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ITRI (LT). PROSEGUONO I LAVORI PER L’ASCENSORE AL SANTUARIO DELLA CIVITA

2014-01-06 10.27.40

Itri (Lt). Lavori al Santuario della Madonna della Civita per l’abbattimento delle barriere architettoniche

di Antonio Rungi 

Proseguono speditamente i lavori al Santuario della Madonna della Civita, in Itri (Lt), per la costruzione di un ascensore per i fedeli, in modo da favorire l’accesso al santuario da parte dei diversamente abili ed anziane e persone inabili. I lavori sono iniziati venerdì 21 marzo, alle ore 17:00, con la posa e benedizione della prima pietra, alla presenza dell’arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio e di autorità civili del territorio. L’opera che costerà 150.000 euro è stata finanziata dall’Arcidiocesi e della Provincia di Latina, ed è finalizzata all’abbattimento delle barriere architettoniche che ostacolano l’accesso al tempio mariano, situato nel Comune di Itri (Lt) a quota 700 metri sul livello del mare ed uno dei santuari dedicato alla Vergine Santa, tra i più antichi e più frequentati d’Italia. Ad oggi, l’accesso al santuario della Madonna della Civita, da sempre considerato l’emblema della devozione dei tanti fedeli pontini e non solo, è consentito solo per mezzo di una impervia scalinata che rende difficile ai fedeli affetti da diverse disabilità, soprattutto motorie, il raggiungimento del luogo di culto, in autonomia e sicurezza, impedendo cosi la possibilità di godere appieno dell’esperienza spirituale e religiosa cui i pellegrini aspirano con la visita ai luoghi sacri. Nel raccogliere l’esigenza di abbattere ogni ostacolo architettonico e consentire l’accesso ai tanti fedeli che ogni anno si recano in visita al venerato santuario, la Provincia di Latina, attraverso un’attenta pianificazione ed il sostegno ai tanti progetti connessi allo sviluppo della personalità umana, ha inteso rivolgere il proprio interesse verso tutte quelle azioni ed interventi utili ad un innalzamento della qualità della vita dei propri cittadini sia come singolo che come collettività, destinando il proprio contributo finanziario all’esecuzione di un elevatore verticale che dal piede dell’ascensore conduce sul sagrato del Santuario. La mancanza di elevatori costituisce senza alcun dubbio un vero e proprio ostacolo per i tanti  pellegrini che, diversamente abili, si vedono limitata la loro personalità ed impossibilitati ad accedere al venerato santuario. L’intervento oltre a mostrare sensibilità verso chi è meno fortunato, assicura a tutti i fedeli un maggior grado di sicurezza e di fruibilità anche per i più piccini. Dal prossimo mese di Giugno, tutti i fedeli potranno accedere in assoluta autonomia  e visitare lo splendido Santuario, apprezzarne il valore architettonico oltre che sacro, godere della sua spiritualità senza più incappare in barriere architettoniche insensibili alle disabilità ed ostacoli alla libera crescita umana e spirituale, diritto di ogni individuo. Difficoltà che registrano quotidianamente e soprattutto nelle domeniche e grandi feste, i padri passionisti a cui è affidato la cura spirituale e l’organizzazione del santuario dal 1985. Cinque i padri attualmente impegnati, soprattutto di domenica per assicurare l’assistenza spirituale ai pellegrini, con le confessioni, la celebrazione delle messe, con le benedizioni, con la direzione spirituale, con varie iniziative culturali ed editoriali, tra cui il Bollettino del Santuario e Radio Civita, che copre il territorio del Sud Pontino, del Frusinate e dell’Alto Casertano. I lavori dovranno essere ultimati entro luglio e l’ascensore deve entrare in funzione in occasione della festa della Madonna della Civita, che ricorre il 21 luglio. Nel frattempo di resta in attesa dei contribuiti per la conclusione di altri lavori, quelli più ad uso pastorale, con sale conferenze, sala accoglienza pellegrini e struttura logistica del santuario, iniziati sette anni fa e mai conclusi, per mancanza di fondi e varie crisi in seno al consiglio regionale del Lazio. Lavori richiesti a suo tempo dall’Ente Parco Aurunci e solo in parte sponsorizzati, al punto tale che restano incompiute diverse infrastrutture e strutture essenziali per il santuario. C’è chi, soprattutto i fedeli e gli stessi religiosi passionisti e l’arcidiocesi di Gaeta, sollecitano la conclusione dei lavori, al fine di rendere fruibile l’intero complesso del santuario, oggi utilizzato solo in parte. Campeggia infatti il simbolo di questi lavori interminabili, che è l’enorme gru collocata nel piazzale antistante il santuario. E c’è chi invoca l’intervento di Papa Francesco e la sua venuta al Santuario per sollecitare la conclusione dei lavori, che non finiscono mai, come gli esami. Al momento manca una sala accoglienza pellegrini, tutti i servizi igienici in grado di coprire il grande afflusso dei fedeli, specie di domenica, locali per ristorazione, per acquisto di articoli religiosi, spazi all’aperto o al coperto per consumare pasti. In poche parole, un’emergenza che dura da anni e che, al momento vede solo un fatto positivo e molto utile al santuario, che è la realizzazione del sollevatore, in grado di portare davanti alla chiesa 8 persone alla volta. Un primo segnale di speranza che fa ben sperare per il futuro del santuario, dove, una volta conclusi i lavori, possono riprendere appieno le varie attività spirituali, culturali e pastorali.

Scauri (Lt). Stasera inizio della Novena dell’Immacolata predicata da P.Rungi

Chiesa-Immacolata

Scauri (Lt). Novena dell’Immacolata predicata dal teologo padre Antonio Rungi

Sarà padre Antonio Rungi, missionario passionista del santuario della Civita, teologo morale, a predicare il solenne novenario in onore della Madonna Immacolata nella Chiesa intitolata alla Vergine Immacolata in Scauri, situata sulla Statale Appia. L’inizio del novenario che è molto frequentato dai fedeli della dinamica comunità parrocchiale, guidata da don Massimo, inizia questa sera, 29 novembre e si chiude con la solennità dell’8 dicembre. Nel corso del novenario, padre Rungi detterà la meditazione serale durante la messa vespertina e le tematiche scelte dal predicatore sono quelle della recente esortazione apostolica di Papa Francesco “Evangelii gaudium”, pubblicata alla conclusione dell’anno della fede, lunedì 25 novembre 2013. Il programma del novenario prevede la preghiera del santo rosario, la preghiera della novena in onore della Madonna Immacolata e la celebrazione della santa messa vespertina delle ore 18.00. La liturgia sarà animata dalla schola cantorum parrocchiale e dai fedeli laici collaboratori della stessa parrocchia dell’Immacolata. Domenica 1 dicembre e domenica 8 dicembre le messe festive secondo l’orario dei giorni festivi. Padre Rungi, noto predicatore passionista, ritorna a distanza di due anni a predicare in questa comunità parrocchiale in occasione della solennità dell’Immacolata. La devozione alla Madonna sotto questo titolo è molto sentita in tutta l’arcidiocesi, soprattutto in seguito alla proclamazione del dogma dell’ Immacolata, pronunciato da Pio IX nel 1854, a cinque anni di distanza della sua storica visita del febbraio 1849 al Santuario della Civita, quando era esule in Gaeta. Da allora in tutta l’arcidiocesi sono sorte chiese e associazioni, congreghe ed attività pastorali e parrocchie in onore della Madonna Immacolata a conferma di un straordinario culto mariano che è vissuto dalla comunità dei credenti in tutti i comuni dell’arcidiocesi di Gaeta.

Itri (Lt). La città dalla parte dei poveri e bisognosi

2013-11-07 07.53.58.jpgItri (Lt). Quando la carità si fa servizio ed aiuto concreto. Circa 400 persone assistite dalla Caritas cittadina

 

di Antonio Rungi

 

Due punti i punti logistici di riferimento sul territorio di Itri per la Caritas cittadina: il Centro di Ascolto che funzione presso i locali della Croce Rossa e il Centro di distribuzione alimentare che funziona presso il Convento dei Padri Passionisti di Itri, in Via San Paolo della Croce.

Così la Caritas interparrocchiale di Itri opera sul territorio comunale, assistendo, da vari punti di vista, e da diversi anni, oltre 100 famiglia, pari a circa 400 persone, con una media di 4 componenti per ogni nucleo familiare.

Nell’impegno diretto di questo servizio di carità e solidarietà verso i poveri della città (la maggior parte sono rumeni, ucraini, albanesi, ma anche cittadini di Itri) sono tre operatori Caritas di Itri, strettamente collegati con le due parrocchie della città e con la Caritas Diocesana di Gaeta.

Si tratta di Tommaso Marciano, di Paolo Manzi e Rosanna Fantasia. Puntuale il servizio che svolgo ogni settimana nei due punti di riferimento della Caritas cittadina: ogni venerdì dalle ore 17,00 alle 18,30 con il Centro di ascolto per valutare le situazioni personali e familiari che vengono rappresentate dalle persone che si rivolgono alla Caritas e con la distribuzione quindicinale della biancheria ed indumenti che sono donati dalla gente del posto, in buone condizioni igieniche, e che vengono ritirate soprattutto dagli extracomunitari. Sul territorio di Itri, data la vicinanza con Formia, Gaeta e Fondi, sono numerosi i cittadini extracomunitari. Ogni lunedì, invece, la distribuzione dei viveri, si effettua dalle ore 16.00 alle 18.00 presso il Convento dei Passionisti, che da anni ha messo a disposizione per tale scopo alcuni locali, gratuitamente, compreso i consumi di energia elettrica e di acqua,  e che insistono sulla piazza antistante il convento.

Ogni lunedì la Caritas distribuisce i viveri, secondo un calendario di convocazione, di almeno  25 famiglie o di bisognosi del territorio. Nell’arco di ogni mese sono, infatti, oltre 100 le famiglie alle quali vengono distribuiti i viveri più necessari, in base a quello che il Banco Alimentare di Caserta assegna, di volta in volta, alla Caritas di Itri.

Come è ben noto, per ottenere questi aiuti è necessario anche dare un contributo economico da parte delle parrocchie, delle associazioni e delle istituzioni religiose che si servono del Banco Alimentare.

La crisi economica sta condizionando non solo la distribuzione dei viveri, che sono inferiori rispetto al passato, ma anche la gara di solidarietà per aiutare il Banco Alimentare con i contributi volontari e con la raccolta periodica presso i centri commerciali e/o supermercati.

In poche parole, anche nel fare la carità e nell’aiutare quanti sono in necessità si sta attraversando un periodo di crisi.

Il sistema di distribuzione dell’abbigliamento e dei viveri, per quanto riguarda la Caritas cittadina di Itri, segue il criterio dell’ascolto delle necessità delle singole persone che si presentano al Centro Caritas, senza richiesta di documentazione o di attestazione dello stato di povertà o di bisogno.

In base al colloquio e in stretta collaborazione con i Servizi sociali del Comune di Itri si assicura quel poco, a livello di sostentamento, che è in dotazione alla Caritas, che viene distribuito secondo le necessità di ciascuno.

Nella logica del Vangelo della carità e della struttura funzionale della prima comunità dei cristiani di Gerusalemme, guidata da San Pietro e dagli altri apostoli, si cerca, ove e quando è possibile, di venire incontro ai bisogni di ciascuno, cercando di non far mancare il cibo ed il vestiario a quanti ne hanno bisogno ed evidenziano le loro necessità alla Caritas cittadina di Itri.

Si fa, infatti, sempre più forte e consistente la domanda di aiuto che è rivolta alla Caritas anche dai cittadini poveri di Itri, che con la crisi economica in atto non riescono a risollevarsi economicamente, né a trovare lavoro ed occupazione. Molti per dignità non chiedono neppure questo aiuto.

Per quel poco che la Caritas cittadina riesce a fare è sempre un aiuto importante alle tante persone che nella loro dignità, con umiltà, si rivolgono alla Caritas per aver quel pacco di alimenti, una volta al mese, con la pasta o altro, che allevia solo in parte le loro sofferenze ed i reali bisogni per contrastare la lotta per la sopravvivenza, che per molti è davvero impari e difficile da vincere.

Itri (Lt). Le suore Alcantarine in ritiro spirituale nella giornata di oggi.

rungi5-13.jpgSarà padre Antonio Rungi, passionista del Santuario della Civita, a guidare oggi 6 novembre il ritiro spirituale delle Suore Francescane Terziarie Alcantarine di Itri, che gestiscono una casa di riposo per gli anziani nel centro storico di Itri. Tema di questo importante incontro delle 10 religiose con il teologo Rungi è la testimonianza evangelica della vita consacrata nella chiesa e nel mondo contemporaneo alla luce degli insegnamenti di Papa Francesco, molto attento alle religiose. La giornata di ritiro inizia nel mattino, alle ore 10.00 con la prima conferenza e il dialogo fraterno sul tema trattato, prosegue poi con l’adorazione eucaristica, e nel pomeriggio con l’approfondimento personale e la verifica comunitaria del lavoro spirituale svolto nel corso della giornata. Dopo la trattazione della tematica della donna nella Bibbia, i ritiri spirituali mensili che si svolgeranno presso la struttura della casa di riposo San Martino delle Suore Alcantarine di Itri verteranno sulla testimonianza delle vita religiosa e di suora in particolare nel contesto del mondo d’oggi. Le suore Alcantarine di Itri sono impegnate nel servizio della carità verso gli anziani. Nella loro struttura, infatti, vengono accuditi e curati diverse persone della terza età. Parimenti le suore sono impegnate nella pastorale parrocchiale e collaborano costantemente con le parrocchie di Itri, guidate dallo scorso ottobre 2012 dal parroco don Guerino Piccione, con la collaborazione dal primo ottobre scorso del vicario parrocchiale, il novello sacerdote don Gennaro Petruccelli. L’assistenza spirituale alle Suore è assicurata dai sacerdoti diocesani e dai passionisti presenti in Itri.

Itri (Lt). Il primo documento ufficiale sul Santuario della Civita

DSC09354.JPGRisale al 1147 il primo documento ufficiale attestante l’esistenza del Santuario della Civita, uno dei luoghi mariani più conosciuti e visitati d’Italia, che si trova nel Comune di Itri (Lt) e nell’arcidiocesi di Gaeta. Un documento più antico, del 1036 circa, indirettamente parla, comunque, di questo importante Santuario mariano nel Basso Lazio. risalente all’anno mille, dicendo di un’immagine della Madonna della Civita collocata sul Monte.

Nel “Codex Diplmaticus Cajetanus”, a pagina 272 è scritto testualmente in lingua latina: “Gualguamus Iudex et Notarius Ytri, una cum uxore Sikelgarda donat Ecclesiae B.M.V. de Civita seu alio nomine de Agie curis commissare Fratris Bartholomaei et Richardo Monasteri S.Iohannis Evangelistae, quod de Felline dicitur, subditae et ab eo iterum aedificatae terram quandam que est posita in Agie, et vineam que est posita in Urbano”, Mense Augusto, indictiione decima, Ytri. (Ex Apogr. Chart. Sec. XVII).

Sempre nella stessa pagina si trova il seguente testo in latino che esplicita ulteriormente la donazione del santuario. “+ In nomine Domine Dei et Salvatoris nostri Iesu Christi ab incarnatione eius anno millesimo quadragesimo septimo, Temporibus Domini nostri Gaufridi de Aquila Dei grazia Comitis, necnon et Adelietze Comitissae Coniugis esius, mense augusto Indictione decima, Ytro, Ego Vualganus Dei omnipotentis misericordia dieti castri iudex et notarius una cum Sikelgarda coniuge mea, et cum haeredis meis. Ab hodierna die, et per omne futurum tempus scribo propria manu hanc meae donationis et offertionis chartulam. Primum Deo omnipotenti Iesu Christo Domino nostro et beatissimae atque sanctissimae eius genitricis et Verginis Mariae, Suaque Ecclesiae quae dicitur de Civita, seu alio nomine de agie quae in cura cuiusdam fratris Bartholomaci nomine manet, quae etiam in potestate et regimine Domini Ricchardi reverendissimi Abbatis monasterii Sancti Iohannis Apostoli et Evangelistae, quod de Felline dicitur evidentissimae, a quo reaedificata est, opportunissime permanet, scilicet de una petiola de terra, quae est posita in agie, et de una disertina de vinea quae est posita in Urbano, quas pro redemptione animae filii mei Cleopae predictae Sanctae Ecclesiae donavi, atque eorum quorum et fuere olim. Quae his finibus concluditur…..

Insuper quinque optimi auri uncias tam dictae Sanctae Ecclesiae quam eius rectoribus componat paena nomine. Et poena soluta, et anathemate percepto, haec nostra donatio, ut superius legitur firma in aeternum permaneat. Scritpa a me Vualgano de dicto castro notarius, in mense indicitione suprascripta decima.(Dal Tabelarium Casinense, Tomo II, Codex Diplomaticus Cajetanus, Pars II. Montis Casini, 1891, Ediziione anastatica 1969).

Cosa voglia testimoniare tutto questo? E’ facile da capire. L’antica e oltre millenaria devozione alla Madonna della Civita in questo territorio. Una devozione che è passata attraverso i pellegrinaggi di grandi santi del passato e dell’oggi in questo luogo di preghiera. Ultimo in ordine di tempo è stato il beato Giovanni Paolo II, prossimo santo, che nel 1989, il 25 giugno, in occasione dei 140 anni della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, da parte di Pio IX che fu pellegrino nel febbraio del 1849. Da allora la devozione alla Madonna della Civita si è diffusa in tutto il Basso Lazio e nelle regioni confinanti, raggiungendo luoghi e paesi stranieri, dove gli itrani hanno portato il culto e la festa della loro Madre Celeste. La Madonna della Civita è protettrice della città di Itri e compatrona dell’arcidiocesi di Gaeta. Al Santuario, recentemente, sono stati effettuati lavori di miglioramento della struttura, che dal 1985 è affidata ai Padri Passionisti e ne curano l’animazione spirituale e pastorale. Prossimi sono a realizzarsi sono altri lavori di servizio e assistenza ai pellegrini che giungono numerosi al Santuario per elevare alla Vergine Santa le preghiere necessarie per il proprio bene spirituale e fisico e per pregare per le necessità di tanti fratelli e sorelle che sono nella sofferenza.

Antonio Rungi

Maranola. Meditazione di P.Rungi sul carisma di Victorine Le Dieu

ADORARE, RIPARARE E RICONCILIARE

IL CARISMA DI VICTORINE LE DIEU

E DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE

RIFLESSIONE DI PADRE ANTONIO RUNGI

NEL CENTENARIO DELLA PRESENZA

DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE A MARANOLA DI FORMIA

 

VENERDI’ 4 OTTOBRE 2013 – FESTA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

 

 

Inizio questa mia riflessione, citando uno dei numeri più significativi dell’Esortazione apostolica del prossimo Santo, il Beato Giovanni Paolo II, “Vita consecrata” circa la vita e la missione dei religiosi nella chiesa e nel mondo contemporaneo. Una citazione che si addice al momento che stiamo vivendo, celebrando in questi giorni il primo centenario di presenza delle Suore di Gesù Redentore, in questa storica ed affascinante frazione del Comune di Formia, Maranola, che ha dato i natali ad una degna e santa figlia della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu, fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, e che corrisponde al nome, a voi ben noto, che è la Serva di Dio Suor Ambrogina di San Carlo, al secolo Maddalena D’Urso.

Ecco la citazione tratta dall’esortazione apostolica di Papa Giovanni Paolo II:

“Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Fate della vostra vita un’attesa fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all’uomo del nostro tempo. Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo. Questo nostro mondo affidato alle mani dell’uomo, mentre sta entrando nel nuovo millennio, possa essere sempre più umano e giusto, segno e anticipazione del mondo futuro, nel quale Egli, il Signore umile e glorificato, povero ed esaltato, sarà la gioia piena e duratura per noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre e lo Spirito Santo” (VC, 110).

 

Mi preme evidenziare in questo contesto celebrativo, quanto è stato scritto ne depliant di invito al “Rendimento di grazie per il centenario di missione” delle Suore di Gesù Redentore in questa comunità cristiana, parrocchiale, civile ed umana. Una citazione tratta dagli scritti della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu “L’amore di Dio, può rinnovare la terra. Credo con una nuova fede. Spero con una più forte speranza. Voglio con una sincera carità lavorare all’opera così giusta e necessaria della riconciliazione che Dio nella sua misericordia ha riservato al nostro tempo”.

E’ su questo progetto di vita e missione della loro fondatrice che le Suore di Gesù Redentore hanno lavorato in questi 100 anni di presenza a Maranola. E di questo vogliamo rendere rende grazie al Signore noi tutti qui convenuti e chi ci sta spiritualmente vicino per celebrare degnamente questo primo centenario.

A me il compito di delineare i contenuti essenziali del carisma di Victorine Le Dieu e delle Suore di Gesù Redentore, che è incentrato su tre parole chiavi del Vangelo: Adorale, riparare, riconciliare.

Il mio pensiero va in questo momento in segno di gratitudine e di riconoscenza a Papa Francesco, in questo giorno in cui la chiesa festeggia San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, di cui Papa Bergoglio porta il nome. Il mio pensiero va anche al pastore di questa Diocesi, l’arcivescovo, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, al parroco di questa comunità, monsignor Antonio De Meo, alla Madre generale delle Suore di Gesù Redentore, Suor Marilena Russo, a tutte le religiose della Congregazione di Victorine Le Dieu, ed in particolare alle suore di Gesù Redentore di Maranola, quelle presenti, quelli che sono viventi e soprattutto quelle che dal cielo guidano il cammino di questa comunità nel segno dell’adorazione, della riparazione e della riconciliazione, in particolare la figura esemplare della Serva di Dio, Suor Ambrogina, che proprio in questo luogo nasceva e maturava la sua decisione di seguire le orme di Victorine Le Dieu.. Scriveva nel diario spirituale: “Vorrei gridare a tutte le creature della terra: l’Amore s’è fatto Pane. Vorrei gridare a tutto il mondo che amasse l’Amore”; “Voglio guardare sempre in alto cercando una cosa sola: l’Amore”.

 

Nel discorso di Papa Francesco ai partecipanti all’assemblea plenario dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali  (U.I.S.G.), nell’ Aula Paolo VI , di Mercoledì, 8 maggio 2013, il Santo Padre così si è rivolto a tutte le superiore maggiori degli istituti femminili di vita consacrata e attraverso di loro a tutte le religiose del mondo:

“Gesù, nell’Ultima Cena, si rivolge agli Apostoli con queste parole: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16), che ricordano a tutti, non solo a noi sacerdoti, che la vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che vi ha chiamate a seguirlo nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da voi stesse per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà di Dio, spogliandovi dei vostri progetti, per poter dire con san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo “esodo” da se stessi è mettersi in un cammino di adorazione e di servizio.

Un esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore e di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle.

Adorare e servire: due atteggiamenti che non si possono separare, ma che devono andare sempre insieme.

Adorare il Signore e servire gli altri, non tenendo nulla per sé: questo è lo “spogliamento” di chi esercita l’autorità.

Vivete e richiamate sempre la centralità di Cristo, l’identità evangelica della vita consacrata.

Aiutate le vostre comunità a vivere l’”esodo” da sé in un cammino di adorazione e di servizio, anzitutto attraverso i tre cardini della vostra esistenza.

Questi cardini sono i voti: obbedienza, povertà e castità.

Papa Francesco si domanda ad un certo: “Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!”

Io mi chiedo e vi chiedo cosa sarebbe stata o sarebbe Maranola senza le Suore di Gesù Redentore, al cui centro del carisma e della spiritualità c’è l’eucaristia, che si fa dono e servizio per tutti ed in particolare per i bambini di questa amata terra maranolese.

 

I fondamenti del carisma

 

Dall’adorazione-contemplazione eucaristica nasce, cresce l’amore verso Gesù e verso i fratelli. Il vangelo della carità è quello che le interessa maggiormente, attingendo dall’eucaristia la forza per andare avanti, nonostante le innumerevoli difficoltà che si frappongono sistematicamente nella sua vita. Da tutta la sua esperienza di donna di fede, si comprende bene come Victorine Le Dieu, mossa dallo Spirito Santo, si sentì chiamata, in modo del tutto particolatr, a collaborare con Gesù, “unico e vero riparatore”, nella sua missione salvifica.

Visse l’evento della riparazione come ricomposizione nell’unità di tutto ciò che viene continuamente distrutto dal peccato, ed arricchì la Chiesa di un Istituto religioso di diritto pontificio, dedito all’apostolato, che ne continua la missione.

Il suo è il cammino di una donna che, sotto molti aspetti ed in diversi settori, ha precorso i tempi, è il cammino di un ideale che è ancora tutto da scoprire, da approfondire, da vivere in un mondo sconvolto che, come già lo esprimeva al suo tempo, “ha più che mai bisogno di redenzione e di riconciliazione”.

Per Victorine tutto inizia da una profonda vita interiore.

Attraverso i suoi scritti scopriamo come la Parola di Dio è per lei cibo quotidiano.

“È certo che la Parola di Dio nutre e consola. Molte volte ho ringraziato Dio per avermela fatta amare”.

L’Eucaristia è al centro della sua vita: passa lunghe ore in adorazione e approfondendo la vita eucaristica potrà anche lei diventare eucaristia per i fratelli, pane offerto e spezzato per rispondere alla fame dell’umanità: fame di Dio, fame di libertà… ma soprattutto si sentirà fortemente interpellata dalla fame di amore e di dignità da parte di tanti fratelli emarginati, disgregati, per niente calcolati dalla società.

Nasce il lei in desidero profondo di riparare con una vita di penitenza, sacrificio e donazione i mali del mondo. La sua esperienza carismatica la porta ad un profondo ascolto dei segni dei tempi…

La voce interiore si fa sempre più pressante: è la chiamata a riparare, riconciliare, aiutare l’uomo diviso in se stesso, con Dio, con la società a ritrovare l’unità, collaborare all’opera di Cristo Redentore venuto nel mondo per riportare il creato alla sua vocazione d’origine nell’unità della Trinità.

Vuole coinvolgere uno stuolo di persone di ogni condizione che, ponendo Cristo al centro della loro vita, collaborino alla missione di redenzione e di riconciliazione. Aspira a fare in modo che il mondo intero diventi eucaristia!

In un primo tempo si sente spinta a fondare una famiglia religiosa totalmente dedita all’adorazione riparatrice ed al culto liturgico, ma, alla richiesta del Papa di dedicarsi alle opere di misericordia nel mondo, il 15 gennaio del 1863, esattamente 150 anni fa, ella incarna la sua missione nel duplice aspetto di:

• contemplazione attraverso l’adorazione e il culto liturgico;

• dedizione verso tutti coloro che, secondo i tempi e i luoghi, hanno bisogno di essere riconciliati in loro stessi, con Dio, con i fratelli.

In lei si compie un doppio movimento:

• tutto riceve dall’Eucaristia e tutto dà in gesti concreti d’amore;

• poi di nuovo nell’Eucaristia offre, insieme a Cristo, l’umanità intera perché, nella forza dello Spirito, sia restaurata nell’unità della Trinità.

 

 Sempre fedele al progetto di Dio, ella esplicita chiaramente le opere che ritiene prioritarie e l’ideale che dovranno vivere coloro che la seguiranno: infanzia abbandonata, case di preghiera, case di accoglienza…

Questa missione, nella Chiesa, è affidata alla Congregazione delle Suore di Gesù Redentore che sono riunite dallo Spirito per l’originale chiamata di adorazione, di riparazione e di riconciliazione a servizio dei fratelli:

• ponendo come centro propulsore l’Eucaristia, “fonte e apice di tutta la vita cristiana”;

• dedicandosi particolarmente ai fratelli disgregati dal peccato, dall’emarginazione, dalla povertà, per ricomporre la loro umanità in Cristo.

Il carisma di famiglia rende particolarmente attenti ad esprimere nell’adorazione ed intercessione i sentimenti di misericordia di Cristo verso i poveri, coloro che hanno il cuore spezzato, per collaborare con Lui all’edificazione e restaurazione del suo regno fra gli uomini.

 

Questo carisma nella concretezza della vita di tutti i giorni è stato vissuto da tutte le Suore di Gesù Redentore che sono passate in questi 100 anni nella casa religiosa di Maranola, dove dal loro primo insediamento hanno curato i bambini abbandonati o in disagio sociale con il Convitto, secondo il carisma della Fondatrice, la Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, e successivamente hanno e lavorano nell’attività formativa nella scuola dell’infanzia e nella collaborazione sistematica con la parrocchia.

Oggi siamo qui per ringraziare il Signore, la Vergine Santa, venerata con il titolo di Madre della Riconciliazione, riferendosi alla Madonna de La Salette, alla fondatrice Madre Victorine le Dieu, a tutta la sua famiglia religiosa, che oggi soffre per mancanza di vocazioni in Italia e in Europa.

Questo evento storico di particolare importanza per Maranola e per le Suore di Gesù Redentore possa costituire un momento di forte impegno pastorale, missionario, spirituale, umano e cristiano in generale per chiedere al Signore, attraverso l’intercessione della Madonna de La Salette, di San Giuseppe, della Serva di Dio Victorine Le Dieu, sante e ferventi religiose alla Chiesa di Cristo, per rendere visibile e trasmettere quel carisma di adorazione, riparazione e riconciliazione che è stato ed è il cuore della vita delle Suore di Gesù Redentore qui di Maranola e di tutte le comunità religiose di questo amato, stimato, apprezzato e storico istituto di vita consacrata con il suoi 100 anni di presenza qui a Maranola e con i suoi 150 anni di storia e di approvazione, avuta prima dello stesso riconoscimento uffciale, da Papa Pio IX, il 15 gennaio del 1863.

Victorine Le Dieu e Suor Ambrogina, entrame serve di Dio, dal cielo guidino il cammino della loro famiglia religiosa in questo tempo di difficoltà e di vari problemi della chiesa e nel mondo contemporanei.

 

Faccio mie le preghiera del Beato Giovanni Paolo II per la vita consacrata, tratta dall’Esortazione Apostolica “Vita consecrata” (n.112) e di Papa Francesco, posta a conclusione della sua Enciclica “Lumen fidei” (n.60), punto di riferimento spirituale per questo anno della fede che volge al termine.

 

 

Preghiera di Giovanni Paolo II

 

Maria, figura della Chiesa,

Sposa senza ruga e senza macchia,

che imitandoti «conserva verginalmente integra la fede,

salda la speranza, sincera la carità»,

sostieni le persone consacrate

 nel loro tendere all’eterna e unica Beatitudine.

 A Te,

 Vergine della Visitazione,

 le affidiamo,

 perché sappiano correre incontro

 alle necessità umane,

 per portare aiuto, ma soprattutto per portare Gesù.

 Insegna loro a proclamare le meraviglie

 che il Signore compie nel mondo,

 perché i popoli tutti magnifichino il suo nome.

 Sostienile nella loro opera a favore dei poveri,

 degli affamati, dei senza speranza,

 degli ultimi e di tutti coloro

 che cercano il Figlio tuo con cuore sincero.

 A te, Madre,

 che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico

 dei tuoi figli e figlie nella risposta d’amore

 e di dedizione totale a Cristo,

 rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera.

 Tu che hai fatto la volontà del Padre,

 pronta nell’obbedienza, coraggiosa nella povertà,

 accogliente nella verginità feconda,

 ottieni dal tuo divin Figlio

 che quanti hanno ricevuto il dono

 di seguirlo nella vita consacrata

 lo sappiano testimoniare

 con una esistenza trasfigurata,

 camminando gioiosamente,

 con tutti gli altri fratelli e sorelle,

 verso la patria celeste

 e la luce che non conosce tramonto.

 Te lo chiediamo,

 perché in tutti e in tutto sia glorificato,

 benedetto e amato il Sommo Signore

 di tutte le cose

 che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

 

 

 

Preghiera di Papa Francesco

 

A Maria, madre della Chiesa e madre della nostra fede,

ci rivolgiamo in preghiera.

Aiuta, o Madre, la nostra fede!

Apri il nostro ascolto alla Parola,

perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.

Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi,

uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa.

Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore,

perché possiamo toccarlo con la fede.

Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui,

a credere nel suo amore,

soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce,

quando la nostra fede è chiamata a maturare.

Semina nella nostra fede la gioia del Risorto.

Ricordaci che chi crede non è mai solo.

Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù,

affinché Egli sia luce sul nostro cammino.

E che questa luce della fede cresca sempre in noi,

finché arrivi quel giorno senza tramonto,

che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore!

Amen

Gaeta (Lt). Ordinazione sacerdotale di don Gennaro Petruccelli, sabato 5 ottobre

gennaro-diacono.jpggennaro-diacono1.jpgGaeta (Lt). Mons. D’Onorio, arcivescovo di Gaeta, ordina presbitero, Gennaro Petruccelli, diacono del clero diocesano

 

di Antonio Rungi

 

Sabato 5 ottobre 2013 alle ore 19.00 nella Chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo in Gaeta  S. E. Mons. Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta  (Lt) presiederà la solenne concelebrazione eucaristica durante la quale il diacono Gennaro Petruccelli del clero diocesano riceverà l’Ordine Sacro del Presbiterato, per la preghiera e l’imposizione delle mani del suo vescovo, che lo ha ritenuto degno di questo ministero, dove averlo ordinato diacono  il 12 aprile scorso nella stessa chiesa parrocchiale, ove verrà ordinato presbitero.

Don Gennaro Petruccelli, 26 anni, nativo di Gaeta, ha avvertito la vocazione sacerdotale ben presto, svolgendo il servizio di ministrante e di giovane di Azione Cattolica nella sua parrocchia di San Paolo in Gaeta e nella comunità dell’Oratorio San Giovanni Bosco, sotto la guida del parroco don Stefano Castaldi. Dopo la maturità scientifica, il 25 ottobre del 2006 è entrato nel Seminario Maggiore Regionale, Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, ove ha ultimato, nel maggio 2013, gli studi teologici in preparazione al sacerdozio. Negli anni di formazione ha svolto il ministero pastorale  presso le parrocchie “San Pio X a Salto di Fondi, “Santa Maria Maggiore” a Lenola, “Cuore Eucaristico di Penitro. Dall’ottobre 2012 svolge il suo servizio presso le parrocchie di Itri sotto la guida del parroco don Guerino Piccione. E’ iscritto alla Facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana. Dall’inizio di settembre 2013 è stato nominato Assistente del Settore Giovani di Azione Cattolica diocesana. Il Presbiterato è il secondo grado del Sacramento dell’Ordine e inserisce l’eletto nel presbiterio diocesano in stretta obbedienza e unione col Vescovo. Il presbitero a immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per annunciare la buona novella del Regno di Dio, pascere i fedeli e celebrare il culto divino. Segnati da uno speciale carattere che lo configura a Cristo sacerdote, egli agiscono ‘in persona’ di Cristo capo, soprattutto nella celebrazione dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione. Parte essenziale del rito sarà l’Imposizione delle mani dell’Arcivescovo sul capo dell’eletto assieme alla preghiera consacratoria. Come è prassi liturgica imporranno le mani sul novello consacrato tutti i sacerdoti presenti e concelebranti. Questa nuova ordinazione sacerdotale è un dono straordinario di grazia del Signore per la diocesi di Gaeta, in mancanza di sacerdoti. Un’occasione questa per pregare il Signore perché mandi santi sacerdoti alla Chiesa di Gaeta. Sono, infatti,  dodici i seminaristi che studiano nel Seminario di Anagni e si stanno preparando spiritualmente e culturalmente al ministero del presbiterato.

Preparazione al Capitolo generale delle Suore delle scuole cristiane della Misericordia

PREPARAZIONE AL CAPITOLO GENERALE

DELLE SUORE DELLE SCUOLE CRISTIANE DELLA MISERICORDIA

LA PROMOZIONE VOCAZIONALE SECONDO

SANTA MARIA MADDALENA POSTEL

SCHEMA DI SINTESI DI PADRE ANTONIO RUNGI, PASSIONISTA

POSTULANTATO

1.      NON AMA FARE LA CERNITA DELLE POSTUNANTI. ACCETTA TUTTE INIZIALMENTE.

2.      ERA CONVINTA CHE NON TUTTE QUELLE CHE CHIEDEVANO DI ENTRARE NELL’ISTITUTO VI POTEVANO RIMANERE. ERA NECESSARIO UN ACCURATO DISCERNIMENTO PER NON ROVINARE TUTTO IL GRUPPO.

3.      ERA CONVINTISSIMA CHE LA VOCAZIONE ERA ED E’ UN DONO DI DIO: “NON VOI AVETE SCELTO ME, MA IO HO SCELTO VOI”.

4.      ERA UNA DONNA PRUDENTE E NON SI FIDAVA COMPLETAMENTE DI SE STESSA. CHIEDEVA LUMI A PERSONE ESPERTE E SAGGE.

5.      NON GUARDAVA ALLA DOTE MATERIALE CHE PORTAVA L’EVENTUALE SUORA, MA ALLA DOTE SPIRITUALE, SOPRATTUTTO LA CAPACITA’ DELLA RELIGIOSA DI ASSIMILARSI A CRISTO POVERO ED UMILIATO. IN COMUNITA’ NON SI DOVEVA MAI PARLARE DELLA DOTE PIU’ O MENO CONSISTENTE PORTATA IN CONVENTO.

6.      LA PORTA DEL CONVENTO ERA SEMPRE APERTA PER CHI ERA DOTATA DI VERA ED AUTENTICA VOCAZIONE.  OGGI DIREMMO SENZA CONTO IN BANCA, CARTA DI CREDITO, PROPRIETA’ E BENI MATERIALI.

7.      NON SI CURAVA DELLA QUANTITA’ MA DELLA QUALITA’ DELLE SUORE. POCHE E BUONE DICEVA… MA SE ERANO MOLTE E BUONE ANCORA MEGLIO. CERCAVA IN LORO L’AUTENTICA VOCAZIONE ALLA VITA CONSACRATA

8.      ACCETTAVA ANCHE LE RAGAZZE E DONNE CON CARENZE E DIFETTI, PURCHE’ DISPOSTE A CAMBIARE COMPORTAMENTO E AD EMENDARSI.

9.      NON AMMETTEVA LIMITI DI ETA’ E CONDIZIONI DI SALUTE. ALLA BASE DELLA SUA PROMOZIONE VOCAZIONALE C’ERA LA STESSA VOCAZIONE ALLA SANTITA’.

NOVIZIATO

10.    AFFIDAVA LE NOVIZIE AD UNA MAESTRA COMPETENTE E CAPACE DI PORTARE AVANTI IL PROGRAMMA DI FORMAZIONE.

11.    SEGUIVA PERSONALMENTE LA FORMAZIONE DELLE NOVIZIE CON UNA CONFERENZA SETTIMANALE CHE ASSICURO’ FINO ALLA FINE DELLA SUA VITA.

12.    UNA VOLTA VERIFICATA INCOMPATIBILITA’ CON LA VITA RELIGIOSA, NON ASPETTAVA MOLTO E FACEVA CAPIRE ALLE POSTULANTI E ALLE NOVIZIE CHE NON ERA LA LORO STRADA, CONVINTA CHE  ERA MEGLIO AVERNE POCHE E BUONE, CHE MOLTE, MA SENZA AUTENTICA VOCAZIONE.

13.    RIGETTAVA FORTEMENTE COLORO CHE ERANO SCRUPOLOSE IN QUANTO LE SUORE STAVANO A CONTATTO CON IL MONDO E NON DOVEVANO SCANDALIZZARSI, MA ESSERE  DI ESEMPIO AGLI ALTRI.

14.    CHIEDEVA MASSSIMO RISPETTO PER I SACERDOTI MA NON VOLEVA ASSOLUTAMENTE CHE LE RELIGIOSE SI RIVOLGESSERO AI SACERDOTI, SE NON PER LA CONFESSIONE E NON PER LA DIREZIONE SPIRITUALE. TANTOMENO VOLEVA CHE LE RELIGIOSE INTRATTENESSERO RELAZIONI CONFIDENZIALI CON I LAICI, CHE PARLASSERO DELLA LORO VITA E DELLA VITA DELLA LORO COMUNITA’ AL DI FUORI DEL CONVENTO. NEL SERVIZIO PARROCCHIALE DOVEVANO LIMITARSI ALLE COSE NECESSARIE. DICEVA: “Se il buon Dio mi esaudisce, quando una suora va al presbiterio per capriccio e senza utilità, quel pavimento dovrebbe bruciarle i piedi”.

15.    ERA SEVERA ED INTRANSIGENTE CON LE SUORE ADULATRICI, MA AMAVA LE SUORE ADORATRICI, CHE TRASCORREVANO LA LORO VITA NELLA PREGHIERA, NEL SACRIFICIO QUOTIDIANO, NEL CONFORMARSI SEMPRE PIU’ ALLO SPOSO DIVINO.

 

LA PROFESSIONE RELIGIOSA

16.    RICONOSCEVA IL VALORE DELLA DIREZIONE SPIRITUALE, DELLA PREGHIERA, DELL’ISTRUZIONE, DELLA VITA COMUNITARIA, MA RITENEVA IMPORTANTE PER OGNI RELIGIOSA IL BUON ESEMPIO, QUELLO CHE FA DI UNA RELIGIOSA PROFESSA UN MOTIVO DI PROMOZIONE VOCAZIONALE DA SOLO. E QUESTO LO RICHIEDEVA PARTICOLARMENTE A COLORO CHE SVOLGEVANO IL SERVIZIO DELL’AUTORITA’.

17.    CIRCA L’OSSERVANZA DEI VOTI ERA MOLTO ATTENTA NEL RISPETTARLI,  MA VIGILAVA CHE LE ALTRE SUORE LI  RISPETTASSERO. SOTTOLINENAVA L’IMPORTANZA E L’ECCELLENZA DEL VOTO DI OBBEDIENZA. PER LEI ERA UNA VIRTU’ CHE E’ IL FONDAMENTO DELLA VITA CONSACRATA. GESU’ CROCIFISSO E’ IL MODELLO A CUI ISPIRARSI NEL FARE L’ OBBEDIENZA: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato”.

18.    PROPONEVA UN COSTANTE RICHIAMO ALLA  VITA DELLA  E ALLA COMUNIONE CON LA CHIESA. VUOLEVA UN SINCERO ATTACCAMENTO AD ESSA, SOPRATTUTTO VIVENDO QUESTO LEGAME MEDIANTE LA PARTECIPAZIONE ALL’EUCARISTIA, ALLA MESSA QUOTIDIANA, PARTECIPANDO PIENAMENTE E CONVINTAMENTE ALLA LITURGIA EUCARISTICA.

19.    CIRCA IL VOTO DI POVERTA’ DIMOSTRAVA UN DISTACCO COMPLETO DALLE COSE E DAL MONDO. DIGIUNAVA TUTTI I GIORNI IN QUANTO FACEVA UN SOLO PASTO CON MINESTRA, PANE ED ACQUA. LA SUA STANZA CONDIVISA CON ALTRA SUORA ERA SPOGLIA DI TUTTO. C’ERA SOLO L’ESSENZIALE PER LA VITA PERSONALE E PER LE PREGHIERE. ERA POVERA NEL VESTITO, MA ERA UNA DONNA PULITISSIMA. BELLA LA SUA AFFERMAZIONE: “La pulizia è la ricchezza dei poveri”.

20.    CIRCA IL VOTO DI CASTITA’ FU MOLTO ATTENTA A VIVIVERE IN PROFONDITA’ LA BELLA VIRTU’ E NON SI FECE MAI DISTRARRE DA AFFETTI, SENTIMENTI O ALTRO CHE POTESSERO MINIMAMENTE METTERE IN DISCUSSIONE LA SUA VERGINITA’ FISICA E SPIRITUALE. LA SUA FU UNA VITA IMMACOLATA SULLE VETTE DELLA PERFEZIONE.

21.    CIRCA LA VITA COMUNITARIA AVEVA IN GRANDE CONSIDERAZIONE LA COMUNIONE VERA TRA TUTTE LE SUORE. OGNI GIOVEDI’ DETTAVA  LA SUA RIFLESSIONE ALLE SUORE. NON AMAVA MAI PARLARE DI SE STESSA, MA SOLO DI GESU’ E DI GESU’ CROCIFISSO. AMAVA LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO DELLA SACRA SCRITTURA. NON SI FIDAVA DELLE SUE CONVINZIONI PERSONALI, MA CHIEDEVA LUMI MEDIANTE LA PREGHIERA, LA MEDITAZIONE E LO STUDIO DEI PADRI DELLA CHIESA, SOPRATTUTTO SAN BERNARDO.

22.    LA PRIMA COSA CHE CHIEDEVA A CHI VOLEVA ENTRARE IN CONVENTO: “Tu ami il Signore con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta te stessa?”. ED AGGIUNGEVA: “Tu ami il prossimo come te stessa?”.

IN POCHE PAROLE METTEVA ALLA BASE DELLA VITA CONSACRATA LA CARITA’ SENZA LA QUALE NON E’ POSSIBILE FARE UN CAMMINO VOCAZIONALE PERSONALE E PROPORRE AD ALTRI UN CAMMINO DI CONSACRAZIONE TOTALE E DEFINITIVA A DIO. CHI NON AMA DIO E I FRATELLI NON SARA’ MAI UN BUON CRISTIANO E TANTOMENO UN BUON RELIGIOSO O RELIGIOSA. L’INNO DELLA CARITA’ DI SAN PAOLO APOSTOLO ERA IL PUNTO DI PARTENZA, MA ANCHE DI ARRIVO DI OGNI CAMMINO VOCAZIONALE SINCERO.

 

  

SANTA MARIA MADDALENA POSTEL

FONDATRICE DELLE SUORE DELLE SCUOLE CRISTIANE

DELLLA MISERICORDIA

Santa Maria Maddalena Postel, al secolo Julie-Françoise-Cathérine, in francese Marie-Madeleine (Barfleur, 28 novembre 1756; † Saint-Sauveur-le-Vicomte, 16 luglio 1846), è stata una religiosa e fondatrice francese, della congregazione delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia: nel 1924 è stata proclamata santa da papa Pio XI.

Figlia di Jean Postel e Thérèse Levallois, nacque nel 1756 in Normandia nella diocesi di Coutances, da pii e facoltosi contadini.  La scuola di Barfleur era insufficiente per le esigenze spirituali e culturali della Postel. Grazie alla generosità di una benefattrice, poté entrare nell’abbazia reale di Valognes per terminarvi la sua educazione. Le benedettine avrebbero voluto trattenerla con loro data la sua pietà e l’ottima riuscita che faceva negli studi, ma la santa preferì ritornare in famiglia nel 1774 per aprire una scuola con educandato, per ragazze povere e orfane.  Tra il 1789 e il 1799, durante la rivoluzione francese, la Postel ottenne, in sostituzione del parroco, che aveva giurato la costituzione civile del clero, il permesso di conservare il Santissimo Sacramento in un minuscolo oratorio da lei allestito sotto la scala di casa sua, di comunicarsi con pinzette d’argento, preparare i bambini alla prima comunione, visitare i malati, confortare i moribondi, portare loro il viatico e procurare ai sacerdoti rimasti fedeli a Roma, ricercati dalla polizia, l’occorrente per la Messa che celebravano ora in casa sua, ora nei granai, con pericolo della vita. Passata la bufera, Julie, terziaria francescana dal 1798, continuò la sua opera di catechista e sostenne i sacerdoti rientrati dall’esilio.  Nel 1804, una sua allieva, Maria Dadure, di otto anni morente, le manifestò profeticamente il suo avvenire. L’anno successivo la Postel, di quarantanove anni, già indebolita dal lavoro, dalle veglie e dalle austerità, disgustata per i dissensi religiosi sorti a Barfleur a causa della riorganizzazione del culto, si trasferì a Cherbourg. Padre Cabart, cappellano dell’ospizio, le chiese di quali risorse disponesse per stabilire la Congregazione che si sentiva ispirata a fondare. Gli ripose: « Sono tutte nella Provvidenza assecondata dal lavoro e dalla povertà personale». Per colei che tutti chiamavano la santa signora fu affittata una casa nella quale fece, nel 1807, con le prime sue quattro compagne, la professione religiosa con il nome di Maria Maddalena. Nella scuola da lei aperta ben presto duecento ragazze appresero, con i primi rudimenti delle lettere e della fede, il cucito, il ricamo, i lavori a maglia. Nel 1811 le Suore della Provvidenza rientrarono a Cherbourg. Madre Postel, che aveva in orrore la concorrenza e detestava le rivalità, si trasferì a Octeville-l’Avernelle, dove due sue suore erano istitutrici. Trovò alloggio in una stalla. Parendogli lo scoraggiamento una forma d’incredulità, animava così le sue figlie spirituali: «Lavoriamo. Preferirei dieci soldi guadagnate con le mie mani, che mille avuti per carità. Noi le toglieremmo ai poveri, che dobbiamo invece aiutare». Dopo sei mesi si stabilì a Tamerville, dove si limitò a prendere a suo carico dodici orfanelle. Due anni dopo, il locale in cui erano alloggiate le suore fu posto in vendita dal padrone e Madre Postel, anziché lamentarsi di fronte alla prova, esclamò: “Ancora di più, Signore, ancora di più! Vieni, o croce, che io ti abbracci! Il Signore ci umilia per meglio rialzarci!”. Le suore si occuparono di lavori manuali con la più grande alacrità, ma la loro penuria fu così grande il loro direttore spirituale padre Cabart, ritenendo la Congregazione abbandonata da Dio, consigliò la fondatrice di trasferirsi all’ospizio di Cherbourg, e di rimandare in famiglia le sue figlie o presso altre comunità religiose. Con la più grande energia essa così parlò loro: « Dite al nostro Padre che non cesseremo di ringraziare il Signore di essersi servito di lui, per così lungo tempo, per assecondarci in un’opera che non è ne sua, ne nostra, ma della Provvidenza; che non ho mai contato su di un braccio di carne, per quanto rispettabile esso possa essere; che sono talmente sicura che il Signore vuole la realizzazione dei miei progetti, che ne perseguirò l’esecuzione con il più grande ardore. Le mie Figlio mi hanno promesso ubbidienza fino alla morte; esse sono tutte ugualmente care al mio cuore. Colui che me le ha date e che si prende cura degli uccelli dei campi saprà fornirmi i mezzi per nutrirle; finché avrò vita, non ne abbandonerò una sola». Nel 1814 Madre Postel affittò per dodici soldi annui a Tamerville uno stabile coperto di paglia, dove condusse con le sue suore una vita durissima, costrette com’erano a nutrirsi di patate, di erbe peste e bollite anziché di carne e pesce. La fondatrice aspettava con la più ammirabile pazienza l’ora del Signore e al piccolo gregge non si stancava di ripetere: « Gettiamoci nella volontà di Dio come il pesce nell’acqua. Adoriamo la volontà divina, e siamo sempre pronte a salire con Gesù sul Calvario e a morirvi se occorre. Aspettiamo tutto da Dio solo». Dopo due anni di soggiorno in quella capanna, a Madre Postel fu affidata la scuola primaria e iniziarono a miglorare le condizioni generali di vita della comunità, ma non smise per questo i suoi abiti di stoffa comune, contenta dello stretto necessario guadagnato con il lavoro delle sue mani. Per oltre trent’anni indossò lo stesso vestito, rammendato, ma senza macchie. Diceva: «La pulizia è la ricchezza del povero». Nel 1832, acquistò una vecchia abbazia benedettina in rovina a St-Sauveur-le-Vicomte. Benché sprovvista del denaro necessario per pagare le spese del contratto, disse a chi l’aveva seguita: «Se saremo fedeli alla nostra vocazione, tutto sarà riparato». Per trovare i fondi necessari si diede al cucito, al ricamo, alla lavanderia e persino alla coltivazione dell’orto. Amava ripetere con san Bernardo: “Il religioso che non lavora non è degno di essere religioso”. Con l’aiuto del cappellano Lerenard riuscì ad aprire pure un convitto e una scuola esterna in cui un gran numero di alunno ricevette con l’istruzione gratuita il nutrimento e il vestito. Nel 1837 Madre Postel adottò le costituzioni di san Giovanni Battista de la Salle con le sue ventiquattro suore e novizie dedite all’insegnamento e alla cura dei malati negli ospedali.  Dalla sua gioventù fino alla morte recitò ogni giorno il Breviario romano e il rosario. Una pratica di tutta la sua vita fu la riparazione. Per oltre trent’anni le sue religiose passarono successivamente e senza interruzione un giorno intero in ammenda onorevole, con una corda al collo e uno scapolare sulle spalle. Madre Postel era la prima ad accorrere in cappella per le pratiche di pietà e l’ultima ad uscirne. Sovente fu sorpresa inginocchiata per aria con le braccia in croce. Nessun difetto fu mai trovato in lei. Era tanto grande il disprezzo che la santa nutriva verso di sé che avrebbe voluto morire sulla cenere. Durante le sue crisi d’asma, a chi s’inquietava, ella rispondeva: «Sto bene perché sto come vuole il buon Dio». Morì il 16 luglio del 1846 novantenne. Fino alla morte conservò un animo giovanile, un corpo pieno di energia, una felice memoria, un giudizio sicuro, un umore uniforme e una carità senza ombra. Papa Pio X approvò il primo miracolo attribuito all’intercessione di Maria Maddalena Postel con il breve del 22 gennaio 1908: la cerimonia di beatificazione venne celebrata il 17 maggio successivo. È stata canonizzata da papa Pio XI il 24 maggio del 1925.

 

LE SUORE DI SANTA MARIA MADDALENA POSTEL

 

Le Suore di Santa Maria Maddalena Postel sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio: i membri di questa congregazione (dal 1920 divisa in due rami autonomi, uno tedesco e uno francese) usano la sigla S.M.M.P.

La congregazione, detta in origine delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia  venne fondata a Cherbourg l’8 settembre 1807 dalla religiosa francese Maria Maddalena Postel  (1756-1846)  con l’approvazione di Claude-Louis Rousseau, vescovo di Coutances: nel 1832 la Postel acquistò l’antica abbazia benedettina di Saint-Sauveur-le-Vicomte, dove trasferì la casa madre. L’istituto ricevette il pontificio decreto di lode il 29 agosto 1859 e le sue costituzioni vennero approvate dalla Santa Sede nel 1901. Nel 1920, a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, le case tedesche della congregazione si staccarono dalla casa madre dando origine a un ramo canonicamente autonomo dell’istituto.

Le finalità dell’istituto sono l’istruzione e l’educazione cristiana della gioventù e la cura dei malati, anche a domicilio.

Le suore del ramo francese sono presenti in Congo, Costa d’Avorio, Francia, India, Indonesia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito; la sede generalizia è a Saint-Sauveur-le-Vicomte (Bassa Normandia); nel 2005 le suore erano 358, in 57 case. Oggi sono molto di meno.

Le suore del ramo tedesco sono presenti in Bolivia, Brasile, Germania, Romania e Mozambico; la sede generalizia è a Heilbad Heiligenstadt (Turingia); nel 2005 le suore erano 422, in 69 case. Calo di vocazione anche tra loro.

Da qui il tema  del capitolo generale sulla pastorale vocazionale.

 

 

INCONTRO CON LE SUORE DELLA MISERICORDIA

GAETA – SABATO 28 SETTEMBRE 2013 – ORE 16,30

 

Guarda il cielo e conta le stelle e saprai capire il perché

 

“Un formicaio ai piedi di un vecchio abete. Milioni di formiche nere corrono senza sosta, perfettamente organizzate. Sezione trasporto aghi e foglie; sezione ricerca semi, insetti, larve; sezione allevamento e cura piccoli; comitato difesa degli assalti… Un giorno la formica n. 100.000 si fermò. Ansimando s’appoggiò al lungo ago che stava trascinando e alzò lo sguardo. Si sentiva svenire…,abituata a scansare i fili d’erba, i sassolini, i bruchi,  ra i suoi occhi si smarrivano nell’azzurro immenso del cielo, il cuore le scoppiava l’emozione guardando il grande tronco, i rami ordinati, il verde brillante. Ad un certo punto gridò il capo-reparto: “n. 100.000 gli altri sgobbano e tu poltrisci! T’assegno per punizione un quarto d’ora di lavoro supplementare!”. La sera la formica n. 100.000 fece il recupero di lavoro. Poi, mentre tutte s’infilavano nelle tane, restò fuori e scoprì le stelle. Un incanto! Tutta la notte ebbe gli occhi pieni di luce. Da allora i turni supplementari di punizione aumentavano, ma lei non si preoccupava. Anzi, diceva a tutti: “Alzate gli occhi. C’è qualcosa di grande sopra di noi, non possiamo portare solo larve e semi. Non avete mai guardato nemmeno l’abete!”. Le altre, per tutta risposta, la prendevano in giro: “Tu guardi e guardi, ma come riempiamo le riserve di cibo? Chi ripara la casa quando piove?”. La formica n. 100.000 lavorava, s’impegnava, rendeva bello il suo formicaio. Ma brontolavano lo stesso: “Se guardare il cielo fosse utile, dovresti essere più brava di noi, invece sei anche tu come noi. Le stelle non servono a niente”.

Così va spesso avanti anche il formicaio umano, ove nessuno o quasi ha il coraggio di  guardare il cielo  e contare le stelle.

 

A-      Prefazione

Per il prossimo capitolo generale è stato indicato nella pastorale vocazionale uno dei temi da privilegiare, in ragione della forte carenza di vocazioni nella nostra Congregazione e soprattutto in Italia ed Europa in generale.

In vista di questo importante avvenimento della Congregazione delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia, fondate da Santa Maddalena Postel, siete chiamate a dare il vostro contributo di idee, proposte, riflessioni da portare al Capitolo e sulle quali le capitolari dovranno discutere e deliberare.

Proponiamo la pastorale vocazionale come un obiettivo importante perché crediamo che il carisma, donato attraverso santa Maddalena Poste alla Chiesa e al mondo, sia ancora attuale.

L’ideale di Maddalena far conoscere a tutti gli uomini è l’amore di Dio rivelato nel sacramento dell’Eucaristia, è il cuore del nostro impegno vocazionale. Egli oggi lo affida a noi, come lo aveva affidato alle sue prime consorelle che la seguirono nella scelta vocazionale:

La pastorale vocazionale rappresenta una sfida per ciascuno, perché prima di tutto è questione di riappropriarci della nostra vocazione, per poi saperla proporre in modo attraente e convincente, donando il cuore pulsante della nostra vita.

La pastorale vocazionale domanda il coraggio di dialogare con il nostro mondo, in particolare con quello giovanile; per tanti aspetti diverso dal nostro, ma con un punto in comune: la sete di gioia, di pienezza, la sete di Dio.

La pastorale vocazionale domanda un’attenzione a tutti i “luoghi” dove le vocazioni hanno il loro sviluppo: le famiglie, le parrocchie, i gruppi, le associazioni e i movimenti; domanda un respiro ampio di Chiesa, come ripetutamente ci rammenta Papa Francesco; domanda di collaborare e di operare per costruire e far crescere la “casa e scuola di comunione”.

Implichiamoci con rinnovato slancio in questa sfida, concentrandoci su ciò che può essere fatto. La preghiera e l’offerta della propria vita, con le sue gioie, i suoi dolori, non è poca cosa, se ci crediamo. Anche tutti coloro che condividono il carisma di Santa Maddalena Poste dovrebbero essere coinvolti nella promozione del tipo di vocazione che lei ha sognato.

Non vogliamo sopravvivere ad ogni costo, è la nostra missione che ci provoca a ravvivare la nostra vita e ad accogliere la sfida della pastorale vocazionale.

 

B-      Introduzione

 

Tutti avvertiamo la fatica di fare programmi e di lavorare in questo settore, proprio perché siamo di fronte ad una realtà in continuo cambiamento. Gli stessi giovani sono scoraggiati dalle forme di impegno definitivo, immersi come sono in una cultura come la nostra, ispirata al relativo e al provvisorio.

Pur essendo consapevoli di queste difficoltà, crediamo ugualmente sia possibile proporre un cammino, che ogni comunità potrà incarnare nella propria situazione e adattare alle proprie possibilità.

Ci auguriamo, perciò, di offrire un’occasione di confronto, ma soprattutto un incentivo a un rinnovato impegno nel campo della pastorale giovanile e vocazionale.

 

B.1.La teologia della chiamata

Richiamiamo, molto rapidamente, alcuni di questi principi teologico-pastorali,

tratti dal documento “Nuove vocazioni per una nuova Europa”.

•Il mistero del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo fonda l’esistenza piena

dell’uomo, come chiamata all’amore nel dono di sé e nella santità, come dono nella Chiesa per il mondo.

•L’esistenza di ciascuno è frutto dell’amore creativo del Padre, del suo desiderio efficace, della sua parola generativa. L’atto creatore del Padre ha la dinamica di un appello, di una chiamata alla vita. L’uomo viene alla vita perché amato, pensato e voluto da una Volontà buona che l’ha preferito alla non esistenza, che l’ha amato ancora prima che esistesse, che l’ha conosciuto prima di formarlo nel seno materno, che l’ha consacrato prima che uscisse alla luce (cfr. Ger 1, 5; Is 49, 1.5; Gal 1,15).

•Riconoscere il Padre significa che noi esistiamo alla maniera sua, avendoci

creati a sua immagine (Sap 2,23). In questo è contenuta la fondamentale, vocazione dell’uomo: la vocazione alla vita e a una vita subito concepita a somiglianza di quella divina. Se il Padre è la fonte perenne dell’esistenza e dell’amore, l’uomo è chiamato, nella misura del suo esistere, a essere come Lui; e dunque a “dare la vita”, a farsi carico della vita di un altro.

• Se l’uomo è chiamato a essere figlio di Dio, nessuno meglio del Verbo Incarnato può “parlare” all’uomo di Dio e raffigurare l’immagine riuscita del Figlio. Per questo il Figlio di Dio, venendo su questa terra, chiama ogni uomo a seguirLo, a essere come Lui, a condividere la sua vita, la sua parola, la sua pasqua di morte e risurrezione, addirittura i suoi sentimenti.

• La struttura di ogni vocazione, anzi la sua maturità, sta nel continuare Gesù

nel mondo. Ogni chiamato è segno di Gesù: in qualche modo il suo cuore e le sue mani continuano ad abbracciare i piccoli, a sanare i malati, a riconciliare i peccatori e a lasciarsi inchiodare in croce per amore di tutti. L’essere per gli altri, con il cuore di Cristo, è il volto maturo di ogni vocazione. Per questo è il Signore Gesù il formatore di coloro che chiama, l’unico che può plasmare in loro i suoi stessi sentimenti.

• La vita cristiana per essere vissuta in pienezza, nella dimensione del dono e della missione, ha bisogno di motivazioni forti, e soprattutto di comunione profonda con il Signore: nell’ascolto, nel dialogo, nella preghiera, nella interiorizzazione dei sentimenti, nel lasciarsi ogni giorno formare da Lui e nel

desiderio ardente di comunicare al mondo la vita del Padre.

• In tutte le catechesi della comunità cristiana delle origini è palese la centralità del mistero pasquale: annunciare Cristo morto e risorto. Nel mistero del pane spezzato e del sangue versato per la vita del mondo la comunità credente contempla l’epifania suprema dell’amore, la vita donata del Figlio

di Dio.

• Nella celebrazione dell’Eucaristia, “culmine e fonte” della vita cristiana, viene celebrata la massima rivelazione della missione di Gesù Cristo nel mondo. Nella comunità che celebra il mistero pasquale ogni cristiano prende parte ed entra nello stile del dono di Gesù, diventando come Lui pane spezzato per l’offerta al Padre e per la vita del mondo.

• L’Eucaristia è sorgente di ogni vocazione cristiana: in questo senso diventa icona di ogni risposta vocazionale; come in Gesù, in ogni vita e in ogni vocazione, c’è una difficile fedeltà da vivere sino alla misura della croce. Colui che vi prende parte accoglie l’invito-chiamata di Gesù a “fare memoria” di Lui, nel sacramento e nella vita, a vivere “ricordando” nella verità e libertà delle scelte quotidiane il memoriale della croce, a riempire l’esistenza di gratitudine

e di gratuità, a spezzare il proprio corpo e versare il proprio sangue. Come il Figlio.

• L’Eucaristia genera la testimonianza, prepara la missione: “Andate in pace”. Si passa dall’incontro con Cristo nel segno del Pane, all’incontro con Cristo nel segno di ogni uomo. L’impegno del credente non si esaurisce nell’entrare, ma nell’uscire dal tempio. La risposta alla chiamata incontra la storia della missione. La fedeltà alla propria vocazione attinge alle sorgenti dell’Eucaristia e si misura nell’Eucaristia della vita.

 

B.2. CON CHI INTRAPRENDERE L’ANIMAZIONE VOCAZIONALE?

Vogliamo chiarire un punto fermo di questo progetto: la pastorale vocazionale non è un problema che riguarda alcuni “addetti ai lavori”. Essa chiama in causa la testimonianza di vita e il coinvolgimento di tutte le religiose della vostra Congregazione: giovani, adulte, anziane, addetti al settore e tutti coloro che hanno responsabilità nell’istituto, le singole comunità e l’intera famiglia religiosa.

 

B.2.1.La comunità

La vera guida alla maturazione delle vocazioni è lo Spirito Santo, il quale però, opera per mezzo di uomini e quindi anche attraverso di noi, riuniti nel nome del Risorto in comunità pasquali.

È necessario che ogni comunità senta l’urgenza di questo compito senza dimenticare che è la testimonianza della vita di ognuno la migliore forma di evangelizzazione delle vocazioni. Per questo ogni comunità è impegnata a diventare sempre più cosciente di esserne essa stessa evocatrice e formatrice. Consapevoli che il primo messaggio delle nostre comunità è la testimonianza della loro vita, ogni comunità diventa pienamente comunità vocazionale, cioè segno leggibile di radicalità evangelica, di servizio, di fraternità, di serenità e gioia, se è:

• luogo accogliente per tutti coloro che cercano uno spazio di vita;

• luogo in cui si respira la gioia e la speranza che scaturiscono dalla certezza della risurrezione di Cristo;

• luogo in cui è possibile “stare a mensa” con i fratelli in modo sereno e tranquillo, trovare momenti di condivisione delle fatiche per dare e ricevere sostegno nelle difficoltà;

• spazio aperto alla realtà locale e alla Chiesa universale;

• realtà capace di dialogare con tutti, in particolare con i giovani, scoprendone il linguaggio e i sentimenti;

• capace di mettersi al servizio di “coloro che bussano alla porta”, senza aver paura di “perdere tempo”, perché il tempo è di Dio.

 

Perciò in tali comunità, ogni religiosa, figlia spirituale di Maddalena Postel è chiamata a:

• mettersi in gioco e vivere la proposta vocazionale in prima persona;

• curare la propria formazione nel confronto costante con la parola di Dio e con tutti coloro che lo possono aiutare nel cammino;

• pregare ed educare alla preghiera e all’invocazione;

• essere seminatore, accompagnatore, educatore, formatore;

• saper fare discernimento e aiutare altri a discernere;

• indicare la presenza di un Altro;

• essere testimone convincente e credibile;

• essere entusiasta della propria vocazione;

• essere segno della presenza costante di Gesù Eucaristia nelle nostre case, attraverso la cura delle relazioni con tutti coloro con cui condivide la quotidianità;

• curare le scelte concrete nella povertà, castità e obbedienza perché siano rimando a Cristo povero, casto e obbediente;

• diffondere e difendere quei valori che rendono la società migliore: la giustizia, la solidarietà, la pace, ecc.

 

Dunque l’animazione vocazionale è responsabilità di tutti, non si può pretendere che poche persone possano riassumere in sé tutto ciò; proprio per questo una volta ancora appare chiara la necessità che siano tutte le comunità ad essere promotrici della pastorale vocazionale, collaborando attivamente e fiduciosamente.

 

B.2.2.PERCORSI COMUNITARI

 

Tre nuclei principali sui cui operare per una saggia azione di promozione vocazionale, locale e generale: in-vocazione, con-vocazione, pro-vocazione.

 

B.2.2.1. IN-VOCAZIONE

“Ogni vocazione nasce dall’in-vocazione”

• Preghiera personale

• Preghiera comunitaria

• Far scoprire ai giovani la bellezza dell’Eucaristia

 

Concretizzazioni

• Preghiera comunitaria vocazionale mensile

• Scuole di preghiera per giovani

• Direzione e accompagnamento spirituale dei giovani

• Sussidi per la preghiera

• Celebrazione dell’Eucaristia

• Adorazioni eucaristiche guidate

 

B.B.2.2. CON-VOCAZIONE

“Ogni vocazione cresce nella con-vocazione”

• Riscoprire la bellezza del vivere insieme

• Contribuire alla costruzione di “comunità evangeliche”

• Riscoprire la nostra identità carismatica

•Divenire capaci di progettualità

• Essere donne di relazione, cioè esperte in umanità, per essere donne di vocazione (da chi-amate diventare chi-amanti)

•Vivere una forte esperienza di fraternità, nella stima, nel rispetto, nella fiducia, dando valore al fratello

 

Concretizzazioni

•Vivere un’esperienza coerente di vita (integrazione tra fede e vita)

• Condivisione e confronto sulla Parola di Dio

 

B.2.2.3.PRO-VOCAZIONE

“Ogni vocazione è pro-vocazione”

• Diffondere sempre più responsabilità e coinvolgimento all’interno delle comunità

• Essere donne inserite nella storia e nel territorio, che conoscono e soffrono i problemi della gente e se ne fanno carico

•Vivere la carità nella relazione con i fratelli

• Annunciare il Vangelo in modo attraente

 

Concretizzazioni

• Apertura alle sollecitazioni della realtà esterna e conoscenza di quella giovanile

• Creazione di spazi di condivisione della fede con i giovani

• Identificazione ed offerta di esperienze di vita comune

• Coinvolgimento nella vita della Famiglia religiosa

•Possibilità di incontro e confronto con dei testimoni di vita

• Cura del Sacramento della Riconciliazione perché sia momento vocazionale

 

C- ITINERARIO FORMATIVO

 

Icona biblica dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)

(Leggere il testo integrale del  Vangelo e commentarlo)

 

Atteggiamenti pedagogico-evangelici

La parte pedagogica è colta all’interno del vangelo, sull’esempio di quello straordinario animatore-educatore vocazionale che è Gesù, e in vista di un’animazione vocazionale scandita da precisi atteggiamenti pedagogico/evangelici:

accostarsi all’altro, seminare, accompagnare, educare, formare, discernere.

Questi atteggiamenti aprono prospettive importanti a chi lavora nella pastorale vocazionale: l’animatore è chiamato ad accostarsi all’altro facendo il primo passo, a seminare il buon seme della vocazione, ad accompagnare nel cammino che conduce il cuore ad “ardere”, ad educare alla fede e all’ascolto del Dio che chiama, a formare agli atteggiamenti umani e cristiani per discernere, infine, la presenza del dono che viene dall’Alto.

Sono dimensioni del mistero della chiamata che da Dio giunge all’uomo attraverso la mediazione dei fratelli.

 

1.ACCOSTARSI ALL’ALTRO

 

1.1.CHI AMA, AMA PER PRIMO

È Gesù che viene a cercarci: così anche noi siamo chiamati a metterci in cammino con i giovani, rivolgere loro per primi la parola, anche se non sembrano interessati a noi. Con rispetto, pazienza infinita, tenerezza, perché il linguaggio dell’amore arriva al cuore anche della persona più chiusa.

 

1.2.CHI AMA, VA OLTRE LE APPARENZE

I giovani hanno paura di essere giudicati dagli adulti, la loro fragilità li induce spesso a porsi in modo aggressivo e poco accogliente. L’animatore vocazionale è chiamato ad ascoltare la loro richiesta, spesso inespressa, di relazione con qualcuno cui confidare le proprie ansie, le proprie domande di senso.

 

1.3.CHI AMA, SA ASCOLTARE IN SILENZIO

Gesù pone una domanda per iniziare il dialogo, ma poi resta in silenzio finché i due discepoli hanno terminato il racconto e a loro volta lo interrogano. Anche all’animatore è chiesto di porsi in ascolto per suscitare silenziosamente la fiducia di chi gli sta di fronte.

 

2.SEMINARE

 

2.1.INCONTRO TRA DUE LIBERTÀ – LA SEMINA NELLA LIBERTÀ

All’interno del cammino pedagogico c’è il momento della semina: ciascuno di noi è terreno in cui Dio sparge il seme della vocazione cristiana, la quale è incontro tra la libertà imperfetta dell’uomo e quella perfetta di Dio. L’animatore vocazionale è chiamato a preparare il terreno, creando i presupposti perché la semina sia feconda.

 

2.2.IL CORAGGIO DI SEMINARE OVUNQUE

Come Gesù chiama a sé tutti, così l’animatore vocazionale semina “ovunque”, si rivolge ad ogni persona, annunciando e proponendo il Vangelo

con coraggio e senza pregiudizi.

 

2.3.LA SEMINA AL TEMPO GIUSTO

Come il seminatore sparge il seme al momento opportuno, così l’animatore vocazionale rispetta i tempi dell’altro. Egli deve tener presente la situazione ed i sentimenti che il giovane vive in quel particolare momento, per poter comprendere quale è il vero bene della persona.

 

3.ACCOMPAGNARE

 

3.1.CAMMINARE

L‘itinerario pedagogico/vocazionale è un viaggio verso la maturità della fede, che conduce a decidere in libertà e responsabilità secondo il progetto pensato da Dio, viaggio in compagnia dell’animatore vocazionale che prega per conoscere la strada e la voce di Dio, e diventa capace di indicare la presenza di un Altro.

 

3.2.TESTIMONIARE E CONDIVIDERE

Alla sequela di Gesù, l’animatore vocazionale condivide la fatica di chi cerca la propria vocazione e testimonia la propria scelta e l’essere stato scelto da Dio; egli è chiamato a diventare testimone convincente e credibile, affinché il suo messaggio diventi “buona notizia”, coinvolgendo il giovane nella sua totalità.

 

3.3.CUSTODIRE

Come Gesù si prende a cuore la storia di ognuno e risveglia il desiderio di Dio, così l’animatore vocazionale ha il compito di creare dentro di sé lo spazio per accogliere la storia del giovane, custodirla e ripresentarla trasfigurata dallo sguardo di fede.

 

4.EDUCARE

 

4.1.LA CONOSCENZA DI SÉ

La passione e la morte di Gesù hanno interrotto il cammino di fede dei due di Emmaus: il Messia “potente in opere e in parole”, speranza di liberazione per Israele, non ha risposto alle loro aspettative umane. La scelta vocazionale dei giovani spesso è messa in crisi o resa impossibile perché si ha un’interpretazione della vita troppo “terrena”. L’animatore vocazionale aiuta il giovane a conoscersi, a liberarsi dalle paure nei confronti della vocazione per giungere alla verità e alla costruzione dell’io vero.

 

4.2.IL MISTERO

L’itinerario vocazionale si muove all’interno di un unico mistero, quello del rapporto tra Dio e l’uomo. Un autentico cammino porta sempre e comunque a crescere nella conoscenza dell’amore di Dio e aiuta il giovane a scoprire la bellezza del mistero della vita, collocando fuori di sé, in Dio, la ricerca del fondamento dell’esistenza.

 

4.3.L’INVOCAZIONE

Senza il Signore e la sua Parola è notte nella vita, non c’è senso. L’animatore prega ed educa alla preghiera di invocazione, di fiducia, di gratitudine, perché essa diventi luogo di “ascolto del Dio che chiama”, colloquio che fa scoprire la propria vocazione.

 

5.FORMARE

 

5.1.RICONOSCERE GESÙ

Formare è il momento principale dell’itinerario formativo in cui al giovane si propone un modo di essere per condividere la vita del Figlio ed avere la Sua “forma”. Nell’episodio di Emmaus Gesù prende il pane, lo benedice, lo spezza e lo dà loro, un gesto forte che solo lui poteva fare ed è per questo che viene riconosciuto! In questi quattro verbi è riassunta tutta la sua storia ed il suo insegnamento, è come il suo ritratto più fedele, ciò che aveva lasciato ai suoi discepoli perché lo ripetessero in memoria di lui, con il suo stesso cuore. L’animatore aiuta a comprendere che Cristo in ogni Eucaristia ripete quei quattro gesti per dire al giovane che lì dentro c’è anche lui, la sua vocazione, il suo futuro, la sua realizzazione piena. Anche lui riconoscerà Cristo quando in Lui scoprirà/riconoscerà se stesso.

 

5.2.LA GRATITUDINE

I due di Emmaus riconoscono il Signore nel gesto eucaristico e il loro cuore si colma di gioia: dal riconoscimento nasce la ri-conoscenza. L’animatore aiuta il giovane a riconoscere nella propria vocazione quella pienezza di felicità cercata da molto tempo e realizzata in modo assolutamente gratuito da Dio. Dalla scoperta di questo amore senza condizioni scaturisce la risposta grata che rende pronti a giocare la propria vita.

 

5.3.LA VERITÀ DELLA VITA

Il significato della vita, come bene ricevuto che diviene bene donato, è nel segno eucaristico. Ogni animatore è chiamato ad invitare il giovane a fare dell’Eucaristia il centro di un’esistenza tutta improntata al dono. Per questo lo aiuta a conoscere più intimamente Gesù e il suo mistero, e a capire che solo Lui è la Via e che l’Eucaristia costituisce il senso e la verità anche della sua esistenza.

 

6.Discernere

 

6.1.CAPACITÀ DECISIONALE

Il cammino vocazionale è un processo di discernimento che deve condurre il giovane ad assumersi delle responsabilità, fino alla maturazione di una decisione definitiva. È proprio la capacità di decidere, infatti, che spesso viene a mancare nei giovani di oggi. L’animatore vocazionale ha il compito di prepararli progressivamente ad assumere le responsabilità personali a partire dalle concrete scelte quotidiane, secondo i valori della gratuità, della costanza, della sobrietà, dell’onestà, affidando loro compiti adeguati per valorizzarne le capacità.

 

6.2.“RITORNO A CASA”

La scelta vocazionale indica novità di vita, ma è anche segno di un recupero della propria identità, quasi un “ritorno a casa”, alle radici del proprio io. L’animatore vocazionale aiuta il giovane a prendere coscienza di questa identità più profonda, e a fondarla sul riconoscimento del dono e sulla gratitudine che ne scaturisce. La realizzazione piena di se stessi consiste nel

seguire l’unico progetto che può dare felicità, quello di Gesù.

 

6.3.TESTIMONIANZA E COMUNITÀ

Il giovane che ha vissuto l’incontro con Cristo ha bisogno di “riferire ciò che gli è accaduto” sia con le parole che con le opere, perciò la testimonianza non può prescindere dal contesto comunitario. L’animatore vocazionale stimola il giovane a scoprire e ritrovare quotidianamente la sua chiamata, mettendosi al servizio della comunità ecclesiale in uno scambio di doni: la testimonianza del giovane, infatti, fa crescere la fede della Chiesa, la fede e la testimonianza

della Chiesa suscitano e incoraggiano la scelta del giovane.

 

7.OCCASIONI FONTI DI ESPERIENZA

Importante è offrire opportunità, occasioni per saper scoprire il dono della vocazione. “Occasioni” che siano opportunità concrete di carità, di servizio gratuito, in particolare verso i bisognosi, perché dal solo “fare” si giunga alla comprensione delle motivazioni più profonde ed autentiche dell’agire.

“Occasioni” che si trasformino in esperienze forti capaci di sollecitare a “salti

di qualità” nel proprio cammino spirituale.

Le proposte che intendiamo realizzare possono essere raggruppate secondo

3 livelli diversi:

 

7.1.• ECCLESIALE

Valorizzare tutte quelle occasioni che la Chiesa ci offre per promuovere una mentalità vocazionale: ritiri, esercizi spirituali, campi scuola, professioni religiose, giornate missionarie, per la vita e di preghiera per le vocazioni, GMG, convegno

 

7.2.• A LIVELLO GENERALE DELL’ISTITUTO

Creare occasioni capaci di far vivere le caratteristiche peculiari del nostro

carisma (vedi calendario eventi), continuando a sostenere con spirito di collaborazione e condivisione i progetti già esistenti.

 

7.3.• LOCALE

Programmare l’attività pastorale con un’attenzione particolare alla dimensione

vocazionale, affinché ogni comunità diventi “grembo delle vocazioni”.

 

7.3.1.La parrocchia

La vocazione normalmente nasce in seno alla comunità parrocchiale, per questo la pastorale vocazionale si inserisce nei cammini catechistici, dei gruppi genitori, delle giovani coppie, di fidanzati, nella formazione dei ministranti e nelle varie attività educative presso gli oratori  e soprattutto l’insegnamento

 

7.3.2.Il santuario

Per le comunità presenti nei santuari (vedi Lenola qui in zona), l’animazione

vocazionale consiste soprattutto nella capacità di presentare se stesse come “testimonianza vivente” concreta e gioiosa di una vita dedicata a Dio e ai fratelli. Esse si inseriscono nel tessuto della chiesa locale offrendo proposte che conducano ad accogliere anche scelte di presbiterato, diaconato e vita religiosa.

 

7.3.3.I ministeri vari

I ministeri vari svolgono un’azione di animazione e di proposta vocazionale:

– prestando attenzione al linguaggio dei mezzi di comunicazione

– con l’annuncio di una spiritualità eucaristica in sintonia con il nostro tempo

– accompagnando adulti, giovani e famiglie nella crescita spirituale e nell’ascolto della volontà di Dio

– offrendo la testimonianza del nostro carisma con uno stile di vita semplice e fraterno

– favorendo l’apertura degli orizzonti e coinvolgendo nella missione ad gentes.

 

8.CONCLUSIONE

Il Signore in mille modi mette ancora nel cuore il desiderio di seguirlo; invita ad alzare lo sguardo, a contemplare il cielo stellato e a credere alla sua promessa. Vogliamo raccogliere questa sfida e abbandonare le nostre incertezze per fidarci sempre più di Lui. È Lui solo che suscita le vocazioni, sta ad ognuno di noi favorire le condizioni perché un giovane possa rispondere a questa chiamata.

 

 

Preghiera per il Capitolo generale

 

Padre nostro,

che ci hai chiamati a seguire il Figlio tuo,

sulle orme di santa  Maria Maddalena,

concedici di convertirci completamente a Te e di conformarci al Figlio tuo

e Signore nostro Gesù Cristo, Vangelo del tuo Amore.

Così convertiti e identificati a Cristo,

infondi in noi il tuo Santo Spirito

per testimoniare al mondo quanto l’hai amato

fino a darTi tutto nel tuo Figlio.

Concedici di credere nel profondo che, per sola tua grazia,

siamo vere figlie tue nel Figlio Gesù e, come Lui,

di chiamarti e sentirti Abba, Padre.

Assisti le nostre  sorelle Capitolari a lasciarsi guidare dal tuo Spirito

per animare la Congregazione

ad essere intrepidi nel proclamare il tuo Vangelo

con la testimonianza della vita e della parola,

come Santa Maria Maddalena

Aiutaci attraverso il Capitolo Generale ad interrogarci con coraggio

per uscire dalla mediocrità, dalla stanchezza,

da una ritualità spesso vuota e ripetitiva

e diventare strumenti efficaci del tuo Amore, senza riserve,.

Maria, la Madre che ci donasti al culmine del tuo Amore,

ci sia sempre vicina per orientarci verso Gesù che, con Te, Padre,

in unione con lo Spirito Santo, vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen

 

 

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA
DELL’UNIONE INTERNAZIONALE DELLE SUPERIORE GENERALI
(U.I.S.G.)

 

Aula Paolo VI 
Mercoledì, 8 maggio 2013

 

  

 

Signor Cardinale,
venerato e caro Fratello nell’Episcopato,
care sorelle!

 

Sono contento di incontrarvi oggi e desidero salutare ciascuna di voi, ringraziandovi per quanto fate affinché la vita consacrata sia sempre una luce nel cammino della Chiesa. Care sorelle, prima di tutto ringrazio il caro Fratello Cardinale João Braz de Aviz, per le parole che mi ha rivolto; mi piace anche la presenza del Segretario della Congregazione. Il tema del vostro Convegno mi pare particolarmente importante per il compito che vi è stato affidato: “Il servizio dell’autorità secondo il Vangelo”. Alla luce di questa espressione vorrei proporvi tre semplici pensieri, che lascio al vostro approfondimento personale e comunitario.

 

1. Gesù, nell’Ultima Cena, si rivolge agli Apostoli con queste parole: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16), che ricordano a tutti, non solo a noi sacerdoti, che la vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che vi ha chiamate a seguirlo nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da voi stesse per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà di Dio, spogliandovi dei vostri progetti, per poter dire con san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo “esodo” da se stessi è mettersi in un cammino di adorazione e di servizio. Un esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore e di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle. Adorare e servire: due atteggiamenti che non si possono separare, ma che devono andare sempre insieme. Adorare il Signore e servire gli altri, non tenendo nulla per sé: questo è lo “spogliamento” di chi esercita l’autorità. Vivete e richiamate sempre la centralità di Cristo, l’identità evangelica della vita consacrata. Aiutate le vostre comunità a vivere l’”esodo” da sé in un cammino di adorazione e di servizio, anzitutto attraverso i tre cardini della vostra esistenza.

 

L’obbedienza come ascolto della volontà di Dio, nella mozione interiore dello Spirito Santo autenticata dalla Chiesa, accettando che l’obbedienza passi anche attraverso le mediazioni umane. Ricordate che il rapporto autorità-obbedienza si colloca nel contesto più ampio del mistero della Chiesa e ne costituisce una particolare attuazione della sua funzione mediatrice (cfr Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Il servizio dell’autorità e l’obbedienza, 12).

 

La povertà come superamento di ogni egoismo nella logica del Vangelo che insegna a confidare nella Provvidenza di Dio. Povertà come indicazione a tutta la Chiesa che non siamo noi a costruire il Regno di Dio, non sono i mezzi umani che lo fanno crescere, ma è primariamente la potenza, la grazia del Signore, che opera attraverso la nostra debolezza. «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza», afferma l’Apostolo delle genti (2Cor12,9). Povertà che insegna la solidarietà, la condivisione e la carità, e che si esprime anche in una sobrietà e gioia dell’essenziale, per mettere in guardia dagli idoli materiali che offuscano il senso autentico della vita. Povertà che si impara con gli umili, i poveri, gli ammalati e tutti quelli che sono nelle periferie esistenziali della vita. La povertà teorica non ci serve. La povertà si impara toccando la carne di Cristo povero, negli umili, nei poveri, negli ammalati, nei bambini.

 

E poi la castità come carisma prezioso, che allarga la libertà del dono a Dio e agli altri, con la tenerezza, la misericordia, la vicinanza di Cristo. La castità per il Regno dei Cieli mostra come l’affettività ha il suo posto nella libertà matura e diventa un segno del mondo futuro, per far risplendere sempre il primato di Dio. Ma, per favore, una castità “feconda”, una castità che genera figli spirituali nella Chiesa. La consacrata è madre, deve essere madre e non “zitella”! Scusatemi se parlo così, ma è importante questa maternità della vita consacrata, questa fecondità! Questa gioia della fecondità spirituale animi la vostra esistenza; siate madri, come figura di Maria Madre e della Chiesa Madre. Non si può capire Maria senza la sua maternità, non si può capire la Chiesa senza la sua maternità e voi siete icona di Maria e della Chiesa.

 

2. Un secondo elemento che vorrei sottolineare nell’esercizio dell’autorità è il servizio: non dobbiamo mai dimenticare che il vero potere, a qualunque livello, è il servizio, che ha il suo vertice luminoso sulla Croce. Benedetto XVI, con grande sapienza, ha richiamato più volte alla Chiesa che se per l’uomo spesso autorità è sinonimo di possesso, di dominio, di successo, per Dio autorità è sempre sinonimo di servizio, di umiltà, di amore; vuol dire entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi agli Apostoli (cfr Angelus, 29 gennaio 2012), e che dice ai suoi discepoli: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse… Tra voi non sarà così; proprio il motto della vostra assemblea, ‘tra voi non sarà così’ – ma chi vuole essere grande tra voi, sarà il vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,25-27). Pensiamo al danno che arrecano al Popolo di Dio gli uomini e le donne di Chiesa che sono carrieristi, arrampicatori, che “usano” il popolo, la Chiesa, i fratelli e le sorelle – quelli che dovrebbero servire -, come trampolino per i propri interessi e le ambizioni personali. Ma questi fanno un danno grande alla Chiesa.

 

Sappiate sempre esercitare l’autorità accompagnando, comprendendo, aiutando, amando; abbracciando tutti e tutte, specialmente le persone che si sentono sole, escluse, aride, le periferie esistenziali del cuore umano. Teniamo lo sguardo rivolto alla Croce: lì si colloca qualunque autorità nella Chiesa, dove Colui che è il Signore si fa servo fino al dono totale di sé.

 

3. Infine l’ecclesialità come una delle dimensioni costitutive della vita consacrata, dimensione che deve essere costantemente ripresa e approfondita nella vita. La vostra vocazione è un carisma fondamentale per il cammino della Chiesa, e non è possibile che una consacrata e un consacrato non “sentano” con la Chiesa. Un “sentire” con la Chiesa, che ci ha generato nel Battesimo; un “sentire” con la Chiesa che trova una sua espressione filiale nella fedeltà al Magistero, nella comunione con i Pastori e il Successore di Pietro, Vescovo di Roma, segno visibile dell’unità. L’annuncio e la testimonianza del Vangelo, per ogni cristiano, non sono mai un atto isolato. Questo è importante, l’annuncio e la testimonianza del Vangelo per ogni cristiano non sono mai un atto isolato o di gruppo, e qualunque evangelizzatore non agisce, come ricordava molto bene Paolo VI, «in forza di un’ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome di essa» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 80). E proseguiva Paolo VI: è una dicotomia assurda pensare di vivere con Gesù senza la Chiesa, di seguire Gesù al di fuori della Chiesa, di amare Gesù senza amare la Chiesa (cfr ibid., 16). Sentite la responsabilità che avete di curare la formazione dei vostri Istituti nella sana dottrina della Chiesa, nell’amore alla Chiesa e nello spirito ecclesiale.

 

Insomma, centralità di Cristo e del suo Vangelo, autorità come servizio di amore, “sentire” in e con la Madre Chiesa: tre indicazioni che desidero lasciarvi, a cui unisco ancora una volta la mia gratitudine per la vostra opera non sempre facile. Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!

 

Care sorelle, siate certe che vi seguo con affetto. Io prego per voi, ma anche voi pregate per me. Salutate le vostre comunità da parte mia, soprattutto le sorelle ammalate e le giovani. A tutte va il mio incoraggiamento a seguire con parresia e con gioia il Vangelo di Cristo. Siate gioiose, perché è bello seguire Gesù, è bello diventare icona vivente della Madonna e della nostra Santa Madre Chiesa gerarchica. Grazie.

 

 

 

Maranola (Lt). Primo centenario di presenza delle Suore di Gesù Redentore a Maranola di Formia

551277_475373595895057_1822623941_n.jpg1238116_475373462561737_1124545783_n.jpgcentrostorico_1.jpgIniziano nei prossimi giorni e si concluderanno il 6 ottobre 2013 i solenni festeggiamenti in occasione del Primo Centenario di presenza e di attività apostolica e missionaria  delle Suore di Gesù Redentore, a Maranola, una frazione del Comune di Formia (Lt).. E da Maranola è uscita una serva di Dio, avviata verso la beatificazione: Filomena D’Urso, in religione Suor Ambrogina di San Carlo. E’ questo il frutto più evidente di una centenaria presenza delle Suore di Gesù Redentore a Maranola, dove dal loro primo insediamento hanno curato i bambini abbandonati o in disagio sociale con il Convitto, secondo il carisma della Fondatrice, la Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, e successivamente hanno e lavorano nell’attività formativa nella scuola dell’infanzia e nella collaborazione sistematica con la parrocchia. Proprio d’intesa con il parroco, monsignor Antonio De Meo, già vicario generale dell’arcidiocesi di Gaeta, la comunità delle Suore di Gesù Redentore di Maranola ha  programmato una  serie di iniziative religiose, culturali e sociali per degnamente ricordare questo storico avvenimento. Saranno concentrate, soprattutto nei giorni 2-6 ottobre saranno, le iniziative finalizzate a ripresentare storicamente la presenza delle suore a Maranola. Si parte il giorno 2 ottobre alle ore 17,30 con il Rosario Meditato e la S.Messa. Il giorno 3 ottobre, stesso orario, si svolgerà l’Adorazione eucaristica per le vocazioni e subito dopo la S.Messa. Il giorno 4 ottobre sul carisma delle Suore di Gesù Redentore, incentrato sull’adorazione, sulla riparazione e sulla riconciliazione, relazionerà il teologo morale, padre Antonio Rungi, religioso passionista e docente nelle scuole statali. Seguirà la celebrazione eucaristica. Il giorno 5 ottobre sulla spiritualità delle Suore di Gesù Redentore, relazionerà la Vicaria generale dell’Istituto, Suor Maria Teresa Dupont, già superiora generale. Seguirà la celebrazione della santa messa. Domenica 6 ottobre, alle ore 11,30 la messa di ringraziamento al Signore per il dono del primo centenario della presenza delle Suore a Maranola, con la partecipazione della comunità cristiana, le autorità religiose, civili e militari del territorio e la presenza della Superiora generale dell’Istituto, Madre Marilena Russo. “L’amore di Dio, può rinnovare la terra. Credo con una nuova fede. Spero con una più forte speranza. Voglio con una sincera carità lavorare all’opera così giusta e necessaria della riconciliazione che Dio nella sua misericordia ha riservato al nostro tempo”. E’ su questo progetto di vita e missione della loro fondatrice che le Suore di Gesù Redentore hanno lavorato in questi 100 anni di presenza a Maranola. E di questo vogliono rende grazie al Signore le Suore di Maranola con i solenni festeggiamenti in corso e che si concluderanno nella prima settimana di ottobre 2013. In tale contesto sarà ricordata la figura esemplare della Serva di Dio, Madre Ambrogina di San Carlo, al secolo Filomena D’Urso, nativa Maranola, dove venne alla luce il 1° gennaio 1909.  A 19 anni Filomena, infatti, lasciò tutto per farsi suora della Congregazione di Gesù Redentore.  Divenuta suor Ambrogina di San Carlo, fece il noviziato a Roma, quindi fu trasferita a Perugia. Assimilò e visse la consacrazione religiosa seguendo lo spirito e il carisma della fondatrice dell’Istituto Victorine Le Dieu.  All’inizio del 1930 venne mandata a Varlungo, a sud di Firenze, in una casa dove erano accolti bambini bisognosi. A questa missione la Serva di Dio dedicò tutta se stessa, fino a compromettere la propria salute. Furono anni segnati dalla sofferenza, vissuti però guardando al Redentore. Col desiderio di diventare “grande santa”, visse per donare amore gratuito, a gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli. Trovò così anche la forza di consolare quanti ricorrevano a lei per ricevere consigli e conforto spirituale. Dalla primavera del 1948 fu costretta a stabilirsi in infermeria, che divenne il luogo in cui si compì la sua silenziosa missione, con crescente amore per Gesù Eucaristia . Scrisse nel diario spirituale: “Vorrei gridare a tutte le creature della terra: l’Amore s’è fatto Pane. Vorrei gridare a tutto il mondo che amasse l’Amore”, “Voglio guardare sempre in alto cercando una cosa sola: l’Amore”. Morì a soli 45 anni il 26 marzo 1954. Il 1° ottobre 2006 dal cimitero di Firenze, i suoi resti mortali fecero ritorno a Maranola, deposti in un’urna, nella chiesa dell’Annunziata dove tante volte da ragazzina aveva pregato. In paese una sala museo raccoglie i suoi ricordi.

Lenola (Lt). Festa della Madonna del Colle

DSC08814.JPGAnche quest’anno 2013 si svolgeranno regolarmente i solenni festeggiamenti in onore della Madonna del Colle. Ad intensificare il periodo di preparazione alla festa del 15-16 settembre 2013 sarà il triduo di predicazione che si svolgerà dall’11 al 13 settembre e sarà predicato da padre Antonio Rungi, missionario passionista del Santuario della Civita. Alle ore 17,30 il sacerdote sarà a disposizione per l’ascolto delle confessione e poi presiederà l’eucaristia delle ore 18,30, durante la quale terrà la riflessione sull’anno della fede ed in particolare sull’Enciclica di Papa Francesco “Lumen fidei”, con particolare attenzione a Maria Modello di fede per ogni cristiano. Di particolare importanza ai fini del programma religioso è la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, in programma domenica 15 settembre, alle ore 11.00 memoria del ritrovamento della sacra effige della Vergine del Colle e festa della Madonna Addolorata. A seguire la processione, alla quale partecipano migliaia di fedeli e devoti della Madonna non solo di Lenola, ma anche dei Paesi vicini, quali Fondi, Monte San Biagio, Itri, Sperlonga, Terracina, Gaeta, Campodimele. Grande ed estesa è la devozione alla Madonna del Colle il cui santuario è noto non solo nell’arcidiocesi di Gaeta, ma anche oltre i suoi confini geografici.

 

 

La storia della devozione

 

Il Santuario della Madonna del Colle nella terra di Lenola affonda la sua radice storica ai primi secoli dell’era cristiana, nella metà del terzo secolo.

 

 Lo storico belga De Schepper, narra che gli Apostoli Pietro e Paolo in viaggio verso Roma percorrendo la Via Appia, la “Regina Viarum”, che attraversa la fertile pianura di Fondi, città dalle mura megalitiche, annunziarono ai pagani la Buona Novella del Vangelo costituendo cosi i primi nuclei di cristiani”.

 

Attraverso i secoli successivi, si svilupparono nella zona fondana e dintorni molteplici comunità di cristiani tanto che nel 250 d.C., quando l’Imperatore Decio ordinò la persecuzione contro di essi, che riteneva responsabili dei mali che attanagliavano l’Impero, nel territorio fondano ne furono uccisi parecchie migliaia.

Fu a seguito di quella spietata caccia all’uomo che alcuni di essi si rifugiarono sui monti vicini, non per viltà, ma con lo scopo di poter conservare e diffondere il seme del Vangelo. Uno gruppo di perseguitati trovò riparo sul Colle di Lenola, un tempo roccioso e selvaggio, trovando rifugio in una caverna celata tra piante e rovi, dove eressero un edicola con l’immagine della Madonna col Bambino.

 Là pregavano e celebravano i divini misteri della Fede. Alcuni soldati romani, fedeli all’ordine imperiale di far minuziosa ricerca in ogni luogo, scoprirono la piccola caverna dove trovarono i martiri Onorio e Livio insieme ad altri che pregavano; li uccisero tutti lasciandoli insepolti. La notizia dell’eccidio avvenuto sul Colle di Lenola si propagò tra i cristiani rimasti nell’agro fondano, i quali informarono il monaco egiziano San Paterno, che si trovava di passaggio per Roma per venerare le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Avutane notizia, egli insieme ad altri cristiani si recò sul Colle, per dare una degna sepoltura ai corpi dei martiri. Terminata l’opera pietosa pose sul sepolcro una rozza pietra, con una scritta incisa in lingua sconosciuta ai pagani: “Qui giace Onorio, Livio ed altri, morti per la Fede nella metà del terzo secolo” Presso il sepolcro piantarono un albero di cipresso, segno di resurrezione. Calate le tenebre, si misero a pregare salmodiando e, presi dalla stanchezza, si addormentarono profondamente. In piena notte furono scossi da un rumore, semisvegli e sgomenti videro la caverna inondata di una forte luce, ma una voce angelica li rincuorò: “Non temete, sperate in Dio, Io sono tra voi per vostro conforto, qui è la mia Immagine”.

 

 Svegliati dal sonno videro l’Immagine della Vergine col Bambino, circondata da Angeli che agitavano palme e corone del martirio. Non credendo ai propri occhi si domandarono l’un l’altro se ognuno avesse visto e ascoltato le stesse parole. L’indomani, confortati da quella visione, pieni di gioia ridiscesero nell’agro fondano dove avrebbero voluto propagare subito ad altri fratelli la gioiosa notizia; ma dovettero desistere perché era ancora in pieno vigore l’Editto dell’imperatore Decio. A vigilare le tombe gloriose dei martiri restò la Vergine Madre, in attesa di un’alba radiosa segnata da Dio.

 

La festa

 

Nell’anno 1628, quando ormai i lavori all’interno del Santuario potevano definirsi ultimati, il Vescovo di Fondi stabilì che la festa in onore della Madonna del Colle (o fiera come venne allora appellata) dovesse essere celebrata con solennità nei giorni 14, 15 e 16 di settembre. Nell’occasione dell’inaugurazione della facciata del Santuario la Chiesa fu adornata con festoni di alloro e rami di cipresso fissati al cornicione. Due di essi, dopo i festeggiamenti, attecchirono sulla nuda roccia del cornicione e non ci fu modo di asportarli.

 

Da quasi 4 secoli uno di quei cipressi miracolosi fa ancora ornamento sulla facciata principale del Santuario Viva e profonda è la tradizione ed il culto del popolo lenolese alla Madonna del Colle e quel triduo di celebrazioni che allora venne stabilito viene ancora oggi, con profonda fede, solennemente celebrato. Al Comitato è affidata la preparazione annuale dei festeggiamenti e di altri eventi secondo il regolamento diocesano per lo svolgimento delle feste religiose. Personalità del mondo della cultura e della politica hanno presenziato nella storia antica e più recente alle celebrazioni in onore della Madonna del Colle. Per citarne solo alcuni: il Presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, il Presidente Giulio Andreotti e nell’anno 2005 i discendenti di casa Savoia, Emanuele Filiberto, Clotilde Courau e la principessa Mafalda d’Assia a ricordo della visita che la Regina Margherita di Savoia fece al Santuario del Colle nel lontano 1902.

 

Numerosi sono i patrocini concessi dalle più importanti istituzioni tra cui va certamente annoverato quello concesso negli anni 2004 e 2005 dal Ministero degli Italiani nel mondo. Il Rettorato in collaborazione con il Comitato promuove ogni anno un cartello con le celebrazioni liturgiche e un cartello con i festeggiamenti civili che insieme compongono la grande e centenaria festa della Madonna del Colle, vanto del popolo lenolese e di tutti gli emigrati che in tanti, da ogni parte del mondo, nel mese di settembre ritornano nella terra natìa per onorare la Vergine del Colle.

Messaggio della Madonna

 

All’alba del giorno 16 settembre 1602, il Colle scelto da Maria si anima di popolo, accorso anche dai paesi vicini dove era giunta la lieta notizia.

 

Gabriele e gli amici sono presenti. Si abbatte l’annoso cipresso che per secoli, con la sua ricca e verde chioma aveva in qualche modo protetto, dall’intemperie, l’Immagine della Vergine. Gabriele ha un ispirazione: dai rami di quel cipresso stacca le bacche e le conserva, mentre altri provvedono a sbancare pietre e terra, per la costruzione della capanna. Ognuno si sente impegnato. Costruita la capanna, accendono una lampada e tutti discendono; è già notte! II rinato Gabriele rientra in casa, non dorme, ripensa alla richiesta fattagli dalla Madonna: “Voglio che tu mi costruisca un tempio” Come fare? Dove trovare i mezzi necessari se la popolazione di LENOLA è appena di 1200 abitanti. Gabriele non si scoraggia; illuminato dalla grazia dello Spirito Santo ha un’idea geniale: farsi pellegrino di Maria, percorrere le vie del mondo, narrare la sua conversione e il desiderio chiestogli dalla Madonna. Prima di intraprendere il rischioso pellegrinaggio stabilisce di parlarne al Vescovo Comparini che non solo lo ascolta, ma lo incoraggia e lo benedice. Pieno di entusiasmo, Gabriele fissa per la primavera del 1603 la data del suo pellegrinaggio. Gabriele vestì il saio, si riempi le tasche di bacche di cipresso, si gettò sulle spalle una bisaccia e partì non senza prima aver raccomandato a quei buoni paesani di spianare intanto la sommità del colle. Prima di partire però fece ritrarre dal disegnatore Andrea Coti di Catania l’immagine della Madonna che portò con sè come un emblema. Percorse tutta la provincia, poi eccolo a Napoli dove con un infuso di bacche di cipresso guarì un giovane della nobile famiglia Stigliano.

 

 Bussava ad ogni porta e si presentava con “Deo Gratias” da cui derivò poi il nome di “Fra’ Deo Gratis”, col quale è passato alla storia. Percorre tutta l’Italia valica le Alpi, si reca in Francia. in Spagna, nel Portogallo. Il suo pellegrinaggio dura tre anni. Carico di ricchezze ritorna in Itatia. A Roma doveva verificarsi l’ultimo intervento miracoloso del suo pellegrinaggio. Presso la Chiesa di Sant’Ignazio dei Gesuiti abitava la nobile famiglia Taglietti. Un loro figlio era cieco. Gabriele lo guarisce col semplice lavaggio degli occhi con l’infuso di bacche di cipresso. Gabriele ritorna a Lenola dove già hanno avuto inizio i lavori di spianamento per il Santuario, carico di ricchezze. Ed ha la gradita sorpresa di trovarvi una cospicua offerta della famiglia Stigliano di Napoli ed una ancor più cospicua della famiglia Taglietti di Roma portatavi personalmente dal padre gesuita Pietro Venzi.

 

 Ormai l’erezione del tempio è assicurata.

 

 La prima pietra viene posta il 7 maggio del 1607 e il 10 settembre del 1610 il Santuario che si chiamò subito della “Madonna del Colle” si apriva alla venerazione dei fedeli. Nel 1618 fu ingrandito e nel 1620 fu costruito ed annesso il Seminario Diocesano. La proclamazione a Santuario avvenne nel 1626 con bolla di Urbano VIII. II 3 dicembre 1656 Fra Deo Gratias, che aveva dedicato la sua vita al Santuario e dove umilmente viveva facendo il campanaro, cadeva pugnalato da tre sciagurati, lì, sulla soglia del suo Santuario. Lo si seppe pochi giorni dopo, l’8 dicembre durante la processione in onore dell’Immacolata Concezione. Ad una finestra, una donna espose la camicia insanguinata di Gabriele che gli era stata tolta prima della sua sepoltura. Un grido angosciato: gli assassini erano lì tra la folla e a quella vista confessarono il loro assurdo, inesplicabile delitto per il quale furono processati e giustiziati Si sanno i loro nomi. Ma che vale ripeterli? Tre insensati, puniti dagli uomini per un delitto quasi sacrilego. Forse era segnato che lì, dove tanti cristiani avevano subito il martirio, anche Frà Deo Gratias fosse egli stesso martirizzato, aveva 77 anni. Ora riposa in quel Santuario, che egli innalzò in espiazione dei suoi errori, in onere e gloria della Madre di Gesù.

 

La facciata e il Miracolo dei Cipressi

 

Un rilievo particolare merita la bellissima facciata del Santuario. Opera dell’artista milanese Raffaello Franco, fu inaugurata nel 1628. Tutta a mattoni, è intersecata da ampie cornici di pietra locale e sull’ampio cornicione si levano, con maestosa e fine eleganza, fiamme intagliate a simboleggiare l’ardente fede di coloro che concorsero all’edificazione del Santuario. Sul portale d’ingresso si possono ammirare tre stemmi in pietra: al centro quello di Gabriele Mattei, con la scritta “Charitas semper Deo Gratia”; a sinistra quello di Mons. Gandulfo Vescovo di Fondi, che fece edificare l’altare della Madonna e la facciata, a destra quello di Lenola, col fiore denominato Enula Campana. Oltre all’ammirazione artistica, l’occhio è chiamato a ben altra attrattiva, che stupisce e lascia perplessi: sono i due rami robusti di cipresso inchiodati sul cornicione maggiore nel 1628: insieme a festoni di mirto dovevano avere il compito solo di abbellimento per l’inaugurazione della bella facciata. Dopo molti giorni nel disfare l’addobbo, si trovarono attecchiti. Sono senza radici e tuttavia da allora resistono alle intemperie e alla siccità. La costante tradizione di fede a riconosciuto in questo segno dei cipressi il prodigio promesso dalla Madonna a Gabriele Mattei. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la protezione delle piante, in una relazione dell’11-06- 2002 circa lo stato dei cipressi secolari dichiarava: “la pianta posta a sinistra di chi guarda la facciata è ormai completamente disseccata (…) il reperimento sul fusto di piccolissime gocce di resina ancora fresca stanno a indicare che la morte della pianta è avvenuta in tempi recentissimi. (…) Non avendo trovato sulla pianta nessun segno di malattia (…) pensiamo che il disseccamento e la morte di questa pianta sia dovuto a causa naturale (vecchiaia). Per quanto riguarda la pianta situata sulla parte destra del cornicione, questa è ancora viva, sebbene interessata da numerosi disseccamenti della chioma e di una grossa branca. (…) Riteniamo già evento miracoloso il fatto che i due cipressi abbiano potuto vivere per tanto tempo in una condizione trofica cosi difficile.”.

 

Gabriele Mattei

 

Quell’alba radiosa spuntò, dopo tredici secoli, la notte del 15 settembre 1602.

 

 La causa strumentale scelta da “Colui che tutto muove” è un giovane di 23 anni: Gabriele Mattei, nato a Lenola nel 1579. Orfano di genitori, vive con 1’unica sorella; è un giovane bello, aitante, di carattere orgoglioso e licenzioso. Il pomeriggio del 14 settembre 1602, insieme con altri due suoi amici, si reca sul Colle di Santa Croce, dove un tempo venivano crocifissi i condannati a morte (da qui il nome di Santa Croce). Su quel Colle, quando Lenola era Colonia romana della tribù Emilia, nel 319 a.C. avevano innalzato un tempio pagano, che dopo l’avvento del cristianesimo, nel 313 d.C., venne dedicato alla Santissima Croce. E’ in quella Chiesa, rimaneggiata nella sua costruzione, dotata di un ricco patrimonio, come dimostrano i registri del 1400, esistenti nell’archivio del Santuario del Colle, che il giorno 14 settembre, festa liturgica della Santissima Croce, si stavano celebrando i Vespri solenni. Gabriele e i suoi due amici, sul sagrato della Chiesa, si misero a disturbare la funzione; un anziano cristiano uscì e li redarguì fortemente. Il terzetto teppistico si allontanò imprecando e inveendo contro colui che aveva osato riprenderli. Il fatto non fini lì, perché i tre maldestri decisero di ammazzarlo nella nottata.

 

 Compiere l’omicidio tocco a Gabriele.

 

 Lasciati gli amici, Gabriele rientra in casa, è nervoso, litiga con la sorella, non cena, va a dormire, ma non prende sonno, è agitato. A notte inoltrata si alza, prende il suo amato calascione (chitarra) di cui era valente suonatore, esce di casa e si avvia per un piccolo sentiero alle porte del paese, illuminato dalla luna. Si siede su di una pietra e incomincia a toccare le corde della chitarra, con la speranza che il suono armonioso dello strumento gli avrebbe arrecato pace e serenità interiore. Ma tocca e ritocca, le corde non emettono nessuna modulazione armonica. Prova ad accordarlo e non vi riesce, il suono che emette lo strumento è stridulo e disarmonico, come disarmonico era il suo spirito. Innervosito e disperato bestemmia, getta via la chitarra e invoca il genio del male, il Diavolo.

 

 A raccontarlo prima agli amici, e poi al Vescovo Giambattista Comparini è lo stesso Gabriele: “Alla mia invocazione  è apparsa davanti a me una mostruosa figura infernale; spaventato ho fatto il segno della croce e ho invocato l’aiuto della Madonna, stavo per fuggire, quando da una luce splendente, una voce celestiale mi disse: “Fermati, non temere, tu mi hai chiamata! Convertiti, sali questo Colle, troverai la mia Immagine; voglio che tu mi costruisca un tempio, e il giorno della Consacrazione farò risplendere un prodigio che nei secoli testimonierà la mia presenza nel tuo paese”. Il ghignoso Gabriele, divenuto mite agnello, non rientra in casa; defilato va alla Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Evangelista che trova chiusa, siede sull’uscio, ne aspetta l’apertura e va a pregare davanti all’immagine della Madonna. La sua presenza in Chiesa, a quell’ora mattutina, suscita meraviglia tra i fedeli. Terminata la preghiera si andò dal parroco a chiedere la sua rinascita spirituale mediante la confessione. Rinato dalla grazia dello Spirito Santo, uomo nuovo, va all’appuntamento, stabilito la sera precedente, con gli amici. L’impatto con questi è diverso da quello degli altri giorni, perché Gabriele non è più baldanzoso; è calmo, mite, sereno e dolce; a vederlo, cosi tanto mutato, gli amici restano sconcertati, e alla loro domanda “L’hai ammazzato?” Gabriele con voce dolce e fioca racconta loro quanto era avvenuto nella notte. Essi non credono al suo racconto tacciandolo di essere visionario, vile e menzognero. Gabriele, che doveva avere ascendenza su di loro li invita ad andare con lui a ritrovare l’Immagine della Madonna: se ciò non si fosse avverato, essi potevano anche ucciderlo.

 

 Si convinsero e ciascuno andò a casa a munirsi degli attrezzi necessari per il lavoro da farsi. Tutti e tre si avviarono verso l’impervio luogo, facendosi largo tra rovi e cespugli. Il lavoro di disboscamento durò alcune ore senza dare risultati; stanchi e delusi si fermarono. Incoraggiati da Gabriele, fiducioso delle parole della Madonna, ripresero a lavorare quando ai loro occhi apparve la sagoma di un vecchio rudere ricoperto di rovi e di edera, sotto la verde chioma di un annoso cipresso. Si avvicinarono, lo ripulirono dai rovi, dal muschio e dall’edera, e ai loro occhi apparve l’immagine della Vergine col Bambino, dipinta sul muro, che grondava sangue dal labbro inferiore. Alla vista di quel prodigio si inginocchiano, pregano e piangono di gioiosa commozione. Contemporaneamente al prodigio avvenuto sul Colle, un altro ne avviene tra le mura del paese, quando un gruppo di bambini girando per le strade annunciavano a tutti: “Sul Colle è stata trovata l’Immagine di Maria! Andiamo sul Colle”. All’annuncio dell’evento fatto dai bambini, credettero molte persone di ogni ceto, che accorsero sul Colle: videro il prodigio della Vergine col Bambino, che dal labbro inferiore grondava sangue. Dopo aver pregato e parlato con Gabriele e i due amici, di corsa ridiscesero nel paese a raccontare ciò che avevano visto con i propri occhi.

 

 La notizia, sparsasi tra il popolo, giunse all’orecchio del Vescovo di Fondi, Mons. Giovanni Battista Comparini che si trovava a Lenola per consacrare la nuova Chiesa parrocchiale. Convocò le autorità religiose e civili, chiese loro di recarsi sul Colle per constatare personalmente cosa fosse realmente accaduto. Questi parlarono con i tre protagonisti del ritrovamento e informarono il Vescovo sulla veridicità dell’evento. Successivamente Mons. Comparini dopo aver ascoltato i tre giovani dapprima singolarmente, poi insieme, sotto giuramento, li invitò a narrare l’accaduto e fece loro firmare un documento Il 15 settembre 1602, il Presule accompagnato dal Clero, dalle autorità Civili e dal popolo, si recò processionalmente sul Colle fortunato. Il Vescovo si avvicinò all’Immagine, vide il labbro inferiore ancora bagnato di sangue e, dopo averla venerata, ne fa la Ricognizione prescritta dal Concilio Tridentino. Estratto un fazzoletto asciugò il labbro della Madonna tumido di sangue. Il fazzoletto macchiato di sangue lo mostrò al popolo che gridò: “Evviva Maria”, e intonò le litanie lauretane. Sotto la mano destra appose il sigillo di riconoscimento canonico dell’avvenuta ricognizione, che si ammira ancora oggi. Quindi esorta le autorità religiose, civili e il popolo a costruire al più presto una capanna di legno che protegga l’Effigie, in attesa di costruire il Tempio richiesto dalla Madonna a Gabriele che sarà chiamato “Santuario della Madonna del Colle”.

 

Le preghiere

La pietà popolare è una realtà viva della Chiesa e nella Chiesa. La sua fonte è nella presenza costante ed attiva dello Spirito di Dio nella comunità ecclesiale. Il suo punto di riferimento è il mistero di Cristo Salvatore. I suoi scopi sono la gloria di Dio e la salvezza degli uomini, mentre l’occasione storica è data dall’incontro felice tra l’opera di evangelizzazione e la cultura. Perciò il Magistero della Chiesa ha espresso più volte la sua stima per la pietà popolare e le sue manifestazioni, stima motivata, anzitutto, dai valori che essa incarna. La pietà popolare ha un senso quasi innato del sacro e del trascendente. Manifesta una genuina sete di Dio e un senso acuto dei suoi attributi: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante, la misericordia. La pietà popolare è importante per la vita di fede del popolo di Dio, per la conservazione della fede stessa e per l’assunzione di nuove iniziative di evangelizzazione. Espressione tipica della pietà popolare sono i pii esercizi, molto diversi tra loro per origine storica e contenuto, per linguaggio e stile, per uso e destinatari. Il Concilio Vaticano II li ha vivamente raccomandati, indicando le condizioni che ne garantiscono la legittimità e la validità. Alla luce della natura e delle caratteristiche proprie del culto cristiano, è evidente, anzitutto, che i pii esercizi devono essere conformi alla sana dottrina e alle leggi e alle norme della Chiesa. Devono, inoltre, essere in armonia con la sacra Liturgia e tener conto, per quanto possibile, dei tempi dell’anno liturgico, favorendo una partecipazione cosciente e attiva alla preghiera comune della Chiesa. Proponiamo, oltre ad alcuni Pii Esercizi della tradizione ecclesiale, i testi delle preghiere care alla devozione popolare mariana del Santuario.

 

Suppliche alla Vergine SS.ma del Colle

 

Vergine SS. ma

prostrati ai piedi del vostro trono Vi salutiamo Regina del Colle

che prodigiosamente Vi degnaste eleggere a vostra dimora.

Voi difendeteci dai nemici e liberatici dalle tribolazioni.

Ave Maria

 

mostratevi vera Madre di Misericordia.

Ave Maria

Vergine SS.ma

Ave Maria e Vergine SS.ma

 

Vergine SS. ma

da questo trono di grazie girate su

di noi le Vostre graziose pupille;

abbiate pietà dei poveri sofferenti che hanno

bisogno del vostro soccorso e

mostratevi vera Madre di Misericordia.

Ave Maria

Vergine SS.ma

Voi avete salvati i peccatori più perduti!

Le anime nostre sono pure sotto il peso di enormi colpe e

forse non meritano il vostro patrocinio. Voi però che siete la

mediatrice fra l’uomo e Dio,

la Consolatrice degli afflitti, il Conforto degli abbandonati,

potete farci perdonare.

Ave Maria.

 

Preghiera

 

Vergine SS.ma gloriosissima Madre di Dio, la Vostra portentosa Immagine ha portato allegrezza e pace alle nostre famiglie! Come la stella che appare dopo la tempesta, Voi siete il conforto a noi stanchi nocchieri!… Copriteci o Vergine SS. col vostro manto e stendete su di noi la vostra materna protezione. Voi che siete la speranza di chi dispera, la mediatrice fra l’uomo e Dio, il rifugio dei peccatori, intercedete per noi presso il trono dell’Altissimo. (si domanda la grazia che si desidera) O Madre, questa grazia io voglio, per Vostra intercessione, io la spero perché siete la mia speranza, la dolcezza della mia vita. Così spero così sia. Salve Regina Novena

1

O Vergine SS.ma col sorriso col quale confortaste i primi cristiani su questo colle alpestre, e li rendeste forti a sopportare i tormenti del martirio, infondete a noi i vostri devoti, il coraggio di difendere anche con la morte, la nostra santa fede. Ave Maria.

2

O glorioso Regina dei Martiri, pel sangue che irrorò queste zolle, destinate a manifestare nei secoli il vostro nome santissimo, concedete a noi che abbiamo la sorte di calcarle, di poter essere degni dei frutti della redenzione del vostro Divino Figliuolo. Ave Maria.

3

O Vergine sede della sapienza che per lunghi secoli restaste ignorata custode dei corpi die martiri, in attesa che si compisse il disegno della Provvidenza, infondete nel nostro animo la sapienza e la pazienza nell’uniformità ai divini voleri. Ave Maria.

 

4

O rifugio dei peccatori, voi che invocata da un giovane perduto, allorché era per cadere fra gli artigli di satana, lo confortaste e salvaste con la vostra celestiale visione, salvate noi pure dalle insidie del nemico infernale. Ave Maria.

5

O Consolatrice degli afflitti, degli smarriti e degli erranti, voi che invitaste il giovane Gabriele rinato alla grazia, a salire su questo Colle, esortandolo a ricercare la vostra Immagine, suscitate anche in noi le più sante ispirazioni, per intraprendere e seguire il sentiero della virtù e della santità. Ave Maria.

6

O regina degli Angeli, voi che ispiraste a uno stuolo di innocenti fanciulli, di percorrere le vie del paese, annunziando che un grande prodigio si era compiuto su questo Colle, mentre l’avventurato Gabriele stentava con i suoi compagni a rintracciare la vostra Immagine, assistete e illuminate la nostra cara gioventù affinché fortificata nelle verità della fede, si faccia banditrice delle vostre glorie. Ave Maria.

7

O Regina dei confessori, voi che mutaste in mite agnello un indurito peccatore, lo sorreggeste più ancora nella sua risoluzione, quando con nome di Fra Deo Gratia e con l’abito dell’eremita, percorse mezza Europa, per far conoscere a tutti, i vostri prodigi, illuminate quelli che camminano nelle vie delle tenebre e dell’errore, e rendeteli degni figli vostri e di Gesù. Ave Maria.

8

O Madre benigna, i cui prodigi compiti in lontane regioni al solo tocco della vostra Immagine riempirono di gioia tanti infermi, e più di tutti il vostro fedele pellegrino, confortate quei vostri devoti, che nati all’ombra del vostro Santuario e costretti a vivere lontani, o in terra straniera, sono però sempre memori delle vostre glorie e del vostro Colle benedetto. Ave Maria.

9

O Madre della santa letizia, che ricolmaste di grandissima gioia il banditore delle vostre glorie, allorché ritornando dal suo lungo pellegrinaggio, poté rivedere il vostro volto soave, ricalcare il suolo della sua rinascita spirituale, deporre ai vostri piedi i tesori raccolti, apprendere la serie innumerevoli dei vostri prodigi, delle vostre grazie, concedete pure a noi di salire questo Colle col cuore pieno di sante speranze, e di solenni promesse. Ave Maria.

 

Preghiera

 

O Vergine SS.ma, voi qual vaga e misteriosa aurora vi degnaste dissipare le tenebre, che per lunghi secoli gravarono su questo colle prescelto da Dio per manifestare agli uomini, attraverso la vostra materna potenza e la sua mano divina, voi faceste rinascere speranze perdute, accendeste nei cuori dominati dall’odio, un amore ardente, infinito. Per la possanza che a voi viene dal vostro divino Figliuolo, i ciechi videro, i sordi udirono, i morbi sparirono! Risuonò tante volte questo Colle dei canti di folle lontane e vicine, accorse per sciogliere voti, per impetrare favori! Noi lo abbiamo appreso, tante volte lo sperimentammo, giornalmente ammiriamo segni straordinari che chiaramente manifestano la vostra materna assistenza. Vi ringraziamo perciò con le lingue delle migliaia di devoti che da secoli si prostrano innanzi a questo vostro trono, vi salutiamo con i canti innocenti delle schiere di fanciulli che misteriosamente invitarono tutti a vedere voi qui apparsa per nostra letizia. Aprite, vi supplichiamo, il tesoro delle grazie a quanti a voi fanno ricorso, esaudite le nostre preghiere, affinché in tempi di morta fede questo sacro Colle splenda irradiato dai vostri favori, quale faro che accende speranza e guida al porto sicuro della salvezza. Così sia. Salve Regina.

 

 

Atto di offerta dei bambini alla Madonna

 

O Vergine Santissima del Colle, Madre di Dio e Madre della Chiesa pellegrina di fede: tu che hai generato nella carne, in maniera misteriosa, il Figlio di Dio, Gesù Cristo, nostro Redentore, e lo hai presentato al Tempio per offrirlo e consacrarlo a Dio. Oggi, festa della tua Natività, anche noi mamme che abbiamo generato nella carne questi figli, imitando il tuo gesto profetico di Vergine offerente, siamo venute in questo Santuario per presentarli e consacrarli a Te, per affidarli alla tua divina maternità perché crescano in età sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini. Tu che hai generato nello stupore di tutto il creato, Tu porta sempre aperta del cielo, Tu luminosa stella del mare, sii per questi nostri figli un faro luminoso di sicura speranza nel cammino della vita. Sii per loro porto di salvezza, esempio di carità e maestra di pace. O Madre nostra cara, non disprezzare, ma accogli la nostra umile fiduciosa preghiera, vieni in nostro aiuto, affinché un giorno, unite al frutto del nostro grembo, possiamo cantare in eterno la tua lode. Così speriamo, così sia. Salve Regina.

 

Il Rettore del Santuario

 

La Chiesa del Santuario del Colle edificata con le offerte dei fedeli, e le elemosine raccolte dal servo di Dio Gabriele Mattei, Fra Deo Gratias, iniziata nel 1606 si è conclusa nel 1610. Auspice il Vescovo di Fondi Giovanni Agostino, e prima ancora i Vescovi Giovanni Battista Comparini e Lello Veterano, il Sommo Pontefice Urbano VIII con Bolla del 5 settembre 1626 concedeva l’erezione canonica della Chiesa. In seguito alle leggi eversive la Chiesa e gli altri beni annessi furono appresi dal Stato o venduti, nonostante tutto ciò il Santuario ha continuato a rimanere sempre aperto al culto e a svolgere la sua missione.

 

Con Decreto del 19 marzo 2003 l’Arcivescovo di Gaeta, su istanza del rettore, confermava l’erezione canonica in persona giuridica pubblica, elevava il titolo della Chiesa a Santuario Diocesano e Approvava i nuovi Statuti.

 

Circa la direzione pastorale e amministrativa del Santuario lo Statuto agli artt. 3 e 4 recita: Il rettore è nominato dal Vescovo Diocesano e dura in carica fino a quando l’ufficio non si renda vacante per morte, rinuncia o per provvedimento del Vescovo diocesano. Il Rettore è amministratore unico e legale rappresentante dell’ente. […].

 

Con decreto del 30 aprile 2008 l’Arcivescovo di Gaeta, S.E. Rev.ma Fabio Bernardo D’Onorio, ha confermato nella cura pastorale della parrocchia di Lenola e del Santuario del Colle il Rev.do Don Adriano Di Gesù.

 

Nella cura pastorale come nella responsabilità ammnistrativa il rettore è coadiuvato, a norma dei canoni del Codice di Diritto Canonico dal Consiglio pastorale e dal Consiglio affari economici.

 

Elenco dei Rettori del Santuario

 

Labbadia Pietro 1765 – 1789*

Leone Giovanbattista 1790- 1807*

Rosati Mattia 1808 – 1815*

Crescenzi Gianfrancesco 1826- 1849*

Terella Francescantonio 1850 – 1857*

Grossi Francescantonio 1857 – 1870*

Grossi Francesco 1870 – 1902*

Rosati Ferdinando 1902- 1912

Terella Nazzareno 1912 – 1959

Musella Francesco 1959 – 1969 parroco – rettore

Domenichini Giulio 1969 – 1999

 

Di Gesù Adriano 1999 – parroco rettore

 

S.E. Rev.ma Mons. Fabio Bernardo D’Onorio, Arcivescovo con decreto del 30 aprile 2008 ha confermato Don Adriano Di Gesù nella nomia di parroco rettore

 

Le suore delle scuole cristiane della misericordia

 

La Casa di Fondi, pur avendo iniziato la sua missione di apostolato solo nel 1957, per il lavoro continuo, non disgiunto da sacri­fici, ha dimostrato di aver guadagnato amore e stima da tutta la cittadinanza. La Scuola Materna, la Casa di Riposo per anziani ed infine l’istituzione di nuove classi d’asilo hanno promosso sempre più l’avvicinamento della popolazione a queste Suore che, inizial­mente, forse non ne sentivano la necessità. Nella nostra cittadina essa giunse il 22 aprile 1912 e si stabilì nel convento di Santa Croce dove le suore istituirono l’asilo infantile e un laboratorio di taglio, cucito e ricamo. Il convento di Santa Croce aveva in precedenza ospitato, dal 1896 al 1911, le suore di clausura dell’ordine delle “Carmelitane Scalze” che avevano messo le loro virtù religiose, sociali e civili al servizio della chiesa e di tutti i cittadini. Dopo 16 anni furono però costrette, per oscuri motivi, a lasciare Lenola. Sollecitato da tutto il popolo Mons. Niola inviò le Suore della Misericordia. Il 10 ottobre dello steso anno le suore si trasferirono al convento del Santuario del Colle dove risiedono tuttora continuando a svolgere il loro apostolato attraverso varie attività: scuola materna e refezione, lezioni di taglio, rammendo e cucito. Fino a qualche tempo insegnavano anche musica e perfino la lingua francese. Esse hanno attraversato periodi di tante sofferenze, il cui apice è senza dubbio rappresentato dai due grandi conflitti mondiali. Durante il primo (1915-1918) la Superiora, Madre Mary Victoire, istituì la mensa gratuita per i figli dei richiamati alle armi e un laboratorio per fare calze, maglie e guanti per i soldati che erano al fronte. Durante i nove mesi di emergenza bellica del 1943-1944 queste Suore hanno accolto le Consorelle della Casa di Gaeta, alcuni Sacerdoti diocesani, tra i quali Mons. Anselmo Cecere, Vicario Generale della Diocesi, sfuggiti ai rastrellamenti dei soldati tedeschi, e le Suore di Madre Livia di Formia con oltre 30 orfanelle. Una di queste quattro anni dopo venne a ringraziare la Madonna del Colle lasciando una lettera, conservata tuttora dalle stesse Suore. In quei terribili momenti risplendette come una luce la Casa delle Suore e la lunga fila di profughi, di Lenola e dei paesi limitrofi, si diresse verso il Colle. Non c’era bisogno di farsi annunciare: il portone era aperto a tutti e gruppi di persone piangenti, cariche delle poche cose che, nell’angoscia dell’esodo, erano riuscite a raccattare, entrarono nel luogo ospitale accolte sempre con un sorriso. Dopo la resa dei tedeschi le nostre Suore diedero asilo a quelle donne, giovani, anziane e anche bambine, che erano state stuprate dalle truppe di colore, dando loro ogni cura e ogni conforto.

 

Tutto il bene che le Suore hanno operato ed operano in Lenola si deve anche alla sapiente e prudente direzione delle Madri Superiore che si sono succedute e delle religiose che hanno operato a Lenola. Tutte hanno sempre vissuto e vivono tuttora modestamente, con la carità del popolo; eppure quando capitano al Convento qualche mendicante o altri persone povere del paese le porte si spalancano in ossequi al vecchio detto popolare “chi riceve e poi da fa la vera carità”. Fin dal primo giorno del loro arrivo a Lenola si sono prodigate nel loro apostolato con spirito di amore, di carità e di sacrificio. Tutte le generazioni dal 1912 sono passate sotto lo sguardo delle Suore delle Scuole Cristiane della Misericordia: le famiglie hanno sempre avuto premura di mandare i bambini dalle Suore affinché ricevessero una ricchezza religiosa, morale e sociale. Come si può dimenticare l’opera di elevazione culturale e sociale donata con vero amore a portatori di handicap e a bambini orfani o abbandonati. Le suore curavano ed infondevano fiducia a queste persone che, divenute poi adulte, si sono ben inserite nella società diventando padri e madri esemplari.

 

Oggi le nostre Sorelle escono più frequentemente dal Convento, per continuare la loro missione di apostolato con l’insegnamento del Catechismo in parrocchia e a Valle Bernardo, con la visita agli ammalati e ai bisognosi di conforto. Ma le vediamo anche prodigarsi con amore ai gruppi di persone, giovani e meno giovani, che sempre più spesso vengono in ritiri spirituali nella loro Casa, come pure nella scuola materna, nella refezione e nel curare il decoro del Santuario della Madonna del Colle, il loro Santuario.  Le Suore di S. Maria Maddalena Postel a Lenola dicono un stretto rapporto con la Madonna del Colle e con tutti gli abitanti della cittadina mariana.