stella maris

Il testo della meditazione di questa mattina al Gruppo di Pagani

CENACOLO DI PREGHIERA “TOMMASO M. FUSCO” – PAGANI

RITIRO SPIRITUALE 3 MARZO 2013 – STELLA MARIS – MONDRAGONE

Fede e santità della vita

Tutti siamo chiamati ad essere santi, ognuno secondo il proprio stato di vita. E per aspirare alla santità è necessario avere una carica spirituale fortissima ed una fede convinta e matura, coraggiosa e speranzosa. Partiamo da un dato concreto: non è possibile testimoniare Gesù Cristo, non è possibile educare alla vita bella del Vangelo, come ci ricordano i vescovi italiani nel progetto nazionale che ci sta accompagnando negli ultimi anni, se noi non facciamo un’esperienza concreta di Gesù Cristo nella nostra vita. E questo perché la santità è anche un racconto… il racconto della mia esperienza viva di Gesù Cristo.

Qualche premessa. 

Che cos’è la santità? E’ la vita nello Spirito di Dio: niente di più, niente di meno.

E che cos’è la spiritualità? E’ la mia esperienza concreta davanti a Dio.

La santità è solo questo, e niente di eccezionale… la vita nello Spirito di Dio. È la vita nuova nello Spirito del Cristo risorto. E la spiritualità è la mia esistenza concreta davanti a Dio: sono quello che sono davanti a Dio, non quello che vorrei essere. In questa ottica la santità è accessibile a tutti. La santità, infatti, è la vita, la crescita nella grazia come ci indica lo Spirito del Cristo risorto; è la grazia battesimale che ci trasforma sin dal nostro primo istante della esistenza. 

Domande di fondo

E’ possibile educare alla santità, parlare di santità in questo tempo di crisi? Ma quando della forza del Vangelo viene meno attraverso il nostro stile di vita? Le nostre chiese, i nostri conventi, le nostre parrocchie hanno ancora qualcosa da dire al mondo e alla società? Si può ancora parlare di santità, di pretesa cristiana, di identità cristiana? Si può essere santi in questo tempo di crisi?

Parto da un’affermazione di Papa Benedetto XVI, che giovedì 28 marzo, alle 20,00 conclude il suo ministero petrino, in seguito alle libere dimissioni date il 11 febbraio 2013, al quale va tutta la nostra gratitudine, che nella sua Lettera Apostolica “La porta della fede”, pubblicata in forma di Motu Proprio l’11 Ottobre 2011, al n. 2 afferma: “capita ormai, non di rado, che i cristiani si diano maggiore preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali, politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come a un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene persino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto, nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori del Vangelo, oggi non sembra essere più così nei grandi settori della società, a motivo della grande crisi di fede che ha toccato molte persone”. Questo grande dono della fede non rappresenta più un valore di unità nelle nostre comunità e nella stessa società: quindi questa crisi è sicuramente una crisi di fede. Quindi parlare della santità significa certamente andare a rivedere il nostro percorso di fede, il nostro percorso di incontro con Gesù Cristo. Ogni racconto, anche spirituale, nasce da un’esperienza! Se io faccio un’esperienza concreta di Gesù Cristo nella mia vita, allora lo posso anche io raccontare. Se Gesù Cristo diventa una dottrina, un rito, una tradizione, anche, se volete, un’identità culturale … e spesso nelle nostre parrocchie si è cristiani per identità culturale, la santità, invece, intesa come via della crescita nello Spirito, richiede un’esperienza concreta di Gesù Cristo nella propria vita. Quindi annunciare Cristo Redentore non significa parlare di una dottrina, né di un contenuto di una sapienza da meditare. Annunciare significa testimoniare Cristo nella propria vita. Potremo dire che la santità è la testimonianza di Cristo nella propria vita.

Santità e conversione

Tempo di Quaresima, tempo di conversione e di maggiore impegno nella santità. La metanoia, la conversione non è uno sforzo etico, non è una questione di buona volontà, ma come ci ha detto il grande profeta Gioele, nella Prima Lettura della Messa del Mercoledì delle Ceneri, convertirsi è ritornare a Dio con tutto il cuore. Ora si tratta di capire che cosa è il cuore.

Nella Scrittura il cuore è la sede della volontà , della conoscenza, dell’intelligenza, della nostra razionalità. Si pensa con il cuore, si ragiona con il cuore. Nella Scrittura non c’è questa separazione tra fede e ragione, intelligenza e volontà, come nella nostra società moderna.

Nella Scrittura il cuore è la sede dei sentimenti, ma soprattutto della volontà. “Ritornare a Dio con tutto il cuore” significa recuperare unità nel nostro essere ‘persona’.

La santità è esperienza di unità, di comunione con Dio e i fratelli. Il peccato, invece, è un’esperienza di divisione e di separazione da Dio e, ovviamente, anche dai fratelli, dal corpo della Chiesa. “Ritornare a Dio con tutto il cuore” è un cambiamento del modo di agire e di essere, e cambiamento anche del nostro modo di pensare, perché noi non siamo convertiti e, per l’appunto, innanzitutto nel modo di pensare la fede, la parrocchia, il nostro rapporto con Gesù Cristo.

Nel termine “metanoia”, “santità” metteteci quanto più c’è di carnale, di umano, ed eliminate tutto ciò che sa di spiritualità disincarnata.

Nel termine spiritualità, nel termine conversione, mettete tutto ciò che è carnale, perché il cristianesimo è una religione carnale. 

Qual è il proprium della fede cristiana? E’ la Risurrezione … ma la risurrezione di che cosa? La risurrezione della carne, perché oggi molti credono nella risurrezione non si sa di che cosa… dell’anima, dello spirito.

La fede, la mia esperienza con Gesù Cristo passa sempre attraverso delle relazioni. San Francesco, ad esempio, riprendeva sempre qualche frate orante che si infastidiva se qualche altro frate si avvicinava per chiedergli qualcosa, perché non voleva essere disturbato nella preghiera. Noi cristiani non professiamo la salvezza delle anime, ma della persona: non si salvano le anime, ma le persone. Con il tema della conversione occorre recuperare tutta la dimensione antropologica e quindi far cadere tanti idoli nel nostro cammino di fede, nel nostro cammino di santità: l’individualismo esasperante nelle nostre comunità, il carrierismo anche dei fedeli laici nella parrocchia, le gelosie presenti anche nelle comunità cristiane. Se non curiamo queste ferite, cioè se non recuperiamo l’uomo, non ci possiamo presentare da nessuna parte a parlare di Gesù Cristo, proprio perché, in questo caso, non siamo delle persone credibili.

La santità del Beato Tommaso Maria Fusco passa attraverso scelte coraggiose di vita, attraverso la croce, la sofferenza, l’incomprensione.

Santità e missione

La missione è l’annuncio del Vangelo oggi, in ogni contesto, in un mondo che è già cambiato! Il mondo è cambiato, e noi, come Chiesa ce ne siamo accorti in ritardo. La proposta cristiana è sempre più ai margini della nostra società. Quindi non esiste più alcuna pretesa. Noi annunciamo, parliamo di Gesù Cristo, ma sempre con la pretesa di essere riconosciuti, che gli altri ci dicano bravo!. Noi pretendiamo che gli altri ci ascoltino, che gli altri riconoscano che Gesù Cristo è la Verità.

Noi pretendiamo, come religiosi o fedeli laici di essere una fiaccola o una luce, ma sul cammino di chi? C’è chi la luce non la vuole vedere, come c’è chi non vuole nessuno annuncio, chi non vuole essere salvato. Nel concetto di missione, evidentemente, dobbiamo mettere in cantiere una possibile esperienza di fallimento, che non ci deve abbattere, ma che rientra anche nel nostro cammino di santità, di vissuto, di annuncio del Vangelo. Quindi un tema serio da trattare nelle nostre comunità, come anche nelle nostre famiglie, è il tema della marginalità. I cristiani sono ai margini della società. Il servizio socio-caritativo di molte nostre Chiese, di parrocchie, di diocesi, per i poveri, il lavoro delle Caritas, per il mondo laico, non credente, è visto come un’affermazione di potere della Chiesa. La società ci vede come Chiesa ai margini e non riconosce nel nostro impegno per il Vangelo il servizio, ma una forma di potere. Educare, formarsi alla vita bella del Vangelo significa anche mettere in cantiere questa esperienza di fallimento.

Nel concetto di missione mettiamoci anche la parrocchia, che non è la panacea per tutti i mali: parocia significa casa in esilio tra le case in esilio. Non è la casa tra le case: nelle nostre parrocchie la percentuale dei fedeli che partecipano alla vita parrocchiale è il 2-3% in generale nei grossi centri urbani, anche se in varie città si raggiunge, per fortuna, ancora un numero più elevato.

Nell’intuizione del compianto vescovo pugliese, don Tonino Bello, la parrocchia è la fontana della piazza, dove ci deve stare sempre l’acqua: quando incontriamo una fontana senza l’acqua restiamo delusi. La parrocchia è la fontana ove c’è sempre l’acqua fresca che sgorga: c’è chi la usa per rinfrescarsi, per dissetarsi, chi ci gioca un po’… chi la sciupa … chi la guarda e se ne va …

In una parrocchia ci deve stare sempre l’acqua viva. Dobbiamo anche accettare che non tutti verranno alla fontana ad attingere.

In questa esperienza di conversione, dunque, cambiamo anche il nostro modo di pensare, di essere Chiesa, di essere sempre giusti al servizio degli altri.

La santità, dunque, come l’annuncio, la conversione, come la testimonianza, è un problema di fede e di libertà: di fede perché se la fede è dare il cuore, se la fede è camminare dietro il Cristo crocifisso e risorto, allora essa è la santità, la crescita nello Spirito; di libertà perché è una questione di scelta. Mi piace ricordare, al proposito, un teologo del secolo scorso, Karl Rahner, il quale già negli anni ’70 parlava di una sorta di ateismo preoccupato.

Rahner diceva che i cristiani, perché si sentono in minoranza, si sentono emarginati, praticano un ateismo “preoccupato”, cioè la vergogna di testimoniare, di parlare di Gesù Cristo. Ma… noi … a dire il vero, nelle nostre parrocchie parliamo di Gesù, raccontiamo la nostra esperienza di Gesù quando preghiamo, partecipiamo all’eucaristia, insegniamo? Nelle nostre comunità religiose parliamo di Gesù tra di noi, raccontiamo l’esperienza spirituale?

Il nostro approccio alla fede è sempre ancora dottrinale, ci vergogniamo ancora di raccontare la nostra esperienza concreta di Gesù Cristo. Questa vergogna esiste tra i preti, tra i frati, tra i fedeli laici … Noi dobbiamo raccontare la nostra esperienza di Gesù Cristo nella nostra vita: quindi è una questione di fede e di libertà. Il Papa ci dice che viviamo in una società in cui i valori cristiani sono stati messi da parte e, quindi, ognuno pratica una verità, ognuno pratica un percorso di fede di liberazione. Quindi nessuno più si ente obbligato a confrontarsi con la proposta cristiana. Se tu oggi vuoi essere santo vuoi essere un profeta, vuoi essere luce, la prima cosa che devi fare ci devi credere, devi praticare quel percorso e devi andare contro corrente: ecco perché è una questione di libertà. Mi convinco nel tempo che il cammino di conversione che dobbiamo fare come Chiesa è proprio un cammino di libertà, andando contro i luoghi comuni, contro i pregiudizi, i giudizi superficiali, contro il plauso che cerchiamo dalla folla. L’insegnamento di Papa Benedetto XVI con le sue dimissioni dal soglio pontificio ci dicono molto su questo versante.

Spesso valutiamo le nostre parrocchie, il nostro successo pastorale dal fatto che le chiese sono piene o sono vuote: questo è un falso valore. La santità è questione di fede: nella vita bisogna fidarsi di qualcuno: se ci fidiamo di Dio e vogliamo essere dei discepoli, allora saremo anche dei credenti.

Dice Dio in Geremia, capitolo 1, 8: “Io sono con te”, cioè sono sempre dalla tua parte, sono sempre vicino a te, sono presente alla tua vita. Quindi se  ci fidiamo di Dio, allora la nostra vita cambierà di significato.

Due sono le malattie che colpiscono la vita spirituale nostra: la sclerocardia (indurimento del cuore) e l’indifferenza.

Innanzi ai segni dei tempi, ai segni della storia, un cristiano che non si lascia interpellare da certi cambiamenti epocali, da certi segni della società è un ammalato di porosis, di indifferenza, al punto da non essere neanche più un profeta.

Ecco due immagini che possono aiutarci  come cristiani, nel cammino della santità.

La prima immagine è la metafora del vetro: dobbiamo essere persone trasparenti.

Se sono trasparente come il vetro, rifletto la luce, splendo di questa luce, allora sarò significativo nel mondo di oggi, allora potrò educare alla vita bella del Vangelo. Ma se sono opaco non avrò niente da dire.

Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, parla del volto di Cristo nella Chiesa e la Chiesa come volto di Cristo. La Chiesa attraverso il peccato opacizza il volto di Cristo. Il falso moralismo non ci rende credibili, e questo è vero anche per chi esercita autorità.

L’altra immagine è quella del giardino. I Padri della Chiesa hanno riletto il fatto che Adamo è collocato nel Giardino dell’Eden con l’idea che quel Giardino è Cristo. Adamo, anche dopo il peccato non viene scacciato dal Giardino, ma viene ricollocato nel Giardino che è Cristo. Questo significa che dobbiamo veicolare attorno all’uomo una santità, un cammino spirituale, un cammino di annuncio. Un cammino di annuncio che non gira attorno all’uomo non è vero ed autentico. Quindi l’immagine del Giardino significa che noi dobbiamo prenderci cura dell’uomo. Al riguardo, nella Lettera agli Ebrei si parla del Figlio di Dio sacerdote eterno, Gesù Cristo, che si è preso cura della stirpe di Abramo.

Girare attorno all’uomo: la santità passa sempre per un discorso che è antropologico. Adamo non è cacciato dal giardino, ma è messo nella storia della salvezza. La Chiesa deve prendersi cura di Adamo, cioè orbitare attorno all’uomo, alle nuove esigenze antropologiche. Evangelizzare, formarsi, convertirsi, essere santi è imparare a girare intorno all’uomo, conoscere le nuove frontiere antropologiche dell’umanità.

La metafora del giardino e del vetro denunciano, forse, un problema di crisi di fede, alcuni mali del nostro agire da cristiani, l’individualismo, il trionfalismo, il fideismo. Non è possibile che in una comunità cristiana ci sia un vuoto di formazione spirituale e dottrinale.  Questo è un problema di fede, perché se non so cosa mi dà la mia religione, posso aderire facilmente ad un’altra religione. Se non conosco il proprium della mia fede… Quale prodotto mi offre il cristianesimo?, ci chiediamo quasi in termini commerciali. Quali risposte mi offre. Se non so cosa è la risurrezione della carne allora posso cadere in una sorta di relativismo, in qualsiasi momento della nostra vita.

Allora cosa dobbiamo fare?

Dobbiamo tentare di essere anti-segno: questo è il nostro impegno. I Greci cercavano la sapienza, gli Ebrei i segni della sapienza. Noi invece predichiamo Cristo crocifisso e risorto. Quindi non dobbiamo convincere nessuno. Dobbiamo essere anti-segno, ripartire da questa esperienza di marginalità. Ma voi credete veramente che Paolo ad Efeso aveva fondato delle Chiese? Le Chiese di Paolo era quattro case, tre famiglie … Ad Efeso, nell’esempio, chi ascoltava Paolo? Poche persone. Però Paolo annunciava Gesù Cristo, questa proposta di vita nuova, alla persone di buona volontà. Quindi non ci dobbiamo vergognare di Gesù Cristo, né sentirci inferiori a chicchessia, o cercare carrierismo o trionfalismo. Noi siamo essere umani, abbiamo bisogno a volte di certezze: se la chiesa è piena, se ad un incontro vi sono tante persone il parroco è contento … ma non è quello che ci deve dare sicurezza. Anche se ci sono solo tre persone di buona volontà nella nostra parrocchia, noi vogliamo essere anti-segno, andare contro-corrente. Questa è l’unica risposta che noi abbiamo. Ci vergogniamo di annunciare il Vangelo, di predicare la parola della fede, in ogni occasione, dice Paolo a Timoteo, opportuna e inopportuna (2 Tim 1,2). Quindi dobbiamo raccontarci la nostra esperienza vera di Gesù Cristo; dobbiamo fare scelte impopolari e poco seducenti per la società, allontanandoci dalla mentalità di questo secolo. Ad esempio, se una coppia non è preparata, consigliatele di non sposarsi in chiesa; se una coppia viene a ricevere il sacramento della Cresima solo perché si deve sposare, ma ditegli che si possono sposare anche senza il Sacramento della Cresima: essere anti-segno!

Interroghiamoci frequentemente su questa possibilità di essere anti-segno, impopolari, senza avere la pretesa di sedurre le persone.

L’esempio di Tommaso Maria Fusco

Tommaso Maria Fusco, settimo di otto figli, nacque a Pagani (SA), in diocesi di Nocera-Sarno, il 1° dicembre 1831, dal farmacista dott. Antonio, e dalla nobildonna Stella Giordano, genitori di integra condotta morale e religiosa che seppero formarlo alla pietà cristiana e alla carità verso i poveri.

Fu battezzato lo stesso giorno della nascita nella Parrocchia di San Felice e Corpo di Cristo.

Ben presto rimase orfano della madre, vittima dell’epidemia colerica nel 1837 e, pochi anni dopo, nel 1841, perdette anche il padre. D’allora si occupò della sua formazione don Giuseppe, lo zio paterno, il quale gli fu maestro negli studi primari.

Fin dal 1839, anno della canonizzazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, il piccolo Tommaso aveva sognato la chiesa e l’altare e finalmente nel 1847 entrò nel Seminario diocesano di Nocera, dal quale nel 1849 uscirà consacrato sacerdote il fratello Raffaele.

Il 1° aprile 1851 Tommaso Maria ricevette il Sacramento della Cresima e il 22 dicembre 1855, dopo la formazione seminaristica, fu ordinato sacerdote dal Vescovo Agnello Giuseppe D’Auria.

In questi anni di esperienze dolorose, per la perdita di persone care alle quali si aggiungeva quella dello zio (1847) e del giovane fratello Raffaele (1852), si sviluppa in Tommaso Maria una devozione già cara a tutta la famiglia Fusco: quella al Cristo paziente e alla sua SS. Madre Addolorata, come viene ricordato dai biografi: «Era devotissimo del Crocifisso e tale rimase sempre».

Fin dall’inizio del ministero curò la formazione dei fanciulli, per i quali in casa sua, aprì una Scuola mattinale, e ripristinò la Cappella serotina, per i giovani e gli adulti presso la chiesa parrocchiale di San Felice e Corpo di Cristo con lo scopo di promuovere la loro formazione umana e cristiana. Essa fu un autentico luogo di conversioni e di preghiera, come lo era stata nell’esperienza di Sant’Alfonso, venerato e onorato a Pagani per il suo apostolato.

Nel 1857 fu ammesso alla Congregazione dei Missionari Nocerini, sotto il titolo di San Vincenzo de’ Paoli, con la immissione in una itineranza missionaria estesa specialmente alle regioni dell’Italia meridionale.

Nel 1860 fu nominato cappellano del Santuario della Madonna del Carmine, detta delle Galline, in Pagani, dove incrementò le associazioni cattoliche maschili e femminili, e vi eresse l’altare del Crocifisso e la Pia Unione per il culto al Preziosissimo Sangue di Gesù.

Per l’abilitazione al ministero del confessionale, nel 1862 aprì nella sua casa una Scuola di Teologia morale per i Sacerdoti, infiammandoli all’amore del Sangue di Cristo: nello stesso anno istituì la «Compagnia (sacerdotale) dell’Apostolato Cattolico» per le missioni popolari; nel 1874 ebbe l’approvazione dal Papa Pio IX, oggi beato. Profondamente colpito dalla disgrazia di un’orfana, vittima della strada, il 6 gennaio giorno dell’Epifania del 1873, dopo attenta preparazione nella preghiera di discernimento, don Tommaso Maria fondò la Congregazione delle «Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue». L’Opera ebbe inizio nella Chiesa della Madonna del Carmine, alla presenza del Vescovo Raffaele Ammirante il quale, con la consegna dell’abito alle prime tre Suore, benedisse il primo Orfanotrofio per sette orfanelle povere del paese. Sulla nascente famiglia religiosa e sull’Orfanotrofio, dietro sua richiesta, non tardò a scendere anche la benedizione del Papa.

Don Tommaso Maria continuò a dedicarsi al ministero sacerdotale con predicazione di esercizi spirituali e di missioni popolari; e su questa itineranza apostolica nacquero le numerose fondazioni di case e orfanotrofi che segnarono la sua eroica carità, ancora più intensa specialmente nell’ultimo ventennio della sua vita (1870-1891).

Agli impegni di Fondatore e Missionario Apostolico associò anche quelli di Parroco (1874-1887) presso la Chiesa Matrice di San Felice e Corpo di Cristo, in Pagani, di confessore straordinario delle monache di clausura in Pagani e Nocera, e, negli ultimi anni di vita, di padre spirituale della Congrega laicale nel Santuario della Madonna del Carmine. Ben presto don Tommaso Maria, divenuto oggetto d’invidia per il bene operato col suo ministero e per la vita di sacerdote esemplare, affronterà umiliazioni, persecuzioni fino all’infamante calunnia nel 1880, da un confratello nel sacerdozio. Ma egli sostenuto dal Signore, portò con amore quella croce che il suo Vescovo Ammirante, al momento della fondazione, gli aveva preconizzato: «Hai scelto il titolo del Preziosissimo Sangue? Ebbene, preparati a bere il calice amaro». Nei momenti della durissima prova sostenuta in silenzio, ripeteva: «L’operare e il patire per Dio sia sempre la vostra gloria e delle opere e patimenti che sostenete sia Dio la vostra consolazione in terra e la vostra mercede in cielo. La pazienza è come la salvaguardia e il sostegno di tutte le virtù».

Consumato da una patologia epatica, don Tommaso Maria chiuse piamente la sua esistenza terrena il 24 febbraio 1891.

Mondragone. Ritiro spirituale alla Stella Maris con fedeli di Pagani (Sa)

pagani-marzo2013.jpg Domani, domenica 3 marzo 2013, circa 50 pellegrini dalle ore 9,30 alle 17,30 saranno ospiti presso la casa di spiritualità delle Suore di Gesù Redentore in Mondragone (Ce), per riflettere sul tema della fede nella vita del Beato Tommaso Maria Fusco. I gruppo di preghiera composta da bambini, giovani, adulti ed anziani proviene da Pagani (Sa), ove ogni giorno si riuniscono in orazione nel Cenacolo di preghiera, sorto presso la casa del Beato Tommaso Maria Fusco e gestito dalle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue. A guidare la giornata di preghiera e riflessione sarà padre Antonio Rungi,  religioso passionista, che segue il gruppo da alcuni anni e ne ha curato la formazione spirituale con ritiri in loco, nella stessa struttura del cenacolo di preghiera. Ogni anno il gruppo si riunisce, in occasione della preparazione alla Pasqua in altri luoghi per un ritiro spirituale più intensivo. Ed è il caso di quello che si svolgerà domani, presso la Stella Maris di Mondragone. Alle 9,30 l’accoglienza; alle 10.00 la celebrazione delle Lodi del Mattino della III Domenica di Quaresima; alle 10,30 la meditazione sul tema della fede e conversione dettata da Padre Rungi. Alle 11,30 l’adorazione eucaristica con le confessioni. Alle 12,30 la celebrazione della santa messa domenicale con omelia. Alle 13,15 il pranzo a sacco; alle 15,00 la Via Crucis per gli spazi interni dell’Istituto. Alle 16.00 la tavola rotonda sulla vita di fede del Beato Tommaso Maria Fusco e alle 17.00 il rientro del gruppo a Pagani.

La figura del Beato Tommaso Maria Fusco è ben conosciuta a Mondragone, ove da 50 anni operano nel campo della formazione della scuola primaria le Suore Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue e una strada è intitolata proprio al grande sacerdote paganese che dedicò la sua vita a servizio degli ultimi e dell’evangelizzazione. Infatti, in un momento storico difficile dell’Italia e del Meridione in particolare, quando le idee di libertà dalla dominazione straniera avevano fatto breccia anche negli Italiani, insorgendo con rivoluzioni e disordini, il 1° dicembre del 1831 nacque a Pagani, Tommaso Fusco. Fu ordinato Sacerdote il 22 dicembre 1855 e, fin dai primi giorni del suo sacerdozio si dedicò alla formazione dei piccoli e alla carità operosa. Parroco, direttore spirituale, predicatore, fondatore delle Suore della carità del Preziosissimo Sangue, don Tommaso Maria Fusco di dedicò soprattutto alla formazione umana, spirituale e teologica dei giovani e di quanti erano incamminati al sacerdozio. Dopo una breve vita spesa tutta per servire la causa nel Vangelo, moriva il 24 febbraio 1891, all’età di 60 anni. Fu beatificato da Giovanni Paolo il 7 ottobre 2001. Oggi le Suore delle Carità del Preziosissimo sangue continuano la sua opera in varie parti d’Italia e del mondo, compreso Mondragone, dove hanno una loro casa in Via Tommaso Maria Fusco, scuola dell’infanzia.

MONDRAGONE. RITIRO SPIRITUALE QUARESIMALE

 RITIROFEBBRAIO2013.jpg“Non voglio che la carità La carità che nasce dalla fede”, è una delle espressioni che ha scritto la Serva di Dio Victorine le Dieu, fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, che a Mondragone hanno una loro storica presenza alla Colonia permanente della Stella Maris. Domani 21 febbraio 2013 si svolgerà in questa struttura di accoglienza e di spiritualità il quinto incontro di spiritualità nell’anno della fede e in preparazione alla Pasqua 2013. Si tratta del primo ritiro di questa Quaresima 2013 che assume uno speciale significato sia per la ricorrenza dei 150 anni della nascita delle Suore di Gesù Redentore e sia per la rinuncia del Papa, Benedetto XVI, al ministero petrino. Il tema che padre Antonio Rungi, missionario passionista e teologo morale presenterà nella giornata di ritiro sarà: “La  fragilità della nostra fede. L’esperienza della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu”. Il ritiro spirituale aperto a tutti (sacerdoti, religiosi e laici) è così programmato: Ore 9.00: Accoglienza; Ore 9,25: celebrazione delle lodi (in cappella); Ore 10,00: Prima meditazione dettata da padre Rungi, sulla fragilità della nostra fede (in sala Le Dieu); Ore 11,00: Pausa (in silenzio); Ore 11,15: Adorazione eucaristica e confessioni (in cappella); Ore 12,00: celebrazione eucaristica, presieduta da padre Rungi  (in cappella); Ore 13,00: Pranzo; Ore 14,00: Deserto (passeggio solitario nel giardino); Ore 15.00: Via crucis (in giardino se il tempo e’ buono), su testi di Papa Ratzinger; Ore 16,00: Seconda meditazione dettata da padre Rungi sull’esperienza di fede vissuta dalla Serva di Dio (in sala Le Dieu); Ore 17.00: celebrazione dei Vepri (in sala Le Dieu), Ore 17,30: saluti.

 

A seguire il corso di formazione spirituale sono diversi laici di Mondragone e dintorni che da tre anni vengono accompagnati nel loro itinerario di fede da padre Antonio Rungi, passionista. Si tratta di persone giovani e meno giovani che fanno parte di un cammino spirituale avviato dal otto anni dalle Suore della Stella Maris, mediante i cenacoli di preghiera, la via crucis, il rosario settimanale, le varie celebrazioni in occasione di ricorrenze particolari per l’istituto e d’estate anche il rosario in spiaggia. Guidate dal loro assistente spirituale, padre Antonio Rungi, le Suore della Stella Maris rappresentano uno degli istituti più dinamici da un punto di vista spirituale e di iniziative varie in tutta la Diocesi di Sessa Aurunca. Le sei religiose che compongono attualmente la comunità della Stella Maris, guidate dalla responsabile, Suor Maria Paola Leone, sono molto impegnate nel campo spirituale, apostolico e pastorale. In occasione poi dei 150 anni della nascita del loro istituto, le Suore della Stella Maris stanno portando avanti un progetto pastorale di ampio respiro, compreso quello di un Recital sulla vita della loro fondatrice, Madre Victorine Le Dieu che verrà rappresentato a Maggio 2013. Comune pure le Suore stanno predisponendo un seminario di studi sulla figura della fondatrice, che si svolgerà alla Stella Maris nel mese di maggio.

 

 

 

 

 

La conferenza tenuta a Roma dalle Suore di Gesù redentore-Domenica 17 febbraio 2013

SUORE DI GESU’ REDENTORE – ROMA

INCONTRO SPIRITUALE MENSILE

DOMENICA 17 FEBBRAIO 2013 – ORE 15,30

 

“Anno della fede e conversione  personale permanente”.

La vita di conversione della serva di Dio, Victorine Le Dieu.

 

1.DAL VANGELO DI MARCO 1,15-26

In quel tempo, dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito

impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

 

2.CONVERTIRSI E CREDERE AL VANGELO

«Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Comincia così, nel Vangelo di Marco, l’annuncio di Gesù al mondo, il suo messaggio di salvezza. Con la venuta di Gesù spunta un’era nuova, l’era della grazia e della salvezza. E le sue prime parole sono un invito ad abbracciare la grande novità, la realtà stessa del Regno di Dio che egli pone alla portata di tutti, vicino a ogni uomo. Ed indica subito la strada: convertirsi e credere al Vangelo, e cioè cambiare radicalmente vita e accettare, in Gesù, la parola che Dio attraverso lui rivolge all’umanità di tutti i tempi. Sono due cose che vanno di pari passo: la conversione e la fede e non c’è l’una senza l’altra, ma l’una e l’altra scaturiscono al contatto con la parola viva, alla presenza di Gesù che anche oggi ripete alle folle: Convertitevi e credete al Vangelo.

Quello che opera la Parola di Dio accolta e vissuta è un completo mutamento di mentalità (= conversione). Trasfonde nei cuori di tutti: europei, asiatici, australiani, americani, africani i sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, al singolo e alla società.

Ma come può il Vangelo operare il miracolo di una profonda conversione, di una fede nuova e luminosa? Il segreto sta nel mistero che le parole di Gesù racchiudono. Esse non sono semplicemente esortazioni, suggerimenti, indicazioni, direttive, ordini, comandi. Nella parola di Gesù è presente Gesù stesso che parla, che ci parla. Le sue Parole sono egli stesso, Gesù stesso. E così noi, nella Parola lo incontriamo. E accogliendo la Parola nel nostro cuore, come egli vuole che sia accolta (e cioè essendo pronti a tradurla in vita) siamo uno con lui ed egli nasce o cresce in noi. Ecco perché ognuno di noi può e deve accogliere l’invito così pressante ed esigente di Gesù.

Qualcuno potrà considerare le parole del Vangelo troppo alte e difficili, troppo distanti dal modo di vivere e di pensare comune, e sarà tentato di chiudersi all’ascolto, di scoraggiarsi. Ma tutto questo accade se pensa di dover spostare da solo la montagna della sua incredulità. Mentre basterebbe si sforzasse di vivere anche solo una Parola del Vangelo per trovare in essa un aiuto inatteso, una forza unica, una lampada per i suoi passi . Perché quella Parola, essendo una presenza di Dio, il comunicarsi con essa rende liberi, purifica, converte, porta conforto, gioia, dona sapienza.

Quante volte nella nostra giornata questa Parola può esserci di luce! Ogni volta che ci scontriamo con la nostra debolezza o con quella degli altri, ogni volta che seguire Gesù ci sembra impossibile o assurdo, ogni volta che le difficoltà tentano di abbatterci, questa Parola può essere per noi un colpo d’ala, una boccata d’aria fresca, uno stimolo a ricominciare.

Basterà una piccola, rapida “conversione” di rotta per uscire dal chiuso del nostro io ed aprirci a Dio, per sperimentare un’altra vita, quella vera.

Se poi potremo condividere questa esperienza con qualche persona amica, che ha fatto anch’essa del Vangelo il proprio codice di vita, vedremo sbocciare o rifiorire intorno a noi la comunità cristiana.

Perché la Parola di Dio vissuta e comunicata fa anche questo miracolo: dà origine a una comunità visibile, che diviene lievito e sale della società, testimoniando Cristo in ogni angolo della terra.

 

3.DAL MOTU PROPRIO “PORTA FIDEI” DI PAPA BENEDETTO XVI

Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato. Proprio il Concilio, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, affermava: “Mentre Cristo, «santo, innocente, senza macchia» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr 2Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr 1Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce”.

L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17). (PF, 6).

 

4. DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

V. Le molteplici forme della penitenza nella vita cristiana

 

1434 La penitenza interiore del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l’elemosina, che esprimono la conversione in rapporto a se stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri. Accanto alla purificazione radicale operata dal Battesimo o dal martirio, essi indicano, come mezzo per ottenere il perdono dei peccati, gli sforzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo, l’intercessione dei santi e la pratica della carità che «copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8).

 

1435 La conversione si realizza nella vita quotidiana attraverso gesti di riconciliazione, attraverso la sollecitudine per i poveri, l’esercizio e la difesa della giustizia e del diritto, attraverso la confessione delle colpe ai fratelli, la correzione fraterna, la revisione di vita, l’esame di coscienza, la direzione spirituale, l’accettazione delle sofferenze, la perseveranza nella persecuzione a causa della giustizia. Prendere la propria croce, ogni giorno, e seguire Gesù è la via più sicura della penitenza.

 

1436  Eucaristia e Penitenza. La conversione e la penitenza quotidiane trovano la loro sorgente e il loro alimento nell’Eucaristia, poiché in essa è reso presente il sacrificio di Cristo che ci ha riconciliati con Dio; per suo mezzo vengono nutriti e fortificati coloro che vivono della vita di Cristo; essa «è come l’antidoto con cui essere liberati dalle colpe di ogni giorno e preservati dai peccati mortali».

 

1437 La lettura della Sacra Scrittura, la preghiera della liturgia delle Ore e del «Padre nostro», ogni atto sincero di culto o di pietà ravviva in noi lo spirito di conversione e di penitenza e contribuisce al perdono dei nostri peccati.

 

1438 I tempi e i giorni di penitenza nel corso dell’anno liturgico (il tempo della Quaresima, ogni venerdì in memoria della morte del Signore) sono momenti forti della pratica penitenziale della Chiesa. Questi tempi sono particolarmente adatti per gli esercizi spirituali, le liturgie penitenziali, i pellegrinaggi in segno di penitenza, le privazioni volontarie come il digiuno e l’elemosina, la condivisione fraterna (opere caritative e missionarie).

 

1439 Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato meravigliosamente descritto da Gesù nella parabola detta «del figlio prodigo» il cui centro è «il padre misericordioso»: il fascino di una libertà illusoria, l’abbandono della casa paterna; la miseria estrema nella quale il figlio viene a trovarsi dopo aver dilapidato la sua fortuna; l’umiliazione profonda di vedersi costretto a pascolare i porci, e, peggio ancora, quella di desiderare di nutrirsi delle carrube che mangiavano i maiali; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevole davanti a suo padre; il cammino del ritorno; l’accoglienza generosa da parte del padre; la gioia del padre: ecco alcuni tratti propri del processo di conversione. L’abito bello, l’anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa, piena di gioia che è la vita dell’uomo che ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa. Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell’amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l’abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza.

 

5.L’ITINERARIO SPIRITUALE DELLA SERVA DI DIO  VICTORINE LE DIEU.

“Il nostro tempo – scriveva la Serva di Dio – ha più che mai bisogno di redenzione e di riconciliazione”.  Il nostro tempo, riconosciamo con grande senso di responsabilità e di umiltà, diciamo noi,  ha più che mai urgente bisogno di riconciliarsi con tante cose (con Dio, con noi stessi e la nostra coscienza, con gli altri, con il mondo, ecc..), di pentirsi sinceramente del male che si fa e di ricominciare una vita nuova nella fede, speranza, carità profondamente convinti che il cammino è lungo e faticoso per raggiungere apprezzabili risultati in questo campo.

Di esempio ci è senz’altro la Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu il cui carisma è l’adorazione, la riconciliazione e la riparazione.

Per Victorine tutto inizia da una profonda vita interiore. Attraverso i suoi scritti scopriamo come la Parola di Dio è per lei cibo quotidiano. “È certo che la Parola di Dio nutre e consola. Molte volte ho ringraziato Dio per avermela fatta amare”.

L’Eucaristia è al centro della sua vita: passa lunghe ore in adorazione e approfondendo la vita eucaristica potrà anche lei diventare eucaristia per i fratelli, pane offerto e spezzato per rispondere alla fame dell’umanità: fame di Dio, fame di libertà… ma soprattutto si sentirà fortemente interpellata dalla fame di amore e di dignità da parte di tanti fratelli emarginati, disgregati, per niente calcolati dalla società.

Quest’unione profonda col Signore la conduce necessariamente verso un’esperienza di purificazione attraverso il sacramento della riconciliazione che riceve con frequenza e verso un’ascesi che le fa vivere con gioia penitenze, mortificazioni, sofferenze di ogni genere… La sua obbedienza al Padre è totale… il suo abbandono completo! Segue senza mai fermarsi la volontà di Dio espressa tramite la voce della Chiesa e gli avvenimenti della storia. La sua castità non la racchiude in se stessa, anzi la porta ad una grande liberazione dalle cose e dalle persone per poter abbracciare il mondo intero e le sue necessità. Ben nota è la sua povertà! Quante volte si ritrova senza niente, ma si affida fiduciosa alla Provvidenza in un completo atto di abbandono!

In tutti questi avvenimenti conserva la pace, una pace immensa che può provenire solo da Dio. “Sono come Giobbe” scrive. E ancora: “Ecco, sono arrivata sul calvario, spogliata di tutto, mi resta solo di stendermi sulla croce”.

Tuttavia per lei non c’è niente di drammatico, vive tutto con gioia e al momento più duro esclama: “Che gioia essere abbandonata in Dio per sempre! Con la pace, fonte della gioia del cuore, la vita non è mai turbata”. “Cantiamo le tue lodi, Signore, in mezzo a tante privazioni e desideri impotenti perché Tu vedi tutto!”.

Il suo amore per la Madonna è grande; non si tratta di una semplice devozione che si esaurisce in formule, ma di un ripetere ciò che Maria stessa ha fatto. E’, possiamo dire, una devozione biblica incarnata. Ella medita l’atteggiamento di Maria, fa suo il Fiat dell’annunciazione che scandisce tutta la sua esistenza.

La sua esperienza carismatica la porta ad un profondo ascolto dei segni dei tempi…

La voce interiore si fa sempre più pressante: è la chiamata a riparare, riconciliare, aiutare l’uomo diviso in se stesso, con Dio, con la società a ritrovare l’unità, collaborare all’opera di Cristo Redentore venuto nel mondo per riportare il creato alla sua vocazione d’origine nell’unità della Trinità.

Vuole coinvolgere uno stuolo di persone di ogni condizione che, ponendo Cristo al centro della loro vita, collaborino alla missione di redenzione e di riconciliazione.

Desidera che nell’universo intero il memoriale della morte e resurrezione del Signore sia costantemente commemorato. Aspira a fare in modo che il mondo intero diventi eucaristia!

In un primo tempo si sente spinta a fondare una famiglia religiosa totalmente dedita all’adorazione riparatrice ed al culto liturgico, ma, alla richiesta del Papa di dedicarsi alle opere di misericordia nel mondo, ella incarna la sua missione nel duplice aspetto di: • contemplazione attraverso l’adorazione e il culto liturgico; • dedizione verso tutti coloro che, secondo i tempi e i luoghi, hanno bisogno di essere riconciliati in loro stessi, con Dio, con i fratelli.

In lei si compie un doppio movimento: • tutto riceve dall’Eucaristia e tutto dà in gesti concreti d’amore; • poi di nuovo nell’Eucaristia offre, insieme a Cristo, l’umanità intera perché, nella forza dello Spirito, sia restaurata nell’unità della Trinità.

Sempre fedele al progetto di Dio, ella esplicita chiaramente le opere che ritiene prioritarie e l’ideale che dovranno vivere coloro che la seguiranno: infanzia abbandonata, case di preghiera, case di accoglienza…

Le scelte apostoliche di Victorine erano a quel tempo vere sfide profetiche e con coerenza di vita lotta fino alla fine per poter realizzare il suo ideale. Vuole viverlo in verità e chiede di fare lo stesso a tutti quelli che, sulle sue orme, sceglieranno di cooperare nel mondo all’opera di Cristo Redentore. È aperta ad ogni situazione di sofferenza che deturpa il volto di Cristo presente nei fratelli.

Il suo messaggio continua dunque ad essere molto attuale e ci interpella con forza a vivere, sul suo esempio, questa triplice fedeltà: • alla Parola • alla Chiesa • al mondo.

Partendo dalla sua esperienza carismatica potremo intra-prendere nuove strade verso la civiltà dell’amore perché, come ci ricorda Victorine: “Solo quando avremo il cuore saldamente ancorato in Dio potremo chinarci sull’abisso del male per aiutare gli altri ad uscirne”.

 

5. CONCLUSIONE

Dobbiamo avere e coltivare quotidianamente e costantemente una nostalgia della riconciliazione e della conversione, come afferma il Beato Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica “Riconciliazione e Penitenza”, al n. 3: “Eppure, lo stesso sguardo indagatore, se è sufficientemente acuto, coglie nel vivo della divisione un inconfondibile desiderio da parte degli uomini di buona volontà e dei veri cristiani di ricomporre le fratture, di rimarginare le lacerazioni, di instaurare, a tutti i livelli, un’essenziale unità. Tale desiderio comporta in molti una vera nostalgia di riconciliazione, pur se questa parola non è usata.  Per taluni si tratta quasi di un’utopia, che potrebbe diventare la leva ideale per un vero mutamento della società; per altri, invece, è oggetto di un’ardua conquista e, quindi, un traguardo da raggiungere con un serio impegno di riflessione e di azione. In ogni caso, l’aspirazione a una riconciliazione sincera e consistente è, senza ombra di dubbio, un motivo fondamentale della nostra società, quasi riflesso di un’incoercibile volontà di pace; lo è – anche se ciò è paradossale – tanto vigorosamente, quanto pericolosi sono gli stessi fattori di divisione.  Tuttavia, la riconciliazione non può essere meno profonda di quanto non sia la divisione. La nostalgia della riconciliazione e la riconciliazione stessa saranno piene ed efficaci nella misura in cui giungeranno – per guarirla – a quella lacerazione primigenia, che è radice di tutte le altre ed è il peccato”.

Da parte sua Il cardinale Carlo Maria Martini, recentemente scomparso, scrive: “Questa esperienza di pace e riconciliazione interiore la facciamo soprattutto quando diamo a Dio tempi gratuiti di preghiera, di silenzio, di ascolto della Parola; quando siamo fedeli alla preghiera quotidiana, senza fretta, con calma, con amore; quando dedichiamo a Dio con gioia il tempo della Messa domenicale (e arriviamo a viverla avendola preparata durante la settimana); quando lasciamo che dalle nostre labbra scaturisca la lode al Padre, il ringraziamento per le cose belle e buone che ci dà, per le persone che incontriamo e anche per gli eventi sofferti di cui non capiamo subito il senso”.

CARINOLA. IL TESTO DELLA RIFLESSIONE DEL RITIRO MENSILE ALLE SUORE DELLA DIOCESI DI SESSA AURUNCA

RITIRO SPIRITUALE MENSILE

ALLE SUORE DELLA DIOCESI DI SESSA AURUINCA

CARINOLA -DOMENICA 27 GENNAIO 2013- ORE 9,30

LA VITA CONSACRATA NEI DOCUMENTI DEL VATICANO II

NELL’ANNO DELLA FEDE, LA RISCOPERTA DELLA VOCAZIONE

ALLA VITA RELIGIOSA

 

Quanto sono amabili le tue dimore,

Signore degli eserciti!

Beato chi abita la tua casa:

sempre canta le tue lodi!

Beato chi trova in te la sua forza

e decide nel suo cuore il santo viaggio.

Passando per la valle del pianto

la cambia in una sorgente,

anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni.

Cresce lungo il cammino il suo vigore,

finché compare davanti a Dio in Sion. (Salmo 83)

 

Ogni cambio epocale impone a persone e istituzioni di decidere l’avventura di un nuovo viaggio  verso il futuro. E’ capitato così in passato e capita anche oggi: il nostro tempo sfida la Chiesa e la vita consacrata a trovare in Dio la forza per decidere il santo viaggio. Questa sfida a noi religiosi ci viene anche da questo anno della fede, indetto da Papa Benedetto XVI, per risvegliare tutti i cattolici nella vita cristiana e per noi religiosi nella vita di totale consacrazione a Dio. A che punto sta questo cammino di risveglio dopo tre mesi dall’inizio dell’anno della fede. Risvegliare la proprio vocazione, qualora si fosse assopita o addormentata è dovere di ogni consacrato. E per risvegliare la vocazione è necessario ripartire dalla fede. Quanto più aumenta la fede, più aumenta in noi l’amore alla vocazione che il Signore ci ha donato. Si tratta di prendere oggettivamente coscienza che la vita consacrata a partire dal Concilio Vaticano II, dal quale ci separa mezzo secolo di storia, è in continua evoluzione e cambiamento.

Cambia il mondo, la società, cambia la chiesa, cambia la vita consacrata e cambia ogni singolo istituto religioso. Non possiamo restare fermi. Da qui il continuo aggiornamento e rinnovamento, in ascolto dei segni dei tempi.

 

DAL CONICILIO VATICANO IN POI

La sfida è venuta innanzitutto dal Concilio Vaticano II, che ha offerto il fondamento, l’orizzonte, le prospettive e le indicazioni di percorso per cogliere e interpretare i “segni dei tempi” e ha generato iniziative coraggiose e inedite di ripensamento e di progettazione dentro la Chiesa e di conseguenza anche dentro la vita consacrata.

 

Per quanto riguarda quest’ultima, il cammino percorso negli anni postconciliari ha portato alla revisione delle Costituzioni, alla nascita di nuove forme di vita consacrata, al ripensamento dell’impegno formativo, al confronto con la società e la cultura, ecc…, nell’alternarsi di momenti di crisi e di vitalità. Recentemente, sotto le stimolazioni del Sinodo sulla Vita Consacrata, il cammino avviato dal Concilio ha avuto un nuovo impulso non esente da problemi e difficoltà.

 

Domandiamoci: che cosa sta avvenendo nella vita consacrata femminile? Quali modelli di vita consacrata vengono proposti alle nuove generazioni di donne?

 

La domanda è impegnativa e vasta. Ma è giusto dare delle piste di riflessione e di indicazione al riguardo

 

Primo elemento da considerare

Le diverse forme di vita consacrata non sono mai sganciate dalla cultura nella quale nascono e crescono e il nostro tempo, complesso e in continuo cambiamento, non fa eccezione. La vita consacrata femminile porta dunque in sé il gaudio e il peso di una socio-cultura in fermento e dei problemi a essa connessi, compresi quelli relativi alla questione femminile.

 

Secondo elemento da considerare

Convivono oggi in Italia numerosi e più che centenari Istituti religiosi che stanno affrontando lo sforzo del ridimensionamento, piccoli Istituti di antica fondazione che si stanno lentamente spegnendo, nuove forme di vita consacrata che si stanno espandendo e vanno moltiplicandosi. L’Esortazione apostolica Vita consecrata ne presenta una tipologia significativa e rinvia alla molteplicità delle esperienze che essa racchiude. Nel n. 12, leggiamo testualmente: “La perenne giovinezza della Chiesa continua a manifestarsi anche oggi: negli ultimi decenni, dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, sono apparse nuove o rinnovate forme di vita consacrata. In molti casi si tratta di Istituti simili a quelli già esistenti, ma nati da nuovi impulsi spirituali ed apostolici. La loro vitalità deve essere vagliata dall’autorità della Chiesa, alla quale compete l’opportuno esame sia per saggiare l’autenticità della finalità ispiratrice sia per evitare l’eccessiva moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente rischio di una nociva frammentazione in gruppi troppo piccoli. In altri casi si tratta di esperienze originali, che sono alla ricerca di una propria identità nella Chiesa e attendono di essere ufficialmente riconosciute dalla Sede Apostolica, alla quale sola compete l’ultimo giudizio. Queste nuove forme di vita consacrata, che s’aggiungono alle antiche, testimoniano della costante attrattiva che la donazione totale al Signore, l’ideale della comunità apostolica, i carismi di fondazione continuano ad esercitare anche sulla presente generazione e sono pure segno della complementarietà dei doni dello Spirito Santo.  Lo Spirito, tuttavia, nella novità non si contraddice. Ne è prova il fatto che le nuove forme di vita consacrata non hanno soppiantato le precedenti. In così multiforme varietà s’è potuta conservare l’unità di fondo grazie alla medesima chiamata a seguire, nella ricerca della perfetta carità, Gesù vergine, povero e obbediente. Tale chiamata, come si trova in tutte le forme già esistenti, così è richiesta in quelle che si propongono come nuove” (VC, 12).

 

Il  “filo rosso” che lega queste esperienze e che trova le sue radici nella “memoria”, è la questione femminile a livello mondiale. Si tratta dello stretto legame esistente tra la vita consacrata femminile e la questione femminile, un legame di cui le consacrate vanno sempre più prendendo coscienza, tanto che si potrebbe affermare che proprio questa “presa di coscienza” è uno dei più importanti segni del  cambio epocale che stiamo vivendo.

Non solo, ma si può anche ipotizzare che questo legame diventerà sempre più stretto e significativo e contribuirà a modellare la vita consacrata femminile del terzo millennio. La religiosa di oggi, non è la stessa di ieri sotto vari aspetti. E’ un bene, è un male? Non lo sappiamo. La realtà è questa, i segni dei tempi sono questi e vanno letti ed interpretati alla luce del Vangelo e del Magistero della Chiesa.

 

1. Dirsi e pensarsi al femminile

 

Leggendo i rapporti o gli Atti dei Capitoli Generali, e altri opuscoli che circolano sulla vita consacrata femminile, emerge con chiarezza che le consacrate rileggono la propria identità e il proprio impegno missionario e apostolico con occhi e cuore di donna.

 

Nella semplicità dell’espressione e del linguaggio di questa rilettura si ritrovano le indicazioni del Magistero, soprattutto quelle di Giovanni Paolo II, assunte nell’ottica del carisma proprio dell’Istituto di appartenenza.

La Mulieris dignitatem, la Lettera alle donne, la Vita consecrata sono conosciute, apprezzate, fatte oggetto di riflessione, di discernimento, di progettazione e costituiscono il parametro per coniugare “femminilità” e “consacrazione femminile”, una coniugazione che per ogni consacrata passa attraverso la fedeltà creativa al carisma del proprio Istituto.

 

Quali allora le conseguenze e le implicanze di questa presa di coscienza?

 

Le consacrate riscoprono se stesse come donne, “osano dirsi e pensarsi al femminile” e contribuiscono così a dare un volto peculiare alla propria consacrazione e ad arricchire la riflessione e l’esperienza sulla dignità della donna in risposta all’invito del Sinodo sulla vita consacrata: “C’è motivo di sperare che da un più profondo riconoscimento della missione della donna, la vita consacrata femminile tragga una sempre maggior consapevolezza del proprio ruolo e un’accresciuta dedizione alla causa del regno di Dio” (VC 58).

 

Tra donne laiche e consacrate si instaura un filo diretto di reciproca comprensione, di sostegno, di iniziative, che in alcune occasioni viene sottolineato in modo evidente nei vari ambienti. Oggi le suore sono sempre più immerse nel campo della pastorale parrocchiale a stretto gomito con i fedeli laici che collaborano in parrocchia, sia femminili che maschili. Una volta era uno scandalo vedere una suora inserita nel coro di una parrocchia, ecc. Oggi queste realtà miste, religiose laici, sono ricorrenti. Anzi gli istituti religiosi femminili fanno sempre più ricorso ai collaboratori laici. Niente di scandaloso, anzi tutto da valorizzare con la sapienza e la prudenza.

 

Negli istituti di vita consacrata sono in atto:

• l’approfondimento dell’identità femminile per una ricomprensione dell’umanità che canta e parla “a due voci” (maschile e femminile);

 

• l’approfondimento delle implicanze della reciprocità in tutti i suoi aspetti (reciprocità tra uomo e donna; tra donne, tra generazioni, tra razze e culture);

 

• l’impegno per una formazione culturale delle consacrate, soprattutto delle giovani, per poter partecipare attivamente all’elaborazione della cultura;

 

• il recupero della  contemplazione amorosa del Signore che è condizione imprescindibile per il servizio all’umanità.

 

I laici chiedono alle religiose:

 

di lavorare insieme per costruire nei fatti un’autentica cultura della vita;

 

l’impegno di rivalutare l’attività di cura e di educazione perché siano riconosciute e valorizzate nella società, a fare della maternità la misura della società, ad assumere il potere come servizio sull’esempio delle grandi donne che hanno fatto “bella” la vita consacrata senza lasciarsi innamorare del potere.

 

Ogni consacrata potrebbe documentare che in tante altre occasioni – nelle scuole, nelle parrocchie, negli ospedali, nelle famiglie, nei circoli culturali, nelle conversazioni informali – si rinnova la fecondità di questo incontro-confronto, non come esperienza episodica, ma come momento di amicizia e collaborazione.

Il ponte è gettato ed è percorribile nelle due direzioni. Lo percorre abitualmente anche Gesù.

Non si tratta di assumere nuovi ruoli nella Chiesa, magari sostituendo il parroco in tutto, quanto  piuttosto di dare spessore al valore testimoniante della vita consacrata femminile: l’amore per Cristo con cuore indiviso e la testimonianza della sua misericordia e tenerezza per tutti, con una predilezione per i più poveri e deboli.

Cito una delle sante più incisive del nostro tempo, la Beata Madre Teresa di Calcutta. Ella scrive: “La nostra vita come religiose, e soprattutto come donne, deve essere quella di aver sete con Gesù e di assumere su noi stesse la sete della nostra gente e di tutti quelli affidati alle nostre cure del cui amore Gesù stesso continua ad aver sete […]. Per essere in grado di divenire vere donne consacrate dobbiamo innamorarci sempre più di Gesù […]. Dobbiamo mettere l’amore al primo posto nella nostra vita”.

 

Questo amore vuol farsi testimonianza luminosa attraverso l’educazione, la carità, il servizio ai più poveri, l’animazione parrocchiale, il mondo della cultura. Sottolineo quest’ultima frontiera sempre più aperta, sempre più carica di significato e di fecondità, che vede le consacrate impegnate in uno sforzo di preparazione umana e spirituale, che mentre le costruisce come persone le abilita a operare con competenza e saggezza (quante consacrate insegnano oggi a livello universitario, fanno direzione spirituale, predicano esercizi spirituali, lavorano per le Conferenze episcopali, nei Consigli pastorali e in altri luoghi di grande responsabilità, sono su Internet, predicano, scrivono, sono una miniera e una ricchezza di spiritualità!).

 

Ci serva da monito a noi religiosi e a voi religiose in particolate, questa espressione: “Si può diventare estranei alla vita di Dio non solo per la durezza del cuore, ma anche per l’ignoranza”.

Mi ha colpito profondamente e mi ha convinta ancora di più che la strada dell’impegno culturale delle consacrate è oggi prioritaria per il futuro della vita consacrata stessa (anche se ovviamente non è l’unica).

In questo momento di cambio epocale è infatti importante possedere autentiche competenze che aiutino a “rendere ragione della speranza che è in noi” e a metterci in dialogo umile e sincero con il mondo della cultura, per collaborare fattivamente a costruire un mondo di pace nello spirito dell’invito che Giovanni Paolo II rivolse a tutte le donne nella Giornata mondiale della pace del 1995, sul tema “La donna: educatrice di pace”:  “Per educare alla pace, la donna deve innanzitutto coltivarla in se stessa. La pace interiore viene dal sapersi amati da Dio e dalla volontà di corrispondere al suo amore. La storia è ricca di mirabili esempi di donne che, sostenute da questa coscienza, hanno saputo affrontare con successo difficili situazioni di sfruttamento, di discriminazione, di violenza e di guerra”(n.5).

2. Impegnarsi sulle frontiere dell’essere e del coinvolgersi

 

Essere e coinvolgersi. Anche su queste frontiere si giocano passi importanti del cammino futuro della vita consacrata.

La frontiera dell’essere “donne” consacrate, innanzitutto. Si tratta del cammino del confronto con se stesse, con la propria realtà di donne – contemporaneamente ricche e povere di doni – che lavorano per conoscere nel profondo le proprie risorse di “persona umana donna”, che maturano consapevolmente la propria interiorità, che percorrono con costanza il cammino umile della propria verità.

In questa ottica, le consacrate fanno vedere che la loro scelta di vita, con ciò che significa e i compiti a cui rimanda, è una via originale per la piena realizzazione della donna. Non solo, ma è cooperazione feconda e intelligente  a quel riscatto della persona umana che è a fondamento della pace, della democrazia, dello sviluppo tra i popoli.

Nella società, soprattutto la nostra che va diventando sempre più multiculturale e multirazziale, infatti, è soltanto mettendo al centro la persona che si arriva a valorizzare la comunione tra singoli e popoli, al di sopra di ogni sistema o idea o ideologia; a scoprire il vero significato della relazione e ciò che l’altro – non più nemico o concorrente – può offrire; a sviluppare il paradigma di una casa comune e nel contempo plurale; a salvaguardare le istanze universalistiche di ogni espressione culturale in uno spirito aperto alle differenze e alla molteplicità.

A questa nostra società, le donne laiche e consacrate offrono il dono della propria dignità personale mediante la parola e la testimonianza di vita e le ricchezze connesse con la propria vocazione femminile. In essa portano il ricco patrimonio di esperienza accumulato da tante donne lungo la storia, troppo spesso carico di pesi che le hanno relegate ai margini del vivere sociale ed ecclesiale, e quei valori che contribuiscono a salvare l’umano: la coscienza del limite, l’accoglienza, l’attenzione, la cura, la compassione. Sono i valori legati a quel “genio materno” che nel Giubileo dell’Incarnazione del 2000 ha svelato, attraverso il volto di ogni donna e il suo operare sui diversi fronti del quotidiano, il volto della Bellissima, la dolce Madre del Signore.

 

Simone Weil ripeteva più volte a se stessa: “Non passare dinanzi a una cosa grande senza vederla”.  Non si può non vedere che le donne e le donne consacrate semplici e dotte, anziane e giovani, chiamate a ruoli di responsabilità o prostrate dalla malattia stanno interiorizzando un nuovo modello di maternità per consegnarlo alle generazioni future.

 

E’ un modello fondato:

• sulla relazionalità (che richiama il mistero di comunione/libertà tra madre e figlio);

• sul senso del limite (che richiama i periodi di fecondità/sterilità che vive ogni donna),

• sulla capacità di coniugare dolore e gioia (che richiama l’allegrezza di aver dato al mondo un figlio attraverso le doglie del parto).

 

Ogni persona umana è stata creata a  immagine di Dio, Trinità di Persone in comunione. Fa parte di questo ripensamento l’accento posto dalle consacrate sul nesso che intercorre tra la donna e il senso della vita, a lei tipicamente proprio, soprattutto nel tratto relazionale interpersonale che è il sigillo impresso dalla Trinità nella persona umana. Non solo, ma l’impegno a collaborare per costruire una nuova cultura, quella cultura che trova fecondità nel mistero della reciprocità che ci costruisce in quanto persone e ci è modello in ogni esperienza di vita, per il suo radicarsi nel mistero ineffabile della reciprocità delle Divine Persone.

Si tratta di risvolti che incidono su tutti gli aspetti della vita consacrata: dall’identità ai ruoli, alla vita comunitaria, ai voti, al rapporto tra donne e tra donne e uomini, alla convivenza intergenerazionale e multiculturale, all’esercizio dell’autorità, alla formazione.

I voti di castità, povertà, obbedienza, riscoperti e vissuti in quella chiave relazionale, che mette al primo posto l’amore per il Signore, sono una strada maestra per costruire questa società sana, a misura di persona umana.

 

L’obbedienza diventa “libertà liberata con l’ethos dell’amore”, capacità di decisione sana e autonoma, ecologia della mente, scuola di vita comune che fa a ciascuno il giusto spazio, coscienza del proprio limite che accoglie il dono dell’altro nella consapevolezza che ciascuno ha un talento da offrire e trafficare.

La povertà si fa sobrietà umanizzante, dipendenza responsabile dalla comunità secondo uno stile di vita adulta, ecologia della vita che porta ad accontentarsi del necessario, a condividere i bene materiali e spirituali, a lottare per vincere le strutture di peccato e di morte, a testimoniare la lotta contro lo spreco delle cose, della natura, dei pensieri, del linguaggio, dell’amore.

La castità, nella donazione totale a Cristo, diventa ecologia del cuore, lotta gioiosa e trasparente contro la prostituzione del corpo e dello spirito, maternità spirituale aperta a ricevere, a donare, a far crescere la vita.

 

La frontiera del “coinvolgersi”. E’ il cammino dell’immergersi nella concretezza dei problemi per acquistare la sapienza di prevenirli – quando è possibile – e di inventarne le risposte nel vivo dell’azione.

E’ il farsi carico dei problemi portando in essi tutto il peso della propria vita affettiva, intellettuale, volitiva incorporata in quella saggezza che è l’arte-virtù del giusto momento.

E’ il prendersi cura della vita e della morte, delle situazioni che richiedono rispetto e accoglienza delle differenze mosse da atteggiamenti dignitosi e sereni di compassione. “Prendersi cura”, vale a dire diventare sempre più consapevoli del dono che ciascuna può rappresentare per gli altri, per la gente, per il mondo… Prendersi cura dei poveri come Teresa di Calcutta, delle riforme come Teresa d’Avila, della  pace come Brigida di Svezia, dell’Amore come Teresa di Gesù Bambino, del Papa come Caterina da Siena, della verità come Teresa Benedetta della Croce, dell’educazione come Maria Mazzarello, del mondo della comunicazione sociale come Tecla Merlo.

 

“Essere”, “coinvolgersi” per trasformare la valle del pianto in una sorgente (Sl 83) esprimendo innanzitutto quello che è “il cuore” del “genio femminile”, la cifra dell’essere donna e donna consacrata: il genio del proprio rapporto con il Signore, fonte e ragione di ogni amore.

Quel genio che non deve mai spegnersi per condurre la vita consacrata “oltre la porta del terzo millennio”, iniziato da 13 anni, così che l’umile e coraggioso servizio di tutte coloro che hanno scelto il Signore possano essere non solo “seme nella terra”, ma “lampada sul moggio”. Oltre la Porta della fede, come ci ricorda Papa Benedetto nel Motu proprio per l’indizione dell’Anno della fede, attualmente in corso, e che a noi religiosi chiede il coraggio di osare di più per vivere coerentemente la nostra scelta di consacrazione a Dio, senza aver paura, ma solo avendo fiducia in Colui che tutto può.

Mondragone. Iniziate le celebrazioni giubilari per le Suore di Gesù Redentore

150120132146.jpg150120132152.jpg150120132139.jpgCon la solenne concelebrazione eucaristica di martedì 15 gennaio 2013, alle ore 19.00, nella Chiesa delle Suore della Stella Maris di Mondragone, sono iniziate le manifestazioni religiose, culturali, sociali e civili per i 150 anni della nascita dell’Istituto delle Suore di Gesù Redentore, fondato dalla Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu, il 15 gennaio del 1863. Risale infatti a tale data l’approvazione pontificia, ricevuta dalla Le Dieu direttamente dal Papa, Pio IX, durante l’udienza avuta in Vaticano il 15 gennaio del 1863. Per ricordare questo fausto avvenimento storico, le Suore di Gesù Redentore che sono presenti a Mondragone da circa 70 anni alla Stella Maris, hanno allestito un programma di iniziative religiose, culturali e civili per dare giusto risalto all’avvenimento, che riguarda tutte le Suore di tale istituzione ecclesiale.

 

A Mondragone l’inizio ufficiale di tali manifestazioni giubilari è stato il giorno 15 gennaio con un intero pomeriggio, dedicato alla figura di Victorine Le Dieu. Alle ore 17.00 i circa 50 fedeli sono stati accolti dalle suore per un momento di preghiera nella loro cappella.

 

Alle ore 17,15 il gruppo si è trasferito nella sala conferenze per vedere alcuni filmati sulla vita della Serva di Dio e sulle attività delle Suore della Stella Maris. I video sono stati realizzati dalle stesse suore. Gli spettatori hanno apprezzato la produzione di questi strumenti di comunicazione multimediali, anche perché frutto del lavoro delle stesse religiose.

 

Alle ore 18,15 il gruppo delle persone si è trasferito nella chiesa delle Suore per partecipare all’ora di adorazione eucaristica programmata per il pomeriggio. E’ stato padre Antonio Rungi, passionista, assistente spirituale delle Suore della Stella Maris, da un trentennio, ad esporre solennemente Gesù Eucaristia e a rendersi disponibile per le confessioni sacramentali.

 

Alle ore 19.00, l’adorazione eucaristica si è conclusa con la benedizione con il santissimo sacramento dell’altare, impartita da padre Aimè Talimbini, passionista della parrocchia di San Giuseppe, cappellano da un anno delle Suore della Stella Maris.

 

Alle ore 19.05 è iniziata la messa solenne presieduta da padre Antonio Rungi e concelebrata da padre Aimè. La celebrazione si è svolta in un clima di grande emozione, raccoglimento e gioia, animata dai canti e dalla musica. Padre Antonio Rungi nella sua puntuale omelia ha messo in risalto la figura della Serva di Dio, Victorine Le Dieu, sottolineando soprattutto la sua fede, ma anche facendo memoria dell’inizio dell’opera fondata dalla Le Dieu e che ha nell’Eucaristia il centro della spiritualità e nella carità verso gli ultimi la concreta attuazione di questo speciale carisma riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa, 150 anni fa.

 

Molto espressiva la processione offertoriale curata dalle Suore della Stella Maris e commentata dalla superiora, suor Maria Paola Leone. Le suore, infatti, hanno portato all’altare il pane e il vino, la lampada, la bisaccia con la quale la loro fondatrice viaggiava e nella quale era la bolla pontificia dell’approvazione della loro congregazione, e un quadro della fondatrice, nel quale si evidenziava lo stato di necessità e di povertà della Serva di Dio. Lei che proveniva da una famiglia ricca si fece povera per servire la causa dei poveri e dei diseredati.

 

Poi la preghiera dei fedeli incentrata sulla fausta ricorrenza dei 150 anni di vita delle suore di Gesù Redentore.

 

Infine la partecipazione alla santa comunione di quasi tutti i fedeli presenti in chiesa, tra cui diversi amici ed estimatori delle Suore, i membri del cenacolo di preghiera, il personale della Stella Maris, fedeli e cittadini del territorio.

 

La messa si concludeva con la preghiera per la glorificazione della Serva di Dio e la benedizione solenne impartita da padre Antonio Rungi a tutti i presenti. Lo stesso celebrante informava i presenti delle varie iniziative che le Suore della Stella Maris porteranno avanti nel corso dell’anno giubilare che si concluderà il 15 gennaio 2014, tra cui un recital sulla vita della loro fondatrice, un convegno di studi, celebrazioni parrocchiali, cittadine e diocesane, manifestazioni culturali e incontri di preghiera.

 

Il primo impegno del genere è stato fissato con il gruppo dei giovani, guidato da Don Paolo Marotta, vicario episcopale per la vita consacrata della diocesi di Sessa Aurunca e parroco di San Donato e Ventaroli di Carinola, che con la preghiera della gioia, aggrega giovani di varie parti del territorio, sostenendo gli stessi nel loro cammino di formazione umana, cristiana e spirituale. L’incontro dei giovani si terrà alla Stella Maris, questa sera, 16 gennaio 2013, alle ore 21.00 nella sala predisposta al piano terra per il numeroso gruppo di giovani, che ogni settimana, il mercoledì sera, partecipa normalmente e con grande interesse e beneficio spirituale alla preghiera della gioia.

 

Con loro anche diversi adulti e fedeli delle varie comunità parrocchiali della Diocesi di Sessa Aurunca e di altre Diocesi. Tale incontro si svolge di regola presso le Suore dell’Immacolata di Genova a Carinola. Solo eccezionalmente, questo incontro di preghiera si svolgerà questa sera alla Stella Maris di Mondragone e si prevede una massiccia partecipazione dei giovani a questo appuntamento con lo spirito, che tanta gioia porta nel loro giovane cuore. Quei giovani di cui la Serva di Dio si prese cura in Francia e a Roma, prima e dopo l’approvazione pontificia della sua opera.

 

Mondragone (Ce). Festa giubilare alla Stella Maris

SUORE-MONDRAGONE-15GENNAIO13.jpgFESTA15GENNAIO2013-STELLAMARIS.jpgSarà padre Antonio Rungi, passionista, per 30 anni cappellano delle Suore della Stella Maris, a presiedere, martedì 15 gennaio 2013, alle ore 19.00 la solenne liturgia eucaristica di ringraziamento per i 150 anni di storia e di vita della Congregazione delle Suore di Gesù Redentore, fondata dalla Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu. La solenne celebrazione si svolge nella chiesa delle suore della Stella Maris di Mondragone, durante la quale padre Rungi, nella qualità di assistente spirituale della Stella Maris, tratteggerà la vita e le opere della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu e della sua famiglia religiosa in questi 150 anni di storia, di cui 70 anni anni, vissuti anche nella città di Mondragone, con la presenza della comunità della Stella Maris e fino al 1990 del convitto femminile di Via Amedeo, al Rione San Nicola di Mondragone, ora centro di accoglienza gestito dalla Diocesi di Sessa Aurunca. Sono sei le suore della comunità religiosa della Stella Maris, guidate dalla responsabile Suor Maria Paola Leone, impegnate in questi giorni a celebrare in modo adeguato la fausta ricoorenza giubilare dei 150 anni di storia del loro istituto. Istituto approvato con bolla pontificia da Pio IX il giorno 15 gennaio 1863, quando Victorine Le Dieu si presentò dal Papa per chiedere espressamente l’autorizzazione di avviare la sua famiglia religiosa con finalità di adorazione, riparazione e riconciliazione e con impegno nella carità operosa e fattiva a favore dei poveri e dei diseredati della Francia post-rivoluzionaria. Il Papa concesse l’autorizzazione e Madre Victorine potè dare avvio alla sua opera. A distanza di 150 anni dal quello storico incontro, tutte le comunità religiose delle Suore di Gesù Redentore festeggiano la nascita del loro istituto. Il 150 compleanno è una tappa importantissima nella storia antica e recente di questa Congregazione, oggi presenti in varie parti d’Italia, d’Europa  e degli altri continenti. La congregazione non è grande da un punto di vista numerica, ma è molto operativa in vari campi e settori della vita sociale, ecclesiale e parrocchiale. Le Suore di Gesù Redentore, una volta del Patrocinio San Giuseppe, sono impegnate nelle carceri, nella scuola, nell’assistenza ai malati, nell’accoglienza dei  piccoli, nelle parrocchie, nella scuola e in altri ambiti della nuova evangelizzazione. A Mondragone la Stella Maris da convitto per minori in disagio sociale, la struttura negli ultimi anni ha cambiato destinazione d’uso, divenendo una casa di ospitallità, un centro di accoglienza e di spiritualità, un luogo di incontro culturale, spirituale e pastorale aperto a tutti. Martedì sarà qu la festa del 150 compleanno delle Suore di Gesù Redentore, con il pomeriggio completamente dedicato a celebrare degnamente questo storico avvenimento con vari momenti di riflessione, preghiera e soprattutto con la celebrazione della santa messa di ringraziamento, presieduta da padre Antonio Rungi, passionista e concelebrata dai sacerdoti del territorio, alcuni di loro anche alunni della Stella Maris. La festa è aperta a tutti e tutti coloro che conoscono la struttura e le suore e vogliono elevare al Signore il ringraziamento per questa ricorrenza giubilare, questi lo possono fare partecipando ai vari momenti in programma, come da varie comunicazioni e pubblicazioni. Alla festa la comunità religiosa e cristiana si è preparata con un triduo di preghiera e di rifessione, animato da don Paolo Marotta, da don Roberto Gutturiello e da padre Bernard Majele, passionista. 

Suore di Gesù Redentore. 150 anni di storia della Congregazione.

DSC04586.JPGDSC04595.JPGDSC04605.JPGQuesta sera è iniziato regolarmente il triduo di preparazione alla festa dei 150 anni di vita della Congregazione delle Suore di Gesù Redentore, nella cappella delle Suore della Stella Maris in Mondragone. A presiedere la liturgia prevista per questo primo giorno è stato don Paolo Marotta, vicario episcopale per la vita consacrata della Diocesi di Sessa Aurunca. Diversi i fedeli presenti in chiesa che hanno partecipato all’ora di adorazione, hanno celebrato i vespri ed hanno partecipato alla santa messa, con omelia, tenuta dallo stesso Don Paolo, sul tema “Celebriamo la fede, invocando lo Spirito”. Le Suore della Stella Maris si stanno preparando allo storico avvenimento con questo triduo, ma anche con altre significative iniziative che vanno oltre questi giorni e lo specifico giorno commemorativo del 15 gennaio. Con loro un gruppo di laici che collaborano e soprattutto il loro assistente spirituale, padre Antonio Rungi. Questo il programma per domani.

 

GIORNO 13 GENNAIO 2013, <<CELEBRIAMO LA FEDE ACCOGLIENDO IL SUO DONO>> ORE 19,00 – CAPPELLA DELLE SUORE ADORAZIONE EUCARISTICA-VESPRI E MESSA, PRESIEDE: P.BERNARD MAJELE, PASSIONISTA,PARROCO DI SAN GIUSEPPE ARTIGIANO.

 

GIORNO 14 GENNAIO 2013, <<CELEBRIAMO LA FEDE IN AZIONE DI GRAZIE>>,ORE 19,00 – CAPPELLA DELLE SUORE, ADORAZIONE EUCARISTICA-VESPRI E MESSA, PRESIEDE DON ROBERTO GUTTORIELLO, VICARIO FORANEO DI MONDRAGONE.

 

GIORNO DELLA FESTA 15 GENNAIO 2013  <<CELEBRIAMO LA FEDE NELLA MEMORIA DI UN SI’>> ORE 17.00 ACCOGLIENZA, ORE 17,30: VIDEO SULLA VITA DELLA FONDATRICE, PRODOTTO DALLE STESSE SUORE DI MONDRAGONE. ORE 18.00: ADORAZIONE EUCARISTICA (CAPPELLA DELLE SUORE). ORE 19,00: VESPRI E CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA. PRESIEDE P.ANTONIO RUNGI, PASSIONISTA, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLA COMUNITA’ DELLA STELLA MARIS.

 

Per ottimizzare le celebrazioni giubilari, dalla Casa generalizia delle Suore, che si trova a Fonte Nuova in Roma, è stato distribuito un opuscolo dal titolo “Da quell’incontro…una vita nuova. 150 anni fa”, nel quale la Madre Generale, Suor Marilena Russo, da pochi mesi alla guida della Congregazione, raccomanda a tutte le religiose e ai laici vicino alle figlie spirituali della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu una degna celebrazione di questo storico anniversario: “Viviamo con gratitudine quest’anniversario. Siamo tutte convinte che quel sacco che la Fondatrice portava sempre con sé conteneva certamente il rescritto firmato da Pio IX, la sua più grande ricchezza. Non se n’è mai distaccata. Solo in punto di morte l’ha affidato alla Marchesa Serlupi come una preziosa eredità da custodire…Celebriamo questo anniversario soprattutto nella preghiera, intensificando la nostra vita spirituale nella fedeltà all’eredità ricevuta e rendendo grazie al Signore per questa donna così ardita che ha vinto ogni ostacolo pur di far fiorire il carisma di riparazione e di riconciliazione che il Signore ha voluto affidarle”. 

PAGANI. CONCLUSO IL TRIDUO DI PREPARAZIONE ALLA FESTA DELLE SUORE

Foto1007.jpgCon un solenne celebrazione eucaristica presieduta questa sera, 5 gennaio 2013, da padre Antonio Rungi, dalle ore 17 alle 19.30, si è concluso il triduo di preparazione spirituale che si tiene nella casa madre di Pagani (Sa), in Via San Francesco, dove riposano le spoglie mortali del Beato. Triduo voluto espressamente predicato da padre Rungi dalle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue, che domani 6 gennaio 2013, ricordano il loro Fondatore, Tommaso Maria Fusco, prossimo alla canonizzazione, in  questo anno della fede. Ma le suore ricordano in particolare la loro fondazione, che risale al 140 anni fa. Era, infatti il 6 gennaio del 1873, solennità dell’Epifania, 140 anni fa, quando profondamente colpito dalla disgrazia di un’orfana, vittima della strada, dopo attenta preparazione nella preghiera di discernimento, don Tommaso Maria fondò la Congregazione delle «Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue». L’Opera ebbe inizio nella Chiesa della Madonna del Carmine, in Pagani, alla presenza del Vescovo Raffaele Ammirante il quale, con la consegna dell’abito alle prime tre Suore, benedisse il primo Orfanotrofio per sette orfanelle povere del paese. Sulla nascente famiglia religiosa e sull’Orfanotrofio, dietro sua richiesta, non tardò a scendere anche la benedizione del Papa. Ora le Suore fondate dal Fusco sono presenti in varie parti d’Italia e all’estero, portando avanti l’opera iniziata dal fondatore, con particolare attenzione ai bambini e all’infanzia abbandonata o in difficoltà. La straordinaria figura di questo sacerdote diocesano, viene commemorata in questi giorni, con una specifica preparazione spirituale alla festa dell’Istituto che si ricorda il 6 gennaio. Le comunità religiose delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue di Pagani e delle altre località della regione Campania si sono  ritrovate in queste sere per la celebrazione dei vespri, della santa messa con riflessione e con altri momenti di incontri tra le suore e i fedeli laici, soprattutto giovani, che fanno riferimento ai cenacoli di preghiera istituiti a Pagani e negli altri Comuni del territorio.

Questa sera giornata conclusiva del triduo la celebrazione è stata particolarmente sentita e vissuta, con circa 100 persone presenti in chiesa, tra suore, giovani e fedeli laici appartenenti al cenacolo di preghiera, guidato negli anni scorsi da padre Antonio Rungi. L’intensa celebrazione con la sentita omelia pronunciata da padre Rungi ha attirato l’attenzione di tutti i presenti, in particolare i circa 30 giovani che hanno animato la liturgia con canti religiosi e natalizi di grande sensibilità ed efficacia. A conclusione del rito, il bacio del bambino e la commovente rappresentazione scenica di alcuni quadri del vangelo dell’infanzia di Gesù. Sacra rappresentazione curata dai Giovani dell’Avo di Nocera Inferiore, i volontari ospedalieri che questa sera hanno condiviso con le suore il momento di preghiera in onore del Beato Tommaso Maria Fusco. La sacra rappresentazione è partita con la lettura del prologo del Vangelo di Giovanni e si è sviluppata poi sull’annunciazione, sulla visita a Sant’Elisabetta, su San Giuseppe, sulla nascita di Gesù a Betlemme con l’adorazione dei pastori e dei Magi. Vari quadri molto belli, con personaggi dal vivo, stile presepe vivente, in cui i dialoghi, tratti dal vangelo sono stati la parte dominante della sacra rappresentazione. L’associazione Avo di Nocera inferiore conta oltre 300 aderenti e si alimenta con il propri proventi, senza alcun aiuto esterno, ma solo con l’autotassazione di 15 euro all’anno per tutti gli iscritti, come ha sottolineato il presidente presente alla celebrazione. E’ stata Madre Ofelia a volere ringraziare tutti i convenuti alla celebrazione della sera, particolarmente riuscita e vissuta con spiritualità e coinvolgimento emotivo da parte di tutti. La stessa religiosa ha voluto tracciare, prima della santa messa, presieduta da padre Antonio Rungi, la figura esemplare del Beato Tommaso Fusco e il perché della nascita del loro istituto, le Suore Figlie della Carità del preziosissimo Sangue. Informazioni risultate utili per i giovani e i presenti, alcuni dei quali per la prima volta giunti al luogo di culto dedicato al Beato Tommaso Maria Fusco. La bellissima serata di preghiera e di riflessione sui testi della parola di Dio relativi alla solennità dell’Epifania del Signore del 2013, si è conclusa con la piccola agape fraterna nel refettori delle suore, alla quale hanno partecipato tutti i giovani che hanno animato la liturgia e la sacra rappresentazione della natività di Gesù, ma anche i fedeli presenti in chiesa le suore della comunità di San Francesco di Pagani e delle apre comunità della cittadina e di altre località. Che dire? Una festa dell’Epifania che si ricorderà a lungo e segnerà la storia dell’Istituto delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue e lasciare una traccia indelebile nel prossimo cammino della Congregazione a Pagani, città natale del Beato e luogo di prima evangelizzazione di Tommaso Maria Fusco, uno degli uomini e santi illustri della città nota anche per la presenza di un altro grande santo, che con il Natale ha una storia particolare, quel Sant’Alfonso dei Liguori, che ha scritto pagine stupende e meravigliose sul mistero dell’incarnazione del Signore, fissando la sua spiritualità natalizie in celebri canti come Tu scendi dalle Stelle o “Quann nascette Ninno a Betlemme”. Canti eseguiti questa sera a conclusione di tutto il periodo natalizio, celebrandosi oggi la solennità dell’Epifania che tutte le feste porta via.

Pagani (Sa). Una storia da raccontare, ma anche un avvenire da costruire

Foto0931.jpgBeato_Tommaso_Maria_Fusco.jpgDomani 6 gennaio 2013, le Suore Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue celebrano il loro 140 anniversario dellla fondazione. Era, infatti, il 6 gennaio 1783, solennità dell’Epifania, 140 anni fa, quando profondamente colpito dalla disgrazia di un’orfana, vittima della strada, dopo attenta preparazione nella preghiera di discernimento, don Tommaso Maria fondò la Congregazione delle «Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue». L’Opera ebbe inizio nella Chiesa della Madonna del Carmine, in Pagani, alla presenza del Vescovo Raffaele Ammirante il quale, con la consegna dell’abito alle prime tre Suore, benedisse il primo Orfanotrofio per sette orfanelle povere del paese. Sulla nascente famiglia religiosa e sull’Orfanotrofio, dietro sua richiesta, non tardò a scendere anche la benedizione del Papa. Ora le Suore fondate dal Fusco sono presenti in varie parti d’Italia e all’estero, portando avanti l’opera iniziata dal fondatore, con particolare attenzione ai bambini e all’infanzia abbandonata o in difficoltà. La straordinaria figura di questo sacerdote diocesano, viene commemorata in questi giorni, con una specifica preparazione spirituale alla festa dell’Istituto che si ricorda il 6 gennaio. Le comunità religiose delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue di Pagani e delle altre località della regione Campania si ritrovate nelle sere dal 3 al 5 gennaio per la celebrazione dei vespri, della santa messa con riflessione e con altri momenti di incontri tra le suore e i fedeli laici, soprattutto giovani, che fanno riferimento ai cenacoli di preghiera istituiti a Pagani e negli altri Comuni del territorio. A predicare il triduo è stato padre Antonio Rungi, missionario passionista, teologo morale, che ha trattato delle tre virtù teologali (fede, carità e speranza) nella vita del Beato Tommaso Maria Fusco. Domani solennità dell’Epifania, in tutte le comunità religiose in Italia e all’estero si commemora solennemente questo avvenimento di portata storica per l’Istituto, soprattutto nella città natale del Beato Tommaso Maria Fusco,definito da tutti il “Don Bosco del Sud”, proprio mentre San Giovanni Bosco operava in campo pastorale al Nord.“Ricordare questo importante evento per la nostra Congregazione – afferma l’ex-madre Generale della Congregazione, Madre Ofelia, responsabile della Casa Madre delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue- non è solo una storia da raccontare, ma un presente da vivere e sentire profondamente nel nostro cuore e nel nostro apostolato della carità, come il nostro Fondatore, guardano al futuro con la speranza di un domani migliore per tutta la vita consacrata in Italia e nel mondo. La fede profonda del nostro Fondatore ci spinga a noi religiose, figlie sipirituali di una sacerdote pieno di amore verso Dio e verso i fratelli a vivere concretamente la carità, attingendo la forza ed il coraggio al Preziosissimo Sangue di Gesù, che è nostro maestro e guida nella vita interiore e nelle attività apostoliche. Messe di commenorazione di questo storico evento in tutte le parrocchie e i luoghi dove le religiose sono presenti ed impegnate, particolarmente a Pagani, con quattro comunità religiose in varie parti della città e con finaità diversificate.