Beata Vergine Maria

AIROLA (BN). LA CHIESA DELL’ADDOLORATA ERETTA A SANTUARIO MARIANO DIOCESANO

R (4)R (2)

AIROLA (BN). LA CHIESA DELL’ADDOLORATA ELEVATA A SANTUARIO DIOCESANO

di Antonio Rungi

Sarà il Vescovo di Cerreto-Telese-Sant’Agata dei Goti, monsignor Giuseppe Mazzafaro, a presiedere la solenne liturgia eucaristica di giovedì 15 settembre 2022, alle ore 18, nella Chiesa della Madonna Addolorata, che in questa specifica circostanza sarà elevata ed eretta a Santuario diocesano con decreto dello stesso vescovo.

La storia di questo santuario, molto noto e frequentato dai devoti della Valle Caudina, parte da molto lontano e la devozione alla Madonna Addolorata degli airolani è tra le più solide e testimoniate nel corso delle celebrazioni annuali di settembre, durante il mese di maggio, nelle domeniche di tutto l’anno e nelle grandi ricorrenze liturgiche e mariane.

Il santuario, con annesso monastero, fu edificato nel 1363 per volere di Giovanni Della Lagonissa (Leonessa), feudatario di Airola. L’edificio, denominato Santa Maria dell’Ariella, fu donato nel 1369 dal feudatario di Airola ai monaci Benedettini di Montevergine.

La chiesa, durante l’assedio alla rocca di Airola subì tali conseguenze che nel 1517 si presentava quasi completamente distrutta.

Nel 1601 il vecchio monastero di Santa Maria dell’Ariella, costruito nella parte alta di Airola, non era più adatto alle mutate condizioni di vita del paese che dalla collina di Monteoliveto si era spostato nella piana di Airola.

Nel 1608 fu iniziata la costruzione di un altro monastero, a valle, vicino alla chiesa della SS. Annunziata, chiamato poi S. Maria della Misericordia.

Con la discesa a valle dei monaci, la chiesa visse un lungo periodo di abbandono.

Nel 1672 Donna Maria Candida Spinelli fece restaurare la chiesa e, ottenute le dovute autorizzazioni, la fece riaprire al pubblico.

La chiesa che presenta ancora tracce gotiche, a forma rettangolare, a navata unica con quattro altari laterali è un gioiello di arte e di storia.

Sull’altare maggiore vi è una pala d’altare che raffigura l’Addolorata con Gesù deposto dalla croce, opera di Andrea Solario.

Oggi il santuario fa parte del territorio della parrocchia di San Michele Arcangelo a Serpentara, affidata alla cura dei Padri Passionisti del vicino convento di Monteoliveto.

La festa dedicata alla Madonna Addolorata che interessa tutto il mese di settembre, inizia come sempre con il solenne settenario, l’8 settembre. Quest’anno la predicazione è stata affidata dal parroco, padre Emanuele Zippo, passionista, a don Pasqualino Di Dio, fondatore della Fraternità apostolica della Misericordia.

Nel corso del settenario saranno diversi gli appuntamenti di carattere religioso, culturale, sociali e ricreativi predisposti dal consiglio pastorale parrocchiale e dal Comitato, presieduto dal parroco.

Concluderà le celebrazioni monsignor Giulio Mencuccini, passionista, vescovo emerito di Sanggau (Indonesia), missionario nel Borneo per circa 50 anni, di 32 anni svolti come vescovo nella diocesi di titolarità, dove si spostava in moto, Da qui l’appellativo di vescovo biker. La solenne celebrazione è in programma per domenica 18 settembre alle ore 16,30 nella Chiesa di San Michele a Serpentara.

In questo mese di settembre, salire al santuario della Madonna Addolorata, così da sempre chiamato e definito, ma anche seguire la peregrinatio della bellisma ed espressiva statua della Madonna per tutte le chiese della cittadina, per gli airolani oltre ad essere una pratica religiosa molto sentita e curata negli aspetti interiori è anche un’attestazione di un amore filiale e di cura speciale verso questo luogo di preghiera, dedicato a Maria, che ai piedi della croce riceve da Gesù il compito di custodire e proteggere l’umanità intera.

Mai come in questi anni di sofferenza, prima con la pandemia ed ora la guerra in Ucrania, inoltre con i tanti mali che affliggono le singole persone e l’umanità, la Madonna Addolorata rappresenta per tutti un forte richiamo a fare della sofferenza uno strumento di compartecipazione a ciò che manca alla passione del Signore, come afferma san Paolo Apostolo:  “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).

La preghiera alla Madonna Annunziata.

CALENDARIO 2015-RUNGI-PAG40

O Maria il tuo è il nostro si a Dio.
Preghiera di padre Antonio Rungi

Ave gratia plena,
è il saluto che rivolgiamo
a te, Maria, Madre di Dio,
con l’Angelo Gabriele,
quando venne da te
per chiederti
il tuo consenso
a che Dio si facesse carne
nel tuo grembo verginale.

Non senza esitazione
e dubbio umano
hai chiesto al messaggero divino
come era stato possibile
se tu non conoscevi uomo
e quindi non potevi concepire?

Nulla è impossibile a Dio,
Ti rispose Gabriele,
assicurandoti che tutto
è possibile a Dio,
quando il cuore è libero
e la mente è capace di interagire
con l’Autore di ogni vita.

Fu allora forte e convincente
la tua risposta all’Eterno,
che ti intepellava sul suo ingresso nel tuo e nostro tempo.

Il tuo si o Maria è diventato
la vera rivoluzione
della storia dell’umanità,
quando hai permesso a Dio
di farsi carne
nel tuo grembo verginale.

Inizia allora la nuova creazione
perché il Redentore
assunse su di sé la natura umana,
elevando l’uomo a pari dignità.

Ora Maria difendici
dagli assalti del nemico
di Tuo Figlio,
che è sempre in agguato
e come leone ruggente
si aggira sulla terra,
per portare con sé
nel fuoco eterno dell’inferno,
uomini e donne
di ogni popolo e nazione.

Maria allontana da noi
questo pericolo vero
e fa che Cristo vinca,
regni e imperi
nei secoli eterni.
Amen. Continua la lettura

APPELLO DEL TEOLOGO RUNGI. IL 26 APRILE ALLE 12 UN MINUTO DI SILENZIO PER TUTTE LE VITTIME DEL COVID-19

IMG_20200310_002622

ITRI (LT). IL PASSIONISTA, PADRE ANTONIO RUNGI, PER IL 26 APRILE 2021, A MEZZOGIORNO PROPONE UN MINUTO DI SILENZIO E PREGHIERA PER TUTTI I MORTI DI COVID-19

In vista delle prossime aperture, già da lunedì 26 aprile 2021, padre Antonio Rungi, teologo passionista, delegato arcivescovile per la vita consacrata dell’arcidiocesi di Gaeta, propone a tutti gli italiani un minuto di silenzio alle ore 12 per ricordare tutti i morti di Covid-19. “Si tratta di un’iniziativa di carattere simbolica e di sensibilità umana e cristiana verso coloro che hanno perso la vita in questo anno e che non possono essere dimenticati”, afferma padre Rungi, nella sua articolata riflessione etica e sociale, alla vigilia delle riaperture di tante attività sul territorio italiano.
La nota completa del teologo spazia su altri temi di grande attualità, su cui egli invita “a riflettere, soprattutto ad organizzare il futuro, con la consapevolezza di quanto si è vissuto e si sta continuando a vivere”.
Ecco il testo completo della riflessione di questa domenica 18 aprile 2021.
“Dal prossimo 26 aprile 2021, si dice che l’Italia apre i battenti dopo la serrata a causa del Covid-19. Una riapertura parziale visto che non saremo nell’assoluta libertà di muoverci, di non usare protezioni, né di incontrare chiunque. Riprendono quelle attività economiche e produttive finalizzate a non affossare ulteriormente l’economia del nostro Paese, da sempre segnato dalla mancanza di lavoro e di prospettive future.
Tutto giusto, tutto opportuno, ma rimane il problema della pandemia, che continua a fare strage in ogni parte d’Italia e del mondo. I morti continuano ad esserci ogni giorno, i malati di Covid continuano ad essere ricoverati in ospedale o rimanere a casa. I contagi persistono e non si sono azzerati, a conferma che dall’emergenza sanitaria non siamo ancora usciti e quindi ci vuole prudenza e saggezza nel nostro agire.
Tutte le campagne di vaccinazioni, tutta la nostra speranza di uscire fuori da questa tempesta sanitaria con la vaccinazione globale si scontra con la realtà, coni dati quotidiani e le costatazioni di 13 mesi di grandi sofferenze per tutti, non ancora superate.
I circa 117.000 morti, ad oggi, tra cui medici, infermieri, forze dell’ordine, volontari, vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, fedeli laici, non possono passare sotto silenzio o essere dimenticati facilmente, perché preme l’esigenza di una ripresa della vita che deve dimenticare subito il passato e soprattutto la morte, che ha lasciato segni profondi nei pensieri, nella vita e nel cuore di tutti gli italiani. Noi siamo facili a dimenticare, perché l’oblio ci aiuta a vivere, ma non è così. I morti di coronavirus appartengono a tutti gli italiani e a tutto il mondo, perché sono il volto della sofferenza, del dolore e del buio, in questo anno terribile della pandemia. Pertanto, per il 26 aprile 2021 quando si ritornerà quasi del tutto alla vita normale in Italia, mentre altrove già questo è avvenuto, propongo che il nostro primo pensiero sia quello di ricordare tutti i morti di quest’anno, soprattutto coloro che hanno data la vita per salvare vite. Ricordarli a mezzogiorno del 26 aprile 2021, con un minuto di silenzio e di preghiera, in tutti i luoghi ed istituzioni, in base al proprio credo religioso, ricordare tutti i martiri del coronavirus. Questi nostri fratelli e sorelle non possono essere accantonati nel ricordo del passato, in quanto il passato non è quello remoto, ma quello prossimo e più vicino a noi, è il passato messo alle spalle da pochi minuti e secondi, né tantomeno possono essere rimossi dalla nostra coscienza, perché dobbiamo pensare al futuro e non più al passato.
E’ vero che siamo nel tempo di Pasqua e questo significa risurrezione, ma il Risorto porta con sé i segni della passione, della sofferenza e della croce.
Con Cristo la vita trionfa sulla morte, la speranza sulla disperazione, la fiducia sulla sfiducia, la gioia sulla tristezza, la ritrovata armonia degli incontri rispetto all’assurda solitudine di questo anno, ma in una sola cosa non potrà esserci passaggio al meglio ed al definitivo, soprattutto in questo tempo di pandemia, se abbiamo vissuto, sperimentato e testimoniato in questi 13 mesi l’amore verso il prossimo, specialmente nei confronti di chi era più debole e fragile sul territorio italiano, dove viviamo, ma anche dimostrando sensibilità verso tutta l’umanità, perché l’amore non ha confini,  non ha bisogno di perfezionarsi, e se è vero, autentico, generoso, e se è totale esso si esprime donando la vita come Cristo ha fatto per ciascuno di noi sulla croce.
L’esperienza della pandemia, che non è finita, e che non è alle nostre spalle, è semplicemente accantonata e messa temporaneamente in standby per motivi economici e di opportunità non può farci dimenticare quello che è successo in questi 13 mesi e che se non siamo accorti e prudenti in futuro, saggi ed intelligenti, potrà succederci di peggio. L’incoscienza, l’imprudenza e la superbia sono sempre all’angolo di ogni strada delle nostre città e della presunzione di quanti non considerano i limiti della mente, della ragione e della scienza.
Dio ci liberi da altri morti da pandemia e da altre sofferenze che con sé ha portato e porta questo terribile morbo, che ha ammorbato il mondo intero e dal quale usciremo vincitori solo se camminiamo a lavoriamo insieme per il bene dell’intera nazione italiana e  di tutta la comunità mondiale, e non solo di una parte di essa, non sempre, poi, quella più in necessità ed urgenza di essere curata, protetta e difesa da ogni morbo e non solo dal Covid-19, ma di tutta l’umanità bisognosa di sentirsi accumunata in un piano di salvezza globale e non solo per la pandemia, ma anche per il resto delle necessità di tutti gli esseri umani. Buona domenica a tutti.

FESTA DELLA DONNA 2021. SPECIALE ORAZIONE DEL TEOLOGO RUNGI

festa della donna 2021
P.Rungi (Teologo passionista). Nella festa della donna 2021. Una speciale preghiera per tutte le donne del mondo. No a violenze, abusi e soprusi.
In occasione dell’annuale festa civile della donna, che si ricorda l’8 marzo, padre Antonio Rungi, teologo passionista della comunità del santuario della Madonna della Civita, in Itri (Lt), delegato arcivescovile per la vita consacrata della Diocesi di Gaeta, ha scritto un’articolata preghiera a sostegno delle donne di tutto il mondo.
L’orazione assume un particolare significato in quest’anno 2021 segnato ancora dalla pandemia. Padre Rungi fa riferimento nel suo testo alle varie problematiche attinenti alle donne di tutto il mondo: violenza, soprusi, abusi, mancanza di cibo, di lavoro, istruzione preoccupazione per il loro futuro e di quello dei lori figli e delle loro famiglie.
Padre Rungi apprezza lo stile di vita delle donne per quelle che sono e fanno e per il coraggio che dimostrano in tutte le circostanze.
Una forte denuncia arriva dal teologo passionista in merito a quanti fanno del male alle donne e restano impuniti. Persone che vanno condannate in quanto “senza amore e senza onore” che tante volte pensano di difendere rispetto ad una cultura atavica di possesso della donna a loro piacimento.
“Nessun Ciano -scrive padre Rungi – possa continuare a circolare impunemente sulla faccia della terra, specialmente se distrugge la vita di donne oneste e rette”.
Sempre nell’orazione rivolta al Signore, attraverso il modello perfetto di ogni donna, da un punto di vista cattolico; che è la Beata Vergine Maria, padre Rungi chiede a Maria che sia il baluardo e la difesa contro “le tempeste dell’odio e della violenza che si scatena in questi soggetti malati nella mente e nel cuore”, che poi uccidono ed abusano delle donne in qualsiasi età.
Sempre nella preghiera il sacerdote chiede al Signore che si superare quella cultura di ieri e di oggi che non sa “coniugare al femminile” i sostantivi della vita.
Ecco il testo competo dell’orazione che padre Rungi ha pubblicato e ha diffuso sui sociali “nella speranza -scrive – che possa essere un piccolo contributo non solo di preghiera, ma anche di riflessione e di impegno in questo giorno ricordevole dedicato alle donne definite dal teologo passionista “straordinarie persone che stanno segnando nel silenzio, nella santità, nella generosità, nel sacrifico quotidiano e nell’amore verso i propri cari la storia di questa umanità”. E a conclusione dell’orazione non poteva mancare il riferimento alle donne sante della Chiesa cattolica, molto venerate tra le donne cristiane.
Preghiera per la festa della donna 2021
di padre Antonio Rungi
Ci rivolgiamo a Te
Signore della tenerezza
e della bontà infinta,
in questo giorno di festa
per le donne di tutta la terra,
perché tu dia conforto, gioia e speranza
a queste straordinarie persone,
che stanno segnando,
nel silenzio, nella santità,
nella generosità, nel sacrificio quotidiano
e nell’amore verso i propri cari,
la storia di questa umanità.
In un tempo difficile
come questo segnato dalla pandemia,
molte donne soffrono
per i ben noti motivi
della mancanza del cibo,
del lavoro, della salute
e soprattutto per il futuro dei loro figli
e delle loro famiglie.
Signore Gesù accogli le preghiere
di tutte le donne del mondo,
di quelle che credono in Te
e di quelle che, per varie ragioni,
professano altre fedi e religioni.
Per tutte, Signore, abbi uno sguardo
d’amore e di accoglienza
di ogni legittima loro attesa e desiderio.
Allontana da questo mondo
ogni forma di offesa, violenza,
sopruso ed abuso verso le donne
di qualsiasi razza, nazione, cultura e religione.
Nessun Caino possa
continuare a circolare impunemente
sulla faccia della terra, specialmente
se distrugge la vita di donne rette ed oneste,
che hanno un cuore buono,
incapaci come sono di fare del male
ai propri carnefici e uccisori.
Maria, la Donna perfetta
che tu hai scelto
come Madre tenera e prediletta,
sia lo scudo sicuro per ogni donna della Terra,
e il baluardo certo contro le tempeste
dell’odio e della violenza
che si scatena, diabolicamente,
nel cuore di soggetti malati,
nel cuore e nella mente,
perché sono senza amore e senza onore.
Signore,
per intercessione di tutte le donne sante,
che hanno segnato la storia della cattolicità,
libera il mondo dal flagello della violenza contro le donne
e dall’abuso di ogni genere verso di loro,
siano esse in tenera età , o avanti negli anni
oppure avanzate per sapienza ed esperienza
nella vita, non facile da coniugare al femminile
sia nei tempi passati che quelli odierni. Amen.

P.RUNGI – COMMENTO ALLA XXVII DOMENICA DEL T.O.- 7 OTTOBRE 2018

RUNGI-VERDE

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Domenica 7 ottobre 2018

L’essere per la comunione e per un amore puro e innocente

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa XXVII domenica del tempo ordinario ci fa riflettere sulla dignità della coppia umana e del matrimonio, come espressione di autentico amore, tra uomo e donna, secondo quanto stabilito dal Creatore, nell’atto della creazione.

Il libro della Genesi, che leggiamo come prima lettura oggi, ci riporta a questo momento della creazione della donna, successiva a quello dell’uomo, in quanto Dio stesso, che aveva già creato l’uomo si accorse che non era giusto che l’uomo fosse solo; per cui decise, per amore, di dargli un aiuto che gli corrispondesse. E così fece.

Il racconto biblico è molto significativo ed ogni parola e gesto ha una sua valenza di amore e di attenzione per la donna e verso la coppia, che così si costituisce nella pienezza di un amore vicendevole e di complementarietà. “

“Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo”.

A questo punto l’uomo prende consapevolezza e coscienza che si trova di fronte ad un essere uguale a lui, anche se con una struttura biologica e fisica diversa. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta».

Due individualità singole, anche se uguali nella dignità e nel valore creazionale, non fanno coppia, né costituiscono di per sé la base di un amore reciproco. Bisogna quindi lavorare in quella prospettiva. Il superamento della solitudine individuale porta le due soggettività a prendere la decisione di fare coppia, in poche parole di mettersi insieme e fare famiglia.

Tanto è vero che il matrimonio naturale nasce da questo bisogno di superare l’individualità per formare una famiglia e costituire in comunione di vita due persone, due esseri umani con la stessa dignità e lo stesso peso rispetto alla vita e alla società: “Per questo l’uomo – leggiamo nel brano- lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne”.

Questa espressione finale “un’unica carne” significa esattamente un unico progetto di vita per la vita e per l’amore.

Un progetto che si deve costruire e realizzare giorno per giorno, in quanto nulla è dato per scontato tra gli esseri viventi ed umani, al punto tale che le decisioni assunte, vanno vissute nella quotidianità, superando i limiti e le difficoltà, insite nella relazione di coppia, soprattutto ai nostri giorni.

Ecco perché nel Vangelo di oggi, di fronte a delle richieste di alcuni farisei che lo vogliono mettere alla prova Gesù, circa la questione del divorzio, il Maestro replica con quanto è scritto nella legge mosaica, ma, nello stesso tempo, potenzia il discorso sulla dignità del matrimonio affermando i due principi basilari del matrimonio stesso: unità e indissolubilità, ovvero fedeltà e coerenza per tutta la vita.

Quindi è chiaro che non è lecito ripudiare la moglie o il marito, anche se Mosè aveva permesso di sottoscrivere l’atto di ripudio per la durezza del cuore di chi aveva deciso liberamente di vivere da sposato.

Ma il volere di Dio è diverso. Infatti nella Genesi è scritto esattamente che l’uomo una volta che decide di mettere su famiglia deve camminare per questa strada, in quanto l’uomo non ha potere ed autorità di dividere quello che Dio ha unito.

Chiaro riferimento alla sacralità del matrimonio cristiano che è unico ed indissolubile.

Discorso molto dedicato ai nostri giorni, che deve confrontarsi con la pluralità delle culture, delle fedi, del modo di intendere e vivere la scelta coniugale nella società e nella chiesa di ieri, di oggi e di sempre.

Possono cambiare alcune forme esteriori, ma la sostanza del discorso e dell’argomentazione di Gesù rimane inalterata.

Infatti è Gesù stesso che ribadisce ai discepoli il suo pensiero e il suo insegnamento in merito.

Leggiamo nel brano del Vangelo che una volta rientrati a casa, i discepoli interrogarono di nuovo Gesù su questo argomento del matrimonio, del divorzio, dell’infedeltà coniugale. Ed Egli disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

In poche parole, rompere il vincolo o patto coniugale è frantumare la famiglia, che è la base della società e della stessa comunità cristiana. Si ribadisce il totale rifiuto del divorzio nella prospettiva cattolica, anche se, oggi, si va verso un’accoglienza pastorale dei divorziati come cammino spirituale necessariamente da farsi, perché la Chiesa, come scrive Papa Francesco, non deve chiudere le porte in faccia a nessuno.

Per essere accogliente, anche nella pastorale familiare, la Chiesa deve assumere come modello di comportamento quello dei bambini, citati nella parte finale del Vangelo di oggi.

Gesù a chi rifiuta una visione di chiesa dell’innocenza e della semplicità ribadisce che lo stile vero di una chiesa vera è quella rappresentata iconograficamente dai bambini: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro».

E allora quale deve essere lo stile di ogni cristiano? E’ abbracciare la semplicità, l’innocenza, la purezza, è benedire e sanare.

Concetti che troviamo espressi nel secondo brano della parola di Dio di oggi, tratto dalla lettera agli Ebrei.

Gesù Redentore e Salvatore, coronato di gloria e che è vicino ad ogni uomo della terra. Quel Gesù che non si vergogna di chiamarci fratelli, anche se degli esseri umani sono stati a condannarlo ad una morte infamante.

Dalla croce e con la croce, Gesù ha riportato nel solco dell’amore, del perdono e della fratellanza universale tutto il genere umano. Egli è davvero l’unico punto di convergenza e di unificazione di tutte le genti e di tutti i rapporti umani, a partire da quelli familiari.

Sia questa la nostra comune preghiera, oggi, domenica, giorno del Signore: “Dio, che hai creato l’uomo e la donna, perché i due siano una vita sola, principio dell’armonia libera e necessaria che si realizza nell’amore; per opera del tuo Spirito riporta i figli di Adamo alla santità delle prime origini, e dona loro un cuore fedele, perché nessun potere umano osi dividere ciò che tu stesso hai unito”. Amen.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA LITURGIA DELLA PAROLA – BATTESIMO DI GESU’- DOMENICA 7 GENNAIO 2018

IMG_20171230_110845
BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO B)
Domenica 7 Gennaio 2018
Dalla Grotta di Betlemme al Fiume Giordano sempre con Cristo
sulla via della conversione.
Commento di padre Antonio Rungi
Dalla Grotta di Betlemme, ovvero dalla nascita del Redentore e Rivelazione della sua missione a tutti i Popoli, al Fiume Giordano nel momento del Battesimo di Cristo, un’altra Epifania del Figlio di Dio.
Nella liturgia è possibile fare questi salti spirituali, e non temporali, che ci rapportano continuamente al mistero di Cristo.
Ieri, 6 gennaio, abbiamo celebrato l’Epifania di Gesù, avvenuta a pochi giorni della sua nascita e nella grotta di Betlemme, ed oggi celebriamo il suo battesimo al fiume Giordano, quando Cristo inizia la sua attività pubblica e siamo intorno ai 30 anni.
Anche al fiume Giordano abbiamo una nuova manifestazione della divinità di Cristo, in quanto, come ci racconta il brano del Vangelo di oggi, mentre Gesù stava “uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
La voce del cielo è la voce di Dio che indica in Cristo il suo unico Figlio, l’amato, nel quale ha riposto ogni fiducia, ogni attesa ed ogni soluzione del vero problema dell’uomo, quello della salvezza eterna.
Nel mistero del Battesimo di Gesù al Giordano, noi cristiani rivediamo il significato ed il senso del nostro Battesimo sacramento. E’ l’atto iniziale di un cammino di fede che stiamo sviluppando nel tempo e come tale, questo cammino richiede la consapevolezza di essere o meno in sintonia con quanto il Signore si attende da noi come risposta personale alla chiamata alla santità.
Come ci ricorda il profeta Isaia nella prima lettura di questa festività, bisogna entrare in quella conformazione a Cristo che manca spesso nella nostra vita, perché seguiamo i nostri pensieri e ci preoccupiamo dei nostri progetti, piuttosto che capire ciò che davvero è bene per noi. “Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?”.
Bisogna, allora, fare altre scelte di vita, focalizzare la propria esistenza sulle cose che contano davvero.
Perciò il profeta ci invita a “cercare il Signore, mentre si fa trovare, a invocarlo, mentre è vicino”.
Da questo atteggiamento di ricerca scaturisce un nuovo stile di vita, che consiste nel fatto che “l’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui”.
La conversione personale deve essere la preoccupazione principale di quanti vogliono incontrare Dio nella sua grazia e nella sua vera amicizia con noi.
Nel brano della seconda lettura di oggi, san Giovanni Apostolo nella sua prima lettera, scrive parole forti sul dono della fede. Infatti, ci ricorda che “chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato”.
Dalla fede in Dio, scaturisce l’amore verso Dio e verso i fratelli. La fede è la base di partenza di ogni cammino sulla strada della carità e dell’amore sconfinato. Infatti, noi sappiamo di conoscere Dio, “quando Lo amiamo e osserviamo i suoi comandamenti”.
Amare, significa osservare, stare in sintonia, stare sulla stessa lunghezza d’onda di pensieri e di azioni dell’amato, in quanto i nostri pensieri sono molto diversi da quelli di Dio.
Nel Battesimo al Giordano, la voce di Dio che rivela di Gesù la sua natura divina, lo chiama amato, prediletto, ovvero ciò che è più prezioso e bello per un Dio che è carità.
La validità della testimonianza che viene dal cielo è talmente sicura e certa che San Giovanni, conclude con queste espressioni: “Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio”.
Gesù il Figlio Unigenito del Padre che rivela la sua misericordia nelle varie epifanie e manifestazioni che ci sono lungo la breve esistenza di Gesù sulla Terra, fino a quando, risorto, dai morti, manifesta la sua gloria ascendendo al cielo tra il coro festoso degli angeli.
Ecco perché Giovanni Battista che nel Giordano amministra un battesimo di penitenza e non di remissione di peccati, afferma in modo chiaro di Gesù, quello che Egli davvero è: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Gesù viene così ad essere indicato dal suo precursore, quale Agnello di Dio, Colui che toglie i peccati del mondo”.
Ci troviamo di fronte alla grande e vera rivelazione circa la venuta di Cristo sulla terra: Egli è colui che toglie il peccato e battezza in Spirito Santo, in altri termini è Colui che ci santifica e ci pone nella condizione, se vogliamo, di santificarci con Lui nella grazia che ci dona con i segni sacramentali da Lui istituiti per la nostra salvezza.
Sia questa la nostra preghiera in cui ci accostiamo, come Gesù, al fiume Giordano per scendere nelle acque purificatrici interiori per noi poveri peccatori, mentre per il Signore si apre il Cielo e Dio lo proclama suo Figlio amato e diletto:

O Gesù, amato dal Padre,
che nel Fiume Giordano 
ti riveli come l’agnello
che toglie i peccati del mondo,
guarda con occhio di bontà
alla nostra povertà morale
e risolleva le nostre deboli membra
dalla condizione di spirituale sofferenza.

Concedi, Signore,
a tutti i battezzati del mondo
la grazia di riscoprire
il grande dono della fede
ricevuta nel giorno del Battesimo
e che necessita di essere alimentata
continuamente con la preghiera e i sacramenti.

Nella sincera volontà di convertirci
ad una vita più santa
e vissuta nella tua volontà,
custodisci, o Gesù, il nostro proposito
per tutti i restanti giorni
del nostro pellegrinaggio nel tempo.

Tu o Gesù, Figlio amato e prediletto del Padre,
insegnaci a seguire le tue orme,
che partono dalla grotta di Betlemme,
restano impresse per sempre
lungo le strade di Gerusalemme,
e si fermano nel giorno più esaltante
della storia dell’umanità,
che coincide con l’innalzamento
della Tua croce sul Calvario,
quale segno dell’avvenuta redenzione
e salvezza per tutti gli uomini del mondo.

O Gesù, mite ed umile di cuore,
la nostra risposta alla santità
sia sempre più coerente e sincera
nel tempo che Tu
ci hai benevolmente concesso. Amen

Padre Antonio Rungi

P.RUNGI. COMMENTO ALLA PAROLA DI DIO DELLA XXV DOMENICA T.O. – 24 SETTEMBRE 2017

rungi-informazioni

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
DOMENICA 24 SETTEMBRE 2017

Comportarsi in modo degno del Vangelo

Commento di padre Antonio Rungi

Per un cristiano, la prima preoccupazione che dovrebbe avere nei suoi pensieri e nella sua mente è quella della fedeltà al Vangelo.

Non che gli altri uomini non abbiano obblighi; anzi tutti gli esseri umani hanno regole morali da rispettare e che hanno attinenza con l’essere stesso umano e sociale.

Chiaramente per ogni religione scattano specifici doveri ed obblighi per chi veramente sente la propria fede come elemento importante ed essenziale nella vita.

Perciò l’apostolo Paolo, nel brano della seconda lettura della parola di Dio di questa XXV domenica del tempo ordinario, tratto dalla sua lettera ai Filippesi, conclude con questa raccomandazione: “Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo”.

Ma l’apostolo, in precedenza, aveva sottolineato un aspetto importante del suo essere convertito al vangelo di Cristo: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”.

L’apostolo considera la vita eterna più importante della vita terrena. Tuttavia, egli precisa che “se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere”.

Come dire, è bello pensare ed aspirare al paradiso, all’eternità, ma è altrettanto bello pensare e vivere una vita con frutti spirituali che portano ad accumulare beni per l’eternità.

E, quindi egli si trova in un conflitto interiore che, da un lato, desidera morire e dall’altro gli fa piacere vivere. Infatti dice con estrema lealtà interiore e sincerità del cuore: “Sono stretto  fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo”. Vede, quindi, la sua presenza importante per la comunità cristiana di Filippi, perché necessita della sua guida.

Il vivere e il morire lo sappiamo tutti è nelle mani di Dio. Noi possiamo esprimere dei desideri, degli auspici, ma è il Signore che decide sulla nostra vita e sul momento in cui dobbiamo lasciare questa terra. Se ci siamo ancora è perché Egli vuole così.

E noi cerchiamo di vivere questa vita, che ci ha donato, con il massimo impegno per dare frutti terreni e soprattutto eterni.

In questo contesto del premio, si comprende il bellissimo brano del Vangelo di oggi, che riguarda la chiamata degli operai a lavorare nella vigna di un signore che uscì in diversi momenti del giorno a chiamare le persone a lavorare con lui. Tutti risposero di sì e svolsero al meglio il compito affidato, dal mattino oppure nel tardo pomeriggio, ovvero per molte o poche ore di lavoro. Alla fine della giornata il padrone di casa, che aveva la sua vigna ed aveva assunto part-time o full-time per un giorno i lavoratori, nella sua piena libertà, pagò tutti allo stesso modo. Con i primi assunti fu firmato un accordo, con gli ultimi chiamati, nessuno accordo fu stipulato. Sappiamo come andò a finire quando i primi videro che il padrone diede la stessa somma agli ultimi e li pagò secondo il suo giudizio e la sua libertà di decidere. Infatti nel testo del vangelo, troviamo questa indicazione di comportamento da parte del padrone della vigna, il Quale rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.

La conclusione e l’ammonizione finale del Vangelo di oggi ci fa riflettere molto e ci fa uscire dalle nostre presunte sicurezze di salvezza e di privilegiati della prima ora; per cui questa sentenza evangelica impone a tutti noi cristiani della prima ora o credenti che abbiamo ricevuto la fede da piccoli a non illudersi, perché “gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”. L’arroganza, la presunzione di essere sempre i primi e di avvalersi di una sorte di eredità scontata o diritto alla primazia, viene messa in crisi dal modo di pensare ed agire di Dio. Purtroppo, in tutte le vicende umane, questa primazia e questa superiorità nei confronti degli altri, che arrivano per ultimi o alla fine, determina molti conflitti e gelosie e quando, anche nella chiesa, si scelgono gli ultimi per farli primi, c’è una ribellione e spesso una gelosia, che sfiora la vendetta o la lenta distruzione di chi è stato scelto per ricoprire ruoli e posti, non chiesti e non desiderati. Il rischio è che i primi rimangono eternamente primi, pur non meritando i primi posti, e gli ultimi rimangono eternamente ultimi, pur meritando i primi posti, perché si blocca il potere sui primi e non si guarda mai agli ultimi, intesi, in questo caso, anche come chi ha più bisogno di tutto ed è in necessità di ogni genere.

Ci serva da lezione spirituale e di vero itinerario di fede e di cammino interiore il bellissimo brano della prima lettura di questa domenica, tratto dal profeta Isaia, il profeta dell’umiltà e della disponibilità piena alla parola di Dio: “Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino”.

E poi cambiare davvero vita e convertirsi alla verità e all’onestà: “L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri”.

Chi ha sbagliato “ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona”.

Questo nostro Dio è grande e buono nell’amore e la sua misericordia è infinità, per cui non possiamo sapere effettivamente i pensieri di Dio, né pensare che le nostre strade coincidano con le sue. Spesso non si incontrano, perché noi chiediamo ed aspettiamo dal Signore, ciò che ci è utile, necessario nella vita terrena, Dio offre a noi ciò che è indispensabile per la vita eterna. Chi pensa secondo il mondo, non potrà mai incontrare il Signore, perché i suoi progetti sono di diversa natura, che è quella divina. Noi siamo fatti di carne e pensiamo secondo la carne e non secondo lo spirito.

La nostra preghiera, in questa domenica, sia la stessa che rivolgiamo a Dio con il Salmo 144, inserito nella liturgia della parola di oggi: “Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il Signore e degno di ogni lode; senza fine è la sua grandezza. Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Giusto è il Signore in tutte le sue vie e buono in tutte le sue opere. Il Signore è vicino a chiunque lo invoca, a quanti lo invocano con sincerità”.

Potessimo, ogni attimo della nostra vita comprendere l’inestimabile valore di rendere lode a Dio in ogni momento del nostro vivere, senza presumere di essere noi il dio, al posto del vero ed unico Dio, che Gesù Cristo ci ha rivelato con il volto della misericordia, della bontà, della tenerezza e dell’amore.

Bello, allora rivolgerci a Lui, con questa preghiera, la colletta della domenica XXV, che ci fa pregare con queste espressioni: “O Padre, giusto e grande nel dare all’ultimo operaio come al primo, le tue vie distano dalle nostre vie quanto il cielo dalla terra; apri il nostro cuore all’intelligenza delle parole del tuo Figlio,  perché comprendiamo l’impagabile onore di lavorare nella tua vigna fin dal mattino”. Amen.

 

COMMENTO ALLA SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI – 1 NOVEMBRE 2015

RUNGI2015

SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI

1 NOVEMBRE 2015

 

Il Paradiso è per tutti

 

Commento di padre Antonio Rungi

 

La liturgia di questa domenica XXXI del tempo ordinario coincide con la solennità di Tutti i Santi, che prevale sulla Domenica. La parola di Dio ha quindi attinenza con questa solennità e ci proponi testi riguardanti il mistero dell’eternità, quella della Gerusalemme celeste, quel mistero del Paradiso, dove tutti siamo diretti e dove c’è un posto riservato per tutti. Possiamo ben dire che il Paradiso è per tutti e che nessuno è escluso, pregiudizialmente, da questo luogo di felicità per tutta l’eternità, nel quale la felicità e la gioia per sempre è contemplare in eterno la santissima Trinità e vivere una relazione d’amore senza limiti e senza confini di tempo e di materia. In questo giorno, come recita l’Antifona d’ingresso della santa messa, siamo chiamati a rallegrarci tutti nel Signore e con noi gioiscono gli angeli
e lodano il Figlio di Dio. La gioia del Paradiso deve pervadere la mostra mente e il nostro cuore, anche se lo vediamo distante da noi, sia perché siamo ancora in cammino e pellegrini verso l’eternità e sia perché dobbiamo lavorare spiritualmente tanto per guadagnarci quel posto a noi riservato e che Gesù ci ha promesso, nel momento in cui lasciava questo mondo, ascendendo al cielo, ove è assiso alla destra del Padre ed attende l’arrivo in esso dell’intera umanità. Sperimentare la gioia in questo giorno, significa pure fare nostra la preghiera iniziale della celebrazione eucaristica della solennità di Tutti i santi, nella quale ci rivolgiamo a Dio onnipotente ed eterno, affinché per la comune intercessione di tutti nostri fratelli, possiamo ottenere l’abbondanza della sua misericordia. I santi, quelli noti o quelli sconosciuti ci indicano la strada per raggiungere la vera felicità oltre i confini del tempo e dello spazio. I santi del Paradiso non sono pochi, sono tantissimi, rientrano tra quelli di una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, di cui parla l’Apostolo Giovanni nel brano della prima lettura di oggi, tratta dall’Apocalisse e che il discepolo di Gesù ebbe modo di contemplare in una visione, che poi ha descritto con precisione nel Libro ultimo della Bibbia. Cosa facevano e fanno questi santi in Paradiso? lo descrive sempre Giovanni nel brano dell’Apocalisse: “Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Chi sono i santi e quali santi Giovanni ha visto nella sua visione apocalittica? Seguiamo la descrizione che ce ne fa il testo della lettura di oggi, parlando di santi vestiti di bianco: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Con una descrizione precisa, possiamo capire dal testo che si tratta dei martiri e di quanti hanno confessato la fede in Gesù Cristo. In poche parole sono tutti coloro che hanno vissuto e sono morti nella piena comunione con Cristo e con la Chiesa, che hanno conservato la fede e si sono purificati nel sangue di Cristo, riconoscendo i propri peccati e convertendosi ad una vita santa. Sono in poche parole tutti coloro che si sono sforzati di vivere nella fede, nella speranza e nella carità, come ci ricorda la seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera di san Giovanni apostolo, nella quale Giovanni, mediante le quali virtù noi possiamo classificarci come
 figli di Dio, su questa terra, in attesa di ciò che saremo nell’eternità. Cosa che potremmo averne piena coscienza e consapevolezza “quando Dio si sarà manifestato” e allora “noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”. La santità non è facile da conquistare, anche se è accessibile a tutti. Basta entrare nella dinamica delle Beatitudini di cui parla Gesù nel suo celebre discorso della Montagna, durante il quale proclama, beati e quindi santi, fin da questo mondo i poveri, quelli che piangono, i miti, quelli che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace,  i perseguitati per la giustizia, quanti vengono insultati, perseguitati, calunniati a causa del vangelo. Santi di tutti i giorni, della quotidianità e che fanno parte della nostra vita e che sono stati a fianco a noi e ci hanno testimoniato quanto sia stato grande l’amore di Dio in loro a punto tale da considerare spazzatura ogni cosa che non fosse nell’orizzonte del divino e dell’eterno. A tutti i santi, conosciuti e venerati e a tutti i cittadini del cielo, che contemplano il volto di Dio in eterno, a loro che già godono della tua vita immortale, chiediamo di proteggerci nel cammino verso Paradiso, dove è ad attenderci la Madonna, Regina degli Angeli e dei Santi che ci presenterà al cospetto di Dio, per cantare in eterno le lodi di Colui che è tre volte Santo, il Dio altissimo e onnipotente, che è Padre, è Figlio e Spirito Santo, Dio eterno e sorgente di amore e misericordia infinità, di felicità e pace per l’eternità per tutto il genere umano.

A tutti loro ci rivolgiamo con questa umile preghiera:

 

SANTI TUTTI DEL PARADISO,

VENITE IN NOSTRO AIUTO E SOCCORSO

E SIATE LE NOSTRE SPIRITUALI COMPAGNIE.

 

SIATE NOSTRE GUIDE E FARI DI VITA CRISTIANA

E DI SPIRITUALITA’ ELEVATA

IN MODO DA IMMETTERCI ALACREMENTE

SULLA VOSTRA STRADA CHE PORTA ALL’ETERNITA’.

 

DAL CIELO OVE GODETE DELLA VISIONE BEATIFICA DI DIO

NON DIMENTICATE LE SOFFERENZE DEGLI ESSERI VIVENTI,

AFLLITTI DA TANTI MALI E DEFICIENZE.

 

PROTEGGETECI NELLE AVVERSITA’,

ILLUMINATECI NELLA CONFUSIONE GENERALE,

PRENDETECI PER MANO

E CONDUCETECI AI PASCOLI

DELLA GIOIA E DELLA FELICITA’ ETERNA.

 

NEL PARADISO OVE ORA SIETE,

VOLGETE LO SGUARDO SU QUANTI

HANNO FAME E SETE DI VERITA’,

SUI POVERI E GLI AMMALATI,

SUI I PICCOLI E GRANDI DI QUESTA UMANITA’,

PERCHE’ POSSANO TUTTI RITROVARE LA PACE E LA SERENITA’

 

CON LA VOSTRA POTENTE INTERCESSIONE,

PRESSO IL TRONO DELL’ALTISSIMO,

INSIEME  ALLA NOSTRA MADRE SANTISSIMA, LA VERGINE MARIA,

OTTENETECI DAL SIGNORE TUTTE LE GRAZIE

CHE IN QUESTO MOMENTO VI RAPPRESENTIAMO

NELLA NOSTRA DEBOLEZZA UMANA,

MA CONFIDANDO PIENAMENTE NELLA VOSTRA PROTEZIONE CELESTE.

 

FATE SI’ CHE OGNUNO DI NOI

POSSA UN GIORNO INCONTRARE IL VOLTO DEL SIGNORE

E INSIEME CON VOI CANTARE IN ETERNO

L’IMMENSO AMORE DELL’ONNIPOTENTE.

AMEN.

 

(Preghiera composta da padre Antonio Rungi)

P.RUNGI. IL DECALOGO DEI RELIGIOSI NELL’ANNO DELLA VITA CONSACRATA

DSC00095

P. RUNGI (TEOLOGO MORALE). IL DECALOGO DEI RELIGIOSI NELL’ANNO DELLA VITA CONSACRATA

Dieci regole per vivere bene l’anno della vita consacrata. E’ quanto ha indicato padre Antonio Rungi, religioso passionista, teologo morale, già superiore provinciale dei passionisti del Lazio Sud e Campania, stilando uno speciale decalogo per i religiosi e le religiose.
Ecco le regole di vita per ogni consacrato in questo anno a loro dedicato:

In occasione dell’apertura dell’anno della vita consacrata, che si svolge dal 30 novembre 2014 (Prima Domenica di Avvento) fino al 2 febbraio 2016, Padre Antonio Rungi, ex-superiore provinciale dei passionisti di Napoli, teologo morale, pubblica uno speciale “decalogo della vita consacrata”. Si tratta di “dieci regole –scrive padre Rungi- per essere un buon religioso oggi, nell’attuale situazione ecclesiale e sociale in cui vivono ed operano gli istituti di vita consacrata, maschili e femminili”.

Ecco il testo delle regole dettate da padre Rungi.

1. L’amore verso Dio e i fratelli è il fondamento della religione e soprattutto per quanti scelgono di consacrarsi a Dio con la professione dei consigli evangelici. Questo comandamento sia costantemente vissuto a livello personale e comunitario da parte di coloro che sono chiamati alla perfezione della carità.

2. La preghiera è l’anima ed il cuore di ogni esperienza religiosa e soprattutto dei religiosi. Non manchi mai nella giornata e nella vita consacrata questo aspetto fondamentale della donazione a Dio, che necessita di essere alimentata dalla preghiera, meditazione e dall’ascesi. La celebrazione eucaristica, con la devozione alla Madonna caratterizzino lo stile orante di ogni consacrato.

3. L’obbedienza, primo fondamentale voto che ogni religioso professa, sia attentamente osservata in ogni momento della propria vita di consacrato, soprattutto quando costa sacrificio e rinuncia alle proprie vedute, idee e progetti personali al fine del bene comune.

4. La povertà visibile e leggibile stia nel cuore dei consacrati e venga testimoniata nel distacco completo dai beni della terra, privilegiando uno stile di vita sobrio, essenziale e libero da ogni desiderio mondano. A nessun religioso sia permesso di vivere in modo lussuoso e consumistico, memori di quanti non hanno nulla e soffrono la fame e la miseria su tutta la Terra.

5. La castità per il Regno dei cieli venga vissuta con semplicità e gioia, impegnandosi in ogni situazione, soprattutto di provocazione e di stimolazione al male, di mantenersi fedeli al dono della purezza del cuore, dei sentimenti, del corpo e della vita che Dio ci ha donato. Siano condannati apertamente atti commessi dai religiosi contro la dignità della persona umana, soprattutto se bambini e ammalati.

6. Lo stile di vita comunitaria prevalga su ogni individualistica visione della consacrazione a Dio e tutti i religiosi collaborino effettivamente per innalzare la qualità della vita in comune, puntando su una vera fraternità e condivisione, frutto di sentimento e sapienza che riscontriamo nel vero modello per tutti, che è Gesù.

7. Ogni religioso abbia particolarmente a cuore il carisma del proprio istituto, vivendo e testimoniandolo secondo i doni personali ricevuti che sono a servizio di tutti.

8. Il servizio dell’autorità venga svolto con donazione, generosità, paternità e competenza e tutti i religiosi, che sono chiamati a tale servizio nei rispettivi istituti, siano sensibili in umanità e spiritualità verso i confratelli o consorelle delle comunità.

9. L’ansia missionaria sia motivo costante non solo per annunciare ai fratelli il Vangelo della gioia, ma anche occasione di crescita in sintonia con le chiese locali e con la chiesa universale. Tutti siano davvero missionari con la parola, la preghiera e la testimonianza di una vita gioiosa nel Signore, sull’esempio di Maria, la Madre della gioia.

10. Ogni religioso abbia a cuore le sorti del proprio istituto promuovendo un’azione incisiva a livello di vocazioni da accogliere con disponibilità quando il Signore chiama i giovani o i meno giovani per seguirLo sulla via stretta dei consigli evangelici. Ogni consacrato sia promotore vocazionale nella famiglia, nella scuola, nella Chiesa, nell’apostolato e nella società.

AIROLA (BN). DOMANI CONCLUSIONE DELLA FESTA DELL’IMMACOLATA NELLA CHIESA DELLA CONCEZIONE

DSC00898 DSC00899

AIROLA (BN). DOMANI LA CHIUSURA DEL NOVENARIO IN ONORE DELL’IMMACOLATA NELLA CHIESA DELLA CONCEZIONE

Si chiude domani con un doppio appuntamento religioso, il solenne novenario in onore della Madonna Immacolata, che, quest’anno,  per la prima volta, è stato predicato, dal 29 novembre all’8 dicembre 2014, dal noto missionario passionista, padre Antonio Rungi, già superiore provinciale dei passionisti della Campania, teologo morale, docente nei licei e giornalista. Un doppio appuntamento liturgico domani, solennità dell’Immacolata: alle ore 8,30 solenne concelebrazione eucaristica, presieduta da padre Antonio Rungi e concelebrata da don Liberato Maglione, parroco dell’Annunziata ed assistente spirituale della Congrega della Concezione, insieme a padre Pasquale Gravante, parroco di San Michele Arcangelo e Superiore dei Passionisti di Monteoliveto. Padre Rungi concluderà la predicazione che lo ha visto impegnato per 10 giorni nella sua città natia, tenendo le riflessioni alla  sera, durante la messa serale delle ore 18.30. Quest’anno c’è stata un’ampia partecipazione dei fedeli alla novena, nonostante il tempo inclemente, tra cui diversi giovani della città. La partecipazione più consistente è stata in occasione della messa presieduta dal Vescovo, monsignor Michele De Rosa, giovedì 3 dicembre 2014 e negli ultimo tre giorni della novena, durante i quali, come tutte le sere è stato padre Rungi a dettare la meditazione per i presenti che hanno seguito con vivo interesse e partecipazione alla celebrazione. Diversi gli iscritti della Congrega della Concezione, che sono 220 al momento, che hanno preso parte alla novena, animata dai canti delle scholae cantorum delle parrocchie di Airola e dei Convento dei Passionisti. A conferma che è ancora viva e sentita la devozione alla Madonna Immacolata che è stata ricordata e onorata, in questi 10 giorni, anche nelle altre chiese di Airola. Altro momento importantissimo della giornata di festa di domani, 8 dicembre 2014, è la processione che si svolgerà alle ore 15.00 circa, con la statua della Madonna Immacolata, per la zona del Borgo di Airola e che sarà guidata dal parroco don Liberato Maglione. Un’ora circa di peregrinatio della venerata immagine della Madonna Immacolata, che sarà portata in processione nei luoghi vicini alla Chiesa della Concezione, che, oggi, a distanza di 300 anni circa, costituisce il cardine della devozione mariana all’Immacolata nella cittadina della Valle Caudina. Merito soprattutto della Congrega della Concezione che ha conservato, in sintonia con i parroci dell’Annunziata, che si sono succeduti nel tempo, questo speciale culto alla Madre di Dio, esentata per singolare privilegio dal peccato originale, per cui Maria è stata proclamata, con un dogma di fede specifico, Immacolata. A conclusione della processione, sarà don Liberato a presiedere la messa di ringraziamento per il dono di questi giorni di spiritualità mariana che ha vissuto la cittadina di Airola, sotto la guida di padre Antonio Rungi, passionista, sacerdote nato in questa città e poi chiamato a seguire san Paolo della Croce, tra i passionisti, in varie parti d’Italia, come missionario e superiore provinciale. Ed è stato proprio padre Rungi “a volere ringraziare, nella persona del priore della Congrega, Pasquale Meccariello, tutto il sodalizio religioso e quanti si adoperano ogni anno per la buona riuscita della festa della Madonna Immacolata nella Chiesa della Concezione”.

 

Questa sera dalle 21,30 alle 22,30, la Veglia di preghiera in preparazione alla solennità dell’Immacolata, nella Chiesa della Concezione, guidata da padre Antonio Rungi, che ha concluso la veglia con la benedizione eucaristica.