Dio

IL COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO E LA PREGHIERA DELLA GIOIA

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XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 

28 SETTEMBRE 2014 

Rivedere continuamente la propria vita per essere in armonia con Dio 

Commento di padre Antonio Rungi 

Oggi la parola di Dio di questa domenica XXVI del tempo ordinario ritorna a parlare della vigna del Signore e della necessità di lavorare in essa con la disponibilità della parola e del cuore, ma soprattutto con un impegno fattivo e coerente rispondente alle indicazione del padrone della vigna, che in questo caso è Dio stesso. La parabola di due figlioli di questo speciale Signore che chiede ad entrambi di andare a lavorare ci fa capire quanto sia importante la sincerità, ma soprattutto il ripensare alle proprie azioni o decisioni assunte in precedenza ed agire in base al dettame del cuore. Dovremmo davvero andare dove ci porta il cuore, il senso della responsabilità e fare le cose che ci è dovuto fare con l’entusiasmo, anche se ci costa fatica.

Non è facile e tantomeno leggero lavorare con coerenza nella vigna di Regno di Dio. Non senza motivo di fronte alla falsità e alla ipocrisia di quanti si dicono cristiani e in cammino sulla strada di Cristo, Gesù ricorda senza mezzi termini che  “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”. Ed aggiungendo a tale affermazione una motivazione molto importante: “i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”.

Ecco cosa può accadere ad ognuno di noi. Quello di dire sì al Signore e poi on andare a lavoro, quello spirituale ed apostolico, perché il regno di Dio venga accolto e vissuto nella nostra vita e venga diffuso con la nostra parola, testimonianza e buon esempio. Al contrario può succedere che chi dice inizialmente no, ci ripensa e facendo il suo esame di coscienza incomincia un lavoro interiore che lo porta all’adesione alla fede e alla vera conversione del cuore e della vita. Di fronte a queste ipotesi, a questi atteggiamenti, anche a noi il Signore pone la stessa domanda che ha posto ai capi dei sacerdoti, perché noi possiamo esprimere un giudizio e valutare le cose.

Ascoltiamo questo brano del vangelo sintetico nel testo scritto, tratto dal Vangelo di Matteo, ma ricco di stimoli e di riflessione. In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

La stessa domanda vi pongo: secondo voi chi ha agito bene? Chi ha compiuto la volontà del padre? I furbi di oggi direbbero il secondo, gli onesti di oggi e di sempre direbbero il primo. Una prima deduzione da questo brano del vangelo è la seguente: noi non possiamo essere falsi con noi stessi e tantomeno con Dio, che conosce ogni. Noi una sola cosa possiamo essere e di conseguenza fare: la volontà di Dio, come Cristo che è venuto a fare la volontà del Padre.

Questa volontà del Padre è che tutti i suoi figli in Gesù Cristo si salvino, vivano nella pace e nella comunione fraterna e che siano davvero una sola cosa in Cristo. Per questo è necessario mettersi in un atteggiamento di conversione permanente, come ci ricorda, la prima lettura di oggi, tratta dal profeta Ezechiele, nella quale leggiamo testualmente: “Se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà”. Chiaramente si riferisce alla vita della grazia, dello spirito e a quella eterna. In quanto, molte volte, i malvagi in questo modo godono di condizioni di salute, di benessere e di qualsiasi privilegio rispetto ai buoni che sono costretti a soffrire e a patire. Davanti a Dio conta un cuore pentito e non la ricchezza o la condizione di salute o di potere che si è potuto vantare nel corso dell’esistenza terrena. I poveri, gli afflitti, i peccatori sono sempre i privilegiati nel cuore di Dio, consapevoli di quanto preghiamo oggi nel Salmo Responsariale: “Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre. I peccati della mia giovinezza (ed aggiungiamo della maturità, della vecchia e di tutta la vita) e le mie ribellioni, non li ricordare: ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore. Buono e retto è il Signore, indica ai peccatori la via giusta; guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua via”.

San Poalo Apostolo sugella questo insegnamento biblico e questa morale della responsabilità in un bellissimo brano del suo epistolario, che oggi leggiamo come seconda lettura, tratta dalla sua lettera ai Filippesi, che io cito nella forma breve, quella più attinente alla tematica di oggi e che nei suoi contenuti dottrinali si fonda sulla venuta di Cristo sulla terra, nella condizione dell’umile e del povero per eccellenza: “Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”.

C’è un insegnamento preciso e circostanziato ritroviamo nel testo: avere gli stessi sentimenti di Gesù (e come è difficile!!!); considerare gli altri superiori a noi (il che praticamente è impossibile, perché tutti  quasi ci sentiamo superiori agli altri, più giusti e retti ed onesti degli altri); carità, amore, gioia, concordia, disinteresse (sono valori su cui dobbiamo lavorare per perseguirli).

A conclusione delle nostre riflessioni e come preghiera comunitaria che eleviamo a Dio, diciamo con fede: “O Padre, sempre pronto ad accogliere pubblicani e peccatori appena si dispongono a pentirsi di cuore, tu prometti vita e salvezza a ogni uomo che desiste dall’ingiustizia: il tuo Spirito ci renda docili alla tua parola e ci doni gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù”. Amen.

 

Oggi concludiamo la nostra riflessione con questa preghiera della gioia, composta da me e che affido alle vostre quotidiani invocazioni della mattina, del mezzogiorno e della sera.

 

La mia preghiera della gioia

 

Signore, donami una mente

capace di pensare solo il bene,

perché chi pensa bene

agisce altrettanto bene,

e chi opera bene e nel bene

sperimenta la gioia per sempre.

 

Signore, donami un cuore tenero,

che vinca le resistenze dell’odio e del risentimento,

e che sappia guardare la realtà

con l’ardore della passione

con la quale Tu ci hai salvato

nel mistero della Croce.

 

Dio della gioia,

fa che questo mondo afflitto dalla noia,

possa sperimentare la vera felicità

che solo Tu puoi donare

a chi cerca sinceramente la verità.

 

Dio della pace,

allontana da noi l’incubo della guerra,

della violenza e del terrorismo di qualsiasi matrice,

e fa che quanti professano la fede in Dio

non alzino mai la mano come Caino.

 

Dio della serenità,

dona ai nostri giorni

e a tutte le persone del mondo

una vita tranquilla e senza affanni,

durante la quale possiamo sperimentare

il tuo amore paterno

e la tua provvidenza,

senza limiti di spazio e dei tempo.

 

Fai scenda, o Gesù, principe della pace,

sul volto di quanti soffrono,

nel corpo e nello spirito,

il tuo sorriso divino,

fatto di serena disponibilità

alla volontà di Dio.

 

La Vergine, Madre della gioia,

che ha sperimentato la vera felicità,

incontrando il tuo volto gioioso

nel tempo e nell’eternità,

interceda per questa umanità,

perché recuperi il dono della gioia e della pace,

amando questa terra con un cuore materno,

aperto alla felicità che non ha tempo.

Amen.

 

Preghiera composta da padre Antonio Rungi

Santuario della Civita, 25 settembre 2014

 

COMMENTO DELLA PAROLA DI DIO DI DOMENICA 17 AGOSTO 2014

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DOMENICA XX DEL TEMPO ORDINARIO

17 AGOSTO 2014

LA GRANDEZZA DELLA FEDE 

di padre Antonio Rungi 

La grandezza della fede di cui parla Gesù nel vangelo di questa domenica XX del tempo ordinario, nel quale ci viene presentata una mamma, di origine cananea, che chiede con insistenza a Gesù di salvare la sua figlia, posseduta dal demonio, non la si può misurare con metri umani e matematici o statistici, ma dalla grande del cuore. Gesù in un primo momento non ascolta la donna che chiede di essere aiutata, disperata come è di gestire una situazione impossibile come quella di una possessione diabolica. Poi l’ha ascolta e l’esaudisce, mettendo in risalto che la sua fede è grande. “Donna, grande è la tua fede”. Quante volte Gesù nel suo ministero pubblico constatando la fede delle persone le guarisce e le esaudisce. Ma anche quante volte rimprovera proprio a chi gli sta più vicino, come i discepoli e gli apostoli, che la loro fede è fragile, è dubbiosa, non riconoscono in Cristo il Messia. Allora quando e come possiamo definire grande la nostra fede. Stando a questa lezione di vita, a questa catechesi di oggi fatta da Gesù stesso, la fede può classificarsi grande quando veramente la persona credente si affida totalmente nelle mani di Dio, riconosce in Gesù Cristo il salvatore. La professione della vera fede parte da Cristo ed approda a Cristo Redentore. La fede passa attraverso la richiesta di grazie e di interventi di Dio nella nostra vita. Questa mamma angosciata sa benissimo che lei e la sua figlia da sola non possono farcela nel liberarsi dalle forze del male che attanagliano la vita della sua giovane creatura. Incontra a Gesù che si era stabilito tra Tiro e Sidone, lei che era della Cananea, si rivolge a lui con parole di grande fiducia, riconoscendolo quale Egli è il Messia: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». La donna chiede perdono per se stessa, quasi a volersi colpevolizzare per quello che sta accadendo alla sua figlia, ma anche per chiede soccorso. Gesù non dà retta a questa prima istanza di aiuto. Poi subentrano gli apostoli che infastiditi dal fatto che grida e non vogliono che il maestro faccia brutta figura, gli chiedono di esaudirla, in modo che se la tolgono dai piedi. Le persone che chiedono con insistenza danno fastidio a tutti sulla terra, a Gesù no. Anzi sembra che il Signore voglia spingere questa donna a non fermarsi nel suo cammino di fede e fiducia in Dio al primo ostacolo. E così avviene. La donna replica la richiesta e lo fa con una maggiore enfasi e convinzione del cuore: «Signore, aiutami!». Anche in questa seconda richiesta di aiuto non arriva la risposta che la donna si attendeva. Anzi Gesù vuole fare risaltare che la sua missione è prima di tutto rivolta alla conversione di Israele. Alla terza domanda di aiuto, in cui ella pure si riconosce non  appartenente al popolo eletto, chiede ugualmente quell’attenzione di Gesù al suo caso, a soddisfare la sua fame di serenità spirituale per se stessa e soprattutto per la sua figlia. E Gesù interviene e le dice con assoluta certezza: “Avvenga per te come desideri”. La guarigione della figlia è immediata ed irreversibile, in quanto quando Cristo guarisce il cuore e la mente delle persone non fa per sempre, specie quando la fede è sincera e la volontà di camminare sulla via del bene è chiara e non ammette ripensamenti.

Grande lezione di vita e soprattutto un motivo in più per riflettere tutti su come è la nostra fede, come la sentiamo dentro di noi e come la manifestiamo e testimoniamo. Forse anche noi abbiamo bisogno di gridarla forte questa fede in Cristo, senza paura, senza timore di dare fastidio a Dio stesso o agli altri. Una fede grande che non deve assolutamente mettere in discussione la parola di Dio e quando Cristo ha rivelato e la chiesa ci ripropone nell’assoluta fedeltà al vangelo della gioia e della speranza cristiana.

Ce lo ricorda, senza mezze parole, il profeta Isaia nel brano della prima lettura di oggi, nel quale ci viene chiesto fedeltà, osservanza della legge di Dio, in particolare il giorno del Signore, e vita spirituale intensa e profondamente motivata per la conquista del cielo e non per la conquista della terra e delle cose del mondo. Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

Entrare in questa dimensione spirituale e contemplativa della vita aiuta a far accrescere la fede. Questa si alimenta nell’ascolto e nella pratica attuazione della parola del Signore. Non può esserci fede vera e grande se non la si ancora alla preghiera, alla contemplazione del Dio vivente. Questa è prassi di ogni giorno, ma dovrebbe diventare un’esigenza imprescindibile soprattutto di Domenica, quando invece di onorare il giorno del Signore, lo dissacriamo in tanti modi e con tante forme di violenza, ingiustizie, guerre, odi e depravazioni morali di ogni genere.

La conversione del cuore e della vita dovrebbe riguardare tutti, partendo proprio da coloro che hanno avuto il dono della fede ed hanno avuto la possibilità di incontrare Cristo fin dai primi vagiti in questa vita. L’apostolo Paolo ce lo ricorda nel bellissimo brano della lettera ai Romani, la seconda lettura di questa domenica, con parole e accenti di speranza, perché la misericordia di Dio e per tutti e non solo per pochi eletti. La donna cananea del vangelo di oggi ci fa capire quando è infinita ed estesa la bontà di Dio che non ammette confini di popoli, razze, religiosi, condizioni personali, differenze sessuali e culturali, ma tutti, veramente tutti sono nella sua misericordia: “Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti? Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!”.

Come, allora non lasciarsi prendere per mano da Dio e farci accompagnare sulla via della vera vita? Diciamo con fede questa nostra preghiera domenicale che è di tutta l’assemblea eucaristica convocata in tutte le chiese cattoliche del mondo per elevare al Signore questa invocazione, insieme al Santo Padre, Papa Francesco che in questi giorni è in missione apostolica in estremo oriente e precisamente nelle due Coree, dove eleverà agli onori degli altari i tanti martiri cristiani che si sono avuti in questi luoghi di antica e recente evangelizzazione: “O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio”.  

Itri (Lt). E’ iniziato il novenario in preparazione alla Madonna della Civita

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Itri (Lt). Iniziato il novenario in preparazione alla festa della Civita

Con la solenne celebrazione eucaristica di ieri sera, 11 luglio 2014, alle ore 19,30, presieduta da padre Antonio Rungi, passionista della comunità del Santuario della Civita  è iniziato il novenario in preparazione alla festa della Madonna della Civita, in Itri, che si festeggia il 21 luglio di ogni anno. Davanti a oltre 200 fedeli, padre Antonio Rungi ha parlato, durante l’omelia, della devozione di San Paolo della Croce, fondatore dei passionisti, verso la Madonna della Civita, citando i temi mariani più significativi che San Paolo della Croce ha trattato nei suoi scritti spirituali. Padre Rungi ha richiamato all’attenzione dei fedeli, presenti nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, il fatto storico della venuta di San Paolo della Croce al Santaurio della Civita nel 1726, dove si trattenne, in preghiera, penitenza e svolgendo il suo ministero apostolico, dal maggio al settembre di quell’anno, insieme al fratello Giovanni Battista. Il noto predicatore dei passionisti della provincia dell’Addolorata, padre Antonio Rungi, ha incentrato la sua meditazione e riflessione sulle virtù mariane della carità, dell’umiltà e della pazienza, che san Paolo della Croce ha trattato, invitando tutti ad imitare la Madonna in questi fondamentali valori spirituali e morali. Con padre Rungi hanno concelebrato don Guerino Piccione, parroco, e don Gennaro Petruccelli, vicario-parrocchiale di San Maria Maggiore. Hanno collaborato al servizio liturgico il diacono permanente Ernesto, i piccoli ministranti della parrocchia. La liturgia è stata animata dai canti della schola conato rum parrocchiale.

La celebrazione della santa messa è stata preceduta dal recita del santo rosario meditato e dalle litanie lauretane cantate. Una celebrazione molto ben organizzata e sentita dal popolo di Itri, che nella Madonna della Civita, trova il suo faro di luce e di speranza, come ha sottolineato il predicatore di turno, padre Antonio Rungi, il quale ha introdotto la sua riflessione dicendo che chi ben inizia è a metà dell’opera. Spiritualmente la festa procede con regolarità, mentre sul versante civile e di organizzione della varie manifestazioni, promosse dal Comitato Maria SS. Della Civita, si stanno registrando vari problemi. Non ultima la morte dei fuochisti di Tagliacozzo che dovevano illuminare il Castello a conclusione dei festeggiamenti. Un ricordo speciale nelle preghiere di inizio novenario anche per questa sfortunata famiglia che ha preso tutto e soprattutto la vita di alcuni membri di essi.

Il novenario proseguirà stasera fino al 19  luglio con sacerdoti diversi che presiederanno la celebrazione eucaristica e terranno, di sera in sera, l’omelia. Il tema di questo novenario è Maria Santissima nella vita e nella devozione dei Santi. Con padre Rungi si è iniziato con  San Paolo della Croce, che fu un grande devoto della Madonna della Civita ed ha trasmesso questa devozione a tutti i suoi figli spirituali che ad Itri sono presenti dal 1943 e al Santuario della Civita dal 1985.

Questa mattina al Santuario della Civita si sono conclusi i sette sabati in preparazione alla festa della Protettrice. Come in tutti i sabati dal mese di maggio ad oggi un buon gruppo di fedeli, chi a piedi, chi un pullman, chi in auto e chi in bici hanno raggiunto il Santuario per venerare la Madonna e parteciapare alla santa messa. Occasione anche per confessarsi, data la disponibilità dei quattro sacerdoti che attualmente sono, stabilmente, di comunità alla Civita: padre Emiddio Petringa, padre Cherubino De Feo, padre Francesco Vaccelli e padre Antonio Rungi.

Sempre questa mattina partirà il tour-pellegrinaggio da Itri a Gaeta e ritorno per commemorare i 165 anni della salita al Santuario della Civita di Papa Pio IX, oggi Beato. Vi partecipano piccoli, giovani e grandi, capeggiati dal parroco don Guerino Piccione e dal vicario-parrocchiale, don Gennaro Petruccelli.

Itri (Lt). Al via i solenni festeggiamenti in onore della Madonna della Civita

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ITRI (LT). SOLENNI FESTEGGIAMENTI IN ONORE DELLA MADONNA DELLA CIVITA, COMPATRONA DELL’ARCIDIOCESI DI GAETA  

di Antonio Rungi 

Dopo l’importante convegno di domenica scorsa, 6 luglio 2014, sulle figure dei due Papi Santi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, al quale ha partecipato il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, Sgarbi, Roncalli e Girotti, entrano nel vivo i solenni festeggiamenti in onore della Madonna della Civita, che si svolgono dall’11 luglio al 22 luglio di ogni anno nella città di Itri e al Santuario Mariano, che distanza dal centro cittadino 13 Km a 700 metri sul livello del mare, dove da oltre 1000 anni  si venera la Madonna sotto questo titolo.

Venerdì prossimo, 11 luglio, prende il via il solenne novenario in preparazione alla festa, che ricorre liturgicamente  il 21 luglio. Sarà padre Antonio Rungi, passionista della Comunità del Santuario della Civita, ex superiore provinciale dei Passionisti di Napoli, a tenere la prima meditazione su Maria della Civita e San Paolo della Croce. Il fondatore dei Passionisti fu al Santuario della Civita dal maggio al settembre 1726, con il suo fratello Giovanni Battista.

Nove giorni di preghiera e predicazione sul tema “Maria nella vita dei santi”, che saranno animati da nove diversi sacerdoti che tratteranno questo tema durante l’omelia della messa serotina delle ore 19.00. Nel programma dei festeggiamenti tutti i nomi dei sacerdoti che interverranno.

Sabato 12 luglio in occasione dei 165 anni  della venuta del Beato Pio IX a Gaeta e al Santuario della Civita, si svolgerà un pellegrinaggio in bici da Itri a Gaeta nel Santuario della Madonna Annunziata per venerare la Madonna Immacolata, davanti alla quale pregò il beato Pio IX, prima di proclamare il dogma. I momenti più significativi di questa annuale ricorrenza sono la collocazione del busto argenteo della Madonna della Civita sull’altare Maggiore, sabato 19 luglio alle ore 20,30 con il tradizionale canto delle “Dodici Rose” e omaggio floreale delle donne itrane in dolce attesa; poi le varie processioni programmate nei giorni di sabato sera dalla Chiesa di Santa Maria Maggiore fino a San Michele Arcangelo, dove la sacra icona della Madonna resterà per la veglia di preghiera della comunità per l’intera nottata. Domenica la processione da San Michele per le vie della città, con inizio alle ore 10.00 e lunedì 21 luglio, alle ore 9.00 per tutta la città di Itri. Giornate speciali per gli ammalati con la presenza dell’arcivescovo emerito de L’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari,  che celebrerà venerdì 18 luglio nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, dove da sempre si festeggia la Madonna della Civita, essendo la chiesa parrocchiale principale e centrale della cittadina. L’arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio sarà presente nella giornata di festa con la celebrazione della messa solenne il giorno 21, alle ore 11.00  al Santuario della Civita e il giorno 22, alle ore 9.00 nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, che guiderà la processione conclusiva e con l’atto di affidamento alla Madonna della Civita della città di Itri e dell’Arcidiocesi.  I solenni festeggiamenti si concludono il giorno 22 dopo la messa dell’Emigrante, presieduta da padre Augusto Matrullo, passionista, originario di Itri, rettore della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo a Roma, e la riposizione del busto argenteo della Madonna nella cappella laterale della Chiesa di Santa Maria Maggiore, a mezzanotte del 22 luglio.

Nei vari momenti di preghiera e di animazione liturgica e pastorale saranno coinvolti i sacerdoti della diocesi, il comitato Santa Maria della Civita, Seminaristi, diaconi, ministranti, schola cantorum, Caritas, volontari. Per la festa annuale della Civita arrivano i devoti della Madonna da ogni parte della Diocesi, dal Lazio, dalla Campania, essendo la Madonna molto venerata in queste regioni. Un movimento di fede e di spiritualità mariana. Molto significativa è l’iniziativa annuale di ospitare gli extracomunitari nelle strutture locali e assicurare loro vitto ed alloggio, soprattutto nei quattro giorni più importanti della festa patronale della Madonna della Civita. A proposito del significato di questa festa religiosa, scrive il parroco, don Guerino Piccione, che la Madonna è modello sublime per tutti i suoi figli. Ella è la donna delle relazioni autentiche con Dio e con i fratelli. Nella visita a Santa Elisabetta, la Madonna si presenta come donna capace di mettersi accanto agli altri con gioia, generosità, con tempi lunghi e non con frugalità e in modo occasionale. Impariamo dalla Madonna come nella quotidianità è possibile vivere in modo stabile il nostro rapporto con Dio, per vivere in modo altrettanto solido le nostre relazioni interpersonali”.

Saranno giorni, come si  legge dal vasto ed articolato programma dei festeggiamenti, giorni di impegno spirituale e pastorale serio nel nome della Beata Vergine Maria, Madre e Regina della Civita, ovvero della città di Dio e degli uomini.

La solennità dei Santi Pietro e Paolo – 29 giugno 2014

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Solennità dei Santi Pietro e Paolo

La chiesa di Pietro e Paolo è la Chiesa di Cristo

di padre Antonio Rungi

In questa domenica di fine giugno 2014, celebriamo la solennità di due giganti della fede che sono gli apostoli Pietro e Paolo. Pietro in primo luogo scelto da Gesù, al quale rispose prontamente, lasciando ogni cosa e seguendo lungo la strada della sua missione terrena. Paolo che venne alla fede in Cristo, in seguito, dopo la conversione e in seguito ad una specifica illuminazione del  Cristo ricevuta sulla via di Damasco. La devozione popolare, fin dai primi tempi del cristianesimo, li ha associati nella venerazione e nella proposizione dei loro modelli di vita cristiana. Entrambi apostoli anche se Paolo non ha conosciuto direttamente Gesù, né faceva parte del gruppo dei Dodici, entrambi soprattutto testimoni e martiri in una Roma che non voleva assolutamente che il cristianesimo prendesse piede e si diffondesse, mentre la predicazione e la celebrazione. Sono gli apostoli delle catacombe che ebbero il coraggio di portare avanti l’opera di evangelizzazione, in un impero pagano, senza timore della morte e del martirio. Riflettere sulla loro testimonianza di vita cristiana è per noi cristiani del XXI secolo un forte richiamo ad essere fedeli ai nostri impegni assunti davanti a Dio con il battesimo, sacramento della nostra fede.

Certo Pietro non fu subito capace di entrare nel mistero di Cristo, soprattutto nell’accettare un Messia umiliato ed offeso con la condanna e la morte in croce, fino al punto di rinnegarlo oppure scoraggiato ritornare sui suoi passi mentre già a Roma il cristianesimo aveva preso piede.

Da parte sua, Paolo che da persecutore dei cristiani, presente al martirio, per lapidazione, di Santo Stefano e poi l’apostolo delle Genti, ci dicono questi due santi apostoli come è difficile essere fedeli fino in fondo alla parola di Dio e come è difficile vivere e sentirsi chiesa, non nella solitudine dei nostri pensieri ed attese, ma con la convinzione che noi siamo un solo grande popolo di Dio in cammino verso la vera felicità, quella che Cristo è venuta a portarci con la sua morte e risurrezione e con la sua parola di verità.

Nonostante i limiti umani, Pietro e Paolo, come tutti gli apostoli di Cristo, quelli che nella vita terrena hanno fecondato con il loro sangue la Chiesa: hanno bevuto il calice del Signore, e sono diventati gli amici di Dio. Oggi ci rivolgiamo a due amici speciali di Dio e di Cristo, per chiedere a loro i dono della fede coraggiosa e dell’amore incondizionato verso il Signore. Lo facciamo con una semplice preghiera che come credenti, oggi, nella celebrazione della santa messa eleviamo al Signore nella comunione ecclesiale: “O Dio, che allieti la tua Chiesa con la solennità dei santi Pietro e Paolo, fa’ che la tua Chiesa segua sempre l’insegnamento degli apostoli
dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede”.

Oggi è la festa del Papa, successore di San Pietro, è la festa del nostro attuale Pontefice, Papa Francesco, ed è anche la festa del Papa emerito, Benedetto XVI che portiamo, entrambi, con la stessa intensità e venerazione nelle nostre umili preghiere.

La figura di Pietro è tratteggiata nella sua straordinaria bellezza spirituale nel momento della liberazione dalla prigionia, sotto il regime di Erode. Gli Atti degli Apostoli ce ne raccontano il dettaglio di tutta l’operazione di “salvataggio” del capo del collegio apostolico che il Signore pose in essere e realizzò, per non lasciare senza guida spirituale il gruppo, che faceva il suoi primi passi verso l’annuncio missionario, nei luoghi della nascita, della vita, della morte e della risurrezione di Gesù. «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva», esclama Pietro, quando si accorge che la liberazione dalla prigionia è soltanto opera di Dio. In quella prigione, in quelle catene ci sono tutti i segni ed i simboli di chi e di come si possa imprigionare la parola di Dio e non farla avanzare. Erode esprime il male in tutti i sensi, Dio esprime la grazia e la liberazione. Anche noi spesso siamo afflitti da catene e prigioni di ogni genere che non ci fanno camminare nella via della verità, della santità e della moralità. Abbiamo bisogno di essere liberati dal male che sta dentro di noi con la grazia, mediante l’angelo della vita e della risurrezione. Preghiamo il Signore che come mandò i suoi angeli a liberare Pietro dalle catene della prigionia fisica invii i suoi angeli a liberarci dalla prigionia del nostro egoismo e diventare credibili annunciatori del vangelo della gioia e della risurrezione. Ne abbiamo bisogno tutti in questo momento storico della chiesa e dell’umanità, dove tanti sono i maestri, ma pochi sono i testimoni. Tanti sono quelli che dicono, ma pochi sono quelli che fanno ed agiscono per il bene della chiesa e del mondo.

Entriamo in quello spirito di oblazione di cui ci parla l’Apostolo Paolo in una delle lettere e passaggi più belli dei suoi scritti inviati all’amico Timoteo: Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen”. La  coscienza e la consapevolezza di Paolo che Dio aveva operato in lui grandi cose e che a conclusione della sua vita, può dire di tutto e scrivere di tutto dal profondo del suo cuore, lo fa concentrare su due idee che sono di insegnamento per noi “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”. Ed  aggiunge con riconoscenza e gratitudine: “Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo”.

Questo e Paolo e soprattutto questi sono Pietro e Paolo insieme. Un binomio di santi apostoli che ancora oggi ci insegnano amare Dio e a professare la fede in cui, a renderla visibile al mondo intero con la predicazione del vangelo. In passaggio fondamentale della confessione della fede di Pietro in Gesù Cristo, a Cesarea, comprendiamo tutta la portata grandiosa di un dono che Pietro ha accolto e fatto suo, il dono dello Spirito, che gli fa pronunciare parole di straordinario amore e docilità verso Gesù, suo Maestro e Signore: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Una professione di fede che Gesù inquadra in un contesto spirituale ben preciso, e tale deve rimanere: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Parole che risuonano nel mondo da 2014 anni. Tutto passa, solo Dio resta. Sono passati, regni, popoli, culture, nazioni, potentati, la Chiesa, fondata su Cristo, nonostante le tante tempeste e i peccati degli uomini di chiesa e dei cristiani, rimane salda al suo popolo, perché la Chiesa non è dei Papi, dei vescovi, dei preti e neppure dei fedeli laici, è solo e soltanto di Cristo. Sono chi vive in Cristo promuove e difende la chiesa con la santità della vita e non con le sole parole di circostanze o nuovi integralismi che possono trovare accoglienza in una chiesa che è e deve continuare ad essere madre, sull’esempio di Pietro e Paolo, apostoli della fede e della comunione ecclesiale.

 

LA SOLENNITA’ DELLA PENTECOSTE 2014

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LA SOLENNITA’ DELLA PENTECOSTE 2014

CON UNO SPIRITO NUOVO IN QUESTO MONDO

DI PADRE ANTONIO RUNGI

 

La solennità delle pentecoste che celebreremo domenica 8 giugno 2014, in un clima di rinnovata fiducia nel Signore, ci invita a vivere le vicende della chiesa e del mondo con uno spirito nuovo. Cosa vuole dire questo è facile indicarlo. Bisogna abbandonare le cose vecchie, come tutto, ed aprirsi alle cose nuove, in quanto lo Spirito del Signore rinnova la faccia della terra. Nel salmo responsoriale di questa giornata di festo di Spirito, preghiamo, infatti, come espressioni mirabili da un punto di vista spirituale: Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra. Rinnovare la faccia della terra nella misura in cui rinnoviamo la nostra faccia, non quella esteriore che curiamo molto da un punto di vista estetico, ma la faccia del cuore, quella che ci identifica come persone, capaci di essere strumenti di novità per se stessi e per gli altri. Troppo “vecchiume” circola tra di noi, sia nel nostro modo di pensare che di agire. Il cristiano che si lascia condurre dalla Spirito di Cristo svecchia ogni cosa e rendere giovani le varie situazioni. Noi come chiesa abbiamo bisogno di svecchiarci e d togliere dalla nostra faccia le tante rughe del male e dell’abitudine ad agire per il male e non per il bene. Ecco rinnovare la faccia della terra, significa rinnovare il nostro modo di pensare ed agire come cristiani e come chiesa. Quante povertà morali e spirituali nella nostra ed altrui vita, quando non siamo docili all’azione dello Spirito e la Pentecoste è celebrata solo nella liturgia, anche in modo solenne, con veglie e preghiere, ma non è celebrata nella vita, quando di tratta di dare un impulso nuovo e una spinta più forte per indirizzare verso il meglio le tante situazioni della vita corrente. Ricordandoci di quanto ci viene detto da San Paolo Apostolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi, dobbiamo avere la piena consapevolezza che non siamo battitori liberi nella chiesa, ma lavoriamo insieme per il bene di tutti e con il contributo carismatico di tutti. Infatti, scrive l’Apostolo delle Genti “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”. La ricchezza dei doni e dei carismi non fa altro che aumentare il grado di accettazione della Chiesa. Una chiesa uniformata su certi schemi, perde della sua creatività e della sua perenne novità. La chiesa deve essere in sintonia con i carismi che lo Spirito Santo genera al suo interno. In essa c’è posto per tutti i carismi, se questi carismi non vengono abortiti prima della loro nascita e riconoscimento ufficiale. “Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito”. Nella pluralità dei carismi e nella diversità dei doni, noi costruiamo la vera famiglia di Dio nel mondo, ognuno con il proprio spazio di realizzazione ed affermazione non di se stessa, ma della comunità cristiana.

Gesù promettendo lo spirito consolatore, prima di ascendere al cielo, raccomanda alcune fondamentali cose per vivere al meglio questi incontri periodici. “La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo.

A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». I frutti dello Spirito Santo sono la misericordia, il perdono e la pace. Chi non ha lo spirito del Signore non sarà mai una persona di pace, in pace e capace di perdonare. Certo qui si fa riferimento il ministero della riconciliazione, alla confessione, che deve essere sincera e deve esprimere un sincero pentimento. Ma al di là del valore indiscutibile del sacramento della penitenza, c’è un perdono più profondo quando nasce dalla convinzione che tutti siamo peccatori e nessuno può ergersi a giudice e giustizialista degli altri.  Chiediamo al Signore di apportare a noi gli stessi benefici che lo Spirito Santo concesse agli apostoli quando discese su di essi, riuniti in preghiera insieme a Maria nel cenacolo. Infatti, “mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Il dono di farsi capire nell’unico e con l’unico linguaggio del vangelo. Questo dono è prezioso soprattutto oggi in una babele di tante infondate notizie ed informazioni. Stare dalla parte della verità che lo Spirito Santo ci illumina a perseguire sempre in ogni situazione della vita non fa altro che accrescere in noi il desiderio delle case che contano davvero in questo mondo e il possesso della vita eterna.

Si questa la nostra comune preghiera in questo giorno di festa in cui lo Spirito santo fa nuovo il volto degli uomini e della terra: “O Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo, e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo”. Amen.

 

Solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo. Commento di padre Antonio Rungi

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ASCENSIONE DEL SIGNORE –DOMENICA 1 GIUGNO 2014 

Perché fissare il cielo? 

di padre Antonio Rungi 

Nella domenica dell’Ascensione al cielo di nostro Signore Gesù Cristo, siamo inviati dallo stesso Signore a fare due cose: a fissare il cielo dove Cristo si è assiso alla destra del Padre e dove ci attende tutti, per condividere con noi la gioia del suo regno di luce e gioia eterna; a fissare la terra e a guardarla nella sua realtà di oggi e di sempre, con le sue fragilità, i suoi dubbi, le sue incertezze, i suoi peccati e soprattutto nel suo bisogno di salvezza e redenzione. Il messaggio è molto chiaro e non ammette confusione di interpretazione da parte di nessuno. Infatti, nella preghiera iniziale della santa messa di questa solennità così preghiamo congiuntamente a tutti i credenti, noi che aspettiamo la  redenzione e la salvezza:Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”. Mentre nel vangelo ci vieni indicato con esattezza ciò che siamo chiamati a fare in questo mondo per far conoscere il nome di Cristo e la salvezza a tutte le genti. Gesù, infatti, si rivolge agli apostoli e li invia quali messaggeri di speranza in ogni angolo della terra, perché battezzino e insegnino le verità che sono via al cielo: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”. Ed aggiunge una garanzia assoluta per tutti i discepoli e per l’intera chiesa. Essi non saranno mai soli, ma opereranno nel mondo alla presenza costante di Dio e di Cristo che renderà efficace la loro azione missionaria ed evangelizzatrice: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». La prima fondamentale azione da compiere, nel nome di Cristo, è quella di andare. La Chiesa non si può fermare, non può essere immobile, deve andare avanti in tutto e deve precedere sulla via del bene, della verità, dell’amore, della giustizia, della felicità, nel mondo in cui si trova ad operare nel nome di Cristo, salvatore del mondo. Deve andare non a titolo personale, ma in nome di Cristo e portando Cristo agli altri, il suo vangelo e la sua parola di verità. Da qui poi scaturisce il dovere, per quanti ne esprimono il desiderio, di ricevere il battesimo, la consacrazione della propria persona a Cristo mediante il sigillo sacramentale del sacramento della fede e della rinascita spirituale. Battezzare, quindi, per essere di Cristo e membro della Chiesa. E’ Gesù stesso che chiede ai suoi apostoli questo impegno precipuo, che deve essere rivolto a tutte le genti e non solo ad una parte dell’umanità. Tutti sono potenzialmente cristiani, perché Cristo, Figlio di Dio e Redentore dell’uomo è venuto sulla terra per salvare tutti e non solo pochi o molti.

Nella prima lettura di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli, leggiamo infatti tutto quello che Gesù ha fatto ed insegnò, prima e dopo la sua risurrezione dai morti “fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Ed aggiunge con precisione: “riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».

Riflettendo sul mistero dell’ascensione al cielo di nostro Signore, l’Apostolo Paolo, nel brano della sua lettera agli Efesini che oggi ascoltiamo ci dà una lezione di alta teologia dogmatica e di una vera e propria catechesi e lectio divina su quanto celebriamo nel giorno dell’ascensione: “Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.

Il punto di partenza e di arrivo della creazione e della redenzione è Gesù. Egli è centro e la vita della chiesa e dell’umanità in cerca, attraverso di Lui, della vera gioia e della felicità. Gesù, alfa e omega di tutto, “illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi”.

L’Ascensione porti luce nella nostra vita, faccia chiarezza sul destino ultimo di ogni persona e dell’intera creazione. Il cielo, l’eternità, la risurrezione sono le parole centrali di tutto il messaggio di questa giornata di festa, nella quale siamo chiamati a fissare il cielo, per contemplare la bellezza e la grandezza di Dio, ma siamo anche chiamati a vivere con i piedi per terra, concretizzando il messaggio di amore e pace, che Cristo è venuto a portare all’uomo con la sua morte, risurrezione, ascensione al cielo e con l’invio dello Spirito santo su ogni persona docile e disponibile ad accoglierlo. E’ bello cantare la gioia del nostro cuore, in questo giorno di festa con il Salmo 46, che ci far riflettere, indirettamente, sull’ascensione al cielo del Signore: “Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia, perché terribile è il Signore, l’Altissimo, grande re su tutta la terra. Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantate inni. Perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sulle genti, Dio siede sul suo trono santo”.

La consapevolezza della grandezza del nostro Dio ci porta ogni giorno ad aver fiducia in Lui ed abbandonarci a Lui, che è la nostra vittoria e la nostra speranza in questo mondo e nell’eternità.

COMMENTO DI PADRE ANTONIO RUNGI ALLA PAROLA DI DIO – SESTA DOMENICA DI PASQUA

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SESTA DOMENICA DI PASQUA – 25 MAGGIO 2014

Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito.

A cura di padre Antonio Rungi

La sesta domenica di Pasqua ci prepara spiritualmente a due altri grandi eventi della vita trinitaria: l’Ascensione al cielo di Gesù Cristo e l’invio dello Spirito Santo, nel giorno della Pentecoste. E’ la Trinità che congiuntamente opera in ogni situazione come è facile comprendere dal brano del vangelo di oggi, tratto dall’evangelista Giovanni, che riporta uno dei discorsi più consolanti di Gesù stesso: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi”. Ed aggiunge cose di grande rilievo spirituale che sono aperti alla speranza e alla positività: “Non vi lascerò orfani: verrò da voi”. Cristo non ci abbandona, anche se sale al Padre, da dove è disceso per portare a compimento l’opera della salvezza del genere umano. Un Dio che si fa compagno della nostra vita e diventa l’Emmanuele e un Dio che è Spirito e continua ad agire senza soluzione di rapporto con questa umanità e con l’intera creazione, fino all’avvento glorioso del Risorto, alla fine dei tempi, quando Dio sarà tutto in tutti. Questa pienezza di amore, come presenza della Trinità in noi la possiamo fin d’ora sperimentare, nella misura in cui viviamo nella carità, nell’amore, in una fedeltà assoluta alla volontà di Dio ed al suo disegno di salvezza e redenzione per tutti. Gesù ci ricorda, infatti, “se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui”. Ed evidenzia in questo discorso intenso: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti… Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama”. Tutto parte dall’amore trinitario, tutto si sviluppa in una logica di amore trinitario e tutto si conclude in questo Dio amore, che è Padre, è Figlio e Spirito Santo”. Mossi dall’amore sono i primi apostoli di Cristo e del Vangelo e mossi dall’amore sono gli apostoli del vangelo di oggi, come ci ricorda Papa Francesco nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Nel brano della prima lettura, tratto dagli Atti degli Apostoli vediamo impegnati nell’opera missionaria tre apostoli: Filippo, Pietro e Giovanni. Chi per un verso e chi per un altro tutti operano in sintonia con il progetto pastorale di evangelizzazione posto in essere dagli apostoli stessi e scaturito dai vari incontri più o meno ufficiali che il gruppo teneva sistematicamente. Anche perché le esigenze crescevano ed era necessario coordinare il tutto, per evitare confusioni di ruoli o sovrapposizioni di interventi e di azioni. Così “Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città”. Così, Pietro e Giovanni, che di fronte alla moltitudine dei cristiani della Samaria “scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo”. Possiamo ben capire che si tratta dell’amministrazione del Sacramento della Cresima, dal momento che avevano ricevuto il Battesimo. Quello Spirito di verità, di carità, di armonia, gioia e pace i cui frutti sono evidenziati nella seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera di San Pietro. Infatti scrive il capo del collegio apostolico: “Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito”. I frutti dello Spirito allora sono davvero doni speciali per ciascuno e per tutti. Volendo elencarli, facendo tesoro di quanto abbiamo ascoltato della parola di Dio, essi sono: la speranza, la dolcezza, il rispetto di tutti, la retta coscienza, la misericordia, il perdono, il bene, la giustizia, la vita interiore, la docilità alla volontà del Signore, la gioia. Quella gioia e gaudio che solo una persona accorta e sensibile alla parola di Dio e alla buona notizia del Regno di Dio può e deve sperimentare profondamente ogni giorno della sua esistenza. Tali doni, infatti, fanno di ogni discepolo di Cristo una persona davvero spirituale, ricca spiritualmente, svuotata delle cose insignificanti e che non contano, ma piena di tutto ciò che rende il cuore e la vita di una persona degna di essere definita cristiana, come preghiamo, oggi, nella colletta di inizio messa, che è un vero progetto di vita spirituale ed apostolica insieme: “O Dio, che ci hai redenti nel Cristo tuo Figlio messo a morte per i nostri peccati e risuscitato alla vita immortale, confermaci con il tuo Spirito di verità, perché nella gioia che viene da te, siamo pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi”. Amen.

Itri (Lt). Al Santuario della Civita ci si prepara per il 25 anniversario della venuta di San Giovanni Paolo II in questo luogo di preghiera.

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Itri (Lt). Al Santuario della Civita si ricorda il 25° anniversario della visita di San Giovanni Paolo II a questo luogo mariano di fede e di devozione popolare 

di Antonio Rungi 

Il 25 giugno 1989, Sua Santità Giovanni Paolo II volle farsi pellegrino di pace, venerando la Vergine SS.ma della Civita, in occasione della Visita Pastorale all’Arcidiocesi di Gaeta e in coincidenza dei 150 anni del pellegrinaggio alla Civita di Pio IX il 10 febbraio 1849, quando era esule a Gaeta.

In occasione del 25° anniversario di questo storico avvenimento, al Santuario della Madonna una serie di manifestazioni religiose e culturali si sono programmate per dare giusto risalto a tale evento, soprattutto dopo la canonizzazione di Giovanni Paolo II.  Un convegno culturale è stato programmato pe tale data ad Itri, da chi 25 anni fa visse in prima persona tale gioioso avvenimento, nell’arcidiocesi e tra i Passionisti.

E c’è chi auspica, quanto prima, la venuta al Santuario della Civita anche di Papa Francesco. Qui sono in fase d ultimazione i lavori per accogliere i pellegrini e fare del santuario un centro di spiritualità e di animazione pastorale. In fase di completamento è l’ascensore che abbatterà le barriere architettoniche per diversamente abili e per anziani o malati.

La devozione alla Madonna della Civita parte da molto lontano e supera il millennio. Infatti, la devozione nasce per un evento miracoloso, riferito al rinvenimento del  ritratto bizantino, in cui è raffigurata la Madonna con Bambino, forse scampato all’iconoclastia, come accadde per altri esemplari. Il quadro fu rinvenuto su un leccio sul monte Fusco e da allora divenuto luogo e meta dei pellegrinaggi, soprattutto di sabato e domenica e specialmente nei tempi liturgici e mariani più sentiti dalla devozione popolare come il mese di maggio.

Fun  nel 1147 che, per la prima volta, si fa menzione di una chiesa della Madonna della Civita in alcune donazioni lasciate dal notaio Gualgano e da sua moglie Sighelgarda. Costante fu la popolarità del santuario, tanto che il vescovo di Gaeta mons. Patrizi definì la chiesa devotissima e di antica venerazione e ne procurò il restauro. Mons. Pergamo il 20 luglio 1777 incoronò per la prima volta la Madonna della Civita. La chiesa fu oggetto di notevoli interventi nel corso del XIX secolo. Nel 1877 mons. Contieri  incoronò per la seconda volta la Madonna.

Il 10 febbraio 1849 Pio IX e Ferdinando II visitarono il Santuario. Un museo raccoglie i ricordi di quella giornata. 

Sulla facciata della chiesa sono inseriti frammenti di antichi reperti romani e medioevali.

Nel santuario sono custoditi i numerosi ex voto  raccolti in molti anni di pia devozione; su è costituito di recente un museo della tradizione religiosa popolare. Il santuario, di diritto diocesano, dopo la reggenza dei padri Guanelliani, è stato affidato, nel 1985, ai padri Passionisti, che tuttora ne sono i custodi e gli animatori spirituali. Una comunità di cinque sacerdoti, attualmente pensa ad assicurare il servizio spirituale alla Civita, con la celebrazione delle messe, le confessioni, le benedizioni e altri momenti religiosi e spirituali tipici di un santuario, come quello della Civita che varca i confini della diocesi e costituisce un punto di riferimento per popolazioni del Sud Pontino, Alto casertano, Campania, Lazio e altre Regioni italiane. La devozione alla Madonna della Civita è stata diffusa in varie parti di Mondo, soprattutto in America, dove una attiva comunità di itrani promuove annualmente la festa della Madonna della Civita, in coincidenza con quella patronale della Città di Itri e dell’Arcidiocesi di Gaeta, il giorno 21 luglio.

Attualmente il Santuario è meta di quasi mezzo milione di pellegrini l’anno, di cui non meno del 10% sale ancora a piedi con grande devozione.

PREGHIERA AI NOVELLI SANTI, GIOVANNI XXIII E GIOVANNI PAOLO II

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PREGHIERA AI DUE NUOVI SANTI 

Signore Gesù, che hai chiamato a così alto grado di santità,

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, Papi,

pastori universali della Chiesa da te istituita

e affidata alla guida di Pietro,

primo Papa della storia del Cristianesimo,

ti chiediamo, umilmente,

per intercessione di questi tuoi figli eletti della Chiesa,

elevati oggi agli onori degli altari,

in questa speciale giornata di grazia

e benedizione dall’alto,

di camminare, anche noi, sui sentieri di quella santità,

fatta di umiltà, bontà e sacrificio,

che ha caratterizzato la vita di questi

tuoi speciali discepoli e figli amatissimi.

 

Signore, per intercessione

di San Giovanni XXIII
e San Giovanni Paolo II,

ti chiediamo di difendere la chiesa

dagli assalti del maligno,

che si insinua nella vita anche dei tuoi figli prediletti

che tu hai scelti per guidare il tuo popolo santo,

nella storia di questo secolo, appena iniziato,

afflitto da tanti mali ed insofferenze di ogni genere.

 

Fa o Signore che sull’esempio di questi santi pastori,

i vescovi, i sacerdoti, le anime consacrate e i fedeli laici

possano vivere in totale fedeltà

la chiamata alla santità,

senza dubbi, incertezze

e sicuri nel dono della fede,

forti nel dono della speranza,

dinamici con dono della carità.

 

Signore, pastore supremo delle anime nostre,

mediante l’intercessione dei novelli santi papi,

nessuna pecorella smarrita, continui a vagare nel dubbio e nella solitudine,

ma tutte possano ritrovare la strada del ritorno

e ritrovarsi  insieme intorno alla tavola della divina misericordia.

 

A Te Signore del tempo e della storia,

che ci hai donato due grandi e santi pastori

in Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II,

degni discepoli di Maria, Madre di Cristo e della Chiesa,

sia lode onore e gloria,

per tutti i secoli dei secoli.

Amen 

(Padre Antonio Rungi, passionista)