sacerdoti

FRATTAMAGGIORE. PRIMO INCONTRO DI FORMAZIONE PER LE SUORE ANCELLE DEL SACRO CUORE

ANCELLE DEL SACRO CUORE DI CATERINA VOLPICELLI

FRATTAMAGGIORE – NAPOLI

PRIMO INCONTRO DI FORMAZIONE – 24 OTTOBRE 2013

GUIDA SPIRITUALE: P.ANTONIO RUNGI – PASSIONISTA

 

<<La chiamata di Dio: dall’evento parola all’esperienza>>

 

1.PREMESSA

 

In questo anno pastorale 2013-2014 avremo come tema unificante dei nostri incontri, secondo quanto deciso dal Consiglio generale della Congregazione delle Suore Ancelle del Sacro Cuore di Caterina Volpicelli e fino al prossimo capitolo generale il seguente tema: “La chiamata di Dio: dall’evento parola all’esperienza”. Comprendiamo subito che è tutta la famiglia di Caterina Volpicelli a mettersi in cammino per preparare e vivere l’evento capitolare tra tre anni, come momento di grazia e di rinnovamento personale. E a rinnovarsi non sono chiamate solo le Ancelle, ma anche le Piccole Ancelle e le Aggregate, che a vario titolo giuridico, canonico, spirituale fanno parte dell’unica famiglia della Santa che amore di intenso trasporto il Cuore di Cristo e ne fece la sua missione in terra napoletana, in un periodo di grandi sconvolgimenti sociali. Ognuno è chiamato a vivere la propria vocazione ed il carisma di appartenenza seguendo quello che sono le regole di vita per la diversità delle chiamate che il Signore ha rivolto a voi facendovi conoscere ed apprezzare, professare e promettere di vivere la devozione al Sacro Cuore di Gesù secondo l’esempio di Santa Caterina Volpicelli. Per comprendere questa speciale chiamata, che la maggior parte di voi, vive e testimonia stando nel mondo e nella famiglia, è necessario partire proprio dal significato della chiamata che il Signore ha rivolto a voi, come a me, e alla quale abbiamo e stiamo dando la nostra umile risposta, non senza difficoltà, problemi ed ostacoli che, con la grazia di Dio e la nostra personale volontà, dobbiamo superare per vivere meglio questo dono e questa grazia ricevuta.

 

2.CHE SIGNIFICA “VOCAZIONE”?

 

Il termine vocazione (dal latino vocatio) significa chiamata e, nell’ambito del lessico religioso, fa riferimento alla chiamata da parte di Dio alla vita religiosa o ad una particolare missione a servizio della Chiesa o del prossimo. Per voi, carissime sorelle della famiglia di Caterina Voplicelli, significa vivere il carisma come “Ancelle”, che vivono insieme in comunità e in fraternità legittimamente costituite; in “Piccole Ancelle” che hanno promesso di vivere i voti e i consigli evangelici stando nel mondo e in famiglia. “Aggregate” che hanno deciso di fare esperienza di vita consacrate al Cuore di Cristo vivendo da donne sposate o nubili. Capire e valorizzare la propria chiamata è il primo passo per essere in sintonia con quanto abbiamo liberamente deciso di fare per la maggior gloria di Dio, per la nostra santificazione personale e per essere strumenti per la santificazione degli altri.

Partendo dalla terminologia possiamo affrontare meglio questo percorso di formazione sulla vocazione, come adesione alla Parola di Dio e come impegno di vita, cioè esperienza da vivere e condividere.

2.1. Nel linguaggio dei latini.

 

Per i latini, la vocatio assumeva significati differenti in rapporto al contesto sociale in cui tale vocabolo veniva usato: essa poteva significare una citazione in giudizio (da qui, il termine ad-vocatio, vale a dire la consultazione legale centrata sulla figura professionale dell’ad-vocatus, il cui termine greco corrispondente è paràcletos, o paraclito), un invito a pranzo (suggestivo il riferimento alla chiamata, rivolta da Dio a tutti gli uomini, a partecipare al banchetto celeste della fine dei tempi), una convocazione  (o  con-vocatio, ossia la chiamata in riunione di un gruppo di persone per trattare un argomento di interesse comune), un’invocazione o appello (in-vocatio) ad agire per il bene comune (come la chiamata alle armi per difendere la patria minacciata da pericoli esterni od interni).

Nella lingua italiana, la vocazione o chiamata è arricchita da sinonimi, che, di volta in volta, chiariscono ulteriormente il significato di questo vocabolo: inclinazione, attitudine, disposizione, tendenza, predisposizione, propensione, passione, capacità, dote. Nessuno di questi sinonimi, però, chiarisce del tutto il significato profondo della vocazione nella sua accezione religiosa e biblica, laddove la chiamata è frutto di una libera iniziativa di Dio e di una libera accettazione da parte dell’uomo, chiamato per l’appunto da Dio a svolgere una missione a favore degli uomini.

 

2.2. Nell’Antico Testamento

 

La radice ebraica qr’ compare circa 760 volte nell’Antico Testamento ed ha il significato di “richiamare l’attenzione di una persona con il suono della voce, per entrare in contatto con lei”. Da ciò si comprende come la chiamata possa essere ambivalente: solitamente è Dio che “chiama” l’uomo per comunicargli la sua volontà suprema e per affidargli un importante incarico, ma può essere anche l’uomo a cercare di “farsi sentire” da Dio, alzando per bene la voce, per esporgli le proprie difficoltà ed angosce ed essere esaudito. A questo proposito, appare evidente il contrasto tra la mentalità dei pagani, che cercavano di farsi ascoltare dalle loro divinità con grida, lamenti e riti chiassosi e sanguinari e la profonda spiritualità del pio israelita, consapevole che Dio non ha bisogno di tanto chiasso per accorgersi delle esigenze spirituali dei suoi fedeli. È molto indicativo l’episodio del profeta Elia, che sfida in un curioso duello i numerosi sacerdoti di Baal invitandoli a farsi ascoltare dal loro falso dio gridando sempre più forte e ferendosi a più non posso con lance e spade, perché forse è distratto o si è addormentato, mentre a lui basta una muta preghiera per essere esaudito da YHWH, l’unico vero Dio adorato dal popolo ebraico (1Re 18,20-40). Nel Nuovo Testamento, invece, appare accentuata l’iniziativa di Dio, cui corrisponde la libera risposta dell’uomo, mediante l’impiego del termine kaléin (“chiamare”), con i suoi derivati klésis e klétos (“chiamata”),  epikaléin (“nominare, chiamare”) e proskaléomai (“chiamare vicino a sé”), che ricorrono per circa 230 volte.

 

2.3. Le varie accezioni del “verbo chiamare”

Nell’Antico Testamento, si possono distinguere le seguenti importanti sfumature semantiche nel verbo qr’.

 

2.3.1.Gridare, ossia comunicare con il suono della voce (cf. Dt 20,10; 1Sam 17,8; 2Re 18,28); può trattarsi di un grido (Gen 41,43; Lv 13,45; Gdc 7,20), di un annuncio (Est 6,9.11), di una dichiarazione festosa (Sal 89,27) o di una proclamazione (Es 32,5; Lv 23,21; 1Re 21,9-12; Is 1,13).

 

2.3.2.Annunciare, termine tecnico della proclamazione profetica (1Re 13,32; Is 40,2.6; Ger 2,2; Gn 1,2); è espressivo il passo di Zc 7,7 in cui Dio stesso rivela di essere il soggetto che parla “per mezzo dei profeti del passato”. A questo significato fanno riferimento i passi biblici nei quali si parla dell’importanza del nome di YHWH nell’annuncio (Es 33,19: “proclamare il nome di YHWH”; cf. anche Dt 32,3; Sal 105,1; Is 12,4).

 

2.3.3.Chiamare a sé, spesso in casi in cui il contatto avviene dopo aver percorso una certa distanza (Gen 12,18; 20,8; Es 9,27). Quando si tratta di un pasto, allora il termine acquista il significato di invitare (1Sam 16,3). Nel contesto giuridico, la parola significa convocare qualcuno davanti al tribunale (1Sam 22,11; Is 44,7; 59,4) e, nel contesto militare, chiamare alle armi (Gdc 8,1; Ger 4).

 

2.3.4.Chiamare, con YHWH come soggetto (2Re 3,10.13; Is 3,3; 41,9; Os 11,1). In tale situazione è utilizzata l’espressione “chiamare per nome”, che dimostra come YHWH, colui che chiama, entri in un intenso rapporto con colui che è stato chiamato (Es 31,2; Is 43,1). Questa chiamata include un servizio che si assume nei confronti di Dio.

 

2.3.5.Dare un nome a qualcuno, usato assieme a šem; si tratta del termine tecnico che indica l’imposizione del nome (Gen 1,5; 2,20; Rt 4,17; Is 66,15; Gen 3,20; 4,25 s). L’espressione “il nome di qualcuno viene invocato sopra qualcosa” ha un significato giuridico: in caso di cambiamento di proprietà, il nome del nuovo proprietario viene indicato ufficialmente, quasi a sigillo dell’atto d’acquisto o di conquista (2Sam 12,28; Is 4,1). Quando tale espressione è riferita al nome di YHWH, essa indica il dominio di Dio, ad esempio su Israele (Dt 28,10; Is 63,19), sul Tempio (1Re 8,43; Ger 7,10 s) e sui popoli (Am 9,12).

 

2.3.6.Invocare, con YHWH come complemento oggetto dell’invocazione (89 volte nell’Antico Testamento, di cui 47 nei salmi; cf. Sal 17,6; 18,47 ecc.), spesso anche nell’espressione “invocare il nome del Signore” (Gen 4,26; 12,8; 1Re 18,24; Is 64,6), il cui significato varia con il contesto: lodare, ringraziare, protestare, gridare, chiedere aiuto, pregare sono le sfumature semantiche più ricorrenti del verbo “invocare”.

 

2.4. NEL NUOVO TESTAMENTO

Nel Nuovo Testamento s’incontrano varianti semantiche simili a quelle dell’Antico Testamento. Il verbo greco kaléin (chiamare) assume, di volta in volta, vari significati secondo il contesto in cui tale verbo è utilizzato dall’autore sacro.

 

2.4.1.Chiamare qualcuno, nel senso di chiamare “a sé”, o invitare (Mt 2,7; Mc 3,31; Lc 14,7-11; 1Cor 10,27). Nei Vangeli è Gesù che chiama “a sé” i suoi discepoli (Mt 10,1; 15,32;18,32; 20,25; Mc 15,44; Lc 7,18)

 

2.4.2.Conferire un nome (Lc 6,15; At 10,1; 15,37). La posizione ed il ruolo, che una persona assume ai fini della storia della salvezza, dipendono dal nome con cui essa viene designata (Lc 1,13 ss; Mt 1,21; Lc 1,32.35; Mt 22,41.46; 5,9; Eb 2,11; 1Gv 3,1).

 

2.4.3.Designare, è il significato che emerge nei passi in cui Gesù è colui che chiama, mentre i discepoli sono i destinatari della chiamata (Mt 10,5 ss; Mc 1,16-20; 6,7-13; Lc 9,1-6; 10,1-17). La chiamata di Gesù è caratterizzata dal suo potere, che coinvolge i destinatari, dal rigorismo che richiede una dedizione incondizionata e dal fatto di rivolgersi a singole persone, che sono assunte al suo servizio. Per quanto riguarda il senso e lo scopo della chiamata, occorre tenere presente che chiamata e missione, sequela ed invio sono costantemente collegati tra loro.

 

2.4.5.Nominare (epikaléin) è il significato sotteso all’assegnazione di un nome proprio (Mt 10,25) o di un soprannome (Mt 10,3; At 4,36; 12,25). In altri passi, compare il significato giuridico di “appellatio” (At 25,11.12.21.25), o dell’invocare Dio come testimone (2Cor 1,23). Infine, il termine è utilizzato spesso per l’invocazione di Dio e del suo nome nella confessione, che avviene nella comunità (At 7,59; Rm 10,12 ss). L’applicazione di quest’invocazione a Gesù (At 22,16; 1Cor 1,2) indica che Egli è il Figlio di Dio, il Messia.

 

2.4.6.Chiamare nel senso della “chiamata sovrana di Dio”, significato ricorrente in Paolo. In quest’autore, “chiamata” e “vocazione” sono concetti fondamentali per descrivere in che cosa consistano l’esistenza e la salvezza del cristiano. Paolo stesso fu chiamato dalla grazia di Dio e, contemporaneamente, gli fu affidato l’incarico di annunciare il vangelo (Gal 1,15 s; Rm 1,1). Non è, però, solo l’apostolo ad essere chiamato, ma tutti coloro che credono in Cristo (Rm 1,6 s; 9,24; 1Cor 1,2.24). La chiamata di Dio è parola creatrice (Rm 4,17) ed è l’unica fonte dell’esistenza della comunità, costituita dai “santi chiamati”; essi formano un unico corpo, chiamato alla pace di Cristo che regna su di loro (Col 3,15; Ef 4,4). Paolo (Rm

8,28-30) sottolinea il fatto che la chiamata degli eletti è il fondamento del decreto divino di salvezza: vivere nella chiamata di Dio, significa essere giusti e partecipare alla gloria di Cristo (1Cor 1,9; 1Ts 2,12; 5,24). La chiamata al regno di Dio (1Ts 2,12) racchiude in sé, per i credenti, una nuova vita nella libertà (Gal 5,13) e nella santificazione (Ef 4,1; 1Ts 4,7; 2Ts 1,11); per tale prova, viene promesso “il premio della vocazione” (Fil 3,14; Ef 1,18; 1Tm 6,12). Il credente può lasciare gli ordinamenti di questo mondo così come sono, poiché la condizione in cui egli si trovava al momento della vocazione non ha più gran valore (1Cor 7,20-22). Similmente, Pietro dichiara che coloro che sono stati chiamati da Dio in Cristo (1Pt 1,15; 5,10) e che sono stati salvati dalle tenebre, devono annunciare le opere di Dio (1Pt 2,9), seguendo Cristo nella sofferenza alla quale sono anch’essi chiamati (1Pt 2,21), per

ereditare infine la benedizione (1Pt 3,9; cf. anche Eb 3,1; 9,15; Ap 17,14; 19,9). Allo spettro semantico del verbo greco kaléin appartengono i termini importanti di eklégomai (“eleggere”) e di ekklesìa (comunità).

 

3.Spunti di riflessione

Il rapporto tra Dio e l’uomo, per quanto concerne la vocazione/chiamata, è asimmetrico, perché c’è un’infinita sproporzione tra l’infinito amore di Dio per la sua creatura e la pur libera iniziativa dell’essere umano, che si rivolge al suo Creatore per invocarlo o per rispondere alla sua chiamata. Solitamente l’uomo si rivolge al suo Signore e Dio per ottenerne l’aiuto, l’attenzione, il sostegno nella prova, la compassione, il perdono e la benevolenza ma Dio dona sempre la sua grazia ai suoi

figli e con sapiente provvidenza li guida alla salvezza, anche se vuole essere al centro del pensiero dell’uomo e vuole essere “pregato e supplicato”.

L’uomo non è mai dispensato dalla supplica, rivolta al suo Creatore e Signore, proprio perché è “creatura”. Quando Dio “chiama” l’uomo, non si comporta mai allo stesso modo, ma la sua chiamata è sempre originale, unica, personale e personalizzata.

– Dio chiamò Abramo facendo sentire la propria voce nell’intimo della coscienza del patriarca, mentre questi era in tutt’altre faccende nella chiassosa città di Ur, un crocevia commerciale molto attivo della bassa Mesopotamia (l’attuale Iraq); la “Voce” era perentoria e non ammetteva repliche né ripensamenti: “Vattene dal tuo paese e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io t’indicherò” (Gen12,1). Abramo restò affascinato dalla Voce che gli rimbombava nel cuore e nella mente ed abbandonò la sicurezza della sua posizione economica e sociale, affrontando i rischi di una promessa di proporzioni così smisurate da sembrare irreale: “Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione… in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gen 12,2-3). Abramo non se lo fece ripetere due volte. 

– Chiamò Mosè, mentre stava pascolando il gregge di suo suocero Ietro. Dio gli “parlò” da un roveto ardente, prospettandogli una grandiosa impresa: liberare niente meno che un popolo intero dalla schiavitù in Egitto, uno dei regni più potenti del tempo e non c’è da meravigliarsi che Mosè si fosse spaventato a morte davanti a quella missione “impossibile”: ma, come aveva già fatto il suo antenato Abramo, egli obbedì, diventando il legislatore d’Israele (Es 3,1-21).

Il piccolo Samuele avvertì di notte una “Voce” che lo invitava a mettersi a disposizione del Signore Dio d’Israele per cambiare radicalmente la situazione religiosa e politica del suo popolo (1Sam 3,1- 21) ed egli divenne uno dei più grandi profeti e uomini del Signore dell’intera storia del popolo eletto.

– Elia ricevette dal Signore l’invito di ritornare sui suoi passi (1Re 19,3-18) mentre era in fuga dal re Acab e dalla perfida regina Gezabele, che lo volevano morto, perché il suo compito era quello di essere il paladino di Dio contro le ingiustizie perpetrate dalla casa regnante del Regno del Nord, Samaria. Il profeta s’aspettava un incontro maestoso e terrificante col Signore (il vento impetuoso, il terremoto, il fuoco), ma la “Voce” del Signore si fece sentire nel mormorio di un vento leggero (1Re 19,12), un impalpabile soffio appena percettibile più dagli orecchi del cuore che da quelli che ornano la testa. Il Signore Dio sa fare un gran rumore anche nel silenzio più assoluto, se l’uomo accetta di ascoltarlo, come insegna la storia di tanti santi del nostro tempo e di quello passato.

-Saulo di Tarso, invece, mentre si recava in quel di Damasco per perseguitare ed imprigionare, torturare e, forse, uccidere gli odiati cristiani, fu travolto da una luce impetuosa e sbalzato di brutto da cavallo, mentre una “Voce” potente rimproverava il focoso fariseo, religiosissimo ed integerrimo osservante della Legge ebraica: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (At 9,1-4). La vocazione di altri grandi uomini è stata meno drammatica e clamorosa di quella di Paolo di Tarso.

-S. Antonio abate, fondatore del monachesimo occidentale, fu colpito da una pagina del Vangelo mentre stava casualmente partecipando ad una celebrazione eucaristica. Il celebrante stava proclamando l’invito rivolto da Gesù ai suoi discepoli di vendere tutti i loro averi, darli ai poveri e seguirlo alla conquista di beni superiori. Detto, fatto.

-S. Ambrogio era il rappresentante legale dell’imperatore nell’Italia settentrionale ed era solo un catecumeno quando, intervenuto nella cattedrale del capoluogo per prevenire possibili disordini tra cattolici ed ariani, la voce di un bambino lo proclamò vescovo di Milano, cambiandogli la vita in modo radicale dall’oggi al domani.

– Per attirare a sé s. Agostino, uomo dall’intelligenza inquieta ed attratto più dai vizi che da una vita virtuosa, Dio si servì delle lacrime e delle silenziose preghiere di s. Monica, la madre del futuro vescovo e grande Padre della Chiesa.

-S. Francesco d’Assisi cominciò il suo cammino di conversione nelle buie ed umide prigioni di Perugia, dopo una sfortunata spedizione militare. Il crollo del suo sogno di diventare un cavaliere ammirato e ricco di gloria segnò l’inizio di una vita spesa nel totale dono di sé al Signore della storia e del mondo al punto che, chi lo incontrava, aveva l’inquietante impressione di essersi imbattuto in Cristo stesso.

-S. Ignazio di Loyola, un combattente nato, mentre era convalescente per i postumi di una ferita da guerra, sentì montare dentro di sé il desiderio di mettersi al servizio del grande Re del cielo leggendo un libro di biografie dei santi, capitatogli in mano per puro caso (o per provvidenza divina?), avendo ormai esaurito la scorta dei libri d’avventura di cui era avido lettore.

San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, avvertì questa chiamata ascoltando un giorno una predica del suo parroco e decise di rinunciare ad ogni uso personale dei beni, ispirando la sua vita a Gesù Crocifisso.

– Santa Caterina Volpicelli   sentì questa speciale vocazione a consacrarsi totalmente al Signore e a percorrere più alacremente la via della santità, guidata da sapienti e santi Direttori spirituali.

Si potrebbe continuare all’infinito, su questa falsariga, per raccontare la storia della vocazione alla santità di tanti uomini e donne che, nel corso della storia antica o recente, hanno saputo ascoltare la “voce” talvolta carezzevole, talvolta imperiosa ma sempre amorevole di Dio, che chiama i suoi figli al proprio servizio, allo scopo di far giungere a tutti gli uomini il suo annuncio di salvezza. Dio chiama sempre, non smette mai di parlare al cuore ed alla mente degli uomini, ma non sempre trova menti e cuori disposti ad ascoltarlo ed a donargli il proprio unico ed irrepetibile “sì”.

Preghiera alla Madonna di Medjugorje

1380238_10202205563326364_278906684_n.jpgPreghiera alla Madonna di Medjugorje
Testo di padre Antonio Rungi, passionista.

Regina della pace che vegli sul mondo intero
da questo luogo sperduto e solitario
dell’ex-Jugoslavia, terra di atei e senza fede in Dio,
che tanto hanno fatto soffrire il tuo cuore già ferito,
per le tante guerre che gli uomini di ogni tempo
si sono combattute in ogni angolo della terra,
guarda oggi questa umanità senza più fede ed ideali.
 

Dal cielo, ove siedi Regina alla destra del tuo Figlio,
proteggi quanti credono nella parola del Vangelo,
che è alimento di ogni anima che cerca la verità.
Sostieni quanti in ogni parte del mondo
lottano per la pace, la giustizia e la fratellanza universale.
Porta gioia e pace nelle famiglie afflitte dal più terribile male
del nostro tempo, che è l’egoismo distruttivo di ogni
vera relazione affettiva.
 
Dona pace e serenità a quanti vivono l’esperienza del dolore,
della malattia e dell’abbandono
e non trovano conforto in nessun uomo e donna di questo mondo.
 
Fa che ovunque nel mondo trionfi il santo nome del tuo Figlio Gesù,
che ha dato la vita per tutti gli uomini
ed ha versato sulla croce  il suo sangue prezioso,
per riconciliare tutte le creature con il loro Creatore.
 
Madre e Regina della pace,
ti affidiamo il Santo Padre,
i vescovi e soprattutto i sacerdoti,
quelli che hanno un posto speciale nel tuo cuore di Madre.
Sono tuoi figli prediletti e fa che questa speciale predilezione
che porti ad ognuno di loro
sia corrisposta con una vita santa, povera, casta,
nella piena e santa obbedienza alla Chiesa.
 
Proteggi i bambini, i giovani, gli adulti,
gli anziani, gli ammalati
e quanti hanno una speciale devozione
verso il tuo santuario di Medjugorje,
dove tu parli al cuore di ogni uomo
con il solo linguaggio della preghiera, dell’amore e del perdono.
 
Non permettere che nessuno dei tuoi figli
possa sperimentare il totale disastro spirituale ed interiore
e che, con la tua grazia e la tua potente intercessione presso il Signore,
ogni uomo di questo mondo
possa vedere il tuo volto glorioso e luminoso
nella gloria e nella felicità eterna del Santo Paradiso.
Amen.
 
Padre Antonio Rungi cp

Maranola. Meditazione di P.Rungi sul carisma di Victorine Le Dieu

ADORARE, RIPARARE E RICONCILIARE

IL CARISMA DI VICTORINE LE DIEU

E DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE

RIFLESSIONE DI PADRE ANTONIO RUNGI

NEL CENTENARIO DELLA PRESENZA

DELLE SUORE DI GESU’ REDENTORE A MARANOLA DI FORMIA

 

VENERDI’ 4 OTTOBRE 2013 – FESTA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

 

 

Inizio questa mia riflessione, citando uno dei numeri più significativi dell’Esortazione apostolica del prossimo Santo, il Beato Giovanni Paolo II, “Vita consecrata” circa la vita e la missione dei religiosi nella chiesa e nel mondo contemporaneo. Una citazione che si addice al momento che stiamo vivendo, celebrando in questi giorni il primo centenario di presenza delle Suore di Gesù Redentore, in questa storica ed affascinante frazione del Comune di Formia, Maranola, che ha dato i natali ad una degna e santa figlia della Serva di Dio, Madre Victorine Le Dieu, fondatrice delle Suore di Gesù Redentore, e che corrisponde al nome, a voi ben noto, che è la Serva di Dio Suor Ambrogina di San Carlo, al secolo Maddalena D’Urso.

Ecco la citazione tratta dall’esortazione apostolica di Papa Giovanni Paolo II:

“Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Fate della vostra vita un’attesa fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all’uomo del nostro tempo. Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo. Questo nostro mondo affidato alle mani dell’uomo, mentre sta entrando nel nuovo millennio, possa essere sempre più umano e giusto, segno e anticipazione del mondo futuro, nel quale Egli, il Signore umile e glorificato, povero ed esaltato, sarà la gioia piena e duratura per noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre e lo Spirito Santo” (VC, 110).

 

Mi preme evidenziare in questo contesto celebrativo, quanto è stato scritto ne depliant di invito al “Rendimento di grazie per il centenario di missione” delle Suore di Gesù Redentore in questa comunità cristiana, parrocchiale, civile ed umana. Una citazione tratta dagli scritti della Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu “L’amore di Dio, può rinnovare la terra. Credo con una nuova fede. Spero con una più forte speranza. Voglio con una sincera carità lavorare all’opera così giusta e necessaria della riconciliazione che Dio nella sua misericordia ha riservato al nostro tempo”.

E’ su questo progetto di vita e missione della loro fondatrice che le Suore di Gesù Redentore hanno lavorato in questi 100 anni di presenza a Maranola. E di questo vogliamo rendere rende grazie al Signore noi tutti qui convenuti e chi ci sta spiritualmente vicino per celebrare degnamente questo primo centenario.

A me il compito di delineare i contenuti essenziali del carisma di Victorine Le Dieu e delle Suore di Gesù Redentore, che è incentrato su tre parole chiavi del Vangelo: Adorale, riparare, riconciliare.

Il mio pensiero va in questo momento in segno di gratitudine e di riconoscenza a Papa Francesco, in questo giorno in cui la chiesa festeggia San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, di cui Papa Bergoglio porta il nome. Il mio pensiero va anche al pastore di questa Diocesi, l’arcivescovo, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, al parroco di questa comunità, monsignor Antonio De Meo, alla Madre generale delle Suore di Gesù Redentore, Suor Marilena Russo, a tutte le religiose della Congregazione di Victorine Le Dieu, ed in particolare alle suore di Gesù Redentore di Maranola, quelle presenti, quelli che sono viventi e soprattutto quelle che dal cielo guidano il cammino di questa comunità nel segno dell’adorazione, della riparazione e della riconciliazione, in particolare la figura esemplare della Serva di Dio, Suor Ambrogina, che proprio in questo luogo nasceva e maturava la sua decisione di seguire le orme di Victorine Le Dieu.. Scriveva nel diario spirituale: “Vorrei gridare a tutte le creature della terra: l’Amore s’è fatto Pane. Vorrei gridare a tutto il mondo che amasse l’Amore”; “Voglio guardare sempre in alto cercando una cosa sola: l’Amore”.

 

Nel discorso di Papa Francesco ai partecipanti all’assemblea plenario dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali  (U.I.S.G.), nell’ Aula Paolo VI , di Mercoledì, 8 maggio 2013, il Santo Padre così si è rivolto a tutte le superiore maggiori degli istituti femminili di vita consacrata e attraverso di loro a tutte le religiose del mondo:

“Gesù, nell’Ultima Cena, si rivolge agli Apostoli con queste parole: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16), che ricordano a tutti, non solo a noi sacerdoti, che la vocazione è sempre una iniziativa di Dio. È Cristo che vi ha chiamate a seguirlo nella vita consacrata e questo significa compiere continuamente un “esodo” da voi stesse per centrare la vostra esistenza su Cristo e sul suo Vangelo, sulla volontà di Dio, spogliandovi dei vostri progetti, per poter dire con san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Questo “esodo” da se stessi è mettersi in un cammino di adorazione e di servizio.

Un esodo che ci porta a un cammino di adorazione del Signore e di servizio a Lui nei fratelli e nelle sorelle.

Adorare e servire: due atteggiamenti che non si possono separare, ma che devono andare sempre insieme.

Adorare il Signore e servire gli altri, non tenendo nulla per sé: questo è lo “spogliamento” di chi esercita l’autorità.

Vivete e richiamate sempre la centralità di Cristo, l’identità evangelica della vita consacrata.

Aiutate le vostre comunità a vivere l’”esodo” da sé in un cammino di adorazione e di servizio, anzitutto attraverso i tre cardini della vostra esistenza.

Questi cardini sono i voti: obbedienza, povertà e castità.

Papa Francesco si domanda ad un certo: “Che cosa sarebbe la Chiesa senza di voi? Le mancherebbe maternità, affetto, tenerezza, intuizione di madre!”

Io mi chiedo e vi chiedo cosa sarebbe stata o sarebbe Maranola senza le Suore di Gesù Redentore, al cui centro del carisma e della spiritualità c’è l’eucaristia, che si fa dono e servizio per tutti ed in particolare per i bambini di questa amata terra maranolese.

 

I fondamenti del carisma

 

Dall’adorazione-contemplazione eucaristica nasce, cresce l’amore verso Gesù e verso i fratelli. Il vangelo della carità è quello che le interessa maggiormente, attingendo dall’eucaristia la forza per andare avanti, nonostante le innumerevoli difficoltà che si frappongono sistematicamente nella sua vita. Da tutta la sua esperienza di donna di fede, si comprende bene come Victorine Le Dieu, mossa dallo Spirito Santo, si sentì chiamata, in modo del tutto particolatr, a collaborare con Gesù, “unico e vero riparatore”, nella sua missione salvifica.

Visse l’evento della riparazione come ricomposizione nell’unità di tutto ciò che viene continuamente distrutto dal peccato, ed arricchì la Chiesa di un Istituto religioso di diritto pontificio, dedito all’apostolato, che ne continua la missione.

Il suo è il cammino di una donna che, sotto molti aspetti ed in diversi settori, ha precorso i tempi, è il cammino di un ideale che è ancora tutto da scoprire, da approfondire, da vivere in un mondo sconvolto che, come già lo esprimeva al suo tempo, “ha più che mai bisogno di redenzione e di riconciliazione”.

Per Victorine tutto inizia da una profonda vita interiore.

Attraverso i suoi scritti scopriamo come la Parola di Dio è per lei cibo quotidiano.

“È certo che la Parola di Dio nutre e consola. Molte volte ho ringraziato Dio per avermela fatta amare”.

L’Eucaristia è al centro della sua vita: passa lunghe ore in adorazione e approfondendo la vita eucaristica potrà anche lei diventare eucaristia per i fratelli, pane offerto e spezzato per rispondere alla fame dell’umanità: fame di Dio, fame di libertà… ma soprattutto si sentirà fortemente interpellata dalla fame di amore e di dignità da parte di tanti fratelli emarginati, disgregati, per niente calcolati dalla società.

Nasce il lei in desidero profondo di riparare con una vita di penitenza, sacrificio e donazione i mali del mondo. La sua esperienza carismatica la porta ad un profondo ascolto dei segni dei tempi…

La voce interiore si fa sempre più pressante: è la chiamata a riparare, riconciliare, aiutare l’uomo diviso in se stesso, con Dio, con la società a ritrovare l’unità, collaborare all’opera di Cristo Redentore venuto nel mondo per riportare il creato alla sua vocazione d’origine nell’unità della Trinità.

Vuole coinvolgere uno stuolo di persone di ogni condizione che, ponendo Cristo al centro della loro vita, collaborino alla missione di redenzione e di riconciliazione. Aspira a fare in modo che il mondo intero diventi eucaristia!

In un primo tempo si sente spinta a fondare una famiglia religiosa totalmente dedita all’adorazione riparatrice ed al culto liturgico, ma, alla richiesta del Papa di dedicarsi alle opere di misericordia nel mondo, il 15 gennaio del 1863, esattamente 150 anni fa, ella incarna la sua missione nel duplice aspetto di:

• contemplazione attraverso l’adorazione e il culto liturgico;

• dedizione verso tutti coloro che, secondo i tempi e i luoghi, hanno bisogno di essere riconciliati in loro stessi, con Dio, con i fratelli.

In lei si compie un doppio movimento:

• tutto riceve dall’Eucaristia e tutto dà in gesti concreti d’amore;

• poi di nuovo nell’Eucaristia offre, insieme a Cristo, l’umanità intera perché, nella forza dello Spirito, sia restaurata nell’unità della Trinità.

 

 Sempre fedele al progetto di Dio, ella esplicita chiaramente le opere che ritiene prioritarie e l’ideale che dovranno vivere coloro che la seguiranno: infanzia abbandonata, case di preghiera, case di accoglienza…

Questa missione, nella Chiesa, è affidata alla Congregazione delle Suore di Gesù Redentore che sono riunite dallo Spirito per l’originale chiamata di adorazione, di riparazione e di riconciliazione a servizio dei fratelli:

• ponendo come centro propulsore l’Eucaristia, “fonte e apice di tutta la vita cristiana”;

• dedicandosi particolarmente ai fratelli disgregati dal peccato, dall’emarginazione, dalla povertà, per ricomporre la loro umanità in Cristo.

Il carisma di famiglia rende particolarmente attenti ad esprimere nell’adorazione ed intercessione i sentimenti di misericordia di Cristo verso i poveri, coloro che hanno il cuore spezzato, per collaborare con Lui all’edificazione e restaurazione del suo regno fra gli uomini.

 

Questo carisma nella concretezza della vita di tutti i giorni è stato vissuto da tutte le Suore di Gesù Redentore che sono passate in questi 100 anni nella casa religiosa di Maranola, dove dal loro primo insediamento hanno curato i bambini abbandonati o in disagio sociale con il Convitto, secondo il carisma della Fondatrice, la Serva di Dio Madre Victorine Le Dieu, e successivamente hanno e lavorano nell’attività formativa nella scuola dell’infanzia e nella collaborazione sistematica con la parrocchia.

Oggi siamo qui per ringraziare il Signore, la Vergine Santa, venerata con il titolo di Madre della Riconciliazione, riferendosi alla Madonna de La Salette, alla fondatrice Madre Victorine le Dieu, a tutta la sua famiglia religiosa, che oggi soffre per mancanza di vocazioni in Italia e in Europa.

Questo evento storico di particolare importanza per Maranola e per le Suore di Gesù Redentore possa costituire un momento di forte impegno pastorale, missionario, spirituale, umano e cristiano in generale per chiedere al Signore, attraverso l’intercessione della Madonna de La Salette, di San Giuseppe, della Serva di Dio Victorine Le Dieu, sante e ferventi religiose alla Chiesa di Cristo, per rendere visibile e trasmettere quel carisma di adorazione, riparazione e riconciliazione che è stato ed è il cuore della vita delle Suore di Gesù Redentore qui di Maranola e di tutte le comunità religiose di questo amato, stimato, apprezzato e storico istituto di vita consacrata con il suoi 100 anni di presenza qui a Maranola e con i suoi 150 anni di storia e di approvazione, avuta prima dello stesso riconoscimento uffciale, da Papa Pio IX, il 15 gennaio del 1863.

Victorine Le Dieu e Suor Ambrogina, entrame serve di Dio, dal cielo guidino il cammino della loro famiglia religiosa in questo tempo di difficoltà e di vari problemi della chiesa e nel mondo contemporanei.

 

Faccio mie le preghiera del Beato Giovanni Paolo II per la vita consacrata, tratta dall’Esortazione Apostolica “Vita consecrata” (n.112) e di Papa Francesco, posta a conclusione della sua Enciclica “Lumen fidei” (n.60), punto di riferimento spirituale per questo anno della fede che volge al termine.

 

 

Preghiera di Giovanni Paolo II

 

Maria, figura della Chiesa,

Sposa senza ruga e senza macchia,

che imitandoti «conserva verginalmente integra la fede,

salda la speranza, sincera la carità»,

sostieni le persone consacrate

 nel loro tendere all’eterna e unica Beatitudine.

 A Te,

 Vergine della Visitazione,

 le affidiamo,

 perché sappiano correre incontro

 alle necessità umane,

 per portare aiuto, ma soprattutto per portare Gesù.

 Insegna loro a proclamare le meraviglie

 che il Signore compie nel mondo,

 perché i popoli tutti magnifichino il suo nome.

 Sostienile nella loro opera a favore dei poveri,

 degli affamati, dei senza speranza,

 degli ultimi e di tutti coloro

 che cercano il Figlio tuo con cuore sincero.

 A te, Madre,

 che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico

 dei tuoi figli e figlie nella risposta d’amore

 e di dedizione totale a Cristo,

 rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera.

 Tu che hai fatto la volontà del Padre,

 pronta nell’obbedienza, coraggiosa nella povertà,

 accogliente nella verginità feconda,

 ottieni dal tuo divin Figlio

 che quanti hanno ricevuto il dono

 di seguirlo nella vita consacrata

 lo sappiano testimoniare

 con una esistenza trasfigurata,

 camminando gioiosamente,

 con tutti gli altri fratelli e sorelle,

 verso la patria celeste

 e la luce che non conosce tramonto.

 Te lo chiediamo,

 perché in tutti e in tutto sia glorificato,

 benedetto e amato il Sommo Signore

 di tutte le cose

 che è Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

 

 

 

Preghiera di Papa Francesco

 

A Maria, madre della Chiesa e madre della nostra fede,

ci rivolgiamo in preghiera.

Aiuta, o Madre, la nostra fede!

Apri il nostro ascolto alla Parola,

perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.

Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi,

uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa.

Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore,

perché possiamo toccarlo con la fede.

Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui,

a credere nel suo amore,

soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce,

quando la nostra fede è chiamata a maturare.

Semina nella nostra fede la gioia del Risorto.

Ricordaci che chi crede non è mai solo.

Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù,

affinché Egli sia luce sul nostro cammino.

E che questa luce della fede cresca sempre in noi,

finché arrivi quel giorno senza tramonto,

che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore!

Amen

Passionisti. 38 anni di sacerdozio di padre Antonio Rungi, missionario passionista

150120132141.jpgantonio1.jpgPadre Antonio Rungi, passionista, domenica 6 ottobre 2013 celebra il 38° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta a Napoli il 6 ottobre 1975 per la preghiera e l’imposizione delle mani di mons.Antonio Zama, nella Chiesa dei padri passionisti di Napoli, dedicata a Santa Maria ai Monti, ai Ponti Rossi. Una tappa importantissima per noto religioso passionista della Provincia dell’Addolorata, che ha guidato come superiore provinciale nel quadriennio 2003-2007. Padre Antonio Rungi, padre Antonio dell’Addolorata, religioso e sacerdote passionista  è nato ad Airola (BN) 62 anni fa. Entra tra i Passionisti, all’età di 13 anni, nella Scuola Apostolica di Calvi Risorta (CE) il 4 ottobre 1964. A settembre del 1966, dopo il ginnasio, fa il suo ingresso nel Noviziato passionista di Falvaterra (FR), dove svolge il suo anno di prova, prima della professione religiosa, emessa il 1 ottobre del 1967 nel Ritiro di San Sosio Martire in Falvaterra (Fr). Completati gli studi filosofici a Ceccano (Fr) nel Ritiro della Badia, viene trasferito a Napoli per seguire gli studi di Teologia, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez. San Tommaso d’Aquino-Capodimonte.

Il 21 novembre del 1974 emette la professione perpetua. Ultimato il quinquennio teologico consegue il Baccellierato in Teologia nel 1975. Il 23 luglio 1975 è ordinato Diacono nella Chiesa S. Maria ai Monti dei Padri Passionisti di Napoli. Il 6 ottobre 1975 nella medesima Chiesa dei Passionisti di Napoli viene ordinato sacerdote dall’allora vescovo ausiliare di Napoli, mons. Antonio Zama, poi diventato arcivescovo di Sorrento-Castellammare.

Negli anni accademici dal 19775/76 al 1977/78 prosegue gli studi per la Licenza specializzata in Teologia, che consegue, nel 1979, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale con una tesi in Teologia pastorale, indirizzo etico, sul “Verbum Crucis e rinnovamento pastorale” (relatore: prof. Settimio Cipriani, biblista).

I primi anni del suo ministero sacerdotale li svolge nella città di Napoli e nella vicina città di Casoria, come collaboratore del parroco di San Paolo Apostolo. Promuove una serie di iniziative culturali, ricreative e religiose e svolge un’intensa azione pastorale nelle famiglie, tra i giovani, con gli anziani e nella scuola. Memorabile è la sacra rappresentazione della Passione di Gesù nella settimana santa del 1977 nella Piazza di Casoria con circa 200 attori e 10.000 spettatori.

Nel settembre del 1978 è trasferito alla comunità passionista di Mondragone, con l’incarico di collaboratore del parroco. Inizia, così, la lunga ed ininterrotta presenza di Padre Antonio Rungi nella comunità di Mondragone, che durerà fino al 2003, quando fu eletto dal capitolo provinciale, tenuto a Formia (Lt), superiore provinciale della provincia religiosa dell’Addolorata (Basso Lazio e Campania). Mandato ultimato nell’aprile 2007. In questo periodo è stato assistente spirituale del Monastero delle Monache Passioniste di Napoli e Vice-presidente della Cism Campania.

Padre Rungi nel 1982 consegue anche la Laurea in Filosofia all’Università di Napoli, con una tesi in Filosofia della Storia, e, nel 1986, la Laurea in Lettere classiche presso l’Università di Cassino (FR), con una tesi in Storia della Scuola.

Docente di ruolo nelle scuole statali di varie discipline (Lettere, Filosofia, Pedagogia, Psicologia, Scienze umane e sociali), ha insegnato ininterrottamente dal 1978 a tutt’oggi 2013.

Impegno didattico anche nel campo religioso, con l’insegnamento della Teologia Morale  ed altre discipline teologiche ed umanistiche negli Istituti di Scienze religiose di Sessa Aurunca e Teano e nel Magistero di Capua.

Dal 1973 a tutt’oggi ha collaborato, in qualità di giornalista pubblicista, con diverse riviste e giornali, quali l’Osservatore Romano e Avvenire. Dal 1990 al 2011 è stato direttore responsabile della rivista Presenza Missionaria Passionista.

Tra i passionisti ha ricoperto alcuni uffici: vicario, direttore,, membro delle commissioni provinciali apostolato, delegato al Capitolo provinciale, delegato della Cipi, Superiore provinciale. 

Nella diocesi di Sessa Aurunca è stato chiamato a vari uffici e mansioni: membro del consiglio presbiterale, del consiglio pastorale diocesano, vice-segretario del Sinodo Diocesano, presidente della commissione comunicazioni sociali, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, incaricato diocesano della pastorale del tempo libero, turismo, sport e spettacolo.

Autore di oltre 13.000 articoli di prevalente contenuto religioso, molti sulla vita consacrata, pubblicati su giornali, riviste, siti e blog internet è autore anche di alcuni opuscoli (Chiesa locale e mass-media; Il Servo di Dio Padre Giuseppe Pesci, il Nuovo Rosario Meditato, la Via Crucis, ecc,), Il Rosario di Padre Pio da Pietrecina..

La sua maggiore attività l’ha svolta nel campo missionario: panegirici, tridui, settenari, novenari, collaborazione alle missioni popolari, conferenze, esercizi spirituali al popolo, ritiri spirituali alle Suore, settimane sante, prediche di circostanze, esercizi spirituali ai religiosi e alle religiose, Ritiri mensili al clero diocesano. Assistente spirituale e confessore ordinario e straordinario di vari istituti religiosi femminili. Negli anni 1978-2011 è stato cappellano delle Suore Stimmatine e di Gesù Redentore di Mondragone. Ha predicato gli esercizi spirituali a vari istituti religiosi, ha tenuto il ritiro mensile a tutte le religiose della Diocesi di Sessa Aurunca e dall’arcidiocesi di Gaeta. Continua questo suo specifico ministero nell’attuale comunità di residenza del Santuario della Civita in Itri (Lt).

Nel 2006 è’ stato eletto Vice-presidente della Cism-Campania.

Oggi continua la sua missione nella Chiesa e nella Congregazione dei Passionisti offrendo il suo pieno servizio per la diffusione della Parola della Croce e del Vangelo della Passione, sull’esempio del fondatore dei Passionisti, San Paolo della Croce, con la predicazione itinerante, l’amministrazione del sacramento della riconciliazione, con la direzione spirituale e la predicazione di corsi di esercizi spirituali alle Suore di vari istituti femminili.

Attualmente è confessore ordinario di vari istituti religiosi femminili della Campania e del Lazio. Predica ritiri spirituali mensili o periodici a vari istituti religiosi. Cura la formazione di Suore, di Laici e soprattutto dei giovani con l’insegnamento nella scuola statale.

Un sincero augurio da parte della comunità web a padre Antonio Rungi, anche per il suo impegno nella comunicazione sociale.

 

Gaeta (Lt). Ordinazione sacerdotale di don Gennaro Petruccelli, sabato 5 ottobre

gennaro-diacono.jpggennaro-diacono1.jpgGaeta (Lt). Mons. D’Onorio, arcivescovo di Gaeta, ordina presbitero, Gennaro Petruccelli, diacono del clero diocesano

 

di Antonio Rungi

 

Sabato 5 ottobre 2013 alle ore 19.00 nella Chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo in Gaeta  S. E. Mons. Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta  (Lt) presiederà la solenne concelebrazione eucaristica durante la quale il diacono Gennaro Petruccelli del clero diocesano riceverà l’Ordine Sacro del Presbiterato, per la preghiera e l’imposizione delle mani del suo vescovo, che lo ha ritenuto degno di questo ministero, dove averlo ordinato diacono  il 12 aprile scorso nella stessa chiesa parrocchiale, ove verrà ordinato presbitero.

Don Gennaro Petruccelli, 26 anni, nativo di Gaeta, ha avvertito la vocazione sacerdotale ben presto, svolgendo il servizio di ministrante e di giovane di Azione Cattolica nella sua parrocchia di San Paolo in Gaeta e nella comunità dell’Oratorio San Giovanni Bosco, sotto la guida del parroco don Stefano Castaldi. Dopo la maturità scientifica, il 25 ottobre del 2006 è entrato nel Seminario Maggiore Regionale, Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, ove ha ultimato, nel maggio 2013, gli studi teologici in preparazione al sacerdozio. Negli anni di formazione ha svolto il ministero pastorale  presso le parrocchie “San Pio X a Salto di Fondi, “Santa Maria Maggiore” a Lenola, “Cuore Eucaristico di Penitro. Dall’ottobre 2012 svolge il suo servizio presso le parrocchie di Itri sotto la guida del parroco don Guerino Piccione. E’ iscritto alla Facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana. Dall’inizio di settembre 2013 è stato nominato Assistente del Settore Giovani di Azione Cattolica diocesana. Il Presbiterato è il secondo grado del Sacramento dell’Ordine e inserisce l’eletto nel presbiterio diocesano in stretta obbedienza e unione col Vescovo. Il presbitero a immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per annunciare la buona novella del Regno di Dio, pascere i fedeli e celebrare il culto divino. Segnati da uno speciale carattere che lo configura a Cristo sacerdote, egli agiscono ‘in persona’ di Cristo capo, soprattutto nella celebrazione dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione. Parte essenziale del rito sarà l’Imposizione delle mani dell’Arcivescovo sul capo dell’eletto assieme alla preghiera consacratoria. Come è prassi liturgica imporranno le mani sul novello consacrato tutti i sacerdoti presenti e concelebranti. Questa nuova ordinazione sacerdotale è un dono straordinario di grazia del Signore per la diocesi di Gaeta, in mancanza di sacerdoti. Un’occasione questa per pregare il Signore perché mandi santi sacerdoti alla Chiesa di Gaeta. Sono, infatti,  dodici i seminaristi che studiano nel Seminario di Anagni e si stanno preparando spiritualmente e culturalmente al ministero del presbiterato.

SESSA AURUNCA (CE). SABATO L’INGRESSO IN DIOCESI DEL NUOVO VESCOVO

piazza-vescovo-202x300.jpgstemma-corr.jpgsessa2.pngSessa Aurunca. Inizio del ministero episcopale di mons. Orazio Francesco Piazza nella diocesi sessana

di Antonio Rungi

Venerdì 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi alle ore 16,30 farà il suo ingresso ufficiale il nuovo vescovo di Sessa Aurunca, monsignor Orazio Francesco Piazza, consacrato pastore della diocesi campana dal Cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e vescovi conconsacranti: S. Ecc.za Mons. Michele De Rosa, vescovo di Cerreto-Telese-Sant’Agata de’ Goti e S. Ecc.za Mons. Antonio Franco, nunzio apostolico emerito, il 21 settembre scorso. La cerimonia di inizio episcopato di mons.Piazza sulla cattedra di San Casto, si svolgerà in un modo semplice, come espressamente richiesto dallo stesso novello pastore della diocesi, che va all’essenziale e guarda alla sostanza delle cose da farsi. Alle ore  16.00 si svolgerà l’accoglienza delle autorità e dei fedeli, provenienti da tutti i cinque comuni e le quattro foranie di Sessa Aurunca e dalla Diocesi di Cerreto-Telese-Sant’Agata dei Goti,  in  piazza XX Settembre; alle ore 16.30: arrivo del nuovo Vescovo, sempre in piazza XX Settembre e saluto del Sindaco di Sessa Aurunca, dott. Luigi Tommasino; alle ore 17:00: vestizione abiti liturgici presso Chiesa dell’Annunziata; alle ore 17.15: cammino in processione dalla chiesa dell’Annunziata fino alla Cattedrale; alle 17.30 celebrazione Eucaristica di inizio ministero episcopale e primo discorso al popolo santo di Dio della Diocesi sessana. Grande attesa per l’arrivo del nuovo pastore, che succede alla guida della diocesi al redentorista, monsignor Antonio Napoletano, dimissionario per raggiunti limiti di età. Dopo 18 anni di servizio pastorale di un vescovo religioso, arriva un vescovo del clero diocesano, un volto ed un nome ben conosciuto ed apprezzato nella Regione ecclesiastica campana. Monsignor Orazio Francesco Piazza, è nato a Solopaca (BN), nella diocesi di Cerreto Sannita-Telese-S. Agata de’ Goti, il 4 ottobre 1953. Ha frequentato la Scuola media e il Ginnasio presso il Seminario Minore di Cerreto Sannita. Ha concluso gli studi liceali al Pontificio Seminario regionale “Pio XI” di Benevento e seguito i corsi di filosofia e teologia alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sezione S. Luigi di Napoli, ospite del Pontificio Seminario Interregionale Campano. Ha poi ottenuto presso la medesima Facoltà i gradi accade-mici di Licenza e di Dottorato in Teologia Dogmatica. E’ stato ordinato presbitero il 25 giugno 1978 ed è incardinato nella diocesi di Cerreto Sannita-Telese-S.Agata de’ Goti. E’ stato Vicario parrocchiale di Telese Terme (BN) (1978-1981). Rettore della chiesa del SS. Corpo di Cristo a Solopaca (1981-1992) e del Santuario Maria SS. del Roseto a Solopaca (1988-1992). Assistente unitario diocesano di A.C. (1989-2013). Vicario Episcopale per il settore Evangelizzazione e Testimonianza (2002-2013). Assistente unitario regionale di A.C. (1998-2013). Membro del membro del Collegio dei Consultori e del Consiglio Presbiterale, Canonico Teologo della Cattedrale, Cappellano magistrale del Militare Ordine di Malta e Cavaliere con funzione di Priore dell’Ordine del Santo Sepolcro. Docente di Etica Sociale presso la Facoltà di Economia dell’Università del Sannio di Benevento (1997-2013). Fondatore e direttore nel 2004 del Centro Studi Sociali Bachelet. Professore Ordinario di Ecclesiologia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sezione San Luigi – Napoli. Il 25 giugno 2013 è stato nominato da papa Francesco Vescovo di Sessa Aurunca.

Telese (Bn). Consacrazione episcopale di monsignor Orazio Francesco Piazza, nuovo vescovo della Diocesi di Sessa Aurunca

sessa3.pngstemma-corr.jpgpiazzavescovo.pngCattedrale_-_Cerreto_Sannita.jpgFervono gli ultimi preparativi a Cerreto e a Telese per l’ordinazione episcopale di Monsignor Orazio Francesco Piazza, sacerdote della Diocesi di Cerreto-Telese- San’Agata dei Goti, che sarà consacrato vescovo della diocesi di Sessa Aurunca, sabato 21 settembre 2013, alle ore 16,30 nello Stadio comunale di Telese-Terme (Bn). Vescovo consacrante principale è il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli e Presidente della Conferenza Episcopale Campana, con l’ausilio di monsignor  Michele De Rosa, vescovo di Cerreto-Telese-sant’Agata dei Goti, e  di monsignor Antonio Franco, arcivescovo titolare di Gallese e Nunzio Apostolico. Attesi tutti i vescovi della Campania, circa 300 sacerdoti, circa 10.000 fedeli delle due diocesi interessate da questo storico evento.
Monsignor Orazio Francesco Piazza è il 70° vescovo, che la storia ricordi, a guidare pastoralmente la Diocesi di Sessa Aurunca e succede in questo ministero a monsignor Antonio Napoletano, religioso redentorista, che ha guidato la diocesi sessana nell’ultimo ventennio.

Papa Francesco, infatti, il 25 giugno di quest’anno, accettando la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Sessa Aurunca, presentata da S.E. Mons. Antonio Napoletano, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico, per raggiunti limiti di età, ha nominato Vescovo di Sessa Aurunca il rev.do Orazio Francesco Piazza, del clero della diocesi sannita, Vicario episcopale e docente universitario.

L’ingresso nella Diocesi di Sessa Aurunca di monsignor Piazza è in programma per il 4 ottobre 2013, alle ore 16.30, giorno onomastico del novello vescovo.

La comunità diocesana si sta preparando per il duplice storico avvenimento della consacrazione del nuovo vescovo e del suo ingresso in Diocesi con un percorso di preghiera, riflessione e condivisione in tutte le 42 parrocchie che costituiscono l’ossatura portante della diocesi di Sessa Aurunca. Settantamila abitanti, durante il periodo settembre-giugno, quasi 200 mila durante il periodo estivo per la presenza di numerose località turistiche che caratterizzano il territorio diocesano che si estende lungo la fascia del litorale domiziano dalla foce del Fiume Garigliano a quella del Volturno, con oltre 30 Km di costa. Cinque i comuni che costituiscono la Diocesi. Sessa Aurunca, Mondragone, Carinola, Cellole e Falciano del Massico. Un territorio segnato da tante emergenze sociali ed ambientali, con la consistente presenza di immigrati.

Una chiesa viva quella che troverà il Vescovo per l’impegno costante di sacerdoti, diaconi, fedeli laici che sono assidui collaboratori di parroci in tutte le comunità dove più forte si avverte la necessità di una nuova evangelizzazione.

Nel saluto che il nuovo vescovo ha voluto rivolgere all’intera comunità diocesana in occasione della sua nomina  a pastore di questa storica diocesi della Campania ai confini con il Lazio ha voluto sottolineare la sua missione e ha chiesto la collaborazione di tutti: “Rivolgo il mio pensiero carico di affetto e di speranza a tutti voi, soprattutto ai sacerdoti, chiedendo generosa disponibilità nell’accogliermi e nell’aiutarmi a rendere sempre più feconda la nostra Chiesa locale; a voi Religiosi e Religiose segno quotidiano della comune aspirazione alla pienezza del Regno di Dio; a voi laici tutti, presenza viva e operosa nella difficile realtà dell’uomo”. Una realtà citata quando scrive: “Desidero manifestare la speciale ed affettuosa attenzione per i malati, gli anziani, e per chi i assiste; per le famiglie, attraversate da singolari problemi, ma primo ambito vitale per una nuova formazione umana e cristiana; per quanti oggi sono senza lavoro, in un momento così critico, e per chi è costretto a vivere lontano, con la nostalgia di questa nostra casa; per i bambini, speranza del domani e, in particolare, per i giovani, perché abbiano coraggio, vitalità e rinnovato entusiasmo”.

Comunione, condivisione e collaborazione sono i tre termini che l’eletto vescovo di Sessa Aurunca porta all’attenzione della comunità diocesana nel suo messaggio iniziale e saluto. Concetti sintetizzati anche nel motto e nello stella del suo episcopato: “Christus lumen gentium”, Cristo luce delle genti, con forti ed accentuati richiami spirituali e pastorali, nonché localistici: “D’azzurro, alla città delle tre torri d’oro, sormontata da un’ombra di sole dello stesso, caricata da un chrismon, con le lettere alpha e omega poste sotto il braccio di traverso, il tutto di rosso”.

Padre Antonio Rungi

Lenola (Lt). Domani conclusione dei solenni festeggiamenti in onore del Madonna del Colle

DSC08823.JPGSarà monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, arcivescovo di Gaeta, a chiudere i solenni festeggiamenti in onore della Madonna del Colle, a Lenola, con la celebrazione eucaristica delle ore 11.00 di domani, domenica, 15 settembre 2013, in coincidenza con il ritrovamento della sacra effige della Madonna il 15 settembre del 1602. Da quella data il popolo di Lenola onora la Vergine Santa con il titolo della Madonna del Colle. Alla festa i fedeli, che hanno partecipato numerosissimi, si sono preparati con un novenario e con il triduo predicato da padre Antonio Rungi, missionario passionista e guidati dai sacerdoti che si sono succeduti nel corso del novenario e che hanno proposto temi riguardanti la fede nell’anno della fede. Triduo di predicazione molto seguito ed apprezzato dai fedeli che, ieri, a conclusione della tre giorni di spiritualità hanno voluto ringraziare pubblicamente il sacerdote, ormai, da circa due anni, costantemente presenti nell’arcidiocesi di Gaeta ed un punto di riferimento spirituale e apostolico nella comunità passionista della Civita.

Dopo la solenne concelebrazione seguirà la processione per le principali vie della città con la statua della Madonna del Colle, alla quale prendono parte migliaia di fedeli, anche dei comuni limitrofi e soprattutto i tanti lenolesi immigrati in Italia o all’estero e che rientrano per la festa della Madonna del Colle. I solenni festeggiamenti organizzati dall’apposito comitato feste, presieduto dal rettore-parroco, don Adriano Di Gesù anche quest’anno hanno approntato un nutrito programma di celebrazioni religiosi e di manifestazioni culturali e ricreative per degnamente onorare la Vergine Santa. Per la prima volta tutte le funzioni religiose sono state trasmesse in diretta streaming utilizzando il sito interne del santuario della Madonna del Colle. Nell’anno della fede, un maggior impulso  è stato dato al culto mariano nel corso della novena e soprattutto durante triduo predicato da padre Antonio Rungi, missionario passionista del vicino Santuario mariano della Civita, altro luogo di spiritualità del Sud-Pontino, molto frequentato durante l’anno e soprattutto in questi giorni.

Lenola (Lt). Iniziato triduo di preparazione alla festa della Madonna del Colle.

DSC08823.JPGDSC08826.JPGE’ iniziato ieri, 11 settembre 2013, il triduo di preparazione alla festa della Madonna del Colle, a Lenola (Lt), protettrice della città, triduo predicato quest’anno da padre Antonio Rungi, missionario passionista del Santuario della Civita. Nella messa della sera delle ore 18,30 al Santuario della Madonna erano oltre 300 persone a partecipare alla solenne liturgia eucaristica, presieduta da padre Rungi e concelebrata dal Rettore-Parroco don Adriano Di Gesù. Padre Rungi ha parlato della riconciliazione, attenendosi alla messa in onore della Madonna, Madre della Riconciliazione. “Non ci sarà vera festa se non ci riconciliamo con la nostra coscienza, con Dio e con gli altri. La Madonna -ha detto il sacerdote – soffre per i nostri litigi, divisioni, conflitti e forme di odio e risentimento che albergano nel nostro cuore. Come manifestò la sua misericordia al servo di Dio Gabriele Mattei, che nutriva nel cuore l’odio e volontà di uccidere, così susciti in noi l’amore per ogni persona, ci spinga ad agire per riconciliarci partendo dai nostri familiari. Bella la festa esterna -ha concluso padre Rungi- ma molto più bella e gradita a Dio e alla Madonna la festa del cuore, la festa di un cuore riconciliato attraverso il sacramento della penitenza e la partecipazione all’eucaristia”.
Oggi, 12 settembre, festa del Nome di Maria, secondo giorno del triduo predicato, padre Rungi celebrerà nuovamente presso il Santuario della Madonna del Colle e terrà l’omelia sulla festa di oggi.
I solenni festeggiamenti proseguiranno domani, venerdì, con l’ultimo giorno di triduo predicato da padre Antonio Rungi, sabato con la messa della vigilia della Madonna del Colle, presieduta dal Rev.mo Padre Ugo Tagni, Abate dell’Ordine Cistercense; domenica la messa solenne presieduta alle ore 11.00 dall’arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio alle ore 11.00 e a seguire la processione per le principali vie della città della statua della Madonna del Colle. Immagine che è solennemente esposta nel Santuario e messa alla venerazione del popolo di Dio che in questi giorno, più numeroso, arriva al Santuario per pregare ed affidarsi alla Madre di Dio e chiedere grazie al Signore, mediante la sua potente intercessione, come hanno potuto sperimentare gli abitanti di Lenola in tanti secoli di culto e pietà popolare verso la Madonna del Colle, onore e gloria di questo popolo laborioso e autenticamente mariano. Sono migliaia i fedeli che ogni anno, rientrando anche in paese, che ritornano per partecipare ai festeggiamenti religiosi e civili, organizzato dall’apposito comitato feste, presieduto dal rettore-parroco, don Adriano. Nell’anno della fede, un maggior impulso ad una vera ed autentica devozione mariana è stato dato nel corso della novena e soprattutto del triduo di predicazione tuttora in corso.

Capriglia. Gli esercizi spirituali predicati da padre Rungi

foto.JPGEsercizi Spirituali in sintesi

 

Capriglia – luglio- agosto 2013

Corso guidato da  Rev.do Padre Antonio Rungi

 

Il rev.do Padre Antonio per dare apertura agli esercizi spirituali ha ritenuto opportuno introdurre il Vangelo di Luca (10: 39-40)  tratto dal commento del Papa Francesco durante  l’Angelus, in piazza san Pietro, domenica 21 luglio, “la figura delle due donne Maria e Marta”. Ha sottolineato l’importanza dei due atteggiamenti che sembrano contrapposti, ma in realtà sono due aspetti entrambi essenziali per la nostra vita cristiana e religiosa, sono aspetti che non vanno mai separati, ma vissuti in perfetta armonia. Preghiera e azione sono sempre unite. Bisogna parlare con Gesù a tu per tu. Se si bada solo all’attività si rischia di servire solo a noi stessi.

 

Nel primo incontro ha introdotto il tema del corso di esercizi spirituali centrato sul discorso della fede che genera la scelta della nostra vocazione religiosa. Stiamo nell’anno dedicato alla fede. Il padre ha ribadito che anche noi religiose/i dobbiamo curare la nostra formazione permanente. Ci  ha invitato a riflettere e maturare consapevolmente la nostra fede, per poterla  vivere concretamente nelle nostre comunità. Ci ha detto anche che non c’è fede se non c’è una vera conversione. Perciò dobbiamo vivere pienamente la fede in Gesù Cristo, nel suo Mistero della sua morte e risurrezione, l’amore di Dio che ci salva e ci chiama alla conversione. La fede che si rende operosa per mezzo della carità. Come sottolinea  anche San Paolo (1 Cor.13,13) le virtù  più importanti sono fede speranza e carità. Ma la più importanti è la carità.

 

 Il testo principale di riferimento insieme ai testi biblici e documenti sulla vita religiosa, è la prima Enciclica di Papa Francesco “Lumen Fidei”.

 

Infatti il Padre nella prima meditazione ha introdotto   il primo capitolo  intitolato “Abramo, nostro padre nella fede”. Ci chiediamo che cos’è la fede?  Per capire che cos’è la fede, bisogna fare un percursus sulla storia della salvezza come leggiamo nell’AT. Dio parla ad Abramo, si rivela. Abramo non vide Dio ma sentii la sua voce. La fede ha un tu e ha un nome.  La fede è legata all’ascolto. essa  assume un carattere personale perchè  il Dio di una persona, appunto di Abramo,… capace di entrare in contatto con l’uomo. La Parola di Dio contiene una promessa. Dio infatti chiama  Abramo ad uscire  dalla sua terra e gli promette una terra promessa, una numerosa discendenza. Anche a noi religiose/i ci ha chiamato ad uscire dalla nostra terra e ci ha promesso il centuplo, il cento volte tanto,.. “la vita eterna”.

 

Quella che chiede ad Abramo è di fidarsi della sua Parola. Il termine Fede deriva dalla parola ebraica  aman che significa “sostenere”. Il termine indica sia la fedeltà di Dio che dell’uomo. San Agostino sintetizza così:  “l’uomo  fedele è colui che crede a Dio che promette; il Dio fedele è colui che concede ciò che ha promesso all’uomo.

 

Attualizzando questa riflessione nella nostra vita di consacrate, padre Antonio ci ha invitato a ripercorrere il nostro cammino vocazionale, così da riportare alla mente tutte quelle volte in cui Dio ha parlato a noi e ha invitato ad abbandonarci in Lui.

 

Continuando a presentarci la nuova Enciclica ci ha introdotto alla storia del popolo d’ Israele scelto da Dio quale popolo eletto e chiamato a stabilire con Lui un’alleanza eterna. La storia d’amore tra Dio e  questo  popolo non fu di una vera e costante fedeltà. Infatti nonostante i prodigi che Dio continuava a manifestare, gli israeliti coglievano ogni occasione per tradirlo, si creavano gli idoli, mormoravano rimpiangendo le cipolle  dell’Egitto.

Tanti sono stati riferimenti fatti dal padre sulla nostra vita consacrata. Anche noi spesso ci attacchiamo ai nostri idoli ( cose materiali, persone, personali interessi,….)  e incominciamo a sgranare i rosari delle nostre lamentele.

 

Il padre proseguendo il discorso sulla fede ha introdotto i capitoli sul nostro battesimo e la nostra professione religiosa. Con il battesimo diventiamo figli di Dio, creature nuove. Invece con il nostro impegno di vita consacrata, attraverso i consigli evangelici che pubblicamente professiamo, c’incamminiamo sulla strada  sequela Christi, che porta alla perfezione e anticipa la gioia futura. Il padre sempre riportando il discorso sulla vita nostra concreta, ci ha invitato con tanti esempi a vivere seriamente la nostra consacrazione. Ci ha spronate più volte ad impegnarci a diffondere il nostro Carisma, a trasmettere ai giovani la gioia di appartenere a Cristo.

 A tal proposito ci ha dato anche suggerimenti pratici per avviare una vera e propria campagna  vocazionale. Ha ripreso le parole del papa Francesco che invita i religiosi ad aprirsi, a raggiungere le periferie dell’esistenza per testimoniare l’ Amore e la misericordia di Dio. Il padre poi ha messo in evidenza i doni, i talenti che ha riscontrato in noi in questi giorni. Sono gli strumenti con i quali possiamo evangelizzare. Ci ha suggerito anche di usufruire  dei nuovi mezzi di comunicazione come ad esempio creare un sito ufficiale del nostro Istituto per diffondere il nostro carisma specialmente alle giovani generazioni, perchè è un mezzo efficace che ha suggerito anche la Chiesa.

 

Ha voluto ribadire che la fede ha un carattere ecclesiale non solo personale. Quindi la nostra vocazione è quella di evangelizzare.

 

Nelle ultime tre riflessioni il padre ha scelto quei capitoli dell’ Enciclica che più direttamente interpellavano noi religiose/i  sull’importanza dei consigli evangelici incarnati da Gesù stesso, povero casto e obbediente.  Si è soffermato sull’aspetto teologico di questi voti ma soprattutto li ha calati nella nostra realtà, in base alla sua personale esperienza come religioso, sacerdote e ex- superiore provinciale.

 

Con il voto di povertà dobbiamo sentirci liberi dalle cose materiali, moderate nell’uso delle cose e generose nel condividere con la comunità ciò che ci viene donato. Senza lasciarci tentare dalla cupidigia e dall’accaparramento. 

 

Riguardo alla Castità ci ha dapprima illustrato la situazione di come in passato si concepiva  questo voto. Di come si formavano i giovani religiosi, inculcandogli una visione troppo peccaminosa della sfera della sessualità e della corporeità. Grazie al Concilio Vaticano II le nuove generazioni hanno potuto invece beneficare di una rinnovata e giusta visione di questo voto. Concretamente ci ha esortate  a vigilare sulla nostra persona, sulle nostre relazioni con le consorelle, sulla purezza del nostro modo di agire e di parlare con gli altri. C’è  bisogno ha detto il Padre di curare la formazione nelle comunità educando le giovani a raggiungere una sana ed equilibrata maturità affettiva. Come ha ribadito il Papa che noi suore non dobbiamo essere “zitelle” ma materne.

Il nostro modello deve essere Maria che per dogma di fede è rimasta vergine anche dopo il parto.

 

Per quanto riguarda il voto di Obbedienza, padre Antonio ha sottolineato che questo voto non mortifica la nostra libertà. Esso invece aiuta a creare la comunità  come luogo privilegiato per discernere ed accogliere il Volere di Dio e camminare insieme in unione  di mente e di cuore. Ci ha invitate ad avere uno sguardo di fede, a riconoscere la volontà di Dio attraverso la persona delle nostre superiore, locali e generale al di là dei loro errori e debolezze.  Ci ha comunque spiegato che il voto di obbedienza è il più importante ma anche il più difficile da esercitare concretamente.

In base alla sua esperienza personale da ex-superiore provinciale ha potuto constatare tale difficoltà,  specialmente quando doveva  trasferire un religioso per esigenze generali della provincia religiosa. 

 

I vari incontri sono stati arricchiti anche dagli interventi di molte di noi che superando la timidezza e la paura di  sbagliare a parlare, abbiamo  reso più dinamico e proficuo questo corso di esercizio.

 

Ringraziamo Padre Antonio per averci guidato in questo momento di grazia. Arricchenti sono  state  anche le omelie, le riflessioni di vari momenti della liturgia. Lo ringraziamo per il suo stile immediato, paterno e semplice ma nello stesso tempo profondo ed erudito.

Spetta a noi fruttificare i doni ricevuti in questi giorni mettendo in pratica i propositi che ciascuna di noi metterà in atto per la gloria di Dio.