e non ammetteva repliche né ripensamenti: “Vattene dal tuo paese e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io t’indicherò” (Gen12,1). Abramo restò affascinato dalla Voce che gli rimbombava nel cuore e nella mente ed abbandonò la sicurezza della sua posizione economica e sociale, affrontando i rischi di una promessa di proporzioni così smisurate da sembrare irreale: “Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione… in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gen 12,2-3). Abramo non se lo fece ripetere due volte. 

– Chiamò Mosè, mentre stava pascolando il gregge di suo suocero Ietro. Dio gli “parlò” da un roveto ardente, prospettandogli una grandiosa impresa: liberare niente meno che un popolo intero dalla schiavitù in Egitto, uno dei regni più potenti del tempo e non c’è da meravigliarsi che Mosè si fosse spaventato a morte davanti a quella missione “impossibile”: ma, come aveva già fatto il suo antenato Abramo, egli obbedì, diventando il legislatore d’Israele (Es 3,1-21).

Il piccolo Samuele avvertì di notte una “Voce” che lo invitava a mettersi a disposizione del Signore Dio d’Israele per cambiare radicalmente la situazione religiosa e politica del suo popolo (1Sam 3,1- 21) ed egli divenne uno dei più grandi profeti e uomini del Signore dell’intera storia del popolo eletto.

– Elia ricevette dal Signore l’invito di ritornare sui suoi passi (1Re 19,3-18) mentre era in fuga dal re Acab e dalla perfida regina Gezabele, che lo volevano morto, perché il suo compito era quello di essere il paladino di Dio contro le ingiustizie perpetrate dalla casa regnante del Regno del Nord, Samaria. Il profeta s’aspettava un incontro maestoso e terrificante col Signore (il vento impetuoso, il terremoto, il fuoco), ma la “Voce” del Signore si fece sentire nel mormorio di un vento leggero (1Re 19,12), un impalpabile soffio appena percettibile più dagli orecchi del cuore che da quelli che ornano la testa. Il Signore Dio sa fare un gran rumore anche nel silenzio più assoluto, se l’uomo accetta di ascoltarlo, come insegna la storia di tanti santi del nostro tempo e di quello passato.

-Saulo di Tarso, invece, mentre si recava in quel di Damasco per perseguitare ed imprigionare, torturare e, forse, uccidere gli odiati cristiani, fu travolto da una luce impetuosa e sbalzato di brutto da cavallo, mentre una “Voce” potente rimproverava il focoso fariseo, religiosissimo ed integerrimo osservante della Legge ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9,1-4). La vocazione di altri grandi uomini è stata meno drammatica e clamorosa di quella di Paolo di Tarso.

-S. Antonio abate, fondatore del monachesimo occidentale, fu colpito da una pagina del Vangelo mentre stava casualmente partecipando ad una celebrazione eucaristica. Il celebrante stava proclamando l’invito rivolto da Gesù ai suoi discepoli di vendere tutti i loro averi, darli ai poveri e seguirlo alla conquista di beni superiori. Detto, fatto.

-S. Ambrogio era il rappresentante legale dell’imperatore nell’Italia settentrionale ed era solo un catecumeno quando, intervenuto nella cattedrale del capoluogo per prevenire possibili disordini tra cattolici ed ariani, la voce di un bambino lo proclamò vescovo di Milano, cambiandogli la vita in modo radicale dall’oggi al domani.

– Per attirare a sé s. Agostino, uomo dall’intelligenza inquieta ed attratto più dai vizi che da una vita virtuosa, Dio si servì delle lacrime e delle silenziose preghiere di s. Monica, la madre del futuro vescovo e grande Padre della Chiesa.

-S. Francesco d’Assisi cominciò il suo cammino di conversione nelle buie ed umide prigioni di Perugia, dopo una sfortunata spedizione militare. Il crollo del suo sogno di diventare un cavaliere ammirato e ricco di gloria segnò l’inizio di una vita spesa nel totale dono di sé al Signore della storia e del mondo al punto che, chi lo incontrava, aveva l’inquietante impressione di essersi imbattuto in Cristo stesso.

-S. Ignazio di Loyola, un combattente nato, mentre era convalescente per i postumi di una ferita da guerra, sentì montare dentro di sé il desiderio di mettersi al servizio del grande Re del cielo leggendo un libro di biografie dei santi, capitatogli in mano per puro caso (o per provvidenza divina?), avendo ormai esaurito la scorta dei libri d’avventura di cui era avido lettore.

San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, avvertì questa chiamata ascoltando un giorno una predica del suo parroco e decise di rinunciare ad ogni uso personale dei beni, ispirando la sua vita a Gesù Crocifisso.

– Santa Caterina Volpicelli   sentì questa speciale vocazione a consacrarsi totalmente al Signore e a percorrere più alacremente la via della santità, guidata da sapienti e santi Direttori spirituali.

Si potrebbe continuare all’infinito, su questa falsariga, per raccontare la storia della vocazione alla santità di tanti uomini e donne che, nel corso della storia antica o recente, hanno saputo ascoltare la “voce” talvolta carezzevole, talvolta imperiosa ma sempre amorevole di Dio, che chiama i suoi figli al proprio servizio, allo scopo di far giungere a tutti gli uomini il suo annuncio di salvezza. Dio chiama sempre, non smette mai di parlare al cuore ed alla mente degli uomini, ma non sempre trova menti e cuori disposti ad ascoltarlo ed a donargli il proprio unico ed irrepetibile “sì”.

Maranola. Meditazione di P.Rungi sul carisma di Victorine Le Dieu

ADORARE, RIPARARE E RICONCILIARE

IL CARISMA DI VICTORINE LE DIEU

E DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE

RIFLESSIONE DI PADRE ANTONIO RUNGI

NEL CENTENARIO DELLA PRESENZA

DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE A MARANOLA DI FORMIA

 

VENERDI’ 4 OTTOBRE 2013 – FESTA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

 

 

Inizio questa mia riflessione, citando uno dei numeri più significativi dell’Esortazione apostolica del prossimo Santo, il Beato Giovanni Paolo II, “Vita consecrata” circa la vita e la missione dei religiosi nella chiesa e nel mondo contemporaneo. Una citazione che si addice al momento che stiamo vivendo, celebrando in questi giorni il primo centenario di presenza delle Suore di Gesù Redentore, in questa storica ed affascinante frazione del Comune di Formia, Maranola, che ha dato i natali ad una degna e santa figlia della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu, fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, e che corrisponde al nome, a voi ben noto, che è la Serva di Dio Suor Ambrogina di San Carlo, al secolo Maddalena D’Urso.

Ecco la citazione tratta dall’esortazione apostolica di Papa Giovanni Paolo II:

“Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Fate della vostra vita un’attesa fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all’uomo del nostro tempo. Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo. Questo nostro mondo affidato alle mani dell’uomo, mentre sta entrando nel nuovo millennio, possa essere sempre più umano e giusto, segno e anticipazione del mondo futuro, nel quale Egli, il Signore umile e glorificato, povero ed esaltato, sarà la gioia piena e duratura per noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre e lo Spirito Santo” (VC, 110).

 

Mi preme evidenziare in questo contesto celebrativo, quanto è stato scritto ne depliant di invito al “Rendimento di grazie per il centenario di missione” delle Suore di Gesù Redentore in questa comunità cristiana, parrocchiale, civile ed umana. Una citazione tratta dagli scritti della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu “L’amore di Dio, può rinnovare la terra. Credo con una nuova fede. Spero con una più forte speranza. Voglio con una sincera carità lavorare all’opera così giusta e necessaria della riconciliazione che Dio nella sua misericordia ha riservato al nostro tempo”.

E’ su questo progetto di vita e missione della loro fondatrice che le Suore di Gesù Redentore hanno lavorato in questi 100 anni di presenza a Maranola. E di questo vogliamo rendere rende grazie al Signore noi tutti qui convenuti e chi ci sta spiritualmente vicino per celebrare degnamente questo primo centenario.

A me il compito di delineare i contenuti essenziali del carisma di Victorine Le Dieu e delle Suore di Gesù Redentore, che è incentrato su tre parole chiavi del Vangelo: Adorale, riparare, riconciliare.

Il mio pensiero va in questo momento in segno di gratitudine e di riconoscenza a Papa Francesco, in questo giorno in cui la chiesa festeggia San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, di cui Papa Bergoglio porta il nome. Il mio pensiero va anche al pastore di questa Diocesi, l’arcivescovo, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, al parroco di questa comunità, monsignor Antonio De Meo, alla Madre generale delle Suore di Gesù Redentore, Suor Marilena Russo, a tutte le religiose della Congregazione di Victorine Le Dieu, ed in particolare alle suore di Gesù Redentore di Maranola, quelle presenti, quelli che sono viventi e soprattutto quelle che dal cielo guidano il cammino di questa comunità nel segno dell’adorazione, della riparazione e della riconciliazione, in particolare la figura esemplare della Serva di Dio, Suor Ambrogina, che proprio in questo luogo nasceva e maturava la sua decisione di seguire le orme di Victorine Le Dieu.. Scriveva nel diario spirituale: “Vorrei gridare a tutte le creature della terra: l’Amore s’è fatto Pane. Vorrei gridare a tutto il mondo che amasse l’Amore”; “Voglio guardare sempre in alto cercando una cosa sola: l’Amore”.

 

Nel discorso di Papa Francesco ai partecipanti all’assemblea plenario dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali  (U.I.S.G.), nell’ Aula Paolo VI , di Mercoledì, 8 maggio 2013, il Santo Padre così si è rivolto a tutte le superiore maggiori degli istituti femminili di vita consacrata e attraverso di loro a tutte le religiose del mondo:

“Gesù, nell’Ultima Cena, si rivolge agli Apostoli con queste parole: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16), che ricordano a tutti, non solo a noi sacerdoti, che la vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che vi ha chiamate a seguirlo nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da voi stesse per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà di Dio, spogliandovi dei vostri progetti, per poter dire con san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo “esodo” da se stessi è mettersi in un cammino di adorazione e di servizio.

Un esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore e di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle.

Adorare e servire: due atteggiamenti che non si possono separare, ma che devono andare sempre insieme.

Adorare il Signore e servire gli altri, non tenendo nulla per sé: questo è lo “spogliamento” di chi esercita l’autorità.

Vivete e richiamate sempre la centralità di Cristo, l’identità evangelica della vita consacrata.

Aiutate le vostre comunità a vivere l’”esodo” da sé in un cammino di adorazione e di servizio, anzitutto attraverso i tre cardini della vostra esistenza.

Questi cardini sono i voti: obbedienza, povertà e castità.

Papa Francesco si domanda ad un certo: “Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!”

Io mi chiedo e vi chiedo cosa sarebbe stata o sarebbe Maranola senza le Suore di Gesù Redentore, al cui centro del carisma e della spiritualità c’è l’eucaristia, che si fa dono e servizio per tutti ed in particolare per i bambini di questa amata terra maranolese.

 

I fondamenti del carisma

 

Dall’adorazione-contemplazione eucaristica nasce, cresce l’amore verso Gesù e verso i fratelli. Il vangelo della carità è quello che le interessa maggiormente, attingendo dall’eucaristia la forza per andare avanti, nonostante le innumerevoli difficoltà che si frappongono sistematicamente nella sua vita. Da tutta la sua esperienza di donna di fede, si comprende bene come Victorine Le Dieu, mossa dallo Spirito Santo, si sentì chiamata, in modo del tutto particolatr, a collaborare con Gesù, “unico e vero riparatore”, nella sua missione salvifica.

Visse l’evento della riparazione come ricomposizione nell’unità di tutto ciò che viene continuamente distrutto dal peccato, ed arricchì la Chiesa di un Istituto religioso di diritto pontificio, dedito all’apostolato, che ne continua la missione.

Il suo è il cammino di una donna che, sotto molti aspetti ed in diversi settori, ha precorso i tempi, è il cammino di un ideale che è ancora tutto da scoprire, da approfondire, da vivere in un mondo sconvolto che, come già lo esprimeva al suo tempo, “ha più che mai bisogno di redenzione e di riconciliazione”.

Per Victorine tutto inizia da una profonda vita interiore.

Attraverso i suoi scritti scopriamo come la Parola di Dio è per lei cibo quotidiano.

“È certo che la Parola di Dio nutre e consola. Molte volte ho ringraziato Dio per avermela fatta amare”.

L’Eucaristia è al centro della sua vita: passa lunghe ore in adorazione e approfondendo la vita eucaristica potrà anche lei diventare eucaristia per i fratelli, pane offerto e spezzato per rispondere alla fame dell’umanità: fame di Dio, fame di libertà… ma soprattutto si sentirà fortemente interpellata dalla fame di amore e di dignità da parte di tanti fratelli emarginati, disgregati, per niente calcolati dalla società.

Nasce il lei in desidero profondo di riparare con una vita di penitenza, sacrificio e donazione i mali del mondo. La sua esperienza carismatica la porta ad un profondo ascolto dei segni dei tempi…

La voce interiore si fa sempre più pressante: è la chiamata a riparare, riconciliare, aiutare l’uomo diviso in se stesso, con Dio, con la società a ritrovare l’unità, collaborare all’opera di Cristo Redentore venuto nel mondo per riportare il creato alla sua vocazione d’origine nell’unità della Trinità.

Vuole coinvolgere uno stuolo di persone di ogni condizione che, ponendo Cristo al centro della loro vita, collaborino alla missione di redenzione e di riconciliazione. Aspira a fare in modo che il mondo intero diventi eucaristia!

In un primo tempo si sente spinta a fondare una famiglia religiosa totalmente dedita all’adorazione riparatrice ed al culto liturgico, ma, alla richiesta del Papa di dedicarsi alle opere di misericordia nel mondo, il 15 gennaio del 1863, esattamente 150 anni fa, ella incarna la sua missione nel duplice aspetto di:

• contemplazione attraverso l’adorazione e il culto liturgico;

• dedizione verso tutti coloro che, secondo i tempi e i luoghi, hanno bisogno di essere riconciliati in loro stessi, con Dio, con i fratelli.

In lei si compie un doppio movimento:

• tutto riceve dall’Eucaristia e tutto dà in gesti concreti d’amore;

• poi di nuovo nell’Eucaristia offre, insieme a Cristo, l’umanità intera perché, nella forza dello Spirito, sia restaurata nell’unità della Trinità.

 

 Sempre fedele al progetto di Dio, ella esplicita chiaramente le opere che ritiene prioritarie e l’ideale che dovranno vivere coloro che la seguiranno: infanzia abbandonata, case di preghiera, case di accoglienza…

Questa missione, nella Chiesa, è affidata alla Congregazione delle Suore di Gesù Redentore che sono riunite dallo Spirito per l’originale chiamata di adorazione, di riparazione e di riconciliazione a servizio dei fratelli:

• ponendo come centro propulsore l’Eucaristia, “fonte e apice di tutta la vita cristiana”;

• dedicandosi particolarmente ai fratelli disgregati dal peccato, dall’emarginazione, dalla povertà, per ricomporre la loro umanità in Cristo.

Il carisma di famiglia rende particolarmente attenti ad esprimere nell’adorazione ed intercessione i sentimenti di misericordia di Cristo verso i poveri, coloro che hanno il cuore spezzato, per collaborare con Lui all’edificazione e restaurazione del suo regno fra gli uomini.

 

Questo carisma nella concretezza della vita di tutti i giorni è stato vissuto da tutte le Suore di Gesù Redentore che sono passate in questi 100 anni nella casa religiosa di Maranola, dove dal loro primo insediamento hanno curato i bambini abbandonati o in disagio sociale con il Convitto, secondo il carisma della Fondatrice, la Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, e successivamente hanno e lavorano nell’attività formativa nella scuola dell’infanzia e nella collaborazione sistematica con la parrocchia.

Oggi siamo qui per ringraziare il Signore, la Vergine Santa, venerata con il titolo di Madre della Riconciliazione, riferendosi alla Madonna de La Salette, alla fondatrice Madre Victorine le Dieu, a tutta la sua famiglia religiosa, che oggi soffre per mancanza di vocazioni in Italia e in Europa.

Questo evento storico di particolare importanza per Maranola e per le Suore di Gesù Redentore possa costituire un momento di forte impegno pastorale, missionario, spirituale, umano e cristiano in generale per chiedere al Signore, attraverso l’intercessione della Madonna de La Salette, di San Giuseppe, della Serva di Dio Victorine Le Dieu, sante e ferventi religiose alla Chiesa di Cristo, per rendere visibile e trasmettere quel carisma di adorazione, riparazione e riconciliazione che è stato ed è il cuore della vita delle Suore di Gesù Redentore qui di Maranola e di tutte le comunità religiose di questo amato, stimato, apprezzato e storico istituto di vita consacrata con il suoi 100 anni di presenza qui a Maranola e con i suoi 150 anni di storia e di approvazione, avuta prima dello stesso riconoscimento uffciale, da Papa Pio IX, il 15 gennaio del 1863.

Victorine Le Dieu e Suor Ambrogina, entrame serve di Dio, dal cielo guidino il cammino della loro famiglia religiosa in questo tempo di difficoltà e di vari problemi della chiesa e nel mondo contemporanei.

 

Faccio mie le preghiera del Beato Giovanni Paolo II per la vita consacrata, tratta dall’Esortazione Apostolica “Vita consecrata” (n.112) e di Papa Francesco, posta a conclusione della sua Enciclica “Lumen fidei” (n.60), punto di riferimento spirituale per questo anno della fede che volge al termine.

 

 

Preghiera di Giovanni Paolo II

 

Maria, figura della Chiesa,

Sposa senza ruga e senza macchia,

che imitandoti «conserva verginalmente integra la fede,

salda la speranza, sincera la carità»,

sostieni le persone consacrate

 nel loro tendere all’eterna e unica Beatitudine.

 A Te,

 Vergine della Visitazione,

 le affidiamo,

 perché sappiano correre incontro

 alle necessità umane,

 per portare aiuto, ma soprattutto per portare Gesù.

 Insegna loro a proclamare le meraviglie

 che il Signore compie nel mondo,

 perché i popoli tutti magnifichino il suo nome.

 Sostienile nella loro opera a favore dei poveri,

 degli affamati, dei senza speranza,

 degli ultimi e di tutti coloro

 che cercano il Figlio tuo con cuore sincero.

 A te, Madre,

 che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico

 dei tuoi figli e figlie nella risposta d’amore

 e di dedizione totale a Cristo,

 rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera.

 Tu che hai fatto la volontà del Padre,

 pronta nell’obbedienza, coraggiosa nella povertà,

 accogliente nella verginità feconda,

 ottieni dal tuo divin Figlio

 che quanti hanno ricevuto il dono

 di seguirlo nella vita consacrata

 lo sappiano testimoniare

 con una esistenza trasfigurata,

 camminando gioiosamente,

 con tutti gli altri fratelli e sorelle,

 verso la patria celeste

 e la luce che non conosce tramonto.

 Te lo chiediamo,

 perché in tutti e in tutto sia glorificato,

 benedetto e amato il Sommo Signore

 di tutte le cose

 che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

 

 

 

Preghiera di Papa Francesco

 

A Maria, madre della Chiesa e madre della nostra fede,

ci rivolgiamo in preghiera.

Aiuta, o Madre, la nostra fede!

Apri il nostro ascolto alla Parola,

perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.

Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi,

uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa.

Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore,

perché possiamo toccarlo con la fede.

Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui,

a credere nel suo amore,

soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce,

quando la nostra fede è chiamata a maturare.

Semina nella nostra fede la gioia del Risorto.

Ricordaci che chi crede non è mai solo.

Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù,

affinché Egli sia luce sul nostro cammino.

E che questa luce della fede cresca sempre in noi,

finché arrivi quel giorno senza tramonto,

che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore!

Amen

Passionisti. 38 anni di sacerdozio di padre Antonio Rungi, missionario passionista

150120132141.jpgantonio1.jpgPadre Antonio Rungi, passionista, domenica 6 ottobre 2013 celebra il 38° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta a Napoli il 6 ottobre 1975 per la preghiera e l’imposizione delle mani di mons.Antonio Zama, nella Chiesa dei padri passionisti di Napoli, dedicata a Santa Maria ai Monti, ai Ponti Rossi. Una tappa importantissima per noto religioso passionista della Provincia dell’Addolorata, che ha guidato come superiore provinciale nel quadriennio 2003-2007. Padre Antonio Rungi, padre Antonio dell’Addolorata, religioso e sacerdote passionista  è nato ad Airola (BN) 62 anni fa. Entra tra i Passionisti, all’età di 13 anni, nella Scuola Apostolica di Calvi Risorta (CE) il 4 ottobre 1964. A settembre del 1966, dopo il ginnasio, fa il suo ingresso nel Noviziato passionista di Falvaterra (FR), dove svolge il suo anno di prova, prima della professione religiosa, emessa il 1 ottobre del 1967 nel Ritiro di San Sosio Martire in Falvaterra (Fr). Completati gli studi filosofici a Ceccano (Fr) nel Ritiro della Badia, viene trasferito a Napoli per seguire gli studi di Teologia, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez. San Tommaso d’Aquino-Capodimonte.

Il 21 novembre del 1974 emette la professione perpetua. Ultimato il quinquennio teologico consegue il Baccellierato in Teologia nel 1975. Il 23 luglio 1975 è ordinato Diacono nella Chiesa S. Maria ai Monti dei Padri Passionisti di Napoli. Il 6 ottobre 1975 nella medesima Chiesa dei Passionisti di Napoli viene ordinato sacerdote dall’allora vescovo ausiliare di Napoli, mons. Antonio Zama, poi diventato arcivescovo di Sorrento-Castellammare.

Negli anni accademici dal 19775/76 al 1977/78 prosegue gli studi per la Licenza specializzata in Teologia, che consegue, nel 1979, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale con una tesi in Teologia pastorale, indirizzo etico, sul “Verbum Crucis e rinnovamento pastorale” (relatore: prof. Settimio Cipriani, biblista).

I primi anni del suo ministero sacerdotale li svolge nella città di Napoli e nella vicina città di Casoria, come collaboratore del parroco di San Paolo Apostolo. Promuove una serie di iniziative culturali, ricreative e religiose e svolge un’intensa azione pastorale nelle famiglie, tra i giovani, con gli anziani e nella scuola. Memorabile è la sacra rappresentazione della Passione di Gesù nella settimana santa del 1977 nella Piazza di Casoria con circa 200 attori e 10.000 spettatori.

Nel settembre del 1978 è trasferito alla comunità passionista di Mondragone, con l’incarico di collaboratore del parroco. Inizia, così, la lunga ed ininterrotta presenza di Padre Antonio Rungi nella comunità di Mondragone, che durerà fino al 2003, quando fu eletto dal capitolo provinciale, tenuto a Formia (Lt), superiore provinciale della provincia religiosa dell’Addolorata (Basso Lazio e Campania). Mandato ultimato nell’aprile 2007. In questo periodo è stato assistente spirituale del Monastero delle Monache Passioniste di Napoli e Vice-presidente della Cism Campania.

Padre Rungi nel 1982 consegue anche la Laurea in Filosofia all’Università di Napoli, con una tesi in Filosofia della Storia, e, nel 1986, la Laurea in Lettere classiche presso l’Università di Cassino (FR), con una tesi in Storia della Scuola.

Docente di ruolo nelle scuole statali di varie discipline (Lettere, Filosofia, Pedagogia, Psicologia, Scienze umane e sociali), ha insegnato ininterrottamente dal 1978 a tutt’oggi 2013.

Impegno didattico anche nel campo religioso, con l’insegnamento della Teologia Morale  ed altre discipline teologiche ed umanistiche negli Istituti di Scienze religiose di Sessa Aurunca e Teano e nel Magistero di Capua.

Dal 1973 a tutt’oggi ha collaborato, in qualità di giornalista pubblicista, con diverse riviste e giornali, quali l’Osservatore Romano e Avvenire. Dal 1990 al 2011 è stato direttore responsabile della rivista Presenza Missionaria Passionista.

Tra i passionisti ha ricoperto alcuni uffici: vicario, direttore,, membro delle commissioni provinciali apostolato, delegato al Capitolo provinciale, delegato della Cipi, Superiore provinciale. 

Nella diocesi di Sessa Aurunca è stato chiamato a vari uffici e mansioni: membro del consiglio presbiterale, del consiglio pastorale diocesano, vice-segretario del Sinodo Diocesano, presidente della commissione comunicazioni sociali, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, incaricato diocesano della pastorale del tempo libero, turismo, sport e spettacolo.

Autore di oltre 13.000 articoli di prevalente contenuto religioso, molti sulla vita consacrata, pubblicati su giornali, riviste, siti e blog internet è autore anche di alcuni opuscoli (Chiesa locale e mass-media; Il Servo di Dio Padre Giuseppe Pesci, il Nuovo Rosario Meditato, la Via Crucis, ecc,), Il Rosario di Padre Pio da Pietrecina..

La sua maggiore attività l’ha svolta nel campo missionario: panegirici, tridui, settenari, novenari, collaborazione alle missioni popolari, conferenze, esercizi spirituali al popolo, ritiri spirituali alle Suore, settimane sante, prediche di circostanze, esercizi spirituali ai religiosi e alle religiose, Ritiri mensili al clero diocesano. Assistente spirituale e confessore ordinario e straordinario di vari istituti religiosi femminili. Negli anni 1978-2011 è stato cappellano delle Suore Stimmatine e di Gesù Redentore di Mondragone. Ha predicato gli esercizi spirituali a vari istituti religiosi, ha tenuto il ritiro mensile a tutte le religiose della Diocesi di Sessa Aurunca e dall’arcidiocesi di Gaeta. Continua questo suo specifico ministero nell’attuale comunità di residenza del Santuario della Civita in Itri (Lt).

Nel 2006 è’ stato eletto Vice-presidente della Cism-Campania.

Oggi continua la sua missione nella Chiesa e nella Congregazione dei Passionisti offrendo il suo pieno servizio per la diffusione della Parola della Croce e del Vangelo della Passione, sull’esempio del fondatore dei Passionisti, San Paolo della Croce, con la predicazione itinerante, l’amministrazione del sacramento della riconciliazione, con la direzione spirituale e la predicazione di corsi di esercizi spirituali alle Suore di vari istituti femminili.

Attualmente è confessore ordinario di vari istituti religiosi femminili della Campania e del Lazio. Predica ritiri spirituali mensili o periodici a vari istituti religiosi. Cura la formazione di Suore, di Laici e soprattutto dei giovani con l’insegnamento nella scuola statale.

Un sincero augurio da parte della comunità web a padre Antonio Rungi, anche per il suo impegno nella comunicazione sociale.

 

Gaeta (Lt). Ordinazione sacerdotale di don Gennaro Petruccelli, sabato 5 ottobre

gennaro-diacono.jpggennaro-diacono1.jpgGaeta (Lt). Mons. D’Onorio, arcivescovo di Gaeta, ordina presbitero, Gennaro Petruccelli, diacono del clero diocesano

 

di Antonio Rungi

 

Sabato 5 ottobre 2013 alle ore 19.00 nella Chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo in Gaeta  S. E. Mons. Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta  (Lt) presiederà la solenne concelebrazione eucaristica durante la quale il diacono Gennaro Petruccelli del clero diocesano riceverà l’Ordine Sacro del Presbiterato, per la preghiera e l’imposizione delle mani del suo vescovo, che lo ha ritenuto degno di questo ministero, dove averlo ordinato diacono  il 12 aprile scorso nella stessa chiesa parrocchiale, ove verrà ordinato presbitero.

Don Gennaro Petruccelli, 26 anni, nativo di Gaeta, ha avvertito la vocazione sacerdotale ben presto, svolgendo il servizio di ministrante e di giovane di Azione Cattolica nella sua parrocchia di San Paolo in Gaeta e nella comunità dell’Oratorio San Giovanni Bosco, sotto la guida del parroco don Stefano Castaldi. Dopo la maturità scientifica, il 25 ottobre del 2006 è entrato nel Seminario Maggiore Regionale, Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, ove ha ultimato, nel maggio 2013, gli studi teologici in preparazione al sacerdozio. Negli anni di formazione ha svolto il ministero pastorale  presso le parrocchie “San Pio X a Salto di Fondi, “Santa Maria Maggiore” a Lenola, “Cuore Eucaristico di Penitro. Dall’ottobre 2012 svolge il suo servizio presso le parrocchie di Itri sotto la guida del parroco don Guerino Piccione. E’ iscritto alla Facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana. Dall’inizio di settembre 2013 è stato nominato Assistente del Settore Giovani di Azione Cattolica diocesana. Il Presbiterato è il secondo grado del Sacramento dell’Ordine e inserisce l’eletto nel presbiterio diocesano in stretta obbedienza e unione col Vescovo. Il presbitero a immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per annunciare la buona novella del Regno di Dio, pascere i fedeli e celebrare il culto divino. Segnati da uno speciale carattere che lo configura a Cristo sacerdote, egli agiscono ‘in persona’ di Cristo capo, soprattutto nella celebrazione dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione. Parte essenziale del rito sarà l’Imposizione delle mani dell’Arcivescovo sul capo dell’eletto assieme alla preghiera consacratoria. Come è prassi liturgica imporranno le mani sul novello consacrato tutti i sacerdoti presenti e concelebranti. Questa nuova ordinazione sacerdotale è un dono straordinario di grazia del Signore per la diocesi di Gaeta, in mancanza di sacerdoti. Un’occasione questa per pregare il Signore perché mandi santi sacerdoti alla Chiesa di Gaeta. Sono, infatti,  dodici i seminaristi che studiano nel Seminario di Anagni e si stanno preparando spiritualmente e culturalmente al ministero del presbiterato.

Preparazione al Capitolo generale delle Suore delle scuole cristiane della Misericordia

PREPARAZIONE AL CAPITOLO GENERALE

DELLE SUORE DELLE SCUOLE CRISTIANE DELLA MISERICORDIA

LA PROMOZIONE VOCAZIONALE SECONDO

SANTA MARIA MADDALENA POSTEL

SCHEMA DI SINTESI DI PADRE ANTONIO RUNGI, PASSIONISTA

POSTULANTATO

1.      NON AMA FARE LA CERNITA DELLE POSTUNANTI. ACCETTA TUTTE INIZIALMENTE.

2.      ERA CONVINTA CHE NON TUTTE QUELLE CHE CHIEDEVANO DI ENTRARE NELL’ISTITUTO VI POTEVANO RIMANERE. ERA NECESSARIO UN ACCURATO DISCERNIMENTO PER NON ROVINARE TUTTO IL GRUPPO.

3.      ERA CONVINTISSIMA CHE LA VOCAZIONE ERA ED E’ UN DONO DI DIO: “NON VOI AVETE SCELTO ME, MA IO HO SCELTO VOI”.

4.      ERA UNA DONNA PRUDENTE E NON SI FIDAVA COMPLETAMENTE DI SE STESSA. CHIEDEVA LUMI A PERSONE ESPERTE E SAGGE.

5.      NON GUARDAVA ALLA DOTE MATERIALE CHE PORTAVA L’EVENTUALE SUORA, MA ALLA DOTE SPIRITUALE, SOPRATTUTTO LA CAPACITA’ DELLA RELIGIOSA DI ASSIMILARSI A CRISTO POVERO ED UMILIATO. IN COMUNITA’ NON SI DOVEVA MAI PARLARE DELLA DOTE PIU’ O MENO CONSISTENTE PORTATA IN CONVENTO.

6.      LA PORTA DEL CONVENTO ERA SEMPRE APERTA PER CHI ERA DOTATA DI VERA ED AUTENTICA VOCAZIONE.  OGGI DIREMMO SENZA CONTO IN BANCA, CARTA DI CREDITO, PROPRIETA’ E BENI MATERIALI.

7.      NON SI CURAVA DELLA QUANTITA’ MA DELLA QUALITA’ DELLE SUORE. POCHE E BUONE DICEVA… MA SE ERANO MOLTE E BUONE ANCORA MEGLIO. CERCAVA IN LORO L’AUTENTICA VOCAZIONE ALLA VITA CONSACRATA

8.      ACCETTAVA ANCHE LE RAGAZZE E DONNE CON CARENZE E DIFETTI, PURCHE’ DISPOSTE A CAMBIARE COMPORTAMENTO E AD EMENDARSI.

9.      NON AMMETTEVA LIMITI DI ETA’ E CONDIZIONI DI SALUTE. ALLA BASE DELLA SUA PROMOZIONE VOCAZIONALE C’ERA LA STESSA VOCAZIONE ALLA SANTITA’.

NOVIZIATO

10.    AFFIDAVA LE NOVIZIE AD UNA MAESTRA COMPETENTE E CAPACE DI PORTARE AVANTI IL PROGRAMMA DI FORMAZIONE.

11.    SEGUIVA PERSONALMENTE LA FORMAZIONE DELLE NOVIZIE CON UNA CONFERENZA SETTIMANALE CHE ASSICURO’ FINO ALLA FINE DELLA SUA VITA.

12.    UNA VOLTA VERIFICATA INCOMPATIBILITA’ CON LA VITA RELIGIOSA, NON ASPETTAVA MOLTO E FACEVA CAPIRE ALLE POSTULANTI E ALLE NOVIZIE CHE NON ERA LA LORO STRADA, CONVINTA CHE  ERA MEGLIO AVERNE POCHE E BUONE, CHE MOLTE, MA SENZA AUTENTICA VOCAZIONE.

13.    RIGETTAVA FORTEMENTE COLORO CHE ERANO SCRUPOLOSE IN QUANTO LE SUORE STAVANO A CONTATTO CON IL MONDO E NON DOVEVANO SCANDALIZZARSI, MA ESSERE  DI ESEMPIO AGLI ALTRI.

14.    CHIEDEVA MASSSIMO RISPETTO PER I SACERDOTI MA NON VOLEVA ASSOLUTAMENTE CHE LE RELIGIOSE SI RIVOLGESSERO AI SACERDOTI, SE NON PER LA CONFESSIONE E NON PER LA DIREZIONE SPIRITUALE. TANTOMENO VOLEVA CHE LE RELIGIOSE INTRATTENESSERO RELAZIONI CONFIDENZIALI CON I LAICI, CHE PARLASSERO DELLA LORO VITA E DELLA VITA DELLA LORO COMUNITA’ AL DI FUORI DEL CONVENTO. NEL SERVIZIO PARROCCHIALE DOVEVANO LIMITARSI ALLE COSE NECESSARIE. DICEVA: “Se il buon Dio mi esaudisce, quando una suora va al presbiterio per capriccio e senza utilità, quel pavimento dovrebbe bruciarle i piedi”.

15.    ERA SEVERA ED INTRANSIGENTE CON LE SUORE ADULATRICI, MA AMAVA LE SUORE ADORATRICI, CHE TRASCORREVANO LA LORO VITA NELLA PREGHIERA, NEL SACRIFICIO QUOTIDIANO, NEL CONFORMARSI SEMPRE PIU’ ALLO SPOSO DIVINO.

 

LA PROFESSIONE RELIGIOSA

16.    RICONOSCEVA IL VALORE DELLA DIREZIONE SPIRITUALE, DELLA PREGHIERA, DELL’ISTRUZIONE, DELLA VITA COMUNITARIA, MA RITENEVA IMPORTANTE PER OGNI RELIGIOSA IL BUON ESEMPIO, QUELLO CHE FA DI UNA RELIGIOSA PROFESSA UN MOTIVO DI PROMOZIONE VOCAZIONALE DA SOLO. E QUESTO LO RICHIEDEVA PARTICOLARMENTE A COLORO CHE SVOLGEVANO IL SERVIZIO DELL’AUTORITA’.

17.    CIRCA L’OSSERVANZA DEI VOTI ERA MOLTO ATTENTA NEL RISPETTARLI,  MA VIGILAVA CHE LE ALTRE SUORE LI  RISPETTASSERO. SOTTOLINENAVA L’IMPORTANZA E L’ECCELLENZA DEL VOTO DI OBBEDIENZA. PER LEI ERA UNA VIRTU’ CHE E’ IL FONDAMENTO DELLA VITA CONSACRATA. GESU’ CROCIFISSO E’ IL MODELLO A CUI ISPIRARSI NEL FARE L’ OBBEDIENZA: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato”.

18.    PROPONEVA UN COSTANTE RICHIAMO ALLA  VITA DELLA  E ALLA COMUNIONE CON LA CHIESA. VUOLEVA UN SINCERO ATTACCAMENTO AD ESSA, SOPRATTUTTO VIVENDO QUESTO LEGAME MEDIANTE LA PARTECIPAZIONE ALL’EUCARISTIA, ALLA MESSA QUOTIDIANA, PARTECIPANDO PIENAMENTE E CONVINTAMENTE ALLA LITURGIA EUCARISTICA.

19.    CIRCA IL VOTO DI POVERTA’ DIMOSTRAVA UN DISTACCO COMPLETO DALLE COSE E DAL MONDO. DIGIUNAVA TUTTI I GIORNI IN QUANTO FACEVA UN SOLO PASTO CON MINESTRA, PANE ED ACQUA. LA SUA STANZA CONDIVISA CON ALTRA SUORA ERA SPOGLIA DI TUTTO. C’ERA SOLO L’ESSENZIALE PER LA VITA PERSONALE E PER LE PREGHIERE. ERA POVERA NEL VESTITO, MA ERA UNA DONNA PULITISSIMA. BELLA LA SUA AFFERMAZIONE: “La pulizia è la ricchezza dei poveri”.

20.    CIRCA IL VOTO DI CASTITA’ FU MOLTO ATTENTA A VIVIVERE IN PROFONDITA’ LA BELLA VIRTU’ E NON SI FECE MAI DISTRARRE DA AFFETTI, SENTIMENTI O ALTRO CHE POTESSERO MINIMAMENTE METTERE IN DISCUSSIONE LA SUA VERGINITA’ FISICA E SPIRITUALE. LA SUA FU UNA VITA IMMACOLATA SULLE VETTE DELLA PERFEZIONE.

21.    CIRCA LA VITA COMUNITARIA AVEVA IN GRANDE CONSIDERAZIONE LA COMUNIONE VERA TRA TUTTE LE SUORE. OGNI GIOVEDI’ DETTAVA  LA SUA RIFLESSIONE ALLE SUORE. NON AMAVA MAI PARLARE DI SE STESSA, MA SOLO DI GESU’ E DI GESU’ CROCIFISSO. AMAVA LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO DELLA SACRA SCRITTURA. NON SI FIDAVA DELLE SUE CONVINZIONI PERSONALI, MA CHIEDEVA LUMI MEDIANTE LA PREGHIERA, LA MEDITAZIONE E LO STUDIO DEI PADRI DELLA CHIESA, SOPRATTUTTO SAN BERNARDO.

22.    LA PRIMA COSA CHE CHIEDEVA A CHI VOLEVA ENTRARE IN CONVENTO: “Tu ami il Signore con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta te stessa?”. ED AGGIUNGEVA: “Tu ami il prossimo come te stessa?”.

IN POCHE PAROLE METTEVA ALLA BASE DELLA VITA CONSACRATA LA CARITA’ SENZA LA QUALE NON E’ POSSIBILE FARE UN CAMMINO VOCAZIONALE PERSONALE E PROPORRE AD ALTRI UN CAMMINO DI CONSACRAZIONE TOTALE E DEFINITIVA A DIO. CHI NON AMA DIO E I FRATELLI NON SARA’ MAI UN BUON CRISTIANO E TANTOMENO UN BUON RELIGIOSO O RELIGIOSA. L’INNO DELLA CARITA’ DI SAN PAOLO APOSTOLO ERA IL PUNTO DI PARTENZA, MA ANCHE DI ARRIVO DI OGNI CAMMINO VOCAZIONALE SINCERO.

 

  

SANTA MARIA MADDALENA POSTEL

FONDATRICE DELLE SUORE DELLE SCUOLE CRISTIANE

DELLLA MISERICORDIA

Santa Maria Maddalena Postel, al secolo Julie-Françoise-Cathérine, in francese Marie-Madeleine (Barfleur, 28 novembre 1756; † Saint-Sauveur-le-Vicomte, 16 luglio 1846), è stata una religiosa e fondatrice francese, della congregazione delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia: nel 1924 è stata proclamata santa da papa Pio XI.

Figlia di Jean Postel e Thérèse Levallois, nacque nel 1756 in Normandia nella diocesi di Coutances, da pii e facoltosi contadini.  La scuola di Barfleur era insufficiente per le esigenze spirituali e culturali della Postel. Grazie alla generosità di una benefattrice, poté entrare nell’abbazia reale di Valognes per terminarvi la sua educazione. Le benedettine avrebbero voluto trattenerla con loro data la sua pietà e l’ottima riuscita che faceva negli studi, ma la santa preferì ritornare in famiglia nel 1774 per aprire una scuola con educandato, per ragazze povere e orfane.  Tra il 1789 e il 1799, durante la rivoluzione francese, la Postel ottenne, in sostituzione del parroco, che aveva giurato la costituzione civile del clero, il permesso di conservare il Santissimo Sacramento in un minuscolo oratorio da lei allestito sotto la scala di casa sua, di comunicarsi con pinzette d’argento, preparare i bambini alla prima comunione, visitare i malati, confortare i moribondi, portare loro il viatico e procurare ai sacerdoti rimasti fedeli a Roma, ricercati dalla polizia, l’occorrente per la Messa che celebravano ora in casa sua, ora nei granai, con pericolo della vita. Passata la bufera, Julie, terziaria francescana dal 1798, continuò la sua opera di catechista e sostenne i sacerdoti rientrati dall’esilio.  Nel 1804, una sua allieva, Maria Dadure, di otto anni morente, le manifestò profeticamente il suo avvenire. L’anno successivo la Postel, di quarantanove anni, già indebolita dal lavoro, dalle veglie e dalle austerità, disgustata per i dissensi religiosi sorti a Barfleur a causa della riorganizzazione del culto, si trasferì a Cherbourg. Padre Cabart, cappellano dell’ospizio, le chiese di quali risorse disponesse per stabilire la Congregazione che si sentiva ispirata a fondare. Gli ripose: « Sono tutte nella Provvidenza assecondata dal lavoro e dalla povertà personale». Per colei che tutti chiamavano la santa signora fu affittata una casa nella quale fece, nel 1807, con le prime sue quattro compagne, la professione religiosa con il nome di Maria Maddalena. Nella scuola da lei aperta ben presto duecento ragazze appresero, con i primi rudimenti delle lettere e della fede, il cucito, il ricamo, i lavori a maglia. Nel 1811 le Suore della Provvidenza rientrarono a Cherbourg. Madre Postel, che aveva in orrore la concorrenza e detestava le rivalità, si trasferì a Octeville-l’Avernelle, dove due sue suore erano istitutrici. Trovò alloggio in una stalla. Parendogli lo scoraggiamento una forma d’incredulità, animava così le sue figlie spirituali: «Lavoriamo. Preferirei dieci soldi guadagnate con le mie mani, che mille avuti per carità. Noi le toglieremmo ai poveri, che dobbiamo invece aiutare». Dopo sei mesi si stabilì a Tamerville, dove si limitò a prendere a suo carico dodici orfanelle. Due anni dopo, il locale in cui erano alloggiate le suore fu posto in vendita dal padrone e Madre Postel, anziché lamentarsi di fronte alla prova, esclamò: “Ancora di più, Signore, ancora di più! Vieni, o croce, che io ti abbracci! Il Signore ci umilia per meglio rialzarci!”. Le suore si occuparono di lavori manuali con la più grande alacrità, ma la loro penuria fu così grande il loro direttore spirituale padre Cabart, ritenendo la Congregazione abbandonata da Dio, consigliò la fondatrice di trasferirsi all’ospizio di Cherbourg, e di rimandare in famiglia le sue figlie o presso altre comunità religiose. Con la più grande energia essa così parlò loro: « Dite al nostro Padre che non cesseremo di ringraziare il Signore di essersi servito di lui, per così lungo tempo, per assecondarci in un’opera che non è ne sua, ne nostra, ma della Provvidenza; che non ho mai contato su di un braccio di carne, per quanto rispettabile esso possa essere; che sono talmente sicura che il Signore vuole la realizzazione dei miei progetti, che ne perseguirò l’esecuzione con il più grande ardore. Le mie Figlio mi hanno promesso ubbidienza fino alla morte; esse sono tutte ugualmente care al mio cuore. Colui che me le ha date e che si prende cura degli uccelli dei campi saprà fornirmi i mezzi per nutrirle; finché avrò vita, non ne abbandonerò una sola». Nel 1814 Madre Postel affittò per dodici soldi annui a Tamerville uno stabile coperto di paglia, dove condusse con le sue suore una vita durissima, costrette com’erano a nutrirsi di patate, di erbe peste e bollite anziché di carne e pesce. La fondatrice aspettava con la più ammirabile pazienza l’ora del Signore e al piccolo gregge non si stancava di ripetere: « Gettiamoci nella volontà di Dio come il pesce nell’acqua. Adoriamo la volontà divina, e siamo sempre pronte a salire con Gesù sul Calvario e a morirvi se occorre. Aspettiamo tutto da Dio solo». Dopo due anni di soggiorno in quella capanna, a Madre Postel fu affidata la scuola primaria e iniziarono a miglorare le condizioni generali di vita della comunità, ma non smise per questo i suoi abiti di stoffa comune, contenta dello stretto necessario guadagnato con il lavoro delle sue mani. Per oltre trent’anni indossò lo stesso vestito, rammendato, ma senza macchie. Diceva: «La pulizia è la ricchezza del povero». Nel 1832, acquistò una vecchia abbazia benedettina in rovina a St-Sauveur-le-Vicomte. Benché sprovvista del denaro necessario per pagare le spese del contratto, disse a chi l’aveva seguita: «Se saremo fedeli alla nostra vocazione, tutto sarà riparato». Per trovare i fondi necessari si diede al cucito, al ricamo, alla lavanderia e persino alla coltivazione dell’orto. Amava ripetere con san Bernardo: “Il religioso che non lavora non è degno di essere religioso”. Con l’aiuto del cappellano Lerenard riuscì ad aprire pure un convitto e una scuola esterna in cui un gran numero di alunno ricevette con l’istruzione gratuita il nutrimento e il vestito. Nel 1837 Madre Postel adottò le costituzioni di san Giovanni Battista de la Salle con le sue ventiquattro suore e novizie dedite all’insegnamento e alla cura dei malati negli ospedali.  Dalla sua gioventù fino alla morte recitò ogni giorno il Breviario romano e il rosario. Una pratica di tutta la sua vita fu la riparazione. Per oltre trent’anni le sue religiose passarono successivamente e senza interruzione un giorno intero in ammenda onorevole, con una corda al collo e uno scapolare sulle spalle. Madre Postel era la prima ad accorrere in cappella per le pratiche di pietà e l’ultima ad uscirne. Sovente fu sorpresa inginocchiata per aria con le braccia in croce. Nessun difetto fu mai trovato in lei. Era tanto grande il disprezzo che la santa nutriva verso di sé che avrebbe voluto morire sulla cenere. Durante le sue crisi d’asma, a chi s’inquietava, ella rispondeva: «Sto bene perché sto come vuole il buon Dio». Morì il 16 luglio del 1846 novantenne. Fino alla morte conservò un animo giovanile, un corpo pieno di energia, una felice memoria, un giudizio sicuro, un umore uniforme e una carità senza ombra. Papa Pio X approvò il primo miracolo attribuito all’intercessione di Maria Maddalena Postel con il breve del 22 gennaio 1908: la cerimonia di beatificazione venne celebrata il 17 maggio successivo. È stata canonizzata da papa Pio XI il 24 maggio del 1925.

 

LE SUORE DI SANTA MARIA MADDALENA POSTEL

 

Le Suore di Santa Maria Maddalena Postel sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio: i membri di questa congregazione (dal 1920 divisa in due rami autonomi, uno tedesco e uno francese) usano la sigla S.M.M.P.

La congregazione, detta in origine delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia  venne fondata a Cherbourg l’8 settembre 1807 dalla religiosa francese Maria Maddalena Postel  (1756-1846)  con l’approvazione di Claude-Louis Rousseau, vescovo di Coutances: nel 1832 la Postel acquistò l’antica abbazia benedettina di Saint-Sauveur-le-Vicomte, dove trasferì la casa madre. L’istituto ricevette il pontificio decreto di lode il 29 agosto 1859 e le sue costituzioni vennero approvate dalla Santa Sede nel 1901. Nel 1920, a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, le case tedesche della congregazione si staccarono dalla casa madre dando origine a un ramo canonicamente autonomo dell’istituto.

Le finalità dell’istituto sono l’istruzione e l’educazione cristiana della gioventù e la cura dei malati, anche a domicilio.

Le suore del ramo francese sono presenti in Congo, Costa d’Avorio, Francia, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito; la sede generalizia è a Saint-Sauveur-le-Vicomte (Bassa Normandia); nel 2005 le suore erano 358, in 57 case. Oggi sono molto di meno.

Le suore del ramo tedesco sono presenti in Bolivia, Brasile, Germania, Romania e Mozambico; la sede generalizia è a Heilbad Heiligenstadt (Turingia); nel 2005 le suore erano 422, in 69 case. Calo di vocazione anche tra loro.

Da qui il tema  del capitolo generale sulla pastorale vocazionale.

 

 

INCONTRO CON LE SUORE DELLA MISERICORDIA

GAETA – SABATO 28 SETTEMBRE 2013 – ORE 16,30

 

Guarda il cielo e conta le stelle e saprai capire il perché

 

“Un formicaio ai piedi di un vecchio abete. Milioni di formiche nere corrono senza sosta, perfettamente organizzate. Sezione trasporto aghi e foglie; sezione ricerca semi, insetti, larve; sezione allevamento e cura piccoli; comitato difesa degli assalti… Un giorno la formica n. 100.000 si fermò. Ansimando s’appoggiò al lungo ago che stava trascinando e alzò lo sguardo. Si sentiva svenire…,abituata a scansare i fili d’erba, i sassolini, i bruchi,  ra i suoi occhi si smarrivano nell’azzurro immenso del cielo, il cuore le scoppiava l’emozione guardando il grande tronco, i rami ordinati, il verde brillante. Ad un certo punto gridò il capo-reparto: “n. 100.000 gli altri sgobbano e tu poltrisci! T’assegno per punizione un quarto d’ora di lavoro supplementare!”. La sera la formica n. 100.000 fece il recupero di lavoro. Poi, mentre tutte s’infilavano nelle tane, restò fuori e scoprì le stelle. Un incanto! Tutta la notte ebbe gli occhi pieni di luce. Da allora i turni supplementari di punizione aumentavano, ma lei non si preoccupava. Anzi, diceva a tutti: “Alzate gli occhi. C’è qualcosa di grande sopra di noi, non possiamo portare solo larve e semi. Non avete mai guardato nemmeno l’abete!”. Le altre, per tutta risposta, la prendevano in giro: “Tu guardi e guardi, ma come riempiamo le riserve di cibo? Chi ripara la casa quando piove?”. La formica n. 100.000 lavorava, s’impegnava, rendeva bello il suo formicaio. Ma brontolavano lo stesso: “Se guardare il cielo fosse utile, dovresti essere più brava di noi, invece sei anche tu come noi. Le stelle non servono a niente”.

Così va spesso avanti anche il formicaio umano, ove nessuno o quasi ha il coraggio di  guardare il cielo  e contare le stelle.

 

A-      Prefazione

Per il prossimo capitolo generale è stato indicato nella pastorale vocazionale uno dei temi da privilegiare, in ragione della forte carenza di vocazioni nella nostra Congregazione e soprattutto in Italia ed Europa in generale.

In vista di questo importante avvenimento della Congregazione delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia, fondate da Santa Maddalena Postel, siete chiamate a dare il vostro contributo di idee, proposte, riflessioni da portare al Capitolo e sulle quali le capitolari dovranno discutere e deliberare.

Proponiamo la pastorale vocazionale come un obiettivo importante perché crediamo che il carisma, donato attraverso santa Maddalena Poste alla Chiesa e al mondo, sia ancora attuale.

L’ideale di Maddalena far conoscere a tutti gli uomini è l’amore di Dio rivelato nel sacramento dell’Eucaristia, è il cuore del nostro impegno vocazionale. Egli oggi lo affida a noi, come lo aveva affidato alle sue prime consorelle che la seguirono nella scelta vocazionale:

La pastorale vocazionale rappresenta una sfida per ciascuno, perché prima di tutto è questione di riappropriarci della nostra vocazione, per poi saperla proporre in modo attraente e convincente, donando il cuore pulsante della nostra vita.

La pastorale vocazionale domanda il coraggio di dialogare con il nostro mondo, in particolare con quello giovanile; per tanti aspetti diverso dal nostro, ma con un punto in comune: la sete di gioia, di pienezza, la sete di Dio.

La pastorale vocazionale domanda un’attenzione a tutti i “luoghi” dove le vocazioni hanno il loro sviluppo: le famiglie, le parrocchie, i gruppi, le associazioni e i movimenti; domanda un respiro ampio di Chiesa, come ripetutamente ci rammenta Papa Francesco; domanda di collaborare e di operare per costruire e far crescere la “casa e scuola di comunione”.

Implichiamoci con rinnovato slancio in questa sfida, concentrandoci su ciò che può essere fatto. La preghiera e l’offerta della propria vita, con le sue gioie, i suoi dolori, non è poca cosa, se ci crediamo. Anche tutti coloro che condividono il carisma di Santa Maddalena Poste dovrebbero essere coinvolti nella promozione del tipo di vocazione che lei ha sognato.

Non vogliamo sopravvivere ad ogni costo, è la nostra missione che ci provoca a ravvivare la nostra vita e ad accogliere la sfida della pastorale vocazionale.

 

B-      Introduzione

 

Tutti avvertiamo la fatica di fare programmi e di lavorare in questo settore, proprio perché siamo di fronte ad una realtà in continuo cambiamento. Gli stessi giovani sono scoraggiati dalle forme di impegno definitivo, immersi come sono in una cultura come la nostra, ispirata al relativo e al provvisorio.

Pur essendo consapevoli di queste difficoltà, crediamo ugualmente sia possibile proporre un cammino, che ogni comunità potrà incarnare nella propria situazione e adattare alle proprie possibilità.

Ci auguriamo, perciò, di offrire un’occasione di confronto, ma soprattutto un incentivo a un rinnovato impegno nel campo della pastorale giovanile e vocazionale.

 

B.1.La teologia della chiamata

Richiamiamo, molto rapidamente, alcuni di questi principi teologico-pastorali,

tratti dal documento “Nuove vocazioni per una nuova Europa”.

•Il mistero del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo fonda l’esistenza piena

dell’uomo, come chiamata all’amore nel dono di sé e nella santità, come dono nella Chiesa per il mondo.

•L’esistenza di ciascuno è frutto dell’amore creativo del Padre, del suo desiderio efficace, della sua parola generativa. L’atto creatore del Padre ha la dinamica di un appello, di una chiamata alla vita. L’uomo viene alla vita perché amato, pensato e voluto da una Volontà buona che l’ha preferito alla non esistenza, che l’ha amato ancora prima che esistesse, che l’ha conosciuto prima di formarlo nel seno materno, che l’ha consacrato prima che uscisse alla luce (cfr. Ger 1, 5; Is 49, 1.5; Gal 1,15).

•Riconoscere il Padre significa che noi esistiamo alla maniera sua, avendoci

creati a sua immagine (Sap 2,23). In questo è contenuta la fondamentale, vocazione dell’uomo: la vocazione alla vita e a una vita subito concepita a somiglianza di quella divina. Se il Padre è la fonte perenne dell’esistenza e dell’amore, l’uomo è chiamato, nella misura del suo esistere, a essere come Lui; e dunque a “dare la vita”, a farsi carico della vita di un altro.

• Se l’uomo è chiamato a essere figlio di Dio, nessuno meglio del Verbo Incarnato può “parlare” all’uomo di Dio e raffigurare l’immagine riuscita del Figlio. Per questo il Figlio di Dio, venendo su questa terra, chiama ogni uomo a seguirLo, a essere come Lui, a condividere la sua vita, la sua parola, la sua pasqua di morte e risurrezione, addirittura i suoi sentimenti.

• La struttura di ogni vocazione, anzi la sua maturità, sta nel continuare Gesù

nel mondo. Ogni chiamato è segno di Gesù: in qualche modo il suo cuore e le sue mani continuano ad abbracciare i piccoli, a sanare i malati, a riconciliare i peccatori e a lasciarsi inchiodare in croce per amore di tutti. L’essere per gli altri, con il cuore di Cristo, è il volto maturo di ogni vocazione. Per questo è il Signore Gesù il formatore di coloro che chiama, l’unico che può plasmare in loro i suoi stessi sentimenti.

• La vita cristiana per essere vissuta in pienezza, nella dimensione del dono e della missione, ha bisogno di motivazioni forti, e soprattutto di comunione profonda con il Signore: nell’ascolto, nel dialogo, nella preghiera, nella interiorizzazione dei sentimenti, nel lasciarsi ogni giorno formare da Lui e nel

desiderio ardente di comunicare al mondo la vita del Padre.

• In tutte le catechesi della comunità cristiana delle origini è palese la centralità del mistero pasquale: annunciare Cristo morto e risorto. Nel mistero del pane spezzato e del sangue versato per la vita del mondo la comunità credente contempla l’epifania suprema dell’amore, la vita donata del Figlio

di Dio.

• Nella celebrazione dell’Eucaristia, “culmine e fonte” della vita cristiana, viene celebrata la massima rivelazione della missione di Gesù Cristo nel mondo. Nella comunità che celebra il mistero pasquale ogni cristiano prende parte ed entra nello stile del dono di Gesù, diventando come Lui pane spezzato per l’offerta al Padre e per la vita del mondo.

• L’Eucaristia è sorgente di ogni vocazione cristiana: in questo senso diventa icona di ogni risposta vocazionale; come in Gesù, in ogni vita e in ogni vocazione, c’è una difficile fedeltà da vivere sino alla misura della croce. Colui che vi prende parte accoglie l’invito-chiamata di Gesù a “fare memoria” di Lui, nel sacramento e nella vita, a vivere “ricordando” nella verità e libertà delle scelte quotidiane il memoriale della croce, a riempire l’esistenza di gratitudine

e di gratuità, a spezzare il proprio corpo e versare il proprio sangue. Come il Figlio.

• L’Eucaristia genera la testimonianza, prepara la missione: “Andate in pace”. Si passa dall’incontro con Cristo nel segno del Pane, all’incontro con Cristo nel segno di ogni uomo. L’impegno del credente non si esaurisce nell’entrare, ma nell’uscire dal tempio. La risposta alla chiamata incontra la storia della missione. La fedeltà alla propria vocazione attinge alle sorgenti dell’Eucaristia e si misura nell’Eucaristia della vita.

 

B.2. CON CHI INTRAPRENDERE L’ANIMAZIONE VOCAZIONALE?

Vogliamo chiarire un punto fermo di questo progetto: la pastorale vocazionale non è un problema che riguarda alcuni “addetti ai lavori”. Essa chiama in causa la testimonianza di vita e il coinvolgimento di tutte le religiose della vostra Congregazione: giovani, adulte, anziane, addetti al settore e tutti coloro che hanno responsabilità nell’istituto, le singole comunità e l’intera famiglia religiosa.

 

B.2.1.La comunità

La vera guida alla maturazione delle vocazioni è lo Spirito Santo, il quale però, opera per mezzo di uomini e quindi anche attraverso di noi, riuniti nel nome del Risorto in comunità pasquali.

È necessario che ogni comunità senta l’urgenza di questo compito senza dimenticare che è la testimonianza della vita di ognuno la migliore forma di evangelizzazione delle vocazioni. Per questo ogni comunità è impegnata a diventare sempre più cosciente di esserne essa stessa evocatrice e formatrice. Consapevoli che il primo messaggio delle nostre comunità è la testimonianza della loro vita, ogni comunità diventa pienamente comunità vocazionale, cioè segno leggibile di radicalità evangelica, di servizio, di fraternità, di serenità e gioia, se è:

• luogo accogliente per tutti coloro che cercano uno spazio di vita;

• luogo in cui si respira la gioia e la speranza che scaturiscono dalla certezza della risurrezione di Cristo;

• luogo in cui è possibile “stare a mensa” con i fratelli in modo sereno e tranquillo, trovare momenti di condivisione delle fatiche per dare e ricevere sostegno nelle difficoltà;

• spazio aperto alla realtà locale e alla Chiesa universale;

• realtà capace di dialogare con tutti, in particolare con i giovani, scoprendone il linguaggio e i sentimenti;

• capace di mettersi al servizio di “coloro che bussano alla porta”, senza aver paura di “perdere tempo”, perché il tempo è di Dio.

 

Perciò in tali comunità, ogni religiosa, figlia spirituale di Maddalena Postel è chiamata a:

• mettersi in gioco e vivere la proposta vocazionale in prima persona;

• curare la propria formazione nel confronto costante con la parola di Dio e con tutti coloro che lo possono aiutare nel cammino;

• pregare ed educare alla preghiera e all’invocazione;

• essere seminatore, accompagnatore, educatore, formatore;

• saper fare discernimento e aiutare altri a discernere;

• indicare la presenza di un Altro;

• essere testimone convincente e credibile;

• essere entusiasta della propria vocazione;

• essere segno della presenza costante di Gesù Eucaristia nelle nostre case, attraverso la cura delle relazioni con tutti coloro con cui condivide la quotidianità;

• curare le scelte concrete nella povertà, castità e obbedienza perché siano rimando a Cristo povero, casto e obbediente;

• diffondere e difendere quei valori che rendono la società migliore: la giustizia, la solidarietà, la pace, ecc.

 

Dunque l’animazione vocazionale è responsabilità di tutti, non si può pretendere che poche persone possano riassumere in sé tutto ciò; proprio per questo una volta ancora appare chiara la necessità che siano tutte le comunità ad essere promotrici della pastorale vocazionale, collaborando attivamente e fiduciosamente.

 

B.2.2.PERCORSI COMUNITARI

 

Tre nuclei principali sui cui operare per una saggia azione di promozione vocazionale, locale e generale: in-vocazione, con-vocazione, pro-vocazione.

 

B.2.2.1. IN-VOCAZIONE

“Ogni vocazione nasce dall’in-vocazione”

• Preghiera personale

• Preghiera comunitaria

• Far scoprire ai giovani la bellezza dell’Eucaristia

 

Concretizzazioni

• Preghiera comunitaria vocazionale mensile

• Scuole di preghiera per giovani

• Direzione e accompagnamento spirituale dei giovani

• Sussidi per la preghiera

• Celebrazione dell’Eucaristia

• Adorazioni eucaristiche guidate

 

B.B.2.2. CON-VOCAZIONE

“Ogni vocazione cresce nella con-vocazione”

• Riscoprire la bellezza del vivere insieme

• Contribuire alla costruzione di “comunità evangeliche”

• Riscoprire la nostra identità carismatica

•Divenire capaci di progettualità

• Essere donne di relazione, cioè esperte in umanità, per essere donne di vocazione (da chi-amate diventare chi-amanti)

•Vivere una forte esperienza di fraternità, nella stima, nel rispetto, nella fiducia, dando valore al fratello

 

Concretizzazioni

•Vivere un’esperienza coerente di vita (integrazione tra fede e vita)

• Condivisione e confronto sulla Parola di Dio

 

B.2.2.3.PRO-VOCAZIONE

“Ogni vocazione è pro-vocazione”

• Diffondere sempre più responsabilità e coinvolgimento all’interno delle comunità

• Essere donne inserite nella storia e nel territorio, che conoscono e soffrono i problemi della gente e se ne fanno carico

•Vivere la carità nella relazione con i fratelli

• Annunciare il Vangelo in modo attraente

 

Concretizzazioni

• Apertura alle sollecitazioni della realtà esterna e conoscenza di quella giovanile

• Creazione di spazi di condivisione della fede con i giovani

• Identificazione ed offerta di esperienze di vita comune

• Coinvolgimento nella vita della Famiglia religiosa

•Possibilità di incontro e confronto con dei testimoni di vita

• Cura del Sacramento della Riconciliazione perché sia momento vocazionale

 

C- ITINERARIO FORMATIVO

 

Icona biblica dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)

(Leggere il testo integrale del  Vangelo e commentarlo)

 

Atteggiamenti pedagogico-evangelici

La parte pedagogica è colta all’interno del vangelo, sull’esempio di quello straordinario animatore-educatore vocazionale che è Gesù, e in vista di un’animazione vocazionale scandita da precisi atteggiamenti pedagogico/evangelici:

accostarsi all’altro, seminare, accompagnare, educare, formare, discernere.

Questi atteggiamenti aprono prospettive importanti a chi lavora nella pastorale vocazionale: l’animatore è chiamato ad accostarsi all’altro facendo il primo passo, a seminare il buon seme della vocazione, ad accompagnare nel cammino che conduce il cuore ad “ardere”, ad educare alla fede e all’ascolto del Dio che chiama, a formare agli atteggiamenti umani e cristiani per discernere, infine, la presenza del dono che viene dall’Alto.

Sono dimensioni del mistero della chiamata che da Dio giunge all’uomo attraverso la mediazione dei fratelli.

 

1.ACCOSTARSI ALL’ALTRO

 

1.1.CHI AMA, AMA PER PRIMO

È Gesù che viene a cercarci: così anche noi siamo chiamati a metterci in cammino con i giovani, rivolgere loro per primi la parola, anche se non sembrano interessati a noi. Con rispetto, pazienza infinita, tenerezza, perché il linguaggio dell’amore arriva al cuore anche della persona più chiusa.

 

1.2.CHI AMA, VA OLTRE LE APPARENZE

I giovani hanno paura di essere giudicati dagli adulti, la loro fragilità li induce spesso a porsi in modo aggressivo e poco accogliente. L’animatore vocazionale è chiamato ad ascoltare la loro richiesta, spesso inespressa, di relazione con qualcuno cui confidare le proprie ansie, le proprie domande di senso.

 

1.3.CHI AMA, SA ASCOLTARE IN SILENZIO

Gesù pone una domanda per iniziare il dialogo, ma poi resta in silenzio finché i due discepoli hanno terminato il racconto e a loro volta lo interrogano. Anche all’animatore è chiesto di porsi in ascolto per suscitare silenziosamente la fiducia di chi gli sta di fronte.

 

2.SEMINARE

 

2.1.INCONTRO TRA DUE LIBERTÀ – LA SEMINA NELLA LIBERTÀ

All’interno del cammino pedagogico c’è il momento della semina: ciascuno di noi è terreno in cui Dio sparge il seme della vocazione cristiana, la quale è incontro tra la libertà imperfetta dell’uomo e quella perfetta di Dio. L’animatore vocazionale è chiamato a preparare il terreno, creando i presupposti perché la semina sia feconda.

 

2.2.IL CORAGGIO DI SEMINARE OVUNQUE

Come Gesù chiama a sé tutti, così l’animatore vocazionale semina “ovunque”, si rivolge ad ogni persona, annunciando e proponendo il Vangelo

con coraggio e senza pregiudizi.

 

2.3.LA SEMINA AL TEMPO GIUSTO

Come il seminatore sparge il seme al momento opportuno, così l’animatore vocazionale rispetta i tempi dell’altro. Egli deve tener presente la situazione ed i sentimenti che il giovane vive in quel particolare momento, per poter comprendere quale è il vero bene della persona.

 

3.ACCOMPAGNARE

 

3.1.CAMMINARE

L‘itinerario pedagogico/vocazionale è un viaggio verso la maturità della fede, che conduce a decidere in libertà e responsabilità secondo il progetto pensato da Dio, viaggio in compagnia dell’animatore vocazionale che prega per conoscere la strada e la voce di Dio, e diventa capace di indicare la presenza di un Altro.

 

3.2.TESTIMONIARE E CONDIVIDERE

Alla sequela di Gesù, l’animatore vocazionale condivide la fatica di chi cerca la propria vocazione e testimonia la propria scelta e l’essere stato scelto da Dio; egli è chiamato a diventare testimone convincente e credibile, affinché il suo messaggio diventi “buona notizia”, coinvolgendo il giovane nella sua totalità.

 

3.3.CUSTODIRE

Come Gesù si prende a cuore la storia di ognuno e risveglia il desiderio di Dio, così l’animatore vocazionale ha il compito di creare dentro di sé lo spazio per accogliere la storia del giovane, custodirla e ripresentarla trasfigurata dallo sguardo di fede.

 

4.EDUCARE

 

4.1.LA CONOSCENZA DI SÉ

La passione e la morte di Gesù hanno interrotto il cammino di fede dei due di Emmaus: il Messia “potente in opere e in parole”, speranza di liberazione per Israele, non ha risposto alle loro aspettative umane. La scelta vocazionale dei giovani spesso è messa in crisi o resa impossibile perché si ha un’interpretazione della vita troppo “terrena”. L’animatore vocazionale aiuta il giovane a conoscersi, a liberarsi dalle paure nei confronti della vocazione per giungere alla verità e alla costruzione dell’io vero.

 

4.2.IL MISTERO

L’itinerario vocazionale si muove all’interno di un unico mistero, quello del rapporto tra Dio e l’uomo. Un autentico cammino porta sempre e comunque a crescere nella conoscenza dell’amore di Dio e aiuta il giovane a scoprire la bellezza del mistero della vita, collocando fuori di sé, in Dio, la ricerca del fondamento dell’esistenza.

 

4.3.L’INVOCAZIONE

Senza il Signore e la sua Parola è notte nella vita, non c’è senso. L’animatore prega ed educa alla preghiera di invocazione, di fiducia, di gratitudine, perché essa diventi luogo di “ascolto del Dio che chiama”, colloquio che fa scoprire la propria vocazione.

 

5.FORMARE

 

5.1.RICONOSCERE GESÙ

Formare è il momento principale dell’itinerario formativo in cui al giovane si propone un modo di essere per condividere la vita del Figlio ed avere la Sua “forma”. Nell’episodio di Emmaus Gesù prende il pane, lo benedice, lo spezza e lo dà loro, un gesto forte che solo lui poteva fare ed è per questo che viene riconosciuto! In questi quattro verbi è riassunta tutta la sua storia ed il suo insegnamento, è come il suo ritratto più fedele, ciò che aveva lasciato ai suoi discepoli perché lo ripetessero in memoria di lui, con il suo stesso cuore. L’animatore aiuta a comprendere che Cristo in ogni Eucaristia ripete quei quattro gesti per dire al giovane che lì dentro c’è anche lui, la sua vocazione, il suo futuro, la sua realizzazione piena. Anche lui riconoscerà Cristo quando in Lui scoprirà/riconoscerà se stesso.

 

5.2.LA GRATITUDINE

I due di Emmaus riconoscono il Signore nel gesto eucaristico e il loro cuore si colma di gioia: dal riconoscimento nasce la ri-conoscenza. L’animatore aiuta il giovane a riconoscere nella propria vocazione quella pienezza di felicità cercata da molto tempo e realizzata in modo assolutamente gratuito da Dio. Dalla scoperta di questo amore senza condizioni scaturisce la risposta grata che rende pronti a giocare la propria vita.

 

5.3.LA VERITÀ DELLA VITA

Il significato della vita, come bene ricevuto che diviene bene donato, è nel segno eucaristico. Ogni animatore è chiamato ad invitare il giovane a fare dell’Eucaristia il centro di un’esistenza tutta improntata al dono. Per questo lo aiuta a conoscere più intimamente Gesù e il suo mistero, e a capire che solo Lui è la Via e che l’Eucaristia costituisce il senso e la verità anche della sua esistenza.

 

6.Discernere

 

6.1.CAPACITÀ DECISIONALE

Il cammino vocazionale è un processo di discernimento che deve condurre il giovane ad assumersi delle responsabilità, fino alla maturazione di una decisione definitiva. È proprio la capacità di decidere, infatti, che spesso viene a mancare nei giovani di oggi. L’animatore vocazionale ha il compito di prepararli progressivamente ad assumere le responsabilità personali a partire dalle concrete scelte quotidiane, secondo i valori della gratuità, della costanza, della sobrietà, dell’onestà, affidando loro compiti adeguati per valorizzarne le capacità.

 

6.2.“RITORNO A CASA”

La scelta vocazionale indica novità di vita, ma è anche segno di un recupero della propria identità, quasi un “ritorno a casa”, alle radici del proprio io. L’animatore vocazionale aiuta il giovane a prendere coscienza di questa identità più profonda, e a fondarla sul riconoscimento del dono e sulla gratitudine che ne scaturisce. La realizzazione piena di se stessi consiste nel

seguire l’unico progetto che può dare felicità, quello di Gesù.

 

6.3.TESTIMONIANZA E COMUNITÀ

Il giovane che ha vissuto l’incontro con Cristo ha bisogno di “riferire ciò che gli è accaduto” sia con le parole che con le opere, perciò la testimonianza non può prescindere dal contesto comunitario. L’animatore vocazionale stimola il giovane a scoprire e ritrovare quotidianamente la sua chiamata, mettendosi al servizio della comunità ecclesiale in uno scambio di doni: la testimonianza del giovane, infatti, fa crescere la fede della Chiesa, la fede e la testimonianza

della Chiesa suscitano e incoraggiano la scelta del giovane.

 

7.OCCASIONI FONTI DI ESPERIENZA

Importante è offrire opportunità, occasioni per saper scoprire il dono della vocazione. “Occasioni” che siano opportunità concrete di carità, di servizio gratuito, in particolare verso i bisognosi, perché dal solo “fare” si giunga alla comprensione delle motivazioni più profonde ed autentiche dell’agire.

“Occasioni” che si trasformino in esperienze forti capaci di sollecitare a “salti

di qualità” nel proprio cammino spirituale.

Le proposte che intendiamo realizzare possono essere raggruppate secondo

3 livelli diversi:

 

7.1.• ECCLESIALE

Valorizzare tutte quelle occasioni che la Chiesa ci offre per promuovere una mentalità vocazionale: ritiri, esercizi spirituali, campi scuola, professioni religiose, giornate missionarie, per la vita e di preghiera per le vocazioni, GMG, convegno

 

7.2.• A LIVELLO GENERALE DELL’ISTITUTO

Creare occasioni capaci di far vivere le caratteristiche peculiari del nostro

carisma (vedi calendario eventi), continuando a sostenere con spirito di collaborazione e condivisione i progetti già esistenti.

 

7.3.• LOCALE

Programmare l’attività pastorale con un’attenzione particolare alla dimensione

vocazionale, affinché ogni comunità diventi “grembo delle vocazioni”.

 

7.3.1.La parrocchia

La vocazione normalmente nasce in seno alla comunità parrocchiale, per questo la pastorale vocazionale si inserisce nei cammini catechistici, dei gruppi genitori, delle giovani coppie, di fidanzati, nella formazione dei ministranti e nelle varie attività educative presso gli oratori  e soprattutto l’insegnamento

 

7.3.2.Il santuario

Per le comunità presenti nei santuari (vedi Lenola qui in zona), l’animazione

vocazionale consiste soprattutto nella capacità di presentare se stesse come “testimonianza vivente” concreta e gioiosa di una vita dedicata a Dio e ai fratelli. Esse si inseriscono nel tessuto della chiesa locale offrendo proposte che conducano ad accogliere anche scelte di presbiterato, diaconato e vita religiosa.

 

7.3.3.I ministeri vari

I ministeri vari svolgono un’azione di animazione e di proposta vocazionale:

– prestando attenzione al linguaggio dei mezzi di comunicazione

– con l’annuncio di una spiritualità eucaristica in sintonia con il nostro tempo

– accompagnando adulti, giovani e famiglie nella crescita spirituale e nell’ascolto della volontà di Dio

– offrendo la testimonianza del nostro carisma con uno stile di vita semplice e fraterno

– favorendo l’apertura degli orizzonti e coinvolgendo nella missione ad gentes.

 

8.CONCLUSIONE

Il Signore in mille modi mette ancora nel cuore il desiderio di seguirlo; invita ad alzare lo sguardo, a contemplare il cielo stellato e a credere alla sua promessa. Vogliamo raccogliere questa sfida e abbandonare le nostre incertezze per fidarci sempre più di Lui. È Lui solo che suscita le vocazioni, sta ad ognuno di noi favorire le condizioni perché un giovane possa rispondere a questa chiamata.

 

 

Preghiera per il Capitolo generale

 

Padre nostro,

che ci hai chiamati a seguire il Figlio tuo,

sulle orme di santa  Maria Maddalena,

concedici di convertirci completamente a Te e di conformarci al Figlio tuo

e Signore nostro Gesù Cristo, Vangelo del tuo Amore.

Così convertiti e identificati a Cristo,

infondi in noi il tuo Santo Spirito

per testimoniare al mondo quanto l’hai amato

fino a darTi tutto nel tuo Figlio.

Concedici di credere nel profondo che, per sola tua grazia,

siamo vere figlie tue nel Figlio Gesù e, come Lui,

di chiamarti e sentirti Abba, Padre.

Assisti le nostre  sorelle Capitolari a lasciarsi guidare dal tuo Spirito

per animare la Congregazione

ad essere intrepidi nel proclamare il tuo Vangelo

con la testimonianza della vita e della parola,

come Santa Maria Maddalena

Aiutaci attraverso il Capitolo Generale ad interrogarci con coraggio

per uscire dalla mediocrità, dalla stanchezza,

da una ritualità spesso vuota e ripetitiva

e diventare strumenti efficaci del tuo Amore, senza riserve,.

Maria, la Madre che ci donasti al culmine del tuo Amore,

ci sia sempre vicina per orientarci verso Gesù che, con Te, Padre,

in unione con lo Spirito Santo, vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen

 

 

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA
DELL’UNIONE INTERNAZIONALE DELLE SUPERIORE GENERALI
(U.I.S.G.)

 

Aula Paolo VI 
Mercoledì, 8 maggio 2013

 

  

 

Signor Cardinale,
venerato e caro Fratello nell’Episcopato,
care sorelle!

 

Sono contento di incontrarvi oggi e desidero salutare ciascuna di voi, ringraziandovi per quanto fate affinché la vita consacrata sia sempre una luce nel cammino della Chiesa. Care sorelle, prima di tutto ringrazio il caro Fratello Cardinale João Braz de Aviz, per le parole che mi ha rivolto; mi piace anche la presenza del Segretario della Congregazione. Il tema del vostro Convegno mi pare particolarmente importante per il compito che vi è stato affidato: “Il servizio dell’autorità secondo il Vangelo”. Alla luce di questa espressione vorrei proporvi tre semplici pensieri, che lascio al vostro approfondimento personale e comunitario.

 

1. Gesù, nell’Ultima Cena, si rivolge agli Apostoli con queste parole: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16), che ricordano a tutti, non solo a noi sacerdoti, che la vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che vi ha chiamate a seguirlo nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da voi stesse per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà di Dio, spogliandovi dei vostri progetti, per poter dire con san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo “esodo” da se stessi è mettersi in un cammino di adorazione e di servizio. Un esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore e di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle. Adorare e servire: due atteggiamenti che non si possono separare, ma che devono andare sempre insieme. Adorare il Signore e servire gli altri, non tenendo nulla per sé: questo è lo “spogliamento” di chi esercita l’autorità. Vivete e richiamate sempre la centralità di Cristo, l’identità evangelica della vita consacrata. Aiutate le vostre comunità a vivere l’”esodo” da sé in un cammino di adorazione e di servizio, anzitutto attraverso i tre cardini della vostra esistenza.

 

L’obbedienza come ascolto della volontà di Dio, nella mozione interiore dello Spirito Santo autenticata dalla Chiesa, accettando che l’obbedienza passi anche attraverso le mediazioni umane. Ricordate che il rapporto autorità-obbedienza si colloca nel contesto più ampio del mistero della Chiesa e ne costituisce una particolare attuazione della sua funzione mediatrice (cfr Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, 12).

 

La povertà come superamento di ogni egoismo nella logica del Vangelo che insegna a confidare nella Provvidenza di Dio. Povertà come indicazione a tutta la Chiesa che non siamo noi a costruire il Regno di Dio, non sono i mezzi umani che lo fanno crescere, ma è primariamente la potenza, la grazia del Signore, che opera attraverso la nostra debolezza. «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza», afferma l’Apostolo delle genti (2Cor12,9). Povertà che insegna la solidarietà, la condivisione e la carità, e che si esprime anche in una sobrietà e gioia dell’essenziale, per mettere in guardia dagli idoli materiali che offuscano il senso autentico della vita. Povertà che si impara con gli umili, i poveri, gli ammalati e tutti quelli che sono nelle periferie esistenziali della vita. La povertà teorica non ci serve. La povertà si impara toccando la carne di Cristo povero, negli umili, nei poveri, negli ammalati, nei bambini.

 

E poi la castità come carisma prezioso, che allarga la libertà del dono a Dio e agli altri, con la tenerezza, la misericordia, la vicinanza di Cristo. La castità per il Regno dei Cieli mostra come l’affettività ha il suo posto nella libertà matura e diventa un segno del mondo futuro, per far risplendere sempre il primato di Dio. Ma, per favore, una castità “feconda”, una castità che genera figli spirituali nella Chiesa. La consacrata è madre, deve essere madre e non “zitella”! Scusatemi se parlo così, ma è importante questa maternità della vita consacrata, questa fecondità! Questa gioia della fecondità spirituale animi la vostra esistenza; siate madri, come figura di Maria Madre e della Chiesa Madre. Non si può capire Maria senza la sua maternità, non si può capire la Chiesa senza la sua maternità e voi siete icona di Maria e della Chiesa.

 

2. Un secondo elemento che vorrei sottolineare nell’esercizio dell’autorità è il servizio: non dobbiamo mai dimenticare che il vero potere, a qualunque livello, è il servizio, che ha il suo vertice luminoso sulla Croce. Benedetto XVI, con grande sapienza, ha richiamato più volte alla Chiesa che se per l’uomo spesso autorità è sinonimo di possesso, di dominio, di successo, per Dio autorità è sempre sinonimo di servizio, di umiltà, di amore; vuol dire entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi agli Apostoli (cfr Angelus, 29 gennaio 2012), e che dice ai suoi discepoli: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse… Tra voi non sarà così; proprio il motto della vostra assemblea, ‘tra voi non sarà così’ – ma chi vuole essere grande tra voi, sarà il vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,25-27). Pensiamo al danno che arrecano al Popolo di Dio gli uomini e le donne di Chiesa che sono carrieristi, arrampicatori, che “usano” il popolo, la Chiesa, i fratelli e le sorelle – quelli che dovrebbero servire -, come trampolino per i propri interessi e le ambizioni personali. Ma questi fanno un danno grande alla Chiesa.

 

Sappiate sempre esercitare l’autorità accompagnando, comprendendo, aiutando, amando; abbracciando tutti e tutte, specialmente le persone che si sentono sole, escluse, aride, le periferie esistenziali del cuore umano. Teniamo lo sguardo rivolto alla Croce: lì si colloca qualunque autorità nella Chiesa, dove Colui che è il Signore si fa servo fino al dono totale di sé.

 

3. Infine l’ecclesialità come una delle dimensioni costitutive della vita consacrata, dimensione che deve essere costantemente ripresa e approfondita nella vita. La vostra vocazione è un carisma fondamentale per il cammino della Chiesa, e non è possibile che una consacrata e un consacrato non “sentano” con la Chiesa. Un “sentire” con la Chiesa, che ci ha generato nel Battesimo; un “sentire” con la Chiesa che trova una sua espressione filiale nella fedeltà al Magistero, nella comunione con i Pastori e il Successore di Pietro, Vescovo di Roma, segno visibile dell’unità. L’annuncio e la testimonianza del Vangelo, per ogni cristiano, non sono mai un atto isolato. Questo è importante, l’annuncio e la testimonianza del Vangelo per ogni cristiano non sono mai un atto isolato o di gruppo, e qualunque evangelizzatore non agisce, come ricordava molto bene Paolo VI, «in forza di un’ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome di essa» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80). E proseguiva Paolo VI: è una dicotomia assurda pensare di vivere con Gesù senza la Chiesa, di seguire Gesù al di fuori della Chiesa, di amare Gesù senza amare la Chiesa (cfr ibid., 16). Sentite la responsabilità che avete di curare la formazione dei vostri Istituti nella sana dottrina della Chiesa, nell’amore alla Chiesa e nello spirito ecclesiale.

 

Insomma, centralità di Cristo e del suo Vangelo, autorità come servizio di amore, “sentire” in e con la Madre Chiesa: tre indicazioni che desidero lasciarvi, a cui unisco ancora una volta la mia gratitudine per la vostra opera non sempre facile. Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!

 

Care sorelle, siate certe che vi seguo con affetto. Io prego per voi, ma anche voi pregate per me. Salutate le vostre comunità da parte mia, soprattutto le sorelle ammalate e le giovani. A tutte va il mio incoraggiamento a seguire con parresia e con gioia il Vangelo di Cristo. Siate gioiose, perché è bello seguire Gesù, è bello diventare icona vivente della Madonna e della nostra Santa Madre Chiesa gerarchica. Grazie.

 

 

 

Telese (Bn). Ieri l’ordinazione episcopale di mons. Piazza

1236249_427184337391152_536767385_n.jpg15347_427184727391113_1022458379_n.jpg Ieri, sabato 21 settembre 20013, monsignor Orazio Francesco Piazza, nominato dal Santo Padre vescovo di Sessa Aurunca, ha ricevuto l’ordinazione episcopale nello stadio comunale di Telese, trasformato in una vera e propria cattedrale a cielo aperto. A presiedere la concelebrazione eucaristica, alle ore 16.30, è stato il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e presidente della Conferenza episcopale campana. Vescovi con-consacranti monsignor Michele De Rosa, vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant‘Agata de‘ Goti, e monsignor Antonio Franco, arcivescovo titolare di Gallese. Monsignor Piazza, teologo, docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e assistente regionale dell’azione cattolica, è nato a Solopaca il 4 ottobre 1953. E proprio a Solopaca, nella parrocchia di San Mauro Martire, venerdì sera si è svolta l‘adorazione eucaristica diocesana in preparazione all‘inizio del ministero episcopale nella Chiesa di Sessa Aurunca di monsignor Piazza. “Christus Lumen Gentium” è il motto episcopale scelto da monsignor Piazza: le parole sono tratte dall‘inizio della Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II, “Lumen gentium”, promulgata da Paolo VI nel 1964: “Lumen gentium cum sit Christus… Cristo è la luce delle genti”.  Presenti al rito i vescovi della Campania, circa 300 sacerdoti, religiosi e religiose e diverse migliaia fedeli delle due diocesi interessate da questo storico evento, autorità civili e militari
Monsignor Orazio Francesco Piazza è il 70° vescovo, che la storia ricordi, a guidare pastoralmente la Diocesi di Sessa Aurunca e succede in questo ministero a monsignor Antonio Napoletano, religioso redentorista, che ha guidato la diocesi sessana nell’ultimo ventennio. 
L’ingresso nella Diocesi di Sessa Aurunca di monsignor Piazza è in programma per il 4 ottobre 2013, alle ore 16.30, giorno onomastico del novello vescovo. Settantamila abitanti, durante il periodo settembre-giugno, quasi 200 mila durante il periodo estivo per la presenza di numerose località turistiche che caratterizzano il territorio diocesano che si estende lungo la fascia del litorale domiziano dalla foce del Fiume Garigliano a quella del Volturno, con oltre 30 Km di costa. Cinque i comuni che costituiscono la Diocesi. Sessa Aurunca, Mondragone, Carinola, Cellole e Falciano del Massico. Un territorio segnato da tante emergenze sociali ed ambientali, con la consistente presenza di immigrati.

Una chiesa viva quella che troverà il Vescovo per l’impegno costante di sacerdoti, diaconi, fedeli laici che sono assidui collaboratori di parroci in tutte le comunità dove più forte si avverte la necessità di una nuova evangelizzazione.

Nel saluto che il nuovo vescovo ha voluto rivolgere all’intera comunità diocesana in occasione della sua nomina  a pastore di questa storica diocesi della Campania ai confini con il Lazio ha voluto sottolineare la sua missione e ha chiesto la collaborazione di tutti: “Rivolgo il mio pensiero carico di affetto e di speranza a tutti voi, soprattutto ai sacerdoti, chiedendo generosa disponibilità nell’accogliermi e nell’aiutarmi a rendere sempre più feconda la nostra Chiesa locale; a voi Religiosi e Religiose segno quotidiano della comune aspirazione alla pienezza del Regno di Dio; a voi laici tutti, presenza viva e operosa nella difficile realtà dell’uomo”. Una realtà citata quando scrive: “Desidero manifestare la speciale ed affettuosa attenzione per i malati, gli anziani, e per chi i assiste; per le famiglie, attraversate da singolari problemi, ma primo ambito vitale per una nuova formazione umana e cristiana; per quanti oggi sono senza lavoro, in un momento così critico, e per chi è costretto a vivere lontano, con la nostalgia di questa nostra casa; per i bambini, speranza del domani e, in particolare, per i giovani, perché abbiano coraggio, vitalità e rinnovato entusiasmo”.

Comunione, condivisione e collaborazione sono i tre termini che l’eletto vescovo di Sessa Aurunca porta all’attenzione della comunità diocesana nel suo messaggio iniziale e saluto. Concetti sintetizzati anche nel motto e nello stella del suo episcopato: “Christus lumen gentium”, Cristo luce delle genti, con forti ed accentuati richiami spirituali e pastorali, nonché localistici: “D’azzurro, alla città delle tre torri d’oro, sormontata da un’ombra di sole dello stesso, caricata da un chrismon, con le lettere alpha e omega poste sotto il braccio di traverso, il tutto di rosso”.

Padre Antonio Rungi cp

Maranola (Lt). Primo centenario di presenza delle Suore di Gesù Redentore a Maranola di Formia

551277_475373595895057_1822623941_n.jpg1238116_475373462561737_1124545783_n.jpgcentrostorico_1.jpgIniziano nei prossimi giorni e si concluderanno il 6 ottobre 2013 i solenni festeggiamenti in occasione del Primo Centenario di presenza e di attività apostolica e missionaria  delle Suore di Gesù Redentore, a Maranola, una frazione del Comune di Formia (Lt).. E da Maranola è uscita una serva di Dio, avviata verso la beatificazione: Filomena D’Urso, in religione Suor Ambrogina di San Carlo. E’ questo il frutto più evidente di una centenaria presenza delle Suore di Gesù Redentore a Maranola, dove dal loro primo insediamento hanno curato i bambini abbandonati o in disagio sociale con il Convitto, secondo il carisma della Fondatrice, la Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, e successivamente hanno e lavorano nell’attività formativa nella scuola dell’infanzia e nella collaborazione sistematica con la parrocchia. Proprio d’intesa con il parroco, monsignor Antonio De Meo, già vicario generale dell’arcidiocesi di Gaeta, la comunità delle Suore di Gesù Redentore di Maranola ha  programmato una  serie di iniziative religiose, culturali e sociali per degnamente ricordare questo storico avvenimento. Saranno concentrate, soprattutto nei giorni 2-6 ottobre saranno, le iniziative finalizzate a ripresentare storicamente la presenza delle suore a Maranola. Si parte il giorno 2 ottobre alle ore 17,30 con il Rosario Meditato e la S.Messa. Il giorno 3 ottobre, stesso orario, si svolgerà l’Adorazione eucaristica per le vocazioni e subito dopo la S.Messa. Il giorno 4 ottobre sul carisma delle Suore di Gesù Redentore, incentrato sull’adorazione, sulla riparazione e sulla riconciliazione, relazionerà il teologo morale, padre Antonio Rungi, religioso passionista e docente nelle scuole statali. Seguirà la celebrazione eucaristica. Il giorno 5 ottobre sulla spiritualità delle Suore di Gesù Redentore, relazionerà la Vicaria generale dell’Istituto, Suor Maria Teresa Dupont, già superiora generale. Seguirà la celebrazione della santa messa. Domenica 6 ottobre, alle ore 11,30 la messa di ringraziamento al Signore per il dono del primo centenario della presenza delle Suore a Maranola, con la partecipazione della comunità cristiana, le autorità religiose, civili e militari del territorio e la presenza della Superiora generale dell’Istituto, Madre Marilena Russo. “L’amore di Dio, può rinnovare la terra. Credo con una nuova fede. Spero con una più forte speranza. Voglio con una sincera carità lavorare all’opera così giusta e necessaria della riconciliazione che Dio nella sua misericordia ha riservato al nostro tempo”. E’ su questo progetto di vita e missione della loro fondatrice che le Suore di Gesù Redentore hanno lavorato in questi 100 anni di presenza a Maranola. E di questo vogliono rende grazie al Signore le Suore di Maranola con i solenni festeggiamenti in corso e che si concluderanno nella prima settimana di ottobre 2013. In tale contesto sarà ricordata la figura esemplare della Serva di Dio, Madre Ambrogina di San Carlo, al secolo Filomena D’Urso, nativa Maranola, dove venne alla luce il 1° gennaio 1909.  A 19 anni Filomena, infatti, lasciò tutto per farsi suora della Congregazione di Gesù Redentore.  Divenuta suor Ambrogina di San Carlo, fece il noviziato a Roma, quindi fu trasferita a Perugia. Assimilò e visse la consacrazione religiosa seguendo lo spirito e il carisma della fondatrice dell’Istituto Victorine Le Dieu.  All’inizio del 1930 venne mandata a Varlungo, a sud di Firenze, in una casa dove erano accolti bambini bisognosi. A questa missione la Serva di Dio dedicò tutta se stessa, fino a compromettere la propria salute. Furono anni segnati dalla sofferenza, vissuti però guardando al Redentore. Col desiderio di diventare “grande santa”, visse per donare amore gratuito, a gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli. Trovò così anche la forza di consolare quanti ricorrevano a lei per ricevere consigli e conforto spirituale. Dalla primavera del 1948 fu costretta a stabilirsi in infermeria, che divenne il luogo in cui si compì la sua silenziosa missione, con crescente amore per Gesù Eucaristia . Scrisse nel diario spirituale: “Vorrei gridare a tutte le creature della terra: l’Amore s’è fatto Pane. Vorrei gridare a tutto il mondo che amasse l’Amore”, “Voglio guardare sempre in alto cercando una cosa sola: l’Amore”. Morì a soli 45 anni il 26 marzo 1954. Il 1° ottobre 2006 dal cimitero di Firenze, i suoi resti mortali fecero ritorno a Maranola, deposti in un’urna, nella chiesa dell’Annunziata dove tante volte da ragazzina aveva pregato. In paese una sala museo raccoglie i suoi ricordi.

Telese (Bn). Consacrazione episcopale di monsignor Orazio Francesco Piazza, nuovo vescovo della Diocesi di Sessa Aurunca

sessa3.pngstemma-corr.jpgpiazzavescovo.pngCattedrale_-_Cerreto_Sannita.jpgFervono gli ultimi preparativi a Cerreto e a Telese per l’ordinazione episcopale di Monsignor Orazio Francesco Piazza, sacerdote della Diocesi di Cerreto-Telese- San’Agata dei Goti, che sarà consacrato vescovo della diocesi di Sessa Aurunca, sabato 21 settembre 2013, alle ore 16,30 nello Stadio comunale di Telese-Terme (Bn). Vescovo consacrante principale è il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli e Presidente della Conferenza Episcopale Campana, con l’ausilio di monsignor  Michele De Rosa, vescovo di Cerreto-Telese-sant’Agata dei Goti, e  di monsignor Antonio Franco, arcivescovo titolare di Gallese e Nunzio Apostolico. Attesi tutti i vescovi della Campania, circa 300 sacerdoti, circa 10.000 fedeli delle due diocesi interessate da questo storico evento.
Monsignor Orazio Francesco Piazza è il 70° vescovo, che la storia ricordi, a guidare pastoralmente la Diocesi di Sessa Aurunca e succede in questo ministero a monsignor Antonio Napoletano, religioso redentorista, che ha guidato la diocesi sessana nell’ultimo ventennio.

Papa Francesco, infatti, il 25 giugno di quest’anno, accettando la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Sessa Aurunca, presentata da S.E. Mons. Antonio Napoletano, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico, per raggiunti limiti di età, ha nominato Vescovo di Sessa Aurunca il rev.do Orazio Francesco Piazza, del clero della diocesi sannita, Vicario episcopale e docente universitario.

L’ingresso nella Diocesi di Sessa Aurunca di monsignor Piazza è in programma per il 4 ottobre 2013, alle ore 16.30, giorno onomastico del novello vescovo.

La comunità diocesana si sta preparando per il duplice storico avvenimento della consacrazione del nuovo vescovo e del suo ingresso in Diocesi con un percorso di preghiera, riflessione e condivisione in tutte le 42 parrocchie che costituiscono l’ossatura portante della diocesi di Sessa Aurunca. Settantamila abitanti, durante il periodo settembre-giugno, quasi 200 mila durante il periodo estivo per la presenza di numerose località turistiche che caratterizzano il territorio diocesano che si estende lungo la fascia del litorale domiziano dalla foce del Fiume Garigliano a quella del Volturno, con oltre 30 Km di costa. Cinque i comuni che costituiscono la Diocesi. Sessa Aurunca, Mondragone, Carinola, Cellole e Falciano del Massico. Un territorio segnato da tante emergenze sociali ed ambientali, con la consistente presenza di immigrati.

Una chiesa viva quella che troverà il Vescovo per l’impegno costante di sacerdoti, diaconi, fedeli laici che sono assidui collaboratori di parroci in tutte le comunità dove più forte si avverte la necessità di una nuova evangelizzazione.

Nel saluto che il nuovo vescovo ha voluto rivolgere all’intera comunità diocesana in occasione della sua nomina  a pastore di questa storica diocesi della Campania ai confini con il Lazio ha voluto sottolineare la sua missione e ha chiesto la collaborazione di tutti: “Rivolgo il mio pensiero carico di affetto e di speranza a tutti voi, soprattutto ai sacerdoti, chiedendo generosa disponibilità nell’accogliermi e nell’aiutarmi a rendere sempre più feconda la nostra Chiesa locale; a voi Religiosi e Religiose segno quotidiano della comune aspirazione alla pienezza del Regno di Dio; a voi laici tutti, presenza viva e operosa nella difficile realtà dell’uomo”. Una realtà citata quando scrive: “Desidero manifestare la speciale ed affettuosa attenzione per i malati, gli anziani, e per chi i assiste; per le famiglie, attraversate da singolari problemi, ma primo ambito vitale per una nuova formazione umana e cristiana; per quanti oggi sono senza lavoro, in un momento così critico, e per chi è costretto a vivere lontano, con la nostalgia di questa nostra casa; per i bambini, speranza del domani e, in particolare, per i giovani, perché abbiano coraggio, vitalità e rinnovato entusiasmo”.

Comunione, condivisione e collaborazione sono i tre termini che l’eletto vescovo di Sessa Aurunca porta all’attenzione della comunità diocesana nel suo messaggio iniziale e saluto. Concetti sintetizzati anche nel motto e nello stella del suo episcopato: “Christus lumen gentium”, Cristo luce delle genti, con forti ed accentuati richiami spirituali e pastorali, nonché localistici: “D’azzurro, alla città delle tre torri d’oro, sormontata da un’ombra di sole dello stesso, caricata da un chrismon, con le lettere alpha e omega poste sotto il braccio di traverso, il tutto di rosso”.

Padre Antonio Rungi