Omelia per la Quinta domenica di Quaresima – Domenica 6 aprile 2014

DOMENICA QUINTA DI QUARESIMA 

LAZZARO, IL RISUSCITATO 

di padre Antonio Rungi 

La quinta domenica di Quaresima, ci presenta un altro dei miracoli di Gesù: la risurrezione di Lazzaro. Si tratta di un miracolo con finalità ben precise, che, come è facile intuire, è un preavviso di quanto accadrà, con la stessa persona di Gesù. Per Lazzaro la risurrezione è temporanea, in quanto, come tutti gli esseri mortali, anche lui, dopo il miracolo del ritorno alla vita, è morto e in attesa della risurrezione finale; per Gesù è tutt’altra storia: la vita e la risurrezione fanno parte integrante della sua divinità. Dio è il Dio della vita e non della morte; per cui Gesù Risorto è anticipo della risurrezione finale di ogni persona. La risurrezione di Lazzaro è, invece, per la conferma della potenza e della divinità del maestro. Qui poi sono in gioco altri importanti sentimenti: quelli dell’amicizia, della sofferenza di Gesù, del rispetto che Egli ha verso ogni sofferenza, compresa quella delle due sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, che Gesù ben conosceva e quindi più vicine al suo cuore e soprattutto al suo insegnamento. Il discepolato di queste due sorelle e di un fratello emerge con forti accenti di fede e di fiducia nel Signore come ci ricorda un passaggio del brano del vangelo di questa domenica. Sono tutte due le sorelle, prima Marta e poi Maria, a rivolgersi a Gesù con queste parole “«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Dove c’è Gesù non ci può essere morte, ma solo vita. Questo non solo a livello fisico, ma soprattutto a livello spirituale. La vita che dona Gesù, è una vita speciale, senza limiti di tempo e di spazio, supera ogni barriera e si colloca nell’eternità. Leggiamolo questo bellissimo brano del Vangelo di questa domenica, che è il vangelo della vita, della risurrezione, dell’eternità, dell’amore, della compassione, dell’amicizia. In questo brano troviamo tutto il nostro Gesù, il Gesù umano e il Gesù divino. Il Gesù che piange, ma anche il Gesù che interviene, come in altri casi, e porta la speranza e la gioia nel cuore delle persone che sono vicine a Lui. Anche in questa circostanza notiamo un Signore attento alla sofferenza e che prima di intervenire, alimenta un dialogo con le persone circostanti. Qui il dialogo è svolto con persone che Egli ben conosce. Conoscere il loro cuore, il loro intimo, conosce i loro sentimenti e soprattutto la loro fede: Lazzaro, ormai morto da quattro giorni, uno in più dei tre giorni della morte di Gesù, è presente al Signore. Per Lui non è morto, perché chi vive nel Signore è sempre vivo e non sperimenta la morte. Tanto è vero che lo riporta alla vita fisica, biologica, lo fa uscire dalla tomba, come vi è stato collocato per confermare che la vita è un continuo per l’uomo. Di vita in vita. Mentre nella risurrezione di Gesù, tutto ciò che lo avvolgeva non era più intorno al suo corpo. La potenza della risurrezione in Gesù, è la stessa potenza della vita e della risurrezione che Gesù trasferisce sul corpo morto di Lazzaro, per cui ritorna alla vita per il tempo che la divina provvidenza e bontà di Dio aveva stabilito per Lazzaro. Ecco il testo integrale del vangelo di Giovanni, in cui si narra della risurrezione di Lazzaro:In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Il tema della risurrezione è anche presentato a noi nel brano della prima lettura di oggi, tratto dal libro del profeta Ezechiele. Un brano sintetico, ma profondamente ancorato ad una visione di vita, fortemente evidenziata dalle parole che vi leggiamo e che rimandano all’esperienza della morte, che non è l’ultima parola della vita e della storia dell’uomo.Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio”.

Qui non si allude  solo alla risurrezione corporale, ma soprattutto a quella spirituale, a quello uscire dalla morte interiore, dall’aridità spirituale attraverso la docilità allo Spirito Santo. Le ossa che riacquistano la vita, è l’umanità che riprende il cammino della speranza e della grazia alla scuola di Cristo, Signore della vita ed autore della grazia. Come popolo di Dio in cammino verso l’eternità, lasciamoci rivitalizzare dalla grazia santificante, che possiamo attingere abbondantemente alla sorgente stessa che è il Signore, morto e risorto e che nella Chiesa ha posto il deposito più grande per la salvezza delle anime: i sacramenti, come ci ricorda l’Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla splendida lettera ai Romani, ricca di tanti spunti teologici e pastorali: “Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”.

Penso che alla vigilia della Pasqua di quest’anno, ognuno di noi si rende conto che se viviamo nella dimensione esclusivamente carnale e passionale, non può piacere a Dio. Il corpo è tempio dello Spirito Santo e noi dobbiamo essere persone spirituali. E per essere tali, dobbiamo far prevalere nella nostra vita ciò che è divino e non ciò che è terreno. Il divino lo si sperimenta nel curare la vita spirituale e sacramentale, la vita di preghiera, l’ascesi e la contemplazione dei misteri della nostra fede, nel seguire gli insegnamenti di Gesù e nel prestare attenzione ad ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

La nostra preghiera oggi e sempre, sia quella che troviamo espressa nel Salmo 119, inserito in questa domenica quinta di Quaresima, a cavallo tra la prima e la seconda lettura, come ponte ideale per un cammino di conversione verso la gioia e la vita interiore: “Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica. Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore. Io spero, Signore. Spera l’anima mia, attendo la sua parola. L’anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all’aurora. Più che le sentinelle l’aurora, Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe”. E allora “Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi”. Amen.

Omelia per la Quinta domenica di Quaresima – Domenica 6 aprile 2014ultima modifica: 2014-04-01T19:55:42+02:00da pace2005
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