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Il salvadanaio coniugale della solidarietà

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SCAURI (LT). IL SALVADANAIO CONIUGALE DELLA SOLIDARIETA’. PARTE DALLA PARROCCHIA SANT’ALBINA L’INIZIATIVA ESTIVA PER AIUTARE I POVERI 

di Antonio Rungi 

Parte dalla Parrocchia Sant’Albina in Scauri (Lt), nell’Arcidiocesi di Gaeta, per iniziativa del parroco, don Simone Di Vito, “Il Salvadanaio coniugale della solidarietà” per aiutare i poveri del territorio e le missioni.  Tutto parte qualche anno fa, durante la celebrazione della santa messa dei giorni 7-8 agosto del 2008, quando una suora missionaria in Tanzania parlò della vita di stenti di tale e popolazione e del bisogno impellente di aiutarla, mancando del necessario.  Tra le tante persone presenti c’erano diverse coppie e cristiani intenzionati a fare qualcosa di concreto. E così i primi a muoversi in tale direzione furono due sposi, che decisero di mettere da parte per scopi missionari 50 centesimi al giorno, per tutto l’anno. Quella coppia riuscì a mettere da parte circa 200 euro in un salvadanaio che fu destinato alla solidarietà. Sostenuti dall’incoraggiamento di Don Simone Di Vito, l’iniziativa si è estesa e va ampliandosi, caratterizzandosi come un sistema di aiuto umanitario che nel piccolo può dare sostanziali contribuiti alla causa della solidarietà internazionale. In questa estate 2014, l’iniziativa ha preso il volo, anche in seguito alla testimonianza di una coppia che qui riportiamo integralmente, per essere di stimolo ed esempio a tutti gli altri: “ Caro don Simone,  Io, Antonio, e mia moglie, Carolina, grazie a Voi, da qualche anno viviamo la nostra vita con  una piccola gioia in più. E c’è un motivo. Era il 7 o l’8 agosto del 2008 e alla celebrazione della Santa Messa delle 19 una suora, missionaria in un paesino della Tanzania se non ricordo male, testimoniò la vita di stenti della popolazione e dell’estremo bisogno del necessario per vivere. Poi ci fu il  Vostro commento e quello lo ricordiamo bene, perché ci indusse a riflettere. Vi soffermaste sul concetto di delega che caratterizza l’esistenza di  molti di noi cristiani, anche la mia e di Carolina, tanto indolenti  da chiedere a Nostro Signore di provvedere a dare cibo a chi ha fame. E infatti, da bravi cristiani, ogni giorno, a pranzo e a cena, anche noi ringraziavamo Lui e, ricordandoci  di chi vive in povertà,  recitavamo la nostra preghiera: “Signore, Ti ringraziamo per questo cibo. Fa’ che in ogni parte del mondo per tutti i tuoi figli ci sia sempre qualcosa da mangiare. Amen.”E stavamo, in tal modo a posto con la nostra coscienza. Molto comodo, veramente molto comodo. Però da quel giorno qualcosa in noi è cambiato e Ve ne siamo grati, e così abbiamo cambiato anche la nostra preghiera quotidiana.

E da allora, prima di pranzo e cena, Carolina ed io preghiamo insieme dicendo: “Signore, Ti ringraziamo per questo cibo. Facciamo che  in ogni parte del mondo per tutti i tuoi figli ci sia sempre qualcosa da mangiare. Amen.” E, prima della preghiera, mettiamo da parte, ogni giorno, un moneta da 50 centesimi. Non è assolutamente un sacrificio. Anzi, è questa  la  piccola gioia che ci accompagna da qualche anno. Sono pochi gli Euro che raccogliamo in 365 giorni. Li consegniamo a Voi, come ogni anno, certi che saranno bene utilizzati. Il Signore Vi accompagni sempre. Carolina e Antonio Conzo. Scauri, 28 luglio 2014. Ed arrivano i ringraziamenti della suora, attraverso don Simone: “Gentilissimi signori Conzo grazie per l’offerta di 180 Euro mandata attraverso don Simone.  Il suo ricordo ci commuove! Vi ringraziamo a nome di tutte le suore della missione e specialmente a nome dei bimbi dell’asilo di Mkiwa che con il vostro dono riceveranno ogni giorno un pasto caldo a base di polenta e fagioli. Promettiamo di pregare per le vostre necessità. Che il Signore mandi sulla vostra famiglia abbondanza di  benedizioni!

Suor Incoronata”.

 

 

 

Passionisti. 38 anni di sacerdozio di padre Antonio Rungi, missionario passionista

150120132141.jpgantonio1.jpgPadre Antonio Rungi, passionista, domenica 6 ottobre 2013 celebra il 38° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta a Napoli il 6 ottobre 1975 per la preghiera e l’imposizione delle mani di mons.Antonio Zama, nella Chiesa dei padri passionisti di Napoli, dedicata a Santa Maria ai Monti, ai Ponti Rossi. Una tappa importantissima per noto religioso passionista della Provincia dell’Addolorata, che ha guidato come superiore provinciale nel quadriennio 2003-2007. Padre Antonio Rungi, padre Antonio dell’Addolorata, religioso e sacerdote passionista  è nato ad Airola (BN) 62 anni fa. Entra tra i Passionisti, all’età di 13 anni, nella Scuola Apostolica di Calvi Risorta (CE) il 4 ottobre 1964. A settembre del 1966, dopo il ginnasio, fa il suo ingresso nel Noviziato passionista di Falvaterra (FR), dove svolge il suo anno di prova, prima della professione religiosa, emessa il 1 ottobre del 1967 nel Ritiro di San Sosio Martire in Falvaterra (Fr). Completati gli studi filosofici a Ceccano (Fr) nel Ritiro della Badia, viene trasferito a Napoli per seguire gli studi di Teologia, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez. San Tommaso d’Aquino-Capodimonte.

Il 21 novembre del 1974 emette la professione perpetua. Ultimato il quinquennio teologico consegue il Baccellierato in Teologia nel 1975. Il 23 luglio 1975 è ordinato Diacono nella Chiesa S. Maria ai Monti dei Padri Passionisti di Napoli. Il 6 ottobre 1975 nella medesima Chiesa dei Passionisti di Napoli viene ordinato sacerdote dall’allora vescovo ausiliare di Napoli, mons. Antonio Zama, poi diventato arcivescovo di Sorrento-Castellammare.

Negli anni accademici dal 19775/76 al 1977/78 prosegue gli studi per la Licenza specializzata in Teologia, che consegue, nel 1979, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale con una tesi in Teologia pastorale, indirizzo etico, sul “Verbum Crucis e rinnovamento pastorale” (relatore: prof. Settimio Cipriani, biblista).

I primi anni del suo ministero sacerdotale li svolge nella città di Napoli e nella vicina città di Casoria, come collaboratore del parroco di San Paolo Apostolo. Promuove una serie di iniziative culturali, ricreative e religiose e svolge un’intensa azione pastorale nelle famiglie, tra i giovani, con gli anziani e nella scuola. Memorabile è la sacra rappresentazione della Passione di Gesù nella settimana santa del 1977 nella Piazza di Casoria con circa 200 attori e 10.000 spettatori.

Nel settembre del 1978 è trasferito alla comunità passionista di Mondragone, con l’incarico di collaboratore del parroco. Inizia, così, la lunga ed ininterrotta presenza di Padre Antonio Rungi nella comunità di Mondragone, che durerà fino al 2003, quando fu eletto dal capitolo provinciale, tenuto a Formia (Lt), superiore provinciale della provincia religiosa dell’Addolorata (Basso Lazio e Campania). Mandato ultimato nell’aprile 2007. In questo periodo è stato assistente spirituale del Monastero delle Monache Passioniste di Napoli e Vice-presidente della Cism Campania.

Padre Rungi nel 1982 consegue anche la Laurea in Filosofia all’Università di Napoli, con una tesi in Filosofia della Storia, e, nel 1986, la Laurea in Lettere classiche presso l’Università di Cassino (FR), con una tesi in Storia della Scuola.

Docente di ruolo nelle scuole statali di varie discipline (Lettere, Filosofia, Pedagogia, Psicologia, Scienze umane e sociali), ha insegnato ininterrottamente dal 1978 a tutt’oggi 2013.

Impegno didattico anche nel campo religioso, con l’insegnamento della Teologia Morale  ed altre discipline teologiche ed umanistiche negli Istituti di Scienze religiose di Sessa Aurunca e Teano e nel Magistero di Capua.

Dal 1973 a tutt’oggi ha collaborato, in qualità di giornalista pubblicista, con diverse riviste e giornali, quali l’Osservatore Romano e Avvenire. Dal 1990 al 2011 è stato direttore responsabile della rivista Presenza Missionaria Passionista.

Tra i passionisti ha ricoperto alcuni uffici: vicario, direttore,, membro delle commissioni provinciali apostolato, delegato al Capitolo provinciale, delegato della Cipi, Superiore provinciale. 

Nella diocesi di Sessa Aurunca è stato chiamato a vari uffici e mansioni: membro del consiglio presbiterale, del consiglio pastorale diocesano, vice-segretario del Sinodo Diocesano, presidente della commissione comunicazioni sociali, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, incaricato diocesano della pastorale del tempo libero, turismo, sport e spettacolo.

Autore di oltre 13.000 articoli di prevalente contenuto religioso, molti sulla vita consacrata, pubblicati su giornali, riviste, siti e blog internet è autore anche di alcuni opuscoli (Chiesa locale e mass-media; Il Servo di Dio Padre Giuseppe Pesci, il Nuovo Rosario Meditato, la Via Crucis, ecc,), Il Rosario di Padre Pio da Pietrecina..

La sua maggiore attività l’ha svolta nel campo missionario: panegirici, tridui, settenari, novenari, collaborazione alle missioni popolari, conferenze, esercizi spirituali al popolo, ritiri spirituali alle Suore, settimane sante, prediche di circostanze, esercizi spirituali ai religiosi e alle religiose, Ritiri mensili al clero diocesano. Assistente spirituale e confessore ordinario e straordinario di vari istituti religiosi femminili. Negli anni 1978-2011 è stato cappellano delle Suore Stimmatine e di Gesù Redentore di Mondragone. Ha predicato gli esercizi spirituali a vari istituti religiosi, ha tenuto il ritiro mensile a tutte le religiose della Diocesi di Sessa Aurunca e dall’arcidiocesi di Gaeta. Continua questo suo specifico ministero nell’attuale comunità di residenza del Santuario della Civita in Itri (Lt).

Nel 2006 è’ stato eletto Vice-presidente della Cism-Campania.

Oggi continua la sua missione nella Chiesa e nella Congregazione dei Passionisti offrendo il suo pieno servizio per la diffusione della Parola della Croce e del Vangelo della Passione, sull’esempio del fondatore dei Passionisti, San Paolo della Croce, con la predicazione itinerante, l’amministrazione del sacramento della riconciliazione, con la direzione spirituale e la predicazione di corsi di esercizi spirituali alle Suore di vari istituti femminili.

Attualmente è confessore ordinario di vari istituti religiosi femminili della Campania e del Lazio. Predica ritiri spirituali mensili o periodici a vari istituti religiosi. Cura la formazione di Suore, di Laici e soprattutto dei giovani con l’insegnamento nella scuola statale.

Un sincero augurio da parte della comunità web a padre Antonio Rungi, anche per il suo impegno nella comunicazione sociale.

 

Casoria (Na). Consegnate le nuove costituzioni alle Suore

antonio7.jpgSono state presentate e consegnate, domenica 15 settembre 2013, nell’auditorium dell’Istituto Brando di Casoria, le nuove regole e costituzioni delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato, istituto religioso femminile fondato dalla Beata Maria Cristina Brando.

Alla cerimonia, officiata da padre Antonio Rungi, missionario passionista, erano presenti la Superiora Generale, Madre Carla Di Meo e il suo consiglio e circa 150 suore, provenienti da tutte le comunità presenti in Italia.

La cerimonia molto semplice, preghiera e riflessione di padre Rungi, è stata avvertita come un momento forte di rivitalizzazione della vita fraterna in comunità secondo il carisma della Beata Maria Cristina Brando, incentrato sull’adorazione eucaristica e sulla riparazione.

Le regole e costituzioni, dopo la revisione effettuata nel dicembre scorso, durante un capitolo generale straordinario, presieduto dalla Madre Generale, Suor Carla Di Meo sono state approvate il 22 febbraio 2013 dalla Santa Sede ed entrano e sono entrate in da domenica 15 settembre, festa della Madonna Addolorata, protettrice dell’Istituto e contemporaneamente alla consegna delle stesse a tutte le religiose.

Per la fausta e storica ricorrenza, sono state convocate a Casoria tutte le responsabili delle case religiose in Italia e una delegata (la più giovane) delle stesse comunità.

Alle superiore locali, la Madre Generale, Carla De Meo ha consegnato nelle mani di ciascuna religiosa presente all’incontro il nuovo testo delle costituzioni e dei regolamenti delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato, comunemente chiamate “Sacramentine”, dopo che sacerdote presidente della cerimonia religiosa ha benedetto i testi delle nuove norme che dovranno essere osservate diligentemente da tutte le religiose, di voti temporanei e perpetui, dell’Istituto Brando, presenti in Italia in varie parti, ma anche in Indonesia, Filippine, Sud-America e prossimamente in Africa nel Burkina Faso.

MONDRAGONE. TRIDUO DI SPIRITUALITA’ PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’

DSC05151.JPGIdealmente e spiritualmente vicini al Santo Padre, Papa Francesco, oggi le Suore di Gesù Redentore di Mondragone, iniziano una tre giorni di cenacolo di preghiera tra la struttura dell’istituto e la spiaggia. L’iniziativa delle Suore della Stella Maris è finalizzata ad incentivare la preghiera all’aperto e a contatto con la natura, ma soprattutto ad evangelizzare attraverso la preghiera durante il periodo estivo, coinvolgendo turisti, villeggianti ed ospiti della stessa struttura della Stella Maris, casa di ospitalità e di spiritualità.
Sono cinque le suore impegnate in questo ministero di evangelizzazione, con il supporto di altre religiose, di altri istituti femminili di vita consacrata e con l’aiuto dei fedeli laici che fanno già esperienza di scuole di preghiera presso parrocchie del territorio o movimenti ecclesiali. La tre giorni inizia questa sera, con l’adorazione eucaristica, alle ore 21.00 e si concluderà domenica, in coincidenza con la chiusura della settimana della Gioventù in corso a Rio De Janeiro in Brasile con Papa Francesco. Guiderà il cenacolo di preghiera e la riflessione sul tema della giornata mondiale della Gioventù, padre Antonio Rungi, missionario passionista, assistente spirituale della Stella Maris e predicatore di esercizi spirituali, che terrà la catechesi alle suore ed ai villeggianti.
Ma l’iniziativa di spiritualità estiva andrà avanti per tutto il mese di agosto, valorizzando le strutture allestite sulla spiaggia da parte delle suore, che sono cabine e gazebi. Si parte dalla Cappella dell’Istituto, che è pochi metri dal mare per l’adorazione eucaristica e poi si scende in spiaggia per la lectio divina, la catechesi ed infine la preghiera del santo Rosaria condiviso tra ospiti della struttura, i villeggianti e i vari fedeli che passeggiano sul lungomare di Mondragone e che sono attratti da questo modo di pregare insieme delle suore e villeggianti in riva al mare, nel raccoglimento della sera. L’appuntamento è, infatti, alle ore 21.00 sia per la tre giorni di spiritualità in spiaggia, dal 26 al 28 luglio, per pregare con Papa Francesco e sia per l’appuntamento settimanale che sarà assicurato al venerdì con la lectio, la catechesi e il rosario in spiaggia. “Un modo questo -afferma la responsabile della struttura – per avvicinare i fedeli alla preghiera e sentirsi chiesa in armonia e in sintonia spirituale anche durante un periodo come quello estivo che potrebbe essere distrattivo. Nella nostra struttura e nello spazio di spiaggia in concessione a noi, ci ritroviamo a pregare puntualmente ogni estate, ma quest’estate 2013 ha un doppio valore, anche perché su un’altra spiaggia molto distante da noi, a Copacabana a Rio De Janeiro, il Papa sta pregando con tutti i giovani del mondo perché la fede possa essere riscoperta e potenziata nella vita di tanti credenti. Noi vogliamo essere vicini al Papa con questi semplici gesti di comunione spirituale e di intenti”.

Calvi Risorta. Il raduno annuale degli ex-alunni dei passionisti

calvi123-600x250.jpgCalvi Risorta (Ce). Annuale raduno degli ex-alunni passionisti

 

di Antonio Rungi

 

Il 25 aprile 2013 si svolgerà come ogni anno il periodico incontro tra tutti gli ex-alunni che hanno frequentato la scuola apostolica dei padri passionisti, a Calvi Risorta, in provincia di Caserta, dall’inizio del secolo XX alla fine dello stesso secolo, quando fu chiusa definitivamente questa struttura di formazione dei futuri religiosi e sacerdoti per mancanza di vocazione. Si tratta del 23 raduno annuale, tanti quanti conta gli anni dell’associazione degli ex-allievi dei passionisti.

Nella scuola apostolica di Calvi Risorta, in quasi 100 anni di attività sono transitati migliaia di ragazzi e giovani, diversi dei quali sono approdati al sacerdozio o alla vita consacrata, oppure hanno lasciato per motivi personali ed ora vivono nella società con famiglia a carico, impegnati in tanti settori.

Tutti gli ex-alunni sono riuniti in un’associazione, riconosciuta, e che organizza vari momenti di preghiera e di incontri formativi, tra i quali eccelle quello del 25 aprile, quando quasi tutti gli ex-allievi dei passionisti raggiungono Calvi Risorta per una giornata di preghiera e di riflessione.

Quest’anno, nell’anno della fede, si è voluto dare maggiore risalto al dialogo interreligioso ed interculturale, per meglio rispondere in Italia e altrove alle varie richieste di formazione del laicato cattolico attraverso la parola della Croce, che è stato il motivo centrale della vita del fondatore dei Passionisti, che è San Paolo della Croce.

Il nutrito programma della giornata è stato predisposto dal presidente dell’associazione, professore Antonio Romano e dal consiglio direttivo e dall’assistente spirituale padre Ludovico Izzo.

Vari gli interventi previsti durante la mattinata, che si concluderà con la concelebrazione eucaristica, presieduta dal Consultore generale dei Passionisti, padre Giuseppe Adobati Carrara, ricordando un importante traguardo di vita sacerdotale, dei 60 anni di presbiterato, dei padri Renato Santilli e Carmine Flaminio, missionari passionisti di lungo corso. Sarà un momento per pregare il Signore perché mandi santi sacerdoti, religiosi e laici alla sua chiesa, in un tempo di crisi vocazionali in Occidente.

Tutta la manifestazione si svolge nel grande convento dei passionisti di Calvi Risorta, una volta seminario diocesano della Diocesi di Teano-Calvi, oggi guidata dal giovane vescovo, monsignor Arturo Aiello.

 

IL PROGRAMMA DETTAGLIATO DELLA GIORNATA

Ore 9,15 – Arrivi degli ex alunni passionisti e della BANDA MUSICALE dell’I. C. “Cales”.

Ore 9,45 – OMAGGIO DELL’ASEAP AI CADUTI IN GUERRA: partecipano le Associazioni, le Autorità militari, civili, scolastiche e religiose. Saluto del SINDACO prof. ANTONIO Caparco e riflessione del Rev. P. AMEDEO De Francesco, Superiore Passionista. Foto di gruppo. Rientro, in corteo, nel Cappellone della Scuola Apostolica.

Ore 10,45- Saluto e comunicazioni del Rev p. LUDOVICO Izzo, assistente spirituale Aseap.

Ore 11,00- CULTURE A CONFRONTO: il Rev. P. BERNARD MAYELE, passionista congolese, interagisce con gli alunni. Interventi degli studenti. Presenta e modera l’incontro il dirigente scolastico dott. ANDREA Izzo.

Ore 11,30 -INTERVALLO MUSICALE della Schola Cantorum “Cales”, diretta dal M° prof. Raffaele Di Iorio, che dirige anche i canti liturgici della Santa Messa Solenne.

Ore 11,45 -CONCORSO SCOLASTICO (significato, modalità e partecipazione): intervento della dott.ssa ASSUNTA ADRIANA ROVIELLO, dirigente scolastico dell’ I. C. “Cales”.

Ore 12,00 –VITA AL SEMINARIO: il M.Rev.do P. ENZO DEL BROCCO, Superiore Provinciale Passionista, premia i vincitori del concorso scolastico.

Ore 12,30-SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA: 60° di Sacerdozio dei PP. Renato Santillo e Carmine Flaminio, 40° di p. Amedeo De Francesco e 1° Anniversario di Matrimonio del socio Pasquale Belluccio . PRESIEDE E TIENE l’OMELIA il Rev.mo Padre GIUSEPPE ADOBATI CARRARA, Consultore Generale della Congregazione dei Passionisti. – Saluto ufficiale del prof. ANTONIO Romano, presidente Aseap. – Intervento conclusivo del Rev.mo P. Enzo Del Brocco, Superiore Provinciale. Pomeriggio libero per scambio di esperienze o per eventuali visite alla tomba di P. Bartolomeo e/o alla piccola Lourdes.

ITRI (LT). LA CELEBRAZIONE DELLA SETTIMANA SANTA DAI PASSIONISTI

SETTIMANASANTA2013.jpgPADRI PASSIONISTI

 CONVENTO DI ITRI-CITTA’ (LT)

 

FUNZIONI RELIGIOSE

DELLA SETTIMANA SANTA

ANNO 2013

 

DOMENICA DELLE PALME – 24 MARZO 2013

ORE 8.00: NEL PIAZZALE BENEDIZIONE DELLE PALME

PROCESSIONE E SANTA MESSA CON LETTURA DEL PASSIO

ORE 17.00: MESSA DELLA DOMENICA DELLE PALME

 

LUNEDI’ SANTO – 25 MARZO 2013

ORE 7,00 ROSARIO- ORE 7,30 MESSA FERIALE

 

MARTEDI’ SANTO  – 26 MARZO 2013

ORE 7,00 ROSARIO- ORE 7,30 MESSA FERIALE

 

MERCOLEDI’ SANTO – 27 MARZO 2013

ORE 7,00 ROSARIO- ORE 7,30 MESSA FERIALE

ORE 18,30: MESSA CRISMALE A GAETA CON IL VESCOVO

 

GIOVEDI’ SANTO – 28 MARZO 2013

ORE 9,00-12,00: CONFESSIONI

ORE 18.00: MESSA IN COENA DOMINI

ORE 20,00-24.00: ADORAZIONE EUCARISTICA

 

VENERDI’ SANTO – 29 MARZO 2013

ORE 9,00- 12,00: CONFESSIONI

ORE 17,00: COMMEMORAZIONE DELLA PASSIONE DI GESU’

 

SABATO SANTO – 30 MARZO 2013

ORE 9,00-12,00; 16,00-19,00: CONFESSIONI

ORE 20,00: VEGLIA PASQUALE

CELEBRAZIONE EUCARISTICA DELLA RISURREZIONE

 

DOMENICA DI PASQUA – 31 MARZO 2013

ORE 8.00: MESSA SOLENNE DI PASQUA

ORE 18.00: MESSA DI PASQUA

 

LUNEDI’ IN ALBIS – 1 APRILE 2013

ORE 7,00: SANTO ROSARIO- ORE 7,30: MESSA DELL’ANGELO

 

Pagani (Sa). Una storia da raccontare, ma anche un avvenire da costruire

Foto0931.jpgBeato_Tommaso_Maria_Fusco.jpgDomani 6 gennaio 2013, le Suore Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue celebrano il loro 140 anniversario dellla fondazione. Era, infatti, il 6 gennaio 1783, solennità dell’Epifania, 140 anni fa, quando profondamente colpito dalla disgrazia di un’orfana, vittima della strada, dopo attenta preparazione nella preghiera di discernimento, don Tommaso Maria fondò la Congregazione delle «Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue». L’Opera ebbe inizio nella Chiesa della Madonna del Carmine, in Pagani, alla presenza del Vescovo Raffaele Ammirante il quale, con la consegna dell’abito alle prime tre Suore, benedisse il primo Orfanotrofio per sette orfanelle povere del paese. Sulla nascente famiglia religiosa e sull’Orfanotrofio, dietro sua richiesta, non tardò a scendere anche la benedizione del Papa. Ora le Suore fondate dal Fusco sono presenti in varie parti d’Italia e all’estero, portando avanti l’opera iniziata dal fondatore, con particolare attenzione ai bambini e all’infanzia abbandonata o in difficoltà. La straordinaria figura di questo sacerdote diocesano, viene commemorata in questi giorni, con una specifica preparazione spirituale alla festa dell’Istituto che si ricorda il 6 gennaio. Le comunità religiose delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue di Pagani e delle altre località della regione Campania si ritrovate nelle sere dal 3 al 5 gennaio per la celebrazione dei vespri, della santa messa con riflessione e con altri momenti di incontri tra le suore e i fedeli laici, soprattutto giovani, che fanno riferimento ai cenacoli di preghiera istituiti a Pagani e negli altri Comuni del territorio. A predicare il triduo è stato padre Antonio Rungi, missionario passionista, teologo morale, che ha trattato delle tre virtù teologali (fede, carità e speranza) nella vita del Beato Tommaso Maria Fusco. Domani solennità dell’Epifania, in tutte le comunità religiose in Italia e all’estero si commemora solennemente questo avvenimento di portata storica per l’Istituto, soprattutto nella città natale del Beato Tommaso Maria Fusco,definito da tutti il “Don Bosco del Sud”, proprio mentre San Giovanni Bosco operava in campo pastorale al Nord.“Ricordare questo importante evento per la nostra Congregazione – afferma l’ex-madre Generale della Congregazione, Madre Ofelia, responsabile della Casa Madre delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue- non è solo una storia da raccontare, ma un presente da vivere e sentire profondamente nel nostro cuore e nel nostro apostolato della carità, come il nostro Fondatore, guardano al futuro con la speranza di un domani migliore per tutta la vita consacrata in Italia e nel mondo. La fede profonda del nostro Fondatore ci spinga a noi religiose, figlie sipirituali di una sacerdote pieno di amore verso Dio e verso i fratelli a vivere concretamente la carità, attingendo la forza ed il coraggio al Preziosissimo Sangue di Gesù, che è nostro maestro e guida nella vita interiore e nelle attività apostoliche. Messe di commenorazione di questo storico evento in tutte le parrocchie e i luoghi dove le religiose sono presenti ed impegnate, particolarmente a Pagani, con quattro comunità religiose in varie parti della città e con finaità diversificate.

Meditazione sul Natale 2012, anno della fede

Foto0888.jpgLa luce che emana Gesù Bambino

di padre Antonio Rungi

E’ Natale anche quest’anno  2012, anno della fede, anno di straordinaria grazia e benedizione dal cielo. Ringraziamo il Signore che ci dona la possibilità e la gioia di celebrarlo in questo anno 2012 che volge al termine, che ci ha riservato tanta gioia, ma anche tante prove. Natale si sa ti prende tutto e prende tutti, nonostante che sembra andare in pensione un modo di celebrare e vivere il Natale come qualche anno fa. Il fascino e la tenerezza di questa festa rimangono intatti anche per gli uomini supertecnologici del terzo millennio dell’era cristiana. La grotta di Betlemme o la casa di Nazareth con il Bambino Gesù non possono essere clonati e raddoppiati, né riprodotti in forma virtuale.

Natale è e rimane unico come festa e come contenuti ed è a questi contenuti religiosi che ci rifacciamo per celebrare anche quest’anno degnamente il Natale del Redentore dell’umanità.

E non c’è modo più bello per celebrarlo che riportarsi davanti al Bambino Gesù e dialogare con lui.

Egli ha dato tutto per noi, Egli si aspetta qualcosa da noi.

Il Natale non è solo ricevere è soprattutto dare, e dare una cosa più importante rispetto a tutto il resto: dare amore e darlo nel modo più pieno ed autentico possibile, senza calcolare pesi e misure, ma facendo spaziare i nostri pensieri, sentimenti ed azioni nel grande mare della bontà e generosità. Come ai tempi del profeta Isaia che guarda alla venuta del Messia come tempo di luce, pace e gioia, così ai nostri giorni vorremo che il Natale, ovunque si celebri, possa portare tanta luce, tanta gioia, tanta serenità nella vita delle persone. Ci sono tanti problemi, da quelli spirituali, religiosi, umani ed economici, che riportano alla nostra attenzione, in questi giorni di festa, il dramma di tante persone e di interi popoli.

Questa umanità deve riscoprire la grande luce che viene da Cristo, unico salvatore del mondo. Se non si riappropria del messaggio che viene da Betlemme difficilmente questa umanità ritroverà le ragioni della speranza e della pace.

Si sa che dove c’è Dio, davvero c’è tanta pace e serenità. Dove Egli manca del tutto o è stato accantonato per rincorrere idoli di varia natura c’è solo tristezza, malinconia e assenza di prospettiva.

Oggi dobbiamo rallegrarci tutti nel Signore perché è nato nel mondo il Salvatore.

Oggi la vera pace è scesa a noi dal cielo. E’ questa la verità delle verità, la notizia delle notizie, la novità delle novità che a distanza di 2012 anni ha tutta la sua validità, autenticità e verità.

Di questa grande verità di fede ci parla l’Apostolo Paolo in questa giornata di vera festa per tutti i cristiani.

La sua parola assume più rilevanza perché stiamo celebrando l’anno della fede.

Il programma di vita e risurrezione che reca con se il Natale del Signore sta tutto fissato in questi pochi, ma densi versi di etica personale e sociale. Disattendere ad un simile impegno significa non celebrare degnamente il Natale di quest’anno.

Bisogna ripartire dalla moralità personale per auspicare e attendere la moralità di tutti gli altri. E siamo in un tempo che di moralità in senso stretto solo pochi possono parlarne con cognizione di causa e corrispondenza di vita. 

Nel racconto della nascita di Gesù così come viene presentata dall’evangelista Luca troviamo il modo più immediato e concreto per rispondere alla chiamata del Signore che viene della Grotta di Betlemme. Questo modo è l’atteggiamento di quanti vanno alla grotta del Signore a partire dai pastori lì presenti a vegliare il loro gregge, fino a giungere ai tre sapienti dell’Oriente, i Re Magi, di cui si farà memoria liturgica nella solennità dell’Epifania. Vi consiglio per un vostro personale approfondimento l’attenta lettura dell’ulltimo libro di Papa Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, un capolavoro di esegesi, spiritualità, pastoralità ed ecclesialità. 

Dopo essere arrivati al Natale 2012 e aver ascoltato nuovamente il canto degli angeli che riconoscono a Dio la Gloria e la pace agli uomini della terra purché essi vivono in sintonia con questo piccolo, grande Dio che nasce a Betlemme nel grembo purissimo di Maria Santissima.  

L’atteggiamento migliore è non aver paura di incontrare il Signore nella confessione dei nostri peccati, nell’ascoltare e mettere in pratica la parola di Dio e nella partecipazione all’Eucaristia.  

Bisogna rimuovere tutti gli ostacoli di natura individuale e comunitaria affinché Cristo entri davvero nella storia di ognuno di noi, come dentro nella vita della sua e nostra dolcissima madre Maria Santissima.  

Non possiamo assolutamente sbarrare la porta al Signore che viene, mettendo gli ostacoli della nostra presunzione, del nostro egoismo, dell’indifferenza, dell’assenza di un barlume di fede. Quella luce che brillò nella notte di Betlemme deve rifulgere con la stessa intensità nella grotta aperta del nostro cuore e della nostra intelligenza. In questo anno della fede ripartiamo da Gesù bambino per camminare nella luce della fede autentica. 

L’effetto immediato di questa luce accecante e potente sono bene espressi ed indicati dal profeta Isaia che anche oggi, solennità del Natale, ci sostiene spiritualmente con la parola che sgorga dal cuore di un vero uomo di Dio.  

La luce di Cristo moltiplica la gioia ed aumenta la letizia, vengono interrotti i vari pesi che opprimono l’uomo, subentra la pace tra le nazioni e tutto acquista un nuovo senso e si dirige verso un nuovo orizzonte, quello di Cristo unico salvatore. Gesù è, infatti, il consigliere mirabile, è il Dio potente, è il Padre per sempre, è il Principe della pace. Il suo potere e la pace non avranno fine. Nel mistero del Verbo incarnato, infatti, è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del fulgore di Cristo, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili. 

In quel natale di 2012 anni fa non eravamo fisicamente presenti all’evento, ma da quell’evento, unico e irripetibile della storia della salvezza siamo nati noi, nuove creature redente dal Salvatore, nato nella piccola e gelida grotta. Non resti freddo il nostro cuore davanti a simile grande mistero della salvezza, ma ognuno viva questo Natale con la consapevolezza che Dio è con noi sempre e non ci abbandona mai, soprattutto nell’ora della prova e del dolore.  

Buon Natale a tutti nella gioia di questo Gesù che tanta tenerezza ci dona ogni anno in questa santa ed attesa festa dell’amore, della speranza, del perdono e della riconciliazione.  

Sia il Natale davvero il Natale della festa della fede, una festa a cui tutti avvertiamo il bisogno di partecipare e dare il nostro contributo per la sua positiva riuscita in ogni luogo e situazione.

Frattamaggiore. Ritiro spirituale alle Suore Ancelle del Sacro Cuore

 

SUORE ANCELLE DEL SACRO CUORE DI CATERINA VOLPICELLI

 

RITIRO MENSILE – FRATAMAGGIO 20 DICEMBRE 2012

Padre Antonio Rungi, passionista

 “FEDE PURIFICATA E SEMPLICE. 

NOI PURIFICATI DALLA FEDE 

 

Preghiera per far crescere e purificare la fede (Papa, Paolo VI) 

 

Signore, io credo; io voglio credere in Te.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia libera: cioè abbia il concorso personale della mia adesione, accetti le rinunce e i doveri ch’essa comporta e che esprima l’apice decisivo della personalità: credo in Te, o Signore. 

O Signore, fa’ che la mia fede sia certa; certa d’una esteriore congruenza di prove e di un’interiore testimonianza dello Spirito Santo, certa d’una sua luce rassicurante, d’una sua conclusione pacificante, d’una sua assimilazione riposante.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia forte, non tema la contrarietà dei problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce, non tema le avver­sità di chi la discute, la impugna, la rifiuta, la nega; ma si rinsaldi, nell’ultima prova della prova della tua verità, resista alla fatica della critica, si corrobori nella affermazione continua sormontante le difficoltà dialettiche e spirituali, in cui si svolge la nostra temporale esistenza.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito, e lo abiliti all’orazione con Dio e alla conversazione con gli uomini, così che irradi nel colloquio sacro e profano l’interiore beatitudine del suo fortunato possesso.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia operosa e dia alla carità le ragioni della sua espansione morale, così che sia vera amicizia con Te e sia di Te nelle opere, nelle sofferenze, nell’attesa della rivelazione finale, una continua ricerca, una continua testimo­nianza, un alimento continuo di speranza.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia umile e non pre­suma fondarsi sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità alla Tradizione e all’autorità del magistero della Santa Chiesa.  

Amen.

DALLA PORTA FIDEI N.6 

L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17). 

Papa Benedetto nella lettera di indizione dell’Anno della Fede “Porta fidei” ha indicato la finalità: “Ravvivare, purificare, confermare e testimoniare la fede”. La data dell’11 ottobre 2012 pur facendo quindi memoria di due passaggi importanti della storia della Chiesa (Concilio vaticano II, Catechismo della Chiesa cattolica) non è allora solo l’inizio di un anno celebrativo di eventi importanti, ma può rappresentare piuttosto l’occasione affinché le comunità cristiane possano attivare un cammino con lo scopo appunto di “rinnovare” la propria fede. Raccogliendo l’esortazione del Papa, e le indicazioni date dai nostri Vescovi è utile orientare tutto il cammino di formazione cristiano verso un vero approfondimento del dono della fede, mediante una riflessione sulla fede, ma che abbia anche come finalità l’avvio o la ripresa di un percorso che possa dare continuità e sostegno alla fede delle persone, dei gruppi parrocchiali, e sia testimonianza significativa verso la gente dei nostri territori. 

Il nostro incontro di oggi rientra proprio in questo. Ci sono le Ancelle, le Piccole Ancelle e le Aggregate alla spiritualità e al Carisma di Santa Caterina Volpicelli e ai devoti del Sacro Cuore. 

1.                L’esame della propria esperienza di fede. 

Chiediamo allo Spirito Santo anche la grazia di non restar male di noi stessi, perché troveremo sicuramente la nostra fede povera, forse segnata da momenti di prova e oscurità.  “Un giorno i discepoli chiesero a Gesù: “Aumenta la nostra fede”. Spesso faccio mia questa invocazione perché mi ricorda che la mia fede è sempre piccola. E’ una preghiera che mi spoglia di ogni presunzione nei confronti delle mie sorelle e fratelli e delle loro fatiche a credere.

Solo se facciamo questo esercizio spirituale possiamo raccontare onestamente la nostra esperienza di fede ad altre persone che spesso si sono allontanate dalla fede a causa delle sofferenze della vita o perché si sono lasciate andare all’indifferenza. Esse percepiscono subito se parliamo sinceramente della nostra esperienza o se diciamo frasi fatte, imparate ma che, sotto sotto, convincono poco anche noi, se parliamo a loro della fede dando per scontato che noi la possediamo tranquillamente. 

Questa è una tentazione che ho voluto mettere in evidenza nella Lettera: “In questo contesto mi sembra doveroso anche mettere in guardia dalla subdola tentazione di “dare per scontata” la propria fede. Questa tentazione può insinuarsi specialmente in quanti di noi hanno, dentro la Chiesa, una responsabilità riconosciuta di educare alla fede (il Vescovo, in primis, i sacerdoti, i genitori e gli altri educatori cristiani). 

Il ruolo e l’abitudine può portare a dare per scontato di credere con la mente e col cuore in ciò che facciamo per gli altri (la predicazione, le celebrazioni liturgiche, le preghiere pubbliche, il catechismo) e annunciamo agli altri (Dio, Gesù, la Grazia, il perdono dei peccati, la vita eterna..). 

Chi cade in questa tentazione, generalmente, è portato a puntare il dito sugli altri e poco su se stesso. Vede la pagliuzza nell’occhio del fratello, ma non accetta di riconoscere che nel suo c’è una trave” (n.11) 

Si è appena concluso il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione nel quale è stato continuamente ripetuto che solo credenti veri, possibilmente santi, diffondono efficacemente la fede in Gesù Cristo. Il sale insipido non interessa a nessuno e viene lasciato da parte. 

Umilmente dobbiamo confessare, io per primo, che un po’ siamo “sale insipido” e, per questo, dobbiamo continuamente chiedere allo Spirito Santo che purifichi e aumenti la nostra fede in Gesù. 

2.LE PROVE CHE PURIFICANO LA FEDE 

Per aiutarci a fare l’esame della nostra esperienza di fede, propongo di meditare lo stesso brano del Vangelo della tempesta sedata. Questo miracolo è un momento in cui Gesù mette alla prova la fede dei suoi discepoli perché diventasse più sincera. Con ogni suo discepolo il Signore segue la stessa pedagogia facendoci passare per momenti di prova della fede come dice S. Pietro: “perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo” (1 Pt 1,6-7). 

Chiediamoci per quali tempeste e prove Gesù mi ha fatto passare e mi sta facendo passare per mettere alla prova la mia fede in lui? Come ho vissuto o sto vivendo questi tempi di prova? Come è stata purificata la mia fede? 

1) Il tempo dell’entusiasmo nel nostro rapporto con Gesù 

Il miracolo della tempesta sedata segue l’altro straordinario miracolo della moltiplicazione dei pani; questo miracolo aveva creato un clima di straordinario entusiasmo attorno a Gesù, che aveva dato prova della sua potenza sfamando con 5 pani oltre diecimila persone. S. Giovanni racconta che la gente voleva acclamarlo re (Gv 6,14-15). In quell’entusiasmo erano certamente coinvolti gli apostoli perché toccavano con mano il successo di Gesù tra la gente e la sua potenza divina. Erano pronti a credere e a dichiarare che lui era il Messia inviato da Dio per il suo popolo. Sentivano verso Gesù una fede forte, sicura, piena di gioia. 

Anche a noi Gesù ha riservato i tempi dell’entusiasmo nel nostro rapporto con lui; momenti in cui ci ha toccato nel profondo di noi stessi, facendoci sentire una gioia profonda; momenti in cui lo abbiamo sentito vicino. Oppure, come gli apostoli, abbiamo vissuto tempi in cui seguire Gesù sembrava un successo, in cui la Chiesa sembrava forte e punto di riferimento per tutti, le comunità religiose ricche di vocazioni,; le suore e i religiosi importanti e rispettati nelle parrocchie e in mezzo alla gente. Vorremmo sempre vivere sostenuti dall’entusiasmo, in mezzo a persone che come noi sono interessate di Gesù e della Chiesa. Questa, però, è una fede facile perché si appoggia sulle emozioni interiori e sul consenso esterno. 

2) Il tempo della prova 

Gesù non si fa travolgere dall’entusiasmo della gente e degli apostoli e , come al solito, va controcorrente. Licenzia la gente perché sa che il loro entusiasmo è senza radici e che si sarebbe trasformato in grida di rifiuto al momento della sua passione. 

Invita gli apostoli a salire su una barca e ad attraversare il lago senza di lui. Apparentemente li abbandona anche se di fatto sale da solo sul monte e lì prega per loro che stanno entrando in una prova della fede nella quale li ha messi lui stesso. 

Sul lago si alza di notte una bufera di potenza invincibile per le forze umane. Gli apostoli sono travolti dall’angoscia e dalla disperazione perché si sentono in balia di una tempesta da cui non riescono ad uscire, la loro destinazione ormai non è più la riva sicura dove continuare la loro vita ma il fondo scuro del lago. E Gesù non c’era più; li aveva lasciati andare da soli dentro la tempesta. 

Certamente anche noi abbiamo passato tempi di prova, e, magari, li stiamo passando, bufere dalle quali ci sembrava di non poter più uscirne. Abbiamo conosciuti stati d’animo di paura, angoscia, disorientamento e abbiamo sentito indebolirsi la speranza di venirne fuori. 

Questi tempi di prova possono essere di vario genere. Faccio solo qualche esempio per aiutarci a ricordarne qualcuno: 

· periodi di malattia fisica nostra o di persone che ci sono molto care; 

· tempi di stanchezza fisica e nervosa quando le giornate si trascinano con fatica e ci si trova stravolti da stati d’animo e da pensieri pesanti e che angosciano; 

· delusioni e rifiuti da parte delle persone (più ancora dai superiori) che generano sensi di amara solitudine perché non ci si sente capiti, ascoltati, presi in considerazione seriamente; 

· difficoltà dentro la comunità che creano quotidiane sofferenze senza possibilità di evadere perché lì ci ha posto l’obbedienza; 

· il calo veloce e inarrestabile di vocazioni con le comunità che invecchiano e si riducono sempre di più; che invece di aprire nuove prospettive devono chiuderle; 

· le difficoltà che sta attraversando la Chiesa e la sua azione pastorale; sembra che la sua presenza e azione interessi sempre meno alla gente che vive in modo quasi pagano. 

3) La fede nel tempo della prova 

Gesù ha abbandonato momentaneamente gli apostoli dentro una bufera più potente delle loro forze, per purificare la loro fede. Pietro, in particolare, vive la prova della fede a nome anche degli altri apostoli. 

Nei loro passi di purificazione della fede credo che molti di noi possono ritrovare la loro esperienza. 

· La prima sensazione che hanno avuto gli apostoli è di essere lasciati soli dentro la prova. Gesù potente del miracolo della moltiplicazione dei pani non c’era più. Nel momento della lotta dentro le prove della vita, lui sembra lontano; si resta soli. Di fatto lui è sul monte a pregare per i suoi anche se non arriva quando loro lo vorrebbero. 

· Gesù arriva in modo inaspettato, camminando sulle onde in tempesta. Gli apostoli lo vedono ed aumenta solo la loro angoscia. Gridano: “E’ un fantasma”. 

Nella prova anche a noi Gesù può sembrare diventare un’illusione, un fantasma di cui non ci si può fidare. Ho incontrato spesso persone che avevano vissuto momenti di fede e di preghiera molto intensi e dentro prove prolungate sono state prese dal dubbio che tutto fosse stato un’illusione. Sembrava loro che contro il male in cui si trovavano Gesù non poteva far niente e la preghiera era inutile. 

· Gesù parla invitando alla fiducia in lui. La sua parola ricrea il rapporto tra Gesù e gli apostoli nella prova. Riconoscono la sua voce, si rendono conto che è proprio lui anche se è ancora lontano da loro e non possono aggrapparsi a lui per uscire dalla bufera. 

Nella prova la Parola di Gesù diventa un punto di riferimento per ritrovare la fede. Se continuiamo a meditarla senza stancarsi, sentiamo che è una Parola che penetra in noi, che ha qualcosa di familiare. Anche i due discepoli di Emmaus, mentre si sentivano abbandonati da Gesù e non lo riconoscevano, si sentono toccare il cuore dalla sua Parola. 

· Pietro, quando ha riconosciuto Gesù, lo mette alla prova e gli chiede di poter essere capace di fare come lui: camminare sulle acque. Lancia come una sfida al Signore e gli chiede di sentirsi sicuro nella bufera come lo è lui; di non aver più paura delle onde e del vento ma di sentirsi più forte della bufera; di poter passeggiare sul mare. 

Anche noi vorremmo uscire dai momenti di prova con le nostre forze, sentendoci più forti delle difficoltà che ci fanno vacillare, eliminandole con le nostre energie. 

· Ma l’acqua del lago inghiotte Pietro al quale resta il tempo per un’ultima, semplicissima preghiera: “Signore, salvami”. Non gli resta altro che allungare la mano verso Gesù e gridare la sua preghiera. E quando lui non può più fare niente si sente inaspettatamente afferrato dalla mano forte del Signore che lo tiene stretto vicino a sé e lo rimprovera: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” 

Pietro si trova salvato – e con lui gli altri undici- perché è tenuto stretto dalla mano di Gesù. La sua speranza e salvezza è stare aggrappato a lui e allora può anche superare il lago in tempesta senza venir inghiottito dal suo fondo di morte. 

Questa è la fede purificata. Non cerca sicurezze umane, ma resta aggrappato a Gesù perché lui è più potente di ogni bufera, anche quella finale e mortale che ci travolgerà. Resta aggrappato anche quando gli sembra di andare a fondo e di non farcela; quando non vede speranza attorno a sé. Non molla la sua mano perché Gesù è risorto dai morti e per questo, come dice S. Paolo: “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né potestà, né presente né avvenire, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. (Rom 8,38-39). 

Se restiamo uniti a Gesù anche dentro la prova prolungata – mediante la preghiera, la meditazione della Parola di dio, la comunione con lui nell’Eucaristia, la fede confessione dei nostri peccati – egli ci fa scoprire anche in questa vita una nuova pace e serenità. Lo fa però, con i suoi tempi e ci porta in una pace nuova che prima non conoscevamo. E’ la gioia della fede purificata. 

1.                Un percorso di riflessione 

La riflessione sulla fede è ritmata sui tempi dell’anno liturgico (siamo alla vigilia del Santo Natale e in pieno Avvento) dove la proclamazione della Parola di Dio ci conduce ad entrare nel mistero dell’Incarnazione con il Natale, a ripercorrere le tappe della vita pubblica di Gesù che ha parlato alla gente e ne ha condiviso le fatiche della vita fino al dono supremo di se stesso nella Pasqua e nell’effusione dello Spirito. Si tratta allora di far risuonare questa Parola nella nostra vita, con alcuni momenti di riflessione che cerchino di dare risposta alle tante domande che come credenti ci poniamo e che, a motivo della stessa umanità che ci accomuna, ci uniscono anche ai non credenti.  

Le domande dell’uomo 

Nel cuore e nella mente di ciascuno di noi c’è una diffusa attesa di qualcosa o di Qualcuno cui si possa affidare il proprio desiderio di felicità e di futuro, e che sia in grado di dischiuderci un senso, tale da rendere la nostra vita buona e degna di essere vissuta. Tanti sono gli interrogativi, le esperienze di gioia e di fragilità, riconoscibili nella vita di ognuno. Si tratta delle domande che riguardano la nostra esistenza, il nostro destino e il senso di ciò che siamo e facciamo, oltre che di tutto ciò che ci circonda. Sono interrogativi che, per essere veramente affrontati, richiedono il coraggio della ricerca della verità e la libertà del cuore e della mente. 

La speranza che è in noi. 

Chi ha fatto l’esperienza della fede, riconosce che questo Qualcuno capace di comprendere, accogliere e rispondere alle attese dell’uomo ha un nome e un volto: è il Dio che in Gesù Cristo si fa vicino a ogni essere umano. Il rapporto con Dio dà senso alla nostra vita nel mondo. Le riflessioni proposte troveranno allora fondamento nei Vangeli dove poter cogliere che nella persona e nella vicenda di Gesù Cristo il Dio lontano e invisibile si fa vicino a ogni essere umano, in un insperato e gratuito gesto d’amore. 

Così come è avvenuto 2012 anni fa per le donne e gli uomini nei villaggi della Galilea o a Gerusalemme, possiamo ancora oggi pensare seriamente che Gesù possa percorrere i sentieri della nostra vita quotidiana e stabilire un rapporto vitale con noi.  

Contemplando il volto di Gesù e ascoltando le sue parole scopriamo chi siamo, intravediamo qual è la fonte ultima della nostra esistenza e verso quale meta tende il nostro cammino quotidiano. 

Come incontrare il Dio di Gesù Cristo? 

Come avviene per ogni esperienza veramente bella e positiva, sentiamo il bisogno di comunicarla agli altri in nome della fratellanza umana, perché la possibilità di incontrare Dio per mezzo di Gesù Cristo sia una speranza per tutti. Qui le riflessioni ci porteranno dentro la vita della comunità dove potrà emergere il volto della Chiesa che sostiene e incoraggia il cammino di tutti. È lei che ci ha trasmesso la buona notizia di Gesù il Signore, e ci aiuta a interpretare le inquietudini che attraversano il nostro cuore. Proprio dal vissuto dei nostri fratelli e sorelle nella fede dentro la comunità affiora la risposta: la preghiera, la parola di Dio, i sacramenti, il servizio, l’attesa della casa futura, sono le esperienze concrete in cui è possibile incontrare il Dio di Gesù Cristo. (Cfr. Lettera ai cercatori di Dio – Cei 12 aprile 2009). 

L’ascolto di testimonianze 

Accanto a dei momenti di riflessione potrebbe essere utile ascoltare qualche testimonianza che ci aiuti poi a continuare concretamente il cammino della nostra fede. Il nostro credere infatti non è un esercizio intellettuale e neppure semplicemente spirituale, ma trova la sua espressione nella vita di tutti i giorni, nelle relazioni quotidiane, nell’impegno a condividere con gli altri uomini la gioia e la fatica del vivere. La fede ci è donata dal Signore e dopo aver trovato casa nella nostra vita, esige di essere testimoniata per essere data in dono agli altri. E si può testimoniare la fede anche senza compiere opere sensazionali. Ecco allora che porsi in ascolto di alcuni testimoni della fede può aiutare le nostre comunità ad esprimere in maniera più incisiva la loro presenza nel luogo dove vivono. Queste testimonianze devono essere esperienze vicine a noi, possibili da parte di molti, realizzabili dalla gente comune, vie percorribili nella quotidianità. Potrebbe essere importante ascoltare una testimonianza da parte di chi ha riscoperto la propria fede mediante il servizio e la vicinanza a chi è nel bisogno. Molto spesso attraverso l’attenzione al povero il Signore sostiene la fede di chi offre aiuto ed accende la fede nel cuore di chi riceve aiuto. Anche la testimonianza di chi sta vivendo la propria fede negli ambienti di vita come il mondo del lavoro, le istituzioni pubbliche, il servizio sociale può essere raccolta per aiutarci ad allargare lo sguardo dalle nostre parrocchie ai luoghi dove la gente vive e dare in quei contesti una parola di speranza, ma anche un indirizzo per costruire una società migliore. Un altro stimolo che potrebbe essere utile alle nostre comunità potrebbe arrivare da parte di chi vive in maniera più intensa la relazione tra famiglie (comunità di famiglie), per aiutarci a camminare verso una parrocchia dove attuare per quanto possibile, il passaggio dal gruppo all’esperienza di comunità al fine di attuare una condivisione più intensa non solo dei beni spirituali, ma anche dei progetti di vita e magari qualcosa dei nostri beni materiali. Lo scopo delle testimonianze non è l’istruzione, ma il racconto di quanto il Signore ha operato nella vita delle persone secondo la prassi del Vangelo che indica, nella narrazione di eventi personali, la via della trasmissione della fede. E’ significativo quanto riportato nel Vangelo di Giovanni: la Samaritana lasciò la brocca presso il pozzo, andò in città e disse alla gente di aver incontrato un uomo che conosceva quello che aveva fatto. E molti Samaritani di quella città credettero in Gesù per la testimonianza della donna. Dalle riflessioni e dalle testimonianze le parrocchie potrebbero trovare allora un valido spunto per individuare quelle linee pastorali che a partire dall’Anno della fede possano dare continuità nel cammino di “ravvivare, purificare, confermare e testimoniare la fede”. 

Per raggiungere le finalità indicate dal Papa occorre iniziare un cammino di riflessione che dia continuità e sostegno alle persone e ai gruppi e sia di significativo esempio agli altri.

 

CATERINA VOLPICELLI 

“Non perdiamo mai di vista che siamo state chiamate a seguire da vicino Gesù, che ha dichiarato soave il suo giogo e leggero il suo peso”. 

Caterina Volpicelli è una figura singolare di apostolicità d’avanguardia nel suo originale porgersi a servizio della Chiesa e della società, nell’individuazione dei segni dei tempi e nel creativo relazionarsi ad essi. Fattasi volontariamente povera, da ricca che era, divenne madre e maestra di tantissime anime, in un periodo storico in cui gli avvenimenti politici diedero un assetto nuovo al Regno di Napoli e alla Penisola: i moti del 1848, l’annessione al nuovo Regno d’Italia e la fine del potere temporale dei Papi. Napoli, improvvisamente declassata da capitale ad estrema periferia di un nucleo di interessi non più mediterraneo, ma centro europeo, viveva enormi conflitti da un punto di vista sociale e culturale. La fascia di povertà si era dilatata e il clima dominante, massonico e anticlericale cercava di colpire definitivamente la tradizione cattolica in cui il popolo era radicato. Caterina Volpicelli, nata a Port’Alba in Napoli il 21 gennaio 1839 da una famiglia dell’alta borghesia, trascorse un’infanzia felice, ricevendo dai genitori esempi di onestà e generosità; “Siamo figli di santi” scriverà al fratello, in età matura. L’educazione familiare trovò il suo completamento nel collegio di San Marcellino, Reale Educandato “Maria Isabella di Borbone”, dove dimorò da sette a dodici anni, guidata dall’eccellentemaestra Margherita Salatino (che sarà poi confondatrice, insieme al Beato Ludovico da Casoria, delle Suore Francescane Elisabettine Bigie). Ivi apprese le lettere classiche, le lingue straniere, la musica, formazione che proseguì in casa, successivamente, alla scuola di insigni precettori, fra i quali il famoso Rodinò. Nel 1849 Pio IX, esule a Gaeta, visitò quell’educandato, accolto dall’omaggio festoso delle alunne: un inno, composto per la circostanza, fu suonato su tre pianoforti da ragazze, a diciotto mani; una di quelle piccole pianiste era Caterina. Il Papa commosso, impartì loro una benedizione “di innocenza e santità ”. Verrà un giorno in cui la Volpicelli offrirà alla Chiesa e al Papa le armonie apostoliche della sua Famiglia Religiosa, ma prima dovrà superare la crisi dell’adolescenza. Benessere, ingegno, cultura, bellezza: tutto le faceva presagire un avvenire brillante nella società, tuttavia il Signore aveva altri progetti su di lei. Il francescano Ludovico da Casoria le disse: “ Il mondo ti attira, ma Dio la vince. Un giorno chiuderai i libri degli uomini e leggerai nel libro del Cuore di Cristo, dove ogni pagina parla di Amore”. Caterina ebbe ancora dubbi e tentennamenti, cadute e riprese, finché sentì un invito misterioso alla sequela di Cristo. Trascorse sette mesi fra le Sacramentine, Monache Adoratrici perpetue in Napoli, ma per motivi di salute fu costretta a tornare in famiglia. L’esperienza claustrale l’aveva maturata profondamente, inducendola ad un esame attento del mondo che la circondava. L’unità d’Italia, per Napoli, non significò solo la fine di un’epoca, ma anche la soppressione di conventi. Casa paterna della Fondatrice In casa divenne l’affettuosa confortatrice del padre, gravemente ammalato, maestra di catechismo delle persone di servizio. Si recava frequentemente all’Ospedale degli “Incurabili” in Napoli, portando sollievo agli infermi e preparandoli ai Sacramenti. Visitava i “bassi” della città, privi di aria e di luce, abitati dall’umile gente del popolo; il suo arrivo era come un raggio di sole e una ventata d’aria pura. Dava i suoi beni ai poveri con una generosità tale che ha dell’eroico. Più volte, come testimoniò la sua cameriera, si privò anche degli abiti e delle scarpe dopo aver vuotato il suo borsellino. Si orientò sempre più verso una vita di piena consacrazione a Dio e di attività apostolica, circondandosi di valide collaboratrici che condividevano i suoi ideali. “Pescatrice di anime nel mondo” la definì P. Ludovico da Casoria. Ella voleva una congregazione eterogenea nella sua composizione: un ramo di Religiose di vita comune con la professione dei voti di povertà, obbedienza e castità, senza alcuna divisa, le Ancelle del S. Cuore; un ramo di anime consacrate, nubili, viventi nelle loro abitazioni, le Piccole Ancelle, con la possibilità di diventare Sorelle esterne dopo dieci anni; le Aggregate, spose e madri, per la santificazione della famiglia e l’evangelizzazione capillare. L’idea era nuova, e sembrò rivoluzionaria, profeticamente anticipatrice degli Istituti secolari, che troveranno il loro riconoscimento nel Concilio Vaticano II. Il Cardinale Sisto Riario Sforza, arcivescovo di Napoli, approvò le prime Regole del nascente Istituto poiché era convinto che Caterina fosse un’anima ispirata da Dio, suscitata in tempi difficili per la Chiesa e la società, in seno alle quali ateismo e massoneria costituivano una forte opposizione. Il Papa Leone XIII espresse la sua ammirazione per l’opera della Volpicelli: “è quello che ci vuole per i nostri tempi” e il 13 giugno 1890 le accordò il Decreto di Lode. Molto colta, Caterina organizzò una biblioteca circolante e corsi di cultura per combattere l’ignoranza e il dilagante anticlericalismo. “Andiamo alle famiglie, attraverso l’intelletto”, diceva e ancora “salvare la famiglia è salvare la società”; incominciò, infatti, a interessarsi delle famiglie dei vicoli della città, senza tralasciare l’evangelizzazione di quelle della media e alta borghesia per favorire il risorgere della Chiesa. Istituì l’orfanotrofio delle Margherite e fondò l’associazione delle Figlie di Maria, la cui responsabile a Napoli fu la venerabile Maria Rosa Carafa, Sorella esterna delle Ancelle, grande sua Consigliera e collaboratrice. Iniziò così il ministero di fondatrice di Caterina Volpicelli, senza strutture e opere particolari per “ricostruire il volto di Cristo nei fratelli”. Le Ancelle del S. Cuore si dedicarono a catechizzare fanciulli e adulti, a visitare gli infermi, a soccorrere i meno abbienti con il “prestito gratuito” per sottrarli alle grinfie degli usurai, a confezionare gli arredi delle chiese povere, mentre diffondevano l’amore al Cuore di Cristo, in modo particolare, con l’Apostolato della Preghiera, introdotto in Italia dalla Francia grazie alla Volpicelli, guidata dal gesuita P. Ramiére, come mezzo di santificazione del quotidiano, a vantaggio dell’intera umanità e, in particolare, del corpo mistico della Chiesa. Quando, nel 1884, a Napoli infierì il colera, mietendo migliaia di vittime, le Ancelle offrirono con entusiasmo la loro opera sia con l’assistenza spirituale sia organizzando le cucine gratuite per i poveri. Era l’anno in cui fu consacrato dal Cardinale Guglielmo Sanfelice il Santuario diocesano del S. Cuore alla Salute in Napoli, attiguo alla Casa Madre, fortemente voluto e fatto edificare dalla Volpicelli soprattutto per l’adorazione riparatrice e la consacrazione delle famiglie al Sacro Cuore. In esso fece la sua Prima Comunione San Giuseppe Moscati. Nel 1887 sbarcarono a Napoli i feriti, superstiti del massacro dei cinquecento a Dogali, “Portiamo Gesù ai nostri soldati”, disse la Volpicelli e andò con le sue Religiose a confortarli e prepararli ai Sacramenti. Fu vivace protagonista del Congresso Eucaristico nazionale, tenutosi a Napoli dal 19 al 22 novembre 1891, con l’impegno di organizzare l’Adorazione in Cattedrale, la preparazione della Confessione e Comunione Generale e una ricca mostra di arredi sacri da donare alle chiese povere. Nel 1893, per il ripetersi di sommosse popolari, fu notevole la presenza dei militari nella cittadina partenopea. Le Ancelle accorsero nelle caserme, trattenendosi con loro, assetati della Parola di Dio. Si realizza in tal modo quanto la Fondatrice auspicava per le sue figlie: “il fine della nostra vocazione è amare Dio per Dio …..non si può essere vere Ancelle senza spirito di sacrificio”. Il 28 dicembre 1894 Caterina Volpicelli morì in fama di santità, fu dichiarata Venerabile il 25 marzo 1945 da Papa Pio XII, beatificata il 29 aprile 2001 e canonizzata il 26 aprile 2009 da Benedetto XVI. 

L’originalità carismatica fondazionale “incarnare Cristo amore” nelle tre dimensioni di “sacrificio, immolazione e riparazione” è stata portata dalle sue Figlie in diverse città italiane e all’estero.

 

L’Udienza di Papa Benedetto XVI- Mercoledì 10 ottobre 2012

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BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 10 ottobre 2012

 

 

Cari fratelli e sorelle,

siamo alla vigilia del giorno in cui celebreremo i cinquant’anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e l’inizio dell’Anno della fede. Con questa Catechesi vorrei iniziare a riflettere – con qualche breve pensiero – sul grande evento di Chiesa che è stato il Concilio, evento di cui sono stato testimone diretto. Esso, per così dire, ci appare come un grande affresco, dipinto nella sua grande molteplicità e varietà di elementi, sotto la guida dello Spirito Santo. E come di fronte a un grande quadro, di quel momento di grazia continuiamo anche oggi a coglierne la straordinaria ricchezza, a riscoprirne particolari passaggi, frammenti, tasselli.

Il Beato Giovanni Paolo II, alle soglie del terzo millennio, scrisse: «Sento più che mai il dovere di additare il Concilio come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 57). Penso che questa immagine sia eloquente. I documenti del Concilio Vaticano II, a cui bisogna ritornare, liberandoli da una massa di pubblicazioni che spesso invece di farli conoscere li hanno nascosti, sono, anche per il nostro tempo, una bussola che permette alla nave della Chiesa di procedere in mare aperto, in mezzo a tempeste o ad onde calme e tranquille, per navigare sicura ed arrivare alla meta.

Io ricordo bene quel periodo: ero un giovane professore di teologia fondamentale all’Università di Bonn, e fu l’Arcivescovo di Colonia, il Cardinale Frings, per me un punto di riferimento umano e sacerdotale, che mi portò con sé a Roma come suo consulente teologo; poi fui anche nominato perito conciliare. Per me è stata un’esperienza unica: dopo tutto il fervore e l’entusiasmo della preparazione, ho potuto vedere una Chiesa viva – quasi tremila Padri conciliari da tutte le parti del mondo riuniti sotto la guida del Successore dell’Apostolo Pietro – che si mette alla scuola dello Spirito Santo, il vero motore del Concilio. Rare volte nella storia si è potuto, come allora, quasi «toccare» concretamente l’universalità della Chiesa in un momento della grande realizzazione della sua missione di portare il Vangelo in ogni tempo e fino ai confini della terra. In questi giorni, se rivedrete le immagini dell’apertura di questa grande Assise, attraverso la televisione o gli altri mezzi di comunicazione, potrete percepire anche voi la gioia, la speranza e l’incoraggiamento che ha dato a tutti noi il prendere parte a questo evento di luce, che si irradia fino ad oggi.

Nella storia della Chiesa, come penso sappiate, vari Concili hanno preceduto il Vaticano II. Di solito queste grandi Assemblee ecclesiali sono state convocate per definire elementi fondamentali della fede, soprattutto correggendo errori che la mettevano in pericolo. Pensiamo al Concilio di Nicea nel 325, per contrastare l’eresia ariana e ribadire con chiarezza la divinità di Gesù Figlio Unigenito di Dio Padre; o a quello di Efeso, del 431, che definì Maria come Madre di Dio; a quello di Calcedonia, del 451, che affermò l’unica persona di Cristo in due nature, la natura divina e quella umana. Per venire più vicino a noi, dobbiamo nominare il Concilio di Trento, nel XVI secolo, che ha chiarito punti essenziali della dottrina cattolica di fronte alla Riforma protestante; oppure il Vaticano I, che iniziò a riflettere su varie tematiche, ma ebbe il tempo di produrre solo due documenti, uno sulla conoscenza di Dio, la rivelazione, la fede e i rapporti con la ragione e l’altro sul primato del Papa e sull’infallibilità, perché fu interrotto per l’occupazione di Roma nel settembre del 1870.

Se guardiamo al Concilio Ecumenico Vaticano II, vediamo che in quel momento del cammino della Chiesa non c’erano particolari errori di fede da correggere o condannare, né vi erano specifiche questioni di dottrina o di disciplina da chiarire. Si può capire allora la sorpresa del piccolo gruppo di Cardinali presenti nella sala capitolare del monastero benedettino a San Paolo Fuori le Mura, quando, il 25 gennaio 1959, il Beato Giovanni XXIII annunciò il Sinodo diocesano per Roma e il Concilio per la Chiesa Universale. La prima questione che si pose nella preparazione di questo grande evento fu proprio come cominciarlo, quale compito preciso attribuirgli. Il Beato Giovanni XXIII, nel discorso di apertura, l’11 ottobre di cinquant’anni fa, diede un’indicazione generale: la fede doveva parlare in un modo «rinnovato», più incisivo – perché il mondo stava rapidamente cambiando – mantenendo però intatti i suoi contenuti perenni, senza cedimenti o compromessi. Il Papa desiderava che la Chiesa riflettesse sulla sua fede, sulle verità che la guidano. Ma da questa seria, approfondita riflessione sulla fede, doveva essere delineato in modo nuovo il rapporto tra la Chiesa e l’età moderna, tra il Cristianesimo e certi elementi essenziali del pensiero moderno, non per conformarsi ad esso, ma per presentare a questo nostro mondo, che tende ad allontanarsi da Dio, l’esigenza del Vangelo in tutta la sua grandezza e in tutta la sua purezza (cfr Discorso alla Curia Romana per gli auguri natalizi, 22 dicembre 2005). Lo indica molto bene il Servo di Dio Paolo VI nell’omelia alla fine dell’ultima sessione del Concilio – il 7 dicembre 1965 – con parole straordinariamente attuali, quando afferma che, per valutare bene questo evento: «deve essere visto nel tempo in cui si è verificato. Infatti – dice il Papa – è avvenuto in un tempo in cui, come tutti riconoscono, gli uomini sono intenti al regno della terra piuttosto che al regno dei cieli; un tempo, aggiungiamo, in cui la dimenticanza di Dio si fa abituale, quasi la suggerisse il progresso scientifico; un tempo in cui l’atto fondamentale della persona umana, resa più cosciente di sé e della propria libertà, tende a rivendicare la propria autonomia assoluta, affrancandosi da ogni legge trascendente; un tempo in cui il “laicismo” è ritenuto la conseguenza legittima del pensiero moderno e la norma più saggia per l’ordinamento temporale della società… In questo tempo si è celebrato il nostro Concilio a lode di Dio, nel nome di Cristo, ispiratore lo Spirito Santo». Così Paolo VI. E concludeva indicando nella questione di Dio il punto centrale del Concilio, quel Dio, che «esiste realmente, vive, è una persona, è provvido, è infinitamente buono; anzi, non solo buono in sé, ma buono immensamente altresì per noi, è nostro Creatore, nostra verità, nostra felicità, a tal punto che l’uomo, quando si sforza di fissare la mente ed il cuore in Dio nella contemplazione, compie l’atto più alto e più pieno del suo animo, l’atto che ancor oggi può e deve essere il culmine degli innumerevoli campi dell’attività umana, dal quale essi ricevono la loro dignità» (AAS 58 [1966], 52-53).

Noi vediamo come il tempo in cui viviamo continui ad essere segnato da una dimenticanza e sordità nei confronti di Dio. Penso, allora, che dobbiamo imparare la lezione più semplice e più fondamentale del Concilio e cioè che il Cristianesimo nella sua essenza consiste nella fede in Dio, che è Amore trinitario, e nell’incontro, personale e comunitario, con Cristo che orienta e guida la vita: tutto il resto ne consegue. La cosa importante oggi, proprio come era nel desiderio dei Padri conciliari, è che si veda – di nuovo, con chiarezza – che Dio è presente, ci riguarda, ci risponde. E che, invece, quando manca la fede in Dio, crolla ciò che è essenziale, perché l’uomo perde la sua dignità profonda e ciò che rende grande la sua umanità, contro ogni riduzionismo. Il Concilio ci ricorda che la Chiesa, in tutte le sue componenti, ha il compito, il mandato di trasmettere la parola dell’amore di Dio che salva, perché sia ascoltata e accolta quella chiamata divina che contiene in sé la nostra beatitudine eterna.

Guardando in questa luce alla ricchezza contenuta nei documenti del Vaticano II, vorrei solo nominare le quattro Costituzioni, quasi i quattro punti cardinali della bussola capace di orientarci. La Costituzione sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium ci indica come nella Chiesa all’inizio c’è l’adorazione, c’è Dio, c’è la centralità del mistero della presenza di Cristo. E la Chiesa, corpo di Cristo e popolo pellegrinante nel tempo, ha come compito fondamentale quello di glorificare Dio, come esprime la Costituzione dogmatica Lumen gentium. Il terzo documento che vorrei citare è la Costituzione sulla divina Rivelazione Dei Verbum: la Parola vivente di Dio convoca la Chiesa e la vivifica lungo tutto il suo cammino nella storia. E il modo in cui la Chiesa porta al mondo intero la luce che ha ricevuto da Dio perché sia glorificato, è il tema di fondo della Costituzione pastorale Gaudium et spes.

Il Concilio Vaticano II è per noi un forte appello a riscoprire ogni giorno la bellezza della nostra fede, a conoscerla in modo profondo per un più intenso rapporto con il Signore, a vivere fino in fondo la nostra vocazione cristiana. La Vergine Maria, Madre di Cristo e di tutta la Chiesa, ci aiuti a realizzare e a portare a compimento quanto i Padri conciliari, animati dallo Spirito Santo, custodivano nel cuore: il desiderio che tutti possano conoscere il Vangelo e incontrare il Signore Gesù come via, verità e vita. Grazie.