Emmaus, il villaggio eucaristico. Riflessione di padre Antonio Rungi – III Dominica di Pasqua

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Terza domenica di Pasqua – 4 maggio 2014

EMMAUS IL VILLAGGIO EUCARISTICO

di padre Antonio Rungi

 

La liturgia di questa terza domenica di Pasqua è incentrata sul viaggio dei discepoli verso Emmaus, con Gesù, che solo più tardi, quando si siede a tavola e spezza il pane, come nell’ultima cena, lo riconoscono, mentre Lui scompare dai loro occhi. In questo racconto dettagliato del viaggio verso il villaggio eucaristico di Emmaus, c’è tutto l’itinerario pasquale che un cristiano è chiamato a fare, dopo aver sperimentato nella sua vita la risurrezione vera del corpo e dello spirito. Si tratta di una vera liturgia della messa itinerante, che parte dalla catechesi ed approda al banchetto eucaristico. La Pasqua è, infatti, la celebrazione sistematica della cena del Signore, memoriale della sua morte e risurrezione, attualizzazione di quel evento unico e irripetibile della storia della salvezza che è la morte e risurrezione del Signore. Il testo del Vangelo di Luca, ricco nei vari particolari ci aiuta ad entrare con maggiore responsabilità personale nel mistero annuale della Pasqua. Leggiamo e meditiamo con attenzione questo brano, uno dei più belli e ricco di stimoli per fare una pasqua nella sincerità del cuore: Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.

Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».

 

Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Molto spesso anche noi siamo come i discepoli di Emmaus “stolti e tardi nel credere”, nell’aver fede. Ci lasciamo sopraffare dalle delusioni ed amarezze della vita e non riponiamo in Dio la nostra fiducia. E, nonostante l’insegnamento sistematico della Chiesa, non riusciamo a fare quel salto di qualità per affidarci totalmente alla parola del Signore, che è chiara e precisa, fino dall’Antico Testamento, circa la figura del Cristo, il messia che doveva patire e poi risorgere. Dio ha preparato il suo popolo allo scandalo della croce, ma quel popolo non ha capito e soprattutto non ha accettato il loro messia crocifisso. Anche oggi, questa fine ingloriosa di Gesù su patibolo della croce costituisce per molti un limite a credere in Dio. Il che si riversa sul fatto che non si accetta la croce e la sofferenza e se capita c’è la ribellione e il totale rifiuto. Ma quel Dio crocifisso è anche il Dio della vita, dell’amore e della risurrezione. La parola ultima non è il morire, ma il vivere e il risorgere con Cristo.

Molto esplicito al riguardo quanto scrive l’’apostolo Pietro nel brano della seconda lettura di questa domenica, tratta dalla sua prima lettera: “Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio”.

Noi ben sappiamo che Dio ci ha salvato in Gesù Cristo “non a prezzo di cose effimere, come argento e oro”, ma siamo stati “liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia”. Cristo, tuttavia, non rimane appeso al legno della croce per sempre o giace nel sepolcro definitivamente, ma Egli è il risorto, perché la potenza di Dio lo riporta alla vita, alla sua vera natura e condizioni di esistere,  che è quella eterna e della gloria. Di fronte a questo mistero noi siamo chiamati a redimerci dalla nostra condotta vuota ed insignificante quando si incentra sulle cose passeggere ed effimere della terra. Quando, come dice Papa Francesco, fa cose di morti e non di vita, agisce per la felicità e cerca la gioia in cose che non hanno valore di eternità.

E’ quanto, d’altra parte, ci viene detto anche nel brano della prima lettura di oggi, tratto dagli Atti degli Apostoli, nel quale viene proposto il nucleo essenziale della prima predicazione degli apostoli e specialmente quella di Pietro: “[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso.  Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: “questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».

Il centro di tutto il primo annuncio è la morte e soprattutto la risurrezione di Gesù. Perché la risurrezione di Cristo ridona valore a tutta la vita del Signore, al suo insegnamento e a quanto chiede di fare per mettersi sulla sua strada e scia”. Siamo tutti invitati oggi a metterci in cammino verso Emmaus, per sperimentare la gioia dell’incontro con Gesù nella sua parola e nella frazione del pane. Solo se il nostro cuore e la nostra mente si libereranno dalle tante zavorre che costringono il nostro vivere quotidiano ad appesantirsi sempre di più, tendendo verso il basso, potrà sperimentare la gioia della vera risurrezione interiore, quella che conta e che fa dell’annuale ricorrenza della Pasqua una vera occasione per ridare slancio alla nostra vita di cristiani. Sia questa la nostra preghiera che eleviamo al Signore con il salmo 15, che è il salmo della gioia, della speranza e della fiducia nel Signore: “Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu». Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”. Amen.

 

Emmaus, il villaggio eucaristico. Riflessione di padre Antonio Rungi – III Dominica di Pasquaultima modifica: 2014-05-02T00:56:32+02:00da pace2005
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