PREGHIERA A SAN FRANCESCO D’ASSISI – 4 OTTOBRE 2022
A TE CHE SEI LA MIA VITA, MADRE DI DIO
AIROLA (BN). LA CHIESA DELL’ADDOLORATA ERETTA A SANTUARIO MARIANO DIOCESANO
AIROLA (BN). LA CHIESA DELL’ADDOLORATA ELEVATA A SANTUARIO DIOCESANO
di Antonio Rungi
Sarà il Vescovo di Cerreto-Telese-Sant’Agata dei Goti, monsignor Giuseppe Mazzafaro, a presiedere la solenne liturgia eucaristica di giovedì 15 settembre 2022, alle ore 18, nella Chiesa della Madonna Addolorata, che in questa specifica circostanza sarà elevata ed eretta a Santuario diocesano con decreto dello stesso vescovo.
La storia di questo santuario, molto noto e frequentato dai devoti della Valle Caudina, parte da molto lontano e la devozione alla Madonna Addolorata degli airolani è tra le più solide e testimoniate nel corso delle celebrazioni annuali di settembre, durante il mese di maggio, nelle domeniche di tutto l’anno e nelle grandi ricorrenze liturgiche e mariane.
Il santuario, con annesso monastero, fu edificato nel 1363 per volere di Giovanni Della Lagonissa (Leonessa), feudatario di Airola. L’edificio, denominato Santa Maria dell’Ariella, fu donato nel 1369 dal feudatario di Airola ai monaci Benedettini di Montevergine.
La chiesa, durante l’assedio alla rocca di Airola subì tali conseguenze che nel 1517 si presentava quasi completamente distrutta.
Nel 1601 il vecchio monastero di Santa Maria dell’Ariella, costruito nella parte alta di Airola, non era più adatto alle mutate condizioni di vita del paese che dalla collina di Monteoliveto si era spostato nella piana di Airola.
Nel 1608 fu iniziata la costruzione di un altro monastero, a valle, vicino alla chiesa della SS. Annunziata, chiamato poi S. Maria della Misericordia.
Con la discesa a valle dei monaci, la chiesa visse un lungo periodo di abbandono.
Nel 1672 Donna Maria Candida Spinelli fece restaurare la chiesa e, ottenute le dovute autorizzazioni, la fece riaprire al pubblico.
La chiesa che presenta ancora tracce gotiche, a forma rettangolare, a navata unica con quattro altari laterali è un gioiello di arte e di storia.
Sull’altare maggiore vi è una pala d’altare che raffigura l’Addolorata con Gesù deposto dalla croce, opera di Andrea Solario.
Oggi il santuario fa parte del territorio della parrocchia di San Michele Arcangelo a Serpentara, affidata alla cura dei Padri Passionisti del vicino convento di Monteoliveto.
La festa dedicata alla Madonna Addolorata che interessa tutto il mese di settembre, inizia come sempre con il solenne settenario, l’8 settembre. Quest’anno la predicazione è stata affidata dal parroco, padre Emanuele Zippo, passionista, a don Pasqualino Di Dio, fondatore della Fraternità apostolica della Misericordia.
Nel corso del settenario saranno diversi gli appuntamenti di carattere religioso, culturale, sociali e ricreativi predisposti dal consiglio pastorale parrocchiale e dal Comitato, presieduto dal parroco.
Concluderà le celebrazioni monsignor Giulio Mencuccini, passionista, vescovo emerito di Sanggau (Indonesia), missionario nel Borneo per circa 50 anni, di 32 anni svolti come vescovo nella diocesi di titolarità, dove si spostava in moto, Da qui l’appellativo di vescovo biker. La solenne celebrazione è in programma per domenica 18 settembre alle ore 16,30 nella Chiesa di San Michele a Serpentara.
In questo mese di settembre, salire al santuario della Madonna Addolorata, così da sempre chiamato e definito, ma anche seguire la peregrinatio della bellisma ed espressiva statua della Madonna per tutte le chiese della cittadina, per gli airolani oltre ad essere una pratica religiosa molto sentita e curata negli aspetti interiori è anche un’attestazione di un amore filiale e di cura speciale verso questo luogo di preghiera, dedicato a Maria, che ai piedi della croce riceve da Gesù il compito di custodire e proteggere l’umanità intera.
Mai come in questi anni di sofferenza, prima con la pandemia ed ora la guerra in Ucrania, inoltre con i tanti mali che affliggono le singole persone e l’umanità, la Madonna Addolorata rappresenta per tutti un forte richiamo a fare della sofferenza uno strumento di compartecipazione a ciò che manca alla passione del Signore, come afferma san Paolo Apostolo: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
LA RIFLESSIONE DI PADRE RUNGI PER LA XIX DOMENICA DEL T.O. 7 AGOSTO 2022
Commento di padre Antonio Rungi
Il vangelo della XIX domenica del tempo ordinario, prima domenica di agosto 2022, ritorna su due tematiche già accennate nella domenica scorsa e cioè il discorso sull’attaccamento ai beni della terra e quello sul destino eterno dell’uomo. In entrambi i casi Gesù è molto chiaro ed esplicito nel far passare il suo messaggio e proporre il suo insegnamento indirizzandolo direttamente ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”.
Non bisogna temere ed avere paura di fare scelte radicali e coraggiose per il proprio futuro esistenziale, umano, spirituale e religioso.
Prima cosa da fare è vendere ciò che si possiede e darlo in elemosina; seconda cosa da farsi è acquistare (simbolicamente!) borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma”. La nostra maggiore preoccupazione, invece, è quella di concentrare i nostri interessi e il nostro cuore dov’è il nostro tesoro, ovvero i nostri soldi, i nostri affari e guadagni. Una cosa più importante rispetto alle altre è quella dell’amore di Dio verso le sue creature e dell’amore fraterno che ci preparano all’eternità.
Dio ha fiducia e premia i servi fedeli, mente richiama il servo infedele. Infatti fa osservare che se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve (a lui sottomesse) a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Chi può dire ché non ha ricevuto nulla? Nessuno! Chi più e chi meno tutti abbiamo ricevuto da Dio più di quanto avremmo meritato o per nulla meritato. Grazie Gesù, Grazie Signore per tutto quello che ci doni ogni giorno e nel tempo e speriamo nell’eternità.
P.RUNGI. COMMENTO ALLA XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C- 3 LUGLIO 2022
Domenica XIV del Tempo ordinario – Anno C
Domenica 3 luglio 2022
Da soli non si evangelizza, insieme si cammina e si realizza il progetto di Dio
Commento di padre Antonio Rungi
La quattordicesima domenica del tempo ordinario, la prima di questo mese di luglio 2022 ci invita a riflettere su uno dei temi di grande attualità nell’ambito della vita ecclesiale: la mancanza di operai nella messe del Signore. Gli operai sono gli evangelizzatori; papa, vescovi, sacerdoti, religios e religiose e soprattutto i laici, quelli che sono numericamente più consistenti e che possono contribuire enormemente alla diffusione del vangelo, soprattutto oggi, in questo nostro difficile tempo in cui il rapporto personale, familiare e comunitario con il sacro è davvero un problema ed una preoccupazione.
Come fare per far conoscere Cristo, il Vangelo, la Chiesa ed i valori autenticamente cristiani in un mondo globalizzato e massificato come il nostro?
Nel brano del vangelo di questa domenica, tratto da San Luca, Gesù ci indica un possibile percorso da seguire e da attuare. Bisogna scegliere ed inviare coloro che sono disposti ad evangelizzare. Mai come oggi la messe è davvero grande ed estesa, ma gli operai che lavorano nella vigna del Signore si sono ridotti e pochi si rendono disponibili a seguire la chiamata di Dio nella vita sacerdotale, religiosa o missionaria. La scelta degli altri settantadue discepoli ci fa capire al di là del numero simbolico che più siamo e più convinti siamo della nostra fede e più facilmente la diffondiamo senza imposizione o violenza di sorta, ma semplicemente con la nostra testimonianza e santità di vita. Facendo un calcolo in base alla scelta effettuata da Gesù 72 diviso 2, costituiscono 36 gruppi di discepoli che devono andare a due a due e non da soli.
La chiesa è comunione non è singolo, anche se è composta da singole persone, ma da soli non si fa chiesa e non si proclama la verità della comunione ecclesiale che parte proprio dall’esigenza di non essere battitori liberi e singoli, ma di camminare insieme e lavorare insieme. In un tempo come quello che stiamo vivendo del sinodo sulla sinodalità risulta di grande importanza questa scelta operativa fatta da Gesù stesso per indicarci il criterio essenziale per camminare ed evangelizzare come comunità di credenti. Quante volte sentiamo queste espressioni e anche lamentele che da soli non ce la facciamo non solo nel ministero sacerdotale, episcopale o laicale e che abbiamo bisogno di aiuto. Quel due a due e quelle 36 coppie di apostoli esprimono l’intera umanità che necessita dell’incontro con il vangelo di Cristo e con i testimoni di Cristo. Tuttavia Gesù pur sapendo della necessità di diffondere il vangelo in ogni angolo della terra mette in guardia e sull’avviso i suoi ulteriori 72 discepoli, dopo i 12 apostoli, dicendo “Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Quindi state attenti non sarà facile evangelizzare, in quanto la bontà e la dolcezza della parola di Dio si scontrerà con la realtà drammatica e difficile del mondo, dove i lupi rapaci sono sempre in agguato per sbranare gli agnellini deboli e semplici come sono le pecore dell’ovile di Cristo. Gesù non si limita a fare raccomandazioni ma anche ad indicare uno stile di missionario da cui non si può prescindere se si vuole essere credibili nell’annunciare il vangelo.
Quali regole allora osservare per un vero missionario? Non portare borsa, né sacca, né sandali e non fermarsi a salutare nessuno lungo la strada. Cosa voglia dire tutto questo è facile da capire: la povertà, la celerità e l’itineranza devono caratterizzare il missionario del vangelo.
Cosa devono annunciare gli apostoli del Vangelo? E’ Gesù che lo indica espressamente: “In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi”.
Mai come in questi mesi di guerra nel cuore dell’Europa da tutto il mondo cattolico, in primis dalla voce di Papa Francesco, si è alzato il grido della pace, ma nessun figlio delle nazioni in conflitto sembra essere disposto a fare la pace, mentre sembra che ci sia tutto l’interesse a continuare in un’ assurda guerra che rischia in qualsiasi momento di degenerare e di estendersi in altri territori.
Il grido di pace della Chiesa non è ascoltato, non si è trovato un figlio della pace che in Russia a partire da Putin ha accolto questo grido e questa richiesta di tutta la cristianità.
Un altro monito viene da Gesù ai suoi nuovi 72 apostoli, quello di non girovagare perdendo tempo inutilmente. Ecco quindi l’ultima raccomandazione: “Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra”.
Sapersi accontentare e restare in quelle abitazioni dove si possa stabilire anche un contatto preciso con chi vuole incontrare il missionario. Per cui, quando un inviato della Chiesa viene mandato in una città o luogo, quando questi vi entra e sarà chiaramente accolto, deve essere grato di quel poco o molto che gli verrà dato. Non deve pretendere nulla. Anzi, al contrario deve impegnarsi in quell’opera di evangelizzazione che ha una sua credibilità ed efficacia nella misura in cui si traduce in promozione umana.
Non a caso Gesù obbliga, perché è un suo inviato, di guarire i malati che si trovano in quel luogo e soprattutto quello di annunciare la conversione perché il regno di Dio è vicino.
I 72 partirono, andarono e tornarono con grandi risultati missionari, tanto da inorgoglirsi per il successo ottenuto. Ma Gesù li richiama e li riporta alla realtà della vita e della salvezza eterna: “Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
La nostra gioia non sta nel successo che otteniamo anche nella predicazione e nell’evangelizzazione, ma nel fatto che mediante questo nostro impegno missionario potenziamo e rendiamo più visibile e leggile la scrittura del nostro nome che è stato inciso nel Paradiso. Di questo tutti dobbiamo esserne fieri e raggiungere la meta nelle condizioni migliori possibili, per non far sbiadire quel nome nostro che Dio ha scritto nel giardino del suo e nostro cielo.
Napoli. Sessantesimo di professione religiosa di Suor Bernardetta Lai. Rito presieduto dal cardinale Sepe
NAPOLI. 60 ANNI DI PROFESSIONE RELIGIOSA DI SUOR BERNADETTA LAI. RITO PRESIEDUTO DAL CARDINALE CRESCENZIO SEPE, ARCIVESCOVO EMERITO DI NAPOLI
di Antonio Rungi
Domani pomeriggio, martedì 24 maggio 2022, alle ore 17, nella Chiesa delle Monache Passioniste di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo emerito di Napoli, presiederà la solenne concelebrazione eucaristica in occasione del sessantesimo anniversario di professione religiosa di Suor Maria Bernadetta del Cuore Immacolato e Addolorato di Maria (al secolo Tommasina Lai).
Con il cardinale Sepe concelebreranno diversi sacerdoti passionisti e diocesani, che da anni seguono spiritualmente le Monache Passioniste del Monastero di San Giacomo dei Capri in Napoli. “E’ una grande gioia per tutti noi passionisti – ha detto padre Antonio Rungi, già assistente spirituale del monastero negli anni 2003-2008 – ritrovarci intorno a questa nostra consorella che con passione, dedizione, sacrificio ed abnegazione ha servito, prima il Monastero di Tarquinia e poi quello di Napoli, nel ruolo di Presidente della comunità monastica in un periodo di carenza di presenza e di vocazioni. Proprio per interessamento del cardinale Sepe e del compianto monsignor Piergiorgio Silvano Nesti, allora segretario della Congregazione vaticana degli istituti di vita consacrata e delle società apostoliche che fu possibile assicurare una presenza giovanile e più consistente in questo monastero, con l’arrivo di ben cinque monache passioniste indonesiane, che subito si inserirono nel contesto della realtà ecclesiale di Napoli, facendone di questo monastero un luogo di spiritualità passionista aperto al pubblico e capace di venire incontro alle esigenze di quanti erano e sono alla ricerca di Dio. Molto del merito di questa rinascita del Monastero delle Passioniste di Napoli va riconosciuto proprio a Suor Bernardetta, che in qualità di Superiora della comunità sentiva la necessità di non abbandonare questa importante oasi di spiritualità nella zona più rinomata della città di Napoli, appunto il Vomero. Persona umile, affabile, accondiscendente, servizievole e lavoratrice, con un bagaglio spirituale di ampia porta e di grande solidità interiore, suor Bernadetta ha segnato la storia di questo monastero in uno dei momenti più difficili di esso, essendo stato fondato nel 1928. Giusto quindi riconoscere a questa anziana suora ciò che le spetta non solo davanti alla Chiesa e alla Congregazione dei Passionisti, ma anche nella città di Napoli, che l’ha accolta e ben volentieri ha collaborato, in tanti modi, con lei per aiutare il Monastero. I lavori che sono stati fatti in quegli anni per la manutenzione e la migliore sistemazione dei locali sono noti a quanti hanno contribuito a rendere possibile questo progetto di salvaguardia del monastero e soprattutto della presenza in essa delle Figlie spirituali di San Paolo della Croce e della cofondatrice la venerabile Maria Crocifissa di Gesù (Faustina Geltrude Costantini)”.
Nel ringraziare il Signore per il dono della vocazione e per questo traguardo importante della sua vita di monaca passionista, suor Bernardetta scrive testualmente: “Mi chiamo Tommasina Lai, da monaca ho preso il nome di Maria Bernardetta del Cuore Immacolato e Addolorato di Maria. Sono nata in Sardegna. All’età di 14 anni, con la mia famiglia, siamo emigrati nel Lazio. Eravamo otto figli, tutti ancora molto piccoli. Ciascuno si impegnava in diverse piccole mansioni per poterci sostenere. Le mie origini sono molto umili e semplici, senza che sia mancato mai il calore e l’affetto della prima chiesa: la famiglia! Io ho lavorato in ospedale a Montalto di Castro, dove c’erano le suore “figlie di Sant’Anna”, che mi hanno aiutato a conoscere meglio il Signore e a dare ascolto a quella voce che sentivo dentro di me: la vocazione!
Sempre di più, in quegli anni, mi affascinava la vita di preghiera. A 18 anni sono entrata nel Monastero di Tarquinia, fondato da San Paolo della Croce. Vi sono rimasta 40 anni, svolgendo umili servizi a favore della comunità, lavanderia, cucina ed altro. Nel 2000, col permesso della Sacra Congregazione, sono stata trasferita in questo Monastero a Napoli per sostituire la Superiora del tempo, molto ammalata, anche lei proveniente da Tarquinia. Qui sono stata al servizio della Comunità come Superiora per dieci anni. Già da alcuni anni avevamo ospitato nel nostro Monastero diverse suore provenienti dall’Indonesia. Abbiamo così eletto la nuova Superiora, Madre Giuliana, che ringrazio per la considerazione, le sue attenzioni e per la bella collaborazione che si è creata tra noi. Rimango tanto grata a Dio per tutti questi anni vissuti nella Comunità, osservando in tutto l’ideale del nostro Fondatore. Invoco il Suo aiuto, con il sacrificio e la preghiera, per noi e per tutta l’Umanità bisognosa di Lui. Per questi 60 anni di consacrazione elevo il mio ringraziamento al Signore per la vocazione tra le contemplative, così alla Vergine Addolorata e San Paolo della Croce, Padre e Fondatore. Ringrazio la Chiesa nostra madre che ha accolto la mia vocazione, tutti i miei cari, soprattutto quelli che sono già in Cielo, la mia famiglia Passionista, grata per tanto affetto e tanto bene ricevuto, anche per gli ammonimenti, che mi hanno aiutato a crescere nelle virtù e nell’amore a Dio e al prossimo”.
Un grazie speciale esprime al Cardinale Sepe “per tutte le attenzioni che ha sempre mostrato verso il Monastero delle Passioniste di Napoli”.
Airola (BN). Die septimo della morte del già Comandante Pompeo Rungi (mio fratello)
MESE DI MAGGIO 2022
MESE DI MAGGIO 2022
CON MARIA NELLE ZONE DI GUERRA
A CURA DI PADRE ANTONIO RUNGI
Primo giorno: Maria Madre di Dio
La solennità di Maria SS. Madre di Dio è la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale. Maria è vera Madre di Cristo, che è vero Figlio di Dio. E’ da questa eccelsa ed esclusiva prerogativa che derivano alla Vergine tutti i titoli di onore che le attribuiamo. “Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù e, abbracciando con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente” (Lumen Gentium, 56).
Papa Francesco: La Vergine Maria, testimone silenziosa della morte e della risurrezione del figlio Gesù, ci aiuti a credere fortemente a questo mistero di salvezza: accolto con fede, può cambiare la vita. È questo l’augurio pasquale che rinnovo a tutti voi. Lo affido a Lei, nostra Madre, che ora invochiamo con la preghiera del Regina Coeli.
Tutti: Preghiera
Signore della vita e della pace, in comunione con Maria, la Madre di Gesù ti supplichiamo: parla ai cuori dei responsabili delle sorti dei popoli, ferma l’assurdità di ogni guerra e suggerisci, con il tuo Spirito, soluzioni nuove e spazi di dialogo tra le nazioni e le alleanze in conflitto tra di loro. Concedi al nostro tempo giorni di pace. Amen. (Giovanni Paolo II)
Salve Regina
Fioretto: Oggi reciteremo il Santo Rosario per la pace in Ucraina
Canto
Fermate la guerra. Appello del teologo Rungi a tutte le donne del mondo.
GAETA. Appello del teologo passionista a tutte le donne del mondo per fermare la guerra.