Roma

PREGHIERA AI NOVELLI SANTI, GIOVANNI XXIII E GIOVANNI PAOLO II

canonizzazione2

PREGHIERA AI DUE NUOVI SANTI 

Signore Gesù, che hai chiamato a così alto grado di santità,

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, Papi,

pastori universali della Chiesa da te istituita

e affidata alla guida di Pietro,

primo Papa della storia del Cristianesimo,

ti chiediamo, umilmente,

per intercessione di questi tuoi figli eletti della Chiesa,

elevati oggi agli onori degli altari,

in questa speciale giornata di grazia

e benedizione dall’alto,

di camminare, anche noi, sui sentieri di quella santità,

fatta di umiltà, bontà e sacrificio,

che ha caratterizzato la vita di questi

tuoi speciali discepoli e figli amatissimi.

 

Signore, per intercessione

di San Giovanni XXIII
e San Giovanni Paolo II,

ti chiediamo di difendere la chiesa

dagli assalti del maligno,

che si insinua nella vita anche dei tuoi figli prediletti

che tu hai scelti per guidare il tuo popolo santo,

nella storia di questo secolo, appena iniziato,

afflitto da tanti mali ed insofferenze di ogni genere.

 

Fa o Signore che sull’esempio di questi santi pastori,

i vescovi, i sacerdoti, le anime consacrate e i fedeli laici

possano vivere in totale fedeltà

la chiamata alla santità,

senza dubbi, incertezze

e sicuri nel dono della fede,

forti nel dono della speranza,

dinamici con dono della carità.

 

Signore, pastore supremo delle anime nostre,

mediante l’intercessione dei novelli santi papi,

nessuna pecorella smarrita, continui a vagare nel dubbio e nella solitudine,

ma tutte possano ritrovare la strada del ritorno

e ritrovarsi  insieme intorno alla tavola della divina misericordia.

 

A Te Signore del tempo e della storia,

che ci hai donato due grandi e santi pastori

in Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II,

degni discepoli di Maria, Madre di Cristo e della Chiesa,

sia lode onore e gloria,

per tutti i secoli dei secoli.

Amen 

(Padre Antonio Rungi, passionista)

FRATTAMAGGIORE. PRIMO INCONTRO DI FORMAZIONE PER LE SUORE ANCELLE DEL SACRO CUORE

ANCELLE DEL SACRO CUORE DI CATERINA VOLPICELLI

FRATTAMAGGIORE – NAPOLI

PRIMO INCONTRO DI FORMAZIONE – 24 OTTOBRE 2013

GUIDA SPIRITUALE: P.ANTONIO RUNGI – PASSIONISTA

 

<<La chiamata di Dio: dall’evento parola all’esperienza>>

 

1.PREMESSA

 

In questo anno pastorale 2013-2014 avremo come tema unificante dei nostri incontri, secondo quanto deciso dal Consiglio generale della Congregazione delle Suore Ancelle del Sacro Cuore di Caterina Volpicelli e fino al prossimo capitolo generale il seguente tema: “La chiamata di Dio: dall’evento parola all’esperienza”. Comprendiamo subito che è tutta la famiglia di Caterina Volpicelli a mettersi in cammino per preparare e vivere l’evento capitolare tra tre anni, come momento di grazia e di rinnovamento personale. E a rinnovarsi non sono chiamate solo le Ancelle, ma anche le Piccole Ancelle e le Aggregate, che a vario titolo giuridico, canonico, spirituale fanno parte dell’unica famiglia della Santa che amore di intenso trasporto il Cuore di Cristo e ne fece la sua missione in terra napoletana, in un periodo di grandi sconvolgimenti sociali. Ognuno è chiamato a vivere la propria vocazione ed il carisma di appartenenza seguendo quello che sono le regole di vita per la diversità delle chiamate che il Signore ha rivolto a voi facendovi conoscere ed apprezzare, professare e promettere di vivere la devozione al Sacro Cuore di Gesù secondo l’esempio di Santa Caterina Volpicelli. Per comprendere questa speciale chiamata, che la maggior parte di voi, vive e testimonia stando nel mondo e nella famiglia, è necessario partire proprio dal significato della chiamata che il Signore ha rivolto a voi, come a me, e alla quale abbiamo e stiamo dando la nostra umile risposta, non senza difficoltà, problemi ed ostacoli che, con la grazia di Dio e la nostra personale volontà, dobbiamo superare per vivere meglio questo dono e questa grazia ricevuta.

 

2.CHE SIGNIFICA “VOCAZIONE”?

 

Il termine vocazione (dal latino vocatio) significa chiamata e, nell’ambito del lessico religioso, fa riferimento alla chiamata da parte di Dio alla vita religiosa o ad una particolare missione a servizio della Chiesa o del prossimo. Per voi, carissime sorelle della famiglia di Caterina Voplicelli, significa vivere il carisma come “Ancelle”, che vivono insieme in comunità e in fraternità legittimamente costituite; in “Piccole Ancelle” che hanno promesso di vivere i voti e i consigli evangelici stando nel mondo e in famiglia. “Aggregate” che hanno deciso di fare esperienza di vita consacrate al Cuore di Cristo vivendo da donne sposate o nubili. Capire e valorizzare la propria chiamata è il primo passo per essere in sintonia con quanto abbiamo liberamente deciso di fare per la maggior gloria di Dio, per la nostra santificazione personale e per essere strumenti per la santificazione degli altri.

Partendo dalla terminologia possiamo affrontare meglio questo percorso di formazione sulla vocazione, come adesione alla Parola di Dio e come impegno di vita, cioè esperienza da vivere e condividere.

2.1. Nel linguaggio dei latini.

 

Per i latini, la vocatio assumeva significati differenti in rapporto al contesto sociale in cui tale vocabolo veniva usato: essa poteva significare una citazione in giudizio (da qui, il termine ad-vocatio, vale a dire la consultazione legale centrata sulla figura professionale dell’ad-vocatus, il cui termine greco corrispondente è paràcletos, o paraclito), un invito a pranzo (suggestivo il riferimento alla chiamata, rivolta da Dio a tutti gli uomini, a partecipare al banchetto celeste della fine dei tempi), una convocazione  (o  con-vocatio, ossia la chiamata in riunione di un gruppo di persone per trattare un argomento di interesse comune), un’invocazione o appello (in-vocatio) ad agire per il bene comune (come la chiamata alle armi per difendere la patria minacciata da pericoli esterni od interni).

Nella lingua italiana, la vocazione o chiamata è arricchita da sinonimi, che, di volta in volta, chiariscono ulteriormente il significato di questo vocabolo: inclinazione, attitudine, disposizione, tendenza, predisposizione, propensione, passione, capacità, dote. Nessuno di questi sinonimi, però, chiarisce del tutto il significato profondo della vocazione nella sua accezione religiosa e biblica, laddove la chiamata è frutto di una libera iniziativa di Dio e di una libera accettazione da parte dell’uomo, chiamato per l’appunto da Dio a svolgere una missione a favore degli uomini.

 

2.2. Nell’Antico Testamento

 

La radice ebraica qr’ compare circa 760 volte nell’Antico Testamento ed ha il significato di “richiamare l’attenzione di una persona con il suono della voce, per entrare in contatto con lei”. Da ciò si comprende come la chiamata possa essere ambivalente: solitamente è Dio che “chiama” l’uomo per comunicargli la sua volontà suprema e per affidargli un importante incarico, ma può essere anche l’uomo a cercare di “farsi sentire” da Dio, alzando per bene la voce, per esporgli le proprie difficoltà ed angosce ed essere esaudito. A questo proposito, appare evidente il contrasto tra la mentalità dei pagani, che cercavano di farsi ascoltare dalle loro divinità con grida, lamenti e riti chiassosi e sanguinari e la profonda spiritualità del pio israelita, consapevole che Dio non ha bisogno di tanto chiasso per accorgersi delle esigenze spirituali dei suoi fedeli. È molto indicativo l’episodio del profeta Elia, che sfida in un curioso duello i numerosi sacerdoti di Baal invitandoli a farsi ascoltare dal loro falso dio gridando sempre più forte e ferendosi a più non posso con lance e spade, perché forse è distratto o si è addormentato, mentre a lui basta una muta preghiera per essere esaudito da YHWH, l’unico vero Dio adorato dal popolo ebraico (1Re 18,20-40). Nel Nuovo Testamento, invece, appare accentuata l’iniziativa di Dio, cui corrisponde la libera risposta dell’uomo, mediante l’impiego del termine kaléin (“chiamare”), con i suoi derivati klésis e klétos (“chiamata”),  epikaléin (“nominare, chiamare”) e proskaléomai (“chiamare vicino a sé”), che ricorrono per circa 230 volte.

 

2.3. Le varie accezioni del “verbo chiamare”

Nell’Antico Testamento, si possono distinguere le seguenti importanti sfumature semantiche nel verbo qr’.

 

2.3.1.Gridare, ossia comunicare con il suono della voce (cf. Dt 20,10; 1Sam 17,8; 2Re 18,28); può trattarsi di un grido (Gen 41,43; Lv 13,45; Gdc 7,20), di un annuncio (Est 6,9.11), di una dichiarazione festosa (Sal 89,27) o di una proclamazione (Es 32,5; Lv 23,21; 1Re 21,9-12; Is 1,13).

 

2.3.2.Annunciare, termine tecnico della proclamazione profetica (1Re 13,32; Is 40,2.6; Ger 2,2; Gn 1,2); è espressivo il passo di Zc 7,7 in cui Dio stesso rivela di essere il soggetto che parla “per mezzo dei profeti del passato”. A questo significato fanno riferimento i passi biblici nei quali si parla dell’importanza del nome di YHWH nell’annuncio (Es 33,19: “proclamare il nome di YHWH”; cf. anche Dt 32,3; Sal 105,1; Is 12,4).

 

2.3.3.Chiamare a sé, spesso in casi in cui il contatto avviene dopo aver percorso una certa distanza (Gen 12,18; 20,8; Es 9,27). Quando si tratta di un pasto, allora il termine acquista il significato di invitare (1Sam 16,3). Nel contesto giuridico, la parola significa convocare qualcuno davanti al tribunale (1Sam 22,11; Is 44,7; 59,4) e, nel contesto militare, chiamare alle armi (Gdc 8,1; Ger 4).

 

2.3.4.Chiamare, con YHWH come soggetto (2Re 3,10.13; Is 3,3; 41,9; Os 11,1). In tale situazione è utilizzata l’espressione “chiamare per nome”, che dimostra come YHWH, colui che chiama, entri in un intenso rapporto con colui che è stato chiamato (Es 31,2; Is 43,1). Questa chiamata include un servizio che si assume nei confronti di Dio.

 

2.3.5.Dare un nome a qualcuno, usato assieme a šem; si tratta del termine tecnico che indica l’imposizione del nome (Gen 1,5; 2,20; Rt 4,17; Is 66,15; Gen 3,20; 4,25 s). L’espressione “il nome di qualcuno viene invocato sopra qualcosa” ha un significato giuridico: in caso di cambiamento di proprietà, il nome del nuovo proprietario viene indicato ufficialmente, quasi a sigillo dell’atto d’acquisto o di conquista (2Sam 12,28; Is 4,1). Quando tale espressione è riferita al nome di YHWH, essa indica il dominio di Dio, ad esempio su Israele (Dt 28,10; Is 63,19), sul Tempio (1Re 8,43; Ger 7,10 s) e sui popoli (Am 9,12).

 

2.3.6.Invocare, con YHWH come complemento oggetto dell’invocazione (89 volte nell’Antico Testamento, di cui 47 nei salmi; cf. Sal 17,6; 18,47 ecc.), spesso anche nell’espressione “invocare il nome del Signore” (Gen 4,26; 12,8; 1Re 18,24; Is 64,6), il cui significato varia con il contesto: lodare, ringraziare, protestare, gridare, chiedere aiuto, pregare sono le sfumature semantiche più ricorrenti del verbo “invocare”.

 

2.4. NEL NUOVO TESTAMENTO

Nel Nuovo Testamento s’incontrano varianti semantiche simili a quelle dell’Antico Testamento. Il verbo greco kaléin (chiamare) assume, di volta in volta, vari significati secondo il contesto in cui tale verbo è utilizzato dall’autore sacro.

 

2.4.1.Chiamare qualcuno, nel senso di chiamare “a sé”, o invitare (Mt 2,7; Mc 3,31; Lc 14,7-11; 1Cor 10,27). Nei Vangeli è Gesù che chiama “a sé” i suoi discepoli (Mt 10,1; 15,32;18,32; 20,25; Mc 15,44; Lc 7,18)

 

2.4.2.Conferire un nome (Lc 6,15; At 10,1; 15,37). La posizione ed il ruolo, che una persona assume ai fini della storia della salvezza, dipendono dal nome con cui essa viene designata (Lc 1,13 ss; Mt 1,21; Lc 1,32.35; Mt 22,41.46; 5,9; Eb 2,11; 1Gv 3,1).

 

2.4.3.Designare, è il significato che emerge nei passi in cui Gesù è colui che chiama, mentre i discepoli sono i destinatari della chiamata (Mt 10,5 ss; Mc 1,16-20; 6,7-13; Lc 9,1-6; 10,1-17). La chiamata di Gesù è caratterizzata dal suo potere, che coinvolge i destinatari, dal rigorismo che richiede una dedizione incondizionata e dal fatto di rivolgersi a singole persone, che sono assunte al suo servizio. Per quanto riguarda il senso e lo scopo della chiamata, occorre tenere presente che chiamata e missione, sequela ed invio sono costantemente collegati tra loro.

 

2.4.5.Nominare (epikaléin) è il significato sotteso all’assegnazione di un nome proprio (Mt 10,25) o di un soprannome (Mt 10,3; At 4,36; 12,25). In altri passi, compare il significato giuridico di “appellatio” (At 25,11.12.21.25), o dell’invocare Dio come testimone (2Cor 1,23). Infine, il termine è utilizzato spesso per l’invocazione di Dio e del suo nome nella confessione, che avviene nella comunità (At 7,59; Rm 10,12 ss). L’applicazione di quest’invocazione a Gesù (At 22,16; 1Cor 1,2) indica che Egli è il Figlio di Dio, il Messia.

 

2.4.6.Chiamare nel senso della “chiamata sovrana di Dio”, significato ricorrente in Paolo. In quest’autore, “chiamata” e “vocazione” sono concetti fondamentali per descrivere in che cosa consistano l’esistenza e la salvezza del cristiano. Paolo stesso fu chiamato dalla grazia di Dio e, contemporaneamente, gli fu affidato l’incarico di annunciare il vangelo (Gal 1,15 s; Rm 1,1). Non è, però, solo l’apostolo ad essere chiamato, ma tutti coloro che credono in Cristo (Rm 1,6 s; 9,24; 1Cor 1,2.24). La chiamata di Dio è parola creatrice (Rm 4,17) ed è l’unica fonte dell’esistenza della comunità, costituita dai “santi chiamati”; essi formano un unico corpo, chiamato alla pace di Cristo che regna su di loro (Col 3,15; Ef 4,4). Paolo (Rm

8,28-30) sottolinea il fatto che la chiamata degli eletti è il fondamento del decreto divino di salvezza: vivere nella chiamata di Dio, significa essere giusti e partecipare alla gloria di Cristo (1Cor 1,9; 1Ts 2,12; 5,24). La chiamata al regno di Dio (1Ts 2,12) racchiude in sé, per i credenti, una nuova vita nella libertà (Gal 5,13) e nella santificazione (Ef 4,1; 1Ts 4,7; 2Ts 1,11); per tale prova, viene promesso “il premio della vocazione” (Fil 3,14; Ef 1,18; 1Tm 6,12). Il credente può lasciare gli ordinamenti di questo mondo così come sono, poiché la condizione in cui egli si trovava al momento della vocazione non ha più gran valore (1Cor 7,20-22). Similmente, Pietro dichiara che coloro che sono stati chiamati da Dio in Cristo (1Pt 1,15; 5,10) e che sono stati salvati dalle tenebre, devono annunciare le opere di Dio (1Pt 2,9), seguendo Cristo nella sofferenza alla quale sono anch’essi chiamati (1Pt 2,21), per

ereditare infine la benedizione (1Pt 3,9; cf. anche Eb 3,1; 9,15; Ap 17,14; 19,9). Allo spettro semantico del verbo greco kaléin appartengono i termini importanti di eklégomai (“eleggere”) e di ekklesìa (comunità).

 

3.Spunti di riflessione

Il rapporto tra Dio e l’uomo, per quanto concerne la vocazione/chiamata, è asimmetrico, perché c’è un’infinita sproporzione tra l’infinito amore di Dio per la sua creatura e la pur libera iniziativa dell’essere umano, che si rivolge al suo Creatore per invocarlo o per rispondere alla sua chiamata. Solitamente l’uomo si rivolge al suo Signore e Dio per ottenerne l’aiuto, l’attenzione, il sostegno nella prova, la compassione, il perdono e la benevolenza ma Dio dona sempre la sua grazia ai suoi

figli e con sapiente provvidenza li guida alla salvezza, anche se vuole essere al centro del pensiero dell’uomo e vuole essere “pregato e supplicato”.

L’uomo non è mai dispensato dalla supplica, rivolta al suo Creatore e Signore, proprio perché è “creatura”. Quando Dio “chiama” l’uomo, non si comporta mai allo stesso modo, ma la sua chiamata è sempre originale, unica, personale e personalizzata.

– Dio chiamò Abramo facendo sentire la propria voce nell’intimo della coscienza del patriarca, mentre questi era in tutt’altre faccende nella chiassosa città di Ur, un crocevia commerciale molto attivo della bassa Mesopotamia (l’attuale Iraq); la “Voce” era perentoria e non ammetteva repliche né ripensamenti: “Vattene dal tuo paese e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io t’indicherò” (Gen12,1). Abramo restò affascinato dalla Voce che gli rimbombava nel cuore e nella mente ed abbandonò la sicurezza della sua posizione economica e sociale, affrontando i rischi di una promessa di proporzioni così smisurate da sembrare irreale: “Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione… in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gen 12,2-3). Abramo non se lo fece ripetere due volte. 

– Chiamò Mosè, mentre stava pascolando il gregge di suo suocero Ietro. Dio gli “parlò” da un roveto ardente, prospettandogli una grandiosa impresa: liberare niente meno che un popolo intero dalla schiavitù in Egitto, uno dei regni più potenti del tempo e non c’è da meravigliarsi che Mosè si fosse spaventato a morte davanti a quella missione “impossibile”: ma, come aveva già fatto il suo antenato Abramo, egli obbedì, diventando il legislatore d’Israele (Es 3,1-21).

Il piccolo Samuele avvertì di notte una “Voce” che lo invitava a mettersi a disposizione del Signore Dio d’Israele per cambiare radicalmente la situazione religiosa e politica del suo popolo (1Sam 3,1- 21) ed egli divenne uno dei più grandi profeti e uomini del Signore dell’intera storia del popolo eletto.

– Elia ricevette dal Signore l’invito di ritornare sui suoi passi (1Re 19,3-18) mentre era in fuga dal re Acab e dalla perfida regina Gezabele, che lo volevano morto, perché il suo compito era quello di essere il paladino di Dio contro le ingiustizie perpetrate dalla casa regnante del Regno del Nord, Samaria. Il profeta s’aspettava un incontro maestoso e terrificante col Signore (il vento impetuoso, il terremoto, il fuoco), ma la “Voce” del Signore si fece sentire nel mormorio di un vento leggero (1Re 19,12), un impalpabile soffio appena percettibile più dagli orecchi del cuore che da quelli che ornano la testa. Il Signore Dio sa fare un gran rumore anche nel silenzio più assoluto, se l’uomo accetta di ascoltarlo, come insegna la storia di tanti santi del nostro tempo e di quello passato.

-Saulo di Tarso, invece, mentre si recava in quel di Damasco per perseguitare ed imprigionare, torturare e, forse, uccidere gli odiati cristiani, fu travolto da una luce impetuosa e sbalzato di brutto da cavallo, mentre una “Voce” potente rimproverava il focoso fariseo, religiosissimo ed integerrimo osservante della Legge ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9,1-4). La vocazione di altri grandi uomini è stata meno drammatica e clamorosa di quella di Paolo di Tarso.

-S. Antonio abate, fondatore del monachesimo occidentale, fu colpito da una pagina del Vangelo mentre stava casualmente partecipando ad una celebrazione eucaristica. Il celebrante stava proclamando l’invito rivolto da Gesù ai suoi discepoli di vendere tutti i loro averi, darli ai poveri e seguirlo alla conquista di beni superiori. Detto, fatto.

-S. Ambrogio era il rappresentante legale dell’imperatore nell’Italia settentrionale ed era solo un catecumeno quando, intervenuto nella cattedrale del capoluogo per prevenire possibili disordini tra cattolici ed ariani, la voce di un bambino lo proclamò vescovo di Milano, cambiandogli la vita in modo radicale dall’oggi al domani.

– Per attirare a sé s. Agostino, uomo dall’intelligenza inquieta ed attratto più dai vizi che da una vita virtuosa, Dio si servì delle lacrime e delle silenziose preghiere di s. Monica, la madre del futuro vescovo e grande Padre della Chiesa.

-S. Francesco d’Assisi cominciò il suo cammino di conversione nelle buie ed umide prigioni di Perugia, dopo una sfortunata spedizione militare. Il crollo del suo sogno di diventare un cavaliere ammirato e ricco di gloria segnò l’inizio di una vita spesa nel totale dono di sé al Signore della storia e del mondo al punto che, chi lo incontrava, aveva l’inquietante impressione di essersi imbattuto in Cristo stesso.

-S. Ignazio di Loyola, un combattente nato, mentre era convalescente per i postumi di una ferita da guerra, sentì montare dentro di sé il desiderio di mettersi al servizio del grande Re del cielo leggendo un libro di biografie dei santi, capitatogli in mano per puro caso (o per provvidenza divina?), avendo ormai esaurito la scorta dei libri d’avventura di cui era avido lettore.

San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, avvertì questa chiamata ascoltando un giorno una predica del suo parroco e decise di rinunciare ad ogni uso personale dei beni, ispirando la sua vita a Gesù Crocifisso.

– Santa Caterina Volpicelli   sentì questa speciale vocazione a consacrarsi totalmente al Signore e a percorrere più alacremente la via della santità, guidata da sapienti e santi Direttori spirituali.

Si potrebbe continuare all’infinito, su questa falsariga, per raccontare la storia della vocazione alla santità di tanti uomini e donne che, nel corso della storia antica o recente, hanno saputo ascoltare la “voce” talvolta carezzevole, talvolta imperiosa ma sempre amorevole di Dio, che chiama i suoi figli al proprio servizio, allo scopo di far giungere a tutti gli uomini il suo annuncio di salvezza. Dio chiama sempre, non smette mai di parlare al cuore ed alla mente degli uomini, ma non sempre trova menti e cuori disposti ad ascoltarlo ed a donargli il proprio unico ed irrepetibile “sì”.

Maranola. Meditazione di P.Rungi sul carisma di Victorine Le Dieu

ADORARE, RIPARARE E RICONCILIARE

IL CARISMA DI VICTORINE LE DIEU

E DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE

RIFLESSIONE DI PADRE ANTONIO RUNGI

NEL CENTENARIO DELLA PRESENZA

DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE A MARANOLA DI FORMIA

 

VENERDI’ 4 OTTOBRE 2013 – FESTA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

 

 

Inizio questa mia riflessione, citando uno dei numeri più significativi dell’Esortazione apostolica del prossimo Santo, il Beato Giovanni Paolo II, “Vita consecrata” circa la vita e la missione dei religiosi nella chiesa e nel mondo contemporaneo. Una citazione che si addice al momento che stiamo vivendo, celebrando in questi giorni il primo centenario di presenza delle Suore di Gesù Redentore, in questa storica ed affascinante frazione del Comune di Formia, Maranola, che ha dato i natali ad una degna e santa figlia della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu, fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, e che corrisponde al nome, a voi ben noto, che è la Serva di Dio Suor Ambrogina di San Carlo, al secolo Maddalena D’Urso.

Ecco la citazione tratta dall’esortazione apostolica di Papa Giovanni Paolo II:

“Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Fate della vostra vita un’attesa fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all’uomo del nostro tempo. Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo. Questo nostro mondo affidato alle mani dell’uomo, mentre sta entrando nel nuovo millennio, possa essere sempre più umano e giusto, segno e anticipazione del mondo futuro, nel quale Egli, il Signore umile e glorificato, povero ed esaltato, sarà la gioia piena e duratura per noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre e lo Spirito Santo” (VC, 110).

 

Mi preme evidenziare in questo contesto celebrativo, quanto è stato scritto ne depliant di invito al “Rendimento di grazie per il centenario di missione” delle Suore di Gesù Redentore in questa comunità cristiana, parrocchiale, civile ed umana. Una citazione tratta dagli scritti della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu “L’amore di Dio, può rinnovare la terra. Credo con una nuova fede. Spero con una più forte speranza. Voglio con una sincera carità lavorare all’opera così giusta e necessaria della riconciliazione che Dio nella sua misericordia ha riservato al nostro tempo”.

E’ su questo progetto di vita e missione della loro fondatrice che le Suore di Gesù Redentore hanno lavorato in questi 100 anni di presenza a Maranola. E di questo vogliamo rendere rende grazie al Signore noi tutti qui convenuti e chi ci sta spiritualmente vicino per celebrare degnamente questo primo centenario.

A me il compito di delineare i contenuti essenziali del carisma di Victorine Le Dieu e delle Suore di Gesù Redentore, che è incentrato su tre parole chiavi del Vangelo: Adorale, riparare, riconciliare.

Il mio pensiero va in questo momento in segno di gratitudine e di riconoscenza a Papa Francesco, in questo giorno in cui la chiesa festeggia San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, di cui Papa Bergoglio porta il nome. Il mio pensiero va anche al pastore di questa Diocesi, l’arcivescovo, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, al parroco di questa comunità, monsignor Antonio De Meo, alla Madre generale delle Suore di Gesù Redentore, Suor Marilena Russo, a tutte le religiose della Congregazione di Victorine Le Dieu, ed in particolare alle suore di Gesù Redentore di Maranola, quelle presenti, quelli che sono viventi e soprattutto quelle che dal cielo guidano il cammino di questa comunità nel segno dell’adorazione, della riparazione e della riconciliazione, in particolare la figura esemplare della Serva di Dio, Suor Ambrogina, che proprio in questo luogo nasceva e maturava la sua decisione di seguire le orme di Victorine Le Dieu.. Scriveva nel diario spirituale: “Vorrei gridare a tutte le creature della terra: l’Amore s’è fatto Pane. Vorrei gridare a tutto il mondo che amasse l’Amore”; “Voglio guardare sempre in alto cercando una cosa sola: l’Amore”.

 

Nel discorso di Papa Francesco ai partecipanti all’assemblea plenario dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali  (U.I.S.G.), nell’ Aula Paolo VI , di Mercoledì, 8 maggio 2013, il Santo Padre così si è rivolto a tutte le superiore maggiori degli istituti femminili di vita consacrata e attraverso di loro a tutte le religiose del mondo:

“Gesù, nell’Ultima Cena, si rivolge agli Apostoli con queste parole: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16), che ricordano a tutti, non solo a noi sacerdoti, che la vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che vi ha chiamate a seguirlo nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da voi stesse per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà di Dio, spogliandovi dei vostri progetti, per poter dire con san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo “esodo” da se stessi è mettersi in un cammino di adorazione e di servizio.

Un esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore e di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle.

Adorare e servire: due atteggiamenti che non si possono separare, ma che devono andare sempre insieme.

Adorare il Signore e servire gli altri, non tenendo nulla per sé: questo è lo “spogliamento” di chi esercita l’autorità.

Vivete e richiamate sempre la centralità di Cristo, l’identità evangelica della vita consacrata.

Aiutate le vostre comunità a vivere l’”esodo” da sé in un cammino di adorazione e di servizio, anzitutto attraverso i tre cardini della vostra esistenza.

Questi cardini sono i voti: obbedienza, povertà e castità.

Papa Francesco si domanda ad un certo: “Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!”

Io mi chiedo e vi chiedo cosa sarebbe stata o sarebbe Maranola senza le Suore di Gesù Redentore, al cui centro del carisma e della spiritualità c’è l’eucaristia, che si fa dono e servizio per tutti ed in particolare per i bambini di questa amata terra maranolese.

 

I fondamenti del carisma

 

Dall’adorazione-contemplazione eucaristica nasce, cresce l’amore verso Gesù e verso i fratelli. Il vangelo della carità è quello che le interessa maggiormente, attingendo dall’eucaristia la forza per andare avanti, nonostante le innumerevoli difficoltà che si frappongono sistematicamente nella sua vita. Da tutta la sua esperienza di donna di fede, si comprende bene come Victorine Le Dieu, mossa dallo Spirito Santo, si sentì chiamata, in modo del tutto particolatr, a collaborare con Gesù, “unico e vero riparatore”, nella sua missione salvifica.

Visse l’evento della riparazione come ricomposizione nell’unità di tutto ciò che viene continuamente distrutto dal peccato, ed arricchì la Chiesa di un Istituto religioso di diritto pontificio, dedito all’apostolato, che ne continua la missione.

Il suo è il cammino di una donna che, sotto molti aspetti ed in diversi settori, ha precorso i tempi, è il cammino di un ideale che è ancora tutto da scoprire, da approfondire, da vivere in un mondo sconvolto che, come già lo esprimeva al suo tempo, “ha più che mai bisogno di redenzione e di riconciliazione”.

Per Victorine tutto inizia da una profonda vita interiore.

Attraverso i suoi scritti scopriamo come la Parola di Dio è per lei cibo quotidiano.

“È certo che la Parola di Dio nutre e consola. Molte volte ho ringraziato Dio per avermela fatta amare”.

L’Eucaristia è al centro della sua vita: passa lunghe ore in adorazione e approfondendo la vita eucaristica potrà anche lei diventare eucaristia per i fratelli, pane offerto e spezzato per rispondere alla fame dell’umanità: fame di Dio, fame di libertà… ma soprattutto si sentirà fortemente interpellata dalla fame di amore e di dignità da parte di tanti fratelli emarginati, disgregati, per niente calcolati dalla società.

Nasce il lei in desidero profondo di riparare con una vita di penitenza, sacrificio e donazione i mali del mondo. La sua esperienza carismatica la porta ad un profondo ascolto dei segni dei tempi…

La voce interiore si fa sempre più pressante: è la chiamata a riparare, riconciliare, aiutare l’uomo diviso in se stesso, con Dio, con la società a ritrovare l’unità, collaborare all’opera di Cristo Redentore venuto nel mondo per riportare il creato alla sua vocazione d’origine nell’unità della Trinità.

Vuole coinvolgere uno stuolo di persone di ogni condizione che, ponendo Cristo al centro della loro vita, collaborino alla missione di redenzione e di riconciliazione. Aspira a fare in modo che il mondo intero diventi eucaristia!

In un primo tempo si sente spinta a fondare una famiglia religiosa totalmente dedita all’adorazione riparatrice ed al culto liturgico, ma, alla richiesta del Papa di dedicarsi alle opere di misericordia nel mondo, il 15 gennaio del 1863, esattamente 150 anni fa, ella incarna la sua missione nel duplice aspetto di:

• contemplazione attraverso l’adorazione e il culto liturgico;

• dedizione verso tutti coloro che, secondo i tempi e i luoghi, hanno bisogno di essere riconciliati in loro stessi, con Dio, con i fratelli.

In lei si compie un doppio movimento:

• tutto riceve dall’Eucaristia e tutto dà in gesti concreti d’amore;

• poi di nuovo nell’Eucaristia offre, insieme a Cristo, l’umanità intera perché, nella forza dello Spirito, sia restaurata nell’unità della Trinità.

 

 Sempre fedele al progetto di Dio, ella esplicita chiaramente le opere che ritiene prioritarie e l’ideale che dovranno vivere coloro che la seguiranno: infanzia abbandonata, case di preghiera, case di accoglienza…

Questa missione, nella Chiesa, è affidata alla Congregazione delle Suore di Gesù Redentore che sono riunite dallo Spirito per l’originale chiamata di adorazione, di riparazione e di riconciliazione a servizio dei fratelli:

• ponendo come centro propulsore l’Eucaristia, “fonte e apice di tutta la vita cristiana”;

• dedicandosi particolarmente ai fratelli disgregati dal peccato, dall’emarginazione, dalla povertà, per ricomporre la loro umanità in Cristo.

Il carisma di famiglia rende particolarmente attenti ad esprimere nell’adorazione ed intercessione i sentimenti di misericordia di Cristo verso i poveri, coloro che hanno il cuore spezzato, per collaborare con Lui all’edificazione e restaurazione del suo regno fra gli uomini.

 

Questo carisma nella concretezza della vita di tutti i giorni è stato vissuto da tutte le Suore di Gesù Redentore che sono passate in questi 100 anni nella casa religiosa di Maranola, dove dal loro primo insediamento hanno curato i bambini abbandonati o in disagio sociale con il Convitto, secondo il carisma della Fondatrice, la Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, e successivamente hanno e lavorano nell’attività formativa nella scuola dell’infanzia e nella collaborazione sistematica con la parrocchia.

Oggi siamo qui per ringraziare il Signore, la Vergine Santa, venerata con il titolo di Madre della Riconciliazione, riferendosi alla Madonna de La Salette, alla fondatrice Madre Victorine le Dieu, a tutta la sua famiglia religiosa, che oggi soffre per mancanza di vocazioni in Italia e in Europa.

Questo evento storico di particolare importanza per Maranola e per le Suore di Gesù Redentore possa costituire un momento di forte impegno pastorale, missionario, spirituale, umano e cristiano in generale per chiedere al Signore, attraverso l’intercessione della Madonna de La Salette, di San Giuseppe, della Serva di Dio Victorine Le Dieu, sante e ferventi religiose alla Chiesa di Cristo, per rendere visibile e trasmettere quel carisma di adorazione, riparazione e riconciliazione che è stato ed è il cuore della vita delle Suore di Gesù Redentore qui di Maranola e di tutte le comunità religiose di questo amato, stimato, apprezzato e storico istituto di vita consacrata con il suoi 100 anni di presenza qui a Maranola e con i suoi 150 anni di storia e di approvazione, avuta prima dello stesso riconoscimento uffciale, da Papa Pio IX, il 15 gennaio del 1863.

Victorine Le Dieu e Suor Ambrogina, entrame serve di Dio, dal cielo guidino il cammino della loro famiglia religiosa in questo tempo di difficoltà e di vari problemi della chiesa e nel mondo contemporanei.

 

Faccio mie le preghiera del Beato Giovanni Paolo II per la vita consacrata, tratta dall’Esortazione Apostolica “Vita consecrata” (n.112) e di Papa Francesco, posta a conclusione della sua Enciclica “Lumen fidei” (n.60), punto di riferimento spirituale per questo anno della fede che volge al termine.

 

 

Preghiera di Giovanni Paolo II

 

Maria, figura della Chiesa,

Sposa senza ruga e senza macchia,

che imitandoti «conserva verginalmente integra la fede,

salda la speranza, sincera la carità»,

sostieni le persone consacrate

 nel loro tendere all’eterna e unica Beatitudine.

 A Te,

 Vergine della Visitazione,

 le affidiamo,

 perché sappiano correre incontro

 alle necessità umane,

 per portare aiuto, ma soprattutto per portare Gesù.

 Insegna loro a proclamare le meraviglie

 che il Signore compie nel mondo,

 perché i popoli tutti magnifichino il suo nome.

 Sostienile nella loro opera a favore dei poveri,

 degli affamati, dei senza speranza,

 degli ultimi e di tutti coloro

 che cercano il Figlio tuo con cuore sincero.

 A te, Madre,

 che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico

 dei tuoi figli e figlie nella risposta d’amore

 e di dedizione totale a Cristo,

 rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera.

 Tu che hai fatto la volontà del Padre,

 pronta nell’obbedienza, coraggiosa nella povertà,

 accogliente nella verginità feconda,

 ottieni dal tuo divin Figlio

 che quanti hanno ricevuto il dono

 di seguirlo nella vita consacrata

 lo sappiano testimoniare

 con una esistenza trasfigurata,

 camminando gioiosamente,

 con tutti gli altri fratelli e sorelle,

 verso la patria celeste

 e la luce che non conosce tramonto.

 Te lo chiediamo,

 perché in tutti e in tutto sia glorificato,

 benedetto e amato il Sommo Signore

 di tutte le cose

 che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

 

 

 

Preghiera di Papa Francesco

 

A Maria, madre della Chiesa e madre della nostra fede,

ci rivolgiamo in preghiera.

Aiuta, o Madre, la nostra fede!

Apri il nostro ascolto alla Parola,

perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.

Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi,

uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa.

Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore,

perché possiamo toccarlo con la fede.

Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui,

a credere nel suo amore,

soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce,

quando la nostra fede è chiamata a maturare.

Semina nella nostra fede la gioia del Risorto.

Ricordaci che chi crede non è mai solo.

Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù,

affinché Egli sia luce sul nostro cammino.

E che questa luce della fede cresca sempre in noi,

finché arrivi quel giorno senza tramonto,

che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore!

Amen

Lampedusa. Su questa immane tragedia riflettiamo tutti ed agiamo.

morti-lampdusa.jpgUn dolore immenso che non possiamo tacere

di Antonio Rungi

Il mondo non può continuare a vivere se nulla fosse successo questa mattina. Ogni giorno le notizie della morte di immigrati sulle nostre coste oppure su altre del mondo occidentale non ci scuotono più di tanto. Forse, oggi, il numero così grande di vittime della speranza ci fa, in questo momento, essere più realistici ed anche più arrabbiati rispetto ad altre simili tragedie, simili vergogne che non dovrebbero più accadere nel mondo. L’immigrazione c’è sempre stata nella storia dell’umanità e sempre ci sarà, perché l’uomo è cittadino del mondo e come tale si trasferisce da una parte all’altra con facilità se è nelle su possibilità. Oggi il dramma non è quello della immigrazione, ma delle leggi che ne ostacolano la normale attuazione. La restrizione delle possibilità di una persona di andare da una parte all’altra è dettata dalle leggi dei singoli stati, delle comunità di stati o dell’unione di più stati. Certo in Italia che già soffre per se stessa non possiamo materialmente accogliere migliaia e migliaia di persone, in assenza di lavoro e di strutture, anche se il nostro cuore di italiani è sempre aperto ad accogliere gli immigrati, memori anche noi di essere stato e di essere un popolo di navigatori, poeti, santi e turisti perenni. Il problema dell’immigrazione è quindi a monte. Quanti organizzano i cosiddetti viaggi della speranza, in tutta clandestinità, che poi si trasformano puntualmente in viaggi della morte si posso permettere queste operazioni illegali perché sanno che possono farcela, in quanto è davvero impossibile controllare partenze ed arrivi da ogni parte del mediterraneo. Dovrebbero essere i paesi d’origine a tenere sotto controllo i propri cittadini. Di essi spesso non sanno neppure il nome, perché non sono registrati all’anagrafe, non ne sanno nulla. Molti poi scappano come nel caso di oggi dalle guerre civili e dalle violenze, scappano dalla fame e da ogni altra miseria umana e corporale. La presenza di donne e bambini è dice lunga circa il motivo per cui vengono in Italia. Vengono nella speranza della “salvezza” nel nome di quel Dio in cui tutti crediamo e che dovrebbe essere il motivo per accogliere tutti. Oggi si parla, nel linguaggio politico, che non è questione solo dell’Italia, ma dell’Europa. Io dico che è una questione mondiale, di questo mondo così assurdo che permette ancora di far morire 18 milioni di bambini per fame all’anno e altri milioni di persone per mancanza del necessario. Un mondo dove la guerra uccide fratelli e sorelle per un assurda legge di predominio, di prepotenza, di superiorità o per banali motivi di interesse territoriale, culturale, economico e religioso. Questo mondo deve cambiare rotta e tutti devono essere protagonisti di questo cambiamento. Abbiamo l’Onu, abbiamo organizzazioni mondiali, europee, abbiamo associazioni di ogni tipo. Cosa fanno per arginare questo fenomeno dell’immigrazione clandestina che determinano la morte sistematica e scontata di tante persone. Su un barcone con oltre 500 persone che incominciava a calare a picco nel mare, qualcuno per farsi vedere dalle navi ed imbarcazioni in transito ha acceso il fuoco con le conseguenze che conosciamo. Se era una traversata regolare ed autorizzata non poteva succedere questo. Ecco perciò che io come tante persone sensibili si domanda: ma dove sono i controlli, chi ci guadagna su questi viaggi, non è che ci sia la corruzione anche in questo ambito nei territori di provenienza di queste persone che lasciano la loro nazione in cerca di lavoro o di libertà?
Due anni fa stavo ancora a Mondragone nel nostro convento dei Passionisti e furono trasferiti in questa struttura circa 100 immigrati clandestini provenienti da Lampedusa, accolti dal Centro Laila, che è ospitato nella nostra struttura conventuale. Ci stettero due mesi e poi furono trasferiti in altri centri di accoglienza più attrezzati. Fu bello vedere tante persone di culture e religioni diverse, di ogni popolo e nazione stare insieme ed anche pregare nella nostra chiesa parrocchiale. Quella presenza non fu per alcuni gradita, per altri invece accettata e sostenuta e scattò una gara di solidarietà, di turnazione per assicurare l’assistenza in certi ambiti come la mensa e la distribuzione dei viveri. Fu un gesto di disponibilità che fece scattare su quella città anche la solidarietà verso gli ultimi. Non mancarono problemi di coesistenza tra vari gruppi, ma alla fine tutto fu gestito alla meglio e con un profondo vuoto lasciato nella città quando gli immigrati andarono via. Il racconto delle loro tragedie umane personali e familiari le porto ancora nel cuore e nei miei ricordi. Voglio dire che non basta solo la buona volontà di qualcuno, forse anche interessato economicamente ad accogliere gli immigrati, ma deve essere un discorso di legalità a livello internazionale e mondiale. Le norme vanno riviste e rispettate, perché questi nostri fratelli che arrivano in Italia e riescono a salvarsi la vita, se vengono accolti bene rimangano pure, ma se devono essere sfruttati, umiliati, vederli in mezzo alle strade, soprattutto le donne per altri tipi di comportamenti, non solo quale discorso di accoglienza e di umanità possiamo fare se permettiamo di far vivere nei tuguri, senza acqua, senza luce, senza cibo migliaia di persone che sono clandestine e che in Italia dopo aver trovato la salvezza dal mare, trovano la morte quotidiana, materiale e spirituale, perdendo la loro dignità di esseri umani, vivendo come “bestie” e pagando fitti e svolgendo lavoro con l’essere sfruttati fino all’osso. Ecco perché davanti all’ennesima tragedia di oggi mi interrogo e ci interroghiamo: perché non aiutare questi popoli a farli crescere e sviluppare dove sono dando gli aiuti necessari, senza promettere a loro dei paradisi che non ci sono da nessuna parte, neppure nel nostro bellissima ed accogliente, da tutti i punti di vista, come l’Italia? Perché l’aiuto non lo diamo in loco. Evidentemente ci sono interessi di ogni genere per far arrivare clandestinamente in Italia e in occidente questi nostri fratelli. Allora anche le nostre lagrime di oggi e le nostre rabbie non hanno senso, se poi a pronunciarle sono persone che hanno responsabilità in Italia e altrove. Ancora una volta la voce di Papa Francesco ci fa capire come dobbiamo agire: chi si vergogna di una cosa non la fa succedere più. Di queste ed altre vergogne l’umanità intera si sta caricando responsabilità davanti alla storia e soprattutto davanti a Dio. Ero forestiero e mi avete ospitato. Anche su questo verremmo giudicati tutti, credenti e non credenti, cattolici e di altre confessioni o religioni del mondo, perché il giudizio finale di Dio sulle nostre persone e sulla storia dell’umanità sarà sulla carità. Signore aiutaci a non continuare a sbagliare nei confronti di tanti fratelli e sorelle immigrati che vorrebbero arrivare nei paesi del benessere e della libertà e che poi muoiono tristemente nel mare con naufragi di ogni genere. Facci capire dove sbagliamo e soprattutto cosa dobbiamo fare concretamente perché questi drammi che toccano la coscienza di tutti non capitano davvero mai più… mai più!

Passionisti. 38 anni di sacerdozio di padre Antonio Rungi, missionario passionista

150120132141.jpgantonio1.jpgPadre Antonio Rungi, passionista, domenica 6 ottobre 2013 celebra il 38° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta a Napoli il 6 ottobre 1975 per la preghiera e l’imposizione delle mani di mons.Antonio Zama, nella Chiesa dei padri passionisti di Napoli, dedicata a Santa Maria ai Monti, ai Ponti Rossi. Una tappa importantissima per noto religioso passionista della Provincia dell’Addolorata, che ha guidato come superiore provinciale nel quadriennio 2003-2007. Padre Antonio Rungi, padre Antonio dell’Addolorata, religioso e sacerdote passionista  è nato ad Airola (BN) 62 anni fa. Entra tra i Passionisti, all’età di 13 anni, nella Scuola Apostolica di Calvi Risorta (CE) il 4 ottobre 1964. A settembre del 1966, dopo il ginnasio, fa il suo ingresso nel Noviziato passionista di Falvaterra (FR), dove svolge il suo anno di prova, prima della professione religiosa, emessa il 1 ottobre del 1967 nel Ritiro di San Sosio Martire in Falvaterra (Fr). Completati gli studi filosofici a Ceccano (Fr) nel Ritiro della Badia, viene trasferito a Napoli per seguire gli studi di Teologia, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez. San Tommaso d’Aquino-Capodimonte.

Il 21 novembre del 1974 emette la professione perpetua. Ultimato il quinquennio teologico consegue il Baccellierato in Teologia nel 1975. Il 23 luglio 1975 è ordinato Diacono nella Chiesa S. Maria ai Monti dei Padri Passionisti di Napoli. Il 6 ottobre 1975 nella medesima Chiesa dei Passionisti di Napoli viene ordinato sacerdote dall’allora vescovo ausiliare di Napoli, mons. Antonio Zama, poi diventato arcivescovo di Sorrento-Castellammare.

Negli anni accademici dal 19775/76 al 1977/78 prosegue gli studi per la Licenza specializzata in Teologia, che consegue, nel 1979, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale con una tesi in Teologia pastorale, indirizzo etico, sul “Verbum Crucis e rinnovamento pastorale” (relatore: prof. Settimio Cipriani, biblista).

I primi anni del suo ministero sacerdotale li svolge nella città di Napoli e nella vicina città di Casoria, come collaboratore del parroco di San Paolo Apostolo. Promuove una serie di iniziative culturali, ricreative e religiose e svolge un’intensa azione pastorale nelle famiglie, tra i giovani, con gli anziani e nella scuola. Memorabile è la sacra rappresentazione della Passione di Gesù nella settimana santa del 1977 nella Piazza di Casoria con circa 200 attori e 10.000 spettatori.

Nel settembre del 1978 è trasferito alla comunità passionista di Mondragone, con l’incarico di collaboratore del parroco. Inizia, così, la lunga ed ininterrotta presenza di Padre Antonio Rungi nella comunità di Mondragone, che durerà fino al 2003, quando fu eletto dal capitolo provinciale, tenuto a Formia (Lt), superiore provinciale della provincia religiosa dell’Addolorata (Basso Lazio e Campania). Mandato ultimato nell’aprile 2007. In questo periodo è stato assistente spirituale del Monastero delle Monache Passioniste di Napoli e Vice-presidente della Cism Campania.

Padre Rungi nel 1982 consegue anche la Laurea in Filosofia all’Università di Napoli, con una tesi in Filosofia della Storia, e, nel 1986, la Laurea in Lettere classiche presso l’Università di Cassino (FR), con una tesi in Storia della Scuola.

Docente di ruolo nelle scuole statali di varie discipline (Lettere, Filosofia, Pedagogia, Psicologia, Scienze umane e sociali), ha insegnato ininterrottamente dal 1978 a tutt’oggi 2013.

Impegno didattico anche nel campo religioso, con l’insegnamento della Teologia Morale  ed altre discipline teologiche ed umanistiche negli Istituti di Scienze religiose di Sessa Aurunca e Teano e nel Magistero di Capua.

Dal 1973 a tutt’oggi ha collaborato, in qualità di giornalista pubblicista, con diverse riviste e giornali, quali l’Osservatore Romano e Avvenire. Dal 1990 al 2011 è stato direttore responsabile della rivista Presenza Missionaria Passionista.

Tra i passionisti ha ricoperto alcuni uffici: vicario, direttore,, membro delle commissioni provinciali apostolato, delegato al Capitolo provinciale, delegato della Cipi, Superiore provinciale. 

Nella diocesi di Sessa Aurunca è stato chiamato a vari uffici e mansioni: membro del consiglio presbiterale, del consiglio pastorale diocesano, vice-segretario del Sinodo Diocesano, presidente della commissione comunicazioni sociali, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, incaricato diocesano della pastorale del tempo libero, turismo, sport e spettacolo.

Autore di oltre 13.000 articoli di prevalente contenuto religioso, molti sulla vita consacrata, pubblicati su giornali, riviste, siti e blog internet è autore anche di alcuni opuscoli (Chiesa locale e mass-media; Il Servo di Dio Padre Giuseppe Pesci, il Nuovo Rosario Meditato, la Via Crucis, ecc,), Il Rosario di Padre Pio da Pietrecina..

La sua maggiore attività l’ha svolta nel campo missionario: panegirici, tridui, settenari, novenari, collaborazione alle missioni popolari, conferenze, esercizi spirituali al popolo, ritiri spirituali alle Suore, settimane sante, prediche di circostanze, esercizi spirituali ai religiosi e alle religiose, Ritiri mensili al clero diocesano. Assistente spirituale e confessore ordinario e straordinario di vari istituti religiosi femminili. Negli anni 1978-2011 è stato cappellano delle Suore Stimmatine e di Gesù Redentore di Mondragone. Ha predicato gli esercizi spirituali a vari istituti religiosi, ha tenuto il ritiro mensile a tutte le religiose della Diocesi di Sessa Aurunca e dall’arcidiocesi di Gaeta. Continua questo suo specifico ministero nell’attuale comunità di residenza del Santuario della Civita in Itri (Lt).

Nel 2006 è’ stato eletto Vice-presidente della Cism-Campania.

Oggi continua la sua missione nella Chiesa e nella Congregazione dei Passionisti offrendo il suo pieno servizio per la diffusione della Parola della Croce e del Vangelo della Passione, sull’esempio del fondatore dei Passionisti, San Paolo della Croce, con la predicazione itinerante, l’amministrazione del sacramento della riconciliazione, con la direzione spirituale e la predicazione di corsi di esercizi spirituali alle Suore di vari istituti femminili.

Attualmente è confessore ordinario di vari istituti religiosi femminili della Campania e del Lazio. Predica ritiri spirituali mensili o periodici a vari istituti religiosi. Cura la formazione di Suore, di Laici e soprattutto dei giovani con l’insegnamento nella scuola statale.

Un sincero augurio da parte della comunità web a padre Antonio Rungi, anche per il suo impegno nella comunicazione sociale.

 

Gaeta (Lt). Ordinazione sacerdotale di don Gennaro Petruccelli, sabato 5 ottobre

gennaro-diacono.jpggennaro-diacono1.jpgGaeta (Lt). Mons. D’Onorio, arcivescovo di Gaeta, ordina presbitero, Gennaro Petruccelli, diacono del clero diocesano

 

di Antonio Rungi

 

Sabato 5 ottobre 2013 alle ore 19.00 nella Chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo in Gaeta  S. E. Mons. Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta  (Lt) presiederà la solenne concelebrazione eucaristica durante la quale il diacono Gennaro Petruccelli del clero diocesano riceverà l’Ordine Sacro del Presbiterato, per la preghiera e l’imposizione delle mani del suo vescovo, che lo ha ritenuto degno di questo ministero, dove averlo ordinato diacono  il 12 aprile scorso nella stessa chiesa parrocchiale, ove verrà ordinato presbitero.

Don Gennaro Petruccelli, 26 anni, nativo di Gaeta, ha avvertito la vocazione sacerdotale ben presto, svolgendo il servizio di ministrante e di giovane di Azione Cattolica nella sua parrocchia di San Paolo in Gaeta e nella comunità dell’Oratorio San Giovanni Bosco, sotto la guida del parroco don Stefano Castaldi. Dopo la maturità scientifica, il 25 ottobre del 2006 è entrato nel Seminario Maggiore Regionale, Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, ove ha ultimato, nel maggio 2013, gli studi teologici in preparazione al sacerdozio. Negli anni di formazione ha svolto il ministero pastorale  presso le parrocchie “San Pio X a Salto di Fondi, “Santa Maria Maggiore” a Lenola, “Cuore Eucaristico di Penitro. Dall’ottobre 2012 svolge il suo servizio presso le parrocchie di Itri sotto la guida del parroco don Guerino Piccione. E’ iscritto alla Facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana. Dall’inizio di settembre 2013 è stato nominato Assistente del Settore Giovani di Azione Cattolica diocesana. Il Presbiterato è il secondo grado del Sacramento dell’Ordine e inserisce l’eletto nel presbiterio diocesano in stretta obbedienza e unione col Vescovo. Il presbitero a immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per annunciare la buona novella del Regno di Dio, pascere i fedeli e celebrare il culto divino. Segnati da uno speciale carattere che lo configura a Cristo sacerdote, egli agiscono ‘in persona’ di Cristo capo, soprattutto nella celebrazione dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione. Parte essenziale del rito sarà l’Imposizione delle mani dell’Arcivescovo sul capo dell’eletto assieme alla preghiera consacratoria. Come è prassi liturgica imporranno le mani sul novello consacrato tutti i sacerdoti presenti e concelebranti. Questa nuova ordinazione sacerdotale è un dono straordinario di grazia del Signore per la diocesi di Gaeta, in mancanza di sacerdoti. Un’occasione questa per pregare il Signore perché mandi santi sacerdoti alla Chiesa di Gaeta. Sono, infatti,  dodici i seminaristi che studiano nel Seminario di Anagni e si stanno preparando spiritualmente e culturalmente al ministero del presbiterato.

Telese (Bn). Consacrazione episcopale di monsignor Orazio Francesco Piazza, nuovo vescovo della Diocesi di Sessa Aurunca

sessa3.pngstemma-corr.jpgpiazzavescovo.pngCattedrale_-_Cerreto_Sannita.jpgFervono gli ultimi preparativi a Cerreto e a Telese per l’ordinazione episcopale di Monsignor Orazio Francesco Piazza, sacerdote della Diocesi di Cerreto-Telese- San’Agata dei Goti, che sarà consacrato vescovo della diocesi di Sessa Aurunca, sabato 21 settembre 2013, alle ore 16,30 nello Stadio comunale di Telese-Terme (Bn). Vescovo consacrante principale è il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli e Presidente della Conferenza Episcopale Campana, con l’ausilio di monsignor  Michele De Rosa, vescovo di Cerreto-Telese-sant’Agata dei Goti, e  di monsignor Antonio Franco, arcivescovo titolare di Gallese e Nunzio Apostolico. Attesi tutti i vescovi della Campania, circa 300 sacerdoti, circa 10.000 fedeli delle due diocesi interessate da questo storico evento.
Monsignor Orazio Francesco Piazza è il 70° vescovo, che la storia ricordi, a guidare pastoralmente la Diocesi di Sessa Aurunca e succede in questo ministero a monsignor Antonio Napoletano, religioso redentorista, che ha guidato la diocesi sessana nell’ultimo ventennio.

Papa Francesco, infatti, il 25 giugno di quest’anno, accettando la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Sessa Aurunca, presentata da S.E. Mons. Antonio Napoletano, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico, per raggiunti limiti di età, ha nominato Vescovo di Sessa Aurunca il rev.do Orazio Francesco Piazza, del clero della diocesi sannita, Vicario episcopale e docente universitario.

L’ingresso nella Diocesi di Sessa Aurunca di monsignor Piazza è in programma per il 4 ottobre 2013, alle ore 16.30, giorno onomastico del novello vescovo.

La comunità diocesana si sta preparando per il duplice storico avvenimento della consacrazione del nuovo vescovo e del suo ingresso in Diocesi con un percorso di preghiera, riflessione e condivisione in tutte le 42 parrocchie che costituiscono l’ossatura portante della diocesi di Sessa Aurunca. Settantamila abitanti, durante il periodo settembre-giugno, quasi 200 mila durante il periodo estivo per la presenza di numerose località turistiche che caratterizzano il territorio diocesano che si estende lungo la fascia del litorale domiziano dalla foce del Fiume Garigliano a quella del Volturno, con oltre 30 Km di costa. Cinque i comuni che costituiscono la Diocesi. Sessa Aurunca, Mondragone, Carinola, Cellole e Falciano del Massico. Un territorio segnato da tante emergenze sociali ed ambientali, con la consistente presenza di immigrati.

Una chiesa viva quella che troverà il Vescovo per l’impegno costante di sacerdoti, diaconi, fedeli laici che sono assidui collaboratori di parroci in tutte le comunità dove più forte si avverte la necessità di una nuova evangelizzazione.

Nel saluto che il nuovo vescovo ha voluto rivolgere all’intera comunità diocesana in occasione della sua nomina  a pastore di questa storica diocesi della Campania ai confini con il Lazio ha voluto sottolineare la sua missione e ha chiesto la collaborazione di tutti: “Rivolgo il mio pensiero carico di affetto e di speranza a tutti voi, soprattutto ai sacerdoti, chiedendo generosa disponibilità nell’accogliermi e nell’aiutarmi a rendere sempre più feconda la nostra Chiesa locale; a voi Religiosi e Religiose segno quotidiano della comune aspirazione alla pienezza del Regno di Dio; a voi laici tutti, presenza viva e operosa nella difficile realtà dell’uomo”. Una realtà citata quando scrive: “Desidero manifestare la speciale ed affettuosa attenzione per i malati, gli anziani, e per chi i assiste; per le famiglie, attraversate da singolari problemi, ma primo ambito vitale per una nuova formazione umana e cristiana; per quanti oggi sono senza lavoro, in un momento così critico, e per chi è costretto a vivere lontano, con la nostalgia di questa nostra casa; per i bambini, speranza del domani e, in particolare, per i giovani, perché abbiano coraggio, vitalità e rinnovato entusiasmo”.

Comunione, condivisione e collaborazione sono i tre termini che l’eletto vescovo di Sessa Aurunca porta all’attenzione della comunità diocesana nel suo messaggio iniziale e saluto. Concetti sintetizzati anche nel motto e nello stella del suo episcopato: “Christus lumen gentium”, Cristo luce delle genti, con forti ed accentuati richiami spirituali e pastorali, nonché localistici: “D’azzurro, alla città delle tre torri d’oro, sormontata da un’ombra di sole dello stesso, caricata da un chrismon, con le lettere alpha e omega poste sotto il braccio di traverso, il tutto di rosso”.

Padre Antonio Rungi

ITRI, IL CONVEGNO SU PAPA FRANCESCO

2013-07-07 19.06.52.jpgItri (Lt). Il primo convegno su Papa Francesco, a 100 giorni della sua elezione. Molto interesse e tantissima partecipazione.

di Antonio Rungi

Nell’ambito dei solenni festeggiamenti in onore della Madonna della Civita, la patrona dell’Arcidiocesi di Gaeta e della città di Itri, che si svolgono dal primo al 22 luglio di ogni anno, domenica 7 luglio 2013, dalle ore 19,00 alle ore 21,00, ad Itri, nella chiesa parrocchiale Santa Maria Maggiore, si è solto il convegno ecclesiale-parrocchiale su “Papa Francesco. I primi 100 giorni” di Pontificato. Circa 1000 persone presenti in chiesa per ascoltare i vari relatori. Presenti al Convegno il parroco don Guerino Piccione padre Antonio Rungi, della comunità passionista del Santuario della Civita, che predicherà il 12 luglio durante la novena in onore della Madonna. Ad introdurre i lavori è stato l’Avvocato Antonio Fargiorgio, presidente dell’Associazione Madonna della Civita, che ha messo in risalto la finalità del convegno nel contesto della festa patronale. Il primo saluto ai convenuti è stato del parroco, don Guerino Piccione che ha messo il risalto la speciale devozione di Papa Francesco verso la Madonna, richiamando il suo primo significativo gesto di portare un vasetto di fiori alla Madonna Salus Populi Romani a Santa Maria Maggiore in Roma all’indomani della sua elezione a Sommo Pontefice e Vescovo di Roma. A seguire, l’intervento del sindaco della cittadina, dott. Giuseppe De Santis, che ha sottolineato l’importanza della festa patronale come momento di aggregazione e di approfondimento della propria fede. A coordinare tutto il convegno, oltre che ad organizzarlo concretamente, è stato Orazio La Rocca, vaticanista de “La Repubblica” e collaboratore del settimanale L’Espresso, che è originario di Itri. Il primo atteso intervento è stato di Pippo Baudo, noto presentatore della Rai. Pippo Baudo ha parlato del potente e trasformante carisma di Papa Francesco, che oltre a dare una sterzata alla Chiesa è un forte richiamo anche ai media, alla televisione, a camminare secondo criteri di eticità e moralità, con uno stile di vita semplice e povera. A seguire, Gianni Valente, biografo del Cardinale Bergoglio, quando era arcivescovo a Buenos Aires, in Argentina. Ha parlato dei suoi vari incontri con Papa Bergoglio, dei vari aneddoti e della sua amicizia con l’allora cardinale ed ora Papa. Due fatti hanno suscitato viva emozione nei presenti, quando Valente ha parlato della visita di Bergoglio e sua alla “città nascosta”, una grande estensione di terreno dove abitano in condizioni disumane migliaia di persone a Buenos Aires e come il cardinale Bergoglio sapeva stare vicino a quella gente. L’altro fatto commovente citato da Valente è stato la carità pastorale con cui l’allora arcivescovo fu vicino ad un ex-vescovo che aveva lasciato e si era sposato, restando praticamente escluso ed emarginato da tutti. Lui lo andava a visitare e lo confortava con la parola e l’affetto del buon pastore, che non esclude nessuno dal suo ovile, anzi che va in cerca della pecorella smarrita. Il successivo intervento è stato quello di Carlo Di Cicco, Vice-Direttore de L’Osservatore Romano. Di Cicco ha parlato in particolare dello stretto rapporto che intercorre tra Papa Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI e Papa Francesco. “Non ci sarebbe Francesco, se non ci fosse stato Benedetto che come sappiamo ha rinunciato perché ha capito che le forze umane non c’erano più per continuare. Di Papa Giovanni Paolo II la gente diceva che andava a vederlo, di Papa Benedetto la gente diceva che andava ad ascoltarlo, di Papa Francesco la gente dice semplicemente che bisogna imitarlo e non sarà facile per nessuno”, ha detto il Vice Direttore dell’Osservatore Romano. L’ultimo, sintetico intervento è stato di padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, che ha raccontato dell’elezione del Papa e della prossima venuta del Papa ad Assisi, sottolineando il fatto della scelta del nome “Francesco” per dare anche attraverso questi segnali una svolta potente ed innovativa a tutta la chiesa. I fatti di questi giorni ha detto padre Enzo, lo stanno dimostrando. Ha anticipato anche la notizia che il Papa ha scritto una bellissima preghiera in onore di San Francesco che depositerà, nella cripta del Santo il 4 ottobre 2013 quando andrà in visita pastorale ad Assisi nel giorno stesso della festa del Patrono dell’Italia. L’ultimo intervento è stato del Maestro Ambrogio Sparagna che ha portato la sua testimonianza dell’incontro con il Papa nei giorni scorsi con circa 200 bambini delle case famiglie, e con il concerto offerto al Papa. Poi una sua esibizione all’organetto ed insieme ad un’artista siciliana l’esecuzione di un bellissimo canto sulla verginità della Madonna, in dialetto siciliano. Le ultime parole di saluto sono state di Pippo Baudo che ha sottolineato l’importanza di vivere in comunione della chiesa, di dare la possibilità a divorziati risposati di accostarsi all’eucaristia, del cambiamento di indirizzo e di impostazione dello Ior, della scelta della povertà e della tenerezza che devono caratterizzare sacerdoti, religiosi e suore. A conclusione del convegno, come ogni anno, dopo una breve processione per le principali vie di Itri c’è stata l’ostensione del quadro della Madonna della Civita, in Piazza Incoronazione. Rito che ha aperto ufficialmente il periodo di festeggiamenti in onore della Santissima Patrona della Arcidiocesi di Gaeta e della Città di Itri. Alle 22.00 tutti a casa, dopo una serata di ascolto e riflessione sulla straordinaria personalità di Papa Francesco.

La prima enciclica di Papa Francesco “Lumen fidei”

bf0cd5db490ea06a261021c0f7d5-grande.jpgE’ certamente l’unica  enciclica ad essere scritta a quattro mani, nel senso che vi hanno lavorato intorno a tale progetto due Pontefici, entrambi viventi: uno emerito, Papa Benedetto XVI, che ha avviato il progetto e, l’altro, il Papa in carica, Francesco, che lo ha completato e lo ha reso noto alla comunità cristiana di tutto il mondo, ufficializzando il documento e presentando a tutti coloro che, in questo anno della fede, che volge al termine, vogliono riscoprire il dono della fede ricevuto nel battesimo. Il titolo dell’enciclica è significativo ed espressivo per sé. Fa riferimento alla luce della fede, indicando con questo termine di luce, tutto ciò che rende chiaro all’uomo, nella grazia di Dio e nell’abbandono fiducioso in Lui, dei misteri della fede. Fare luce, significa mettere chiarezza dentro di se e incontrare la persona che questa luce la proietta sull’uomo, perché è il Dio della luce, che è Gesù Cristo, trasfigurato sul Monte Tabor, morto e risorto sul Monte Calvario.Fin dalla creazione di parla di luce. Dio disse e subito si fece luce. La storia esce dal suo buio e diventa la storia della salvezza, della luce. Una storia segnata dalle tenebre del peccato e dell’errore, a partire dal primo peccato, quello dei nostri progenitori, che noi definiamo originale. Da quel peccato e da quella disobbedienza a Dio, nasce anche la promessa della salvezza che Cristo porterà a tutti gli uomini. La luce della risurrezione è anche la luce della salvezza eterna. Il Dio della luce in cui noi crediamo è Colui che ci ha inviato la vera luce, che è Cristo. Nella notte di Pasqua, mentre la chiesa è tutta nel buio, il sacerdote che ha acceso il fuoco nuovo e il cero pasquale, ad un certo punto del suo cammino verso l’altare per tre volte canta ad alta voce: La luce di Cristo. Il popolo di Dio risponde: “Rendiamo grazie a Dio”. Da questo evento salvifico della redenzione operata da Cristo, nasce tutto il discorso della luce della fede. Il battesimo, sacramento della luce della fede. La cresima, il sacramento della luce della perfezione dello Spirito Santo. L’eucaristia, la luce della presenza del Cristo nella nostra vita, nel suo corpo e nel suo sangue, realmente presente nel pane e vino consacrati. La confessione, la luce della riconciliazione e del ritrovato perdono e della rinnovata amicizia e misericordia di Dio nei nostri riguardi. Il matrimonio, la luce dell’amore vero che si realizza nella coppia, di uomo e donna, aperta al dono della vita e della felicità. L’ordine sacro, la luce della pastoralità e della missionarietà che si accende in cui che è chiamato a servire la causa del Vangelo e della Chiesa. L’unzione degli inferni, la luce della forza per affrontare la croce e la sofferenza di tutti i giorni e a volte a preparare l’incontro con Gesù Cristo nella luce senza fine.La luce della parola di Dio che diventa il faro direzionale del cammino nel tempo e in vista dell’eternità.La luce della Chiesa, che santa e peccatrice, indica a tutti i suoi figli la strada maestra in cui incontrare Cristo.La luce della carità, che rende davvero, nella fede, i fratelli e le sorelle, amici per sempre, superando ogni barriera ed ogni pregiudizio.La luce della speranza che impegna l’uomo a costruire un mondo più giusto su questa terra, in attesa dei cieli nuovi e della terra nuova che il Signore darà, alla fine dei tempi. La luce della tenerezza e della bontà di Dio, non più visto come giudice, ma come Padre della misericordia, al quale è lecito chiedere sempre “Padre perdonami”, ben sapendo che Egli ci perdona, rispetto ad un mondo che non sa perdonare e cerca di perdonare.La luce della croce e del Crocifisso, issato sul calvario per essere punto di riferimento nella vita di tutti i giorni, quando la sofferenza è tanta e tale che solo abbracciandosi la croce per amore, si fa spazio nel nostro cuore all’amore del Redentore.La luce della pace, quella che cercano gli uomini e non la trovano mai. La luce della gioia, quella che, soprattutto nel nostro tempo, non fa più capolino nella vita di tanta gente, triste ed angosciata per un’esistenza senza senso.La luce eterna che risplende per nostri fratelli defunti che ci hanno preceduto nel regno dei cieli e che vedono il volto di Dio nel santo paradiso. La luce del Dio Uno e Trino, la luce di Maria Santissima, donna di fede e donna della luce, la luce degli arcangeli, angeli, santi e beati che da lassù dove tutto è luce, perché c’è Dio, un giorno arriveremo per riempierci di luce che non avrà più fine. Grazie Papa Benedetto XVI e Papa Francesco, perché attraverso l’enciclica “Lume fidei”, la luce della fede, avete apportato un’immensa luce nel nostro modo di pensare, ragionare, pregare, studiare, riflettere e soprattutto amare. Quella luce della fede ci porta ad amare come Cristo ci ha amato fino alla croce.

Padre Antonio Rungi

Inziativa editoriale. La Stella del Mare di Mondragone

DSC08083.JPGDSC08084.JPGMondragone (Ce). La Stella Maris pubblica un suo bollettino

di Antonio Rungi

Con il primo numero di Domenica 9 giugno 2013, le Suore di Gesù Redentore, Istituto Stella Maris di Mondragone hanno avviato una loro pubblicazione periodica, dal titolo “La Stella Maris di Mondragone”. Si tratta, come si legge nell’editoriale a firma della responsabile della struttura di “un organo di stampa di servizio e di informazione delle Suore di Gesu Redentore che, come è noto, a Mondragone operano da circa 60 anni, prima come convitto e colonia ed oggi come Casa di Ospitalità per tutti, specialmente per quanti, soprattutto d’estate, vogliono rigenerarsi nel corpo e nello spirito”.

Un organo di informazione, semplice ed essenziale. Per ora quattro pagine a colori, con una tiratura limitata, anche per vedere il riscontro che ha a livello di accoglienza. Il bollettino informativo, verrà infatti distribuito gratuitamente, o su libera offerta, a conclusione della messa domenicale delle ore 8,30 a quanti parteciperanno alla celebrazione eucaristica festiva nella chiesa delle Suore della Stella Maris. Il titolo stesso scelto per caratterizzare questo bollettino indica esattamente la finalità: informare sulla vita della Stella Maris di Mondragone, che un’istituzione ben conosciuta sul territorio. Infatti, “questo organo di informazione, stampato in proprio – si legge nell’editoriale- è uno strumento di raccordo settimanale con gli utenti della Stella Maris, che vivono con la comunità delle suore durante i tre mesi estivi e che continuano a mantenere i contatti con loro, dopo la pausa delle ferie”, ma anche di raccordo con chi alla Stella Maris è di casa e la frequenta assiduamente perché di Mondragone o dei comuni limitrofi..

Nel bollettino si trovano, riflessioni, notizie, preghiere, testimonianze, comunicazioni, teologia, etica, turismo, attività varie. “Un po’ di tutto per informare con semplicità su tutto, sia a livello locale che nazionale”. E infatti nel primo numero, distribuito a conclusione della messa delle ore 8,30 di domenica 9 giugno 2013, presieduta dal vicario foraneo di Mondragone, don Roberto Guttoriello e che ha avuto positiva accoglienza ed apprezzamenti vari, riporta, oltre all’editoriale, un riflessione sulla devozione al  Sacro Cuore di Gesù, la parola di Dio della domenica con un breve ma incisivo commento del teologo morale, padre Antonio Rungi, passionista, i pensieri spirituali della fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, varie notizie storiche o di attualità e ciò che si fa normalmente o occasionalmente alla Stella Maris, nella pagina d informazione.

“Iniziative del genere – ha detto padre Rungi, già direttore dell’Ufficio comunicazioni della Diocesi di Sessa ed assistente spirituale delle Suore di Gesù Redentore, ispirato del progetto – vanno promosse, sostenute, incoraggiate ed alimentate in tutti i modi. L’informazione che si caratterizza sempre più come virtuale e globalizzata, trova in queste forme di stampa locale e limitata un modo più diretto e personalizzato nel trasmettere le buone notizie a partire dalla buona notizia per eccellenza che è il vangelo. Auguro alle suore della Stella Maris di portare avanti il progetto anche se costa tempo e denaro. Ma le cose che si fanno con passione e soprattutto per amore a Dio e alla Chiesa sono sempre e comunque benedette dal cielo. Perciò sono sicuro che questa nuova iniziativa editoriale  durerà nel tempo e porterà anche i suoi frutti, specialmente spirituali e interiori.”.