morosini

Riflessione. Gli sportivi si curino meglio e si preoccupino di più della loro salute. Spesso hanno famiglia e figli!

Morosini1.jpgIl caso Morosini solleva anche questioni di ordine morale. La cura della salute, viene prima di ogni attività sportiva professionistica, fosse pure quella certificata come ai massimi livelli diagnostici e di prevenzione. Bisogna prestare maggiore attenzione alla salute e non solo fisica degli atlenti, evitando di sottoporli a sforzi continuativi, se non a livello fisico, a livello psicologico e neurologico. Oggi il calcio, come tanti altri sport stressa gli atleti, in quanto le prestazioni ad alto livello e il buon rendimento in campo, compensa anche il rendimento fuori campo. Per cui lo sforzo di riuscire sempre meglio, spesso si paga con il compromettere la salute complessiva. La competizione eccessiva, il contesto culturale, sociale ed economico in cui si muove il cacio e gli altri sport non aiutano a far stare sereni né i calcatori e né i tifosi. Ridimensionare il fenomeno e l’affare calcio penso che sia dovere di tutti. Troppo esaltazione e troppa rivalità, ma anche troppi interessi che ruotano intorno al mondo del calcio. Di fronte alla morte di un giovane giocatore, bisogna non solo sospendere il campionato per una partita, che non necessariamente si deve recuperare (un turno lo si può anche annullare), ma si tratta di ripensare tutto il settore non solo alla luce delle conoscenze e del progresso medico, ma anche dell’etica in generale e della deontologia professionale. A tale riguardo  bisogna valutare attentamente da un punto di vista di etica cristiana, personale e sociale fino a che punto il calcio portato a questi livelli rispetti davvero la persona umana e nel caso specifico il “lavoratore” sportivo. E’ bene ricordare quanto è scritto nel Catechismo della Chiesa cattolica circa il quinto comandamento di “Non uccidere”, circa la cura della salute: “La vita e la salute fisica sono beni preziosi donati da Dio. Dobbiamo averne ragionevolmente cura, tenendo conto delle necessità altrui e del bene comune.La cura della salute dei cittadini richiede l’apporto della società perché si abbiano le condizioni d’esistenza che permettano di crescere e di raggiungere la maturità: cibo e indumenti, abitazione, assistenza sanitaria, insegnamento di base, lavoro, previdenza sociale. Se la morale richiama al rispetto della vita corporea, non ne fa tuttavia un valore assoluto. Essa si oppone ad una concezione neo-pagana, che tende a promuovere il culto del corpo, a sacrificargli tutto, a idolatrare la perfezione fisica e il successo sportivo. A motivo della scelta selettiva che tale concezione opera tra i forti e i deboli, essa può portare alla perversione dei rapporti umani. La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l’abuso dei cibi, dell’alcool, del tabacco e dei medicinali. Coloro che, in stato di ubriachezza o per uno smodato gusto della velocità, mettono in pericolo l’incolumità altrui e la propria sulle strade, in mare, o in volo, si rendono gravemente colpevoli. L’uso della droga causa gravissimi danni alla salute e alla vita umana. Esclusi i casi di prescrizioni strettamente terapeutiche, costituisce una colpa grave. La produzione clandestina di droghe e il loro traffico sono pratiche scandalose; costituiscono una cooperazione diretta, dal momento che spingono a pratiche gravemente contrarie alla legge morale”. Sono riferimenti e richiami morali molto precisi, soprattutto in ordine al successo sportivo, che richiede la virtù della temperanza da parte di chi sono i responsabili dei club e ai giocatori. Bisogna evitare eccessi di ogni genere, così pure nell’uso dei medicinali, degli stimolatori, dei vari integratori che si usano per recuperare le energie dopo prolungati sforzi e stress da attività sportiva. Tutto deve contribuire al bene della persona e lo sport deve essere occasione di sano divertimento  e non di frustrazioni di ogni genere. Le cause della morte di Morosini che saranno gli esperti a stabilirle scientificamente, mediante l’esame autoptico, qualsiasi risultaro darà (davvero secondario rispetto alla morte di un giovane atleta) deve fare riflettere seriamente tutto il settore dello sport. Anche se una sola morte in campo ogni 40 anni è un dato statistico irrilevante, come sembra sia capitato in Italia, rimane una sconfitta, perché, al di là dell’evento imprevedibile come un aneurisma cerebrale, rimane il fatto che la salute fisica, psichica e spirituale dei calciatori va controllata non ogni sei mesi o ogni anno, ma tutte le volte che iniziano gli allenamenti e soprattutto le gare, quelle che si presentano con più cariche motivazionali ed emotive. I controlli devono essere sistematici in ragione anche al tipo di vita ed anche alla storia della salute dello sportivo e dei suoi familiari. I fattori ereditari ed a rischio in determinate famiglie non possono non essere considerati quando si sottopone un atleta a sforzi continui, tra ritiri, allenamenti, partite di due tre alla settimana, spostamenti in pullman o in aero, ritorno a casa e i tanti pensieri che occupano la mente dei calciori e sportivi. A ciò si aggiunga la pressione dei media e tutto ciò che viene valutato dallo stesso giocatore utile o dannoso per se e il quadro di preoccupazione e tensione si può innalzare facilmente. Poi lo stress in campo, gli sconti corporali volontari ed involontari durante le partite, certo tutte queste cose non aiutano lo sportivo a stare in salute, al contrario gli mettono ansia e producono stanchezza e stress. Il calcio come lo sport in genere a livello professionistico non è più un sano divertimento e un relax,  ma un lavoro a tutti gli effetti che se si fa sotto stress e pressione può generare sofferenze e malattie di ogni genere e qualche volta anche la morte in campo o fuori campo, questo poco importa. La vita umana anche se una sola vale più di miliardi e miliari di soldi e successi che circolano intorno allo sport e anche oltre lo sport”.

Riflettere sul senso della vita e della morte

morosini.jpgMorosini1.jpgmorosini_193122--473x264.jpgDi fronte alla morte improvvisa di un giovane calciatore, come Piermario Morosini, che militava in serie B nel Livorno, si resta interdetti e shoccati. Non ci sono parole di fronte ad immagini terribili in diretta Tv che molti hanno visto, che registrano il crollo fisico di una persona, giovanissima, 25 anni, che in pochi secondi, lascia questo mondo per volare in cielo, dove ad attenderlo ci sono i suoi genitori, morti abbastanza giovani, un fratello e tante altre persone a lui care. Tutti descrivono Morosini come un ragazzo d’oro, pulito, dal cuore semplice, provato dalla vita e dalla sofferenza, impegnato nel campo sociale, sempre sorridente nonostante la sofferenza che si portava dentro. Muore un giocatore come muoiono ogni giorno milioni di persone al mondo, mentre ne nascono altrettante. E’ la storia della vita umana segnata dalla nascita e dalla morte, che ha un inizio ed ha una fine, un termine che non sta nelle nostre possibilità conoscerlo con esattezza e precisione di anno, giorno, ore, minuti e secondi. Tutto resta un mistero. Davanti alla morte di un giovane che ha fatto il giro del mondo, ha giustamente costretto i responsabili della Figc e del Coni di sospendere tutti i campionati di calcio per lutto, che ha provocato tanta sofferenza in tante persone che lo conoscevano, suoi parenti, la fidanzata, i calciatori, i suoi amici e compagni, noi vogliamo capire perché succede questo. Un motivo c’è. Non è vero che non si può spiegare una morte così improvvisa? Non è la fatalità, né il destino. Per cui se non è questo qualcosa altro sarà. Sarà un progetto di Dio sulla nostra vita che va capito. E allora anche la morte di Morosini entra nei misteri di quella vita umana, come entra nei misteri della vita umana la morte di tanti bambini, giovani, adulti, anziani, ammalati che ogni giorno nelle varie parti del mondo lasciano la terra per volare in cielo. Altrimenti dobbiamo capire il perchè di una morte, le cause del decesso, che verranno determinate scientificamente dall’autopsia sul corpo del giovane atleta, che verrà esequita lunedì, visto che devono passare almeno 24 ore dalla dichiarazione di morte per procedere all’autopsia. Sarà stato infarto? Aneurisma cerebrale? Tutte e due le cose o qualche altra causa. Sta di fatto che Piermario non c’è più su questa terra è già nella gloria del cielo e in attesa della risurrezione finale. Come tanti messaggi sottolineano in questo momento di dolore egli è volato in cielo ad incontrare i suoi genitori. In quel cielo in cui spesso fissava lo sguardo quando entrava in campo o nei momenti di gioia o di dolore o quando diceva che giocava a pallone per far sorridere in cielo i suoi genitori che non c’erano più. Il cielo, che bello dire il cielo, l’infinito ed azzurro cielo dove ci attende oltre lo stesso cielo, chi del cielo è il Signore. Ci attende Cristo che ha vinto la morte ed è risorto ed è andato a prepararci un posto proprio nel cielo. In questi giorni di Pasqua è consolante pensare al cielo e alla vita oltre al morte, anzi oltre la vita terrena ed anche di fronte alla morte di un giovane calciatore che ha lasciato interdetti tutti noi pensarlo in cielo è davvero una gioia più che un dolore, una sofferenza per quanti non sanno vedere la propria esistenza oltre questo orizzonte. Rivedere le immagini di questo giocatore che entrava in campo e come tanti si faceva il segno della croce, è esprimere quella necessità di protezione dal cielo che questa volta c’è stata ugualmente perché quel cielo lo ha voluto lassù, perché era giunta la sua ora. Nessuno nasce e muore per caso, ma tutti nasciamo e moriamo perchè così è scritto nel libro della vita. Quel libro che custodisce gelosamente Dio e dove egli ha già scritto la parola fine, che per Lui e per noi significa inizio. Inizio di una vita più bella, eterna, senza più morte, dolore e sofferenza, perché è la vita di Dio ed è la vita per sempre in Dio.

Lì sta Piermario e lì ci sono tutte quelle persone che nella vita hanno sofferto ed hanno costruito non tanto un avvenire calcistico, economico, di benessere, ma hanno costruito il loro Paradiso, perché hanno vissuto con il cuore ed i sentimenti di Cristo.