Carinola

Pagani (Sa). Festa delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue

tommasomariafusco.jpgCon un solenne triduo di preparazione spirituale, predicato da padre Antonio Rungi, passionista, che si tiene dal 3 al 5 gennaio 2013 nella casa madre di Pagani (Sa), in Via San Francesco, dove riposano le spoglie mortali del Beato, le Suore della Carità del Preziosissimo Sangue, ricordano il loro Fondatore, Tommaso Maria Fusco, prossimo alla canonizzazione, in  questo anno della fede. Era, infatti il 6 gennaio del 1873, solennità dell’Epifania, 140 anni fa, quando profondamente colpito dalla disgrazia di un’orfana, vittima della strada, dopo attenta preparazione nella preghiera di discernimento, don Tommaso Maria fondò la Congregazione delle «Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue». L’Opera ebbe inizio nella Chiesa della Madonna del Carmine, in Pagani, alla presenza del Vescovo Raffaele Ammirante il quale, con la consegna dell’abito alle prime tre Suore, benedisse il primo Orfanotrofio per sette orfanelle povere del paese. Sulla nascente famiglia religiosa e sull’Orfanotrofio, dietro sua richiesta, non tardò a scendere anche la benedizione del Papa. Ora le Suore fondate dal Fusco sono presenti in varie parti d’Italia e all’estero, portando avanti l’opera iniziata dal fondatore, con particolare attenzione ai bambini e all’infanzia abbandonata o in difficoltà. La straordinaria figura di questo sacerdote diocesano, viene commemorata in questi giorni, con una specifica preparazione spirituale alla festa dell’Istituto che si ricorda il 6 gennaio. Le comunità religiose delle Suore della Carità del Preziosissimo Sangue di Pagani e delle altre località della regione Campania si ritroveranno in queste sere per la celebrazione dei vespri, della santa messa con riflessione e con altri momenti di incontri tra le suore e i fedeli laici, soprattutto giovani, che fanno riferimento ai cenacoli di preghiera istituiti a Pagani e negli altri Comuni del territorio. Particolarmente seguito è quello che si tiene presso l’antica abitazione del Beato, ora trasformata in casa religiosa, cenacolo di preghiera e di apostolato con i bambini, secondo il carisma dello stesso Tommaso Maria Fusco, di cui il Beato Giovanni Paolo II, disse, nel giorno della beatificazione, avvenuta in San Pietro, il 7 ottobre del 2001: “La singolare vitalità della fede, attestata dal Vangelo nel brano di Luca, emerge anche nella vita e nell’attività di don Tommaso Maria Fusco, fondatore dell’Istituto delle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue. In virtù della fede egli seppe vivere, nel mondo, la realtà del Regno di Dio in modo del tutto speciale. Tra le sue giaculatorie, una ve n’era a lui particolarmente cara: “Credo in te, mio Dio; aumenta la mia fede”. E’ proprio questa la domanda che gli Apostoli rivolgono a Gesù nel Vangelo (cfr Lc 17,6). Il beato Tommaso Maria aveva infatti capito che la fede è prima di tutto un dono, una grazia. Nessuno può conquistarla o guadagnarla da solo. Si può soltanto chiederla, implorarla dall’Alto. Perciò, illuminati dal prezioso insegnamento del nuovo Beato, non stanchiamoci mai di invocare il dono della fede, perché “il giusto vivrà per la sua fede” (Ab 1,4)” (Omelia di Giovanni Paolo II, Beatificazione di T.M. Fusco, 7 ottobre, 2001).Le Suore della carità del preziosissimo Sangue, forti dell’insegnamento del loro fondatore, avvertono in questo anno della fede la necessità di presentare lo spirito di fede, animato da una profonda carità e da una sicura speranza di Tommaso Maria Fusco, in questo tempo in cui, come chiesa, tutti i cristiano sono chiamati a rivitalizzare il dono e la grazia della fede, ricevuta nel Battesimo, come fu impegno fondamentale di Tommaso Maria Fusco da semplice battezzato, poi cresimato e soprattutto da pastore delle anime, come sacerdote zelante e mosso da un grande spirito di servizio e di amore verso Dio, la Chiesa e le anime affidate alla sua cura pastorale. Fin dall’inizio del ministero curò la formazione dei fanciulli, per i quali in casa sua, aprì una Scuola mattinale, e ripristinò la Cappella serotina, per i giovani e gli adulti presso la chiesa parrocchiale di San Felice e Corpo di Cristo con lo scopo di promuovere la loro formazione umana e cristiana. Essa fu un autentico luogo di conversioni e di preghiera, come lo era stata nell’esperienza di Sant’Alfonso, venerato e onorato a Pagani per il suo apostolato. Nel 1857 fu ammesso alla Congregazione dei Missionari Nocerini, sotto il titolo di San Vincenzo de’ Paoli, con la immissione in una itineranza missionaria estesa specialmente alle regioni dell’Italia meridionale. Nel 1860 fu nominato cappellano del Santuario della Madonna del Carmine, detta delle Galline, in Pagani, dove incrementò le associazioni cattoliche maschili e femminili, e vi eresse l’altare del Crocifisso e la Pia Unione per il culto al Preziosissimo Sangue. Don Tommaso Maria continuò a dedicarsi al ministero sacerdotale con predicazione di esercizi spirituali e di missioni popolari; e su questa itineranza apostolica nacquero le numerose fondazioni di case e orfanotrofi che segnarono la sua eroica carità, ancora più intensa specialmente nell’ultimo ventennio della sua vita (1870-1891). Agli impegni di Fondatore e Missionario Apostolico associò anche quelli di Parroco (1874-1887) presso la Chiesa Matrice di San Felice e Corpo di Cristo, in Pagani, di confessore straordinario delle monache di clausura in Pagani e Nocera, e, negli ultimi anni di vita, di padre spirituale della Congrega laicale nel Santuario della Madonna del Carmine. Ben presto don Tommaso Maria, divenuto oggetto d’invidia per il bene operato col suo ministero e per la vita di sacerdote esemplare, affronterà umiliazioni, persecuzioni fino all’infamante calunnia nel 1880, da un confratello nel sacerdozio. Ma egli sostenuto dal Signore, portò con amore quella croce che il suo Vescovo Ammirante, al momento della fondazione, gli aveva preconizzato: «Hai scelto il titolo del Preziosissimo Sangue? Ebbene, preparati a bere il calice amaro». Nei momenti della durissima prova sostenuta in silenzio, ripeteva: «L’operare e il patire per Dio sia sempre la vostra gloria e delle opere e patimenti che sostenete sia Dio la vostra consolazione in terra e la vostra mercede in cielo. La pazienza è come la salvaguardia e il sostegno di tutte le virtù». Consumato da una patologia epatica, don Tommaso Maria chiuse piamente la sua esistenza terrena il 24 febbraio 1891, pregando col vecchio Simeone:  «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». (Lc 2, 29-32).e di Gesù. Aveva appena 59 anni quando celebrò il suo transito per l’eternità. Era nato, infatti, 1 dicembre 1831 a Pagani, in diocesi di Nocera- Sarno, settimo di otto figli, del farmacista dott. Antonio, e della nobildonna Stella Giordano, genitori di integra condotta morale e religiosa che seppero formarlo alla pietà cristiana e alla carità verso i poveri. Fu battezzato lo stesso giorno della nascita nella Parrocchia di San Felice e Corpo di Cristo. Ben presto rimase orfano della madre, vittima dell’epidemia colerica nel 1837 e, pochi anni dopo, nel 1841, perdette anche il padre. D’allora si occupò della sua formazione don Giuseppe, lo zio paterno, il quale gli fu maestro negli studi primari. Fin dal 1839, anno della canonizzazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, il piccolo Tommaso aveva sognato la chiesa e l’altare e finalmente nel 1847 entrò nel Seminario diocesano di Nocera, dal quale nel 1849 uscirà consacrato sacerdote il fratello Raffaele. Il 1° aprile 1851 Tommaso Maria ricevette il Sacramento della Cresima e il 22 dicembre 1855, dopo la formazione seminaristica, fu ordinato sacerdote dal Vescovo Agnello Giuseppe D’Auria. In questi anni di esperienze dolorose, per la perdita di persone care alle quali si aggiungeva quella dello zio (1847) e del giovane fratello Raffaele (1852), si sviluppa in Tommaso Maria una devozione già cara a tutta la famiglia Fusco: quella al Cristo paziente e alla sua SS. Madre Addolorata, come viene ricordato dai biografi: «Era devotissimo del Crocifisso e tale rimase sempre».

 

Basta con i botti di Capodanno. Legge speciale per eliminare questa usanza.

fuochi-d-artificio.jpgauguri2013.jpgAnche il 2013 inizia con i morti e i feriti di Capodanno. E come sempre la Regione più colpita è la Campania. Perché non si proibiscono i fuochi artificiali sparati in questo modo? Sono tanti i bambini con ferite ed ustioni da fuoco. Una festa che si trasforma in tragedia. Immagino in quelle famiglie dove ci sono stati dei morti e dove il Capodanno invece di trascorrerlo serenamente in famiglia, si è dovuto correre in opsedale per ustioni e ferite varie. Ma cosa ci costa capire l’inutilità di questo modo di festeggiare Capodanno? Al di là di questo siamo comunque vicini con la preghiera alle famiglie toccate da questi gravi incidenti nella notte di San Silvestre” Adesso è doveroso fare attenzione -ha aggiuntorivolgendosi ai presenti- ai petardi inesplosi. I bambini sono curiosi per natura e come tali sono a maggior rischio di menomazioni per petardi non esplosi. E’ necessaria un’opera di bonifica delle zone dove sono stati sparati i fuochi, che per lo più sono spazi pubblici, strade, piazze ed altro. Ci auguriamo che in questa giornata i sindaci e le amministrazioni locali provvedano quanto prima a bonificare l’ambiente con persone esperte, quasi come se fossimo in guerra. Ed una considerazione finale: abbiamo parlato tanto di crisi economica e ancora oggi lo si fa. A vedere alla quantità di fuochi artificiali sparati anche quest’anno c’è poco da credere alle crisi di tante famiglie che lamentano la mancanza di cibo ed altro e poi spendono centinaia se non migliaia di euro per i fuochi artificiali che potevano e dovevano essere evitati, anche perché fanno solo danni. In alcune parti si è sparato ininterrottamente fino alle 2.00 della notte. Un modo assurdo di festeggiare il passaggio al nuovo anno, quando invece sarebbe più bello viverlo nella serenità. nella tranquillità, nell’allegria vera e senza pericoli, organizzando ed ottimizzando al meglio le feste in famiglia, in piazza o nei locali adatti per simili speciali feste. Speriamo che da queste continue lezioni che ci arrivano all’inizio di ogni anno impariamo a festeggiare nella vera e sana gioia il passaggio al nuovo anno, senza più morti e feriti che comunque pesano sulla coscienza di tutti, perché non si fa abbastanza per proibire l’uso dei petardi nella notte di san Silvestro, nonostante i tanti controlli e sequesti delle forze dell’ordine. Ci vuole una legge che proibisca tassativamente la vendita e l’acquisto dei botti a Capodanno come in altre circostanze e che questi ordigni di morte vengano usati solo dai fuochisti di professione. 

Frattamaggiore. Ritiro spirituale alle Suore Ancelle del Sacro Cuore

 

SUORE ANCELLE DEL SACRO CUORE DI CATERINA VOLPICELLI

 

RITIRO MENSILE – FRATAMAGGIO 20 DICEMBRE 2012

Padre Antonio Rungi, passionista

 “FEDE PURIFICATA E SEMPLICE. 

NOI PURIFICATI DALLA FEDE 

 

Preghiera per far crescere e purificare la fede (Papa, Paolo VI) 

 

Signore, io credo; io voglio credere in Te.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia libera: cioè abbia il concorso personale della mia adesione, accetti le rinunce e i doveri ch’essa comporta e che esprima l’apice decisivo della personalità: credo in Te, o Signore. 

O Signore, fa’ che la mia fede sia certa; certa d’una esteriore congruenza di prove e di un’interiore testimonianza dello Spirito Santo, certa d’una sua luce rassicurante, d’una sua conclusione pacificante, d’una sua assimilazione riposante.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia forte, non tema la contrarietà dei problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce, non tema le avver­sità di chi la discute, la impugna, la rifiuta, la nega; ma si rinsaldi, nell’ultima prova della prova della tua verità, resista alla fatica della critica, si corrobori nella affermazione continua sormontante le difficoltà dialettiche e spirituali, in cui si svolge la nostra temporale esistenza.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito, e lo abiliti all’orazione con Dio e alla conversazione con gli uomini, così che irradi nel colloquio sacro e profano l’interiore beatitudine del suo fortunato possesso.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia operosa e dia alla carità le ragioni della sua espansione morale, così che sia vera amicizia con Te e sia di Te nelle opere, nelle sofferenze, nell’attesa della rivelazione finale, una continua ricerca, una continua testimo­nianza, un alimento continuo di speranza.  

O Signore, fa’ che la mia fede sia umile e non pre­suma fondarsi sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità alla Tradizione e all’autorità del magistero della Santa Chiesa.  

Amen.

DALLA PORTA FIDEI N.6 

L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17). 

Papa Benedetto nella lettera di indizione dell’Anno della Fede “Porta fidei” ha indicato la finalità: “Ravvivare, purificare, confermare e testimoniare la fede”. La data dell’11 ottobre 2012 pur facendo quindi memoria di due passaggi importanti della storia della Chiesa (Concilio vaticano II, Catechismo della Chiesa cattolica) non è allora solo l’inizio di un anno celebrativo di eventi importanti, ma può rappresentare piuttosto l’occasione affinché le comunità cristiane possano attivare un cammino con lo scopo appunto di “rinnovare” la propria fede. Raccogliendo l’esortazione del Papa, e le indicazioni date dai nostri Vescovi è utile orientare tutto il cammino di formazione cristiano verso un vero approfondimento del dono della fede, mediante una riflessione sulla fede, ma che abbia anche come finalità l’avvio o la ripresa di un percorso che possa dare continuità e sostegno alla fede delle persone, dei gruppi parrocchiali, e sia testimonianza significativa verso la gente dei nostri territori. 

Il nostro incontro di oggi rientra proprio in questo. Ci sono le Ancelle, le Piccole Ancelle e le Aggregate alla spiritualità e al Carisma di Santa Caterina Volpicelli e ai devoti del Sacro Cuore. 

1.                L’esame della propria esperienza di fede. 

Chiediamo allo Spirito Santo anche la grazia di non restar male di noi stessi, perché troveremo sicuramente la nostra fede povera, forse segnata da momenti di prova e oscurità.  “Un giorno i discepoli chiesero a Gesù: “Aumenta la nostra fede”. Spesso faccio mia questa invocazione perché mi ricorda che la mia fede è sempre piccola. E’ una preghiera che mi spoglia di ogni presunzione nei confronti delle mie sorelle e fratelli e delle loro fatiche a credere.

Solo se facciamo questo esercizio spirituale possiamo raccontare onestamente la nostra esperienza di fede ad altre persone che spesso si sono allontanate dalla fede a causa delle sofferenze della vita o perché si sono lasciate andare all’indifferenza. Esse percepiscono subito se parliamo sinceramente della nostra esperienza o se diciamo frasi fatte, imparate ma che, sotto sotto, convincono poco anche noi, se parliamo a loro della fede dando per scontato che noi la possediamo tranquillamente. 

Questa è una tentazione che ho voluto mettere in evidenza nella Lettera: “In questo contesto mi sembra doveroso anche mettere in guardia dalla subdola tentazione di “dare per scontata” la propria fede. Questa tentazione può insinuarsi specialmente in quanti di noi hanno, dentro la Chiesa, una responsabilità riconosciuta di educare alla fede (il Vescovo, in primis, i sacerdoti, i genitori e gli altri educatori cristiani). 

Il ruolo e l’abitudine può portare a dare per scontato di credere con la mente e col cuore in ciò che facciamo per gli altri (la predicazione, le celebrazioni liturgiche, le preghiere pubbliche, il catechismo) e annunciamo agli altri (Dio, Gesù, la Grazia, il perdono dei peccati, la vita eterna..). 

Chi cade in questa tentazione, generalmente, è portato a puntare il dito sugli altri e poco su se stesso. Vede la pagliuzza nell’occhio del fratello, ma non accetta di riconoscere che nel suo c’è una trave” (n.11) 

Si è appena concluso il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione nel quale è stato continuamente ripetuto che solo credenti veri, possibilmente santi, diffondono efficacemente la fede in Gesù Cristo. Il sale insipido non interessa a nessuno e viene lasciato da parte. 

Umilmente dobbiamo confessare, io per primo, che un po’ siamo “sale insipido” e, per questo, dobbiamo continuamente chiedere allo Spirito Santo che purifichi e aumenti la nostra fede in Gesù. 

2.LE PROVE CHE PURIFICANO LA FEDE 

Per aiutarci a fare l’esame della nostra esperienza di fede, propongo di meditare lo stesso brano del Vangelo della tempesta sedata. Questo miracolo è un momento in cui Gesù mette alla prova la fede dei suoi discepoli perché diventasse più sincera. Con ogni suo discepolo il Signore segue la stessa pedagogia facendoci passare per momenti di prova della fede come dice S. Pietro: “perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo” (1 Pt 1,6-7). 

Chiediamoci per quali tempeste e prove Gesù mi ha fatto passare e mi sta facendo passare per mettere alla prova la mia fede in lui? Come ho vissuto o sto vivendo questi tempi di prova? Come è stata purificata la mia fede? 

1) Il tempo dell’entusiasmo nel nostro rapporto con Gesù 

Il miracolo della tempesta sedata segue l’altro straordinario miracolo della moltiplicazione dei pani; questo miracolo aveva creato un clima di straordinario entusiasmo attorno a Gesù, che aveva dato prova della sua potenza sfamando con 5 pani oltre diecimila persone. S. Giovanni racconta che la gente voleva acclamarlo re (Gv 6,14-15). In quell’entusiasmo erano certamente coinvolti gli apostoli perché toccavano con mano il successo di Gesù tra la gente e la sua potenza divina. Erano pronti a credere e a dichiarare che lui era il Messia inviato da Dio per il suo popolo. Sentivano verso Gesù una fede forte, sicura, piena di gioia. 

Anche a noi Gesù ha riservato i tempi dell’entusiasmo nel nostro rapporto con lui; momenti in cui ci ha toccato nel profondo di noi stessi, facendoci sentire una gioia profonda; momenti in cui lo abbiamo sentito vicino. Oppure, come gli apostoli, abbiamo vissuto tempi in cui seguire Gesù sembrava un successo, in cui la Chiesa sembrava forte e punto di riferimento per tutti, le comunità religiose ricche di vocazioni,; le suore e i religiosi importanti e rispettati nelle parrocchie e in mezzo alla gente. Vorremmo sempre vivere sostenuti dall’entusiasmo, in mezzo a persone che come noi sono interessate di Gesù e della Chiesa. Questa, però, è una fede facile perché si appoggia sulle emozioni interiori e sul consenso esterno. 

2) Il tempo della prova 

Gesù non si fa travolgere dall’entusiasmo della gente e degli apostoli e , come al solito, va controcorrente. Licenzia la gente perché sa che il loro entusiasmo è senza radici e che si sarebbe trasformato in grida di rifiuto al momento della sua passione. 

Invita gli apostoli a salire su una barca e ad attraversare il lago senza di lui. Apparentemente li abbandona anche se di fatto sale da solo sul monte e lì prega per loro che stanno entrando in una prova della fede nella quale li ha messi lui stesso. 

Sul lago si alza di notte una bufera di potenza invincibile per le forze umane. Gli apostoli sono travolti dall’angoscia e dalla disperazione perché si sentono in balia di una tempesta da cui non riescono ad uscire, la loro destinazione ormai non è più la riva sicura dove continuare la loro vita ma il fondo scuro del lago. E Gesù non c’era più; li aveva lasciati andare da soli dentro la tempesta. 

Certamente anche noi abbiamo passato tempi di prova, e, magari, li stiamo passando, bufere dalle quali ci sembrava di non poter più uscirne. Abbiamo conosciuti stati d’animo di paura, angoscia, disorientamento e abbiamo sentito indebolirsi la speranza di venirne fuori. 

Questi tempi di prova possono essere di vario genere. Faccio solo qualche esempio per aiutarci a ricordarne qualcuno: 

· periodi di malattia fisica nostra o di persone che ci sono molto care; 

· tempi di stanchezza fisica e nervosa quando le giornate si trascinano con fatica e ci si trova stravolti da stati d’animo e da pensieri pesanti e che angosciano; 

· delusioni e rifiuti da parte delle persone (più ancora dai superiori) che generano sensi di amara solitudine perché non ci si sente capiti, ascoltati, presi in considerazione seriamente; 

· difficoltà dentro la comunità che creano quotidiane sofferenze senza possibilità di evadere perché lì ci ha posto l’obbedienza; 

· il calo veloce e inarrestabile di vocazioni con le comunità che invecchiano e si riducono sempre di più; che invece di aprire nuove prospettive devono chiuderle; 

· le difficoltà che sta attraversando la Chiesa e la sua azione pastorale; sembra che la sua presenza e azione interessi sempre meno alla gente che vive in modo quasi pagano. 

3) La fede nel tempo della prova 

Gesù ha abbandonato momentaneamente gli apostoli dentro una bufera più potente delle loro forze, per purificare la loro fede. Pietro, in particolare, vive la prova della fede a nome anche degli altri apostoli. 

Nei loro passi di purificazione della fede credo che molti di noi possono ritrovare la loro esperienza. 

· La prima sensazione che hanno avuto gli apostoli è di essere lasciati soli dentro la prova. Gesù potente del miracolo della moltiplicazione dei pani non c’era più. Nel momento della lotta dentro le prove della vita, lui sembra lontano; si resta soli. Di fatto lui è sul monte a pregare per i suoi anche se non arriva quando loro lo vorrebbero. 

· Gesù arriva in modo inaspettato, camminando sulle onde in tempesta. Gli apostoli lo vedono ed aumenta solo la loro angoscia. Gridano: “E’ un fantasma”. 

Nella prova anche a noi Gesù può sembrare diventare un’illusione, un fantasma di cui non ci si può fidare. Ho incontrato spesso persone che avevano vissuto momenti di fede e di preghiera molto intensi e dentro prove prolungate sono state prese dal dubbio che tutto fosse stato un’illusione. Sembrava loro che contro il male in cui si trovavano Gesù non poteva far niente e la preghiera era inutile. 

· Gesù parla invitando alla fiducia in lui. La sua parola ricrea il rapporto tra Gesù e gli apostoli nella prova. Riconoscono la sua voce, si rendono conto che è proprio lui anche se è ancora lontano da loro e non possono aggrapparsi a lui per uscire dalla bufera. 

Nella prova la Parola di Gesù diventa un punto di riferimento per ritrovare la fede. Se continuiamo a meditarla senza stancarsi, sentiamo che è una Parola che penetra in noi, che ha qualcosa di familiare. Anche i due discepoli di Emmaus, mentre si sentivano abbandonati da Gesù e non lo riconoscevano, si sentono toccare il cuore dalla sua Parola. 

· Pietro, quando ha riconosciuto Gesù, lo mette alla prova e gli chiede di poter essere capace di fare come lui: camminare sulle acque. Lancia come una sfida al Signore e gli chiede di sentirsi sicuro nella bufera come lo è lui; di non aver più paura delle onde e del vento ma di sentirsi più forte della bufera; di poter passeggiare sul mare. 

Anche noi vorremmo uscire dai momenti di prova con le nostre forze, sentendoci più forti delle difficoltà che ci fanno vacillare, eliminandole con le nostre energie. 

· Ma l’acqua del lago inghiotte Pietro al quale resta il tempo per un’ultima, semplicissima preghiera: “Signore, salvami”. Non gli resta altro che allungare la mano verso Gesù e gridare la sua preghiera. E quando lui non può più fare niente si sente inaspettatamente afferrato dalla mano forte del Signore che lo tiene stretto vicino a sé e lo rimprovera: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” 

Pietro si trova salvato – e con lui gli altri undici- perché è tenuto stretto dalla mano di Gesù. La sua speranza e salvezza è stare aggrappato a lui e allora può anche superare il lago in tempesta senza venir inghiottito dal suo fondo di morte. 

Questa è la fede purificata. Non cerca sicurezze umane, ma resta aggrappato a Gesù perché lui è più potente di ogni bufera, anche quella finale e mortale che ci travolgerà. Resta aggrappato anche quando gli sembra di andare a fondo e di non farcela; quando non vede speranza attorno a sé. Non molla la sua mano perché Gesù è risorto dai morti e per questo, come dice S. Paolo: “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né potestà, né presente né avvenire, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. (Rom 8,38-39). 

Se restiamo uniti a Gesù anche dentro la prova prolungata – mediante la preghiera, la meditazione della Parola di dio, la comunione con lui nell’Eucaristia, la fede confessione dei nostri peccati – egli ci fa scoprire anche in questa vita una nuova pace e serenità. Lo fa però, con i suoi tempi e ci porta in una pace nuova che prima non conoscevamo. E’ la gioia della fede purificata. 

1.                Un percorso di riflessione 

La riflessione sulla fede è ritmata sui tempi dell’anno liturgico (siamo alla vigilia del Santo Natale e in pieno Avvento) dove la proclamazione della Parola di Dio ci conduce ad entrare nel mistero dell’Incarnazione con il Natale, a ripercorrere le tappe della vita pubblica di Gesù che ha parlato alla gente e ne ha condiviso le fatiche della vita fino al dono supremo di se stesso nella Pasqua e nell’effusione dello Spirito. Si tratta allora di far risuonare questa Parola nella nostra vita, con alcuni momenti di riflessione che cerchino di dare risposta alle tante domande che come credenti ci poniamo e che, a motivo della stessa umanità che ci accomuna, ci uniscono anche ai non credenti.  

Le domande dell’uomo 

Nel cuore e nella mente di ciascuno di noi c’è una diffusa attesa di qualcosa o di Qualcuno cui si possa affidare il proprio desiderio di felicità e di futuro, e che sia in grado di dischiuderci un senso, tale da rendere la nostra vita buona e degna di essere vissuta. Tanti sono gli interrogativi, le esperienze di gioia e di fragilità, riconoscibili nella vita di ognuno. Si tratta delle domande che riguardano la nostra esistenza, il nostro destino e il senso di ciò che siamo e facciamo, oltre che di tutto ciò che ci circonda. Sono interrogativi che, per essere veramente affrontati, richiedono il coraggio della ricerca della verità e la libertà del cuore e della mente. 

La speranza che è in noi. 

Chi ha fatto l’esperienza della fede, riconosce che questo Qualcuno capace di comprendere, accogliere e rispondere alle attese dell’uomo ha un nome e un volto: è il Dio che in Gesù Cristo si fa vicino a ogni essere umano. Il rapporto con Dio dà senso alla nostra vita nel mondo. Le riflessioni proposte troveranno allora fondamento nei Vangeli dove poter cogliere che nella persona e nella vicenda di Gesù Cristo il Dio lontano e invisibile si fa vicino a ogni essere umano, in un insperato e gratuito gesto d’amore. 

Così come è avvenuto 2012 anni fa per le donne e gli uomini nei villaggi della Galilea o a Gerusalemme, possiamo ancora oggi pensare seriamente che Gesù possa percorrere i sentieri della nostra vita quotidiana e stabilire un rapporto vitale con noi.  

Contemplando il volto di Gesù e ascoltando le sue parole scopriamo chi siamo, intravediamo qual è la fonte ultima della nostra esistenza e verso quale meta tende il nostro cammino quotidiano. 

Come incontrare il Dio di Gesù Cristo? 

Come avviene per ogni esperienza veramente bella e positiva, sentiamo il bisogno di comunicarla agli altri in nome della fratellanza umana, perché la possibilità di incontrare Dio per mezzo di Gesù Cristo sia una speranza per tutti. Qui le riflessioni ci porteranno dentro la vita della comunità dove potrà emergere il volto della Chiesa che sostiene e incoraggia il cammino di tutti. È lei che ci ha trasmesso la buona notizia di Gesù il Signore, e ci aiuta a interpretare le inquietudini che attraversano il nostro cuore. Proprio dal vissuto dei nostri fratelli e sorelle nella fede dentro la comunità affiora la risposta: la preghiera, la parola di Dio, i sacramenti, il servizio, l’attesa della casa futura, sono le esperienze concrete in cui è possibile incontrare il Dio di Gesù Cristo. (Cfr. Lettera ai cercatori di Dio – Cei 12 aprile 2009). 

L’ascolto di testimonianze 

Accanto a dei momenti di riflessione potrebbe essere utile ascoltare qualche testimonianza che ci aiuti poi a continuare concretamente il cammino della nostra fede. Il nostro credere infatti non è un esercizio intellettuale e neppure semplicemente spirituale, ma trova la sua espressione nella vita di tutti i giorni, nelle relazioni quotidiane, nell’impegno a condividere con gli altri uomini la gioia e la fatica del vivere. La fede ci è donata dal Signore e dopo aver trovato casa nella nostra vita, esige di essere testimoniata per essere data in dono agli altri. E si può testimoniare la fede anche senza compiere opere sensazionali. Ecco allora che porsi in ascolto di alcuni testimoni della fede può aiutare le nostre comunità ad esprimere in maniera più incisiva la loro presenza nel luogo dove vivono. Queste testimonianze devono essere esperienze vicine a noi, possibili da parte di molti, realizzabili dalla gente comune, vie percorribili nella quotidianità. Potrebbe essere importante ascoltare una testimonianza da parte di chi ha riscoperto la propria fede mediante il servizio e la vicinanza a chi è nel bisogno. Molto spesso attraverso l’attenzione al povero il Signore sostiene la fede di chi offre aiuto ed accende la fede nel cuore di chi riceve aiuto. Anche la testimonianza di chi sta vivendo la propria fede negli ambienti di vita come il mondo del lavoro, le istituzioni pubbliche, il servizio sociale può essere raccolta per aiutarci ad allargare lo sguardo dalle nostre parrocchie ai luoghi dove la gente vive e dare in quei contesti una parola di speranza, ma anche un indirizzo per costruire una società migliore. Un altro stimolo che potrebbe essere utile alle nostre comunità potrebbe arrivare da parte di chi vive in maniera più intensa la relazione tra famiglie (comunità di famiglie), per aiutarci a camminare verso una parrocchia dove attuare per quanto possibile, il passaggio dal gruppo all’esperienza di comunità al fine di attuare una condivisione più intensa non solo dei beni spirituali, ma anche dei progetti di vita e magari qualcosa dei nostri beni materiali. Lo scopo delle testimonianze non è l’istruzione, ma il racconto di quanto il Signore ha operato nella vita delle persone secondo la prassi del Vangelo che indica, nella narrazione di eventi personali, la via della trasmissione della fede. E’ significativo quanto riportato nel Vangelo di Giovanni: la Samaritana lasciò la brocca presso il pozzo, andò in città e disse alla gente di aver incontrato un uomo che conosceva quello che aveva fatto. E molti Samaritani di quella città credettero in Gesù per la testimonianza della donna. Dalle riflessioni e dalle testimonianze le parrocchie potrebbero trovare allora un valido spunto per individuare quelle linee pastorali che a partire dall’Anno della fede possano dare continuità nel cammino di “ravvivare, purificare, confermare e testimoniare la fede”. 

Per raggiungere le finalità indicate dal Papa occorre iniziare un cammino di riflessione che dia continuità e sostegno alle persone e ai gruppi e sia di significativo esempio agli altri.

 

CATERINA VOLPICELLI 

“Non perdiamo mai di vista che siamo state chiamate a seguire da vicino Gesù, che ha dichiarato soave il suo giogo e leggero il suo peso”. 

Caterina Volpicelli è una figura singolare di apostolicità d’avanguardia nel suo originale porgersi a servizio della Chiesa e della società, nell’individuazione dei segni dei tempi e nel creativo relazionarsi ad essi. Fattasi volontariamente povera, da ricca che era, divenne madre e maestra di tantissime anime, in un periodo storico in cui gli avvenimenti politici diedero un assetto nuovo al Regno di Napoli e alla Penisola: i moti del 1848, l’annessione al nuovo Regno d’Italia e la fine del potere temporale dei Papi. Napoli, improvvisamente declassata da capitale ad estrema periferia di un nucleo di interessi non più mediterraneo, ma centro europeo, viveva enormi conflitti da un punto di vista sociale e culturale. La fascia di povertà si era dilatata e il clima dominante, massonico e anticlericale cercava di colpire definitivamente la tradizione cattolica in cui il popolo era radicato. Caterina Volpicelli, nata a Port’Alba in Napoli il 21 gennaio 1839 da una famiglia dell’alta borghesia, trascorse un’infanzia felice, ricevendo dai genitori esempi di onestà e generosità; “Siamo figli di santi” scriverà al fratello, in età matura. L’educazione familiare trovò il suo completamento nel collegio di San Marcellino, Reale Educandato “Maria Isabella di Borbone”, dove dimorò da sette a dodici anni, guidata dall’eccellentemaestra Margherita Salatino (che sarà poi confondatrice, insieme al Beato Ludovico da Casoria, delle Suore Francescane Elisabettine Bigie). Ivi apprese le lettere classiche, le lingue straniere, la musica, formazione che proseguì in casa, successivamente, alla scuola di insigni precettori, fra i quali il famoso Rodinò. Nel 1849 Pio IX, esule a Gaeta, visitò quell’educandato, accolto dall’omaggio festoso delle alunne: un inno, composto per la circostanza, fu suonato su tre pianoforti da ragazze, a diciotto mani; una di quelle piccole pianiste era Caterina. Il Papa commosso, impartì loro una benedizione “di innocenza e santità ”. Verrà un giorno in cui la Volpicelli offrirà alla Chiesa e al Papa le armonie apostoliche della sua Famiglia Religiosa, ma prima dovrà superare la crisi dell’adolescenza. Benessere, ingegno, cultura, bellezza: tutto le faceva presagire un avvenire brillante nella società, tuttavia il Signore aveva altri progetti su di lei. Il francescano Ludovico da Casoria le disse: “ Il mondo ti attira, ma Dio la vince. Un giorno chiuderai i libri degli uomini e leggerai nel libro del Cuore di Cristo, dove ogni pagina parla di Amore”. Caterina ebbe ancora dubbi e tentennamenti, cadute e riprese, finché sentì un invito misterioso alla sequela di Cristo. Trascorse sette mesi fra le Sacramentine, Monache Adoratrici perpetue in Napoli, ma per motivi di salute fu costretta a tornare in famiglia. L’esperienza claustrale l’aveva maturata profondamente, inducendola ad un esame attento del mondo che la circondava. L’unità d’Italia, per Napoli, non significò solo la fine di un’epoca, ma anche la soppressione di conventi. Casa paterna della Fondatrice In casa divenne l’affettuosa confortatrice del padre, gravemente ammalato, maestra di catechismo delle persone di servizio. Si recava frequentemente all’Ospedale degli “Incurabili” in Napoli, portando sollievo agli infermi e preparandoli ai Sacramenti. Visitava i “bassi” della città, privi di aria e di luce, abitati dall’umile gente del popolo; il suo arrivo era come un raggio di sole e una ventata d’aria pura. Dava i suoi beni ai poveri con una generosità tale che ha dell’eroico. Più volte, come testimoniò la sua cameriera, si privò anche degli abiti e delle scarpe dopo aver vuotato il suo borsellino. Si orientò sempre più verso una vita di piena consacrazione a Dio e di attività apostolica, circondandosi di valide collaboratrici che condividevano i suoi ideali. “Pescatrice di anime nel mondo” la definì P. Ludovico da Casoria. Ella voleva una congregazione eterogenea nella sua composizione: un ramo di Religiose di vita comune con la professione dei voti di povertà, obbedienza e castità, senza alcuna divisa, le Ancelle del S. Cuore; un ramo di anime consacrate, nubili, viventi nelle loro abitazioni, le Piccole Ancelle, con la possibilità di diventare Sorelle esterne dopo dieci anni; le Aggregate, spose e madri, per la santificazione della famiglia e l’evangelizzazione capillare. L’idea era nuova, e sembrò rivoluzionaria, profeticamente anticipatrice degli Istituti secolari, che troveranno il loro riconoscimento nel Concilio Vaticano II. Il Cardinale Sisto Riario Sforza, arcivescovo di Napoli, approvò le prime Regole del nascente Istituto poiché era convinto che Caterina fosse un’anima ispirata da Dio, suscitata in tempi difficili per la Chiesa e la società, in seno alle quali ateismo e massoneria costituivano una forte opposizione. Il Papa Leone XIII espresse la sua ammirazione per l’opera della Volpicelli: “è quello che ci vuole per i nostri tempi” e il 13 giugno 1890 le accordò il Decreto di Lode. Molto colta, Caterina organizzò una biblioteca circolante e corsi di cultura per combattere l’ignoranza e il dilagante anticlericalismo. “Andiamo alle famiglie, attraverso l’intelletto”, diceva e ancora “salvare la famiglia è salvare la società”; incominciò, infatti, a interessarsi delle famiglie dei vicoli della città, senza tralasciare l’evangelizzazione di quelle della media e alta borghesia per favorire il risorgere della Chiesa. Istituì l’orfanotrofio delle Margherite e fondò l’associazione delle Figlie di Maria, la cui responsabile a Napoli fu la venerabile Maria Rosa Carafa, Sorella esterna delle Ancelle, grande sua Consigliera e collaboratrice. Iniziò così il ministero di fondatrice di Caterina Volpicelli, senza strutture e opere particolari per “ricostruire il volto di Cristo nei fratelli”. Le Ancelle del S. Cuore si dedicarono a catechizzare fanciulli e adulti, a visitare gli infermi, a soccorrere i meno abbienti con il “prestito gratuito” per sottrarli alle grinfie degli usurai, a confezionare gli arredi delle chiese povere, mentre diffondevano l’amore al Cuore di Cristo, in modo particolare, con l’Apostolato della Preghiera, introdotto in Italia dalla Francia grazie alla Volpicelli, guidata dal gesuita P. Ramiére, come mezzo di santificazione del quotidiano, a vantaggio dell’intera umanità e, in particolare, del corpo mistico della Chiesa. Quando, nel 1884, a Napoli infierì il colera, mietendo migliaia di vittime, le Ancelle offrirono con entusiasmo la loro opera sia con l’assistenza spirituale sia organizzando le cucine gratuite per i poveri. Era l’anno in cui fu consacrato dal Cardinale Guglielmo Sanfelice il Santuario diocesano del S. Cuore alla Salute in Napoli, attiguo alla Casa Madre, fortemente voluto e fatto edificare dalla Volpicelli soprattutto per l’adorazione riparatrice e la consacrazione delle famiglie al Sacro Cuore. In esso fece la sua Prima Comunione San Giuseppe Moscati. Nel 1887 sbarcarono a Napoli i feriti, superstiti del massacro dei cinquecento a Dogali, “Portiamo Gesù ai nostri soldati”, disse la Volpicelli e andò con le sue Religiose a confortarli e prepararli ai Sacramenti. Fu vivace protagonista del Congresso Eucaristico nazionale, tenutosi a Napoli dal 19 al 22 novembre 1891, con l’impegno di organizzare l’Adorazione in Cattedrale, la preparazione della Confessione e Comunione Generale e una ricca mostra di arredi sacri da donare alle chiese povere. Nel 1893, per il ripetersi di sommosse popolari, fu notevole la presenza dei militari nella cittadina partenopea. Le Ancelle accorsero nelle caserme, trattenendosi con loro, assetati della Parola di Dio. Si realizza in tal modo quanto la Fondatrice auspicava per le sue figlie: “il fine della nostra vocazione è amare Dio per Dio …..non si può essere vere Ancelle senza spirito di sacrificio”. Il 28 dicembre 1894 Caterina Volpicelli morì in fama di santità, fu dichiarata Venerabile il 25 marzo 1945 da Papa Pio XII, beatificata il 29 aprile 2001 e canonizzata il 26 aprile 2009 da Benedetto XVI. 

L’originalità carismatica fondazionale “incarnare Cristo amore” nelle tre dimensioni di “sacrificio, immolazione e riparazione” è stata portata dalle sue Figlie in diverse città italiane e all’estero.

 

Carinola (Ce). Conclusa la festa religiosa dell’Immacolata

Foto0744.jpgFoto0745.jpgFoto0748.jpgNonostante il tempo inclemente di questi giorni, la festa in onore della Madonna dell’Immacolata si è svolta regolarmente. La tanto attesa e sentita processione si è svolta regolarmente il giorno 8 dicembre con inizio alle ore 12,30 e conclusione alle 14,00 dopo la preghiera di affidamento alla Madonna letta da padre Antonio Rungi, missionario passionista, che ha predicato in questi giorni di preparazione della festa dell’Immacolata a Carinola. Nove giorni di preparazione spirituale con la novena, di cui gli ultimi tre con la predicazione di padre Antonio Rungi, religioso passionista, noto ed apprezzato missionario della Congregazione della Passione, che come tutti gli anni è risciuto ad entrare con i suoi discorsi nel cuore di tutti i carinolesi che hanno partecipato al triduo e soprattutto alle messe di oggi, solennità dell’Immacolata. Si è iniziato con la messa delle ore 6.00 presieduta da don Michelangelo, durante la quale, padre Rungi ha tenuto una vibrante omelia mariana che ha scosso spiritualmente tutti presenti. Si è proseguito con la messa delle 8,00 e con la celebrazione della messa solenne delle ore 11,30, presieduta dal don Amato Brodella, parroco della cattedrale e animata dai canti, come nella messa dell’aurora, della schola cantorum parrocchiale. Nuova intensa omelia di padre Rungi rivolta specialmente ai tanti giovani e ragzzi presenti, che poi hanno preso parte anche alla processione, nonostante il tempo minaccioso. Tutto è andato bene e si è concluso nel migliore dei modi. Il comitato della festa religiosa insieme alla Congrega dell’Immacolata hanno organizzato anche quest’anno una bellissima novena e una festa religiosa che sempre più si configura come un appuntamento importantissimo nella vita spirituale e mariana di ogni carinolese. Nelle omelie della solennità, padre Antonio Rungi ha sottilneato più volte che la festa in onore della Madonna Immacolata deve essere un motivo serio e sincero per rallegrarsi: “Carinola, rallegrati, gioisci, perché hai la Madre di Gesù in cielo che ti benedice e ti protegge in tutti i momenti della tua vita, specialmente in quelli più tristi e difficili. Tu sei la cittadella dell’Immacolata e come tale imita la Vergine Beata in tutto ciò che è amore, carità, purezza, servizio umile e disinteressato”. L’entusiasmo che riesce a trasmettere padre Antonio Rungi con le sue accese omelie, rende la festa dell’Immacolata particolarmente sentita da tutto il popolo di Dio. La presenza a Carinola di una chiesa in fase di ultimazione dedicata all’Annunziata, ma in realtà dell’Immacolata, la presenza della Congrega dell’Immacolata e delle Suore dell’Immacolata di Genova, fondate da Sant’Agostino Roscelli, rende più viva questa esperienza di fede che parte da lontano, subito dopo la proclamazione ufficiale del dogma dell’Immacolata a firma del Beato Pio IX, Papa, nel 1854. La storia e gli avvenimenti più importanti di Carinola negli ultimi 160 anni sono contrassegnati dalla presenza operosa nella Madonna Immacolata nella vita dei singoli fedeli e dell’intera comunità carinolese. La Madonna Immacolata per ogni carinolese, vicino o lontano, è il punto di riferimento della propria devozione e dello speciale culto che nutrono verso la Madre del Salvatore da generazione in generazione.

Carinola (Ce). Festa dell’Immacolata dei giovani e per i giovani

Foto-0069.jpgFoto-0068.jpgFoto-0075.jpgLa festa dell’Immacolata a Carinola (Ce) nella Diocesi di Sessa Auruna è una festa per i giovani e dei giovani. A promuoverne la celebrazione in modo solenne è la locale Congrega dell’Immacolata, di antica istituzione, che annovera tra i soci diversi giovani che continuano l’opera di promozione del culto dell’Immacolata, iniziata dai loro antenati. Insieme alla Congrega sono parte integrante della diffusione del culto e della devozione mariana a Carinola le Suore dell’Immacolata di Genova, fondate da Sant’Agostino Roscelli, che nella storica cittadina di Carinola, una volta sede episcopale, hanno un’avviata struttura di promozione culturale e sociale sul territorio. Ma è soprattutto il popolo di Dio che vive e sente intensamente la festa della Madonna Immacolata e si prepara ad essa con la solenne novena, che si conclude domani 7 dicembre, alla quale partecipano numerossimi non solo gli anziani e gli adulti, ma anche i giovani. Anche quest’anno a predicare il triduo conclusivo della novena dell’Immacolta è padre Antonio Rungi, missionario passionista, teologo moarle e docente nelle scuole statali. Ad accogliere queste varie istanze per onorare sempre più solennemente la Vergine Immacolata è da 50 anni monsignor Amato Brodella, vicario generale della Diocesi di Sessa Aurunca e parroco della cattedrale di Carinola da mezzo secolo. Proprio per incentivare il culto verso l’Immacolata sono state attivare varie iniziative religiose, culturali e sociali. In primo luogo il restauro della statua della Madonna Immacolata, opera lignea del settecento, l’antica e storica chiesa dell’Annunziata, ove per anni si è tenuta la novena in preparazione alla festa, incontri culturali e pubblicazioni varie per far conoscere maggiormente il culto alla Vergine Santa. In quest’anno della fede, la comunità parrocchiale della cattedrale di Carinola, sotto la guida del parroco, ha voluto impostare questa celebrazione in onore della Madonna Immacolata da un punto di vista di approfondimento della fede, partendo proprio dal dogma dell’Immacolata Concezione, convinta più che mai che i dogmi mariani sono naturali tramiti per arrivare al potenziamento della propria fede in Cristo. Su questi temi le riflessioni teologiche, le catechesi, le lectio divinae, le preghiere e la tradizioni popolari che si sono svuluppate intorno al culto dell’ Immacolata, l’intera comunità parrocchiale ha meglio compreso quanto sia importante una vera devozione alla Madonna per recuperare una vera e matura fede nell’oggi della chiesa e del mondo. A tal fine, come tutti gli anni, tra le tante pratiche religiose sorte e conservate nel tempo circa la devozione alla Madonna Immacolata c’è l’antica tradizione della messa dell’aurora, che si celebra di buon mattino, alle ore 6.00 e alla quale partecipano un migliaia di fedeli, soprattutto bambini, ragazzi e giovani. E’ una festa nella festa che si prolunga per l’intera giornata con la solenne processione della bellissima statua della Madonna Immacolata per tutto il centro storico di Carinola. Per l’occasione arrivano in città i tanti emigrati carinolesi, in Italia o all’estero, per motivi di lavoro per riassaporare la gioia di una festa e della famiglia, nell’imminenza della solennità del Natale. Occasione la festa dell’Immacolata per allestire il presepe, soprattutto, ma anche l’albero di Natale, nelle famiglie della città, dove la sana tradizione del presepe tradizionale, compreso il bue e lasinello, che come ha precisato il Papa, Benedetto XVI nel suo recente libro “L’Infanzia di Gesù” non necessariamente erano presenti alla nascita di Gesù, costituiranno gli elementi visivi ed artistici del Natale nelle famiglie, in cui un posto speciale ha appunto la Vergine Santa. Tanti motivi per fare festa e per fare della festa dell’Immacolata la festa della famiglia, dei buoni sentimenti, della purezza e dell’essenzialità della vita, una festa dei giovani e per i giovani che molto sentono questa devozione e la vivono con sentimenti profondi ed autentici.