LA RIFLESSIONE DI PADRE RUNGI PER L’EPIFANIA 2022

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Epifania del Signore

6 Gennaio 2022

L’arrivo dei Magi alla grotta di Betlemme

Commento di padre Antonio Rungi

Oggi ricordiamo nella liturgia l’arrivo dei Magi a Betlemme e come viene menzionato nel vangelo di Matteo della messa del giorno dell’Epifania “alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».

Chi erano i magi? Tutti abbiamo da piccoli avuto la spiegazione di questi personaggi biblici che non erano altro che sacerdoti orientali, osservatori delle costellazioni, dei veri scienziati e scrutatori dei cieli, che sono classificati come astronomi e filosofi Appartenenti alla casta sacerdotale persiana erano sapienti venuti dall’Oriente.” I Re Magi, venivano – come alcune fonti storiche accreditate ci attestano – dalla Persia. Altrettanto certo vi è un legame molto stretto fra le due culture e religioni: l’ebraismo e lo zoroastrismo. Tra l’altro, va ricordato che all’epoca era presente in Persia una forte comunità ebraica, derivante dalla Diaspora Babilonese.

D’altra parte non possiamo dimenticare che la lingua più parlata in Palestina, a seguito proprio della diaspora e del rientro di un folto numero di ebrei (396 a.C), era l’aramaico, lingua di origine persiana, parlata dallo stesso Gesù.

In merito a questi misteriosi personaggi, abbiamo una testimonianza d’eccezione, quella del navigatore ed esploratore Marco Polo che nel 1270 viaggiando nella zona della Persia relazionava in merito a tale fatto: “In Persia c’è una città che si chiama Saba, dalla quale partirono i tre Re che andarono ad adorare Dio quando nacque. In questa città sono seppelliti i tre Magi in una bella sepoltura, e sono rimasti ancora tutti interi, con barba e con i capelli. Uno si chiamava Beltasar, l’altro Gaspar, il terzo Melquior. Marco Polo domandò più volte agli abitanti di quella città di quei tre re: nessuno gli seppe dire nulla, se non che erano seppelliti lì da molto tempo”.

Sempre relativamente ai Magi, è ricordato che nel XII secolo, dopo la guerra condotta da Federico Barbarossa contro il comune di Milano, il cancelliere imperiale Rainaldo di Dassel decise di sottrarre alla città lombarda il suo tesoro più prezioso: i corpi santi dei tre Magi. Le spoglie mortali erano conservate in un sarcofago nella basilica di Sant’Eustorgio e l’arcivescovo li fece trasferire nella cattedrale di Colonia, dove tuttora si trovano.

I corpi dei Magi erano giunti a Milano nel lontano 345, quando Sant’Eustorgio li portò con sé da Costantinopoli. Solo nel 1903 vi ritornarono, anche se non “completamente”. Furono restituite le reliquie di due fibule, una tibia e una vertebra. Queste sono collocate accanto alla loro presunta tomba, posta nel transetto della basilica romanica di Sant’Eustorgio, e più precisamente nella cosiddetta “cappella dei Magi”.

Per risalire ai nomi dei Re Magi, bisogna ricorrere a uno dei vangeli apocrifi, quello dell’Infanzia Armeno, che ci dice: “I re magi erano tre fratelli: il primo Melkon, regnava sui persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli indiani, e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli arabi. Essendosi uniti insieme per ordine di Dio, arrivarono nel momento in cui la vergine diveniva madre”.

Sempre nel Vangelo apocrififo detto Arabo dell’Infanzia, si legge testualmente: “Dei Magi vennero a Gerusalemme, come aveva predetto Zaratustra, portando con sé dei doni”.

Tra l’altro, bisogna dire che i loro nomi non sono casuali: Melchiorre sarebbe il più anziano e il suo nome stesso deriverebbe da Melech, che significa Re; Baldassarre deriverebbe da Balthazar, mitico re babilonese, quasi a suggerire la sua regione di provenienza; Gaspare, per i greci Galgalath, significa signore di Saba.

Culture che s’intrecciano, biografie che si uniscono, tutte nella contemplazione di Gesù Bambino.

Ritornando al testo del Vangelo, quello riconosciuto e ispirato, scritto dall’evangelista Matteo che oggi accompagna la celebrazione della parola di Dio nella solennità dell’Epifania, sappiamo che questi tre saggi, sapienti appena giunti a Gerusalemme si rivolsero al Re Erode, il quale quello che aveva riferito della nascita del Re dei Giudei “restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo”. Venuto a conoscenza della nascita del suo successore e per lui usurpatore, si informò accuratamente. Gli studiosi della scrittura citavano i testi dei profeti che avevano da secoli annunciato il futuro Messia di Israele, indicando il villaggio della nascita di Lui: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta. Pur essendo una piccola realtà abitativa, circa 1000 abitanti al tempo di Gesù, essa viene esaltata dai profeti, per il fatto che proprio in essa inizierà una storia che cambierà le sorti dell’umanità: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele». Chiaro riferimento alla nascita di Gesù Bambino.

Il successivo intervento da parte di Erode il Grande, fu quello di chiedere, segretamente, ai Magi, il tempo preciso in cui avevano visto sorgere la stella che li conduceva a Betlemme. Per accertarsi della veridicità dell’informazione li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

Una strana richiesta quella di Erode. Aveva tutto il potere e tutti gli strumenti di bloccare i Magi in Gerusalemme, accertarsi direttamente su quanto da essi avevano narrato, ed invece autorizza quel pellegrinaggio dei Magi verso Betlemme, che da Gerusalemme distava e dista circa 10 Km, percorribili oggi in mezz’ora di viaggio, mentre al tempo dei Magi con cammelli e dromedari ci voleva qualche oretta di viaggio in assoluta tranquillità.

Tutto questo racconto fa pensare chiaramente al mistero della manifestazione di Gesù Cristo a tutto il mondo, quale salvatore e redentore, senza esclusioni di persone, culture, religioni, razze e provenienze.

Non a caso si dice Pasqua-Epifania e in questo giorno nella liturgia si legge l’annuncio della Pasqua, che quest’anno 2022 si celebra domenica 17 aprile e indica la struttura temporale di tutto l’anno liturgico con le varie ricorrenze e celebrazioni più importanti per la cristianità.

Riornando al testo del Vangelo, i Magi avuto il permesso di circolare, il visto d’ingresso, con passaporto verbale della loro identità o forse anche con qualche documento scritto, partirono alla volta di Betlemme. “Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”.

Sta tutto in questo racconto la celebrazione dell’Epifania del Signore che chiaramente, al dà della storia, della leggenda, dice una cosa molto importante ai credenti e cristiani di oggi e di sempre.

La parola “Epifania”, dal greco antico, ἐπιφαίνω, epifàino (“mi rendo manifesto”), significa, infatti, “mostrare”, e come verbo riflessivo significa “mostrarsi”.

Per noi cristiani è la solennità che vede protagonisti – oltre, ovviamente la Sacra Famiglia – i Re Magi, questi misteriosi “personaggi”, venuti dall’Oriente.

E’ il solo Vangelo di Matteo a raccontarci di questo evento messianico. Questo, si limita a parlare di “alcuni” Magi, senza precisarne il numero.

Gli unici “numeri” citati sono quelli in riferimento ai doni per il Bambino Gesù: oro, incenso e mirra.

Leggiamo infatti nel vangelo dell’Epifania che “nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».

Se vogliamo sintetizzare in poche parole la festa di oggi, il suo significato religioso, spirituale e soteriologico, lo possiamo trovare nella preghiera della colletta della messa di questo giorno, nella quale preghiera con queste parole: “O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo Figlio unigenito, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la bellezza della tua gloria”.

L’Epifania è contemplazione di Cristo Salvatore, mediante la fede; è testimonianza di Cristo mediante l’amore, espresso dai doni dei Magi; è speranza nella salvezza finale che per tutti si realizzerà a conclusione del nostro pellegrinaggio terreno.

Come i Magi dall’Oriente, ognuno di noi deve uscire dalle presunte sicurezze e certezze, come ci ha fatto capire la pandemia, per incamminarci sulla strada di Dio, condotti come i Re Magi da una stella sicura e certa che mai scomparirà, anche se siamo in pieno giorno o immersi nelle notti più buie della nostra esistenza, fatta di sofferenza e peccati. E questa stella cometa si chiama Cristo. Incontrarlo davvero nel profondo del nostro cuore è la vera salvezza terrena ed eterna per ciascuno di noi e per il mondo intero, che brancola ancora oggi nel buio e non solo a causa della pandemia, ma per altri e più gravi problemi che allontano l’umanità da Dio e dal vero ed eterno Paradiso.

LA RIFLESSIONE DI PADRE RUNGI PER L’EPIFANIA 2022ultima modifica: 2022-01-04T23:16:20+01:00da pace2005
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