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Il mio ricordo di una mamma speciale

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Per la festa della mamma 2012

Nel Silenzio della notte

Nel silenzio della notte
un’amorevole mano mi accarezza il volto
e mi trasmette tutto il suo amore.
Sei tu mamma, che anche nel cuore delle notti
della nostra vita, vigili sul cammino di tuo figlio
e dei tuoi figli.

Non dormi perché il tuo vigilare
sia di sostegno ai tuoi cari.
da quando piccolini, nel cuore della notte,
eri costretta a svegliarti dai nostri pianti
di bambini appena nati,
a quando ormai grandi
attendevi il nostro ritorno a casa
o un segnale al telefono
per comunicarti che eravamo arrivati.

Mai neppure per un attimo
non hai allontanato il tuo sguardo su di noi.
Mai, neppure per un attimo, hai smesso
di amare il frutto del tuo grembo
generato alla vita del tempo,
per un grande amore per l’Eterno.

Grazie, mamma, anche se oggi non sei più con me,
ma voli negli immensi spazi celesti,
accanto ad una Madre, più grande di te,
ma con lo stesso cuore di mamma,
sofferente, vigilante ed aperta alla speranza.

Lì, dove sono certo, che tu godi della visione di Dio
pensa ancora oggi ai tuoi figli,
immersi in un mondo molto difficile,
in cui i figli ammazzano le madri,
ma anche, cosa più terribile, le madri sopprimono la vita
prima, durante e dopo il partorire.

Madre dell’avvenire, madre della nostra felicità
proteggi dal cielo, insieme alla Vergine Maria,
questa umanità senza più Dio
e senza più vero amore alla vita.

Padre Antonio Rungi, passionista

Proposta. Uno chiesabus per le parrocchie disagiate geograficamente

chiesabus.jpgAlcune riflessioni e proposte pastorali di padre Antonio Rungi, religioso passionista, per venire incontro alle esigenze dei fedeli e pubblicamente esposte durante la celebrazione eucaristica e il commento alla parola di Dio di questi giorni di Pasqua.

Per favorire la partecipare alla messa domenicale bisogna organizzare il trasporto parrocchiale. La limitata partecipazione alla messa domenicale  richiede una diversa organizzazione parrocchiale, interparrocchiale o cittadina, pensando a quanti, soprattutto anziani e senza mezzi di trasporto proprio e che abitano lontano fisicamente dalla chiesa vogliono partecipare alla messa e non possono fare, perché non hanno chi li accompagni e li vada a riprendere. Una sorta  Chiesa-bus, sul modello dei Scuola-bus comunali o dei Scuola-bus privati, in questo caso gestito dalle parrocchie o da più parrocchie che svolgano, durante la domenica, il servizio di navetta per portare i fedeli in chiesa. E ciò anche in considerazione della crisi economica e del costo della benzina e del gasolio. Un servizio di trasporto con uno o più pullmini che assicurino il trasferimento di quei fedeli impossibilitati a muoversi autonomamente, su indagine e richiesta preventiva. Un servizio gratis per i fedeli, pagato dalla comunità parrocchiale o con un piccolo contributo dei passeggeri. Oggi sempre più si ha difficoltà a trovare qualcuno, soprattutto gli anziani, anche all’interno della famiglia che sia attento a queste legittime esigenze di persone di una certa età, con vari problemi di salute, che vogliono andare in chiesa e partecipare alla messa e fare la comunione e non possono farlo, solo ed esclusivamente per questa ragione. Molte parrocchie italiane sono in luoghi disagiati, in quanto si trovano distribuite su un territorio vasto ed articolato, a livello cittadino, collinare o montuoso, che richiedono collegamenti specifici per favorire la partecipazione alla messa ed altre funzioni religiose. Se questo viene assicurato in determinate feste, ricorrenze e circostanze, dovrebbe essere fatto ogni domenica e per tutte le feste comandate. I bilanci delle casse parrocchiali, gli uffici affari economici delle parrocchie, in quei luoghi dove questo servizio viene considerato indispensabile potranno preventivare nel loro bilancio questo tipo di assistenza pastorale, inizialmente ad experimentum e successivamente, se dovesse decollare ed avere effetti benefeci e significativi sulla maggiore e miglior qualità di partecipazione alla messa, potrebbe essere una delle iniziative da sostenere nel tempo. Certo se la spesa non devesse valere l’impresa, nel senso che se non si dovessero vedessero risultati migliori e più consistenti a livello di partecipazione alla messa domenicale, tutto rientrerebbe nella normalità. Ma sono convinto che soprattutto per le persone anziane, che hanno problemi di lontananza geografica dalla chiesa, questo servizio sarebbe apprezzato e soprattutto utilizzato. Portare in chiesa soprattutto nelle domeniche e feste importanti, 50  o 100 persone in più, anche attraverso questi servizi e queste forme di assistenza parrocchiale e pastorale, farebbe crescere quel rapporto tra centro e periferia delle parrocchie, tra i responsabili della parrocchia e i fedeli lontani solo geograficamente dalla chiesa. Molte delle persone che non possono andare in chiesa per questi motivi, seguono per televisione i programmi religiosi e la santa messa e solo nelle grandi circostanze vi partecipano realmente in quanto trovano un’anima buona che li accompagna, perché pure tra i familiari è difficile oggi trovare una persona che venga incontro a queste ed altre necessità spirituali. La nuova evangelizzazione passa anche attraverso una diversa e migliore organizzazione della parrocchia e dei servizi pastorali sul territorio. Il servizio della Chiesa-bus potrebbe essere un aiuto in più per favorire la partecipazione alle attività liturgiche, formative e pastorali della parrocchia di appartenenza  o di frequenza”.

Padre Antonio Rungi

Riflessione. Gli sportivi si curino meglio e si preoccupino di più della loro salute. Spesso hanno famiglia e figli!

Morosini1.jpgIl caso Morosini solleva anche questioni di ordine morale. La cura della salute, viene prima di ogni attività sportiva professionistica, fosse pure quella certificata come ai massimi livelli diagnostici e di prevenzione. Bisogna prestare maggiore attenzione alla salute e non solo fisica degli atlenti, evitando di sottoporli a sforzi continuativi, se non a livello fisico, a livello psicologico e neurologico. Oggi il calcio, come tanti altri sport stressa gli atleti, in quanto le prestazioni ad alto livello e il buon rendimento in campo, compensa anche il rendimento fuori campo. Per cui lo sforzo di riuscire sempre meglio, spesso si paga con il compromettere la salute complessiva. La competizione eccessiva, il contesto culturale, sociale ed economico in cui si muove il cacio e gli altri sport non aiutano a far stare sereni né i calcatori e né i tifosi. Ridimensionare il fenomeno e l’affare calcio penso che sia dovere di tutti. Troppo esaltazione e troppa rivalità, ma anche troppi interessi che ruotano intorno al mondo del calcio. Di fronte alla morte di un giovane giocatore, bisogna non solo sospendere il campionato per una partita, che non necessariamente si deve recuperare (un turno lo si può anche annullare), ma si tratta di ripensare tutto il settore non solo alla luce delle conoscenze e del progresso medico, ma anche dell’etica in generale e della deontologia professionale. A tale riguardo  bisogna valutare attentamente da un punto di vista di etica cristiana, personale e sociale fino a che punto il calcio portato a questi livelli rispetti davvero la persona umana e nel caso specifico il “lavoratore” sportivo. E’ bene ricordare quanto è scritto nel Catechismo della Chiesa cattolica circa il quinto comandamento di “Non uccidere”, circa la cura della salute: “La vita e la salute fisica sono beni preziosi donati da Dio. Dobbiamo averne ragionevolmente cura, tenendo conto delle necessità altrui e del bene comune.La cura della salute dei cittadini richiede l’apporto della società perché si abbiano le condizioni d’esistenza che permettano di crescere e di raggiungere la maturità: cibo e indumenti, abitazione, assistenza sanitaria, insegnamento di base, lavoro, previdenza sociale. Se la morale richiama al rispetto della vita corporea, non ne fa tuttavia un valore assoluto. Essa si oppone ad una concezione neo-pagana, che tende a promuovere il culto del corpo, a sacrificargli tutto, a idolatrare la perfezione fisica e il successo sportivo. A motivo della scelta selettiva che tale concezione opera tra i forti e i deboli, essa può portare alla perversione dei rapporti umani. La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l’abuso dei cibi, dell’alcool, del tabacco e dei medicinali. Coloro che, in stato di ubriachezza o per uno smodato gusto della velocità, mettono in pericolo l’incolumità altrui e la propria sulle strade, in mare, o in volo, si rendono gravemente colpevoli. L’uso della droga causa gravissimi danni alla salute e alla vita umana. Esclusi i casi di prescrizioni strettamente terapeutiche, costituisce una colpa grave. La produzione clandestina di droghe e il loro traffico sono pratiche scandalose; costituiscono una cooperazione diretta, dal momento che spingono a pratiche gravemente contrarie alla legge morale”. Sono riferimenti e richiami morali molto precisi, soprattutto in ordine al successo sportivo, che richiede la virtù della temperanza da parte di chi sono i responsabili dei club e ai giocatori. Bisogna evitare eccessi di ogni genere, così pure nell’uso dei medicinali, degli stimolatori, dei vari integratori che si usano per recuperare le energie dopo prolungati sforzi e stress da attività sportiva. Tutto deve contribuire al bene della persona e lo sport deve essere occasione di sano divertimento  e non di frustrazioni di ogni genere. Le cause della morte di Morosini che saranno gli esperti a stabilirle scientificamente, mediante l’esame autoptico, qualsiasi risultaro darà (davvero secondario rispetto alla morte di un giovane atleta) deve fare riflettere seriamente tutto il settore dello sport. Anche se una sola morte in campo ogni 40 anni è un dato statistico irrilevante, come sembra sia capitato in Italia, rimane una sconfitta, perché, al di là dell’evento imprevedibile come un aneurisma cerebrale, rimane il fatto che la salute fisica, psichica e spirituale dei calciatori va controllata non ogni sei mesi o ogni anno, ma tutte le volte che iniziano gli allenamenti e soprattutto le gare, quelle che si presentano con più cariche motivazionali ed emotive. I controlli devono essere sistematici in ragione anche al tipo di vita ed anche alla storia della salute dello sportivo e dei suoi familiari. I fattori ereditari ed a rischio in determinate famiglie non possono non essere considerati quando si sottopone un atleta a sforzi continui, tra ritiri, allenamenti, partite di due tre alla settimana, spostamenti in pullman o in aero, ritorno a casa e i tanti pensieri che occupano la mente dei calciori e sportivi. A ciò si aggiunga la pressione dei media e tutto ciò che viene valutato dallo stesso giocatore utile o dannoso per se e il quadro di preoccupazione e tensione si può innalzare facilmente. Poi lo stress in campo, gli sconti corporali volontari ed involontari durante le partite, certo tutte queste cose non aiutano lo sportivo a stare in salute, al contrario gli mettono ansia e producono stanchezza e stress. Il calcio come lo sport in genere a livello professionistico non è più un sano divertimento e un relax,  ma un lavoro a tutti gli effetti che se si fa sotto stress e pressione può generare sofferenze e malattie di ogni genere e qualche volta anche la morte in campo o fuori campo, questo poco importa. La vita umana anche se una sola vale più di miliardi e miliari di soldi e successi che circolano intorno allo sport e anche oltre lo sport”.

Nave Concordia. No a telenovela, sì a soluzione del problema

nave3.jpgE’ proprio così. Ogni cosa che succede in Italia e nel mondo viene spettacolarizzato al punto tale che i fatti più drammatici diventano una telenovela con puntate e programmi su tutte le televisioni. Anche per la nave Concordia, della Costa Crociere, arenata all’Isola del Giglio che ha prodotto tanto dolore e sofferenza, è successo così. Da circa una settimana non si parla di altro e tutto converge su questa notizia. Tra cronaca nera, gialla, adesso emerge anche la cronaca rosa e il gossip. Di fronte all’immane tragedia di  11 morti, di oltre 20 dispersi, di una catastrofe ambientale annunciata, penso che sia più importante fare silenzio per ricostruire nella serietà il dramma che si è consumato in quella notte davanti all’Isola del Giglio su una nave da crociera che portava a bordo circa 5000 persone. A mano a mano stanno venendo fuori testimonianze di ogni genere, eroi di qualsiasi provenienza, ma sta di fatto che non è ancora chiaro tutta la dinamica dell’incidente. Ci vorrà del tempo e non penso che le trasmissioni televisive possono accelerare per giungere quanto prima alla verità. Forse ostacolano la stessa verità, perchè si frappongono tante idee e informazioni, tanti sospetti e giudizi che solo l’autorità giudiziaria è chiamata a verificare nella loro veridicità, ai fini di un processo civile e penale che pure dovrà trovare dei responsabili. Ecco noi ci auguriamo che d’ora in poi si faccia silenzio e chi deve parlare lo faccia nelle sedi competenti e comunicando ai magistrati tutto ciò che è utile ai fini dell’inchiesta e in un futuro del processo. Perché un processo ci sarà e ci auguriamo che non si cerca il caprio espiatorio di tutto un disastro, ma ognuno, mantenendo fede ai propri doveri ed uffici, si assuma la colpa o le colpe che ha per fare luce su una vicenda che sa dell’incredibile e dell’irreale. In questi giorni la liturgia della parola di Dio ci sta parlando di Davide e Golia, del piccolo uomo e del grande guerriero. Alla fine con un sasso ed una fionda Davide abbatte il possente Golia. Una roccia  visibile ad occhi nudi, ben nota ai naviganti e presente forse da millenni in questa zona dell’Isola del Giglio, davanti all’Argentario, è stata in grado di squarciare il ventre di un colosso come la nave da crociera Concordia. Questo sta a significare che le piccole cose possono abbattere le grandi.  Gli scogli dell’Isola del Giglio sono stati il sasso di Davide per bloccare il cammino di una delle navi da criciera più belle e rinomate al mondo, facendo parte della Famiglia Costa. Un nome di prestigio e un marchio di sicurezza ed affidabilità, una garanzia assoluta nel campo della marina civile, che dopo questo drammatico incidente certamente perderà molto sull’immagine e sulla sua sicurezza in mare. E non basta scaricare il proprio comandante e lasciarlo senza assistenza legale, costituendosi parte civile nel processo che si avvierà appena si concluderà l’inchiesta, per dire che non c’entra l’azienda, ma anche un’azienda così importante al mondo non si può lavare le mani e dire è colpa solo di chi comandava la nave in quel momento, dell’equipaggio a bordo e degli adetti ai lavori. In questa tragedia cognuno ha una sua parte di responsabilità che è bene ammettere. E di fronte all’ammissione delle proprie colpe resta solo una cosa da fare: essere più umili senza sfidare più di tanto non solo la scienza e la natura, ma l’intelligenza umana e se si vuole anche Dio stesso. L’uomo deve rientrare in se stesso e ammettere i propri limiti. Non può strafare in  nessun campo, perché prima o propria una reazione negativa arriverà. Noi non abbiamo da lodare degli eroi, né tantomeno attribuire degli encomi, ma semplicemente richiamare quelli che hanno sbagliato e riconoscore i meriti a chi ha operato con dovizia e generosità per salvare il salvabile e non fare di una tragedia una catastrofe di una porta immane. Certo 11 morti e oltre 20 dispersi sono già di per sé un’immane tragedia. Ma lì in quell’area marina dell’Isola del Giglio potevano morire in pochi minuti migliaia di persone se la nave fosse sprofondata in poco tempo. Forse anche in questa prova la mano di Dio è intervenuta per salvare la vita umana di tante persone, impegnando il cuore e le competenze di persone generose e coraggiose, che non sono, né devono essere visti come eroi, ma semplicemente uomini, veri uomini, perché del resto, chi non ha fatto il proprio dovere, è solo un quaqquaraqquà o uominicchio, come diceva qualcuno che sapeva benissimo distinguere le persone coraggiose da quelle pavide e vigliacche. Anche il Vangelo sa differenziare chi opera con perizia e per il bene, in quanto di sua competenza e dovere, da chi agisce rifuggendo il pericolo, o addirittura venendo meno ai propri doveri e ai ruoli: “Dovevamo fare quello che ci spetta fare. Siamo servi inuti e ogni cosa fatta per il bene degli altri non va ascritto al merito o all’eroicità della persona, ma alla persona umana e basta. Perché un vero uomo si mostra tale nel momento della prova, della sofferenza e del dolore,intervendo con cuore e generosità per salvare prima gli altri e poi se stesso.

La lista dei salvatori della nave Concordia nei prossimi giorni è destinata ad aumentare di numero, soprattutto se saranno premiati ufficialmente o messi ad esempio degli altri. E tutto questo è anche giusto da farsi. Ma ciò che è passato è passato, oggi avremo bisogno di altri eroi e uomini coraggiosi che sappiano risolvere in breve tempo una tragedia che rimane tale finquando la nave Concordia non sarà rimossa in massima sicurezza dal quel contesto e da quella situazione che produce angoscia e rabbia in Italia e nel Mondo, in quanto una simile tragedia si poteva evitare con la prudenza e la dovizia di tutti, compresi dei tanti passeggeri che erano a bordo e che davanti ai rischi di morire affogati nel mare hanno attuato la legge della sopravvivenza: mors tua, vita mea. Si salvi chi può. E chissà che i diversi morti e dispersi non siano il frutto di un atteggiamento come questo! O peggio di ordini sbagliati dati dai responsabili o collaboratori della nave.  Ecco perché è preferibile il silenzio e la preghiera, anche se chiediamo anche noi da queste pagine che si faccia chiarezza e soprattutto giustizia, in quanto i morti e dispersi hanno diritto di essere ripagati con il fare luce sul dramma che loro hanno vissuto e che continuano a vivere i loro congiunti, di cui nessuno parla, anche perché forse sono la maggior parte stranieri. Noi chiediamo silenzio, mentre la magistratura e le varie istituzioni facciano piena luce su tutto. Ma chiediamo pure che si portano a conclusione quanto prima le operazioni di recupero dei morti e dei dispersi e per la messa in sicurezza del Golia abbattuto e giacente nello stretto dell’Isola del Giglio. Gli scogli  del Giglio hanno abbattuto la potenza della nave da Crociera Concordia. Già il nome è tutto un progetto di vita. Che questo sia di insegnamento per il futuro sia in mare, che per terra e per cielo. I mezzi di trasporto sono una cosa seria e vanno guidati con prudenza, sapienza e competenza dagli addetti al mestiere, ma non da persone incompetenti o che si distraggono facilmente, causando pianti, drammi e sofferenze tra la gente.

Roma. No ai botti illegali di Capodanno!

botti capodanno,fuochi illegali,chiesa cattolica,rungi,appelli,capodanno,2012Come tutti gli anni si ripetono gli appelli da parte delle varie istituzioni, in particolare delle forze dell’ordine, a non usare i botti proibiti per festeggiare il passaggio al nuovo anno, come è usanza in ogni parte d’Italia e soprattutto al Sud. In questo fine anno 2011 scende in campo anche la chiesa con i vari appelli di vescovi, sacerdoti e religiosi che “contano sul senso di responsabilità di genitori, giovani e ragazzi” a non utilizzare fuochi artificiali proibiti per il Capodanno 2012. La crisi economica dovrebbe limitare di molto l’acquisto dei botti per festeggiare il passaggio al 2012, che si annuncia difficile sotto tanti punti di vista. Noi ci auguriamo che le persone che hanno riflettono non facciano acquisti di nessun genere sia per una questione economica e sia per una questione etica. Far brillare i fuochi pericolosi nella notte di San Silvestre è mettere a rischio la propria ed altrui vita. E questo va contro ogni legge morale, civile e penale, che nessun cittadino e persona dai sani principi morali non può non considerare. Se ci deve essere festa, la si faccia nella massima sicurezza per se stesi e per gli altri. Chi attenta alla propria ed altrui vita con ordini di ogni tipo viene meno alla legge di Dio e al quinto comandamento che afferma di Non uccidere e di preservare la vita.