DOMENICA

La preghiera per l’Epifania 2023

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Preghiera per l’Epifania 2023
Composta da padre Antonio Rungi

Gesù nel silenzio della grotta di Betlemme tu continui a parlare agli uomini della terra di ogni tempo.
Nei Magi venuti dall’Oriente ritroviamo noi, bisogni di Te, in cerca di Te e non sempre capaci di raggiungerti in tempo utile, in ritardo come sempre ad ascoltare la voce del Tuo silenzio.
Aiutaci Gesù Bambino a riscoprire il tuo parlare a noi esseri mortali nei segni che Tu ci hai donato.
Donaci la forza di quella fede che spesso viene meno di fronte ai problemi di ogni genere che riguardano la nostra ed altrui esistenza.
Donaci la speranza che parte da Betlemme e si estende sino a Gerusalemme, quando sei morto per noi sulla croce.
Donaci, o Gesù, un poco del Tuo amore, nel desiderio profondo del nostro cuore di contribuire al bene del mondo.
Gesù continua a parlarci, nonostante la nostra sordità ad ascoltarTi, soprattutto con la voce della vita che Tu ci hai donato o Dio. Amen

LITURGIA DI FINE ANNO 2022 A CURA DI PADRE ANTONIO RUNGI

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CHIESA MADONNA DI LORETO – PADRI PASSIONISTI ITRI

Sabato 31 dicembre 2022 – Ore 17.00

MARIA SS. MADRE DI DIO – SOLENNITA’ – LITURGIA PROPRIA 

ESPOSIZIONE DI GESU’ SACRAMENTATO

Primi Vespri

  1. O Dio, vieni a salvarmi
  2. Signore, vieni presto in mio aiuto.

 

Gloria al Padre e al Figlio

e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre

nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

 

INNO

O Gesù salvatore,

immagine del Padre,

re immortale dei secoli,

 

luce d’eterna luce,

speranza inestinguibile,

ascolta la preghiera.

 

Tu che da Maria vergine

prendi forma mortale,

ricordati di noi!

 

Nel gaudio del Natale

ti salutiamo, Cristo,

redentore del mondo.

 

La terra, il cielo, il mare

acclamano il tuo avvento,

o Figlio dell’Altissimo.

 

Redenti dal tuo sangue,

adoriamo il tuo nome,

cantiamo un canto nuovo.

 

A te sia gloria, o Cristo,

al Padre e al Santo Spirito

nei secoli dei secoli. Amen.

 

1 ant. Meraviglioso scambio!

           Il Creatore ha preso un’anima e un corpo,

           è nato da una vergine;

           fatto uomo senza opera d’uomo,

           ci dona la sua divinità.

 

SALMO 112

 

Lodate, servi del Signore, *

lodate il nome del Signore.

Sia benedetto il nome del Signore, *

ora e sempre.

 

Dal sorgere del sole al suo tramonto *

sia lodato il nome del Signore.

Su tutti i popoli eccelso è il Signore, *

più alta dei cieli è la sua gloria.

 

Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell’alto *

e si china a guardare nei cieli e sulla terra?

 

Solleva l’indigente dalla polvere, *

dall’immondizia rialza il povero,

per farlo sedere tra i principi, *

tra i principi del suo popolo.

 

Fa abitare la sterile nella sua casa *

quale madre gioiosa di figli.

 

1 ant. Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine;

           fatto uomo senza opera d’uomo, ci dona la sua divinità.

 

2 ant. Hai compiuto le Scritture, quando in modo unico sei nato dalla Vergine; come rugiada sul vello sei disceso a salvare l’uomo. Lode a te, nostro Dio!

 

SALMO 147

Glorifica il Signore, Gerusalemme, *

loda, Sion, il tuo Dio.

 

Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, *

in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

 

Egli ha messo pace nei tuoi confini *

e ti sazia con fior di frumento.

 

Manda sulla terra la sua parola, *

il suo messaggio corre veloce.

 

Fa scendere la neve come lana, *

come polvere sparge la brina.

 

Getta come briciole la grandine, *

di fronte al suo gelo chi resiste?

 

Manda una sua parola ed ecco si scioglie, *

fa soffiare il vento e scorrono le acque.

 

Annunzia a Giacobbe la sua parola, *

le sue leggi e i suoi decreti a Israele.

 

Così non ha fatto

con nessun altro popolo, *

non ha manifestato ad altri

i suoi precetti.

 

2 ant. Hai compiuto le Scritture, quando in modo unico sei nato dalla Vergine; come rugiada sul vello sei disceso a salvare l’uomo. Lode a te, nostro Dio!

 

3 ant. Come il roveto che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre di Dio:

           noi ti lodiamo, tu prega per noi.

 

CANTICO    Cfr. Ef 1, 3-10

Benedetto sia Dio,

Padre del Signore nostro Gesù Cristo, *

che ci ha benedetti

con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.

 

In lui ci ha scelti *

prima della creazione del mondo,

per trovarci, al suo cospetto, *

santi e immacolati nell’amore.

 

Ci ha predestinati *

a essere suoi figli adottivi

per opera di Gesù Cristo, *

secondo il beneplacito del suo volere,

 

a lode e gloria

della sua grazia, *

che ci ha dato

nel suo Figlio diletto.

 

In lui abbiamo la redenzione

mediante il suo sangue, *

la remissione dei peccati

secondo la ricchezza della sua grazia.

 

Dio l’ha abbondantemente riversata su di noi

con ogni  sapienza e intelligenza, *

poiché egli ci ha fatto conoscere

il mistero del suo volere,

 

il disegno di ricapitolare in Cristo

tutte le cose, *

quelle del cielo

come quelle della terra.

 

Nella sua benevolenza

lo aveva in lui prestabilito *

per realizzarlo

nella pienezza dei tempi.

 

3 ant. Come il roveto che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre di Dio:

           noi ti lodiamo, tu prega per noi.

 

LETTURA BREVE Gal 4, 4-5

Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.

OMELIA

RESPONSORIO BREVE

  1. Il Verbo di Dio si è fatto carne * alleluia, alleluia.

Il Verbo di Dio si è fatto carne, alleluia, alleluia.

  1. È venuto ad abitare in mezzo a noi.

Alleluia, alleluia.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Il Verbo di Dio si è fatto carne, alleluia, alleluia.

 

Ant. al Magn. Per il grande amore con il quale ci ha amati, Dio mandò il suo Figlio in una carne di peccato: nato da donna, nato sotto la legge, alleluia.

 

CANTICO DELLA BEATA VERGINE                         Lc 1, 46-55

L’anima mia magnifica il Signore *

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

 

perché ha guardato l’umiltà della sua serva. *

D’ora in poi tutte le generazioni

mi chiameranno beata.

 

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente *

e Santo è il suo nome:

 

di generazione in generazione la sua misericordia *

si stende su quelli che lo temono.

 

Ha spiegato la potenza del suo braccio, *

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

 

ha rovesciato i potenti dai troni, *

ha innalzato gli umili;

 

ha ricolmato di beni gli affamati, *

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

 

Ha soccorso Israele, suo servo, *

ricordandosi della sua misericordia,

 

come aveva promesso ai nostri padri, *

ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

 

Gloria al Padre e al Figlio *

e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre *

nei secoli dei secoli. Amen.

 

Ant. al Magn. Per il grande amore con il quale ci ha amati, Dio mandò il suo Figlio in una carne di peccato: nato da donna, nato sotto la legge, alleluia.

 

INTERCESSIONI

Invochiamo il Cristo, nostra pace, che è venuto a

unire in un solo popolo gli uomini di ogni lingua

e nazione: Dona a tutti la tua pace, Signore.

 

Tu, che venendo fra noi hai rivelato l’amore del

Padre,

— fa’ che lo ringraziamo sempre per i suoi benefici.

 

Tu, che hai voluto piena di grazia Maria, tua Madre,

— effondi su tutti gli uomini l’abbondanza dei tuoi

    doni.

 

Hai portato al mondo il lieto annunzio della salvezza,

— moltiplica gli araldi e i discepoli della tua parola.

 

Hai voluto nascere da Maria Vergine, come nostro

fratello,

— insegna a tutti gli uomini la vera fraternità.

 

Sole di giustizia, apparso all’orizzonte dell’umanità,

— risplendi ai nostri fratelli defunti nella beatitudine

    eterna.

 

  1. Chiudiamo la nostra preghiera della sera chiedendo l’avvento del Regno di Dio

Padre nostro.

ORAZIONE

O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita, Cristo tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

 

CANTO DEL TE DEUM

Noi ti lodiamo, Dio,

ti proclamiamo Signore.

 

O eterno Padre,

tutta la terra ti adora.

 

A te cantano gli angeli

e tutte le potenze dei cieli:

 

Santo, Santo, Santo

il Signore Dio dell’universo.

 

I cieli e la terra sono pieni

della tua gloria.

 

Ti acclama

il coro degli apostoli

e la candida schiera dei martiri;

 

le voci dei profeti si uniscono

nella tua lode;

 

la santa Chiesa proclama

la tua gloria,

 

adora il tuo unico Figlio,

e lo Spirito Santo Paraclito.

 

O Cristo, re della gloria,

eterno Figlio del Padre,

 

tu nascesti

dalla Vergine Madre

per la salvezza dell’uomo.

 

Vincitore della morte,

hai aperto

ai credenti

il regno dei cieli.

 

Tu siedi alla destra di Dio,

nella gloria del Padre.

 

Verrai a giudicare il mondo

alla fine dei tempi.

 

Soccorri i tuoi figli, Signore,

che hai redento

col tuo sangue prezioso.

 

Accoglici nella tua gloria

nell’assemblea dei santi.

 

Salva il tuo popolo, Signore,

guida e proteggi i tuoi figli.

 

Ogni giorno

ti benediciamo,

lodiamo il tuo nome

per sempre.

 

Degnati oggi, Signore,

di custodirci senza peccato.

Sia sempre con noi

la tua misericordia: in te abbiamo sperato.

 

Pietà di noi,

Signore,

pietà di noi.

 

Tu sei la nostra speranza,

non saremo confusi in eterno.

 

Preghiera di ringraziamento di fine anno 2022

 

Signore del tempo e della storia, nonostante le tante sofferenze che hanno contrassegnato quest‘anno 2022 che volge al termine, Ti rendiamo grazie ugualmente per tutto quello che in questi mesi e giorni ci hai donato con abbondanza e generosità, anche se a volte toccati dal pianto e dalle lagrime.

Grazie per ogni attimo della nostra vita che abbiamo respirato rendendo lode a Te Dio e amando i nostri fratelli con cuore sincero.

Grazie per i benefici che abbiamo ottenuto con larghezza dalle tue mani, mediante i sacramenti della vita cristiana, della preghiera, della parola di Dio che ci ha sostenuto nel difficile cammino di ogni giorno. Grazie per il papa, Francesco, grazie per il papa emerito, Benedetto XVI, molto ammalato, grazie per i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i laici impegnati, per le persone rette ed oneste a servizio della gente.

Grazie Signore per il cibo quotidiano, per il lavoro, per le cure non sempre possibili e facili per la difesa della nostra salute.

Grazie per i nostri cari, vicini e lontani e grazie per quelli che in questo anno 2022 hai voluto portare con Te in cielo, dove non c’è più morte, lacrime e dolori. Gesù Ti chiediamo per il nuovo anno 2023 che si sta affacciando nella nostra vita e in quella dell’intera umanità, ferma il flagello della guerra in Ucraina in altre parti del mondo, blocca la nuova ondata della pandemia da coronavirus, togli la fame nel mondo e dona ai bambini di tutta la terra una lunga e serena vita nelle loro famiglie, nella loro patria, tra le persone care. Dona un cuore nuovo a noi che professiamo la fede in Te unico Dio e Signore, perché fraternamente e pacificamente possiamo vivere su questa terra in attesa della venuta definitiva del tuo Regno.

Maria, Madre di Dio e Madre nostra interceda per noi e ci ottenga le grazie che dal profondo del nostro cuore rivolgiamo a Te, Signore del tempo e della storia, a conclusione di questo anno 2022 e nell’attesa dell’anno nuovo. Amen. (Padre Antonio Rungi)

 

Benedizione eucaristica

 

Tantum ergo

 

Questo grande sacramento veneriamo supplici; è il supremo compimento degli antichi simboli. Viva fede ci sorregga quando i sensi tacciono.

 

All’eterno sommo Dio, Padre, Figlio e Spirito: gloria, onore, lode piena innalziamo unanimi. Il mistero dell’amore adoriamo umili. Amen.

 

Hai dato loro un pane disceso dal cielo.

Che porta in sé ogni dolcezza

 

  1. Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo corpo e del tuo sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
  2. Amen.

 

Benedizione con Gesù Sacramentato

 

Preci

Dio sia benedetto

Benedetto il Suo Santo Nome

Benedetto Gesù Cristo vero Dio e vero uomo

Benedetto il nome di Gesù

Benedetto il Suo Sacratissimo Cuore

Benedetto il Suo preziosissimo Sangue

Benedetto Gesù nel Santissimo Sacramento dell’altare

Benedetto lo Spirito Santo Paraclito

Benedetta la gran Madre di Dio Maria Santissima

Benedetta la Sua Santa e Immacolata Concezione

Benedetta la Sua gloriosa Assunzione

Benedetto il nome di Maria Vergine e Madre

Benedetto San Giuseppe Suo castissimo sposo

Benedetto Dio nei Suoi angeli e nei Suoi santi

 

Reposizione del SS. Sacramento

 

Canto finale

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO 2022. RIFLESSIONE E PREGHIERA DI PADRE ANTONIO RUNGI

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I DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A

DOMENICA 27 NOVEMBRE 2022

VEGLIARE IN ATTESA DEL MESSIA

Commento di padre Antonio Rungi

Inizia oggi il nuovo anno liturgico che è classificato come anno A ed oggi celebriamo la prima domenica di Avvento che come sappiamo significa “venuta”, con chiaro riferimento alla prima venuta del Signore nel mistero della sua nascita in mezzo a noi esseri umani, nel grembo verginale di Maria, per opera dello Spirito Santo. Parimenti ci prepariamo alla sua seconda venuta, di cui non sappiamo né il giorno e nel modo in avverrà, ma di certo ci sarà.

Il personale avvento del Signore nella nostra vita avverrà quando egli ci chiamerà a far parte del suo regno eterno ed infinito come ci h ricordato la liturgia di domenica scorsa con la solennità di Cristo Re dell’universo.

Nell’attesa di questa certa venuta per ognuno di noi, questo tempo liturgico che ci prepara al Natale 2022 ci serva a mettere a frutto tutti i suggerimenti che la parola di Dio ci detterà nel corso di questo mese, intervallato con la solennità dell’Immacolata Concezione, la festa tipica dell’Avvento dedicata alla Madre del Salvatore.

Il Vangelo di questa prima domenica, tratto dall’evangelista Matteo, ci riporta al tempo del diluvio, al tempo di Noè. A questo evento naturale ed eccezionale è paragonata da Gesù stesso la sua definitiva venuta sulla terra. Parlando ai suoi discepoli egli ricorda che in quel tempo pre-diluviano la gente mangiava e beveva, si sposava e facevano tante altre cose di vita quotidiana, ignara di quello che stava accadendo. Quaranta giorni di acqua che distrusse ogni cosa, mentre il solo Noè si salvò entrando nell’arca, che nel frattempo riuscì a costruire per mettere in salvo tutto ciò che era possibile salvare.

La venuta del Figlio dell’uomo sarà come un disastro naturale, ambientale, una vera umanitaria, in quanto uno spiraglio di salvezza si aprirà per alcuni e non per tutti. Infatti, in quel contesto, due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Ci sarà, quindi, una selezione, tra i salvati e gli annegati. Chiaro riferimento al giudizio universale, in cui verranno separati i buoni da cattivi. Nell’attesa del secondo avvento del Messia bisogna vegliare, perché non sappiamo in quale giorno il Signore nostro verrà. E per aiutare la comprensione di ciò che dobbiamo fare in attesa di questa venuta, Gesù ci ricorda che se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Si attrezzerebbe per respingere in qualche modo il ladro e sventare il furto. Siccome da sempre il rubare è un fatto inaspettato, anche se temuto, rapportando la venuta del Signore a quello che capita ogni giorno in ogni parte del mondo, dove i ladri entrano in azione, all’insaputa dei padroni di casa, bisogna tenersi pronti perché, nell’ora che non immaginiamo, viene il Figlio dell’uomo. Come è facile intuire non è un discorso di terrorismo psicologico quello che il Signore ci propone in questo brano evangelico, né tantomeno un tentativo di impaurirci in qualche modo, ma è un semplice modo per ricordarci che prevenire i disastri morali e spirituali per la nostra vita futura, quella eterna, è necessario vigilare sui propri comportamenti e non lasciarsi andare in atteggiamenti lesivi della propria dignità di figli di Dio, di quella immagine che portiamo impressa in noi e  che mai dobbiamo offuscare con il peccato, l’immoralità e quanto può allontanarci da Lui. L’allontanamento porta all’assenza di fiducia, gioia e speranza per il glorioso e trionfante ritorno del Signore, il quale verrà per assegnare a ciascuno di noi il posto che ci spetta nella gloria del suo Regno.

Al Signore che viene rivolgiamo questa nostra umile preghiera dell’Avvento: Ti sentiamo più vicino che mai o Gesù, mite ed umile di cuore, mentre noi ci accingiamo a ricordare la tua prima venuta tra noi, nell’annuale ricorrenza del tuo Natale.

Gesù, siamo nell’attesa di tante cose che anche importanti ma non essenziali come Te e che non conducono a Te.

Fa che cerchiamo solo Te, per vivere felici in Te.

Siamo in attesa di un mondo migliore, che noi tutti dobbiamo costruire nel tuo amore, di un tempo nostro ed altrui senza più preoccupazioni, affanni e dolori della vita, che pure ci offre tante aspettative.

Siamo in attesa di un sorriso di chi ci sta vicino, di una mano che ci prenda per mano e ci risollevi dalle nostre continue cadute, di un cuore che sappia palpitare d’amore, all’unisono, con il Tuo cuore e con il cuore di tutto il mondo.

Siamo in attesa di quella felicità,

alla quale ogni essere umano aspira, senza neppure volerlo, perché noi siamo stati creati per essere felici in Te, con Te e per Te, Gesù, gioia immensa ed eterna.

Gesù, vieni in questo Natale 2022 a ridare gioia e speranza ai nostri cuori affranti, segnati da tante tristezze e malinconie, che solo il tuo sorriso di Bambino può ridonarci percorrendo la strada che porta alla tua umile grotta dove sei al mondo. Amen. (Preghiera per l’Avvento 2022 di padre Antonio Rungi)

LA RIFLESSIONE DI PADRE RUNGI PER LA XIX DOMENICA DEL T.O. 7 AGOSTO 2022

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Domenica, XIX del tempo ordinario. Anno C.

Domenica 7 agosto 2022

Essere pronti a tutto.

Commento di padre Antonio Rungi

Il vangelo della XIX domenica del tempo ordinario, prima domenica di agosto 2022, ritorna su due tematiche già accennate nella domenica scorsa e cioè il discorso sull’attaccamento ai beni della terra e quello sul destino eterno dell’uomo. In entrambi i casi Gesù è molto chiaro ed esplicito nel far passare il suo messaggio e proporre il suo insegnamento indirizzandolo direttamente ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”.

Non bisogna temere ed avere paura di fare scelte radicali e coraggiose per il proprio futuro esistenziale, umano, spirituale e religioso.

Prima cosa da fare è vendere ciò che si possiede e darlo in elemosina; seconda cosa da farsi è acquistare (simbolicamente!) borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma”. La nostra maggiore preoccupazione, invece, è quella di concentrare i nostri interessi e il nostro cuore dov’è il nostro tesoro, ovvero i nostri soldi, i nostri affari e guadagni. Una cosa più importante rispetto alle altre è quella dell’amore di Dio verso le sue creature e dell’amore fraterno che ci preparano all’eternità.

“Siate pronti, – raccomanda Gesù ai suoi – con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese”, cioè con la carità e la fede che sono le due virtù teologali che devono sostenere il nostro cammino della speranza in vista dell’eternità. Ecco perché Gesù aggiunge anche a chi dobbiamo ispirarci, dicendo di essere simili (e non uguali ed identici, in quanto ognuno è diverso dall’altro) a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito”. In poche parole, bisogna essere pronti e vigilanti in attesa del Signore, di cui non conosciamo il suo ritorno e soprattutto la nostra convocazione al regno dei cieli. Se il Signore ci troverà ancora svegli nella fede e nell’amore saremmo beati per l’eternità, in quanto il suo regno è per i poveri, i puri, i pacificatori, gli umili, i coraggiosi, i perseguitati, e per tutte le varie categorie di persone che hanno preso seriamente a cuore il vangelo e lo hanno vissuto per davvero.
In cielo cosa succederà per tutti costoro? Gesù ci dice che “in verità Egli si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!”. Un Dio che si fa servo per amore non solo morendo sulla croce per noi, ma accogliendoci al banchetto celeste in cui sarà Lui a venire incontro al nostro bisogno di gioia e pace eterna. Non ci servirà piatti di tristezza o avvelenati dall’odio, ma piatti di amore, tenerezza e di misericordia.
Nel Vangelo di questa domenica, Gesù stesso ci raccomanda, portando un esempio apparentemente banale ed ansiogeno per certi versi: “Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Essere pronti all’incontro con Cristo per l’eternità, preparati, svegli e non preoccupati di niente se abbiamo agito santamente.
Gesù sta parlando ai suoi discepoli e Pietro fa finta di non capire, come se quel discorso del Maestro non riguardasse anche loro, che nella loro convinzione o illusione pensavano di essere al sicuro e al riparo di ogni imprevisto di ritorno non annunciato e programmato dal Signore, non messo nella sua agenda del governo del mondo e della storia. Per cui si rivolge a Gesù con questa domanda: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Gesù anche in questo caso evita la risposta diretta e immediata ed amplia la riflessione per far capire a Pietro e a tutti che nessuno è escluso dal suo insegnamento e dai suoi moniti e dice: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito?” È quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire bene ed onestamente. Conclusione di tutto: “Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi”.

Dio ha fiducia e premia i servi fedeli, mente richiama il servo infedele. Infatti fa osservare che se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve (a lui sottomesse) a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

Chiaro riferimento all’Inferno, alla condanna eterna. Peggio, poi, per quel il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; al contrario, in termini di misericordia e tolleranza, quel servo invece che, non conoscendo la volontà del padrone, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. Quindi la coscienza e la consapevolezza ci responsabilizzano davanti a Dio e agli uomini. Se siamo capaci di intendere e di volere non possiamo dire di non aver capito e di non aver potuto agire bene e nella direzione giusta. In conclusione è bene sapere dalla parola stessa di Gesù che “a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Chi può dire ché non ha ricevuto nulla? Nessuno! Chi più e chi meno tutti abbiamo ricevuto da Dio più di quanto avremmo meritato o per nulla meritato. Grazie Gesù, Grazie Signore per tutto quello che ci doni ogni giorno e nel tempo e speriamo nell’eternità.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C- 3 LUGLIO 2022

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Domenica XIV del Tempo ordinario – Anno C

Domenica 3 luglio 2022

Da soli non si evangelizza, insieme si cammina e si realizza il progetto di Dio

Commento di padre Antonio Rungi

La quattordicesima domenica del tempo ordinario, la prima di questo mese di luglio 2022 ci invita a riflettere su uno dei temi di grande attualità nell’ambito della vita ecclesiale: la mancanza di operai nella messe del Signore. Gli operai sono gli evangelizzatori; papa, vescovi, sacerdoti, religios e religiose e soprattutto i laici, quelli che sono numericamente più consistenti e che possono contribuire enormemente alla diffusione del vangelo, soprattutto oggi, in questo nostro difficile tempo in cui il rapporto personale, familiare e comunitario con il sacro è davvero un problema ed una preoccupazione.

Come fare per far conoscere Cristo, il Vangelo, la Chiesa ed i valori autenticamente cristiani in un mondo globalizzato e massificato come il nostro?

Nel brano del vangelo di questa domenica, tratto da San Luca, Gesù ci indica un possibile percorso da seguire e da attuare. Bisogna scegliere ed inviare coloro che sono disposti ad evangelizzare. Mai come oggi la messe è davvero grande ed estesa, ma gli operai che lavorano nella vigna del Signore si sono ridotti e pochi si rendono disponibili a seguire la chiamata di Dio nella vita sacerdotale, religiosa o missionaria. La scelta degli altri settantadue discepoli ci fa capire al di là del numero simbolico che più siamo e più convinti siamo della nostra fede e più facilmente la diffondiamo senza imposizione o violenza di sorta, ma semplicemente con la nostra testimonianza e santità di vita. Facendo un calcolo in base alla scelta effettuata da Gesù 72 diviso 2, costituiscono 36 gruppi di discepoli che devono andare a due a due e non da soli.

La chiesa è comunione non è singolo, anche se è composta da singole persone, ma da soli non si fa chiesa e non si proclama la verità della comunione ecclesiale che parte proprio dall’esigenza di non essere battitori liberi e singoli, ma di camminare insieme e lavorare insieme. In un tempo come quello che stiamo vivendo del sinodo sulla sinodalità risulta di grande importanza questa scelta operativa fatta da Gesù stesso per indicarci il criterio essenziale per camminare ed evangelizzare come comunità di credenti. Quante volte sentiamo queste espressioni e anche lamentele che da soli non ce la facciamo non solo nel ministero sacerdotale, episcopale o laicale e che abbiamo bisogno di aiuto. Quel due a due e quelle 36 coppie di apostoli esprimono l’intera umanità che necessita dell’incontro con il vangelo di Cristo e con i testimoni di Cristo. Tuttavia Gesù pur sapendo della necessità di diffondere il vangelo in ogni angolo della terra mette in guardia e sull’avviso i suoi ulteriori 72 discepoli, dopo i 12 apostoli, dicendo “Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Quindi state attenti non sarà facile evangelizzare, in quanto la bontà e la dolcezza della parola di Dio si scontrerà con la realtà drammatica e difficile del mondo, dove i lupi rapaci sono sempre in agguato per sbranare gli agnellini deboli e semplici come sono le pecore dell’ovile di Cristo. Gesù non si limita a fare raccomandazioni ma anche ad indicare uno stile di missionario da cui non si può prescindere se si vuole essere credibili nell’annunciare il vangelo.

Quali regole allora osservare per un vero missionario? Non portare borsa, né sacca, né sandali e non fermarsi a salutare nessuno lungo la strada. Cosa voglia dire tutto questo è facile da capire: la povertà, la celerità e l’itineranza devono caratterizzare il missionario del vangelo.

Cosa devono annunciare gli apostoli del Vangelo? E’ Gesù che lo indica espressamente: “In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi”.

Mai come in questi mesi di guerra nel cuore dell’Europa da tutto il mondo cattolico, in primis dalla voce di Papa Francesco, si è alzato il grido della pace, ma nessun figlio delle nazioni in conflitto sembra essere disposto a fare la pace, mentre sembra che ci sia tutto l’interesse a continuare in un’ assurda guerra che rischia in qualsiasi momento di degenerare e di estendersi in altri territori.

Il grido di pace della Chiesa non è ascoltato, non si è trovato un figlio della pace che in Russia a partire da Putin ha accolto questo grido e questa richiesta di tutta la cristianità.

Un altro monito viene da Gesù ai suoi nuovi 72 apostoli, quello di non girovagare perdendo tempo inutilmente. Ecco quindi l’ultima raccomandazione: “Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra”.

Sapersi accontentare e restare in quelle abitazioni dove si possa stabilire anche un contatto preciso con chi vuole incontrare il missionario. Per cui, quando un inviato della Chiesa viene mandato in una città o luogo, quando questi vi entra e sarà chiaramente accolto, deve essere grato di quel poco o molto che gli verrà dato. Non deve pretendere nulla. Anzi, al contrario deve impegnarsi in quell’opera di evangelizzazione che ha una sua credibilità ed efficacia nella misura in cui si traduce in promozione umana.

Non a caso Gesù obbliga, perché è un suo inviato, di guarire i malati che si trovano in quel luogo e soprattutto quello di annunciare la conversione perché il regno di Dio è vicino.

I 72 partirono, andarono e tornarono con grandi risultati missionari, tanto da inorgoglirsi per il successo ottenuto. Ma Gesù li richiama e li riporta alla realtà della vita e della salvezza eterna: “Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

La nostra gioia non sta nel successo che otteniamo anche nella predicazione e nell’evangelizzazione, ma nel fatto che mediante questo nostro impegno missionario potenziamo e rendiamo più visibile e leggile la scrittura del nostro nome che è stato inciso nel Paradiso. Di questo tutti dobbiamo esserne fieri e raggiungere la meta nelle condizioni migliori possibili, per non far sbiadire quel nome nostro che Dio ha scritto nel giardino del suo e nostro cielo.

Domenica delle Palme 2022

DOMENICA DELLE PALME-AUGURI-cp

Domenica delle Palme e della Passione del Signore

Domenica 10 aprile 2022

Con la palma della pace, invochiamo la pace

Commento di padre Antonio Rungi

Mai come questa domenica delle Palme 2022, dalla fine della seconda guerra mondiale si eleva forte il grido di pace e giustizia in Ucraina e nel mondo intero. Domenica delle Palme per noi cristiani è la domenica del perdono, della riconciliazione e del superamento dei conflitti e divisioni.
La liturgia oggi ci fa celebrare due momenti strettamente congiunti l’uno all’altro della vita di Gesù. Il primo ci ricorda il suo ingresso solenne e festoso in Gerusalemme accolto dalla gente semplice e buona, come Messia e liberatore.
Il secondo ci rimanda alla prossima ed imminente Pasqua che Gesù celebrerà in modo definitivo attraverso il suo sacrificio sulla croce per la salvezza dell’umanità.
La lettura del racconto della passione secondo san Luca è un motivo in più per meditare sulla Passione e morte in croce del Signore per capire la sofferenza e le morti degli ucraini sotto i bombardamenti dei russi. E c’è chi nell’ambito del cristianesimo afferma che la guerra è giusta, inventandosi motivi che non esistono per legittimare i loro crimini contro l’umanità che vanno perseguiti in tutte le sedi, senza fare politica o ostruzionismo.
Non possiamo tacere il grido di pace che oggi anche attraverso lo scambio del ramoscello d’ulivo benedetto ci porta a riflettere più di ieri sulla guerra e sulla pace, sui crimini contro persone inermi e sull’accoglienza dei profughi che sono scappati, quando è stato loro permesso, dai massacri che hanno perpretato e continuano a farlo le milizie russe in Ucraina. Altro che false notizie ed immagini costruite per denigrare le forze militari di una potenza nucleare come quella della federazione russa che si è costruita non per difendersi dagli altri, ma per aggredire ed espandersi in Europa e nel mondo.
Oggi non si sfugge facilmente alla verità della storia e della cronaca, della realtà ripresa dal vivo e diffusa in tempo reale senza manipolazione attraverso le rete telematica e i network sociali. Sta di fatto che i russi hanno compiuto un genocidio in Ucraina, altro che operazione militare per difendersi senza che alcuno li abbia aggrediti o attaccati da ogni punto di vista. Siamo sconcertati, angoscianti, angustiati per quello che sta capitando in Ucraina senza che si possa fare qualcosa per fermare queste mani assassine che uccidono bambini, donne, civili e gli militari. Non sarà Pasqua per noi cristiani se non si ferma la guerra, tacciano le armi e ritorni la pace in Europa e in altre parti del mondo.
La palma della pace e della vittoria spetta oggi al popolo ucraino che si è dimostrato forte e coraggioso, per non farsi schiacciare dagli invasori e da persone spietate, senza Dio, senza cuore e senza un briciolo di umanità. Vorremo anche noi come Gesù avviarci verso la nuova Gerusalemme di questo 2022 che è Kiev e come lui recare speranza e pace ad un popolo che dal 24 febbraio scorso, dopo quasi due mesi di guerra e di bombardamenti resiste con la forza delle idee, delle armi e della fede. Sostare anche noi alla nostra Bètfage Mariupol e a Betània, la nostra Odessa, presso il monte detto degli Ulivi, per pregare per la pace.
Da qui Gesù inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gesù ci invia oggi ad essere testimoni di pace, non solo in questa nazione martoriata, ma anche in altre parti del mondo dove si soffre e non solo per la guerra e le violenze, ma per la fame, le ingiustizie, le divisioni e le contrapposizioni create appositamente per mantenere l’umanità divisa e non far sentire tutti gli uomini e donne della terra veri fratelli.
Portiamo a Gesù ciò che ci chiede in questa Pasqua, simboleggiato dal puledro che gli fu prestate per salirci sopra non con le armi ma con la palma della pace. Anche noi come la gente di Gerusalemme facciamo avanzare la pace con l’arma dell’umiltà e della semplicità, come quel puledro su cui sale Gesù per fare il suo ingresso in Gerusalemme. Blocchiamo gli ingressi di carrarmati, missili e strumenti di uccisione di massa nell’attuale Ucraina, spianando le strade agli aiuti umanitari e facendo rientrare nei confini della Russia tutto armamentario bellico messo in campo per distruggere l’Ucraina.
Non possiamo silenziare il nostro grido di pace in questo tempo di guerra sacrilega ed assurda come l’ha definita Papa Francesco e dobbiamo fare ogni sforzo perché si raggiunga la pace per sempre e non per un limitato e contingente. Ance noi discendiamo dal monte degli Ulivi, e incontrando la gente ucraina nella sua nazione o nei paesi dove è stata accolta, pieni di gioia, perché la pace è tornata in questi territori. Cominciamo a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che farà in questa Pasqua 2022 e cantiamo «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!». E se qualcuno vuole continuare a fare la guerra sia considerato anatema, sacrilego e senza Dio, come tentarono di fare con Gesù alcuni farisei che tra la folla dicevano a Gesù di fare tacere i suoi discepoli che lo acclamavano come Re di giustizia e di pace. Facciamo parlare anche alle pietre il linguaggio della pace e della fraternità universale.

 

Amare, perdonare, pregare e donare. La parola di Dio di domenica 22 febbraio 2022

RUNGI-VERDE

Domenica VII del Tempo ordinario

Domenica 20 febbraio 2022

Amare, perdonare, pregare, donare i quattro verbi dell’etica cristiana

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa settima domenica del tempo ordinario ci presenta una serie di indicazioni di marcia, su cui noi cristiani dobbiamo camminare, sull’esempio di Gesù Cristo. Raccomandazioni che spaziano dall’amore, alla misericordia, alla giustizia, alla gratuità, alla verità e a quanto è utile per la santificazione personale.

Partendo dal testo del vangelo di Luca, esso inizia con il raccomandare di amare i nostri nemici. Cosa umanamente impossibile, ma cristianamente possibilissimo. Basta ricordare quanto Cristo ha fatto per noi, fino alla sua morte in croce.

Non basta amare. È anche importante fare del bene a quanti ci odiano, a benedire coloro che hanno la mente, il cuore e la bocca a maledire noi e gli altri.

Inoltre bisogna anche pregare per chi ci maltratta, al punto tale che dobbiamo essere disponibili ad offrire l’altra parte della faccia, pur di non reagire al torto e all’offesa subiti.

Paradossi, metafore o vera disponibilità a lasciarsi martirizzare da chi non ha Dio nel cuore e fa il male ad ogni persona?

Il brano del vangelo di Luca non ammette fraintendimenti di sorta. Il nostro riferimento esemplare è Gesù Cristo, che è stato maltrattato, umiliato, schiaffeggiato, flagellato, caricato della croce, inchiodato alla croce e morto sulla croce per amore,

E proprio da questo altare che egli grida al Padre “perdonali perché non sanno quello che fanno”.

Certamente si ramane letteralmente scioccati da questo insegnamento di Cristo che ci invita a lasciare tutto, con l’essere generosi verso chi si prende la tunica ed anche il mantello, ovvero di prende tutto di noi.

Anche nei prestiti che si fanno e eventualmente, non bisogna pretendere restituzione di sorta.

Una società ideale quella che Cristo giustamente indica in base al suo insegnamento, basato sull’amore, sul perdono e sul dono.

Ma il Maestro va oltre nell’indicare il percorso della perfezione nell’amore. Infatti ci dice di essere misericordiosi, come è Dio nostro Padre. Da qui nasce il bisogno spirituale, umano e anche giuridico di non giudicare, per non essere giudicati; di non condannare per non essere condannati; di perdonare per essere perdonati.

Il riferimento qui è evidente al giudizio di Dio sulla nostra vita, quello che conta rispetto ad ogni altra valutazione e ad ogni altro giudizio umano e temporale.

E siccome la misericordia di Dio viene applicata in base alla carità e alla condivisione dei beni che possediamo, di qualsiasi genere, ne consegue che bisogna dare, senza misure limitate, per ricevere il premio divino che meritiamo.

Infatti, se usiamo una misura buona, pigiata, colma e traboccante per aiutare e sostenere gli altri, questo nostro modo di comportarci sarà pienamente e abbondantemente ricompensato da Dio, perché con la misura con la quale misuriamo, saremo misurati noi da Colui che fa il calcolo esatto e preciso di tutta la nostra vita e di tutto il nostro agire. Davanti a lui non si possono falsificare pesi e misure, ma tutto è ben registrato e pesato, nella giusta portata e consistenza, anzi è molto più abbondante la valutazione che Dio fa della nostra vita, rispetto a quello che effettivamente abbiamo fatto ed operato.

Basta ricordare quello che Gesù disse a Pietro da lui interrogato sulla questione del premio della sequela: «In verità vi dico che chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna”. Gesù non tiene nulla per sé tutto dona e tutto offre abbondantemente su questa terra e nell’eternità. Impariamo da lui ad essere generosi nel donare, soffrire ed amare.

Su questi tempi si concentra anche la prima lettura, tratta dal primo libro di Samuele (1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23), nella quale ci viene ricordato quello che fece Saul, che si mosse e scese al deserto di Zif, conducendo con sé tremila uomini scelti di Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif. Davide e Abisai scesero tra quella gente di notte ed ecco, Saul dormiva profondamente tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra presso il suo capo, mentre Abner con la truppa dormiva all’intorno. Abisai disse a Davide: “Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo”. Ma Davide disse ad Abisai: “Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?”. Evita quindi di perpetrare un delitto. Infatti, Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che era presso il capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore”. Abbandonata la tentazione di eliminare fisicamente il suo avversario e nemico, “Davide passò dall’altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era grande spazio tra di loro”. Davide a questo punto vuole liberarsi dell’arma che poteva servire per uccidere Saul e con voce forte grida al popolo: “Ecco la lancia del re, passi qui uno dei servitori e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore”. Questa cessione di uno strumento di morte, assolve in parte la generosità di Davide, rispetto ad una decisione più coraggiosa quella di distruggere quell’arma e non usarla mai più né lui, né nessun altro uomo al mondo. Di questi tempi sarebbe di grande esempio che chi ha in mano il potere di decidere o evitare le guerre e soprattutto di eliminare dalla faccia della terra tutte le armi lo facessero di comune accordo, senza pesare a guerre, ad avversari a nemici da abbattere e sopraffare.

Ci serva per entrare in questa nuova mentalità pacifica e costruttrice di pace, quanto scrive san Paolo Apostolo nella sua prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 15,45-49), che mette a confronto il primo Adamo, l’uomo del peccato originale e l’ultimo Adamo, Gesù Cristo, il Figlio di Dio, portatore di vista, speranza, grazia e risurrezione. Nel confronto tra questi due opposti di umanità, Sam Paolo dice che “il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita”. E precisa i termini della netta differenza tra i due Adamo: “Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti”. Nel primo Adamo eravamo simili all’uomo terreno, nel secondo Adamo, Gesù risorto dai morti, noi saremo simili all’uomo celeste”.

Sia questa la nostra preghiera oggi, domenica giorno del Signore, al quale ci rivolgiamo con la speranza nel cuore, in questo tempo segnato da tanti problemi mondiali: “Padre misericordioso, che fai sorgere il sole sui buoni e sui malvagi, rendici capaci di perdonare chi ci fa del male, affinché il nostro amore non conosca nemici, e viviamo da figli e fratelli in Cristo Signore”. Amen.

COMMENTO E PREGHIERA DI P.RUNGI ALLA V DOMENICA DEL 6 FEBBRAIO 2022

RUNGI-VERDE

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

DOMENICA 06 FEBBRAIO 2022

Nel mare della speranza

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa quinta domenica del tempo ordinario ci offre l’opportunità di meditare su alcuni aspetti della vita cristiana che vanno tenuti in debita considerazione, a partire dall’importante passo del Vangelo che costituisce come sempre il punto di riferimento essenziale della nostra riflessione settimanale.

Si tratta del celebre passo della pesca miracolosa,        raccontata dai Vangeli di Luca e Giovanni, rispettivamente prima (Lc 5,1-11) e dopo la risurrezione (Gv 21,1-14) di Gesù. Un miracolo particolare, in quanto viene compiuto da Gesù per rincuorare l’animo di quei poveri pescatori, suoi discepoli, che avevano trascorso una nottata nel Lago di Gennesaret senza pescare nulla.

 

La delusione è forte e la stanchezza consistente al punto tale che al primo invito di Gesù di buttare nuovamente le reti in mare, i discepoli-pescatori hanno una forte esitazione che manifestano con grande semplicità e spontaneità a Gesù, dopo che egli aveva predicato alle folle ed era salito sulla barca di Pietro per andare all’altra riva e prendere il largo.

 

Ed è proprio Pietro a rivolgersi a Gesù con queste parole di sconforto, ma anche di apertura e disponibilità al progetto di Dio che in quel momento si apriva davanti al pescatore di Galilea, esperto del mestiere e consapevole di non prendere nulla, senza qualche intervento dal cielo: «Maestro, disse Pietro a nome di tutti gli altri suoi soci- abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».

 

La fiducia nella parola di Gesù è totale e davvero aperta alla speranza cristiana, quella che non ti delude mai. Appena ebbero eseguito l’ordine di Gesù, essi “presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”. Sembra un intervento programmato quello di Gesù per evidenziare la sua grandezza di Figlio di Dio, ma non è così. Gesù interviene in quel momento perché vede la sofferenza dei suoi apostoli e la mancanza di quel cibo materiale che per i pescatori era il pescato da portare a casa per  essere consumato o da vendere per aver in cambio altri alimenti. E’ la legge dello scambio commerciale che sempre è esistita e sempre esisterà. L’abbondanza della pesca con le reti della barca di Pietro costrinse il capo del gruppo, a chiedere aiuto agli altri apostoli pescatori, essendo due le barche in azione. Cosicché chi stava a bordo della barca di Pietro fece cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli.

 

La risposta fu immediata e subito corsero a dare una mano, al punto tale che riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Il racconto non finisce qui con l’abbondante raccolto che era stato fatto con l’intervento di Gesù. Infatti, il testo del vangelo di Luca prosegue con la parte sicuramente più importante e significativa a livello spirituale che ci viene raccontato. Al vedere questo prodigio, “Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Pietro riconosce in quel momento la sua vera condizione umana, quella di essere immersa nel peccato e che necessita di conversione e purificazione per entrare in dialogo con il Signore e confidare pienamente in Lui. Ma non è solo Pietro a restare impressionato da ciò che era capitato. “Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone”.

 

La squadra dei pescatori, in questo lavoro quotidiano difficile da portare avanti, fatto di sacrifici e pericoli, è grata al Signore ed è riconoscente verso di Lui. Scatta a questo punto l’invito più importante con la chiamata di Pietro e della chiesa all’azione apostolica, missionaria ed ecclesiale, prima della Pasqua e della Pentecoste «Non temere, Pietro; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

E’ delineata così la missione di Pietro e della Chiesa in ogni tempo, quella appunto di andare alla ricerca di uomini e donne,  senza Dio e senza fede, che nuotano in acque torbide e pericolose di questo mondo.

 

Cosa voglia dire questo straordinario miracolo compiuto da Gesù ce lo spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Dalle fasce della sua nascita (cfr. Lc 2,7), fino all’aceto della sua passione (cfr. Mt 27,48) e al sudario della risurrezione (cfr. Gv 20,7), tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero. Attraverso i suoi gesti, i suoi miracoli, le sue parole, è stato rivelato che “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9). In tal modo la sua umanità appare come “il sacramento”, cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse al mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione redentrice. (CCC,515).

D’altra parte la predicazione di Gesù è accompagnata da questi segni prodigiosi, attraverso i quali si rivela il volto del Dio misericordioso, che si china sull’uomo e lo libera dal male.

Perciò, tutti i miracoli compiuti da Gesù hanno qualcosa da dire anche all’uomo di oggi: gli pongono la domanda se egli pensi di poter guadagnare la salvezza con la propria oculatezza e con le proprie forze, o se sia disposto a farsi mostrare la via da Cristo e a lasciarsi guidare da Lui.

I miracoli, infatti, presuppongono generalmente la fede e sono finalizzati a suscitare la stessa fede nelle persone. Non sempre questo avviene, ma nel caso specifico della pesca miracolosa bisogna riconoscere che in Pietro e negli altri apostoli la conversione avviene in modo chiaro ed evidente.  Tale prodigio divino è un’attestazione precisa e dettagliata che con l’aiuto di Dio si possono ottenere risultati insperati e irraggiungibili per l’essere umano, mentre essi contando esclusivamente sulle loro forze falliscono tutti i tentativi gli sforzi fatti da loro, con il rischio reale di naufragare nel mare, apparentemente calmo e rassicurante, della loro sicurezza umana e temporale.

Il taglio profetico e missionario dei testi sacri di questa quinta domenica è confermato dal brano della prima lettura di oggi, tratta dal Profeta Isaia, nel quale si racconta della visione che l’uomo di Dio ebbe pensando all’eternità, al paradiso definitivo e durante la quale gli viene conferito il compito di profetizzare. Uno dei serafini gli toccò la bocca e gli disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».

La scelta del profeta Isaia è anticipazione della scelta di Pietro alla guida della Chiesa, come si legge nel brano del Vangelo di oggi.

E in merito a questo tema, fa da sintesi e coordinazione il brano della prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, nel quale egli sottolinea l’importanza del vangelo e la necessità di annunciare ed accoglierlo nella sua integrità, nella sua sostanza, a partire dal mistero della Pasqua di nostro Signore: “A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici”.

Richiamando le varie apparizioni, san Paolo non fa altro che confermare le verità di fede che hanno attinenza stretta con Gesù, Figlio di Dio e Redentore dell’umanità.

Le continue apparizioni massive di Gesù a più di cinquecento fratelli in una sola volta la dice lunga sulla validità della sua religione, in quanto queste verità possono essere attestate dalla  maggior parte di essi, perché  vivono ancora, mentre alcuni sono morti.  Anche l’apparizione di Gesù a Giacomo e a tutti gli apostoli conferma la risurrezione di Cristo, morto in croce.

Ultimo testimone del Cristo risorto è proprio Paolo, che nonostante questo straordinario dono ricevuto sulla via di Damasco, alla fine sottolinea che egli è il più piccolo tra gli apostoli e non è degno di essere chiamato apostolo perché aveva perseguitato i cristiani. La trasformazione di Paolo avviene per grazia e perciò stesso egli è completamente diverso dal passato, in quanto l’azione di Dio su di lui non è stata vana, anzi ha prodotto la conversione, il coraggio e l’amore di annunciare il Signore in ogni parte del mondo. Dalla pesca miracolosa all’avventura di un’evangelizzazione per portare nella Chiesa quanti vogliono assaporare la vera e profonda gioia di vivere nella prospettiva di Dio crocifisso e risorto per amore.

Sia questa la nostra preghiera oggi, nella giornata di festa dedicata a Colui che è il nostro Salvatore e scritta per questa finalità liturgica, dal titolo “Nel mare della speranza”.

“Non è facile, Gesù ricominciare

dopo aver faticato tutta una vita

per costruire la nostra tranquillità spirituale.

 

Non è semplice buttare di nuovo in mare

le reti vuote dopo una nottata senza risultati

senza quel minimo di risposta spontanea

al desiderio di vivere con onestà.

 

Eppure siamo qui Signore

a confidare fortemente sulla tua parola

ad accogliere il tuo invito

a riprovarci ancora con l’aiuto di Dio

buttando in mare non solo le reti reali,

ma quelle ideali della nostra vera felicità

per pescare ciò che è davvero buono e santo.

 

Noi caliamo di nuovo le reti

nella tempesta di questa esistenza,

fatta di sofferenza, pandemia, conflitti ed insuccessi,

sicuri, oggi più di ieri,

che Tu non ci abbandoni mai

e rendi fruttuoso il lavoro delle nostre mani

e soprattutto quello del nostro cuore,

desideroso di conoscere, amare e servire Te

oltre i limiti delle nostre povertà e stanchezze.

 

Signore donaci la forza

e la sincera volontà di ricominciare

da dove abbiamo lasciato

per non farci rubare la speranza

che Tu ci doni, senza nostro merito, in ogni istante. Amen” (Preghiera di padre Antonio Rungi).

 

NESSUNO E’ PROFETA IN PATRIA. RIFLESSIONE DI P.RUNGI. IV DOMENICA TO

RUNGI-VERDE

Quarta domenica del Tempo Ordinario

Domenica 30 gennaio 2022

La sorprendente predicazione del figlio del falegname

Commento di padre Antonio Rungi

 

La parola di questa quarta domenica del tempo ordinario ritorna sul tema della predicazione. Il Vangelo, infatti, è la prosecuzione di quello di domenica scorsa, che si concludeva con la ben nota espressione detta da Gesù nella sinagoga di Nazareth dove era stato cresciuto e conosciuto, non come Messia, ma come il figlio del falegname, cioè di San Giuseppe: “Oggi questa parola di Isaia si è adempiuta nella mia persona”. Gesù è chiamato con un titolo abbastanza indicativo, ma per gli illusi sapienti, saggi e santi del suo tempo, era semplicemente un modo di denigrare la predicazione. Era la predicazione di un giovane maestro che pure affascinava e attraeva a se folle sempre più numerose e felici di ascoltare la sua parola e ricevere i suoi insegnamenti.

Il vangelo di oggi riparte proprio da lì, in quel luogo dove Gesù era per abitudine e prassi sosta al sabato, quanto non era in viaggio per i villaggi della Palestina.  Gesù, dopo aver letto il rotolo del profeta Isaia e ritornato al suo posto, vista la grande attenzione dei presenti sulla sua persona, si alza in piedi da dove si trovava e e pronuncia il suo discorso. San Luca nel riportare quanto è avvenuto in luogo sacro per gli ebrei di Nazareth, sottolinea che “Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».

Gesù in quel preciso contesto biblico prende la parola ed assume il ruolo del Maestro che insegna e predica: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso”. Mi direte perché non fai le stesse cose qui nella tua città, come quelle fatte a Cafàrnao?

A questo auto interrogativo Gesù risponde senza mezze misure ai suoi compaesani: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria”.

Gesù sa che è rifiutato, non è stimato, è messo in discussione per il fatto che è il Figlio del falegname. Perciò replica a questo loro scetticismo sulla sua vera natura ed identità rifacendosi ai testi sacri dell’Antico Testamento, dove si parla di altri storici ed importanti rifiuti di profeti.

“Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

Gesù conferma così che le esperienze di rifiuto le hanno vissuto anche i profeti, prima di lui, e su tutti cita due grandi nomi Elia ed Eliseo, ben conosciuti dai frequentatori della sinagoga.

Di fronte a questa giusta e storica osservazione fatta da Gesù, i suoi compaesani all’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.

Gesù viene cacciato fuori con violenza dalla sua casa spirituale e biblica e addirittura già hanno intenzione di ucciderlo, gettandolo come una pietra giù dal burrone. Ma egli non si impressionò, né reagì con forza e vemenza, ma con dignità e autorevolezza lasciò la sinagoga e passando in mezzo a loro, si mise in cammino per altri lidi.

 

Al di là del racconto così come descritto da Luca, ci sono alcuni importanti elementi da considerare in questo brano del Vangelo.

Il primo fra tutti è quello di Gesù Maestro; il secondo è quello della coscienza di Gesù di non essere gradito per il suo modo di dire e fare, come Messia; il terzo è la sua consapevolezza che proprio a partire dalla sua gente si doveva trasmettere una visione nuova della parola di Dio, in modo da cambiare i comportamenti per essere in linea con la vera ed autentica figura dell’atteso salvatore da parte di Israele.

Ma dalla reazione dei suoi concittadini al suo discorso comprendiamo come era distorta in loro l’immagine di colui che doveva liberare Israele dai lacci della dipendenza e dalla sottomissione ai poteri stranieri.

Gesù viene a portare l’annuncio della vera libertà dei figli di Dio che in Lui, Figlio Unigenito del Padre, quella che riavranno nella misura in cui si faranno toccare dalla sua parola che è vita e risurrezione.

Comprendere questo anche noi cristiani del XXI secolo è indispensabile per non rincorrere false liberazioni e libertà che non potranno mai liberare il cuore e la vita dell’essere umano se non ascolta il Dio che parla a noi attraverso l’autorevole voce del suo amatissimo Figlio. Nella sinagoga di Nazareth ha iniziato dalla sua patria e ha capito quanto è difficile farsi accettare per quello che si è, santi o peccatori, proprio da chi ci sta intorno. Chiaro messaggio a non discriminare, a non selezionare, a non escludere, ma ad accettare ed includere qualsiasi persona, soprattutto se ha un cuore ed esprime amore, tenerezza e perdono.

Alla luce di questo brano del Vangelo di Luca si comprendono e si spiegano gli altri testi della liturgia della parola di Dio di questa domenica, a partire dalla prima lettura, tratta dal profeta Geremia, nella quale è ripercorsa la storia non solo della profeta stessa, ma anticipata quella di Cristo: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Esattamente quello che Gesù è venuto a compiere con la sua missione sulla terra. Egli è il servo per amore, la parola del coraggio che non indietreggia di fronte alle minacce, alla sofferenza e alla stessa morte e gli faranno guerra, ma non lo vinceranno o lo abbatteranno, perché Dio è con Lui». Solo l’amore trionferà e questo amore lo incarna Cristo, lo annuncia Cristo e lo testimonia lui, con la sua morte e risurrezione ed invita i suoi discepoli a fare lo stesso percorso di vero amore tra di loro. Nel celebre inno alla carità di San Paolo Apostolo riportato dalla prima lettera ai Corinzi comprendiamo la chiave di lettura di tutto il messaggio evangelico che Gesù ha comunicato ai suoi compaesani a Nazareth e loro non l’hanno accolto, e comunicato a noi, attraverso la parola di Dio, e che siamo invitati ad accogliere per non seguire la scia dei concittadini di Gesù che lo cacciarono via dalla sinagoga e lo volevano buttare giù. Dio lo si allontana da noi con la mancanza della carità e dell’amore, con non esercitare e vivere i precetti fondamentali della religione cristiana: amare Dio e i fratelli. La carità è la via più sublime per raggiungere Dio e modellare la propria vita su Cristo. Possiamo avere di tutti e di più, ma se ci manca l’amore e la carità siamo come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita; senza la carità siamo un nulla e non serviamo a niente. Invece se possediamo la virtù fondamentale della carità e dell’amore noi siamo magnanimi, benevoli, non siamo invidiosi, orgogliosi, vanitosi; al contrario siamo rispettosi, distaccati dai nostri interessi personali per perseguire quelli del prossimo, sia sereni e non ci adiamo facilmente; sappiamo perdonare perché  dimentichiamo il male subito e ricevuto ingiustamente dagli altri; lottiamo per la giustizia e la verità e di fonte agli errori degli altri tutto scusa, tutto accetta, tutto spera che migliori e tutto sopporta per amore. L’amore è quindi eterno, perché la fonte di esso è Dio stesso che è amore e relazione di amore all’interno, nel mistero della Trinità e all’esterno con la creazione e la redenzione del genere umano. Per cui, a ben ragione, San Paolo concludendo il suo discorso sulla carità scrive: “La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà”. E alla fine di tutto quello che possiamo fare, pensare, immaginare, progettare e sperare rimangono solo tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! Discorso facile da capire, ma difficile da vivere.

 

P.RUNGI. LA DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO – 23 GENNAIO 2022

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III Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Domenica 23 gennaio 2022

Una Parola, quella di Dio, che deve trasformare la vita

Commento di padre Antonio Rungi

Si celebra oggi la terza Domenica del Tempo Ordinario dell’anno liturgico denominata da qualche anno da Papa Francesco come la domenica della Parola di Dio.

Il motivo di questa indicazione sta nel fatto che noi, come cristiani e cattolici, dobbiamo partire dalla parola di Dio nella nostra esperienza spirituale, umana, sociale. La parola di Dio, infatti, accompagna il cammino di ognuno di noi verso l’incontro quotidiano e soprattutto festivo con il Signore, in particolare nella celebrazione eucaristica, ma anche nella liturgia della parola che si può svolgere benissimo anche al di fuori della Santa Messa.

Non a caso è proprio la parola di Dio che guida la nostra riflessione ogni domenica. E dal Vangelo che partiamo in questa nostra riflessione domenicale.

L’evangelista Luca si mette a scrivere, in quanto molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a loro circa l’operato di Gesù Cristo. Avvenimenti così come furono trasmessi da coloro che ne furono i testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della parola. Volendo ampliare tali conoscenze, Luca decide di fare ricerche più accurate su ogni circostanza che fin dagli inizi riguardavano Gesù e di scriverne, poi, un resoconto ordinato, indirizzando il tutto al suo amico Teofilo. Tale scritto doveva servire a lui in modo da potersi rendere conto della solidità degli insegnamenti che aveva ricevuto.

In poche parole nell’introdurre il suo Vangelo, San Luca fa riferimento a quello che è stata la trasmissione orale di quanto Gesù ha fatto nel corso della sua vita, alla presenza dei suoi discepoli, che furono i testimoni oculari.

Dopo questa introduzione, saltando il racconto della nascita di Giovanni Battista e di Gesù, il testo del vangelo di oggi passa direttamente al capitolo quarto, nel quale è raccontato quello che Gesù faceva lungo il suo peregrinare in Galilea e soprattutto nella sinagoga di Nazareth. A man mano che Gesù camminava e catechizzava, con la potenza dello Spirito Santo che era su di Lui, la sua fama cresceva dovunque. Per cui era conosciutissimo, era un personaggio pubblico ed un maestro accreditato, al punto tale che molti ne tessevano le sue lodi. In altre parole apprezzavano quello che egli trasmetteva attraverso l’insegnamento che offriva nelle sinagoghe.

Dopo varie stazioni sinagogali arriva al suo paese di residenza e cioè a Nazareth dove come dice l’evangelista Luca “era cresciuto e secondo il solito, come era prassi per tutti gli ebrei, il sabato egli entrò nella Sinagoga e si alzò a leggere.  Appena egli si alzò in piedi per la lettura, gli fu dato il rotolo del profeta Isaia. Tale rotolo non fu scelto da lui, come fa notare san Luca.

Il primo gesto che fece Gesù fu quello di aprire il rotolo. Nell’aprirlo si trovò di fronte al brano dove  c’era scritto “lo spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio a proclamare per i prigionieri la liberazione e ridare ai ciechi la vista, come pure a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”. Gesù si trova, quindi, di fronte al testo della proclamazione dell’anno giubilare e come ben sappiamo l’anno giubilare era si celebrava ogni 50 anni.

Durante quest’anno si facevano tale cose per la propria purificazione e conversione, a partire dalla restituzione di tutto ciò che era in debito verso gli altri. Si praticava, poi, il digiuno, la penitenza, ma si faceva anche festa.

Gesù è  qui indicato come annunciatore della liberazione, al punto tale che Egli, una volta letto il rotolo di Isaia  e consegnatolo all’inserviente, si andò a sedere al suo posto. “Nella Sinagoga, scrive Luca – che gli occhi di tutti erano fissi su di lui” per vedere cosa facesse. Gesù come tutti quanti si mette a meditare sulla parola proclamata, non scappa via, non fugge, ma resta lì. Gesù vedendo che era al centro dell’attenzione prese di nuovo la parola e ed affermò con coraggio ed autorità: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato con i vostri orecchi”.

Gesù a ben ragione si identifica con il Messia, come il liberatore, come colui che era atteso da secoli dal popolo eletto e che in quel momento può dirsi realizzato. Non è arroganza, né superbia la sua, né tantomeno megalomania, ma è semplicemente è una comunicazione della sua vera identità di Messia a chi aveva sviluppato in se stesso una fede in Gesù. Si tratta di un’altra epifania di Cristo come Salvatore.

Gesù, quindi con questo commento non fa altro che confermare che ormai il passato è alle spalle e con lui inizia la storia della salvezza che verrà portata a compimento nella sua morte, risurrezione e ascensione al cielo.

Con la Pentecoste lo Spirito Santo sarà inviato sugli apostoli i quali continueranno l’opera di Cristo stesso mediante l’impegno missionario, finalizzato alla diffusione del messaggio cristiano in ogni angolo della terra.

Oggi, possiamo ben dire che a distanza di 2022 anni dalla venuta di Gesù sulla terra, la chiesa da lui istituita è impegnata proprio in quest’opera di evangelizzazione, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, ma anche ad altri problemi del mondo attuale.

Molti cristiani per questo motivo si sono allontanati dalla partecipazione alla messa festiva e quindi non ascoltando più dal vivo la parola di Dio. Di conseguenza si inaridiscono spiritualmente, in quanto la parola di Dio è alimento per la nostra vita interiore.

Come recuperare l’attenzione verso la parola del Signore?  Cosa dobbiamo fare sull’esempio di Cristo?

Dobbiamo impegnarci nell’ascolto della parola e nella proclamazione di essa con l’essere missionari e testimoni di speranza, di gioia, di pace di solidarietà ovunque ci troviamo.

Dobbiamo essere pure noi portatori di speranza e portare il lieto annuncio ai poveri, proclamare la libertà da ogni forma di schiavitù e non soltanto dalla prigionia fisica che limita la libertà personale in seguito a reati commessi. Dobbiamo ridare la vista ai ciechi, nel senso che non avendo potere di fare miracoli, possiamo pregare e intercedere per tutti coloro che sono nel e nelle varie necessità. Dobbiamo fare ogni sforzo per dare la possibilità ad ogni essere umano di fare esperienza di vera liberazione, che non è soltanto la libertà nel fare ciò che ci piace, senza alcun limite morale, ma è capacità di aiutare i fratelli a distaccarsi da tutto ciò che li rende schiavi, soprattutto del peccato, che pone sotto il dominio di satana e prigionieri del male.

In questo ambito di riflessione teologica e biblica ci aiuta il testo della seconda lettura di questa domenica, tratto dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi, nella quale leggiamo testualmente: “Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito”. Bisogna convergere nell’unità del corpo mistico di Cristo che è la chiesa, che non è una pia intenzione o un desiderio del cuore, ma uno stile di vita che produce di fatto effetti comunionali e non divisionali. Nell’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani questo messaggio va accolto con la disponibilità di tutti i cristiani a fare un cammino di comunione intorno a Cristo e alla sua parola. E per raggiungere questo scopo ci può essere di aiuto quello che leggiamo oggi nella prima lettura della parola di Dio in cui è spiegata la liturgia della proclamazione dei testi sacri al tempo di Neemia. Ascoltare la parola è fare frutti di vita, pace, gioia e comunione. Faccio nostro tale invito nel giorno dedicato al Signore, la Domenica: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete! Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». Quando la parola di Dio prende il cuore suscita sentimenti di bontà, tenerezza, conversione e perché no, anche di pentimento e di rinascita interiore. Non a caso nel libro di Neemia oggi leggiamo che tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Magari la parola di Dio muovesse il nostro cuore al pianto, a pentimento e al perdono fraterno e reciproco. I cristiani tutti, con le varie esplicitazioni, dovrebbero dopo tanti secoli di divisioni chiedersi perdono e intorno a Cristo ricostruire la Chiesa nell’unità e nella pace. Speriamo che questo posso avvenire nei prossimi anni o decenni.