COMMENTO ALLA PAROLA DI DOMENICA 17 GENNAIO 2016

RUNGI2015

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

17 gennaio 2016 

“Il vino di Gesù e  di Maria per le nostre famiglie” 

Commento di padre Antonio Rungi 

Questo breve tempo dell’anno liturgico, detto ordinario, che viene prima della Quaresima, che inizia, quest’anno 2016, con il mercoledì delle ceneri, il 10 febbraio, dopo aver celebrato, domenica scorsa, prima domenica del tempo ordinario, il Battesimo di Gesù, ci troviamo con Gesù e Maria nella casa di una giovane coppia di coniugi che celebravano il matrimonio e al quale era stato invitato Gesù e la Madonna. Dovremmo pensare, dal momento che non si fa il loro nome, che fossero parenti o conoscenti di Gesù e della Madonna. C’erano anche gli Apostoli e quindi lo stesso Giovanni che ci racconta questo primo miracolo di Gesù.

Quello che successo durante la cerimonia festiva delle nozze, verso la fine, è descritto nel testo del vangelo di Giovanni, nel quale l’evangelista mette in risalto la figura del Cristo che, dietro insistenza della Madonna, compie il suo primo miracolo, dando, di fatto, avvio a tutta una serie di interventi a favore dell’umanità nel corso del suo ministero pubblico. Anche in questa circostanza viene esaltata la figura di Gesù come Figlio di Dio, anche se non era ancora giunta la sua ora, quella della piena rivelazione della sua divinità che coincide con la morte e risurrezione. L’altra figura è quella della Madonna che confida molto, nonostante la resistenza di Gesù, nel suo intervento per aiutare una coppia in difficoltà, all’inizio del loro cammino coniugale. Forse neppure loro se ne erano accorti che era finito il vino e quindi rischiava quel banchetto di gioia di trasformarsi in delle nozze di critiche, di insoddisfazione. E così che Gesù, per evitare una brutta figura a questi giovani sposi, interviene e trasforma l’acqua un vino, in un vino unico speciale che mai più al mondo è stato fatto e prodotto in un istante, senza aspettare maturazione di uva, vendemmia e poi tutto il processo naturale, che richiede, per avere un buon vino. Potemmo definire questo vino come il “vino di Gesù e di Maria”, fatto una sola volta e in un contesto ben preciso: quello della famiglia. Alcune riflessioni vanno fatte su questo singolare miracolo. Gesù trasforma l’acqua in vino. Come sappiamo il vino rimando all’eucaristia, all’ultima cena, quando Gesù istituisce il sacramento del suo corpo e del suo sangue. E’ evidente che c’è uno stretto rapporto tra questo miracolo, l’eucaristia e la passione, morte e risurrezione di Gesù. Questo miracolo avviene in un contesto di festa e di una festa di matrimonio. Segno evidente che la famiglia è il luogo privilegiato dell’amore naturale, nella quale la presenza di Cristo è assicurata in modo singolare. E si coglie in esso il sacramento del matrimonio benedetto dal Signore e sostenuto dalla sua presenza costante e vigilante. A conferma che il matrimonio, come tutti i sacramenti si celebrano in una comunità di credenti ed esprime la fede e la gioia di una comunità in festa. La presenza di Maria in questa e in altre circostanze non è affatto secondaria. Anzi potremmo dire strategica ed essenziale al fine di ottenere il primo miracolo. Anche in questa intercessione di Maria presso il suo Figlio vediamo quella che è la funzione di Maria per tutta la chiesa. Ella è la mediatrice delle grazie ed è la Madre della misericordia. Anche in questa specifica circostanza, la Madonna rivela tutto il suo cuore tenero di madre e chiede a Gesù di operare il miracolo, che poi di fatto viene compiuto da Gesù. Gli altri personaggi che sono citati nel brano del Vangelo hanno, anche loro un ruolo non secondario: dal maestro di tavola, agli inservienti, agli invitati, agli stessi sposi, ignari di tutto ciò che era avvenuto per intercessione di Maria e per l’azione di Gesù. Una delle espressioni di massima fiducia della Madonna nei confronti di Gesù è proprio quando si rivolge agli inservienti e dice loro «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». E cosa fecero? Gesù chiede di riempire le giare, con una capienza abbastanza elevata da 80 a 120 venti litri. Erano sei le giare. Volendo fare n calcolo esatto, visto che erano state riempite fino all’orlo, abbiamo 720 litri di vino eccezionale, unico: una cantina sociale aperta all’istante. Che fine abbia fatto quel vino, non si sa, non è raccontato. E’ detto semplicemente che dopo la trasformazione dell’acqua in vino, gli inservienti portarono il tutto al diretto di mensa. E come tutti i buoni direttori o sommelier, appena assaggiò quel vino, osservò, congratulandosi con la sposo che come lui non sapeva nulla, ma lo sapevano i portatori:  «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Tutta la struttura del miracolo, così come descritto e raccontato da Giovanni ha una finalità ben precisa, quella di rivelare la potenza di Cristo e suscitare la fede nei discepoli e nelle persone che seguivano Gesù. Infatti, scrive Giovanni, commentando il fatto: “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.

Nei miracoli di Gesù possiamo cogliere due finalità teologiche: quella della rivelazione della sua divinità e quindi vere e proprie teofanie, e quella di suscitare una risposta di fede. Il miracolo, qualsiasi miracolo che viene dal cielo, per intercessione della Madonna o dei santi o ci confermano nella fede o la suscitano in quel momento, se si ha il cuore libero e la docilità allo Spirito per vedere in essi l’intervento divino. E di miracoli, ancora oggi, il Signore ne fa tantissimi, molte volte a noi sconosciuti, come fu ignoto il miracolo di Cana allo sposo, al direttore di mensa e agli invitati che bevvero quel vino di Gesù e di Maria.

La parola di Dio di questa domenica si arricchisce e ci arricchisce di altre considerazioni che non possono essere taciute: il coraggio di parlare per amore del popolo, superando ogni paura e timore, come ci ricorda la prima bellissima lettura di oggi, tratta dal profeta Isaia, il quale scrive una delle pagine più belle del suo libro: “Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada”. Il riferimento alla figura del messia è quanto mai evidente ed esplicitata in modo certo ed è rapporta questa venuta ad una radicale trasformazione politica e religiosa di Israele, indentificata nella sua città simbolo, che era ed è Gerusalemme. Infatti “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo”. L’esperienza terribile dell’esilio, dello stato di abbandono in cui versava il popolo di Dio, nei vari momenti difficili della sua storia, attraverso la voce dei profeti e specialmente di Isaia, la porta a sperare in colui che sarà davvero il salvatore, il messia atteso e che si indentifica nella persona di Cristo.

Un altro importante aspetto della parola di Dio lo cogliamo, oggi, nel testo della seconda lettura di oggi, estrapolato dalla prima lettera di san Paolo Apostolo ai Corinzi, dove si parla, dei carismi personali a servizio della Chiesa: “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”. Quali sono questi carismi aperti all’ecclesialità? Sono elencati dall’apostolo nel numero di nove con attinenza specifica al sapere, al parlare, all’interpretate  e all’operare: il linguaggio di sapienza; il linguaggio di conoscenza; la fede; il dono delle guarigioni; il potere dei miracoli; il dono della profezia, il discernimento degli spiriti; la varietà delle lingue; l’interpretazione delle lingue.

A conclusione della nostra riflessione sia questa la nostra preghiera: “O Dio, che nell’ora della croce  hai chiamato l’umanità  a unirsi in Cristo, sposo e Signore,  fa’ che in questo convito domenicale  la santa Chiesa sperimenti  la forza trasformante del suo amore,  e pregusti nella speranza  la gioia delle nozze eterne. Amen.

COMMENTO ALLA PAROLA DI DOMENICA 17 GENNAIO 2016ultima modifica: 2016-01-11T23:42:40+01:00da pace2005
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