sant’Antonio di Padova

Luzzano (Bn). Nel nome della fede i festeggiamenti in onore di Sant’Antonio

COMUNICATO STAMPA

Luzzano (Bn). Festeggiamenti in onore di Sant’Antonio di Padova per preparare l’anno della fede

E’ dedicata alla preparazione all’apertura dell’anno della fede il solenne novenario di predicazione in onore di Sant’Antonio di Padova, in svolgimento a Luzzano (Bn), nella Diocesi di Cerreto – Telese-Sant’Agata dei Goti. Come è tradizione la festa in onore del Santo Protettore di Luzzano è celebrata dal 15 al 25 agosto di ogni anno nella Parrocchia San Nicola Magno, con una preparazione spirituale e pastorale specifica. Il parroco, don Rocco Abbatiello, insieme al consiglio pastorale parrocchiale ed al comitato dei festeggiamenti ha voluto dedicare la preparazione alla festa patronale all’anno della fede, scegliendo come tematica della catechesi il “Credo”, quale simbolo apostolico per riflettere sui contenuti essenziali della fede, da accogliere, conservare e trasmettere con fedeltà. A tenere le riflessioni e le meditazioni serali alle ore 20,30 durante la celebrazione eucaristica è padre Antonio Rungi, religioso passionista, originario di Airola (Bn).

La fede come è trasmessa dalla Chiesa e la fede come è stata presentata dal grande santo e predicatore, dottore della Chiesa, Sant’Antonio di Padova. Temi portanti delle catechesi sono: la fede biblica, la fede liturgica, la dogmatica, la cristologia, l’ ecclesiologia, la mistica e la spiritualità, la morale, la carità e le virtù teologali nel santo di Padova. Un corso completo e intensivo di catechesi sulla fede e sulla presentazione della fede, in un contesto diverso, ma sostanzialmente uguale, sulla predicazione, gli scritti e gli insegnamenti del grande figlio spirituale di Francesco d’Assisi, definito dallo stesso Poverello “mio Vescovo” per la sapienza che portava in sé e comunicava agli altri con la vita, la predicazione e l’insegnamento dottrinale, difendendo la fede dagli attacchi degli eretici del tempo.

Molto sentita e partecipata è la celebrazione eucaristica che normalmente si tiene nel cimitero della città e alla quale partecipa praticamente l’intero paese. Tale celebrazione è in programma per domani sera, domenica 19 agosto, con pellegrinaggio a piedi di tutti i fedeli dalla chiesa parrocchiale al camposanto, con inizio alle ore 18.00, quale espressione del cammino di fede di ogni credente verso l’eternità.

Nei prossimi giorni, padre Rungi, visiterà gli ammalati, portando loro il conforto dei sacramenti della vita cristiana.

Giovedì, 23 agosto, sarà il Vescovo di Cerreto, monsignor Michele De Rosa a presiedere alle ore 10,30 la solenne eucaristia in onore di Sant’Antonio, durante la quale diversi giovani della cittadina e del territorio riceveranno il sacramento della Cresima, come impegno personale ed ecclesiale a testimoniare la fede nel mondo d’oggi sull’esempio di Sant’Antonio di Padova.

Altri significativi momenti dell’intero ciclo di festeggiamenti saranno animati dall’Unitalsi, in particolare la santa messa per tutti gli ammalati e sofferenti del territorio, in programma venerdì 24 agosto alle ore 11.00.

La solenne processione con l’artistica e pregiata statua in onore del Santo di Padova si svolgerà venerdì 24 agosto con inizio alle ore 17.00 e interesserà tutto il Paese.

La festa in onore di Sant’Antonio di Padova è anche occasione per tantissimi luzzanesi sparsi in Italia e all’estero per motivi di lavoro di fare rientro nella città d’origine e rivivere la propria fede, ricevuta dai genitori e che è stata poi curata personalmente nella vita. In questa formazione alla vita di fede un ruolo importante per tutti i luzzanesi è la devozione a Sant’Antonio, molto venerato e rispettato in questa cittadina. Per l’intero anno, il comitato prepara la festa in onore del Santo che oltre all’aspetto religioso ha altri significativi momenti di gioia, fraternità, animazione umana e sociale.

Nei giorni 19-21 agosto si svolgerà il “Canta Bambini”, un mini-festival, tipo Zecchino d’Oro promosso dall’Antoniano di Bologna, che vede esibirsi sul palco i bambini del territorio con regolare premiazione dei più dotati vocalmente. E, infatti, l’Azione cattolica parrocchiale insieme al comitato festeggiamenti ad organizzare la Manifestazione canora che quest’anno ha raggiunto la XXII Edizione.

Musica lirica, musica leggera e spettacoli pirotecnici (tre fuochisti in gara quest’anno, sabato 25 agosto alle ore 0,30) di rara bellezza coronano la festa in onore del Santo Patrono di Luzzano, cuore e centro della vita cristiana di ogni luzzanese che vive in paese o sta lontano dai luoghi natii, forti del motto antoniano “Ama Dio, ama il prossimo: sarai sereno”.

Riflessioni estive. Ho visto il Paradiso

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HO VISTO IL PARADISO/3

 

di padre Antonio Rungi

 

CIELI NUOVI E TERRA NUOVA

 

La nostra fede nell’eternità e una fede che guarda oltre gli orizzonti del tempo presente, immaginando un mondo diverso quando si concluderà per sempre la storia di questo universo. E mentre gli uomini gioiscono per i successi che perseguono in campo tecnologico, nella conquista dello spazio, fino a raggiungere con navicelle Marte, in cerca di un segnale di possibili vite oltre quella terrena, la nostra fede ci ricorda costantemente che tutto passerà e nel giudizio finale, nel secondo e definitivo avvento di Cristo tutto sarà trasformato. Il cielo di oggi saranno altri cieli e la terra di oggi sarà una terra nuova e diversa. La trasformazione, il cambiamento, la trasfigurazione del tempo nell’eternità. Ecco i cieli nuovi e la terra nuova dove segnerà per sempre la giustizia e la pace. 

“Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il Giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato: Allora la Chiesa. . . avrà il suo compimento. . . nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l’uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in Cristo [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. (CCC, 1042). 

Certo, il linguaggio biblico usato per dire esattamente cosa avverrà ci aiuta a capire meglio quello che noi non vedremo, ma che forse vedranno quelli che Dio ha deciso che saranno presenti su questa terra al momento deciso della storia della creazione. 

“Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l’umanità e il mondo, dalla Sacra Scrittura è definito con l’espressione: “i nuovi cieli e una terra nuova” (2Pt 3,13) [Cf Ap 21,1 ]. Sarà la realizzazione definitiva del disegno di Dio di “ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10). (CCC,1043). 

Pensare a questo evento, alle ultime cose, la escatologia, è pensare al bello, al definitivo, a tutto ciò che non sarà più come prima. E’ pensare al Paradiso. Infatti, “in questo nuovo universo, [Cf Ap 21,5 ] la Gerusalemme celeste, Dio avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. Egli “tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate” ( Ap 21,4) [Cf  Ap 21,27 ]. 

L’assenza di ogni dolore, sofferenza, della morte, di tutto ciò che limita la felicità dell’uomo terrestre di oggi è sicuramente un motivo di guardare al futuro eterno nel segno della speranza, della riconciliazione, della pace, dell’unità del genere umana, senza più divisioni e guerre. “Per l’uomo questo compimento sarà la realizzazione definitiva dell’unità del genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione e di cui la Chiesa nella storia è “come sacramento” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 1]. Coloro che saranno uniti a Cristo formeranno la comunità dei redenti, la “Città santa” di Dio (Ap 21,2), “la Sposa dell’Agnello” (Ap 21,9). Essa non sarà più ferita dal peccato, dalle impurità, [Cf  Ap 21,27 ] dall’amor proprio, che distruggono o feriscono la comunità terrena degli uomini. La visione beatifica, nella quale Dio si manifesterà in modo inesauribile agli eletti, sarà sorgente perenne di gaudio, di pace e di reciproca comunione”. (CCC,1045). 

Non diversa sarà la sorte dell’intera creazione, che avrà un’altra configurazione. Infatti, per “quanto al cosmo, la Rivelazione afferma la profonda comunione di destino fra il mondo materiale e l’uomo: La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. . . e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione. . . Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” ( Rm 8,19-23). (CCC,1046). 

Ed aggiunge circa il mondo che noi oggi osserviamo con i nostri occhi: “Anche l’universo visibile, dunque, è destinato ad essere trasformato, “affinché il mondo stesso, restaurato nel suo stato primitivo, sia, senza più alcun ostacolo, al servizio dei giusti”, partecipando alla loro glorificazione in Gesù Cristo risorto [Sant’Ireneo di Lione, Adversus haereses, 5, 32, 1]. 

Molti sono tentati dalla paura che tutto questo possa avvenire quanto prima e che passerà la scena di questo mondo nell’immediato. Incidono su queste concezioni millenaristiche o apocalittiche molte delle idee di oggi e molte delle situazioni che viviamo quotidianamente con tanti drammi, difficoltà, terremoti, cataclismi, tragedie. La paura della fine del mondo è nell’idea di molti e qualcuno gioca anche in questa direzione per spingere l’uomo a permettersi ogni cosa, lecita ed illecita, considerato che tutto passa e passa in fretta. Però sappiamo con assoluta verità che noi  “ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità, e non sappiamo il modo in cui sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. (CCC,1048). Ed aggiunge il Magistero della Chiesa che ci richiama costantemente sulle verità di fede, ma anche sulla corrispondenza etica alla fede che “tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, tale progresso è di grande importanza” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. (CCC, 1049).  “Infatti. . . tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando Cristo rimetterà al Padre il Regno eterno e universale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. Dio allora sarà “tutto in tutti” ( 1Cor 15,28), nella vita eterna: La vita, nella sua stessa realtà e verità, è il Padre, che attraverso il Figlio nello Spirito Santo, riversa come fonte su tutti noi i suoi doni celesti. E per la sua bontà promette veramente anche a noi uomini i beni divini della vita eterna [ San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses illuminandorum, 18, 29: PG 33, 1049, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del giovedì della diciassettesima settimana. [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 28.] 

Di quello che abbiamo fatto, di quello che abbiamo seminato, nell’eternità ritroveremo i frutti per la nostra vita futura. Saranno frutti abbondanti e purificati nella forma e nella sostanza e che ci assicureranno il vero cibo quello eterno e che non si esaurirà mai, perché saremmo nella pace di Dio, saremo nel Paradiso.

 

 

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HO VISTO IL PARADISO/2

 

di padre Antonio Rungi

 

IL CIELO

 

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si parla del Cielo, come ultimo destino dell’uomo, come la vera e definitiva patria per tutti noi. Leggiamo, infatti, in questo documento dottrinale di grande importanza per tutti i cattolici, soprattutto in questo anno della fede, che ci apprestiamo a celebrare: “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono “così come egli è” (1Gv 3,2), faccia a faccia: [Cf 1Cor 13,12; Ap 22,4] (CCC, 1023). In poche parole noi saremo con le nostre sole anime, in attesa della risurrezione finale, nel cielo, quel cielo non fisico, ma spirituale, quel luogo eterno in cui dimoreremo per sempre con Dio e con quanti hanno raggiunto il cielo o il paradiso. Le definizioni dogmatiche al riguardo ci possono aiutare a capire cosa sia il cielo e come e cosa è il paradiso per un credente, dopo la morte corporale. “Con la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale di Dio, le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo. . . e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle quali al momento della morte non c’era o non ci sarà nulla da purificare, oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la morte, si saranno purificate. . ., anche prima della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale – e questo dopo l’Ascensione del Signore e Salvatore Gesù Cristo al cielo – sono state, sono e saranno in cielo, associate al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli. E dopo la passione e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, esse hanno visto e vedono l’essenza divina in una visione intuitiva e anche a faccia a faccia, senza la mediazione di alcuna creatura [Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz. -Schönm., 1000; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 49].

Bellissima ed espressiva la terminologia usata dal Catechismo per parlarci del cielo. “Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata “il cielo”. Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva” (CCC,2024). Il cielo oltre ad arrivarci è importante viverci. E vivere in cielo non significa solo avere lo sguardo proiettato verso l’eternità e svolgere la propria vita con la massima gioia, ma vivere in cielo è possedere per sempre Dio, la nostra vera felicità. “Vivere in cielo è “essere con Cristo” [Cf Gv 14,3; Fil 1,23; 1Ts 4,17 ]. Gli eletti vivono “in lui”, ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome: [Cf Ap 2,17 ] (CCC,1025). La vita, infatti, è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo, là c’è la vita, là c’è il Regno [Sant’Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, 10, 121: PL 15, 1834A]. Come si vive in cielo, è il Magistero della Chiesa, interpretando la parola di Dio, ce ne dà l’esatta dimensione. “Con la sua morte e la sua Risurrezione Gesù Cristo ci ha “aperto” il cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in lui” (CCC,1026). Capire che cosa sia il cielo e come si vive in esso, dalla prospettiva umana e terrena è impresa non facile. E’ un mistero, che si svelerà completamente alla nostra persona dopo la morte. “Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1Cor 2,9). (CCC, 1027).Certamente per la nostra limitatezza umana, per la nostra pochezza umana, non possiamo vedere Dio così come Egli è, nell’eternità. Possiamo solo rappresentarlo ai nostri occhi e alla nostra mente, attraverso la riflessione, la preghiera, l’immaginazione, ciò che ci Dio la Sacra Scrittura su di Lui. Ma come Egli effettivamente sia non è dato sapere ad alcun mortale. Infatti “a motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se non quando egli stesso apre il suo Mistero alla contemplazione immediata dell’uomo e gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste è chiamata dalla Chiesa la “la visione beatifica”: Questa sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere l’onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme con Cristo, il Signore tuo Dio, . . . godere nel Regno dei cieli, insieme con i giusti e gli amici di Dio, le gioie dell’immortalità raggiunta [San Cipriano di Cartagine, Epistulae, 56, 10, 1: PL 4, 357B]. (CCC, 1018).E allora cosa si farà per sempre nel cielo. Come si gode della visione eterna di Dio? “Nella gloria del cielo i beati continuano a compiere con gioia la volontà di Dio in rapporto agli altri uomini e all’intera creazione. Regnano già con Cristo; con lui “regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5) [Cf Mt 25,21; Mt 25,23) (CCC, 1029). Come dire in termini umani, più accessibili a noi: lì saremo beati davvero, non avremo altri problemi se non quello di non avere problemi, in quanto tutto è risolto per sempre e nella massima armonia, esattezza e perfezione.

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HO VISTO IL PARADISO/1

di padre Antonio Rungi

Da poco ero rientrato nel mio convento passionista di Itri (Lt) da un impegno di predicazione a Caivano, in provincia di Napoli, dove ogni anno il 6 agosto, in occasione della Festa della Trasfigurazione, si celebra la festa del Volto Santo, e stavo sul terrazzo a contemplare il cielo stellato che si apriva sulla mia testa nella sua maestosità e infinitezza. Erano verso le 23 del 6 agosto del 2012, quando ho visto, quasi fisicamente, aprirsi davanti ai miei occhi l’infinito e gioioso mondo di Dio, quel Paradiso a cui tutti, noi credenti, aspiriamo di arrivare con il nostro impegno nel tempo.

Durante la mia predica a Caivano avevo parlato di questo, del Monte Tabor, della Trasfigurazione del Signore davanti ai suoi tre apostoli scelti da lui per far loro “vedere” come è davvero il Volto di Dio, il Volto luminoso che Gesù, Figlio dell’Eterno Padre, ci ha rivelato con la sua venuta tra noi mortali. Ero preso ancora dalle parole che lo Spirito Santo aveva suggerito alla mia povera mente ed intelligenza di dire in quel momento. Mi sorprendo sempre di più e resto affascinato e molte volte interdetto come io, povero mortale, possa parlare il linguaggio di Dio, della fede, della religione cristiana cattolica con tanta facilità e semplicità, con tanta incidenza nel cuore degli ascoltatori, al punto tale che davvero sono stra-convinto che è lo Spirito santo che parla in voi. Non vi preoccupate di dire le cose, soprattutto davanti ai tribunali del mondo e ai vari tribunali delle ragioni sufficienti che vogliono dimostro tutto e subito ogni cosa, che è lo Spirito Santo a dire attraverso la vostra voce ciò che è necessario proclamare come parola di Dio e della Chiesa.

Sì la predica sulla Trasfigurazione e sulla festa del Volto santo aveva lasciato il segno nelle diverse centinaia di persone presenti nella Chiesa di San Pietro Apostolo in Caivano, tanto da congratularsi con me, dopo la messa. Come sempre un po’ restio alle congratulazioni ed apprezzamenti su quanto dico in nome di Dio e della Chiesa nelle mie prediche, mi fece riflettere una valutazione di una persona anziana, che da anni come me si ritrova all’appuntamento con la festa del Volto Santo, ogni anno il 6 agosto: “Questa sera siete stato eccezionale, come sempre, ma c’era una spinta in più”. Sicuramente era la verità. Le persone quando vengono in chiesa con il desiderio di sentire e lasciarsi toccare dalla parola di Dio riesco a capire ed andare oltre lo stesso nostro modo di comunicare. Evidentemente avevano capito bene, c’era in me una spinta di spiritualità maggiore che io facilmente ho potuto giustificare e inquadrare nel tutto. Come ministro della parola e dell’eucaristia è di norma che quando parliamo dall’altare e siamo coerenti alla parola di Dio e al magistero è Cristo stesso che parla e la Chiesa che insegna. Ma io venivo da una forte esperienza di predicazione di esercizi spirituali, di due turni, tra fine luglio ed inizio agosto, tenuti alle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato, congregazione religiosa femminile, fondata dalla Beata Maria Cristina Brando, la cui causa di canonizzazione volge al termine, durante i quali avevo parlato dell’educazione permanente di ogni anima consacrata e della conformazione  a Cristo.

Ero quindi pieno spiritualmente di tante considerazioni, meditazione e contemplazioni condivise con le religiose, molte delle quali giovanissime e di origine filippina, indonesiana, colombiana, brasiliana, con una buona presenza di religiose più mature di origine italiana, che avevano messo nel mio cuore una spinta di spiritualità in più rispetto al normale modo di predicare. Quindi l’omelia, di quasi 20 minuti, aveva affascinato tutti i presenti, nonostante un caldo asfissiante in quella chiesa, che solo pochi ventagli di signore e signorine, mossi con prudenza per non dare fastidio all’oratore, facevano muovere un po’ di aria, che giungeva sull’altare calda, come torrido era il clima di quel 6 agosto 2012.

Avevo parlato del Paradiso e come, secondo la parola di Dio, gli insegnamenti di Gesù, si può raggiungere il cielo, avevo parlato della pazienza e della sopportazione, della capacità di non far del male agli altri, visto che una volta fatto la piaga resta, nonostante il pentimento e il perdono.

Avevo raccontato un aneddoto che circolava in rete, come un vero tam tam e che ha il suo fascino e il suo insegnamento, e che per una riflessione personale riporto qui in questo contesto di approfondimento di concetti teologici e spirituali molto più consistenti.

“C’era una volta un ragazzo con un pessimo carattere. Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno sul muro del giardino ogni volta che avrebbe perso la pazienza e avrebbe litigato con qualcuno. Il primo giorno ne piantò 37 nel muro. Le settimane successive, imparò a controllarsi, ed il numero di chiodi piantati diminuì giorno dopo giorno: aveva scoperto che era più facile controllarsi che piantare chiodi. Infine, arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò nessun chiodo sul muro. Allora andò da suo padre e gli disse che quel giorno non aveva piantato nessun chiodo. Suo padre gli disse allora di togliere un chiodo dal muro per ogni giorno in cui non avesse mai perso la pazienza. I giorni passarono e infine il giovane poté dire a suo padre che aveva levato tutti i chiodi dal muro. Il padre condusse il figlio davanti al muro e gli disse: “Figlio mio, ti sei comportato bene, ma guarda tutti i buchi che ci sono sul muro. Non sarà mai come prima. Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di cattivo, gli lasci una ferita come questa. Puoi piantare un coltello in un uomo e poi tirarglielo via, ma gli resterà sempre una ferita. Poco importa quante volte ti scuserai, la ferita resterà. E una ferita verbale fa male tanto quanto una fisica” (Anonimo, Il sacchetto dei chiodi).

Lezioni di vita che proiettano la nostra esistenza oltre il tempo, in quella eternità beata alla quale tutti siamo diretti e sulla quale tutti dovremmo riflettere più frequentemente. Eternità è sinonimo di Paradiso. Da qui il bisogno di alzare gli occhi al cielo in una notte stellata di agosto e guardare ilo cielo e con gli occhi della fede, vedere Dio, vedere il Paradiso. Sì perché Dio si fa vedere con quegli occhi puri e semplici della fede semplice, che sa meravigliarsi di fronte all’immensità del cielo, alla profondità del mare e alla bellezza del creato. E allora alzi gli occhi al cielo in una notte stellata e ti rivolgi a Lui per dirgli semplicemente “Grazie”. Grazie perché esisti davvero, grazie perché hai creato ogni cosa bene e bella, grazie perché ci hai dato la vita, grazie perché ci hai dato il soffrire, grazie perché solo Tu, o Dio, Creatore e Padre, meriti il nostro infinito ed immenso grazie, sempre, perché ci ami e ami davvero!

Le meditazioni per il corso di esercizi spirituali

esercizispirituali2012.pdf

In allegato il file pdf delle meditazioni dettate alle Suore Vittime Espitarici di Gesù Sacramentato di Casoria (Napoli), fondate dalla Beata Maria Cristina Brando, durante i due turni di esercizi spirituali, tenuti a Roma dal 23 al 27 luglio e dal 30 luglio al 3 agosto 2012, presso la struttura di Villa M.C.Brando in Via Cassia Roma.

ATTENDERE UN PO’ PER VISUALIZZARE IL FILE CHE E’ MOLTO PESANTE. SI APRE DOPO UN PO’ DI TEMPO, MA SI APRE DI CERTO IN QUANTO E’ IN FORMATO PDF.

P.Antonio Rungi cp

Airola (Bn). Verso la conclusione il processo diocesano della Serva di Dio Maria Concetta Pantusa

415243_10150656456131838_860048713_o.jpgDa molti devoti, da studiosi e biografi, da vari spiritualisti è considerata la “Santa Rita del Sud” con qualche variazione sul tema della santità, ma sostanzialmente con gli stessi contenuti di spiritualità e di vita: nubile, poi sposa, poi madre, poi vedova, infine consacrata laica, ma con il desiderio nel cuore di consacrarsi totalmente al Signore nel secondo ordine francescano, chiedendo di entrare nel monastero delle Clarisse di Airola, che allora non accoglieva le persone vedove. Vi entrò l’unica sua figlia, suor Maria Carmela, morta ultranovantenne, tre anni fa, frutto del suo matrimonio con Vito De Marco, poi morto durante la prima guerra mondiale.
Si tratta della Serva di Dio Concetta Pantusa,  madre di famiglia, di cui è in corso il processo di beatificazione, conosciuta presso il popolo cristiano del Sannio e della Calabria, come “Suor Concetta, la monaca santa del Volto Santo di Airola”.
La sua spiritualità, come quella di Santa Rita da Cascia, è una spiritualità della Passione di Cristo. Fu, infatti, guidata nel suo itinerario di fede, speranza e carità dai religiosi passionisti che ad Airola, nel vicino convento di Monteoliveto, sulla collina del piccolo centro della Valle Caudina, erano e sono presenti con una comunità stabile dal 1882 e dai Frati Francescani con il convento di San Paquale presenti in città dal 1600.
Punti di riferimento per la sua formazione spirituale furono San Francesco d’Assisi, Santa Chiara, San Pasquale Baylon, Sant’Antonio da Padova sul versante della famiglia religiosa dei Francescani; mentre sul versante di quella passionista sua grande devozione fu l’amore filiale a San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, a San Gabriele dell’Addolorata, a Santa Gemma Galgani e particolarmente a Santa Maria Goretti, che venerava con speciale affetto, in quanto ad Airola, fin dal momento della canonizzazione della martire delle Ferriere, nel 1950, si sviluppò una sentita devozione, che ancora oggi persiste al tempo della distruzione di tutto il sacro negli ambiente cristiani dei decenni passati. Qui Maria Concetta Pantusa visse, per oltre 20 anni, l’ultimo significativo tratto della sua vita.
Nata a Celico il 3 febbraio 1894, Maria Concetta Pantusa da fanciulla soffrì molto per il duro trattamento del padre,  il quale la condusse con sé in Brasile dove si recò in cerca di lavoro. In Brasile sposò un giovane italiano di origini pugliesi, un certo Vito De Marco.  Dalla loro unione coniugale il 28 ottobre 1915 nacque l’unica figlia Maria Carmela, poi diventata monaca clarissa. 
Ritornarono in Italia nel 1916, prendendo domicilio a Polignano a Mare (Bn). Il marito morì durante la prima guerra mondiale, lasciandola vedova con una bambina da accudire in un tempo di estrema miseria e povertà. Dopo molte traversie, l’ 8 maggio 1930, insieme con l’unica figlia e con Suor Speranza Elena Pettinato si trasferì in Airola (Benevento). Mentre la figlia entrava nel monastero delle Clarisse, lei che pure aveva fatto richiesta d entrarvi, non fu accettata per i limiti della regola del secondo ordine francescano. Di conseguenza restò nel secolo e con suor Speranza iniziò una vita di consacrata laica. Qui si dedicò all’educazione dei piccoli, alla carità, al servizio degli poveri, alla preghiera, vivendo un’intensa vita interiore nella sua piccola abitazione di via Monteoliveto in Airola, guidata da saggi direttori spirituali. Incominciarono le prime significative esperienze di visioni ed estasi, che sapeva tenere gelosamente nascoste per sé, per evitare qualsiasi fraintendimento, strumentalizzazione e soprattutto per allontanare lo spettro della superbia e dell’orgoglio, che si possono manifestare quando i segni del cielo sono evidenti in un’anima santa. La lotta contro il Demonio è testimoniata nel suo diario spirituale.
Il Signore, infatti, riversò in lei molti doni: la profezia, il miracolo, la visione, l’estasi, le stimmate e i dolori della Passione.
Nell’umile stanzetta dove viveva, il 17 febbraio 1947, per tre ore, dalle 13 alle 16, da un’immagine del volto di Gesù della S. Sidone di Torino, vide uscire dal sangue; il sangue sgorgava come da una sorgente e rimase in ebollizione per tre ore. Questo fenomeno si ripeté il 28 febbraio e, per la terza volta, il 4 marzo. Da quel giorno i fatti miracolosi si susseguirono con continuità. Maria Concetta Pantusa morì il venerdì di Passione il 27 marzo 1953, all’età di 59 anni.
Sull’eroicità delle virtù teologali e morali e su specifici altri fatti attinenti la santità della Serva di Dio sta operando con grande senso di equilibrio e di giudizio, da cinque anni, il Tribunale ecclesiastico diocesano di Cerreto-Telese-Sant’Agata  per la causa dei santi.
Il processo per la causa di beatificazione è stato, infatti, aperto ufficialmente il 10 febbraio 2007, alla presenza del Vescovo diocesano di Cerreto-Telese-Sant’Agata dei Goti, monsignor Michele De Rosa, nella Chiesa della SS.Annunziata di Airola (Bn), alla presenza di oltre mille fedeli arrivati ad Airola, da ogni parte d’Italia, dalla terra nativa della Serva di Dio, la Calabria e dalle Puglie. Tale iniziativa  è  sostenuta dalla Pia Unione del Volto Santo di Airola, il cui responsabile è il francescano, padre Vittorio Balzarano.
Il processo diocesano sta in via di ultimazione, dopo che la sezione del tribunale ecclesiastico ha ascoltato tutti i testimoni ed esperite tutte le pratiche canoniche previste dall’iter per la beatificazione.

Antonio Rungi 

Mondragone (Ce). Estate in preghiera con le Suore della Stella Maris

Foto-0343.jpg“E…state in preghiera” è questo il motto scelto dalle Suore di Gesù Redentore, istituto Stella Maris di Mondragone, per caratterizzare il loro impegno di accoglienza degli ospiti e villeggianti nella loro casa di ospitalità estiva ed invernale. La formula preghiera, spiaggia, mare e sano divertimento è quella ormai collaudata da anni e che alla Stella Maris riscuote ogni anno il successo necessario. Infatti gli ospiti e i villeggianti condividono con la comunità religiosa, composta da sei suore, i momenti della preghiera e della ricreazione, mentre è lasciato libero il tempo per il mare e la spiaggia. La giornata tipo per trascorre il periodo estivo curando lo spirito ed il corpo è così strutturata: Lodi del Mattino (in spiaggia o in cappellina); S.Messa quotidiana alle ore 7,30 nella cappella dell’Istituto; Ora media ed Angelus alle 11,45 nella cappellina. Ore 17.00 Vespro (in spiaggia o in cappella). Ore 19.00: Adorazione eucaristica in cappella. Ore 21.00 Santo Rosario in spiaggia sotto i gazebi allestiti nello spazio antistante la Stella Maris. Ore 22.00 Compieta nel giardino dell’Istituto. Chi vuole alimentarsi spiritualmente durante la giornata trova qui l’ambiente ideale, in quanto la casa religiosa, dopo aver svolto per oltre 60 anni il compito di convitto per i minori e colonia estiva, dal 2007 è stata trasformata e finalizzata a Casa di Ospitalità, di preghiera, di accoglienza, valorizzata in modo pieno e completo durante i tre mesi estivi luglio-settembre. Tutto esaurito anche per la stagione estiva 2012 e ad utilizzare la struttura non sono solo persone anziane, ma famiglie, giovani e gruppi, che hanno la possibilità di autogestirsi. Chiaramente sono gruppi di ispirazione cristiana o facenti parte delle comunità parrocchiali o di altre istituzioni religiose, che fanno capo alle Suore della Stella Maris di Mondragone in quanto più disponibili ad un’accoglienza a 360 gradi, che comprende la spiritualità, il sano divertimento e la fraternità. Già con la prima domenica di luglio, l’attività estiva è andata a regime, in quanto la struttura in questi giorni ospita circa 30 persone e già i villeggianti valorizzano i servizi religiosi e spirituali che le Suore della Stella Maris assicurano contestaulmente a tutti gli altri servizi per una qualificata e positiva vacanza al mare. In particolare, le Suore daranno significativa rilevanza ai momenti di raccoglimento che si vivranno a contatto con la natura, all’alba e al tramonto. Sono infatti previste le Lodi al Mattino, il Vespro ed il Rosario all’imbrunire e la Compieta a conclusione della giornata. Nessuna costrizione per gli ospiti, ma solo una proposta di spiritualità estiva che molti gradiscono e, proprio in ragione di questo, optano per chiedere di trascorrere le vacanze alla Stella Maris. La stuttura, d’altronde, è situata al 10 metri dal mare e per l’Istituto è riservato un ampio spazio sulla spiaggia, dove vengono allestiti i gazebi che servono anche come punti di riferimento per la preghiera del mattino e della sera. “Notiamo un crescente bisogno di preghiera  e di Dio nei nostri villeggianti -afferma la responsabile della Stella Maris, Suor Maria Paola – segno evidente della riscoperta della fede o del potenziamento della stessa anche nel periodo estivo. Questa estate 2012, la vogliamo impegnare per preparare adeguatamente i nostri ospiti ad accogliere l’anno della fede indetto da Papa Benedetto XVI nelle migliori condizioni spirituali possibile. Anche il periodo estivo e il cammino spirituale di questi giorni di vacanze appena iniziati possono dare un valido contributo a quanti sono cristiani ed hanno a cuore la loro salute spirituale e anche quella fisica e corporale. Noi auguriamo ai nostri ospiti di trascorrere giornate serenamente ricche da un punto di vista interiore, perché il resto è assciurato da un servizio di accoglienza che nel rispetto delle norme, garantisce il giusto clima per una vera e completa vacanza estiva in riva al mare, ma con il cuore costantemente rivolto al Dio creatore e a Gesù Cristo Redentore”.

 

SANTA MARIA C.V. DOMANI LA CONCLUSIONE DEI FESTEGGIAMENTI

DSC05471.JPGLa cronaca della Peregrinatio 2012

Si concluderà domani sera, 2 luglio, alle ore 19,30 con la messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Capua, monsignor Bruno Schettino, nello spazio all’aperto presso il convento dei Francescani, il novenario in onore della Madonna delle Grazie, che si è tenuto nella parrocchia omonima, guida pastoralmente dai Frati Francescani. Il Novenario come è tradizione viene svolto con la Peregrinatio della statua della Madonna delle Grazie per i principali e più affollati luoghi, parchi e ambienti del territorio parrocchiale. Iniziato sabato  23 giugno al Parco Magnolia, situato di fronte al convento è proseguito per l’intera settimana e si conclude questa sera, 1 luglio con la solenne celebrazione eucaristica e panegirico di padre Antonio Rungi, missionario passionista, teologo morale, della comunità di Itri (Lt)., alle ore 19,30 alla III Traversa Fossataro, dove la bellissima statua della Madonna delle Grazie è stata trasferita con una sentita processione ieri sera, 30 giugno, a conclusione della messa delle ore 20.00 celebrata al Condominio Edilvetere. Ma la Vergine pellegrina ha toccato altre località di Santa Maria Capua Vetere: 24 giugno in via Tifatina; 25 giugno – Zona Anfiteatro; 26 giugno Parco Quadrifoglio; 27 giugno Parco Addeo; 28 giugno Via Galatina: 29 giugno Via Salzillo. Durante la Peregrinatio c’è stato un grande afflusso di fedeli e buona partecipazione di giovani ed adulti. Il cammino della Vergine Maria per le zone di Santa Maria oltre alla processione di trasferimento da una zona all’altra ha previsto ogni sera: la preghiera del Santo Rosario (Ore 19.00), le confessioni; la celebrazione eucaristica con omelia tenuta da padre Antonio Rungi, la visita agli ammalati e anziani con l’amministrazione dei sacramenti della penitenza e dell’eucaristia. In poche parole un vero itinerario di fede sul modello di Maria e alla scuola della Vergine Santissima che qui è venerata in modo singolare, fin da VI secolo, sotto il titolo della Madonna delle Grazie. Un’antica devozione che si rinnova ogni anno e che coinvolge sempre più fedeli, dato anche l’intensa predicazione dei padri missionari che vengono ad essere impegnati in questo tempo di grazia. “La Peregtinatio Mariae –scrive il parroco, padre Berardo Buonanno – sia per l’intera nostra comunità occasione privilegiata, non solo per lodare, contemplare e supplicare Maria, ma, soprattutto, per imitarla. E lei che ci porta per mano all’incontro con il Figlio e ci ordina “Fate tutto quello che vi dirà”. Ed una preghiera supplica di monsignor Tonino Bello, vescovo di Molfetta, morto per una grave malattia qualche anno fa, di cui è in fase di svolgimento la causa di beatificazione: “Torna a camminare discretamente con noi, o creatura straordinaria, innamorata di normalità, che prima di essere incoronata regina del cielo, hai ingoiato la polvere della nostra terra”. E su questi tempi concreti di vita quotidiana è stata incentrata l’incisiva predicazione del padre passionista, Antonio Rungi, che ha saputo coinvolgere emotivamente e spiritualmente quanti hanno partecipato alla peregrinatio in tutte le nove stazioni in cui la Madonna è sostata per richiamare alla preghiera della sera i fedeli della città, della parrocchia e del luogo ove è stata accolta. Una peregrinatio molto sentita che si conclude questa sera alla traversa Fossataro. Subito dopo la celebrazione delle ore 19.00 la Statua verrà riportata al Convento dei Francescani in attesa della festa liturgica di domani 2 luglio che sarà onorata con la presenza dell’arcivescovo Bruno Schettino.

Storia del convento e della Chiesa della Madonna delle Grazie

La Chiesa della Madonna delle Grazie è una struttura dei padri Francescani e con l’annesso convento, costituisce un complesso architettonico moderno, sorto nel XX secolo, quale esigenza di una presenza francescana nella città sammaritana. Il Convento facente parte della Provincia religiosa dei frati minori di Napoli, oggi è una residenza, non più una fraternità, in quanto sono soltanto due i religiosi che compongono la stessa comunità: padre Berardo e padre Masseo  entrambi di origine sammaritana. Sono questi due religiosi che portano avanti la parrocchia e le altre opere pastorali tipiche dell’apostolato dei francescani. La parrocchia si estende nella zona nord-est di Santa Maria Capua Vetere, quella in crescente sviluppo abitativo e sociale, con circa 3000 abitanti, con vari parchi e condomini, con presenze significative da un punto di vista storico, archeologico, istituzionale e sociale, quale l’Università, l’anfiteatro romano e attività commerciali e sportive di vario genere. Da qualche anno è stato attivato anche il Centro culturale francescano, su iniziativa di padre Berardo Buonanno.
Il centro culturale sammaritano è un Centro di aggregazione che partendo dal messaggio solidaristico francescano, offre una serie di attività ludico-culturali aperte a tutti. Tra i progetti perseguiti con maggiore attenzione la realizzazione di una biblioteca dove si è avviata la Lectura Dantis sammaritana. Al momento la biblioteca raccoglie circa 5000 volumi grazie a donazioni, acquisti, ma soprattutto al recupero di volumi destinati al macero in conventi francescani ormai dismessi. Oltre ad opere di grande interesse religioso quali Opera Omnia di S. Tommaso, Opere sul Francescanesimo, Storia della Chiesa e pregevoli manoscritti del ‘500-‘600 ci sono enciclopedie come quella Britannica, la Treccani, classici latini e greci, saggi di Storia dell’arte, libri di narrativa, favole etc. Anche qui i protagonisti sono i giovani della parrocchia, ma anche della fraternità francescana.
La chiesa e le opere annesse rappresentano il cuore dell’attività pastorale della parrocchia dedicata alla S.Maria delle Grazie.
La chiesa con l’attiguo convento sorge sulle rovine della Basilica dei SS. Stefano ed Agata edificata, seconda la tradizione, nel VI secolo da Germano, Vescovo di Capua e nei documenti è citata come “ecclesia S. Stephani ad catabulum” per la vicinanza ad un rudere di epoca romana, ritenuto una stalla per le bestie dell’Anfiteatro capuano.
La chiesa è costruita in forme neoromaniche su disegno dell’architetto samaritano Nicola Parisi. La facciata si presenta con una ripartizione ottenuta tramite piatte lesene che individuano tre zone affiancate; la parte il corpo centrale è a sua volta ripartito in tre parti verticalmente con al centro un arco estremamente allungato che inquadra il portale incassato ornato di cornici multiple, intagliate a fogliami. Nella lunetta, al di sopra dell’architrave, vi è un rilievo in stucco che rappresenta un angelo che dispiega un cartiglio recante l’iscrizione: D. O. M. / IN HONOREM / B. M. V. GRATIARUM. Più in alto, un altro rilievo in stucco che rappresenta la Deposizione di Cristo, copia di un quadro di Murillo, il cui corpo è sorretto da S. Francesco. Il frontespizio superiore triangolare è decorato da eleganti cornici e da archetti pensili, che corrono orizzontalmente lungo tutta la facciata. Un rosone in vetro, finestroni centinati e fasce con motivi geometrici arricchiscono il frontespizio della chiesa. Sul basamento del portale appare l’iscrizione: ARCH. N.PARISI / AD. 1908 – 1916. L’impianto planimetrico è ad aula di forma rettangolare leggermente irregolare. Realizzato in tufo, l’edificio presenta coperture con volta a crociera. All’interno è da segnalare l’arco trionfale a tutto sesto sostenuto da pilastri compositi. L’intradosso è arricchito da due cornici, a foglie d’acanto e fasce bicolori, che poggiano su capitelli corinzi sormontati da pulvini. I pilastri sono a fasce bicolori; di colore grigio, le semicolonne. L’abside minore dell’antica basilica è incorporata nell’attuale chiesa e corrisponde alla cappella della Madonna delle Grazie, mentre l’abside maggiore è visibile dal giardino del convento.

 

NOVENA IN ONORE DELLA MADONNA DELLE GRAZIE

1.O Vergine Santa, che dopo tanti secoli ci avete mostrato di nuovo da codesta venerata immagine il vostro materno sorriso, noi ci prostriamo al vostro altare e vi porgiamo il nostro saluto. Vi salutiamo con l’Angelo piena di grazia. Vi salutiamo con la Chiesa, Madre della divina grazia. Vi salutiamo con i Padri della Chiesa, canale di tutte le grazie.
Accogliete il nostro filiale omaggio e arricchite l’anima nostra della grazia necessaria a vivere una vita veramente cristiana, conforme agli insegnamenti del vostro divin Figlio. (Ave Maria).

2.Quale gioia è per noi, Vergine Santa, inginocchiarci al vostro altare, dove si inginocchiarono i nostri antenati, i nostri padri nella fede. Davanti alla vostra immagine, noi, valicando gli spazi del tempo, ci sentiamo uniti ad essi, nella fede e nell’amore a voi.
Aumentate con la vostra grazia questa fede e quest’amore, perché possiamo renderci sempre più degni della vostra materna protezione. (Ave Maria).

3.Fu certo, o Vergine Santa, disposizione ammirabile della divina Provvidenza che del magnifico e grandioso tempio innalzato dal Vescovo San Germano sia rimasta superstite l’edicola che contiene la vostra venerata immagine. Ciò perché era prestabilito sorgesse qui un tempio in vostro onore e si aprisse una fonte di grazia in questa valle benedetta.
Accogliete, o Madre, col vostro materno sorriso quanti vengono a dissetarsi a questa fonte celestiale, esaudite le loro preghiere e confortateli della vostra grazia. (Ave Maria).

4.Come è bello pensare o Vergine Santa che qui, dove un tempo imperversava il ruggito delle fiere, echeggi ora la melodia della preghiera, che alla dissipazione chiassosa dei giochi del circo, sia subentrato il devoto raccoglimento delle sacre celebrazioni, che dalla furia omicida dei gladiatori sia subentrata l’opera salutare dei sacerdoti che promuovono il vostro culto ed esortano tutta l’umanità alla santità della vita.
Oh Maria Vergine piena di grazia concedete a tutti abbondanti beni spirituali per le anime nostre. (Ave Maria).

5.O dolcissima Madre è per noi motivo di grande gioia chiamarvi con il titolo di Madonna delle grazie, che tra i tanti è il più dolce, il più bello. Nella vita cristiana e per la nostra vita soprannaturale, la grazia è quel che è l’aria per la vita soprannaturale. Di questa grazia Voi siete la celeste tesoriera e dispensatrice, tale vi ha costituita il Signore per la vostra generosa cooperazione all’opera dell’umana redenzione.
Concedeteci, o Madre, l’abbondanza di questa grazia perché possiamo raggiungere la nostra eterna salvezza. (Ave Maria).

6.La prima grazia che concedeste al mondo, o Vergine, fu il consenso dato da voi all’Incarnazione nel vostro seno del Figlio di Dio. I Padri della Chiesa dicono che i momenti che passarono tra la proposta dell’Angelo e la vostra risposta furono momenti di trepida attesa. Tutto il mondo era in attesa, e quando voi pronunciaste il Fiat fu un giubilo, un’allegrezza in cielo e in terra. La grazia faceva il suo ingresso nel mondo in persona del Figlio di Dio e, voi eravate l’Arca Santa che Lo portava e Lo donava all’umanità in attesa del Liberatore promesso.
Vi ringraziamo di questo immenso beneficio e promettiamo col vostro aiuto di esserne sempre più degni. (Ave Maria).

7.Per la vostra dignità incomparabile di Madre di Dio, la Santissima Trinità fece a gara per arricchirvi di tutte le grazie. E’ ben a ragione l’Angelo vi salutò piena di grazia. Piena nel tempo, perché non c’è stato istante in cui siete stata priva di grazia. Piena nel numero perché non c’è stata grazia che non vi sia stata concessa dal primo istante del vostro concepimento, fino alla vostra assunzione al cielo. La grazia ha inondata l’anima vostra in tutto, come il prisma riflette tuti i colori della luce così come l’anima vostra riflette tutte le sfumature della grazia.
Vergine Santa sia dato alle anime nostre di partecipare secondo i bisogni all’abbondanza delle vostre grazie. (Ave Maria).

8.La vostra materna sollecitudine nell’elargire le grazie di cui siete ripiena è dimostrata dalla visita alla vostra cugina santa Elisabetta. Quando apprendeste dall’Angelo che ella aveva miracolosamente concepito un figlio vi recaste sollecita alla sua dimora a prestarle i vostri umili servizi, voi costituita in tanta dignità. Al vostro arrivo la grazia investì in pieno la madre e il figlio che aveva nel seno. Elisabetta espresse commossa la sua meraviglia per tanta degnazione. Il nascituro esultò di gioia e di allegrezza: e voi prorompeste nel cantico meraviglioso del Magnificat, esaltazione stupenda dell’opera della grazia.
Visitate, o Madre, le anime nostre ed allietatele della vostra grazia come allietaste la casa di Elisabetta. (Ave Maria).

9.Ci è nota la sensibilità del vostro cuore materno, nel venire incontro ai nostri bisogni. Alle nozze di Cana non appena vi accorgeste dell’imbarazzo dei padroni di casa sussurraste all’orecchio del vostro divin Figlio: “Non hanno più vino”; Gesù rispose che non era venuta ancora la sua ora; ma la richiesta veniva da voi ed Egli non esitò a compiere il primo miracolo.
E quanti altri miracoli sono stati concessi per la vostra intercessione! La storia del cristianesimo ne è ripiena.
Vi salutiamo con la Chiesa mediatrice di tutte le grazie. Madre nostra intercedete per noi presso il trono dell’Altissimo ed otteneteci le grazie necessarie: la grazia di una fede viva ed operosa; la grazia di un amore ardente, la grazia di una carità generosa, la grazia di una vita buona e di una morte santa perché possiamo raggiungere la fecità eterna e lodare con voi per sempre la santissima Trinità. Così sia.

Preghiera alla Madonna delle Grazie

Vergine santissima delle Grazie che dopo secoli di nascondimento vi siete mostrata nuovamente ai nostri occhi mortali rivelatevi alle anime nostre. Otteneteci, voi che lo potete, la conoscenza  e l’amore di Gesù Cristo: siate voi, o buona Madre, il nostro sostegno nei dubbi e la nostra forza nei dolori così frequenti e duri in questa vita terrena. Preservateci dai pericoli, fatevi nostra guida nella virtù, impreziositeci del vostro sorriso e il vostro volto materno sia pegno di beatitudine nella nostra morte. Amen.

Un libretto di preghiere on-line per i maturandi

preghiere esamistato2012.jpgAlla vigilia degli esami di stato 2012 nelle scuole superiori, in cui è docente di ruolo in Filosofia e pedagogia, padre Antonio Rungi, religioso passionista e teologo morale, pubblica una seconda edizione, dopo il successo dello scorso, di un e-book (libretto telematico) in cui ha raccolto una  serie di preghiere “per sostenere spiritualmente il cammino culturale dei giovani in questo tempo di esami”. Il religioso precisa che si tratta di “un vero e proprio  libretto di preghiere tradizionali o recenti on-line che possono utilizzare gli studenti cattolici credenti e praticanti, o qualsiasi altro studente, per avere quel necessario sostegno spirituale in questo tempo di particolare bisogno di sostegno dall’alto. Si sa aggiunge il sacerdote che l’ansia e la preoccupazione per gli studenti più motivati e che si attendono risultati brillanti, frutto di un percorso serio di studi, ci vuole la necessaria serenità interiore e psicologica,per affrontare la maturità. La preghiera cristiana è di garnde aiuto da questo punto di vista. Preghiere indirizzare – afferma P.Rungi – comunque e sempre al Signore, attraverso la Vergine Santa, e con il patrocinio di alcuni tra i santi più venerati ed amati in Italia e nel mondo, quali San Giuseppe, San Pio da Pietrelcina, San Gabriele dell’Addolorata, Sant’Antonio di Padova, San Giuseppe Moscati. Santi venerati al Nord e al Sud e che nella classifica delle preghiere trovano diversa collocazione tra gli studenti che pregano in questa circostanza. Così come padre Pio è molto gettonato al Sud, Sant’Antonio lo è al Nord. Queste scelte sono motivate anche da fatto -precisa P.Rungi- che ci sono i riferimenti geografici quali San Giovanni Rotondo per Padre Pio e Padova per Sant’Antonio. Al di là dei santi a cui in questi giorni ci si voterà in modo speciale, molti ragazzi e soprattutto ragazze sono particolarmente attenti anche nel curarsi spiritualmente in occasione degli esami di maturità che, al di là di quanto si dice, rimane una delle prove più sentite della carriera scolastica, perché sono i primi veri esami in cui una persona ormai matura e non solo perché maggiorenne, deve dimostrare di possedere tutta quella cultura che ha acquisito nel corso degli anni di scuola superiore. E gli studenti sanno che si tratta di una prova che va affrontata con serietà, ma anche con la serenità. A ognuno di loro, circa 500.000 quest’anno, auguriamo –conclude padre Rungi- di sostenere un ottimo esame di stato per la soddisfazione propria, della famiglia, degli insegnanti, delle commissioni e per il bene dell’Italia che necessita di professionisti a tutti i livelli qualificati e preparati. Avere studenti preparati e maturi fa bene a tutti e sicuramente aiuta ad uscire anche dalla crisi mondiale, che riguarda in parte anche l’Italia. E penso ai vari studenti che hanno studiato nei vari licei o istituti professionali, specialmente commerciali, che hanno molto da apprendere e poi da applicare nello svolgimento della professione immediata o successiva. Quindi una prova davvero importante per il singolo studente e per la comunità sociale”.

Qui di seguito alcune preghiere che fanno parte dell’e-book

Preghiera per i maturandi

Signore Gesù, degno discepolo san Giuseppe,
tuo padre putativo e giuridico,
alla cui scuola imparasti il mestiere di artigiano,
a conclusione del quinquennio di studio da me frequentato
ti chiedo di aiutarmi a sostenere un buon esame di stato
per conseguire la tanta attesa maturità.

Sono più che mai convinto
che avrei potuto e dovuto fare molto di più
rispetto a quello che ho realizzato
in questi lunghi anni di impegno scolastico,
ma ora che il passato è alle spalle
e rimane solo la verifica finale
di questo itinerario culturale, umano, sociale e spirituale,
fa che i pochi o molti risultati raggiunti
non vengano da me sciupati con prove di esami
approssimative, scialbe e superficiali.

Fa che in questo tempo di esami
sia in grado di dare il meglio di me stesso
sia per una mia personale soddisfazione
e sia per essere riconoscente a quanti mi hanno sostenuto
in questo cammino di formazione e istruzione.

Assistimi durante i compiti scritti ed orali
con il tuo Santo Spirito, che è sapienza,
intelletto, consiglio, fortezza e scienza
perché il mio poco o molto sapere
si manifesti a quanti dovranno verificare
le mie conoscenze, competenze e capacità
nel modo migliore per me e per i miei esaminatori.

A conclusione dell’intero periodo di esami
spero dal profondo del cuore
di ricevere il meritato voto, frutto del mio studio,
del mio impegno e non di raccomandazioni
o sotterfugi e intrighi vari
che non fanno onore ad uno studente
retto di cuore, di sani principi morali
e con una chiara coscienza del suo operato. Amen.
(Padre Antonio Rungi)

Preghiera a San Pio da Pietrelcina

O diletto figlio di San Francesco d’Assisi e della terra sannita,
che fosti chiamato da Dio
a percorrere la strada stretta dei consigli evangelici
e ad assimilarti, ogni giorno, al mistero del Cristo Crocifisso,
ora che godi della visione beatifica di Dio
concedi ai tuoi devoti
le grazie spirituali di cui hanno bisogno.

Tu sacerdote di Cristo
che hai vissuto nella totale fedeltà a Lui,
concedi anche a noi di essere fedeli
ai nostri impegni cristiani e sociali.
Tu autentico devoto della Madre di Dio
che affidasti a Lei il tuo ministero sacerdotale
concedi a noi tuoi figli spirituali
di amare con la stessa intensità del tuo amore
la Madre di nostro Signore.

Tu che hai amato di intenso amore
la santa Chiesa ed il Sommo Pontefice
concedi ai cristiani del nostro tempo
di difendere dagli attacchi dei nemici di Cristo
la sua sposa castissima.

O San Pio da Pietrelcina
fa di tutti noi, mediante la tua intercessione presso il Signore,
degni discepoli dell’unico Maestro,
alla cui scuola tu hai realizzato il tuo progetto di santità.

Benedici quanti confidano nel tuo patrocinio presso Dio,
difendici dalle insidie del maligno,
proteggi i nostri bambini, i giovani, gli ammalati, gli anziani
e tutti coloro che non contano nella nostra società.
Amen.
(Padre Antonio Rungi)

PREGHIERA A SANT’ANTONIO DI PADOVA

O glorioso S. Antonio, amico della gioventù,
a te mi rivolgo con fiducia,
a te affido le mie aspirazioni e i miei desideri.

Aiutami a vivere nella purezza di cuore,
costante nella pratica della vita cristiana
e fa che io sia capace di attuare gli ideali più belli.

Ti raccomando il mio studio e il mio lavoro che voglio,
affrontare con serietà in modo da formarmi alla vita
ed essere utile alla mia famiglia e al mio prossimo.

Fa che io possa avere sempre delle vere e sane amicizie,
tienimi lontano da ogni male
e aiutami ad essere forte nelle mie convinzioni cristiane.
Proteggimi sempre e intercedi per me presso il Signore Gesù.
Amen.

 

PREGHIERA A SAN GIUSEPPE LAVORATORE

 

Glorioso san Giuseppe,
modello di tutti quelli che sono votati al lavoro,
donami la grazia di lavorare con spirito di penitenza
per l’espiazione dei miei numerosi peccati;
di lavorare con coscienza,
ponendo il culto del dovere al di sopra delle mie inclinazioni;
di lavorare con riconoscenza e gioia,
osservando come un bravo dipendente,
e di sviluppare attraverso il lavoro i doni ricevuti da Dio;
di lavorare con ordine, pace, moderazione e pazienza,
senza mai indietreggiare davanti alla stanchezza e alle difficoltà;
di lavorare soprattutto con intenzioni pure e con distacco da me stesso,
avendo continuamente davanti agli occhi la morte
ed il conto che dovrò rendere del tempo perso,
dei talenti inutilizzati e delle vane compiacenze legate al successo,
se funeste all’opera di Dio.
Tutto per Gesù, tutto per Maria,
tutto a tua imitazione,
o santo patriarca Giuseppe!
Tale sarà il mio motto nella vita e nella morte. Amen. (Pio V)

 

Preghiera di un giovane a San Giuseppe Artigiano

 

San Giuseppe,
il Figlio di Dio stesso ti ha scelto per essere suo padre,
la sua guida e il suo protettore durante l’infanzia, la sua adolescenza e la sua giovinezza.
Lui ha voluto essere condotto da te lungo tutto il cammino della sua esistenza terrena.
Tu hai compiuto il tuo uffizio con grande fedeltà.
Anch’io ti affido la mia giovinezza.
Nel nome di Gesù, io ti chiedo di essere la mia guida ed il mio protettore,
oso dire mio padre lungo il pellegrinaggio della mia vita.
Non permettere che io mi allontani dal cammino della vita che è nei comandamenti di Dio.
Desidera essere il mio rifugio nelle avversità,
la mia consolazione nelle pene, il mio consigliere nei dubbi,
fino a che salirò al Cielo, dove esulterò in Gesù mio Salvatore con te,
la tua Santissima Sposa Maria e tutti i santi.
Amen.

 

Preghiera a San Giuseppe da Copertino per il felice esito degli esami

 

O Santo Protettore, tanto benigno verso chi vi invoca e tanto generoso verso chi vi chiede grazie, ascoltatemi nelle mie attuali angustie.
Per quell’amore che vi rapiva in Dio, per l’infiammato affetto che vi fece devotissimo della Madre del Signore, per la singolare devozione che vi rese inimitabile seguace del vostro padre e maestro Francesco di Assisi, aiutatemi, vi scongiuro, in questi giorni di preparazione alla prova/esame che presto dovrò affrontare.
Fate che quanto ho seminato sia per me ricco di raccolto; datemi la gioia di un esame pieno di conforto e privo di trepidazioni. Tanto io da voi attendo, o caro Santo, anche in considerazione di ore forse non degnamente sfruttate per lo studio…
Voi le conoscete le dure vigilie dell’esaminando: Dio vi consolò facilitandovi sempre ed in modo singolarissimo.
Assistetemi e fate che altrettanto avvenga per me, in modo che possa con prontezza e vivacità superare quel timore che invadendo l’animo mi ottenebra la mente.
La mia fiducia è dunque in voi o protettore mio.
Fate che le mie speranze non vadano deluse!
Amen.

 

PREGHIERA A SAN GIUSEPPE MOSCATI PER CHIEDERE UNA GRAZIA
Amabilissimo Gesù, che ti degnasti venire sulla terra per curare
la salute spirituale e corporale degli uomini e fosti tanto largo
di grazie per San Giuseppe Moscati, facendolo un medico secondo
il tuo Cuore, insigne nella sua arte e zelante nell’amore apostolico,
e santificandolo nella tua imitazione con l’esercizio di questa duplice,
amorevole carità verso il prossimo, ardentemente ti prego
di voler glorificare in terra, il tuo servo nella gloria dei santi,
concedendomi la grazia…. che ti chiedo, se è per la tua
maggior gloria e per il bene delle anime nostre. Amen.

 

Preghiera a San Gabriele dell’Addolorata

 

O giovane santo, innamorato della Vergine Addolorata
che ai piedi del Crocifisso con Maria
imparasti a vivere la passione di Cristo,
fa che nella chiesa di oggi e nella società umana
rifiorisca quell’amore al Redentore
che è stato il motivo dominante
della tua coraggiosa scelta di consacrazione Signore.
Tu alla scuola di san Paolo della Croce
imparasti a vivere nel silenzio, nella solitudine del convento,
nella preghiera incessante e nella penitenza più totale,
fa che anche noi, uomini e donne del ventunesimo secolo,
sentiamo il bisogno di fare esperienza del deserto,
entrando in quel cammino di conversione permanente
che porta il credente a mettere al centro della propria esistenza
solo Colui che è la nostra vera gioia e felicità in questa terra e nell’eternità.
Dal Paradiso proteggi tutti i giovani del mondo,
in questo tempo di forte crisi di valori e di identità,
nel quale è facile smarrirsi e deviare,
senza più ritrovare la strada che riporta a Dio e all’eternità
Essi hanno bisogno in modo singolare
del tuo speciale patrocinio dal trono di Dio,
dove in eterno contempli il tuo amato Signore
e godi della visione beatifica della Vergine Santa,
tua e nostra amatissima Madre.
Non permettere che nessun giovane di questa terra
perda la speranza e la fiducia in Dio e nel prossimo,
ma ognuno sappia sperare in un mondo migliore
e in una nuova umanità, in  cui regnerà per sempre la giustizia e la pace.
Ti affidiamo in modo singolare i bambini ed i fanciulli dell’Italia e del Pianeta intero, perché possano vivere in un mondo riconciliato nell’amore.
Assisti quanti sono nelle difficoltà di ogni genere e dal cielo fa scendere,
attraverso la tua potente intercessione, abbondante la benedizione del Signore.
Benedici, o Gabriele, quanti ricorrono a te con fede,
chiedendo, tramite te, al Padre di eterna bontà e carità,
quanto è necessario per una degna vita umana,
contrassegnata da tante sofferenze, privazioni e prove di ogni genere.
Tu che occupi uno speciale posto nel cuore di Gesù e Maria,
fa che possiamo vivere in questo mondo
in stretta amicizia con il Figlio di Dio e la Madre di Dio.
Dal tuo santuario dell’Isola del Gran Sasso
dispensa a tutti gli uomini della terra ed ai tanti devoti e tuoi fedeli
il dono del vero sorriso che proviene da Dio,
la pace del cuore che viene da un cuore riconciliato con il Signore,
la bontà e la misericordia per quanti necessitano del perdono del Signore,
perché lontani da Lui e peccatori incalliti
nel vizio del male e di ogni depravazione morale.
Ottieni dal Signore il ritorno ai retti costumi
in ogni campo del vivere umano, sociale ed ecclesiale
e il mondo possa godere di una stabile pace su tutta la terra, senza conflitti, divisioni e paure di qualsiasi genere.
Gabriele, tu che tutto puoi ed ottieni dal Signore,
non dimenticarti di nessuno di noi.
 Amen.
(Padre Antonio Rungi)

 

PREGHIERA A SAN LUIGI GONZAGA
O amabile San Luigi,
la cui illibata purezza rese simile agli Angeli,
e l’ ardente amore a Dio eguagliò ai Serafini del Cielo,
volgete su di me uno sguardo di misericordia.
Voi vedete quanti nemici mi attornano,
quante occasioni insidiano all’ anima mia;
e come la freddezza del mio amore a Dio
mi metta a pericolo di offenderlo ad ogni piè sospinto
e di allontanarmi da Lui, lasciandomi adescare ai fallaci piaceri di terra.

 

Salvatemi Voi, o gran Santo… a Voi mi affido.
Impetratemi Voi ardente amore a Gesù Sacramento
ed ottenetemi grazia ch’ io sempre mi accosti
al Banchetto Eucaristico con cuore puro e contrito,
ripieno di fede viva ed umiltà profonda.
Le mie comunioni allora saranno,
come le furono per Voi,
potente farmaco d’ immortalità,
soave profumo dell’ eterno bacio di Dio. Amen

 

 
Preghiera a Santa Rita da Cascia

 

Sotto il peso e tra le angosce del dolore,
a Voi che tutti chiamano la santa degli impossibili,
io ricorro nella fiducia di presto averne soccorsi.
Liberate, vi prego, il mio povero cuore,
dalle angustie che da ogni parte l’opprimono,
e ridonate la calma a questo spirito che geme,
sempre pieno di affanni.
E giacché riesce inutile ogni mezzo a procurarmi sollievo,
totalmente confido in Voi
che foste da Dio prescelta per avvocata dei casi più disperati.
Se sono di ostacolo al compimento dei miei desideri,
i peccati miei ottenetemi da Dio ravvedimento e perdono.
Non permettete, no, che più a lungo sparga lacrime di amarezza,
premiate la mia ferma speranza,
ed io darò a conoscere dovunque
le grandi vostre misericordie verso gli animi afflitti.
O ammirabile sposa del Crocifisso,
 intercedete ora, sempre per i miei bisogni. Amen

 

 

Sant’Antonio: l’umiltà punto di partenza per ogni vita virtuosa

s_-antonio.jpgTra le tante virtù che costituiscono la struttura dell’edificio spirituale, sant’Antonio si sofferma francescanamente su quattro che rivelano la sua spiritualità: l’umiltà, l’obbedienza, la povertà e la carità.

Alla base della sua ascesi, il santo pone l’umiltà, radice e madre di tutte le virtù. L’umiltà è diventata il suo proprio “io”, l’essenza del suo modo di pensare e di agire, come risulta chiaramente dai Sermones antoniani.

Essa è la conseguenza della riflessione sull’abiezione e sulla nullità della natura umana.

Considerando le conseguenze fisiologiche della nutrizione e della digestione del corpo umano il quale è costretto alla defecazione, sant’Antonio afferma che, di fronte a una tale bassezza, ogni uomo deve umiliarsi profondamente. Perfino il concepimento e la nascita sono, per Antonio, un motivo per deporre qualsiasi sentimento di superbia.

L’umiltà fa conoscere all’uomo se stesso e Dio. Come il fuoco riduce in cenere e abbassa le cose alte, così l’umiltà costringe il superbo a piegarsi e a umiliarsi, ripetendo le parole del Genesi: “Polvere tu sei e in polvere tornerai” (3,19). Il vero umile si ritiene un verme, un figlio di verme e putredine. Il disprezzo di sé (contemptus sui) è la principale virtù dell’uomo giusto, con la quale egli, verme della terra, si contrae e si allunga per raggiungere i beni celesti. La superbia è il più grave peccato davanti a Dio e l’umiltà è la più nobile delle virtù. Essa sostiene con modestia le cose ignobili e disoneste ed è aiutata dalla grazia divina.

L’umiltà è paragonata a un fiore, poiché come un fiore essa ha la bellezza del colore, la soavità del profumo e la speranza del frutto. “Quando vedo un fiore – osserva sant’Antonio – spero nel frutto; così quando vedo un umile, io spero nella sua beatitudine celeste”.

Il santo pone nel cuore la sede della virtù dell’umiltà. Come il cuore regola la vita del corpo, così l’umiltà presiede alla vita dell’anima Come il cuore è il primo organo a vivere e l’ultimo a cessare di esistere, così la virtù dell’umiltà muore insieme con lui. Se il muscolo cardiaco non può sopportare né un dolore né una grave malattia per non compromettere la vita degli altri organi, la virtù dell’umiltà non può né lamentarsi delle offese ricevute né crucciarsi per l’altrui benessere, perché, se essa vien meno, va in rovina l’edificio delle altre virtù.

Frate Antonio distingue dieci gradi di umiltà, che sintetizzano tutto il cammino della perfezione.

L’umiltà esige che l’uomo tenga presente l’umile origine del suo corpo, la sua gestazione nel grembo materno, la sua inornata nascita, il suo travaglioso pellegrinaggio terreno, le sue debolezze e abbia davanti a sé il pensiero della morte, “più amara di ogni amarezza”. L’umiltà, inoltre, sollecita l’uomo a entrare nel mistero del Cristo umile che si è fatto suo servo e redentore, testimone dell’amore spinto fino alla follia. L’avanzamento dell’uomo sul cammino della perfezione è proporzionato al suo abbassamento, poiché ogni uomo che si innalza sarà abbassato e chi si umilia sarà innalzato. Attraverso questi dieci gradi egli, cosciente della sua infermità e della sua povertà, entra per grazia di Dio nella vita spirituale, si libera dalle cose pericolose che lo appesantiscono, contempla più chiaramente la sua natura autentica come persona e nelle profondità più intime della sua anima scopre Dio presente. L’umiltà muove il santo perché discenda, affinché ascenda poi più in alto e Dio cresca in lui.

Non c’è pagina dei Sermones che tradisca, non dico un principio di vanagloria, incompatibile con la santità, ma neppure che riveli la coscienza del suo reale valore, il che potrebbe anche conciliarsi con l’umiltà. Viva è in Antonio la preoccupazione di farsi “piccolo”, di mettere in ombra i suoi pregi e in luce i suoi difetti, per premunirsi contro ogni assalto della superbia.

“Tu, cenere e polvere, insuperbirti di che? Della santità della vita? Ma è lo spirito che santifica; non il tuo, quello di Dio. Ti infonde forse piacere la lode che il popolo riserva ai tuoi discorsi? Ma è il Signore che dà il dono dell’eloquenza e della sapienza. Che cos’è la tua lingua, se non una penna in mano di uno scrivano?”. “Se un adulatore ti dice: “Sei esperto e sai molte cose”, è come se ti dicesse: “Sei un indemoniato” (i greci dicono daimonion un profondo conoscitore delle cose). Tu devi rispondergli con il Cristo: “Non sono indemoniato”, perché da me stesso non so niente e nulla di buono è in me; glorifico il mio Dio, attribuisco a lui ogni cosa e gli rendo gloria. Egli è il principio di ogni sapienza e di ogni scienza”.

Naturalmente l’uomo presta la sua cooperazione alla divina bontà. Di questa è impossibile non avere coscienza. Tuttavia nel valutare i suoi meriti personali il santo procede con cautela. Li disistima più che esagerarne l’importanza. Soprattutto non divide mai gli aspetti positivi della vita dai negativi. L’uomo virtuoso “insieme con le belle cose che opera, ritiene per sua umiliazione i difetti. E non saperli vincere, nonostante la loro piccolezza, è per lui un monito continuo a vivere nell’umiltà”.

Il patrimonio di virtù, che frate Antonio mirava di continuo ad accrescere, si univa a una profonda sapienza. I Sermones dimostrano splendidamente l’eccezionale cultura di frate Antonio di Padova.

Dai suoi scritti, se non emergono le rare qualità del genio, risultano queste specialissime doti:

una mente speculativa, una forte memoria, un’operosa immaginazione, un’acuta capacità di osservazione, una delicata sensibilità e un’indomita volontà di apprendimento. Il primo biografo di sant’Antonio non mancò di mettere in rilievo queste singolari prerogative del giovane francescano di Padova. Il santo non si considera qualcosa né assume l’atteggiamento dell’erudito. Anzi, egli si professa seguace dei più illustri maestri. Nel campo della sapienza frate Antonio si paragona a Ruth spigolatrice. Egli verrà dietro ai “grandi” cercando di raccogliere le briciole del loro insegnamento. Parlando della sua scienza, all’inizio dei Sermones, e consapevole della propria pochezza, la definisce con quattro parole, che sono ciascuna un atto di umiltà: rivoletto di una piccola scienza poverella. E non si tratta di frasi di complimento davanti al grave compito che intraprendeva con timore e senso di discrezione, perché a opera ultimata egli si considera il più insignificante dei frati. Invita i confratelli lettori ad attribuire ogni lode e onore a Cristo per quanto di edificante ha scritto e alla sua ignoranza i difetti riscontrati nella sua opera e affida ai superiori dell’Ordine il compito di rivedere, correggere e precisare le sue pagine.

Papa Benedetto XVI. No alla cultura della menzogna e della calunnia. Condanna senza appello dei calunniatori e dei menzognieri

1338392246141_stendardo_sul_duomo_OK.jpgCon il battesimo siamo “uniti a Dio in una nuova esistenza, apparteniamo a Dio, siamo immersi in Dio stesso”. Lo ha ricordato Benedetto XVI aprendo ieri sera, 11 giugno 2012, nella basilica romana di San Giovanni in Laterano, l’annuale Convegno ecclesiale pastorale della diocesi di Roma, che ha per tema “Andate e fate discepoli, battezzando e insegnando (Mt 28, 19-20). Riscopriamo la bellezza del Battesimo”. “Prima conseguenza del battesimo”, ha sottolineato il Papa in una catechesi tenuta interamente a braccio, è “la centralità di Dio nella nostra vita”, ovvero Dio “non è una stella lontana, ma l’ambiente della mia vita”. In secondo luogo “divenire cristiani non è qualcosa che segue dalla mia decisione. Certo, anche la mia decisione è necessaria”, ma è Dio che “mi prende in mano e realizza la mia vita in questa nuova dimensione”. “Essere fatti cristiani da Dio – ha precisato – implica questo mistero della Croce: solo morendo al mio egoismo, uscendo da me stesso posso dirmi cristiano”. Terza conseguenza del battesimo, ha annotato il Pontefice, è l’unione “ai fratelli e alle sorelle”, poiché “essere battezzati non è mai un atto solitario”. Il rito sacramentale, ha evidenziato, “si compone da due elementi, la materia – acqua – e la parola”. “Il cristianesimo non è qualcosa di puramente spirituale”, ha aggiunto, ma “una realtà cosmica”, “la materia fa parte della nostra fede”. Ha aggiunto Papa Benedetto: “Rinunce, promesse e invocazioni” compongono la liturgia battesimale. “Non sono solo parole, ma cammino di vita. In esse – ha puntualizzato papa Ratzinger – si realizza una decisione, è presente tutto il nostro cammino battesimale”. “Il sacramento del battesimo non è un atto di un’ora, ma un cammino di tutta la nostra vita”, “siamo sempre in cammino battesimale e catecumenale”. Benedetto XVI ha quindi riflettuto sulla “dottrina delle due vie”, che si esprime con il triplice rinunzio e il triplice credo. Un tempo “le seduzioni del male” venivano chiamate “la pompa del diavolo”. Erano “soprattutto i grandi spettacoli cruenti, dove la crudeltà diventa divertimento”. Ma oltre a questi s’intendeva “un tipo di cultura nel quale non conta la verità ma l’apparenza, l’effetto, la sensazione, e sotto il pretesto della verità in realtà si distruggono uomini”. “Conosciamo anche oggi – ha puntualizzato il Papa – un tipo di cultura dove non conta la verità, anche se apparentemente si vuole far apparire tutta la verità. Contano solo la sensazione e lo spirito di calunnia e distruzione. Una cultura che non cerca il bene, in cui il moralismo è una maschera in realtà per confondere, per creare distruzione e confusione”. “Contro questa cultura dove la menzogna si presenta sotto la veste della verità e della diffamazione, contro questa cultura che cerca solo il benessere materiale e nega Dio diciamo no”.
Ha sottolineato inoltre che vi è poi la rinunzia al peccato, e se oggi si contrappone la libertà all’osservanza dei comandamenti, “in realtà questa’apparente libertà diventa subito schiavitù”. Terza, la rinunzia a Satana, perché “c’è un sì a Dio e un no al potere del maligno”. Benedetto XVI ha presentato il simbolo dell’acqua mostrandone i due significati. “Da una parte fa pensare al mare, soprattutto al mar Rosso”, e qui si presenta come morte “per arrivare a una nuova vita”. Il battesimo “è morte a una certa esistenza e rinascita a una nuova vita”. Contrapposta alla morte è la vita, e l’acqua richiama la fonte, “origine di tutta la vita”. Infine, a chi s’interroga se sia giusto battezzare i bambini, o sia meglio “fare prima il cammino catecumenale”, “queste domande – ha risposto il Papa – mostrano che non vediamo più nella vita cristiana la vita nuova, la vera vita, ma una scelta tra le altre, anche un peso che non si dovrebbe imporre senza avere il consenso del soggetto”. Ma “la vita stessa ci viene data necessariamente senza consenso previo”. La domanda, quindi, sarebbe: è giusto dare la vita senza che il nascituro abbia la possibilità di decidere? “È possibile e giusto – ha da ultimo risposto papa Ratzinger – soltanto se con la vita possiamo dare anche la garanzia che questa vita è buona e protetta da Dio, è un vero dono”.

La Festa annuale di Sant’Antonio di Padova 2012

DSC03439.JPGLo scorso anno per la prima volta nella mia vita visitai i luoghi della nascita, dell’infanzia e della gioventù di Sant’Antonio di Padova. A Lisbona e poi a Coimbra tutto parla di lui, come in Italia e in ogni parte del mondo Sant’Antonio rappresenta il santo dei santi, il santo dei miracoli, il santo più conosciuto ed invocato, il santo più amato e taumaturgo. Un santo unico, un santo eccezionale, un santo straordinario, un santo dotto, asceta, mistico, profetico, evangelizzatore, biblista, un santo in cui Dio ha racchiuso tanti doni per il bene della chiesa e dell’umanità, di quell’umanità assetata di verità e di vera solidarietà. Ecco perché Antonio è anche il santo dei poveri, della carità, della misericordia, della gioia, della sapienza che nasce da Dio es si alimenta nel cuore di chi cerca Dio. ANTONIO da Padova,santo,DSC03438.JPG nacque intorno al 1195 a Lisbona, deve l’appellativo col quale è universalmente conosciuto alla città italiana che l’ospitò negli ultimi anni della sua vita e che ora ne custodisce le reliquie. Di famiglia della piccola nobiltà militare, fu battezzato nella cattedrale lisboeta, vicino alla quale sorgeva la casa paterna, col nome di Fernando, che volle cambiare in Antonio indossando l’abito francescano. Fanciullo frequentò la scuola della cattedrale e in età giovanile (circa 1210) entrò fra i canonici regolari di S. Agostino, dimorando circa due anni nel monastero di S. Vincenzo presso le mura di Lisbona. A sua richiesta fu trasferito al celebre monastero di Santa Croce in Coimbra, uno dei migliori centri culturali del Portogallo. Vi rimase nove anni attendendo a quella formazione spirituale e scientifica, specialmente biblica e teologica, che rivelò in seguito dalla cattedra, dal pulpito e negli scritti. Probabilmente in questo tempo fu ordinato sacerdote. Il giovane Fernando, cresciuto nel clima della riconquista della penisola iberica dalla dominazione araba, nella venerazione delle reliquie dei cinque protomartiri francescani, uccisi per la fede nel Marocco il 16 genn. 1220, che l’infante don Pedro aveva fatto trasportare a Coimbra nello stesso anno, maturò il progetto di convertire i musulmani al cristianesimo. Poco dopo Fernando entrava nell’Ordine minoritico accolto dai frati del piccolo convento conimbricense di Sant’Antonio dos Olivais, donde, nell’autunno del 1220, partì missionario per il Marocco. Ivi giunto si ammalò e, trascorso l’inverno, s’imbarcò per tornare in Portogallo, ma i venti contrari spinsero la nave sulle coste della Sicilia: A. non sarebbe più tornato in patria. Il 30 maggio 1221 era ad Assisi al capitolo generale del suo Ordine; s. Francesco, estenuato dal viaggio in Oriente, parlò ai convenuti. A., sconosciuto a tutti, vide partire i suoi confratelli con i loro superiori per le diverse destinazioni; pregò il provinciale di Romagna, frate Graziano, di prenderlo con sé e fu esaudito. Destinato all’eremo di Montepaolo (Forlì), in una caverna adattata a cella condusse aspra vita di asceta, rigorosamente sottratto dal mondo e poco noto agli stessi confratelli, che lo avevano compagno solo negli esercizi di vita comune. Obbligato per obbedienza a parlare durante un’ordinazione sacra tenuta a Forlì, improvvisò un discorso che ai convenuti parve mirabile per chiarezza d’esposizione e profondità di sapere. Fu quello il principio di una incessante attività che A. condusse fino alla morte, predicando al popolo e, primo dei francescani, insegnando teologia ai giovani frati dell’Ordine con approvazione dello stesso Francesco. Esplicò il magistero a Bologna, predicò nell’Italia settentrionale, prima accolto ostilmente dagli eretici catari, in seguito ascoltato con attenzione da tutti.

A Rimini – forse nella quaresima del 1222 – convertì Bonillo, uno dei capi dell’eresia. Passato nella Francia meridionale, continuò l’opera di evangelizzazione di s. Domenico tra gli Albigesi della Provenza e Linguadoca. Predicò in molte città e borgate, tra le quali Bourges, Saint-Junien, Brive, Arles e Limoges, tenendo conferenze al clero e disputando pubblicamente con gli eretici. Ad Arles partecipò al capitolo dei francescani della provincia di Provenza. Insegnò a Tolosa, Montpellier, Puy-en-Velay, fu custode di Limoges, dove nell’anno 1226 ottenne una nuova casa per i frati.

Convocato il capitolo generale da frate Elia per il 30 maggio 1227 – Francesco era morto il 3 ottobre dell’anno precedente – A. con ogni probabilità vi prese parte in qualità di custode di Limoges. Certamente era in Italia dopo la Pasqua del 1227. Eletto ministro provinciale dell’Italia superiore, continuò a predicare e scrisse i Sermones dominicales.Va comunque notato che dal 1227 al 1230 i dati biografici sono pressoché nulli: noi non sappiamo quale posizione abbia assunto – e se l’abbia assunta – A. nella questione gravissima per l’Ordine della divisione tra zelanti e mitigati, né ci risulta con precisione in quali circostanze abbia predicato per il papa. Nel marzo 1228, era a Roma, forse per affari del suo Ordine presso la curia papale. Invitato da Gregorio IX, predicò alla sua presenza e dei cardinali; il papa lo definì “Arca del Testamento e scrigno delle Sacre Scritture”. Pare che abbia predicato a Firenze durante l’avvento di quell’anno e la quaresima del successivo, per incarico del ministro generale dei francescani Giovanni Parenti, passando poi ad evangelizzare le Marche.

Sul finire dell’anno 1229 era a Padova. Durante l’inverno 1229-30 scrisse i Sermones in solemnitatibus Sanctorum,assecondando le preghiere di Rolando dei Conti, cardinale d’Ostia (poi Alessandro IV). Nel capitolo generale del 1230 fu sollevato dal governo della provincia e si dedicò più intensamente all’apostolato della parola. Dalle controversie con gli eretici passò all’opera di pacificazione delle fazioni patavine e ad una energica azione contro l’usura. La predicazione quaresimale di Padova del 1231 fu un trionfo per A.; le fonti biografiche ci parlano d’innumerevoli folle che accorrevano ad ascoltarlo; i reggitori del Comune di Padova, persuasi dalla parola di A., modificarono lo statuto in favore dei debitori non fraudolenti. Si adoperò per liberare dalla prigione di Ezzelino III da Romano il conte Rizzardo di San Bonifacio e altri capi guelfi, caduti nelle mani del condottiero dei ghibellini un anno prima, ma – nonostante quanto affermato da leggenda – la missione non sortì alcun esito.

Continuò l’apostolato nelle campagne fino alla mietitura, indi si ritirò a Camposampiero, non lontano da Padova, presso l’amico conte Tiso, che vicino alle mura del suo castello aveva eretto un piccolo romitorio per i francescani. A. si fece costruire una celletta su un grosso noce e passò in contemplazione gli ultimi giorni della sua vita. Attaccato violentemente dall’idropisia, sentendosi prossimo alla fine, si avviò alla volta di Padova, desiderando morirvi. All’Arcella, nei dintorni della città, si aggravò e i suoi compagni lo trasportarono nella casa dei frati cappellani delle monache clarisse. Ivi morì, dopo aver ricevuto i Sacramenti, il 13 giugno 1231. Undici mesi dopo, il 30 maggio 1232, il pontefice Gregorio IX lo proclamò santo nella città di Spoleto.

Il suo culto si diffuse assai rapidamente, grazie alla fama di taumaturgo, e dal sec. XVI è diventato universale. Nell’Ordine francescano A. ebbe sempre l’ufficio liturgico dei dottori della Chiesa, che Pio XII, con il breve Exulta Lusitania del 16 genn. 1946, confermò ed estese alla Chiesa universale. Subito dopo la canonizzazione di A. incominciarono in Padova i lavori per il tempio dedicato al nuovo santo, durati circa due secoli. Alla fabbrica e agli ornamenti contribuirono generazioni di artisti, non pochi di grande valore. Nel 1263 vi furono traslate le sue reliquie alla presenza del francescano s. Bonaventura da Bagnoregio, allora ministro generale dell’Ordine.

Opere e pensiero.Fuori di discussione è l’autenticità dei Sermones dominicales per annum, Sermones in laudem Beatissimae Mariae Virginis e Sermones in solemnitatibus Sanctorum,attestata dalla Legenda prima o Assidua e dalla concorde attribuzione ad A. di 13 manoscritti dei secc. XIII-XIV. A questi soli ci richiamiamo per l’esame del suo pensiero. Invece gli è fortemente contestata la paternità della Expositio in Psalmos,che per più di un secolo fu conosciuta sotto il suo nome.

L’opera fu pubblicata a Bologna nel 1757 da A. Azzoguidi, che la trasse da un ms. mutilo, tuttora conservato in quella città, falsamente creduto autografo di A. dall’editore e da altri. Scoperte del nostro secolo hanno posto in luce diversi codd. della Expositio, parte dei quali anonimi, altri col nome del francese Jean Algrin d’Abbeville (Ioannes de Abbatisvilla), nessuno con quello di Antonio. Di conseguenza, non pochi critici danno per certa l’Expositio all’Abbeville, contemporaneo di A., più anziano di lui e sicuro autore di opere sulla Bibbia. Tuttavia non mancano studiosi che o dubitano della legittima paternità di Jean d’Abbeville sull’opera o stanno decisamente per Antonio. I saggi sui rapporti stilistici e dottrinali della Expositio con scritti genuini dei due autori non convincono. Inoltre bisognerà tener conto di possibili dipendenze intercorse fra A. e l’Abbeville o da fonti comuni. Senza nessun fondamento sono state attribuite ad A. molte altre opere non sue. A. mirava a prestare ai predicatori, specialmente francescani, un materiale di studio che servisse al loro apostolato durante tutto l’anno liturgico.

Il sermone antoniano mentre rivela una adesione completa agli schemi tradizionali fissati per l’oratoria sacra, thema, prothema,detto da A. “thema concordans”, lascia intravedere, talvolta, con il gusto per lunghe, tipiche digressioni etimologiche, una caratteristica propensione a ricavare significati morali – che sono quelli più scopertamente ambiti dall’oratoria antoniana – dai nomi di animali, o da fatti naturali, con dipendenza diretta, parrebbe da Solino, oltre che dalle fonti tradizionali costituite dal De bestiis et aliis rebus attribuita a Ugo di S. Vittore e dalle Etymologiae isidoriane. Le fonti di A. sono essenzialmente patristiche: cita con frequenza Agostino, che deve essergli stato il più familiare durante gli anni della sua formazione scientifica. Agostiniane sonole sue posizioni sulla grazia e già si avverte in luila preferenza per certe dottrine teologiche relative a Cristo e alla Vergine, che la scuola francescana svilupperà. Ma in lui le trattazioni morali hanno assoluta prevalenza su quelle speculative. Ciò deriva dal fine delle opere di A. e dall’atteggiamento fondamentale della prima predicazione francescana: morale per altro fondata sulla meditata conoscenza delle Scritture. A. analizza con molta acutezza i vizi capitali, riprova duramente l’usura, la rapina, il furto e la simonia, Tratta con mirabile chiarezza del sacramento della penitenza. La sua ascetica si parte dalla purificazione del peccato ottenuta con la confessione e si affina con l’esercizio della virtù: povertà, castità, obbedienza, umiltà, alle quali la giustizia è corona. È sempre necessaria, durante l’ascesi, la preghiera costante. Centri di devozione sono l’Umanità di Cristo, l’Eucarestia, la Passione di Gesù, la Vergine. Vertice della vita ascetica e principio della mistica è la perfetta carità, geminata nell’amore di Dio e del prossimo. La buona conoscenza che A. ebbe dei grandi mistici occidentali, Agostino, Gregorio e Bernardo, gli ha consentito di trattare con sicurezza quasi tutti i problemi della mistica; l’esperienza personale, poi, ha conferito un tono di originalità alle note su tale argomento sparse in numerosi sermoni. Al contrario di quanto si era pensato fino ai decisivi studi del nostro tempo, A. non rivela tracce della difficile e astratta elaborazione dello pseudo Dionigi Areopagita, nonostante sia stato in rapporti di amicizia col qualificato commentatore di questo, Tommaso Gallo, abate di Vercelli. A. divide il cammino spirituale nei tre gradi ormai classici, degli incipienti, dei proficienti e dei perfetti.

Pare che A., oltre alla contemplazione passiva, ammetta anche l’attiva, poiché parla di mezzi umani per conquistarla. Ma è difficile interpretare sempre giustamente i sensi che egli attribuisce alla parola contemplatio,cioè stabilire se parli di considerazione del riflesso di Dio nelle sue opere, di meditazione semplice, o infine di vera contemplazione; e se la mentis elevatio siidentifichi per lui con la contemplazione acquisita, o sia invece il grado più basso, rispetto alla mentis alienatio,di quella infusa. Nel pensiero di A. la contemplazione passiva non dipende dall’arbitrio del contemplante, ma dalla disposizione del Creatore, cioè è dono gratuito; è atto transeunte, non abito permanente. Secondo l’opinione più comune, egli ammette la vocazione remota alla contemplazione di tutti gli uomini da parte di Dio.

Altri aspetti della sua mistica anticipano le teorie di s. Giovanni della Croce sulla notte mistica dei sensi. A. asserisce che l’oggetto primario della contemplazione è l’Unità e Trinità di Dio, secondario, ma spesso primario in ordine di tempo – e quasi esercizio per ascendere all’antecedente – l’Umanità del Cristo mediatore. Complessivamente, A. incarna l’ideale di contemplazione e azione degli Ordini mendicanti del suo secolo e quello di maestro e predicatore popolare. Spinto da necessità altrui a scrivere, egli si rivelò provvisto per questo compito di una vasta cultura nelle scienze sacre, che filtrò accuratamente, evitando discussioni di scuola, e adattò in stile personale, ma sempre comprensibile a chi doveva usare i suoi sermoni. Nell’oratoria sacra egli ha realizzato il felice innesto della prima predicazione francescana, semplice, cordiale, rivolta ad inculcare al popolo precetti morali, con quella dotta, retorica, regolata da precetti d’arte dei maestri in teologia del suo tempo. Della prima mantenne il calore affettuoso e l’amore agli insegnamenti pratici, dalla seconda mutuò la tessitura dello schema, la ricca argomentazione d’autorità e la forza apologetica contro gli eretici.

Le opere di A. ebbero numerose edizioni: Sermones dominicales,Parigi 1520, Venezia 1574; Sermones in solemnitatibus, Avignone 1648, ibid. 1734, Padova 1883; Sermones in laudem et honorem B. V. M.,Padova 1885; Sermo de Assumptione B. V. M., ibid. 1902; Opera omnia, Parigi 1641, con le seguenti ristampe: Lione 1653, Ratisbona 1739, Parigi 1889 in Medii Aevi Bibl. patristica,series I, coll. 449-1286.

Mancano nell’Opera omnia i Serm. in laud. et hon. B. V. M.;invece ci sono molte opere spurie. Le dette ediz. sono largamente superate dall’unica veramente attendibile: S. A. Patavini thaumaturgi incliti Sermones dominicales et in solemnitatibus,quos… edidit notisque et illustrationibus locupletavit A. M. Locatelli, 3 voll., Padova 1895-1913, condotta sul ms. esistente nel tesoro della basilica del Santo (Padova), certamente del tempo di A., e con postille che si ritengono di sua mano. Fu continuata da G. Munaron, G. Perin, e M. Scremini.

Iconografia. Per quanto riguarda la vastissima iconografia di A., unico dato costante per la sua identificazione è che egli veste sempre l’abito francescano. Gli attributi invece subirono notevoli variazioni. I più antichi ritratti lo rappresentano col libro in mano (Berlinghieri, Gall. dell’Accademia, Firenze). Dal 1394 con la fiamma (Agnolo Gaddi, chiesa di S. Croce di Firenze) o la fiamma e il libro (Taddeo Gaddi, Pinacoteca di Perugia). Alla fiamma qualche volta pittori del centro Italia sostituiscono il cuore (Fiorenzo di Lorenzo, Pinacoteca di Perugia). Prima della metà del sec. XV A. compare con il giglio in mano (Ignoto, Libro di entrata e uscita dal 1434-35, Padova). Il Liber Miraculorum racconta che A. tenne l’Infante fra le braccia, questa visione sarà motivo di numerose opere di artisti spagnoli del sec. XVI o che hanno lavorato in Spagna (V. Carducci, Ribera, Murillo) e di barocchi tedeschi (Zeiller, Knoller). In altri il Bambino è presentato dalla Madre ad A. (Rubens, Van Dyck, Dolci). Il giglio e il Bambino, o soli o insieme, sono ormai i simboli che distinguono la figura di Antonio. Oltre che in figura isolata o con altri santi, non pochi artisti hanno dipinto o scolpito cicli di fatti della vita di A., ispirandosi di preferenza al Liber Miraculorum.

Si ricordino anche le due vetrate trecentesche della cappella di S. Antonio nella basilica inferiore di S. Francesco in Assisi. Nel sec. XV si hanno gli affreschi di Lorenzo da Viterbo e scuola in S. Francesco di Montefalco, e di Benvenuto di Giovanni nel duomo di Siena. Di eccezionale valore artistico sono i quattro bassorilievi in bronzo di Donatello dell’altare della basilica del Santo in Padova, i primi del ciclo dei miracoli, che poi fu continuato da Bartolomeo Bellano, Tullio e Antonio Lombardo, Sansovino e altri. Ancora in Padova, nella Scuola del Santo, si ispirano ai miracoli gli affreschi di Tiziano e aiuti; e a Bologna, nella basilica di S. Petronio, quelli di G. Pennacchi.

 Fonti e Bibl.: Legenda prima o Assidua,scritta in Italia da un ignoto frate minore poco dopo il 30 maggio 1232. Tardive aggiunte a questa Legenda si hanno nei mss. di Lucerna (circa 1303), Padova, Parigi e Ancona. Edita da Fortunato di s. Bonaventura, Vita et miracula s. A. Olyssiponensis,Coimbra 1830, poi in Portugalliae monumenta historica, Scriptores,I, pp.116-130, Olisipone 1856 e poi da A. M. Iosa, Bologna 1883; Hilaire de Paris, Montreuil-sur-Mer et Genève 189o; L. de Kerval, S. A. d. P., Vitae duae,Parigi 19o4, è l’ediz. migliore per il testo, le aggiunte predette e gli studi critici: il vol. contiene anche la Legenda Benignitas;F. Conconi, Leggende di A. d. P.,Padova 1930, e seconda ediz. ibid. 1931, i voll. contengono anche la Legenda Benignitas,la Legenda Rigaldina e testimonianze minori del sec. XIII; R. Cessi, Leggende antoniane,Milano 1936. La Assidua è stata tradotta in italiano da A. Coiazzi, Torino 1931 e A. F. Pavanello, Padova 1946. Legenda secunda o Anonyma,attribuita al francescano Giuliano da Spira, scritta circa il 1235; edd. in Acta Sanctorum, Iunii,II,Antverviae 1742, pp. 705-718 e in Conconi, opere citate. Dialogus de gestis ss. Fratrum Minorum,pubblicato parzialmente da L. Lemmens, Roma 1902, e integralmente da F. Delorme, Quaracchi 1923, che l’attribuì a fr. Tommaso da Pavia. L’opera fu scritta fra il 1244 e il 1247. Legenda Raymundina,scritta da fr. Pietro Raimondi da San Romano di Tolosa a Padova nel 1293 e pubblicata da A. M. Iosa, Bologna 1883. Legenda florentina,scoperta e pubblicata da L. Lemmens in Römische Quartalschrift für Altertumskunde und für Kirchengeschichte,XVI(1902), pp. 410-414, ed E. Palandri in Studi Francescani,IV (1932), pp. 454-496; di età incerta, collocabile tra il 1250 e primi del ‘3oo, Legenda Rigaldina,dal nome dell’autore fr. Giovanni Rigaldi, che la compose fra il 1293 e il 1303. È la fonte più importante dopo l’Assidua,della quale è complemento necessario. F. d’Araules [Delormel la pubblicò col titolo La vie de st. A. d. P. par Jean Rigauld, Bordeaux-Brive 1899. La rese in italiano T. Mengoni da Soci, Quaracchi 19o2. Legenda Benignitas,frammentaria dei primi del sec. XIV, edita nei voll. citati del de Kerval e Conconi. Liber Miraculorum,composto dopo il 1367; edd. in Acta Sanctorum, vol. cit., pp. 216-232 e in Analecta Franciscana,III, Quaracchi 1897, pp. 121-158.

Fra le testimonianze minori, singolare importanza hanno quelle di Rolandino di Padova, che conobbe A., e di lui parla nella Cronica de factis et circa facta Marchie Trivixane, lib. 2, c. 19; lib. 3, c. 5 (in Rerum Italic. Script., 2 ediz., VIII, 1, a cura di A. Bonardi, pp. 40, 43 s.).

Innumerevoli le ricostruzioni biografiche su A.; per primo orientamento sicuro il lettore può ricorrere a R. Pratesi, A. d. P.,in Encicl. cattolica,I, Città del Vaticano 1949, coll. 1548-1554, e L. Arnaldich, S. A., doctor evangélico,Barcelona 1958. Inoltre: E. de Azevedo, Vita del taumaturgo portoghese s. A. d. P.,Iª ediz., Venezia 1788, 7 ediz., ibid. 1930; C. das Neves, O grande thaumaturgo de Portugal s. A. de Lisboa,2 voll., Porto 1895; A. Lépitre, S. A. de Padoue,Paris 1901, trad. ital., Roma 1905; V. Facchinetti, A. d. P., il santo, l’apostolo, il taumaturgo,Milano 1925; F. Conconi, S. A. d. P.,Padova 1932; S. Clasen, Antonius, Diener des Evangeliums und der Kirche,München-Gladbach 1959 (che non ha pretese scientifiche).

Di particolare interesse per lo studioso le discussioni sulle fonti e sulla vita di A. delle seguenti opere: J. Pou y Martí, De fontibus vitae s. A. Patav.,in Antonianum,VI(1931), pp. 225-52; A. Callebaut, S. A. d. P., recherches sur ses premières années,in Archivum Francisc. Hist.,XXIV(1931), pp. 449-94.

Sui miracoli si veda: L. de Kerval, L’évolution et le développement du merveilleux dans les légendes de st. A. d. P.,in Opuscules de critique historique,XIV, Paris 19o6, pp. 221-88; H. Felder, Die Antoniuswunder nach den älteren Quellen untersucht,Paderborn 1933.

Per l’iconografia lo studio più completo è di B. Kleinschmidt, A. von P. in Leben und Kunst, Kult und Volkstum, Düsseldorf 1931; G. Fiocco, L’altare grande di Donatello al Santo,in Il Santo,I(1961), pp. 21-36; A. Sartori, Docum. riguardanti Donatello e il suo altare di Padova, ibid.,pp.37-99.

Studi critici sulle opere e sul pensiero: G. Cantini, De fontibus sermonum s. A. qui in editione Locatelli continentur,in Antonianum,VI(1931), pp. 327-8o; A. Callebaut, Les sermons sur les Psawnes, imprimés sous le nom de st. A., restitués au card. J. d’Abbeville,in Archivum Francisc. Hist.,XXV (1932), pp. 161-74; D. Scaramuzzi, Nota di Cronaca,in Studi Francescani,IV(1932), pp. 603-11; J. Heerinckx, S. A. Patav. auctor mysticus,in Antonianum,VII(1932), pp. 39-76, 167-200; Id., Les sources de la théologie mystique de st. A. d.P., in Revue d’ascétique et mystique, XIII(1932), pp. 225-56; Id., La mistica di s. A. d.P., in Studi Francescani,V(1933), pp. 39-6o; M. a Pobladura, Relationes operum quae occasione VII centenarii antoniani edita sunt,in Collectanea Franciscana,III(1933), pp. 254-320; G. Cantini, La tecnica e l’indole del sermone medievale ed i sermoni di s. A.d. P., in Studi Francescani,VI(1934), pp. 60-80, 195-224; S. A. Dottore della Chiesa (Atti delle settimane antoniane tenute a Roma e a Padova nel 1946), Roma 1948 (il vol. comprende sedici conferenze di grande valore); S. Doimi, Carattere letterario e finalità delle opere di s. A.,in Acta congressus scholastici internationalis,Roma 1951, pp. 203-232.

Una serie di articoli riguardanti specialmente il cod. antoniano sono stati pubblicati da G. Piccoli in Miscellanea Francescana nei seguenti anni: LII (1952), pp. 461-513; LIII (1953), pp. 80-87, 213-218, 454-465.

(Tratto dall’Enciclopedia Treccani)